ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  2,
comma 58, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale  e  pluriennale  dello  Stato.  Legge
finanziaria 2004), promosso dalla Commissione tributaria  provinciale
di Milano nel giudizio vertente tra la societa' Dresdner Bank A.G.  e
l'Agenzia delle entrate, ufficio di Milano 1, con  ordinanza  del  28
aprile 2010, iscritta  al  n.  276  del  registro  ordinanze  2012  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  49,  prima
serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 24  aprile  2013  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio. 
    Ritenuto che la Commissione  tributaria  provinciale  di  Milano,
chiamata a decidere sul ricorso proposto dalla societa' Dresdner Bank
A.G. nei confronti dell'Agenzia delle entrate, ufficio di  Milano  1,
con  ordinanza  del  28  aprile  2010  ha  sollevato   questione   di
legittimita' costituzionale dell'articolo 2, comma 58, della legge 24
dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e  pluriennale  dello  Stato.  Legge  finanziaria  2004),  in
riferimento agli artt. 3 (principio di  uguaglianza  e  principio  di
ragionevolezza), 97 e 113, secondo comma, della  Costituzione,  anche
in relazione agli artt. 3 e 6, comma 2, della legge 27  luglio  2000,
n.  212  (Disposizioni  in  materia  di  statuto  dei   diritti   del
contribuente); 
    che la disposizione sottoposta  al  vaglio  di  costituzionalita'
prevede che «nel quadro delle iniziative volte a definire le pendenze
con i contribuenti, e di  rimborso  delle  imposte,  l'Agenzia  delle
entrate provvede alla erogazione delle eccedenze  di  IRPEF  e  IRPEG
dovute in base alle dichiarazioni dei redditi presentate fino  al  30
giugno 1997, senza far valere la eventuale prescrizione  del  diritto
dei contribuenti»; 
    che l'Istituto bancario aveva adito la Commissione tributaria  di
Milano, impugnando  il  silenzio-rifiuto  formatosi  sull'istanza  di
rimborso del credito di imposta IRPEG per l'anno 1983; 
    che l'Agenzia delle  entrate,  costituitasi  in  giudizio,  aveva
eccepito la prescrizione del diritto; 
    che secondo la Commissione rimettente  la  prescrizione  si  deve
ritenere maturata e che pertanto la norma impugnata diviene rilevante
ai fini del decidere, in quanto impedirebbe di far valere la relativa
eccezione; 
    che   la   norma   sarebbe   affetta   dai   seguenti   vizi   di
costituzionalita': 
    -  lederebbe  il  principio  di  uguaglianza  fra  le  parti  del
processo, vietando solo all'amministrazione finanziaria di esercitare
una facolta' prevista in generale dall'ordinamento processuale e, fra
i contribuenti, favorendo solo quelli titolari  di  redditi  IRPEF  e
IRPEG fino al 1997; 
    - inciderebbe  sull'istituto  della  prescrizione  con  efficacia
retroattiva e in violazione dei principi  di  cui  all'art.  3  della
legge n. 212 del 2000, secondo il quale  le  disposizioni  tributarie
non hanno effetto retroattivo e i termini di prescrizione e decadenza
per gli accertamenti d'imposta non possono essere prorogati; 
    - contrasterebbe, altresi', con il principio  di  ragionevolezza,
in quanto riapre rapporti giuridici di credito anche molto risalenti,
offre una giustificazione incongrua della deroga prevista,  impedisce
irragionevolmente all'amministrazione di opporre difese a  fronte  di
rivendicazioni remote o tardive; 
    - escluderebbe la tutela giurisdizionale  della  stessa  pubblica
amministrazione con riguardo a  determinate  categorie  di  atti,  in
violazione dell'art. 113, secondo comma, Cost.; 
    - potrebbe  dar  luogo  a  frodi  in  danno  all'erario,  con  la
conseguente lesione dell'art. 97 Cost., anche in relazione all'art. 6
della legge n. 212 del 2000; 
    che e' intervenuto nel giudizio,  con  memoria  depositata  il  2
gennaio 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato
e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ed ha dedotto  la  non
fondatezza della questione sollevata dalla Commissione tributaria  di
Milano; 
    che, in  particolare,  la  difesa  dello  Stato  ha  rilevato  il
carattere eccezionale della norma impugnata, che  tiene  conto  della
diversa posizione delle parti  nel  giudizio  e  si  pone  come  equo
rimedio ai ritardi che si erano accumulati nel rimborso  dei  crediti
di imposta IRPEF ed IRPEG nel periodo anteriore al  30  giugno  1997,
con ingiusta discriminazione dei contribuenti; 
    che neppure sarebbe leso il diritto alla  tutela  giurisdizionale
dell'amministrazione, in quanto la disposizione in esame si riferisce
principalmente all'attivita' amministrativa di rimborso  dei  crediti
di imposta e si riflette solo indirettamente sull'attivita' di difesa
nel processo; 
    che la norma risponderebbe ai canoni di  efficienza  e  di  buona
amministrazione stabiliti dall'art. 97 Cost., e  la  possibilita'  di
frodi o pagamenti indebiti costituirebbe un  inconveniente  di  fatto
non rilevante sul piano costituzionale. 
    Considerato  che,  come  correttamente  rileva   la   Commissione
tributaria provinciale di Milano, per decidere sull'impugnazione  del
silenzio-rifiuto  opposto  all'istanza  di   rimborso   del   credito
d'imposta IRPEG, anno 1983, deve farsi applicazione  della  norma  in
esame, essendo stata eccepita dal fisco la prescrizione del credito; 
    che in ragione del tenore letterale  della  disposizione  non  e'
possibile una diversa interpretazione, conforme a  Costituzione,  che
la metta al riparo dal sospetto di illegittimita' costituzionale,  in
quanto  essa   prevede   che   l'amministrazione   debba   provvedere
all'erogazione degli indicati crediti d'imposta senza avvalersi della
prescrizione; 
    che va ribadito, in proposito, che l'univoco tenore  della  norma
segna il confine in presenza del quale  il  tentativo  interpretativo
deve cedere il passo  al  sindacato  di  legittimita'  costituzionale
(sentenze n. 78 del 2012, n. 26 del 2010 e n. 219 del 2008); 
    che l'odierna questione, quindi, tende realmente a  risolvere  un
dubbio di legittimita' costituzionale; 
    che, in via preliminare, va osservato che l'art. 3 della legge 27
luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto  dei  diritti
del  contribuente),  invocato,   in   relazione   al   principio   di
uguaglianza,   per   la   asserita   lesione   del    principio    di
irretroattivita'   delle   disposizioni   tributarie   e    di    non
prorogabilita' dei termini di prescrizione e decadenza, e  l'art.  6,
comma 2, della stessa legge, richiamato  in  ordine  alla  violazione
dell'art. 97 Cost., non possono essere  assunti  quale  parametro  di
legittimita' costituzionale, in quanto hanno rango di legge ordinaria
e non costituiscono, neppure come norme interposte, parametro  idoneo
a fondare il giudizio di legittimita' costituzionale di leggi statali
(ex multis, sentenza n. 247 del 2011); 
    che, pertanto, la  questione  sollevata  con  riguardo  a  queste
disposizioni  legislative  deve  essere   dichiarata   manifestamente
inammissibile; 
    che  le  altre  questioni  di  legittimita'  costituzionale  sono
manifestamente infondate; 
    che la norma - priva di carattere retroattivo, in quanto conforma
l'agire processuale dell'amministrazione dalla sua entrata in  vigore
-  e'  espressione  delle  scelte  discrezionali  che  competono   al
legislatore nella disciplina degli istituti processuali con  il  solo
limite della loro non manifesta irragionevolezza (ex multis, sentenza
n. 10 del 2013); 
    che,   come   emerge   dal   dibattito   svoltosi    nel    corso
dell'approvazione della legge finanziaria per il 2004 alla Camera dei
deputati nella seduta del  15  dicembre  2003,  con  la  disposizione
impugnata si e' inteso  dare  effettivita'  ai  crediti  vantati  per
eccedenza di imposta  poiche'  appariva  iniquo  che,  a  fronte  del
condono fiscale,  non  si  restituissero  a  molti  contribuenti  gli
importi pagati oltre il dovuto; 
    che  in  questa  prospettiva  la  norma  impugnata  comporta   un
ragionevole  esercizio  della  discrezionalita'  del  legislatore  in
quanto  costituisce   una   disciplina   eccezionale   adottata   per
riequilibrare situazioni di disparita', in ragione di una complessiva
situazione di ritardo nell'effettuare le restituzioni; 
    che non costituisce fonte di  discriminazione  costituzionalmente
rilevante il fatto che il legislatore abbia  delimitato  l'ambito  di
applicazione della norma, in quanto, per costante  giurisprudenza  di
questa Corte, non e' fonte di illegittimita' costituzionale il limite
alla estensione di norme che, come quella ora in esame, costituiscono
deroghe a principi generali (ex multis, ordinanza  n.  49  del  2013,
sentenza n. 131 del 2009); 
    che, inoltre, il naturale fluire  del  tempo  costituisce  idoneo
elemento di differenziazione delle situazioni  soggettive,  cosicche'
non sussiste alcuna ingiustificata disparita' di trattamento  per  il
solo fatto che situazioni pur  identiche  siano  soggette  a  diversa
disciplina ratione temporis (sentenza n. 273 del 2011,  ordinanze  n.
31 del 2011, n. 61 del 2010, n. 170 del 2009 e n. 212 del 2008); 
    che non sussiste la  violazione  dell'art.  113,  secondo  comma,
Cost., in quanto il parametro, invocato con riguardo al diritto  alla
tutela   giurisdizionale   contro    gli    atti    della    pubblica
amministrazione, e' palesemente inconferente; 
    che, infine, quanto alla lesione dell'art.  97  Cost.,  sollevata
dalla rimettente in considerazione del fatto che  il  disconoscimento
del credito d'imposta  non  deve  essere  formalmente  comunicato  al
dichiarante, nonche' della circostanza che mancano dati cartacei o su
supporto  informatico  delle  dichiarazioni  ultradecennali,  con  il
rischio di frodi in danno dell'erario in violazione dei  principi  di
buon andamento e di imparzialita'  dell'amministrazione,  la  censura
non puo' trovare accoglimento, poiche'  gli  inconvenienti  di  fatto
denunciati, non  direttamente  riconducibili  all'applicazione  della
disposizione censurata, sono irrilevanti  ai  fini  del  giudizio  di
legittimita' costituzionale (cfr., ex multis, ordinanza  n.  270  del
2012). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.