ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  degli  articoli  4,
comma 2, lettera e), 7, commi 4 e 5, e 11, comma 1, della legge della
Regione Veneto 27 aprile 2012, n.  17  (Disposizioni  in  materia  di
risorse idriche), promosso dal Presidente del Consiglio dei  ministri
con ricorso spedito per la notifica il 2 luglio 2012,  depositato  in
cancelleria il 10 luglio 2012 ed iscritto  al  n.  103  del  registro
ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito nell'udienza pubblica del 13 marzo 2013 il Giudice relatore
Giuseppe Tesauro; 
    uditi l'avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata per il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico  Falcon  per  la
Regione Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso spedito
per la notifica il 2 luglio 2012 e depositato il 10 luglio  2012,  ha
proposto questione di legittimita' costituzionale in  via  principale
degli articoli 4, comma 2, lettera e), 7, commi 4 e 5, e 11, comma 1,
della legge della Regione Veneto 27 aprile 2012, n. 17  (Disposizioni
in materia di risorse  idriche),  in  riferimento  all'articolo  117,
secondo comma, lettera e) ed s), della  Costituzione;  agli  articoli
154 e 161 del decreto legislativo 3 aprile 2006,  n.  152  (Norme  in
materia ambientale); all'articolo 10, comma 14, lettere c),  d),  e),
del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70  (Semestre  Europeo  -  Prime
disposizioni urgenti per l'economia), convertito, con  modificazioni,
dalla legge 12 luglio 2011, n. 106. 
    1.1.- Il ricorrente osserva, in primo luogo, che gli articoli  4,
comma 2, lettera e) e 7, comma 4, della legge impugnata,  attribuendo
espressamente ai consigli di  bacino  la  funzione  di  approvare  le
tariffe (ed i relativi aggiornamenti) del servizio idrico  integrato,
inciderebbero nelle materie della tutela dell'ambiente e della tutela
della concorrenza, entrambe di competenza legislativa esclusiva dello
Stato, in violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere e) ed  s),
Cost. 
    Le disposizioni regionali in esame,  infatti,  si  porrebbero  in
contrasto con gli artt. 154 e 161 del d.lgs. n.  152  del  2006,  che
riserverebbero  allo  Stato  la  determinazione  delle   tariffe   in
questione, nonche' con l'art. 10, comma 14, lettera e), del  d.l.  n.
70 del 2011, secondo il quale l'Agenzia nazionale per la  regolazione
e la vigilanza in materia di acqua (ora sostituita dall'Autorita' per
l'energia elettrica e gas, ai  sensi  dell'art.  21,  comma  19,  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante "Disposizioni  urgenti
per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei  conti  pubblici",
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011  n.  214)
«approva le tariffe predisposte dalle autorita' competenti». 
    Tali conclusioni sarebbero confermate, a giudizio del  Presidente
del Consiglio dei ministri, dalla giurisprudenza di questa Corte,  la
quale in piu' occasioni, ed in particolare nelle sentenze n.  29  del
2010 e n. 246  del  2009,  avrebbe  in  primo  luogo  affermato  che,
attraverso la determinazione della tariffa,  il  legislatore  statale
fissa livelli uniformi di tutela dell'ambiente, in quanto in tal modo
persegue la finalita' di garantire la tutela e l'uso, secondo criteri
di   solidarieta',   delle   risorse   idriche,   salvaguardando   la
vivibilita'. Sotto altro connesso profilo, poi, verrebbe  in  rilievo
la  materia  della   tutela   della   concorrenza,   in   quanto   la
determinazione della tariffa sarebbe volta ad ottenere un  equilibrio
economico-finanziario  della  gestione  e  ad  assicurare  all'utenza
efficienza ed  affidabilita'  del  servizio.  L'uniforme  metodologia
tariffaria, adottata con l'interposta legislazione statale,  sarebbe,
dunque, finalizzata a preservare il  bene  giuridico  "ambiente"  dai
rischi derivanti da una  tutela  non  uniforme  ed  a  garantire  uno
sviluppo concorrenziale del settore del servizio idrico integrato. 
    1.2.-  In  particolare,  poi,  il  citato  art.   7,   comma   4,
presenterebbe un ulteriore profilo di illegittimita', in quanto,  nel
definire la  tariffa  del  servizio  idrico  integrato,  prevedendone
l'articolazione per fasce territoriali, per tipologia di utenza,  per
scaglioni di reddito e per fasce progressive di consumo,  invaderebbe
la competenza statale sussistente per l'individuazione delle quote  e
delle componenti di costo ambientale della  risorsa,  che,  ai  sensi
dell'art. 154, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, sono definite dal
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio,  ponendosi  in
contrasto anche con l'art. 10, comma 14, lettere c) e d), del  citato
d.l. n. 70 del 2011, secondo il  quale  l'Agenzia  nazionale  per  la
regolazione e la vigilanza in  materia  di  acqua  -  ora  sostituita
dall'Autorita' per l'energia elettrica e il gas, ai  sensi  dell'art.
19, comma 21, del d.l. n 201 del 2011 - definisce  le  componenti  di
costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi  idrici
per vari settori di impiego dell'acqua, anche in proporzione al grado
di inquinamento ambientale derivante dai diversi tipi  e  settori  di
impiego ed ai costi conseguenti a carico della collettivita'. 
    Secondo il  ricorrente,  sarebbe  l'Autorita'  a  predisporre  il
metodo tariffario per la  determinazione,  con  riguardo  a  ciascuna
delle quote in cui tale corrispettivo si articola, della tariffa  del
servizio idrico integrato, sulla base della valutazione dei  costi  e
dei benefici dell'utilizzo delle risorse idriche e tenendo conto,  in
conformita' ai principi sanciti dalla normativa comunitaria, sia  del
costo finanziario della fornitura del servizio che dei relativi costi
ambientali e delle risorse. 
    Conseguentemente,  anche  sotto  tale  profilo  la   disposizione
regionale impugnata, incidendo  sulla  determinazione  della  tariffa
relativa ai servizi idrici, ascrivibile  alla  materia  della  tutela
dell'ambiente  e  a  quella  della  tutela  della   concorrenza,   di
competenza legislativa esclusiva dello Stato, violerebbe l'art.  117,
secondo comma, lettere e) ed s), Cost. 
    1.3.- Viene, poi, censurato l'art. 7, comma 5, della citata legge
reg. Veneto n. 17 del 2012, che attribuisce ai consigli di bacino  il
compito di determinare una quota di investimento non inferiore al  3%
degli introiti della tariffa dell'anno precedente - individuata nella
previsione annuale dei proventi da tariffa  per  i  vari  settori  di
impiego  dell'acqua  -  destinata  alle  comunita'  montane   e,   in
subordine, ai comuni interessati, per la realizzazione di  interventi
a tutela dell'assetto idrogeologico montano a difesa  della  qualita'
delle risorse idropotabili. 
    A  giudizio  del  ricorrente,  siffatta  disposizione,  "pur   in
astratto ragionevole",  incidendo  sulle  componenti  tariffarie,  si
porrebbe in diretto contrasto con gli artt.  154  e  161  del  codice
dell'ambiente, di cui al citato d.lgs. n. 152 del 2006 nonche' con il
surrichiamato art. 10, comma  14,  del  d.l.  n.  70  del  2011,  che
attribuiscono allo Stato la determinazione delle componenti di  costo
delle tariffe. 
    Infatti, in un sistema in cui e' riservato allo Stato determinare
le componenti che concorrono a determinare la tariffa, incluse quelle
riguardanti le modalita' di recupero dei  costi  ambientali  e  delle
risorse, la disposizione  regionale  impugnata,  fissando  una  quota
minima  di  destinazione,  invaderebbe  anche  in  questo   caso   la
competenza statale in materia di tutela  dell'ambiente  e  di  tutela
della concorrenza, ponendosi  cosi'  in  contrasto  con  l'art.  117,
secondo comma, lettere e) ed s), Cost. 
    1.4.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  censura,  ancora,
l'art.  11,  comma  1,  della  piu'  volte  citata  legge  regionale,
assumendo che anche  tale  norma,  attribuendo  al  Presidente  della
Giunta regionale  il  potere  sostitutivo  in  caso  di  inerzia  dei
Consigli di bacino nell'approvazione delle  tariffe  e  dei  relativi
aggiornamenti, sarebbe invasiva della competenza statale esclusiva in
materia di tariffe del servizio idrico integrato. 
    A giustificazione di tale  assunto  si  adduce  che  non  sarebbe
attribuibile alla Regione un potere sostitutivo relativamente ad  una
funzione che non le compete,  spettando  alle  autorita'  statali  il
potere di approvazione  delle  tariffe,  in  particolare,  come  gia'
specificato, ai sensi dell'art. 10, comma 14, lettera e), del d.l. n.
70 del 2011. Del resto, il citato art. 10, comma 14, alla lettera  c)
attribuirebbe espressamente  tale  potere  sostitutivo  all'Autorita'
statale, prevedendo che la stessa «nel caso di  inutile  decorso  dei
termini previsti dalla legge per l'adozione degli atti di definizione
della tariffa da parte  delle  autorita'  competenti  (...)  provvede
nell'esercizio   del   potere   sostitutivo,   su    istanza    delle
amministrazioni o delle parti  interessate,  entro  sessanta  giorni,
previa diffida all'autorita' competente ad adempiere entro il termine
di venti giorni». 
    Conseguentemente, anche detta disposizione  regionale,  invadendo
le competenze statali in  materia  di  ambiente  e  di  tutela  della
concorrenza,  alle  quali  sarebbe  ascrivibile   l'esercizio   delle
funzioni amministrative riguardanti la determinazione  delle  tariffe
cui si  riferisce  il  potere  sostitutivo,  violerebbe  l'art.  117,
secondo comma, lettere e) ed s), Cost. 
    2.- Si e' costituita nel giudizio la  Regione  Veneto,  con  atto
depositato il 27 luglio 2012, deducendo l'infondatezza del ricorso  e
riservando di esplicitare le  ragioni  difensive  in  una  successiva
memoria. Tale memoria e' stata, poi,  successivamente  depositata  in
data 19 febbraio 2013. 
    2.1.- La resistente premette in linea  generale  che  le  Regioni
sono dotate di competenza legislativa piena  in  materia  di  servizi
pubblici e di  competenza  concorrente  in  materia  di  governo  del
territorio e che  l'art.  142,  comma  3,  del  Codice  dell'ambiente
attribuisce poteri in  materia  tariffaria  alle  Autorita'  d'ambito
stabilendo che: «gli enti locali, attraverso l'Autorita' d'ambito  di
cui all'articolo 148, comma l, svolgono le funzioni di organizzazione
del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione,  di
determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento
della gestione e relativo controllo, secondo  le  disposizioni  della
parte terza del presente  decreto».  Premette  ancora  che,  dopo  il
trasferimento all'Autorita' per l'energia  elettrica  e  il  gas,  le
funzioni trasferite  sarebbero  state  individuate  con  decreto  del
Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,  adottato  ai
sensi dell'art. 21, comma 13, del d.l. n. 201 del 2011 . 
    2.2.- Cio' posto, con riferimento agli artt. 4, comma 2,  lettera
e), e 7, comma 4,  la  Regione  Veneto  assume  che  le  disposizioni
regionali non userebbero «tale termine nel  senso  tecnico  [...]  di
definitiva sanzione di un atto da altri gia' adottato»; esse, invece,
intenderebbero  «attribuire  ai  Consigli  di  bacino  la  misura  di
competenza,  nella  deliberazione  della  tariffa,   prevista   dalla
legislazione statale, senza affatto  pregiudicare  l'approvazione  in
senso tecnico», che continuerebbe a spettare agli organi statali. 
    L'intenzione del legislatore  regionale  di  porsi  nel  contesto
della normativa statale si ricaverebbe dal rinvio che lo stesso  art.
7, comma. 4, della legge reg. Veneto n. l7 del 2012 farebbe  all'art.
154 del Codice  dell'ambiente.  Tale  richiamo,  infatti,  renderebbe
evidente che l'approvazione altro non sarebbe che la "determinazione"
di cui allo stesso art. 154  (e  la  "predisposizione"  di  cui  alla
vigente formulazione dell'art. 154, comma 4). 
    2.3.- Quanto, poi, al secondo motivo di  ricorso  riguardante  il
citato art. 7, comma 4, la censura sarebbe  "doppiamente  infondata":
da un lato, l'articolazione della tariffa non interferirebbe  con  il
potere statale di determinare le  componenti  di  costo,  dall'altro,
tale articolazione costituirebbe  essa  stessa  attuazione  di  norme
statali. 
    Si dovrebbero, infatti, tenere distinte le componenti  di  costo,
intese come voci generali, non  specificate,  ne'  "bilanciate",  che
devono essere tenute presenti nel calcolo per determinare la tariffa,
dal metodo tariffario, che serve  a  definire  le  singole  voci  che
rientrano nelle componenti  di  costo  e  i  criteri  per  calcolarne
l'entita'. 
    Date le componenti di costo definite dal  Ministro  dell'ambiente
(essenzialmente, costi operativi e ammortamenti e  remunerazione  del
capitale investito), il  metodo  individuerebbe  quali  categorie  di
costi  rientrino  fra  i  costi   operativi,   quali   categorie   di
ammortamenti rientrino nella relativa voce e con  quali  aliquote  di
ammortamento, cosa si intenda per  "capitale  investito"  e  come  si
calcoli la misura della remunerazione del capitale investito. 
    Tale assetto  non  sarebbe  posto  in  discussione  allorche'  la
Regione   preveda   un'articolazione   della   tariffa   «per   fasce
territoriali, per tipologia di utenza, per scaglioni di reddito e per
fasce  progressive  di  consumo»,  in  quanto  la   distinzione   tra
l'articolazione della tariffa e la determinazione delle componenti di
costo e del metodo tariffario risulterebbe dal decreto  del  Ministro
dell'ambiente 1° agosto 1996 (Metodo normalizzato per la  definizione
delle componenti di  costo  e  la  determinazione  della  tariffa  di
riferimento del servizio idrico integrato) e  dall'abrogato  art.  13
della legge 5 gennaio 1994, n. 36, recante "Disposizioni  in  materia
di risorse idriche" (di cui il d.m. citato e' attuazione).  L'art.  7
di tale d.m. disporrebbe che «lo stesso Ambito provvede ad articolare
la tariffa  per  fasce  di  utenza  e  territoriali,  secondo  quanto
previsto dall'art. 13, comma 3, della legge n. 36  citata»,  rendendo
in tale modo evidente che l'articolazione della  tariffa  spetterebbe
al soggetto  competente,  in  un  momento  successivo  rispetto  alla
determinazione. Tale assunto sarebbe confermato anche dall'art.  154,
comma 6, del Codice  dell'ambiente,  il  quale  prevede  che:  «Nella
modulazione   della   tariffa   sono   assicurate,   anche   mediante
compensazioni per altri tipi  di  consumi,  agevolazioni  per  quelli
domestici essenziali, nonche' per i consumi di determinate categorie,
secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire obiettivi  di
equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di  tariffa
per le residenze secondarie, per gli impianti  ricettivi  stagionali,
nonche' per  le  aziende  artigianali,  commerciali  e  industriali».
L'art. 142, comma 3, del predetto Codice renderebbe, infatti,  chiaro
che la "modulazione" della  tariffa  avviene  al  momento  della  sua
adozione. 
    Del resto, sarebbe evidente che l'articolazione della tariffa non
potrebbe che essere fatta a livello locale nell'ambito della  materia
"servizi pubblici locali", riservata alla competenza regionale piena. 
    In definitiva, dunque, a giudizio della  Regione  l'articolazione
della tariffa prevista dalla norma impugnata  non  implicherebbe  una
sovrapposizione con le funzioni statali e la censura  sarebbe  dunque
infondata  perche'  frutto  di  un  «equivoco  sulla  portata   della
disposizione impugnata e  per  una  incompleta  considerazione  della
normativa statale». 
    2.4.- Analogamente, secondo la resistente,  la  censura  relativa
all'art. 7, comma 5, della legge reg. Veneto n. 17 del  2012  sarebbe
radicalmente  infondata,  «per  totale  estraneita'  della  norma  in
questione alla fase di determinazione della tariffa». 
    La norma impugnata, infatti, non atterrebbe alla fase  "a  monte"
della determinazione della tariffa ma  alla  fase  "a  valle",  cioe'
all'utilizzo di una quota degli introiti tariffari. L'impugnato  art.
7, comma 5, riguarderebbe, invece, il momento di redazione del  piano
economico finanziario, che  concettualmente  presuppone  una  tariffa
gia' predeterminata, come sarebbe confermato sia dall'art. 154, comma
4, del Codice dell'ambiente, che dal precedente  art.  149,  comma  4
(secondo cui «il piano economico finanziario (...) e' integrato dalla
previsione annuale dei proventi da tariffa», il che presuppone che la
tariffa sia gia' determinata). 
    La norma regionale riguarderebbe, dunque, la destinazione di  una
quota degli introiti, che viene destinata a scopi di  "investimento",
in termini perfettamente coerenti con la circostanza che lo Stato, in
sede di determinazione delle componenti di costo, vi comprenda  anche
"le modalita' di recupero dei costi ambientali e delle risorse". 
    2.5.- Infine, quanto alla questione relativa all'art.  11,  comma
l,   la   Regione   ne   deduce   l'infondatezza   come   conseguenza
dell'infondatezza della prima censura proposta dal ricorso. 
    Inoltre, con riferimento  al  potere  sostitutivo  dell'autorita'
statale, espressamente  previsto  in  capo  all'Agenzia,  la  Regione
assume che la stessa norma  indicata  dal  ricorrente,  riconnettendo
tale  potere  all'«istanza  delle  amministrazioni  o   delle   parti
interessate», affiderebbe alla legge regionale l'individuazione delle
autorita' competenti, nel quadro di un complessivo ruolo  di  governo
del  servizio  pubblico.  La  legge  regionale   impugnata,   quindi,
prevedrebbe «al livello regionale un  primo  meccanismo  di  garanzia
dell'efficienza del sistema,  meccanismo  che  si  aggiunge  -  senza
sostituirsi -  a  quello  -  ultimo  -  previsto  dalla  legislazione
statale»,  che,   a   fronte   dell'inerzia   dell'autorita'   locale
nell'adozione degli atti di propria competenza, affida al  Presidente
della Giunta regionale il  potere  di  attivarsi.  In  tale  modo  il
Presidente della Giunta diverrebbe esso stesso, in  via  sostitutiva,
una delle «autorita' al riguardo competenti», «competenti - s'intende
-  alla  adozione  di  quegli  atti,   non   alla   loro   definitiva
approvazione». 
    Il fatto che la Regione garantisca, prima del decorso dei termini
di legge, l'assunzione degli atti di competenza  locale,  secondo  la
resistente, non interferirebbe  affatto  con  il  potere  statale  di
sostituirsi ad essi nel caso di inerzia. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale degli articoli 4, comma 2, lettera e), 7,
commi 4 e 5, e 11, comma 1,  della  legge  della  Regione  Veneto  27
aprile 2012, n. 17 (Disposizioni in materia di risorse  idriche),  in
riferimento all' art. 117, secondo comma, lettere  e)  ed  s),  della
Costituzione; agli articoli 154  e  161  del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale); all'art. 10, comma
14, lettere c), d), e)  del  decreto-legge  13  maggio  2011,  n.  70
(Semestre Europeo  -  Prime  disposizioni  urgenti  per  l'economia),
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106. 
    2.- Tutte le censure denunciano, nella  sostanza,  la  violazione
della competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente
e della concorrenza, con riferimento al  procedimento  di  formazione
delle tariffe del servizio  idrico  integrato.  Esse  vanno,  quindi,
scrutinate, secondo l'ordine ad esse attribuito dal ricorrente,  alla
luce della relativa giurisprudenza di questa Corte. 
    3.- Le  questioni  in  esame  si  inseriscono  nell'ambito  della
complessa evoluzione  della  normativa  relativa  alle  procedure  di
determinazione delle tariffe del servizio idrico  integrato,  la  cui
disciplina si rinviene oggi principalmente nelle norme del d.lgs.  n.
152 del 2006 (c.d. Codice dell'ambiente).  L'art.  154  definisce  la
tariffa come «il corrispettivo del  servizio  idrico  integrato»  che
viene determinata tenendo conto della qualita' della risorsa idrica e
del servizio fornito, delle  opere  e  degli  adeguamenti  necessari,
dell'entita' dei costi di  gestione  delle  opere,  e  dei  costi  di
gestione delle aree di salvaguardia, nonche' di una quota  parte  dei
costi di funzionamento  dell'Autorita'  d'ambito,  in  modo  che  sia
assicurata la copertura integrale dei  costi  di  investimento  e  di
esercizio secondo il principio del recupero dei costi  e  secondo  il
principio «chi inquina paga». La norma, frutto peraltro di intervento
abrogativo referendario, quanto alla quota  della  tariffa  destinata
alla remunerazione del capitale, dispone che «tutte  le  quote  della
tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di  corrispettivo»
e che il Ministro dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,  su
proposta dell'Autorita' di vigilanza  sulle  risorse  idriche  e  sui
rifiuti,  definisce  con  decreto  le  componenti  di  costo  per  la
determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici  per  i  vari
settori di impiego dell'acqua. 
    Il citato art. 154, peraltro, al comma 4,  nell'attuale  versione
frutto della modifica ad  opera,  da  ultimo,  del  decreto-legge  18
ottobre 2012 n. 179 (Ulteriori misure urgenti  per  la  crescita  del
Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 17  dicembre  2012
n. 221, dispone  che  sia  il  soggetto  competente,  al  fine  della
redazione del piano economico-finanziario di  cui  all'articolo  149,
comma  1,  lettera  d),   a   predisporre   la   tariffa   di   base,
nell'osservanza del metodo tariffario di cui all'articolo  10,  comma
14, lettera d), del d.l. n.  70  del  2011,  ed  a  trasmetterla  per
l'approvazione all'Autorita' per l'energia elettrica e il gas. 
    L'articolo  10,  comma  14,  del  d.l.  n.  70  del   2011,   nel
disciplinare l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in
materia di  acqua  -  ora  sostituita  dall'Autorita'  per  l'energia
elettrica e gas, ai sensi dell'art 21, comma 19, del decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011  n.  214  -  dispone  che
l'Autorita', fra l'altro, definisce le componenti  di  costo  per  la
determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici  per  i  vari
settori di impiego dell'acqua, predispone il metodo  tariffario,  per
la determinazione, con riguardo a ciascuna delle quote  in  cui  tale
corrispettivo  si  articola,  della  tariffa  del   servizio   idrico
integrato  ed  «approva  le  tariffe  predisposte   dalle   autorita'
competenti». 
    Infine,  in  conseguenza  della  soppressione   delle   Autorita'
d'ambito, di cui agli articoli 148 e 201 del d.lgs. n. 152 del  2006,
il comma 186-bis della legge 23 dicembre 2009, n.  191  (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -
legge finanziaria 2010) ha disposto che le Regioni attribuiscano  con
legge le funzioni gia' esercitate dalle Autorita', nel  rispetto  dei
principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza. 
    E' in questo contesto che  si  colloca  la  legge  regionale  del
Veneto in esame, la quale all'art. l, comma 5, ha disposto  in  primo
luogo che «le funzioni amministrative relative alla programmazione  e
controllo del servizio idrico integrato di cui agli  articoli  147  e
seguenti del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152  "Norme  in
materia ambientale", e successive modificazioni, sono esercitate  per
ciascun  ambito  territoriale  ottimale  da   enti   di   regolazione
denominati Consigli di bacino». 
    4.- Questa Corte ha in  piu'  occasioni  affrontato  il  problema
dell'ambito  materiale  in  cui   collocare   la   disciplina   della
determinazione  della  tariffa  del  servizio  idrico,  giustificando
originariamente l'azione unitaria svolta dallo Stato con il  fine  di
garantire sull'intero territorio nazionale  un  trattamento  uniforme
alle varie imprese operanti in concorrenza tra loro, per  evitare  di
produrre arbitrarie disparita' di trattamento  sui  costi  aziendali,
conseguenti a vincoli imposti in modo  differenziato  sul  territorio
nazionale. 
    In particolare, con la sentenza n. 246  del  2009,  la  Corte  ha
scrutinato la disciplina della determinazione della tariffa  d'ambito
territoriale  ottimale,  la  cui   riconducibilita'   alla   potesta'
normativa  statale  era  stata  contestata  da  alcune  Regioni.   La
pronuncia ha evidenziato che i poteri  legislativi  esercitati  dallo
Stato con la norma allora censurata  «attengono  all'esercizio  delle
competenze legislative esclusive statali nelle materie  della  tutela
della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.) e della
tutela dell'ambiente (art. 117, secondo  comma,  lettera  s,  Cost.),
materie  che  hanno  prevalenza  su  eventuali  titoli  competenziali
regionali ed, in particolare, su quello dei servizi  pubblici  locali
». 
    Successivamente, la sentenza n. 29 del 2010 ha ribadito  che  dal
complesso normativo contenuto nel d.lgs. n. 152 del  2006  si  desume
che la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per  i
vari settori di impiego dell'acqua e' ascrivibile alla materia  della
tutela dell'ambiente e  a  quella  della  tutela  della  concorrenza,
ambedue di competenza legislativa esclusiva dello Stato. 
    Secondo questa Corte, attraverso la determinazione della tariffa,
il  legislatore  statale  ha  fissato  livelli  uniformi  di   tutela
dell'ambiente, perche' ha inteso perseguire la finalita' di garantire
la tutela e l'uso, secondo criteri  di  solidarieta',  delle  risorse
idriche,  salvaguardando   la   vivibilita'   dell'ambiente   e   «le
aspettative ed i diritti delle generazioni  future  a  fruire  di  un
integro   patrimonio   ambientale».   La   finalita'   della   tutela
dell'ambiente viene  anche  posta  in  relazione  alla  scelta  delle
tipologie dei costi che la tariffa e' diretta  a  recuperare,  tra  i
quali il legislatore ha incluso espressamente quelli ambientali. 
    La medesima pronuncia,  poi,  riconnette  l'uniforme  metodologia
tariffaria, adottata dalla legislazione statale, alla  materia  della
tutela  della  concorrenza,  in  quanto  «alla  determinazione  della
tariffa  provvede  l'Autorita'  d'ambito,  al  fine  di  ottenere  un
equilibrio  economico-finanziario  della  gestione  e  di  assicurare
all'utenza efficienza ed affidabilita' del servizio (art. 151,  comma
2, lettere c, d, e). Tale fine e' raggiunto determinando  la  tariffa
secondo un meccanismo di price  cap  (artt.  151  e  154,  comma  1),
diretto ad evitare  che  il  concessionario  unico  abusi  della  sua
posizione dominante» (sentenza n. 246 del 2009, che richiama anche le
sentenze n. 335 e n. 51 del 2008). 
    5.- La costante giurisprudenza della Corte, che  qui  si  intende
ribadire, ha dunque ricostruito la disciplina statale  relativa  alla
determinazione  della  tariffa,  come  complesso  di  norme  atte   a
preservare il bene giuridico "ambiente" dai rischi derivanti  da  una
tutela non uniforme ed a garantire uno  sviluppo  concorrenziale  del
settore del servizio idrico integrato. E' quindi in relazione a  tali
principi che vanno esaminate le singole censure sollevate. 
    6.- Il Presidente del Consiglio dei  ministri  assume,  in  primo
luogo, che gli artt. 4, comma 2, lettera e) e 7, comma 4, della legge
reg. Veneto n. 17 del 2012, attribuendo  ai  Consigli  di  bacino  la
funzione di approvare le tariffe (ed i  relativi  aggiornamenti)  del
servizio idrico integrato, si porrebbero in contrasto con  gli  artt.
154 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006, che  riservano  allo  Stato  la
determinazione di tali tariffe, nonche'  con  l'art.  10,  comma  14,
lettera e), del d.l. n. 70  del  2011,  secondo  il  quale  l'Agenzia
nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua  (ora
sostituita dall'Autorita' per l'energia elettrica e gas) «approva  le
tariffe predisposte dalle autorita'  competenti»,  invadendo  in  tal
modo le materie statali della tutela  dell'ambiente  e  tutela  della
concorrenza. In  particolare,  poi,  l'impugnato  art.  7,  comma  4,
prevedendo l'articolazione di tale tariffa  per  fasce  territoriali,
per tipologia di  utenza,  per  scaglioni  di  reddito  e  per  fasce
progressive di consumo, sarebbe difforme anche  dalle  previsioni  di
cui all'art. 10, comma 14, lettere c) e d), del citato d.l. n. 70 del
2011 e, dunque, contrasterebbe con  l'articolo  117,  secondo  comma,
lettere e) ed s), Cost. 
    6.1. - La questione e' fondata. 
    6.2.- Viene  in  rilievo,  a  questo  proposito,  l'attivita'  di
«approvazione»  della  tariffa  da  parte  dei  Consigli  di   bacino
istituiti a livello regionale. La prima norma, infatti,  prevede  che
il  Consiglio  di  bacino  «approva  le   tariffe   ed   i   relativi
aggiornamenti»; la seconda  dispone  che  «la  tariffa  del  servizio
idrico integrato di cui all'art. 154 del decreto legislativo  n.  152
del 2006, e successive modificazioni, e' approvata dal  Consiglio  di
bacino, in conformita' ai criteri e metodi previsti  dalla  normativa
vigente, articolandola  per  fasce  territoriali,  per  tipologia  di
utenza, per scaglioni di reddito e per fasce progressive di consumo». 
    Dal testo  della  legge  appare  evidente  come  le  disposizioni
regionali  impugnate  riservino   a   tali   enti   un'attivita'   di
approvazione  e  modulazione  che,  invece,   dalle   norme   statali
interposte, in particolare dall'articolo 10, comma 14, del d.l. n. 70
del 2011, risulta riservata allo Stato, nell'esercizio delle  proprie
competenze in materia di  tutela  dell'ambiente  e  di  tutela  della
concorrenza. Non puo', infatti,  attribuirsi  rilievo  alla  proposta
esegetica  del  verbo  "approvare"  suggerita  dalla   difesa   della
resistente,  secondo   cui   tale   attivita'   andrebbe   ricondotta
nell'ambito della funzione di "determinazione"  (secondo  la  lettera
dell'art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006  vigente  al  momento  della
promulgazione della legge regionale)  o  di  "predisposizione"  della
tariffa, attribuita alla Regione, nell'ambito della sua competenza in
materia di servizi pubblici locali. 
    In  proposito  appare  sufficiente  richiamare  la  gia'   citata
sentenza n. 29 del 2010, la quale  ha  precisato  che,  allorche'  la
normativa regionale incida, in particolare,  sulle  attribuzioni  dei
soggetti preposti al  servizio  idrico  integrato,  sottraendo  parte
della competenza ad essi riservata dagli artt. 154 e 161  del  d.lgs.
n. 152 del 2006, per cio' stesso deve  ritenersi  illegittima,  senza
che, sotto tale  profilo,  possa  essere  rivendicata  la  competenza
legislativa regionale in materia di servizi pubblici locali. 
    Peraltro, anche se  si  volesse  ritenere  che  coincida  con  la
predisposizione  voluta   dal   sistema   legislativo   statale,   il
riferimento dell'art. 7, comma 4, al momento dell'articolazione della
tariffa secondo fasce territoriali,  per  tipologia  di  utenza,  per
scaglioni di reddito e per fasce  progressive  di  consumo,  dimostra
sistematicamente proprio quanto tale attivita' ecceda  le  competenze
regionali. Siffatta  attivita',  infatti,  non  potrebbe  che  essere
ricompresa fra quelle riservate  agli  organi  statali  preposti,  in
virtu' delle attribuzioni previste, fra l'altro, oltre che dal citato
art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, anche dall'art.  10,  comma  14,
lettere c) e d), del d.l. n. 70 del 2011, che  riserva  all'Autorita'
per l'energia e per il gas non solo la definizione  delle  componenti
di costo per la determinazione  della  tariffa  relativa  ai  servizi
idrici, ma anche la  redazione  del  metodo  tariffario,  riguardo  a
ciascuna delle quote di corrispettivo ed alla valutazione  dei  costi
dell'utilizzo. 
    6.3.- Tali ultime osservazioni, peraltro, impongono  di  ritenere
assorbito nella pronuncia di accoglimento anche  il  secondo  profilo
della censura relativa allo stesso art.  7,  comma  4,  sollevato  in
riferimento all'attivita' di articolazione della tariffa. 
    7.- Viene poi censurato l'art.  7,  comma  5,  della  legge  Reg.
Veneto n. 17 del 2012, in quanto, attribuendo ai Consigli  di  bacino
il compito di determinare una quota di investimento non inferiore  al
3% degli introiti della tariffa per la realizzazione di interventi  a
tutela dell'assetto idrogeologico, ed incidendo  in  tal  modo  sulle
componenti tariffarie, avrebbe invaso anche in tal caso le competenze
statali in materia  di  tutela  dell'ambiente  e  della  concorrenza,
ponendosi in contrasto, anche in questo caso, con gli artt. 154 e 161
del Codice dell'ambiente, nonche' con l'art. 10, comma 14 del d.l. n.
70 del 2011, che attribuiscono allo  Stato  la  determinazione  delle
componenti di costo delle tariffe. 
    7.1.- La questione e' fondata. 
    7.2.- La norma attribuisce ai Consigli di bacino  il  compito  di
determinare una quota di  investimento  non  inferiore  al  3%  degli
introiti della tariffa dell'anno precedente, destinata alle comunita'
montane e, in subordine, ai comuni interessati, per la  realizzazione
di interventi a tutela dell'assetto idrogeologico  montano  a  difesa
della qualita' dell'acqua potabile. 
    E' pacifico, tuttavia, in primo luogo, che la disciplina  statale
sopra richiamata riservi alle autorita' statali la  fissazione  delle
componenti di costo delle tariffe, atteso che, per  il  disposto  del
citato art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, il Ministro dell'ambiente
e  della  tutela  del  territorio,  su  proposta  dell'Autorita'   di
vigilanza sulle risorse idriche e sui  rifiuti,  tenuto  conto  della
necessita'  di  recuperare  i  costi  ambientali  anche  secondo   il
principio "chi inquina paga", definisce con decreto le componenti  di
costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi  idrici
per  i  vari  settori  di  impiego  dell'acqua.  D'altra  parte,   la
determinazione di un minimo della  quota  di  investimento  destinato
alla tutela idrogeologica ed alla qualita' delle risorse idriche,  in
quanto "costo", non puo' che riflettersi proprio su dette componenti,
di recupero dei costi  ambientali  e  di  investimento.  E'  pertanto
evidente l'attitudine della disposizione ad incidere sulle componenti
tariffarie. 
    La ricostruzione suggerita dalla  difesa  regionale,  secondo  la
quale si tratterebbe di un intervento "a valle" destinato ad incidere
"solo" sull'utilizzazione degli introiti da tariffa, anche in  questo
caso non riesce a smentire la fondatezza delle censure,  perche'  gli
investimenti ambientali  dei  ricavi  si  caratterizzano,  sul  piano
giuridico e non soltanto  economico,  come  costi,  che  dallo  Stato
devono essere  fissati,  nell'ambito  dei  criteri  generali  per  la
fissazione  della  tariffa,  anche   attraverso   la   determinazione
dell'Autorita' per l'energia elettrica e il gas. 
    La disciplina regionale impugnata, quindi, in quanto suscettibile
di incidere sulle componenti  tariffarie,  ed  in  particolare  sulle
quote dei costi, nella specie dei costi ambientali, invade le materie
tutela dell'ambiente e tutela della concorrenza, riservate allo Stato
dall'art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost. 
    8.-   Infine,   il   ricorrente   dubita    della    legittimita'
costituzionale dell'art. 11, comma 1, della legge regionale in esame,
in quanto, attribuendo esso al Presidente della Giunta  regionale  il
potere  sostitutivo  in  caso  di  inerzia  dei  Consigli  di  bacino
nell'approvazione delle tariffe  e  dei  relativi  aggiornamenti,  si
porrebbe in contrasto con l'articolo 117, secondo comma,  lettere  e)
ed s), Cost., perche' invasivo anche in questo caso delle  competenze
statali  in  materia  di  tutela  dell'ambiente  e  di  tutela  della
concorrenza. 
    8.1.- Anche in questo caso la questione e' fondata. 
    8.2.- Va osservato, preliminarmente, come  su  di  essa  esplichi
necessariamente un effetto dirimente la  decisione  di  accoglimento,
che iscrive  nell'ambito  delle  competenze  statali  l'attivita'  di
approvazione  delle  tariffe  da  parte  dell'autorita'  di   bacino,
disciplinata dalle norme regionali impugnate. 
    Il censurato art. 11, comma 1, infatti, dispone che nelle ipotesi
di accertata inerzia nell'adozione degli  atti  di  cui  all'art.  4,
comma 2, lettere b), c), d) ed e), della medesima legge regionale - e
quindi anche nell'adozione dell'atto di  approvazione  delle  tariffe
prevista dalla lettera e) - il  Presidente  della  Giunta  regionale,
previa apposita diffida, provveda in via sostitutiva, anche  mediante
la nomina di un commissario ad acta. 
    L'attribuzione di un simile potere sostitutivo, relativamente  ai
casi di inerzia  nell'approvazione  o  aggiornamento  delle  tariffe,
riguardando   una   funzione   che   non   compete   alla    Regione,
necessariamente soffre del medesimo vizio di competenza  della  norma
che aveva previsto la funzione. Inoltre, emerge al riguardo anche  il
contrasto con l'art. 10, comma 14, del citato d.l. n.  70  del  2011,
che espressamente attribuisce  il  potere  sostitutivo  all'Autorita'
statale, prevedendo che la stessa «nel caso di  inutile  decorso  dei
termini previsti dalla legge per l'adozione degli atti di definizione
della tariffa da parte  delle  autorita'  competenti  (...)  provvede
nell'esercizio   del   potere   sostitutivo,   su    istanza    delle
amministrazioni o delle parti  interessate,  entro  sessanta  giorni,
previa diffida all'autorita' competente ad adempiere entro il termine
di venti giorni».