ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  degli  articoli  5,
comma 1, primo, secondo e terzo periodo, 8, 13 e  16,  comma  1,  del
decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 (Attuazione dell'articolo  60
della  legge  18  giugno  2009,  n.  69,  in  materia  di  mediazione
finalizzata  alla   conciliazione   delle   controversie   civili   e
commerciali), dell'articolo 372, commi 2 e 3, del codice di procedura
civile, e dell'articolo 16 del decreto ministeriale 18 ottobre  2010,
n. 180, come modificato dal decreto ministeriale 6  luglio  2011,  n.
145 («Regolamento recante  la  determinazione  dei  criteri  e  delle
modalita' di iscrizione e tenuta  del  registro  degli  organismi  di
mediazione e dell'elenco dei formatori  per  la  mediazione,  nonche'
l'approvazione delle indennita' spettanti agli  organismi,  ai  sensi
dell'articolo 16 del decreto  legislativo  4  marzo  2010,  n.  28»),
promossi dal Giudice di pace di Parma con ordinanza del  24  novembre
2011,  dal  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  con
ordinanza del 2 maggio 2012, dal Tribunale di Firenze  con  ordinanza
dell'11 maggio 2012, dal Tribunale di Latina  con  ordinanze  del  19
aprile, del 6, del 19, dell'8, del  6  e  del  21  giugno  2012,  dal
Tribunale di Tivoli con ordinanze del 27  giugno,  del  30  e  del  2
maggio 2012, rispettivamente iscritte ai nn. 112, 149, 204, da 210  a
215, 265, 274 e 283 del registro ordinanze 2012  e  pubblicate  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 24, 33,  40,  48,  49  e  50,
prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visti l'atto di costituzione della Unione Nazionale  dei  Giudici
di Pace - Unagipa - ed altro, nonche'  gli  atti  di  intervento  del
Consiglio nazionale  forense  e  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'8  maggio  2013  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che il Giudice di pace di Parma, con  ordinanza  del  24
novembre 2011 (r.o. n. 112 del 2012), ha  sollevato,  in  riferimento
agli  articoli  3,  24  e  77  della   Costituzione,   questione   di
legittimita' costituzionale degli articoli 5, comma 1, primo, secondo
e terzo periodo, e 16, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010,
n. 28 (Attuazione dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69,
in  materia  di  mediazione  finalizzata  alla  conciliazione   delle
controversie civili e commerciali); 
    che il rimettente riferisce  di  dover  giudicare  in  una  causa
avente ad oggetto la richiesta di pagamento di una somma  in  materia
di locazione di beni mobili, rientrante nella previsione normativa di
cui all'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, per la quale e' previsto il
preliminare procedimento di mediazione a pena di improcedibilita'; 
    che l'attrice ha omesso di  svolgere  detto  procedimento  ed  ha
eccepito l'illegittimita' costituzionale del citato art. 5 «anche  in
combinato disposto con l'art. 60 della legge 18 giugno 2009,  n.  69,
nonche' con gli articoli 4 e 16 del D.M. 10 ottobre 2010 n.  180  per
violazione degli artt. 77, 24, 3 e 97»; 
    che, cio' premesso, il giudice a quo espone che la  direttiva  n.
2008/52/CE ha disciplinato alcuni aspetti della mediazione in materia
civile e  commerciale,  chiarendo  innanzitutto  che  l'obiettivo  di
garantire  un  migliore  accesso   alla   giustizia,   giudiziale   o
extragiudiziale, contribuisce al corretto funzionamento  del  mercato
interno; 
    che la mediazione e'  ritenuta  una  risoluzione  extragiudiziale
conveniente  e  rapida  delle  controversie  in  materia   civile   e
commerciale e che, inoltre, la direttiva prevede la  possibilita'  di
rendere il ricorso ad essa obbligatorio purche' non sia impedito alle
parti  «di  esercitare  il  loro  diritto  di  accesso   al   sistema
giudiziario»; 
    che, con legge  18  giugno  2009,  n.  69  (Disposizioni  per  lo
sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita' nonche'  in
materia di processo civile), il legislatore ha delegato il governo ad
adottare uno o piu' decreti  legislativi  in  materia  di  mediazione
civile e commerciale, nel rispetto  ed  in  conformita'  ai  principi
enunciati dalla  normativa  comunitaria,  e  detta  delega  e'  stata
esercitata con il d.lgs. n. 28 del 2010; 
    che,  come  il   rimettente   ancora   riferisce,   con   decreto
ministeriale  18  ottobre  2010,  n.  180  (Regolamento  recante   la
determinazione dei criteri e delle modalita' di iscrizione  e  tenuta
del  registro  degli  organismi  di  mediazione  e  dell'elenco   dei
formatori per la mediazione, nonche' l'approvazione delle  indennita'
spettanti agli organismi,  ai  sensi  dell'articolo  16  del  decreto
legislativo 4 marzo 2010, n. 28),  il  Ministro  della  giustizia  ha
adottato il detto regolamento; 
    che l'attrice adduce la violazione: dell'art. 77 Cost., in quanto
l'art. 5 d.lgs. citato, nel prevedere l'esperimento del  procedimento
di  mediazione  come  condizione  di  procedibilita'  della   domanda
giudiziale, preclude l'accesso diretto alla giustizia,  disattendendo
le previsioni dell'art. 60 della legge n. 69 del 2009,  dell'art.  24
Cost. (poiche' la mediazione puo' essere obbligatoria oppure onerosa,
ma non avere entrambi i caratteri), dell'art.  3  Cost.,  poiche'  la
condizione di procedibilita' e' prevista per la domanda principale  e
non  per  quella  riconvenzionale  e  «per  la  determinazione  delle
indennita' di cui all'art. 16 del D.M. n. 180 del 2010, ponendo su un
piano diverso parte attrice e parte convenuta»; 
    che, infine, l'attrice ha eccepito  la  violazione  dell'art.  97
Cost., in quanto «nel momento in cui la procedura  di  mediazione  e'
resa obbligatoria al fine di far valere in giudizio un diritto e  nel
momento  in  cui  le  attivita'  del  mediatore  interferiscono   con
l'esercizio  della  funzione  giurisdizionale,  il  procedimento   ha
funzione pubblica e deve, pertanto, rispondere ai requisiti  di  buon
andamento e imparzialita' di cui all'art. 97 Cost.»; 
    che, su tali premesse, il giudicante  dichiara  rilevanti  e  non
manifestamente infondate, in relazione agli artt. 3, 24 e  77  Cost.,
la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  5,  comma  1
(primo, secondo e terzo periodo), del d.lgs. n. 28  del  2010  e,  in
riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art.  16,  comma   1,   del   medesimo   decreto
legislativo; 
    che, con atto depositato in data 3 luglio 2012, e' intervenuto il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le  questioni  di
legittimita' costituzionale siano dichiarate non fondate; 
    che, con atto depositato in data 3 luglio  2012,  e'  intervenuto
nel presente giudizio di  legittimita'  costituzionale  il  Consiglio
Nazionale  Forense,  chiedendo,  in  rito,   che   l'intervento   sia
dichiarato  ammissibile   e,   nel   merito,   che   sia   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale delle norme censurate; 
    che il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (d'ora  in
avanti, TAR), con ordinanza  del  2  maggio  2012  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 24  e  77  Cost.,  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 1, primo, secondo e terzo  periodo,
e dell'art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2010 (r.o. n.  149  del
2012); 
    che il rimettente riferisce di dover pronunciare in  un  processo
originato da un ricorso proposto dall'Unione Nazionale dei Giudici di
Pace - Unagipa, e da singoli avvocati e giudici di  pace,  contro  il
Ministero della giustizia e il Ministero dello sviluppo economico per
l'annullamento del decreto ministeriale n. 180 del  2010,  pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale n. 258 del 4 novembre 2010; 
    che,  come  il   rimettente   espone,   i   ricorrenti   chiedono
l'annullamento del detto decreto, ritenendolo lesivo degli  interessi
della categoria forense e dei giudici di pace, illegittimo perche' in
contrasto con il d.lgs. n. 28 del 2010, nonche' affetto da eccesso di
potere sotto svariati profili e, inoltre,  lamentano  l'assenza,  nel
d.m. n. 180 del 2010, di criteri volti ad individuare e a selezionare
gli organismi di mediazione in ragione  dell'attivita'  squisitamente
giuridica che essi andrebbero a svolgere, e che sarebbe richiesta sia
dalla normativa comunitaria, sia dalla legge delega n. 69 del 2009; 
    che il rimettente si sofferma sul quadro  normativo  rilevante  e
sui  motivi  del  ricorso,  con  particolare  riguardo  alle  ragioni
attinenti alle questioni di legittimita' costituzionale; 
    che, dopo avere argomentato sulla rilevanza di tali questioni, il
rimettente ritiene che le prime tre disposizioni dell'art.  5,  comma
1, del d.lgs. n. 28 del 2010 si porrebbero in contrasto con l'art. 77
Cost., perche' non potrebbero essere ascritte all'art. 60 della legge
n. 69 del 2009, non essendo rilevabile alcun elemento da cui desumere
che la regolazione della materia contenuta nella normativa  censurata
sia conforme ai precetti della detta legge delega; 
    che,  infatti:  1)  nessuno  dei  criteri  e  principi  direttivi
previsti rivelerebbe in modo espresso la finalita' di  perseguire  un
intento deflativo del contenzioso  giurisdizionale;  2)  nessuno  dei
principi o criteri configurerebbe l'istituto  della  mediazione  come
fase pre-processuale obbligatoria;  3)  avuto  riguardo  al  silenzio
serbato dal legislatore delegante sullo specifico tema, sarebbe stato
almeno necessario che il citato  art.  60  lasciasse  trasparire  sul
punto elementi univoci e concludenti, ma cio' non  sarebbe  avvenuto;
4) nella specie si dovrebbe escludere che la  norma  ora  menzionata,
con il richiamo alla normativa comunitaria, possa essere intesa  come
delega al Governo  a  compiere  qualsiasi  scelta  occasionata  dalla
direttiva 21 maggio 2008, n.  2008/52/CE  (Direttiva  del  Parlamento
europeo  e  del  Consiglio  relativa  a  determinati  aspetti   della
mediazione  in  materia  civile  e  commerciale);  5)  inoltre,  tale
direttiva lascerebbe impregiudicata la  legislazione  nazionale,  che
rende il ricorso alla  mediazione  obbligatorio  oppure  soggetto  ad
incentivi o sanzioni, sia prima che dopo il procedimento giudiziario;
6) nessun elemento decisivo potrebbe trarsi  dal  principio  previsto
dall'art. 60, comma 3, lettera a), della legge delega, nella parte in
cui dispone che la mediazione, finalizzata alla conciliazione,  abbia
per oggetto controversie su  diritti  disponibili,  senza  precludere
l'accesso alla giustizia, perche' il  legislatore,  utilizzando  tale
espressione, avrebbe inteso soltanto rispettare un principio assoluto
dell'ordinamento nazionale (art. 24 Cost.) e di quello comunitario; 
    che i principi e criteri direttivi fissati  dalla  legge  delega,
dunque, sarebbero neutrali al fine di  verificare  la  rispondenza  a
tale legge dell'art. 5 del d.lgs. n. 28  del  2010,  mentre  due  dei
criteri direttivi previsti dal legislatore delegante  deporrebbero  a
favore della previsione del  carattere  facoltativo  che  si  sarebbe
inteso attribuire alla procedura di mediazione; 
    che il primo sarebbe desumibile dall'art. 60,  comma  3,  lettera
c), della legge delega, in forza  del  quale  la  mediazione  sarebbe
disciplinata anche mediante estensione delle disposizioni di  cui  al
decreto  legislativo  17  gennaio  2003,  n.   5   (Definizione   dei
procedimenti in materia di diritto societario  e  di  intermediazione
finanziaria, nonche' in materia bancaria e creditizia, in  attuazione
dell'art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366); 
    che, invero, la clausola di conciliazione prevista dal d.lgs.  n.
5 del 2003 (normativa ora abrogata proprio dal d.lgs. n. 28 del 2010)
nasceva da norme di fonte volontaria e non obbligatoria; 
    che il secondo andrebbe tratto dall'art. 60, comma 3, lettera n),
della legge delega, il  quale  prevede  il  dovere  dell'avvocato  di
informare il cliente, prima dell'instaurazione  del  giudizio,  della
possibilita' di avvalersi dell'istituto della conciliazione,  nonche'
di ricorrere agli organismi di conciliazione; 
    che, infatti, la possibilita' sarebbe, ovviamente,  cosa  diversa
dalla obbligatorieta' e, del resto, l'art. 4 del  d.lgs.  n.  28  del
2010 differenzierebbe, al comma 3, l'ipotesi in cui l'avvocato omette
di informare il  cliente  della  "possibilita'"  di  avvalersi  della
mediazione da quella in cui l'omissione informativa concerne  i  casi
nei quali l'espletamento del procedimento di mediazione e' condizione
di procedibilita' della domanda giudiziale; 
    che, quanto all'art. 16 del d.lgs. n. 28 del 2010,  esso  avrebbe
conformato gli organismi di conciliazione a parametri,  o  meglio,  a
qualita', attinenti in via esclusiva all'aspetto della  funzionalita'
generica e, per contro, scevri  da  qualsiasi  riferimento  a  canoni
tipologici tecnici o professionali di carattere qualificatorio ovvero
strutturale; 
    che, alla luce di quanto argomentato, il TAR  rimettente  ritiene
che l'art. 5, comma 1, e segnatamente il  primo,  il  secondo  ed  il
terzo periodo, nonche' l'art. 16, comma 1,  del  d.lgs.  citato,  la'
dove dispone  che  abilitati  a  costituire  organismi  deputati,  su
istanza  della  parte  interessata,  a  gestire  il  procedimento  di
mediazione debbano essere gli  enti  pubblici  e  privati  che  diano
garanzie di serieta' ed efficienza, siano in contrasto con gli  artt.
24 e 77 Cost.; 
    che,  in  particolare,   la   violazione   dell'art.   24   Cost.
sussisterebbe   nella    misura    in    cui    dette    disposizioni
determinerebbero, nelle considerate materie, una  incisiva  influenza
sull'azionabilita' in  giudizio  di  situazioni  giuridiche  e  sulla
successiva funzione giurisdizionale,  su  cui  lo  svolgimento  della
mediazione variamente influisce, in quanto esse  non  garantirebbero,
mediante un'adeguata conformazione della figura del mediatore, che  i
privati non subiscano irreversibili pregiudizi  derivanti  dalla  non
coincidenza degli elementi loro offerti in valutazione per  assentire
o rifiutare l'accordo conciliativo, rispetto a  quelli  suscettibili,
nel prosieguo, di essere evocati in giudizio; 
    che, con atto depositato in data 20 luglio 2012, si e' costituita
nel  presente  giudizio  di  legittimita'   costituzionale   l'Unione
nazionale dei Giudici di Pace - Unagipa, la quale, riportandosi  alle
argomentazioni del  rimettente,  ha  chiesto  che  la  questione  sia
dichiarata fondata; 
    che, con atto depositato il 31 luglio 2012,  e'  intervenuto  nel
presente  giudizio  di  legittimita'  costituzionale   il   Consiglio
Nazionale  Forense,  il  quale  ha  chiesto  che  la  questione   sia
dichiarata fondata; 
    che  il  Tribunale  ordinario   di   Firenze,   in   composizione
monocratica,  con  ordinanza  dell'11  maggio  2012,   ha   sollevato
questione di legittimita' costituzionale, in riferimento  agli  artt.
3, 24, 76 e 77 Cost. , dell'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010 (r.o. n.
204 del 2012); 
    che il rimettente espone di essere chiamato a  giudicare  in  una
causa civile, promossa da F.C. contro F.L., F.A. e  P.M.,  avente  ad
oggetto  impugnazione  di  testamento  e  reintegra  nella  quota  di
riserva; 
    che, come il giudice a quo riferisce, le convenute,  costituitesi
tempestivamente, hanno eccepito l'omissione,  da  parte  dell'attore,
del tentativo obbligatorio di mediazione stabilito  dall'art.  5  del
d.lgs. n. 28 del 2010; 
    che, in punto di non manifesta infondatezza,  il  giudice  a  quo
deduce che la domanda in oggetto rientra  nel  disposto  della  norma
indicata; 
    che non sussistono le condizioni  per  la  disapplicazione  della
norma, ai sensi dell'art. 47 della  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione europea; 
    che, invece, sussiste il contrasto di detta disposizione con  gli
artt. 76 e 77 Cost., avendo il  legislatore  previsto  la  mediazione
come obbligatoria; 
    che, sotto tale profilo, il  rimettente  osserva  che  l'art.  60
della legge delega, alla  lettera  n),  prevede,  tra  i  principi  e
criteri direttivi, il dovere per l'avvocato di informare  il  cliente
della possibilita' della conciliazione, e da cio' si dovrebbe  trarre
la conseguenza che  il  legislatore  non  intendeva  prevederla  come
obbligatoria; 
    che il giudice a quo ravvisa, altresi', violazione  dell'art.  24
Cost.,  in  relazione  all'onerosita'  della  stessa,  poiche'   tale
carattere - essendo la  mediazione  obbligatoria  per  la  parte  che
voglia agire in  giudizio  -  si  porrebbe  in  contrasto  con  detto
parametro costituzionale, prevedendo  un  esborso  a  carico  di  chi
voglia intraprendere un giudizio,  ulteriore  rispetto  al  costo  di
questo; 
    che la norma, inoltre, violerebbe gli artt. 3 e 24 Cost. sotto il
profilo  della  mancata   previsione   di   criteri   di   competenza
territoriale degli organismi di mediazione; 
    che, infatti,  la  disciplina  in  esame  non  conterrebbe  alcun
criterio  per   l'individuazione   territoriale   dell'organismo   di
mediazione, con  la  conseguenza  che  la  parte  sarebbe  libera  di
scegliere l'organismo stesso e cio', in considerazione  della  natura
obbligatoria  della  mediazione,  determinerebbe  una   lesione   del
principio di uguaglianza e  del  diritto  di  difesa,  non  potendosi
considerare tutela sufficiente la possibilita' che il giudice  valuti
"giustificato motivo" la mancata partecipazione ad una mediazione  in
localita' lontana o scomoda, essendo incerta una tale possibilita'; 
    che, con atto depositato in data 30 ottobre 2012, e'  intervenuto
nel presente giudizio  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha  chiesto  alla  Corte  di  dichiarare  la  non  fondatezza   della
questione; 
    che, in via preliminare, l'Avvocatura da' atto che  le  questioni
in oggetto  sono  gia'  state  trattate  dalla  Corte  costituzionale
all'udienza  del  23  ottobre  2012  e  nella  successiva  camera  di
consiglio; 
    che, nel merito, la difesa statale  ribadisce  le  argomentazioni
gia' svolte  in  relazione  alle  questioni  trattate  alle  predette
udienza pubblica e camera di consiglio; 
    che il Tribunale ordinario di Latina, con  le  sei  ordinanze  di
analogo tenore indicate in epigrafe  (le  prime  tre  in  materia  di
locazione, la quarta in materia di contratti bancari,  la  quinta  in
materia di risarcimento danni da  responsabilita'  medica,  la  sesta
ancora in materia di locazione) ha  sollevato,  in  riferimento  agli
artt. 3, 24, 76 e 77 Cost., questioni di legittimita'  costituzionale
degli artt. 5, 8 e 13 del d.lgs. n. 28 del 2010 e  dell'art.  16  del
d.m. n.180 del 2010 (r.o. n. 210 del 2012, n. 211 del  2012,  n.  212
del 2012, n. 213 del 2012, n. 214 del 2012 e n. 215 del 2012); 
    che, in particolare, il rimettente ha ritenuto  rilevanti  e  non
manifestamente infondate: a) in riferimento  all'art.  24  Cost.,  la
questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli
artt. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010 e 16 del  d.m.  n.  180  del  2010,
nella  parte  in  cui  stabiliscono  l'onerosita'  della   mediazione
obbligatoria; b) in riferimento agli artt. 3, 24, 76,  77  Cost.,  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 del d.lgs. n. 28
del  2010,  nella  parte   in   cui   prevede   che   dalla   mancata
partecipazione,  senza  giustificato  motivo,  al   procedimento   di
mediazione il giudice puo' desumere argomenti di prova nel successivo
giudizio, ai sensi dell'art. 116, comma 2, cod.  proc.  civ.;  c)  in
riferimento  agli  artt.  3,  24,  76,  77  Cost.,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 13 del d.lgs. n.  28  del  2010
che disciplina le spese di lite; d) in riferimento all'art. 3  Cost.,
la questione di legittimita' costituzionale  del  combinato  disposto
degli artt. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010 e 16  del  d.m.  n.  180  del
2010, nella parte in cui prevedono che soltanto  il  convenuto  possa
non aderire al procedimento di mediazione; 
    che  nei  sei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale,   sopra
indicati, e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha chiesto che le questioni siano dichiarate non fondate; 
    che il Tribunale ordinario di Tivoli, con  le  tre  ordinanze  di
analogo tenore  indicate  in  epigrafe  (la  prima,  relativa  ad  un
giudizio nel  quale  l'attore  chiede  una  sentenza  costitutiva  di
trasferimento in suo favore di un immobile, ai sensi  dell'art.  2932
del codice civile; la seconda,  concernente  una  domanda  diretta  a
sentir  dichiarare  la  cessazione  degli  effetti   civili   di   un
matrimonio, nonche' lo  scioglimento  della  comunione  dell'immobile
destinato a casa coniugale; la terza, inerente ad una causa  promossa
per accertare la  responsabilita'  della  convenuta  per  il  mancato
pagamento di una somma, in relazione alla vendita di un immobile, con
conseguente declaratoria di  risoluzione  di  una  compravendita  per
colpevole inadempimento ed ulteriore  condanna  al  risarcimento  dei
danni), ha sollevato, in riferimento agli  artt.  11,  24,  111,  117
Cost., nonche' degli artt. 6 e 13 della Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali  e
degli artt.  47,  52  e  53  della  Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione  europea,  questioni   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, nella parte in  cui  viola  il
principio di  non  incertezza  del  diritto  ("default  de  securite'
juridique"), non prevedendo una formulazione della normativa che  sia
di comprensione univoca e chiara; 
    che, inoltre, in via subordinata, ha  sollevato,  in  riferimento
agli artt. 11, 24, 111 e  117  Cost.  e  agli  artt.  6  e  13  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo  ed  in
relazione  agli  articoli  47,  52  e  53  della  Carta  dei  diritti
Fondamentali   dell'Unione   europea,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 372, commi 2 e  3,  cod.  proc.  civ.  nella
parte in cui «non consente ad ogni  giudice  di  qualsiasi  ordine  e
grado di richiedere una interpretazione  pregiudiziale  alle  Sezioni
unite della Corte  di  cassazione,  analogamente  a  quanto  previsto
dall'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea  in
relazione alle  pronunzie  pregiudiziali  della  corte  di  giustizia
europea in merito a dubbi interpretativi di norme comunitarie»  (r.o.
n. 265, n. 274 e n. 283 del 2012); 
    che il rimettente, in relazione alle controversie  oggetto  delle
ordinanze r.o. n. 265 e 283 del 2012 e dell'ordinanza r.o. n. 274 del
2012, pone il problema della natura  delle  controversie  stesse,  al
fine di stabilire se rientrino, rispettivamente,  nella  materia  dei
diritti  reali  e  della  divisione  con   conseguente   applicazione
dell'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010; 
    che, al riguardo, il giudice a quo osserva come la formula  usata
dal legislatore sia cosi' ampia da non consentire una lettura univoca
della disposizione, sicche' qualsiasi interpretazione della stessa si
tradurrebbe in una scelta arbitraria del giudice; 
    che,   in   particolare,   il    Tribunale    sottolinea    come,
nell'ordinamento italiano, non sia consentito al giudicante rimettere
la  questione  interpretativa  alle  Sezioni  Unite  della  Corte  di
cassazione, in funzione nomofilattica; 
    che, pertanto, il rimettente ritiene che l'art. 5 del  d.lgs.  n.
28 del 2010 si ponga in contrasto con l'art. 24 Cost. e con l'art.  6
della CEDU, come interpretata dalla Corte di Strasburgo, «nella parte
in cui non prevede una regola certa ed idonea ad evitare  un  vero  e
proprio «default de securite' juridique  (mancanza  di  certezza  del
diritto) nei confronti delle parti del processo»; 
    che,  in  subordine,  il  giudice  a  quo  solleva  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 372, commi 2 e  3,  cod.  proc.
civ. in relazione agli artt. 24, 111  Cost.  e  6  della  CEDU,  come
interpretata dalla stessa Corte  di  Strasburgo,  nei  termini  sopra
indicati; 
    che, in prossimita' dell'udienza, il  C.N.F.  ha  depositato,  in
relazione  al  giudizio  di  legittimita'  costituzionale   originato
dall'ordinanza r.o. n. 149 del  2012,  una  memoria  nella  quale  ha
insistito per l'ammissibilita' del proprio intervento nel giudizio di
legittimita' costituzionale e per la fondatezza  della  questione  in
esame. 
    Considerato che le ordinanze di  rimessione  sollevano  questioni
identiche o tra loro connesse, onde i relativi giudizi vanno  riuniti
per essere definiti con unica pronuncia; 
    che, nei giudizi di legittimita' costituzionale promossi  con  le
ordinanze r.o. n. 112 e n.149 del 2012, e' intervenuto  il  Consiglio
Nazionale  Forense,  chiedendo,  in  rito,   che   l'intervento   sia
dichiarato  ammissibile   e,   nel   merito,   che   sia   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale delle norme censurate; 
    che detto intervento e' inammissibile,  in  quanto  il  Consiglio
Nazionale Forense non e' stato parte nei giudizi a quibus; 
    che, per giurisprudenza di questa  Corte,  ormai  costante,  sono
ammessi  a  intervenire  nel  giudizio  incidentale  di  legittimita'
costituzionale (oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel
caso di legge regionale, al Presidente  della  Giunta  regionale)  le
sole parti del giudizio principale, mentre l'intervento  di  soggetti
estranei a questo e' ammissibile soltanto per i terzi titolari di  un
interesse qualificato, inerente  in  modo  diretto  ed  immediato  al
rapporto  sostanziale  dedotto  in  giudizio  e   non   semplicemente
regolato, al pari di ogni altro, dalla norma o dalle norme oggetto di
censura (ex plurimis: ordinanza letta all'udienza del 23 marzo  2010,
confermata con sentenza n. 138 del 2010; ordinanza letta  all'udienza
del 31 marzo 2009, confermata con sentenza n. 151 del 2009;  sentenze
n. 293 del 2011, n. 94 del 2009, n. 96 del 2008 e n. 245 del 2007); 
    che,  nei  giudizi  da  cui  traggono  origine  le  questioni  di
legittimita' costituzionale in discussione,  i  rapporti  sostanziali
dedotti in causa concernono profili  attinenti  alla  mediazione  nel
processo civile, che possono anche riguardare interessi professionali
della classe forense, ma concernono piu' in generale le posizioni che
le parti intendono azionare nel processo e non mettono  in  gioco  le
prerogative  del  Consiglio  Nazionale   Forense   (ordinanza   letta
all'udienza del 23 ottobre, confermata con sentenza n. 272 del 2012); 
    che, sotto altro profilo, l'ammissibilita' d'interventi ad  opera
di terzi, titolari di interessi soltanto analoghi  a  quelli  dedotti
nel giudizio principale, contrasterebbe con il carattere  incidentale
del giudizio di  legittimita'  costituzionale,  in  quanto  l'accesso
delle parti al detto giudizio avverrebbe  senza  la  previa  verifica
della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione da
parte del giudice a quo; 
    che il Giudice di pace di Parma, con ordinanza  del  24  novembre
2011 (r.o n.112 del 2012), ha sollevato, in riferimento agli articoli
3,  24  e  77   della   Costituzione,   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli articoli 5, primo, secondo e  terzo  periodo,  e
16, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28  (Attuazione
dell'articolo 60 della legge 18 giugno 2009, n.  69,  in  materia  di
mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e
commerciali); 
    che il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio,  con
ordinanza del 2 maggio 2012, ha sollevato, in riferimento agli  artt.
24 e 77 Cost., questioni di legittimita' costituzionale dell' art. 5,
comma 1, primo, secondo e terzo periodo, e dell'art. 16, comma 1, del
d.lgs. n. 28 del 2010 (r.o. n. 149 del 2012); 
    che  il  Tribunale  ordinario   di   Firenze,   in   composizione
monocratica,  con  ordinanza  dell'11  maggio  2012,   ha   sollevato
questioni di legittimita' costituzionale, in riferimento  agli  artt.
3, 24, 76 e 77 Cost. , dell'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010 (r.o. n.
204 del 2012); 
    che, con sentenza n. 272  del  2012,  successiva  alla  pronuncia
delle indicate ordinanze di rimessione, questa  Corte  ha  dichiarato
costituzionalmente illegittimo l'art. 5, comma 1, del  d.lgs.  n.  28
del 2010; 
    che, per conseguenza, la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2010 e' divenuta priva  di
oggetto e va, quindi,  dichiarata  manifestamente  inammissibile  nei
diversi profili prospettati con le ordinanze di rimessione; 
    che,  alla  luce  della  detta  dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale, deve ritenersi manifestamente inammissibile anche  la
questione sollevata in ordine all'art. 16 del d.lgs. n. 28 del  2010,
perche'  le  censure  di  illegittimita'  proposte  in  relazione  ai
requisiti di «serieta' ed efficienza»  degli  organismi  abilitati  a
gestire il  procedimento  di  mediazione  sono  state  formulate  con
riferimento all'istituto della mediazione costruito quale  condizione
di procedibilita' della domanda giudiziale e,  quindi,  con  riguardo
alla mediazione  obbligatoria,  sull'assunto  della  «necessita'  che
l'interpretazione dell'art. 16 del d.lgs. 28/2010 [...] sia correlata
con quanto previsto dall'art. 5 dello stesso decreto  [...],  il  cui
combinato  disposto  costituisce  il  vero  perno  della  regolazione
delegata» (ordinanza TAR Lazio, pag. 27); 
    che,   pertanto,   una    volta    dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 1,  del  d.lgs.  n.  28  del  2010,
sarebbe stata necessaria un'apposita motivazione, idonea a  censurare
l'art. 16 del detto d.lgs. anche in regime di mediazione  facoltativa
(motivazione che invece e' mancata); 
    che il Tribunale ordinario di Latina, con  le  sei  ordinanze  di
analogo tenore indicate in epigrafe  (le  prime  tre  in  materia  di
locazione, la quarta in materia di contratti bancari,  la  quinta  in
materia di risarcimento danni da  responsabilita'  medica,  la  sesta
ancora in materia di locazione) ha  sollevato,  in  riferimento  agli
artt. 3, 24, 76 e 77 Cost., questioni di legittimita'  costituzionale
degli artt. 5, 8 e 13 del d.lgs. n. 28 del 2010 e  dell'art.  16  del
d.m. n.180 del 2010 (r.o n. 210 del 2012, n. 211 del 2012, n. 212 del
2012, n. 213 del 2012, n. 214 del 2012, n. 215 del 2012); 
    che, come  innanzi  rilevato,  con  sentenza  n.  272  del  2012,
successiva alla pronuncia delle  indicate  ordinanze  di  rimessione,
questa Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo  l'art.  5,
comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2010, ed,  in  via  consequenziale,  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 8,  comma  5,  e
dell'art. 13 del d.lgs. n. 28 del 2010; 
    che, pertanto, le questioni di legittimita' costituzionale  degli
artt. 5, comma 1, 8, comma 5, e 13 del d.lgs. n.  28  del  2010  sono
divenute prive di oggetto e vanno, dunque, dichiarate  manifestamente
inammissibili; 
    che la  questione  di  legittimita'  costituzionale,  concernente
l'art. 16 del d.m. n. 180 del 2010, deve essere dichiarata  del  pari
manifestamente inammissibile, in quanto si tratta di norma di  natura
regolamentare, non suscettibile, ai sensi  dell'art.  134  Cost.,  di
essere sottoposta a scrutinio di legittimita' costituzionale, perche'
priva di forza di legge (ex multis: ordinanze n. 37 del 2007, n.  401
e n. 125 del 2006, e n. 389 del 2004) e, peraltro, collegata a  norma
dichiarata costituzionalmente illegittima (art. 5 del  d.lgs.  n.  28
del 2010); 
    che il Tribunale ordinario di Tivoli, con  le  tre  ordinanze  di
analogo tenore indicate in epigrafe,  ha  sollevato,  in  riferimento
agli artt. 11, 24, 111, 117 Cost., nonche' degli artt. 6 e  13  della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali e degli artt. 47,  52  e  53  della  Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010, nella parte  in
cui viola "il principio di non incertezza del diritto"  ("default  de
securite'  juridique"),  non  prevedendo   una   formulazione   della
normativa che sia di comprensione univoca e chiara; 
    che, inoltre, in via subordinata, ha  sollevato,  in  riferimento
agli articoli 11, 24, 111 e 117 Cost. e  agli  artt.  6  e  13  della
Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'Uomo,
nonche' in relazione agli artt. 47, 52 e 53 della Carta  dei  diritti
Fondamentali   dell'Unione   europea,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 372, commi 2 e 3, del  codice  di  procedura
civile nella parte in cui «non consente ad ogni giudice di  qualsiasi
ordine e grado di richiedere una interpretazione  pregiudiziale  alle
Sezioni unite  della  Corte  di  cassazione,  analogamente  a  quanto
previsto dall'art. 267 del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea in relazione alle  pronunzie  pregiudiziali  della  corte  di
giustizia  europea  in  merito  a  dubbi  interpretativi   di   norme
comunitarie» (r.o. n. 265 del 2012, n.  274  del  2012,  n.  283  del
2012); 
    che, in relazione alla questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 5 del d.lgs. n.  28  del  2010,  deve  essere  ribadita  la
pronunzia di manifesta inammissibilita' della stessa, alla luce della
sentenza n. 272 del 2012; 
    che la questione, sollevata in via subordinata, e' manifestamente
inammissibile per piu' motivi; 
    che, infatti, il rimettente ha  erroneamente  indicato  la  norma
censurata, avendo richiamato l'art. 372 cod.  proc.  civ.,  rubricato
«produzione di  altri  documenti»,  disposizione  non  avente  alcuna
attinenza con le doglianze formulate; 
    che, in ogni caso, il  rimettente  ha  richiesto  alla  Corte  un
intervento additivo "creativo", peraltro manipolativo di sistema,  in
assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata, che  eccede  i
poteri di intervento di questa Corte, implicando scelte affidate alla
discrezionalita' del legislatore (ex plurimis: ordinanze n. 255 e  n.
252 del 2012, n. 243 e n. 182 del 2009). 
    Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,
n. 87 (Norme sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte
costituzionale) e 9, comma 2, delle norme integrative per  i  giudizi
dinanzi alla Corte costituzionale.