ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'intera  legge
della Regione Lombardia 26 settembre 2011, n.  16  (Approvazione  del
piano  di  cattura  dei  richiami  vivi  per  la  stagione  venatoria
2011/2012 ai sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 "Legge
quadro sulla cattura dei richiami vivi"), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 23-25 novembre 2011,
depositato in cancelleria il 2 dicembre 2011 ed iscritto  al  n.  168
del registro ricorsi 2011. 
    Udito nell'udienza pubblica del 5 giugno 2012 il Giudice relatore
Paolo Maria Napolitano; 
    udito l'avvocato dello Stato Roberto de Felice per il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato  questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'intera  legge  della   Regione
Lombardia 26 settembre 2011, n. 16 (Approvazione del piano di cattura
dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012 ai sensi  della
legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 "Legge quadro sulla cattura dei
richiami vivi"), deducendone il contrasto con gli articoli 117, commi
primo e secondo, lettera s), e 136 della Costituzione. 
    1.1.- La legge censurata, la quale consta di due soli articoli ed
un allegato, ha ad  oggetto,  ai  sensi  della  legge  della  Regione
Lombardia 5 febbraio 2007, n.  3  (Legge  quadro  sulla  cattura  dei
richiami vivi), la approvazione del piano  di  cattura  dei  richiami
vivi per la stagione venatoria 2011/2012. 
    Ad avviso del ricorrente essa contrasta con l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost. in quanto la adozione del  provvedimento  in
questione  tramite   atto   legislativo,   anziche'   attraverso   un
provvedimento amministrativo, precludendo l'esercizio  da  parte  del
Presidente del Consiglio dei  ministri  del  potere  di  annullamento
previsto dall'art. 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme
per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per  il  prelievo
venatorio),  costituisce  violazione  della  normativa   statale   di
riferimento, volta a garantire  un'adeguata  ed  uniforme  protezione
della fauna selvatica su tutto il territorio nazionale. 
    In particolare, ha osservato il ricorrente, sebbene competa  alle
Regioni provvedere in materia di autorizzazione alla approvazione del
piano di cattura dei richiami vivi, secondo quanto disposto dall'art.
4, comma 3, della legge n. 157 del  1992,  tuttavia  tale  competenza
deve essere esercitata nel rispetto  del  livello  minimo  di  tutela
fissato dalla legislazione statale, nell'ambito del quale e' compresa
anche la  disciplina  che  prevede  il  potere  di  annullamento  del
Presidente del Consiglio dei ministri di cui al  citato  art.  19-bis
della legge n. 157 del 1992; potere che, attraverso  la  adozione  di
una  legge  provvedimento,  viene  interdetto,  cosi'  riducendo,  in
violazione  dei  principi  dettati  dalle  disposizioni  statali,  il
livello di tutela dell'ambiente. 
    1.2.- La parte ricorrente ha, altresi', dedotto il contrasto  fra
la legge censurata e l'art. 117, primo comma, Cost. il quale prevede,
quale limite generale alla  funzione  legislativa,  il  rispetto  dei
vincoli derivanti dalla appartenenza alla Unione europea. 
    La autorizzazione alla cattura dei richiami vivi  sarebbe  stata,
infatti, concessa dalla legge censurata in assenza dei presupposti  e
delle condizioni fissate dall'art. 9 della direttiva CE  30  novembre
2009, n. 147  (Direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio
concernente la conservazione degli uccelli selvatici). 
    Ha lamentato, infatti, il ricorrente la mancanza  del  requisito,
previsto dalla  normativa  comunitaria,  della  «piccola  quantita'»,
consentendo la legge regionale n. 16 del 2011 la cattura di un numero
di capi esorbitante rispetto a tale concetto. 
    Peraltro,  ha  proseguito  il  ricorrente,  la  legge   impugnata
costituisce attuazione della legge regionale n. 3 del 2007, la quale,
a sua volta, all'art. 1, comma 3,  consente  la  cattura  secondo  le
modalita' di cui all'Allegato D) della legge della Regione  Lombardia
16 agosto 1993, n. 26 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
e   per   la   tutela   dell'equilibrio   ambientale   e   disciplina
dell'attivita' venatoria), cioe' utilizzando le reti, metodo  vietato
dall'art. 5, comma 2, lettera d), della convenzione di Parigi del  18
ottobre 1950, ratificata con legge 24 novembre 1978, n. 812 (Adesione
alla convenzione internazionale  per  la  protezione  degli  uccelli,
adottata a Parigi il 18 ottobre 1950, e sua esecuzione),  e  dall'art
8, comma 1, della direttiva comunitaria 2009/147/CE. 
    Con riferimento al medesimo parametro, il ricorrente ha osservato
che la normativa censurata, oltre ad essere stata emanata in  assenza
del parere favorevole dell'Istituto superiore per la protezione e  la
ricerca ambientale (ISPRA), non rispetterebbe il vincolo comunitario,
dettato dalla Corte di  giustizia  delle  Comunita'  europee  con  la
decisione 7 marzo 1996, in causa C-118/94, che, riguardo alle deroghe
ai divieti venatori, richiede  l'indicazione  nella  motivazione  del
provvedimento  che  le  concede,  della  sussistenza  di   tutte   le
condizioni che le legittimano. 
    Sul punto ha rilevato il ricorrente che l'affermazione regionale,
secondo la quale «gli allevamenti presenti sul  territorio  regionale
non sono in grado di soddisfare le richieste di richiami da parte dei
cacciatori», sicche' «l'unica soluzione perseguibile, per  quanto  da
accompagnarsi con la riproduzione in cattivita', pare  essere  quella
della cattura  di  esemplari  viventi»,  non  chiarisce  perche'  una
campagna di allevamento in  cattivita',  tempestivamente  promossa  e
realizzata, non sia idonea a  fornire  il  necessario  fabbisogno  di
richiami vivi, come gia' rilevato dalla Corte costituzionale  con  la
sentenza n. 190 del 2011, concernente norma analoga a quella  ora  in
questione ma applicabile ad una precedente stagione venatoria. 
    1.3.- Infine la difesa erariale ha eccepito anche  la  violazione
del giudicato costituzionale, per  avere  la  Corte  gia'  dichiarato
costituzionalmente illegittime con sentenze n. 266 del 2010 e n.  190
del 2011 altre due leggi della Regione Lombardia,  caratterizzate  da
contenuti e procedure analoghe a quelli ora in discussione, ancorche'
riferibili alle stagioni venatorie 2009/2010 e 2010/2011. 
    1.4.- A conclusione del ricorso il Presidente del  Consiglio  dei
ministri, ritenendo che ricorresse sia  il  fumus  boni  iuris  (come
dimostrato  dalla  presenza   di   altri   giudicati   costituzionali
favorevoli in termini) sia il periculum in mora (costituito dal fatto
che,  prima  dello   svolgimento   del   giudizio   di   legittimita'
costituzionale, la legge censurata potesse esaurire  i  suoi  effetti
temporali), ha formulato istanza per la sospensione  cautelare  della
esecuzione della legge impugnata. 
    Successivamente, pero', con nota depositata  in  data  3  gennaio
2012, dopo che gia' era  stata  fissata  l'udienza  camerale  per  la
discussione della  detta  istanza  sospensiva,  la  Avvocatura  dello
Stato, dato atto che la legge censurata era stata abrogata con  legge
della Regione Lombardia 28 dicembre 2011, n. 24, recante «Abrogazione
della legge regionale 26 settembre  2011,  n.  16  (Approvazione  del
piano  di  cattura  dei  richiami  vivi  per  la  stagione  venatoria
2011/2012 ai sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 "Legge
quadro sulla cattura dei richiami vivi") e dei commi  4-bis  e  4-ter
dell'articolo  4  della  legge  regionale  30  luglio  2008,  n.   24
(Disciplina del regime  di  deroga  previsto  dall'articolo  9  della
direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la
conservazione degli uccelli selvatici), come introdotti dall'articolo
1, comma 1, lettera b), della legge regionale 4 agosto  2011,  n.  13
(Modifiche alla L.R. n. 24/2008 e  alla  legge  regionale  16  agosto
1993, n. 26 "Norme per la protezione della fauna selvatica e  per  la
tutela  dell'equilibrio  ambientale   e   disciplina   dell'attivita'
venatoria")»,  ha  espressamente  dichiarato   di   rinunziare   alla
formulata istanza cautelare. 
    2.- La Regione Lombardia non si e' costituita nel giudizio. 
    3.-  In  prossimita'  dell'udienza  di  discussione  del  ricorso
l'Avvocatura  generale  dello  Stato  ha   depositato   una   memoria
illustrativa nella quale ha affermato il perdurare dell'interesse del
Governo   all'accoglimento   della    questione    di    legittimita'
costituzionale, giustificato dal  fatto  che,  sebbene  abrogata,  la
legge censurata ha avuto, per un certo tempo, esecuzione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   proposto
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'intera  legge  della
Regione Lombardia 26 settembre 2011, n. 16 (Approvazione del piano di
cattura dei richiami vivi per  la  stagione  venatoria  2011/2012  ai
sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 "Legge quadro sulla
cattura dei richiami vivi"),  sostenendo  che  la  stessa  violi  gli
articoli 117,  primo  e  secondo  comma,  lettera  s),  e  136  della
Costituzione. 
    1.1.- Ad avviso del ricorrente,  la  predetta  legge,  avente  ad
oggetto la approvazione del piano di cattura in deroga  dei  richiami
vivi per la stagione  venatoria  2011/2012,  violerebbe  l'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. in quanto,  attraverso  l'emanazione
del predetto piano  di  cattura  tramite  lo  strumento  legislativo,
inibirebbe in radice la possibilita' di adottare avverso di esso,  se
ritenuto in violazione di legge, il provvedimento di annullamento  da
parte del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dal comma  4
dell'art. 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio). 
    E', altresi', contestata dal ricorrente la  violazione  dell'art.
117, primo comma, Cost. in quanto la legge regionale n. 16 del  2011,
per  un  verso,  consentirebbe  che  richiami  vivi  siano  catturati
utilizzando  strumenti  espressamente   vietati   sia   da   trattati
internazionali, cui lo Stato italiano ha aderito, sia dalla normativa
dell'Unione europea e, per altro verso,  sarebbe  stata  adottata  in
assenza dei presupposti che,  in  base  alla  normativa  comunitaria,
legittimano le deroghe al divieto di prelievo venatorio. 
    Infine  il  ricorrente  ritiene  che  attraverso   la   normativa
impugnata si sia, altresi', realizzata la  violazione  del  giudicato
costituzionale,  presidiato  dall'art.  136  Cost.,  in  quanto,  nel
recente    passato,    questa    Corte    aveva    gia'    dichiarato
costituzionalmente  illegittime  disposizioni  aventi   il   medesimo
contenuto di quelle ora in esame. 
    2.- Prima di entrare  nel  merito  della  presente  questione  di
legittimita' costituzionale e' necessario dare  atto,  come  peraltro
dichiarato dalla medesima parte ricorrente, che la normativa  ora  in
esame e' stata, successivamente alla proposizione del ricorso avverso
di essa, espressamente abrogata dal legislatore lombardo con la legge
regionale 28 dicembre 2011, n. 24, recante «Abrogazione  della  legge
regionale 26 settembre 2011, n. 16 (Approvazione del piano di cattura
dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012 ai sensi  della
legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 "Legge quadro sulla cattura dei
richiami vivi") e dei commi 4-bis e 4-ter dell'articolo 4 della legge
regionale 30 luglio 2008, n. 24  (Disciplina  del  regime  di  deroga
previsto dall'articolo 9 della direttiva  79/409/CEE  del  Consiglio,
del  2  aprile  1979,  concernente  la  conservazione  degli  uccelli
selvatici), come introdotti dall'articolo 1,  comma  1,  lettera  b),
della legge regionale 4 agosto 2011, n. 13 (Modifiche  alla  L.R.  n.
24/2008 e alla legge regionale 16 agosto 1993, n. 26  "Norme  per  la
protezione della fauna selvatica  e  per  la  tutela  dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria")». 
    Tale circostanza, tuttavia, non e' idonea a definire  la  attuale
questione in quanto, come  dimostrato  dalla  difesa  erariale  nella
memoria depositata in prossimita' della data fissata  per  l'udienza,
la legge censurata, nei circa due mesi  di  sua  vigenza  ha  trovato
applicazione e cio', per costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,
avendo  determinato,  nell'ipotesi  di  fondatezza  del  ricorso,  il
consolidamento della lesione denunziata, e'  elemento  idoneo  a  far
perdurare,  anche  in  caso   di   sopravvenuta   abrogazione   della
disposizione di legge censurata, l'interesse alla sua impugnazione di
fronte alla Corte stessa (fra le molte: sentenze n. 310 del 2011,  n.
307 del 2009 e n. 286 del 2007) (deve, peraltro,  sottolinearsi  che,
trattandosi di legge destinata ad avere efficacia esclusivamente  per
la durata della stagione venatoria 2011/2012, essa, al momento  della
sua abrogazione, era stata in vigore per poco meno dei due terzi  del
termine di durata previsto). 
    2.1.- Sempre in via preliminare deve affermarsi la ammissibilita'
della  impugnazione  proposta  dal  Presidente  del   Consiglio   dei
ministri, ancorche' la stessa sia rivolta nei confronti di un  intero
testo legislativo e non di singole  disposizioni  normative  in  esso
contenute. 
    Anche in questo caso, infatti, la giurisprudenza di questa  Corte
ritiene ammissibili le censure rivolte avverso un'intera legge -  nel
presente caso composta di due soli articoli, uno dei quali contenente
la clausola di immediata entrata in vigore, ed un allegato - la' dove
si tratti di leggi  caratterizzate  da  normative  omogenee  e  tutte
coinvolte dalle censure (cosi' di recente, fra le molte, sentenza  n.
300 del 2010). 
    La natura indiscutibilmente provvedimentale della legge regionale
n. 16 del 2011 non lascia dubbi sul fatto che essa sia  integralmente
coinvolta  dalle  censure  contenute  nel  ricorso  introduttivo  del
giudizio. 
    3.- Fatte queste premesse, la questione e' fondata. 
    3.1.- Nella giurisprudenza di questa Corte e' costante il rilievo
che le deroghe adottate dalle Regioni al generale divieto di prelievo
venatorio, caratterizzate  dalla  loro  eccezionalita',  non  possono
comportare, in termini piu' gravosi di quanto non sia stato  disposto
dal  legislatore  statale,  la  riduzione  del  livello   di   tutela
apprestato all'ambiente  ed  all'ecosistema  dalle  norme  interposte
contenute nella legislazione nazionale (sentenza n. 310 del 2011). 
    La circostanza - peraltro gia' sanzionata in  passato  da  questa
Corte, sebbene in relazione ad un parametro diverso rispetto a quello
ora evocato dal ricorrente (sentenze n. 190 del 2011  e  n.  266  del
2010) - che la Regione  Lombardia  abbia  provveduto  a  disciplinare
attraverso lo strumento legislativo il piano di cattura dei  richiami
vivi  per  la  stagione  venatoria  2011/2012  ha  comportato,  quale
oggettiva conseguenza, l'impossibilita' di ricorrere  allo  strumento
di reazione avverso i provvedimenti regionali derogatori  al  divieto
di prelievo venatorio ritenuti  viziati,  costituito  dal  potere  di
annullamento previsto espressamente  dal  comma  4  dell'art.  19-bis
della legge n. 157 del 1992. 
    3.2.- Poiche' la attribuzione di siffatto potere e'  finalizzata,
come gia' affermato da  questa  Corte,  a  garantire  un'uniforme  ed
adeguata protezione della fauna  selvatica  su  tutto  il  territorio
nazionale (sentenza n. 250 del 2008), e' evidente che  la  inibizione
di tale potere, determinando la violazione di un  livello  minimo  di
tutela della fauna apprestato dal legislatore statale  nell'esercizio
della propria competenza ex art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost., si traduce,  secondo  la  costante  giurisprudenza  di  questa
Corte, nella violazione del predetto parametro di costituzionalita'. 
    4.-  L'accoglimento  del  descritto  profilo  di   illegittimita'
costituzionale comporta l'assorbimento delle  restanti  doglianze  di
parte ricorrente.