Ricorso della Regione Lazio, con sede in Roma, Via Cristoforo
Colombo n. 212 (C.F. 80143490581), in persona della Presidente pro
tempore, Renata Polverini, rappresentata e difesa, in forza di
procura a margine del presente atto ed in virtu' della Deliberazione
della Giunta regionale n. 320 del 6.7.2012, dal Prof. Avv. Renato
Marini (C.F. MRNRNT70A20H501W; PEC:
renatomarini@ordineavvocatiroma.org; fax: 06.36001570), presso il cui
studio in Roma, via dei Monti Parioli, 48, ha eletto domicilio -
ricorrente;
Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio dei Ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo Chigi,
Piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura
generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12,
-resistente-
Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto
legislativo 18 aprile 2012, n. 61, recante "Ulteriori disposizioni
recanti attuazione dell'articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42,
in materia di ordinamento di Roma Capitale", pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 115 del 18 maggio 2012,
limitatamente all'art. 12, commi 1 e 3, di tale atto normativo.
Fatto
1. In dichiarata attuazione dell'art. 24 della legge n. 42 del
2009, il decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 115 del 18 maggio 2012, ha
dettato una serie di disposizioni "in materia di ordinamento di Roma
Capitale".
2. La disciplina recata da talune previsioni contenute nel citato
decreto e' tale, tuttavia, da incidere indebitamente su competenze
garantite dalla Costituzione in capo alla Regione ricorrente.
3. Il riferimento e', in primo luogo, all'art. 12, comma 1, ai
sensi del quale: "Entro il 31 maggio di ciascun anno Roma capitale
concorda con il Ministero dell'economia e delle finanze le modalita'
e l'entita' del proprio concorso alla realizzazione degli obiettivi
di finanza pubblica; a tal fine, entro il 31 marzo di ciascun anno,
il Sindaco trasmette la proposta di accordo. In caso di mancato
accordo, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, il concorso
di Roma capitale alla realizzazione degli obiettivi di finanza
pubblica e' determinato sulla base delle disposizioni applicabili ai
restanti comuni".
Tale disposizione, infatti, finisce per escludere la Regione
Lazio dal processo di condivisione degli obiettivi di finanza
pubblica, concretizzando, in violazione dell'art. 117, comma 3,
Cost., una lesione della competenza legislativa regionale in materia
di coordinamento della finanza pubblica.
4. Parimenti illegittimo, come si chiarira' di qui a breve, si
mostra l'art. 12, comma 3, del d. lgs. impugnato, il quale dispone,
dal canto suo, che: "Le risorse destinate dallo Stato ai sensi
dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione ovvero connesse
al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni e degli
obiettivi di servizio di cui all'articolo 13 del decreto legislativo
6 maggio 2011, n. 68, sono erogate direttamente a Roma capitale,
secondo modalita' da definire con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri dell'interno e
dell'economia e delle finanze".
5. Tutto cio' premesso, con il presente ricorso la Regione Lazio,
come in epigrafe rappresentata e difesa, impugna il decreto
legislativo 18 aprile 2012, n. 61, e, in particolare, le norme piu'
sopra menzionate, in quanto lesive delle proprie attribuzioni
garantite da disposizioni di rango costituzionale, chiedendo a
codesta Ecc.ma Corte di volerne dichiarare l'incostituzionalita' alla
luce dei seguenti motivi di
Diritto
I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 1, del
decreto legislativo impugnato per violazione della competenza
legislativa regionale in materia di coordinamento della finanza
pubblica, garantita dall'art. 117, comma 3, Cost.
L'art. 12, comma 1, del decreto legislativo oggetto di giudizio,
prevede che Roma Capitale concordi annualmente con il Ministero
dell'Economia e delle Finanze "le modalita' e l'entita' del proprio
concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica". La
disposizione aggiunge, poi, che il concorso di Roma Capitale agli
obiettivi di finanza pubblica sara' stabilito sulla base delle
disposizioni applicabili agli altri Comuni solo nel caso di mancato
raggiungimento del suddetto accordo. Cio' premesso, occorre
richiamare, preliminarmente, quanto disposto dalla legge di
stabilita' 2012, e, in particolare, dall'art. 32.
L'art. 32, comma 17, della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge
di Stabilita' 2012) prevede quanto segue: "A decorrere dall'anno 2013
le modalita' di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica
delle singole regioni, esclusa la componente sanitaria, delle
province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali del
territorio, possono essere concordate tra lo Stato e le regioni e le
province autonome, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle
autonomie locali Restano ferme le vigenti sanzioni a carico degli
enti responsabili del mancato rispetto degli obiettivi del patto di
stabilita' interno e il monitoraggio, con riferimento a ciascun ente,
a livello centrale [...i. La Conferenza permanente per il
coordinamento della finanza pubblica, con il supporto tecnico della
Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo
fiscale, monitora l'applicazione del presente comma. Con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza
unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
1997, n. 281, da adottare entro il 30 novembre 2012, sono stabilite
le modalita' per l'attuazione del presente comma, nonche' le
modalita' e le condizioni per l'eventuale esclusione dall'ambito di
applicazione del presente comma delle regioni che in uno dei tre anni
precedenti siano risultate inadempienti al patto di stabilita'
interno e delle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit
sanitari".
Ai sensi del comma 1 del medesimo art. 32, le disposizioni "di
cui al presente articolo [...] principi fondamentali di coordinamento
della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117. terzo comma, e
119, secondo comma, della Costituzione.
Poste tali premesse, appare di tutta evidenza l'illegittimita'
dell'art. 12, comma 1, del d.lgs. n. 61 del 2012. Tale previsione,
infatti - in contrasto con quanto previsto dal citato art. 32, commi
I e 17, della legge di stabilita' 2012 - non contempla alcun
intervento della Regione Lazio nell'ambito del processo di
condivisione degli obiettivi di finanza pubblica, cosi' determinando
una grave violazione della competenza concorrente regionale in
materia di coordinamento della finanza pubblica, garantita dall'art.
117, comma 3, Cost.
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 3, del
decreto legislativo n. 61 del 2012, per violazione delle competenze
costituzionalmente garantite in capo alla Regione Lazio dagli
articoli 117, comma 3, e 119 Cost., nonche' per violazione dei
principi e criteri direttivi contenuti nella legge delega n. 42/2009,
letti congiuntamente all'art. 76 Cost., con conseguente lesione delle
prerogative costituzionali della Regione ricorrente.
L'art. 12, comma 3, del decreto legislativo impugnato, prevede,
in estrema sintesi, l'erogazione diretta da parte dello Stato nei
confronti di Roma Capitale delle risorse finalizzate al finanziamento
dei livelli essenziali delle prestazioni e degli obiettivi di
servizio di cui all'art. 13 del d.lgs. n. 68/2011 ("Disposizioni in
materia di autonomia di entrata delle Regioni a statuto ordinario e
delle province, nonche' di determinazione dei costi dei fabbisogni
standard nel settore sanitario"). A tale riguardo occorre rilevare
che le risorse di cui si discute devono essere allocate,
contrariamente a quanto disposto dalla disposizione censurata,
all'ente legislativamente competente al trasferimento di dette
funzioni, ovvero la Regione Lazio, pena la violazione dell'articolo
119 Cost., disposizione che risulta manifestamente lesa per effetto
della norma censurata.
A conferma dell'assunto sia sufficiente richiamare la sentenza n.
16 del 2004 di codesta Ecc.ma Corte, con la quale e' stato ritenuto
"inammissibile che lo Stato adotti tali forme di intervento
nell'ambito di materie e funzioni di competenza legislativa regionale
-residuale e concorrente"; inoltre, nel caso di finanziamenti diretti
in ambito di competenza regionale (che devono essere aggiuntivi
rispetto al finanziamento integrale delle funzioni spettanti ai
Comuni ed avere finalita' di perequazione, di garanzia o comunque
destinazione diversa dal normale esercizio delle funzioni), la Corte
ha precisato che "le Regioni sono chiamate ad esercitare compiti di
programmazione e di riparto dei fondi all'interno del proprio
territorio".
Conseguentemente, lo Stato puo' allocare direttamente risorse
finanziarie a favore degli enti locali solo in funzione perequativa,
con esclusione del normale esercizio delle funzioni (art. 119, comma
5, Cost.).
Al contrario i livelli essenziali delle prestazioni riguardano
servizi quali la sanita', l'assistenza sociale, l'istruzione e il
trasporto pubblico locale, mentre gli obiettivi di servizio di cui
all'articolo 13 del d.lgs. n. 68/2011, si riferiscono, piu'
genericamente, a servizi pubblici aventi "caratteristiche di
generalita' e permanenza"; in ogni caso si verte in materie di
competenza regionale.
Egualmente non puo' essere riservata a un decreto del Consiglio
dei Ministri la disciplina delle modalita' di erogazione di risorse
da parte dello Stato che non rientrino nei casi previsti
dall'articolo 119, quinto comma, Cost.
Ne consegue che l'assetto di finanziamento prefigurato dall'art.
12, comma 3, di cui trattasi, determina - in violazione delle
competenza legislativa regionale in materia di coordinamento della
finanza pubblica prevista dall'art. 117, comma 3, Cost., nonche'
dell'autonomia finanziaria di cui la Regione Lazio gode in virtu'
dell'art. 119 Cost. - un'indebita esclusione dell'ente regionale
dalle decisioni di allocazione delle risorse per lo svolgimento di
servizi pubblici afferenti a materie di propria competenza
legislativa, anche esclusiva.
Si sottolinea, inoltre, che l'impianto di finanziamento e
perequazione delineato dalla legge delega n. 42/2009 e' fondato,
coerentemente alle previsioni costituzionali, sul presupposto che il
finanziamento da parte dello Stato dei livelli essenziali delle
prestazioni degli enti locali debba operare conformemente alla
ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni
delineata dalla Costituzione.
E' evidente, pertanto, che la disposizione impugnata -
estromettendo la Regione Lazio dall'allocazione delle risorse per lo
svolgimento di servizi pubblici afferenti a materie di propria
competenza legislativa, anche esclusiva - si pone in contrasto, tra
l'altro, con i principi e criteri direttivi contenuti nella legge
delega, determinando la violazione dell'art. 76 Cost., la quale si
riflette, evidentemente, in una lesione delle prerogative
costituzionali garantite in capo alla Regione ricorrente dagli
articoli 117, comma 3, e 119, della Costituzione.
Si insiste, alla luce delle considerazioni che precedono, per la
declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 12, comma 3, del
decreto legislativo oggetto di giudizio.
III. Con riferimento all'intesa raggiunta in sede di conferenza
unificata.
Fermo restando quanto sin qui rilevato, si evidenzia,
subordinatamente, come il decreto legislativo gravato presenti
numerose variazioni rispetto allo schema approvato in sede di
Conferenza Unificata, cosi' violando l'art. 2, comma 3, 1. n.
42/2009, letto congiuntamente all'art. 76 Cost., nonche' il principio
di leale collaborazione. Violazione, quest'ultima, idonea a tradursi,
evidentemente, in una lesione delle competenze legislative e
finanziarie di cui la Regione ricorrente gode in forza degli articoli
117, comma 3, e 119 Cost..
E', altresi', violato il principio di leale collaborazione, il
quale, come noto, e' ormai pacificamente considerato di rango
costituzionale trovando diretto fondamento negli articoli 5 e 120
Cost. (ex plurimis, C. Cost. senti. nn. 19 e 242 del 1997, n. 503 del
2000; n. 282 del 2002; n. 303 del 2003).
Quanto precede trova conferma nella giurisprudenza di codesta
Ecc.ma Corte, la quale ha espressamente affermato, con riferimento ad
una fattispecie analoga a quella di cui trattasi, che le
modificazioni introdotte dal legislatore delegato in maniera difforme
rispetto a quanto sancito nell'intesa e senza alcuna motivazione in
ordine alla difformita', costituiscono un vizio procedimentale di
formazione dell'atto, tale da determinarne l'illegittimita'
costituzionale per violazione indiretta dell'articolo 76 Cost., oltre
che del principio di leale collaborazione di cui all'art. 5 Cost.
(Corte cost., sent. 6-26 giugno 2001, n. 206; in termini, cfr. Corte
cost., sent. 22 luglio 2009, n. 225).
Anche sotto tale ultimo profilo, quindi, la illegittimita' delle
norme impugnate si mostra di tutta evidenza.