ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 3 della
legge della Regione Veneto 27  dicembre  2011,  n.  30  (Disposizioni
urgenti in materia di orari di apertura e chiusura delle attivita' di
commercio al dettaglio  e  disposizioni  transitorie  in  materia  di
autorizzazioni commerciali relative a grandi strutture di  vendita  e
parchi commerciali), promosso dal Tribunale amministrativo  regionale
per il Veneto nel procedimento vertente tra la Pam Panorama s.p.a.  e
il Comune di Treviso ed altri, con ordinanza del  29  febbraio  2012,
iscritta al n. 79 del registro  ordinanze  2012  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  19,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2012. 
    Visti gli atti di costituzione della Pam Panorama  s.p.a.,  della
Regione   Veneto,   nonche'   gli   atti    di    intervento    della
Federdistribuzione,  della  Bennet  s.p.a.  e  della  Aspiag  Service
s.r.l.; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  aprile  2013  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo; 
    uditi gli avvocati Giorgio Roderi per la Pam  Panorama  s.p.a.  e
per  la  Federdistribuzione,  Luigi  Manzi  per  la  Regione  Veneto,
Federica Scafarelli per la Aspiag Service s.r.l. e Mariano Protto per
la Bennet s.p.a. 
    Ritenuto che, con ordinanza depositata il 29  febbraio  2012,  il
Tribunale amministrativo regionale per il Veneto  (d'ora  in  avanti,
TAR) ha sollevato, in riferimento agli articoli  41  e  117,  secondo
comma,  lettere  e)  ed  m),   della   Costituzione,   questioni   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 3 della legge della Regione
Veneto 27 dicembre 2011, n. 30 (Disposizioni urgenti  in  materia  di
orari  di  apertura  e  chiusura  delle  attivita'  di  commercio  al
dettaglio e disposizioni transitorie  in  materia  di  autorizzazioni
commerciali  relative  a  grandi  strutture  di  vendita   e   parchi
commerciali); 
    che il TAR premette  di  essere  chiamato  a  pronunziare  su  un
ricorso promosso da una societa'  per  azioni  contro  il  Comune  di
Treviso  e  la  Regione  Veneto  (entrambi  costituiti  nel  relativo
giudizio), con l'intervento ad opponendum di FILCAMS  Cgil,  FISASCAT
Cisl e UILTUCS Uil, per l'annullamento  dell'ordinanza  sindacale  30
dicembre 2011, protocollo n. 43,  limitativa  della  possibilita'  di
apertura domenicale degli esercizi commerciali al dettaglio; 
    che il rimettente osserva che con decreto-legge 6 dicembre  2011,
n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la  crescita,  l'equita'  e  il
coordinamento dei conti  pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e' stato  riformato  l'art.  3,
comma 1, lettera d-bis), del decreto-legge  4  luglio  2006,  n.  223
(Disposizioni urgenti per il rilancio economico  e  sociale,  per  il
contenimento e la razionalizzazione  della  spesa  pubblica,  nonche'
interventi  in  materia  di  entrate  e  di  contrasto   all'evasione
fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4  agosto  2006,
n. 248, il quale ora dispone che: «[...]  al  fine  di  garantire  la
liberta' di concorrenza secondo condizioni di pari opportunita' ed il
corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonche' di assicurare
ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di  condizioni  di
accessibilita' all'acquisto di  prodotti  e  servizi  sul  territorio
nazionale, ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, lettere  e)  ed
m), della Costituzione, le attivita' commerciali  [...]  sono  svolte
senza i seguenti limiti e  prescrizioni:  d-bis)  il  rispetto  degli
orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della chiusura  domenicale
e  festiva,  nonche'  quello  della  mezza   giornata   di   chiusura
infrasettimanale dell'esercizio; [...]»; 
    che, dopo la nuova legge statale, e' intervenuta la  legge  della
Regione Veneto n. 30 del 2011, la quale, all'art. 3, ha  previsto  lo
stesso tipo di limitazione degli orari di apertura e  chiusura  delle
attivita'  di  commercio  al  dettaglio  preesistente  alla   novella
legislativa  dello  Stato,  stabilendo  (in  particolare)  che   tali
attivita' «osservano la chiusura domenicale e festiva» (comma  2),  e
che «derogano all'obbligo di chiusura domenicale e festiva di cui  al
comma 2»  in  ipotesi  limitate  nonche',  in  via  sperimentale,  in
ulteriori ipotesi (commi 4, 6 e 7); 
    che il Comune di Treviso, con il provvedimento impugnato, ha dato
attuazione a detta legge regionale; 
    che, prosegue il rimettente, con il ricorso,  esaminato  in  fase
cautelare, e' richiesto di annullare, previa  sospensiva,  la  citata
ordinanza sindacale «prescindendo dalla legge regionale del Veneto n.
30 del 27.12.11 o  disapplicandola  ovvero  rimettendo  la  questione
della sua costituzionalita' alla Corte costituzionale»; 
    che,  sotto  il  profilo  della  rilevanza  della  questione   di
legittimita' costituzionale, il principio di  gerarchia  delle  fonti
normative nazionali non consentirebbe di  prescindere  da  una  legge
regionale  contraria  a  una  legge  statale,  quando  la  prima  sia
successiva alla seconda, come avvenuto nella specie; 
    che, in secondo luogo,  non  sarebbe  possibile  disapplicare  la
legge regionale interna per contrasto  con  i  principi  del  diritto
comunitario,   perche',   a   parte    altre    considerazioni,    la
disapplicazione sarebbe possibile soltanto nei confronti di una norma
comunitaria self-executing, ipotesi non ricorrente nel caso in esame; 
    che profili di illegittimita' per vizi formali, oltre  ad  essere
sprovvisti di  fumus  boni  iuris,  «sarebbero  comunque  logicamente
subordinati al predetto nucleo della causa petendi»; 
    che la questione di legittimita'  costituzionale  sarebbe  dunque
rilevante,  essendo  possibile  e  necessario  annullare  l'ordinanza
sindacale impugnata, qualora la Corte costituzionale  annullasse,  in
parte qua, l'art. 3 della legge regionale n. 30 del 2011; 
    che  si  dovrebbe,  altresi',  stabilire  se  la   questione   di
legittimita' costituzionale sia non manifestamente infondata; 
    che, da  una  parte,  detta  questione  -  riguardante  i  limiti
dell'apertura domenicale  e  festiva  degli  esercizi  commerciali  -
rientrerebbe, in astratto, nella potesta' legislativa residuale della
Regione, di cui all'art. 117,  quarto  comma,  Cost.,  vertendosi  in
materia  di  "commercio";   d'altra   parte   la   stessa   questione
rientrerebbe, sempre in astratto, anche  nella  competenza  esclusiva
dello Stato, qualora incidesse sulla «tutela della  concorrenza»,  di
cui  all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),  Cost.,  o   sulla
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale», ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera
m), Cost.; 
    che  la  legge  dello  Stato  avrebbe  fatto   riferimento,   nel
liberalizzare le aperture domenicali e festive, alle  citate  lettere
e) ed m) dell'art. 117, secondo comma, Cost.,  mentre  la  successiva
legge regionale avrebbe  mantenuto  fermo  il  precedente  regime  di
divieto di apertura domenicale e festiva, «con l'evidente conseguenza
d'incidere sul confronto  concorrenziale  tra  imprese  piu'  o  meno
strutturate, o semplicemente intenzionate, in relazione all'esercizio
dell'iniziativa economica in tali giorni e di incidere, altresi', sui
livelli  di  prestazioni  di  beni  e  servizi  disponibili   per   i
consumatori ed utenti»; 
    che  la  giurisprudenza  avrebbe  riconosciuto  che  la  potesta'
legislativa residuale della Regione in  materia  di  commercio  possa
estendersi alla disciplina degli orari e dei giorni di apertura degli
esercizi, affinche' non sia svuotata di un contenuto essenziale,  «ma
con il limite di poter incidere sulla tutela della concorrenza e  sui
livelli di  prestazioni  minime  in  modo  da  aumentarli,  sia  pure
indirettamente e marginalmente, e non invece in modo  da  comprimerli
rispetto alla disciplina esclusiva statale, cosi' come effettuato con
l'art. 3 della L. R. 30/11»; 
    che, ad  avviso  del  TAR,  la  disciplina  dettata  dalla  norma
censurata presenterebbe aspetti di contrasto con gli artt. 41 e  117,
secondo comma, lettere e) ed m), Cost.; 
    che, come il rimettente riferisce, con separata ordinanza e' gia'
stata disposta, in accoglimento provvisorio dell'incidente cautelare,
la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato  fino  alla
decisione della questione di legittimita' costituzionale ed e'  stato
rinviato l'esame ulteriore della domanda  cautelare  alla  camera  di
consiglio da fissare dopo la comunicazione della detta decisione; 
    che, con atto depositato il  29  maggio  2012,  nel  giudizio  di
legittimita' costituzionale  si  e'  costituita  la  Regione  Veneto,
chiedendo che la questione  sollevata  dal  TAR  sia  dichiarata  non
rilevante o, nel merito, non fondata; 
    che la norma censurata avrebbe  gia'  formato  oggetto  di  altra
impugnazione e, inoltre, risulterebbe pendente un ulteriore  giudizio
concernente l'art. 31, comma 1, del d.l. n. 201 del 2011, convertito,
con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011,  la  cui  definizione
potrebbe spiegare riflessi anche sulla questione qui in esame; 
    che l'ente territoriale si sofferma  sull'evoluzione  legislativa
regionale nella materia del  commercio,  esponendo  che,  nelle  more
dell'approvazione di  una  legge  organica,  ha  ritenuto  necessario
introdurre, in via sperimentale e transitoria, alcune misure urgenti,
una delle quali riguardante la disciplina degli orari di  apertura  e
chiusura delle attivita' commerciali  al  dettaglio,  limitandosi  ad
introdurre  alcuni  elementi   di   flessibilita'   e   di   maggiore
concorrenzialita' nella vigente disciplina  regionale,  modellata  su
quella statale; 
    che, dopo  avere  illustrato  tali  profili,  la  Regione  deduce
l'irrilevanza della  questione,  perche'  il  TAR  avrebbe  impugnato
soltanto l'art. 3 e non anche l'art. 5 della legge e cio', ad  avviso
della difesa regionale, in caso di accoglimento  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  della  norma  censurata  avrebbe   come
effetto  la  reviviscenza  della  normativa  precedente,  ancor  piu'
restrittiva; 
    che l'interpretazione dell'art. 31, comma 1, del d.l. n. 201  del
2011 propugnata dal rimettente non sarebbe  esatta  ed  attribuirebbe
all'intervento del legislatore statale una  portata  cosi'  ampia  da
svuotare la competenza regionale esclusiva in materia  di  commercio,
relativamente all'aspetto degli orari di apertura  e  chiusura  degli
esercizi commerciali, mentre la  norma  censurata  costituirebbe  una
misura diretta ad assicurare uno sviluppo equilibrato  delle  diverse
tipologie distributive presenti sul territorio; 
    che  sarebbe  possibile  una  interpretazione  costituzionalmente
orientata del citato art. 31, comma 1, nel senso di ravvisare in esso
un principio generale,  suscettibile  di  differenti  declinazioni  a
livello regionale, per assicurare un bilanciamento tra tutti i valori
suscettibili di tutela; 
    che, diversamente opinando, andrebbe posta anche la questione  di
legittimita' costituzionale della norma ora menzionata,  sulla  quale
la difesa regionale si sofferma; 
    che il richiamo all'art. 117, secondo comma, lettera  m),  Cost.,
non sarebbe pertinente,  mentre  la  censura  mossa  con  riferimento
all'asserita lesione dell'art. 41 Cost. sarebbe del tutto generica e,
comunque, non fondata; 
    che, con atto depositato il 29 maggio 2012, si e' costituita  nel
giudizio di legittimita' costituzionale la  societa'  ricorrente  nel
processo   davanti   al   TAR,   chiedendo   che    sia    dichiarata
l'illegittimita' costituzionale della norma censurata; 
    che, con atto depositato il 29 maggio 2012,  e'  intervenuta  nel
giudizio       di        legittimita'        costituzionale        la
Federdistribuzione-Federazione delle  Associazioni  delle  Imprese  e
delle  organizzazioni   associative   della   Distribuzione   Moderna
Organizzata,   chiedendo   che   sia   dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 3 della legge della Regione Veneto n. 30 del
2011; 
    che, con atto depositato il 29 maggio 2012,  e'  intervenuta  nel
giudizio di  legittimita'  costituzionale  l'ASPIAG  SERVICE  s.r.l.,
chiedendo che sia dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  della
norma censurata; 
    che, con atto depositato il 29 maggio 2012,  e'  intervenuta  nel
giudizio di legittimita' costituzionale la BENNET s.p.a.,  chiedendo:
1) che sia dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3
della legge regionale n. 30 del 2011; 2) in subordine, che  sia  dato
atto che la citata legge deve intendersi implicitamente abrogata  dal
d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla  legge  n.
214 del 2011, e/o che deve essere disapplicata dal giudice  nazionale
per contrasto con prevalenti disposizioni di rango sovranazionale; 
    che, in  prossimita'  dell'udienza  di  discussione,  sono  state
depositate memorie illustrative. 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il
Veneto,  con  l'ordinanza  indicata   in   epigrafe,   dubita   della
legittimita' costituzionale dell'art. 3  della  legge  della  Regione
Veneto 27 dicembre 2011, n. 30 (Disposizioni urgenti  in  materia  di
orari  di  apertura  e  chiusura  delle  attivita'  di  commercio  al
dettaglio e disposizioni transitorie  in  materia  di  autorizzazioni
commerciali  relative  a  grandi  strutture  di  vendita   e   parchi
commerciali), perche', nel  disciplinare  gli  orari  di  apertura  e
chiusura delle attivita' di commercio al  dettaglio,  violerebbe  gli
articoli  41  e  117,  secondo  comma,  lettere  e)  ed   m),   della
Costituzione, in quanto, prevedendo il divieto di apertura domenicale
e festiva degli esercizi commerciali, avrebbe  inciso  sul  confronto
concorrenziale tra imprese, sui livelli essenziali delle  prestazioni
di  beni  e  servizi  disponibili  per  consumatori   ed   utenti   e
sull'iniziativa economica; 
    che, con sentenza n. 65 dell'anno 2013, successiva alla  suddetta
ordinanza, questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
del citato articolo 3 della legge della  Regione  Veneto  n.  30  del
2011, ritenendo che esso dettasse «una serie di rilevanti limitazioni
e restrizioni degli orari e delle giornate di apertura e di  chiusura
al pubblico delle attivita' di commercio al dettaglio»; 
    che, di conseguenza, la questione di legittimita'  costituzionale
oggi in esame e' divenuta priva di oggetto e, quindi,  va  dichiarata
manifestamente inammissibile (ex plurimis: ordinanze n. 206 del 2012,
n. 312 e n. 225 del 2011), con assorbimento di ogni altro profilo. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della   Corte
costituzionale) e 9, comma 2, delle norme integrative per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale.