IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 39080 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi Civili dell'anno 2008 avente ad oggetto: appello-risarcimento danni, e vertente tra Romano Maria Francesca, elettivamente domiciliata in Napoli, via G. Gonzaga n. 4, presso lo studio dell'avv. Giorgio Grasso, dal quale e' rappresentata e difesa in virtu' di procura a margine dell'atto di citazione del giudizio di primo grado, appellante, e Trenitalia S.P.A., elettivamente domiciliata in Napoli, via Carlo Poerio n. 53, presso lo studio dell'avv. Maurizio de Tilla, da cui e' rappresentata e difesa in forza di procura in calce alla comparsa di costituzione e di risposta, appellata; sciogliendo la riserva; letti gli atti di causa; Premette in Fatto Con sentenza n. 106521/07, pronunciata in data 5 settembre 2007, il giudice di pace di Napoli - decidendo sulla domanda proposta da Romano Maria Francesca, nei confronti di Trenitalia S.p.A, diretta al conseguimento del risarcimento dei danni subiti in conseguenza del ritardo riportato, in data 4 luglio 2005, dal treno Intercity n. 588 Napoli Centrale/Roma Tiburtina delle ore 14,36 - rigettava la domanda, compensando interamente tra le parti le spese del giudizio. Con atto di citazione notificato in data 22 ottobre 2008, Romano Maria Francesca proponeva appello avverso la predetta sentenza, deducendo: - che la pronuncia impugnata era viziata per palese erroneita' e contraddittorieta' della motivazione, non spiegando la stessa se il ritardo fosse stato causato dall'avaria del locomotore, o, invece, dall'essere il treno partito in ritardo da Napoli; - che il guasto del locomotore non integrava il caso fortuito o la forza maggiore, essendosi l'avaria verificata per negligente manutenzione di Trenitalia S.p.A; - che ugualmente non costituiva causa di forza maggiore il fatto che il treno fosse partito in ritardo da Napoli; - che, in ogni caso, non era applicabile in favore di Trenitalia S.p.A la speciale disciplina di cui alla L. n. 991/1935, attesa la natura privatistica dell'Ente Ferrovie dello Stato. Tanto premesso, chiedeva, in riforma della sentenza impugnata, dichiararsi la responsabilita' contrattuale di Trenitalia S.p.A, con conseguente condanna della stessa al risarcimento, in favore di essa appellante, di tutti i danni subiti a causa del ritardo del treno quantificati in € 1,032,00, oltre interessi e rivalutazione monetaria, con vittoria di spese del doppio grado di giudizio da attribuirsi al procuratore anticipatario. Radicatosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio la Trenitalia S.p.A, deducendo l'improponibilita' dell'appello perche' avente ad oggetto una pronuncia resa in controversia non eccedente il valore di € 1.100,00 e chiedendo, nel merito, il rigetto dello stesso in ragione della sua infondatezza. Tanto premesso in fatto, osserva in Diritto Va premesso, in punto di rilevanza, che l'appello proposto dalla Romano non incontra l'ostacolo dell'improponibilita' di cui all'art. 339 comma 3° c.p.c., nonostante la controversia sia di valore non superiore ad € 1.100,00, essendo pacifico che la stessa attiene ad una fattispecie riconducibile allo schema del contratto per adesione - come del resto riconosciuto dalla stessa Trenitalia S.p.A nella comparsa conclusionale depositata in data 11 ottobre 2011 - sicche' lo stesso e' senz'altro sottratto al giudizio equitativo del giudice di pace (cfr. Cass. 11 maggio 2010, n. 11361). Sempre in punto di rilevanza, ottone evidenziare che nella specie la Romano ha dedotto e provato documentalmente di aver sofferto un danno patrimoniale, in conseguenza del ritardo del treno, ragguagliato, oltre che all'ammontare del prezzo del biglietto ferroviario, anche alle spese sostenute per la perdita della coincidenza del volo Roma-Zurigo (spese per l'acquisto di un secondo biglietto aereo, spese per rientrare a Napoli e per ritornare a Roma il giorno seguente, spese di taxi), per un ammontare di € 331,11. Va aggiunto che l'istante ha documentato mediante attestazione proveniente da Trenitalia che il ritardo fu di 94 minuti. Cio' posto, la pretesa risarcitoria proposta dall'odierna appellante incontra un ostacolo insuperabile nella disciplina dettata dall'art. 11 R.D.L. n. 1948/1934, convertito nella L. n. 911/1935, che prevede che il viaggiatore ha diritto al risarcimento del danno derivatogli da ritardo soltanto nei casi e nei limiti previsti dagli artt. 9 e 10, qualunque sia la causa dell'inconveniente posto a base della domanda. Dal sistema dettato dagli artt. 9 e 10 emerge che il viaggiatore puo' ottenere esclusivamente, e solo a determinate condizioni, il rimborso totale o parziale del prezzo del biglietto acquistato. In particolare, il viaggiatore puo' domandare il rimborso del prezzo totale pagato solo qualora il biglietto non sia stato utilizzato ed unicamente quando la partenza del treno sia stata ritardata di almeno un'ora. La normativa in oggetto stabilisce, inoltre, l'esonero da responsabilita' per il vettore ferroviario per danni conseguenti ad anormalita' del servizio dovute a caso fortuito o forza maggiore. Orbene, nella fattispecie in esame, escluso che la causa del ritardo - guasto al locomotore - possa ricondursi al fortuito o alla forza maggiore, incombendo sul vettore l'obbligo di un'adeguata manutenzione del mezzo di trasporto, e' evidente che la liquidazione del danno patrimoniale sofferto dalla Romano incontrerebbe la descritta limitazione quantitativa. Ne' sorgono dubbi in ordine alla vigenza della richiamata normativa, atteso che la stessa, abrogata dall'art. 24 D.L. n. 112/08, convertito nella L. n. 133/2008, e ribadita con decorrenza dal 16 dicembre 2009 dall'art. 2 comma 1 D.L. n. 200/2008, e' stata ripristinata in sede di conversione del predetto decreto dall'art. 11 n. 9/2009. Sul punto, e' appena il caso di sottolineare che i fatti di causa risalgono al luglio 2005, sicche', in mancanza di un'espressa disciplina transitoria, l'abrogazione temporanea della normativa di cui alla L. n. 911/1935, attuata dal richiamato art. 24 D.L. n. 112/08, non ha in alcun modo interferito sulla piena applicabilita' di detta normativa alla fattispecie oggetto di lite. Neppure puo' dubitarsi che la responsabilita' contrattuale del vettore Trenitalia S.p.A sia tuttora disciplinata dal R.D.L. n. 1948/1934, convertito in L. n. 911/1935, a suo tempo riguardante il trasporto di persone attuato dalle Ferrovie dello Stato, e dal successivo regolamento ministeriale emanato dall'ente ferroviario esercente il servizio di trasporto ferroviario in regime di concessione. Infatti, come ha avuto modo di affermare la Suprema Corte, si tratta in ogni caso di regolamentazione autorizzata dall'atto di concessione ed applicabile a tutti gli utenti del servizio, come previsto dall'art. 1679 comma l° c.c., e quindi avente valore di fonte normativa regolamentare e non di disposizione contrattuale ex art. 1341 c.c. (cfr. Cass. 15 maggio 1997, n. 4275). Tutto cio' premesso, rileva il Giudicante che vi siano evidenti ragioni per dubitare della legittimita' costituzionale dell'articolo 11, in relazione agli artt. 9 e 10, R.D.L. n. 1948/1934, convertito in L. n. 911/1935 che, come detto, limita la responsabilita' del vettore ferroviario al solo rimborso del costo del biglietto in caso di ritardo del treno. La norma in questione, infatti, si pone in contrasto con il canone di ragionevolezza e con il principio di eguaglianza garantiti dall'articolo 3 della Costituzione, rappresentando un anacronistico privilegio in favore del concessionario del servizio di trasporto ferroviario, nonostante la natura privatistica del rapporto. Proprio detta natura privatistica comporta una disparita' di trattamento ingiustificata tra l'ipotesi di danno subito da chi si avvale del servizio di trasporto ferroviario e chi si avvale di altre forme di trasporto (cfr. riguardo all'omologa limitazione di responsabilita' in materia di servizio postale Corte cost. 11 febbraio 2011, n. 46). In particolare, la previsione del solo rimborso, in caso di ritardo del treno, del costo del biglietto ferroviario, costituisce la mera restituzione del corrispettivo versato che non assolve ad alcuna funzione risarcitoria. Ne' e' in alcun modo prospettabile un'interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina in questione, tale da consentire il superamento della descritta limitazione di responsabilita' nei casi in cui il trasportato dimostri di aver sofferto un maggior danno patrimoniale. La disciplina in oggetto, inoltre, viola la disposizione di cui all'art. 24 della Costituzione, non consentendo all'utente danneggiato di far valere in giudizio il diritto ad ottenere un risarcimento in misura superiore a quella predeterminata dalla legge. Va, pertanto, dichiarata ex officio la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 11 del R.D.L. n. 1948/1934, convertito nella L. n. 911/1935, con le conseguenti statuizioni di cui al dispositivo della presente ordinanza.