ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione Lazio 5 agosto 2011, n. 9 (Istituzione dell'elenco  regionale
Made in Lazio - Prodotto  in  Lazio),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato  il  19  ottobre  2011,
depositato in cancelleria il 26 ottobre 2011 ed iscritto  al  n.  127
del registro ricorsi 2011. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  22  maggio  2012  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi l'avvocato dello Stato Maurizio Di Carlo per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Renato Marini per la  Regione
Lazio. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 19 ottobre 2011 e depositato il  26
ottobre 2011, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato questione
di legittimita' costituzionale della  legge  della  Regione  Lazio  5
agosto 2011, n. 9 (Istituzione dell'elenco regionale Made in Lazio  -
Prodotto in  Lazio),  prevedente  la  realizzazione  di  un  apposito
elenco, disponibile sul sito istituzionale della Regione,  articolato
in tre sezioni destinate a distinguere - sotto le voci "Made in Lazio
- tutto Lazio", "Realizzato nel Lazio" e "Materie prime del Lazio"  ?
rispettivamente i prodotti  lavorati  nel  territorio  regionale  con
materie prime regionali, quelli lavorati nel Lazio con materie  prime
derivanti da altri territori, e  le  materie  prime  appartenenti  al
Lazio commercializzate per la realizzazione di altri prodotti. 
    Ad  avviso  del  ricorrente,  detta  legge,  pur  non  istituendo
formalmente un marchio  di  qualita'  regionale,  sarebbe,  comunque,
volta a  tutelare  e  promuovere  la  produzione  regionale  laziale,
pubblicizzando elementi puramente geografici relativi ad alcune  o  a
tutte le fasi di produzione, in  modo  da  indurre  il  convincimento
della esistenza di un protocollo di produzione e  di  lavorazione  di
alcuni  prodotti  tipici  della   Regione   Lazio,   che   presentino
caratteristiche  e  qualita'  superiori,   cosi'   determinando   una
interferenza nella circolazione dei  prodotti  fra  le  regioni,  con
l'agevolare la commercializzazione di quelli locali. 
    Dal che l'ipotizzata violazione dell'articolo 117,  primo  comma,
della Costituzione, per  il  profilo  dell'inosservanza  dei  vincoli
comunitari di  cui  agli  articoli  da  34  a  36  del  Trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), e dell'articolo 120,  primo
comma, della Costituzione, per invasione della competenza legislativa
statale esclusiva in materia di libera circolazione delle merci. 
    2.- Si e' costituita in giudizio la  Regione  Lazio,  concludendo
per l'infondatezza del ricorso. All'uopo ha sostenuto  che  la  legge
impugnata avrebbe «carattere del tutto neutro», non  recando  traccia
di alcuna previsione  istitutiva  di  marchio,  ed  ha  sottolineato,
ribadendolo   anche   in   memoria,   come   essa   sia   finalizzata
«esclusivamente alla tutela del consumatore, al quale viene  offerto,
attraverso l'istituzione dell'elenco di cui trattasi,  uno  strumento
di adeguata e trasparente informazione». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  dubita,  come  in
narrativa detto, della legittimita' costituzionale della legge  della
Regione Lazio 5 agosto 2011, n. 9 (Istituzione dell'elenco  regionale
Made in Lazio - Prodotto in Lazio), per contrasto con i  precetti  di
cui agli articoli 117, primo comma, della Costituzione, in  relazione
agli articoli da 34 a 36 del Trattato sul  funzionamento  dell'Unione
europea (TFUE), ed all'articolo 120, primo comma, della Costituzione. 
    2.- La legge impugnata, allo scopo (dichiarato sub articolo 1) di
«assicurare ai consumatori una adeguata  e  trasparente  informazione
sui  prodotti  del  territorio  regionale»,  detta   norme   per   la
realizzazione di un "elenco", tenuto dalla  struttura  competente  in
materia di marketing del Made in Lazio, suddiviso (sub art. 2) in tre
sezioni, rispettivamente, denominate: 
    a) "Made in Lazio - tutto Lazio", per i prodotti le cui  fasi  di
lavorazione hanno luogo nel territorio della Regione e per i quali si
utilizzano materie prime della Regione stessa; 
    b) "Realizzato  nel  Lazio",  per  i  prodotti  le  cui  fasi  di
lavorazione hanno luogo nel territorio della Regione e per i quali si
utilizzano materie prime  di  importazione  o  provenienti  da  altre
Regioni; 
    c) "Materie prime del Lazio", per le materie prime originarie del
Lazio  che  sono  commercializzate  per  la  realizzazione  di  altri
prodotti. 
    E reca (nei successivi articoli da 3 a 8)  connesse  disposizioni
per l'inserimento dei prodotti in elenco, organizzazione degli uffici
a cio' preposti e copertura finanziaria. 
    3.- Ad avviso  del  ricorrente,  la  previsione  analitica  delle
riferite sezioni «prefigura tre diverse forme di marchiatura  basate,
sostanzialmente, su una implicita - ma non provata -  valutazione  di
miglior  qualita'  del  prodotto,  insita  nella  (sola)  circostanza
dell'origine  territoriale»;  la  cui  menzione  «potrebbe,   dunque,
indurre i consumatori ad acquistare i prodotti laziali, piuttosto che
prodotti  simili  provenienti  da  altri  territori»,  cosi'  creando
ostacolo  alla  libera  circolazione  delle  merci  garantita   dalle
disposizioni del TFUE (articoli 34 a 36). 
    Dal che, appunto, la prospettata violazione dell'art. 117,  primo
comma, Cost., in  relazione  alla  richiamata  normativa  europea,  e
dell'art.  120,  primo  comma,  Cost.,  che  preclude  alle   regioni
l'adozione di provvedimenti  che  ostacolino  in  qualsiasi  modo  la
circolazione delle cose tra i rispettivi territori. 
    4.- La  Regione  ha  sostenuto,  in  contrario,  che  il  proprio
intervento normativo - attraverso  la  prevista  istituzione  di  uno
strumento con finalita' esclusivamente informative, e non attributive
di alcun connotato di superiore qualita', in  relazione  ai  prodotti
del territorio laziale - si collochi su un piano meramente  attuativo
dei principi di cui all'articolo 2, comma 2, lettera c), del  decreto
legislativo 6 settembre  2005,  n.  206  (Codice  del  consumo),  che
annovera fra i diritti fondamentali del consumatore quello,  appunto,
ad una adeguata informazione sul prodotto. 
    Ma deve escludersi, in premessa, che questo argomento giovi  alla
resistente,  la  quale  -  ove  fosse,  in  tesi,  esatta  una   tale
prospettazione  -   avrebbe,   comunque,   ecceduto   dalle   proprie
competenze, legiferando in materia - quella dell'ordinamento  civile,
cui e' riconducibile la disciplina del codice del consumo - riservata
alla competenza esclusiva dello Stato. 
    5.- In riferimento al precetto dell'art. 117, primo comma,  Cost.
(sui vincoli, all'esercizio della potesta'  legislativa  di  Stato  e
Regioni, derivanti dall'ordinamento  comunitario)  la  questione  e',
comunque,  fondata,  assorbito  rimanendo  il  profilo  ulteriore  di
violazione dell'articolo 120, primo comma, Cost. 
    Le disposizioni degli articoli da 34 a 36 del  TFUE  -  che,  nel
caso in esame, rendono concretamente operativo il parametro dell'art.
117 Cost. - vietano, infatti, agli Stati membri di  porre  in  essere
restrizioni quantitative, all'importazione ed alla  esportazione,  "e
qualsiasi misura di effetto equivalente". 
    Nella giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia  (che  conforma
quelle disposizioni in termini di  diritto  vivente,  ed  alla  quale
occorre far riferimento ai  fini  della  loro  incidenza  come  norme
interposte nello  scrutinio  di  costituzionalita'),  la  "misura  di
effetto  equivalente"  (alle  vietate  restrizioni  quantitative)  e'
costantemente intesa in senso ampio  e  fatta  coincidere  con  "ogni
normativa  commerciale  degli  Stati  membri  che  possa  ostacolare,
direttamente o indirettamente, in  atto  o  in  potenza,  gli  scambi
intracomunitari" (Corte di giustizia, sentenze 6 marzo 2003, in causa
C-6/2002,  Commissione  delle  Comunita'  europee  contro  Repubblica
Francese; 5 novembre 2002, in  causa  C-325/2000,  Commissione  delle
Comunita' europee contro Repubblica federale di Germania;  11  luglio
1974, in causa 8-1974, Dassonville contro Belgio). 
    Orbene la legge della Regione Lazio  in  questa  sede  censurata,
mirando a promuovere  i  prodotti  realizzati  in  ambito  regionale,
garantendone siffatta origine, produce, quantomeno "indirettamente" o
"in potenza", gli effetti restrittivi sulla libera circolazione delle
merci che, anche al legislatore regionale, e' inibito  di  perseguire
per vincolo dell'ordinamento comunitario. 
    E cio', di per se', ne comporta la declaratoria di illegittimita'
costituzionale.