ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 17  del
decreto legislativo 13 aprile 1999, n.  112  (Riordino  del  servizio
nazionale della riscossione,  in  attuazione  della  delega  prevista
dalla legge 28 settembre 1998, n. 337), nel testo risultante dopo  le
modifiche  apportate  dall'art.  2,  comma   3,   lettera   a),   del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge
24 novembre 2006,  n.  286,  promosso  dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Roma nel procedimento vertente tra T.M.G. e  l'Agenzia
delle entrate, Direzione provinciale Roma 2,  con  ordinanza  del  23
settembre 2010, iscritta al n. 271  del  registro  ordinanze  2012  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  48,  prima
serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visti l'atto di costituzione di Equitalia  Sud  s.p.a.  e  l'atto
d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 22  maggio  2013  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio. 
    Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Roma -  nel
corso di un giudizio avente ad oggetto l'annullamento di due cartelle
di pagamento per tributi ILOR ed IRPEF relativi agli anni 1978 e 1979
- con ordinanza del 23  settembre  2010  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 17 del decreto  legislativo
13 aprile  1999,  n.  112  (Riordino  del  servizio  nazionale  della
riscossione, in attuazione  della  delega  prevista  dalla  legge  28
settembre 1998, n. 337),  nel  testo  risultante  dopo  le  modifiche
apportate dall'art. 2, comma  3,  lettera  a),  del  decreto-legge  3
ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in  materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 24  novembre
2006,  n.  286,  in  riferimento  agli  artt.  3,  53  e   97   della
Costituzione; 
    che nell'ordinanza di rimessione si riferisce  che  nel  giudizio
principale la ricorrente: 
    - ha dedotto: a) la  nullita'  delle  cartelle  per  mancanza  di
sottoscrizione, non potendosi ritenere valida quella «a  stampa»;  b)
il proprio difetto di «legittimazione passiva», in quanto  tali  atti
le sarebbero stati notificati in proprio  e  non  nella  qualita'  di
erede; c) il difetto di motivazione delle cartelle,  non  essendo  le
indicazioni in esse riportate sufficienti ad indicare  i  presupposti
di fatto e le  ragioni  giuridiche  poste  alla  base  della  pretesa
fiscale (in  particolare,  le  somme  del  «dettaglio  addebiti»  non
sarebbero verificabili nel calcolo; non  sarebbero  indicati  ne'  le
aliquote applicate,  ne'  il  tasso  d'interesse  utilizzato,  ne'  i
termini iniziali e finali per il  calcolo  degli  intessi;  sarebbero
richieste sanzioni non irrogabili agli eredi  e  dalle  modalita'  di
calcolo non esplicitate; non sarebbe chiaro quali siano gli  atti  di
accertamento  presupposti);  d)  l'illegittimita'  del  compenso   di
riscossione  richiesto   dalla   Equitalia   s.p.a.   a   titolo   di
remunerazione del servizio svolto, per  difetto  di  motivazione  del
quantum richiesto ed in ragione della  irretroattivita'  delle  norme
«sanzionatorie»; 
    - ha  osservato,  quanto  a  tale  compenso,  che:  a)  ai  sensi
dell'art. 17 del decreto legislativo n. 112  del  1999,  il  relativo
importo e' pari ad una percentuale di quello  iscritto  a  ruolo,  da
determinarsi, per ogni biennio, con decreto ministeriale  e  fissato,
al momento del ricorso,  nella  misura  del  4,65%  dall'art.  1  del
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 17 novembre  2006,
n.  24497  (Attuazione  dell'articolo  17,  comma  3,   del   decreto
legislativo 13 aprile 1999, n. 112, come modificato dall'articolo  2,
comma 3, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262); b)  tale  importo
era all'inizio dovuto dal  debitore  solamente  in  caso  di  mancato
pagamento entro i  termini  di  scadenza  della  cartella,  mentre  a
seguito delle modifiche apportate dal decreto-legge n. 262 del  2006,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 2006,  esso  e'
sempre dovuto (piu' precisamente, se il pagamento avviene in termini,
il compenso e' dovuto nella misura del 4,65%; se invece avviene fuori
termine,  e'  determinato  secondo  percentuali  fissate  in   misura
differente a seconda dell'ambito  territoriale  di  appartenenza  del
contribuente); 
    -  ha  quindi  sollecitato  il  promovimento  dell'incidente   di
costituzionalita' delle norme censurate con riferimento al  principio
di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.,  in  quanto  il  compenso  di
riscossione  e'  diverso  a  seconda  dell'ambito   territoriale   di
appartenenza  dei  contribuenti  e  varia  in  base   a   circostanze
indipendenti dalla loro condotta; nonche' con riferimento all'art. 53
Cost., in quanto la previsione del compenso minimo nella  misura  del
4,65% non e' collegata alla capacita' contributiva,  ed  all'art.  97
Cost., in quanto  l'aggio  risulta  dovuto  pur  in  assenza  di  una
qualsiasi attivita' dell'agente di riscossione; 
    che  il  giudice  rimettente,  nel  sollevare  le  questioni   di
legittimita' costituzionale, ne ha  illustrato  la  rilevanza  e  non
manifesta   infondatezza    facendo    integralmente    proprie    le
argomentazioni della parte ricorrente; 
    che, con memoria depositata in cancelleria il 24  dicembre  2012,
e' intervenuto nel giudizio di costituzionalita'  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato,  eccependo  preliminarmente  l'inammissibilita'
delle questioni sollevate in quanto: 
    -  il   procedimento   principale   si   sarebbe   svolto   senza
l'instaurazione del contraddittorio nei confronti  dell'agente  della
riscossione, come si desumerebbe dalla  lettura  del  frontespizio  e
dalla narrativa dell'ordinanza di rimessione, e cio' integrerebbe  un
«macroscopico vizio» del giudizio a quo (si citano, in tal senso,  la
sentenza di questa Corte n. 279 del 2006 e  l'ordinanza  n.  183  del
1999); 
    -   la   Commissione   tributaria    provinciale    si    sarebbe
dichiaratamente limitata a riportare le  prospettazioni  della  parte
ricorrente, senza darsi carico di formulare un proprio  giudizio  sul
loro fondamento; cio' escluderebbe la sussistenza di una  motivazione
autonoma e sufficiente (si citano, in questo senso,  le  sentenze  n.
103 del 2007 e n. 266 del 2006, e le ordinanze n. 321 del 2010  e  n.
75 del 2007); 
    - difetterebbe la motivazione  sulla  rilevanza  delle  questioni
prospettate, stante la mancata  valutazione  della  fondatezza  degli
altri motivi di ricorso spiegati nel giudizio principale ed idonei  a
determinare l'annullamento integrale delle cartelle impugnate; 
    - sarebbe carente l'esposizione della fattispecie  e  del  quadro
normativo di riferimento (si cita  la  sentenza  n.  236  del  2011),
poiche' il  giudice  rimettente  sarebbe  venuto  meno  all'onere  di
fornire elementi idonei ad individuare le norme  applicabili  ratione
temporis ai fatti di causa, onere tanto piu' significativo  nel  caso
di specie, in quanto la norma impugnata ha subito numerose modifiche;
in particolare, alla data in cui e'  stato  incardinato  il  giudizio
principale (17 luglio 2009), la  versione  dell'art.  17  applicabile
sarebbe non quella indicata dal giudice rimettente, ma quella che - a
seguito  delle  modifiche  apportate  dall'art.  32,  comma  1,   del
decreto-legge 29  novembre  2008,  n.  185  (Misure  urgenti  per  il
sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per  ridisegnare
in funzione anti-crisi il quadro strategico  nazionale),  convertito,
con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n.  2  -  prevede  un
aggio unico del 9% per tutto il territorio nazionale; 
    che, secondo il Presidente del Consiglio, le questioni  sarebbero
infondate anche nel merito, in quanto: 
    - la violazione del principio di eguaglianza  non  sussisterebbe,
poiche'  la  diversita'  di  condizioni  ambientali   determina   una
differenza di costi che inevitabilmente si riflette sulla misura  del
compenso  dell'agente;  in   ogni   caso,   considerata   la   natura
remunerativa dell'aggio, non sarebbe affatto irragionevole la  scelta
del legislatore di tenere  conto,  ai  fini  della  sua  misura,  del
rischio di inesigibilita' in funzione dell'individuazione  di  ambiti
territoriali omogenei (come, del resto, non potrebbe essere sindacata
la   scelta   contraria,   operata   dalla   normativa    intervenuta
successivamente, di ripartire i fattori di rischio, secondo parametri
mutualistico-attuariali,   sull'intera   platea   dei    contribuenti
nazionali); 
    - andrebbe esclusa  la  violazione  del  principio  di  capacita'
contributiva, poiche', come chiarito dalla Corte  costituzionale  con
la sentenza n. 63 del 1982, il parametro di  cui  all'art.  53  Cost.
attiene al momento sostanziale dell'imposizione e non puo' riguardare
il diverso e successivo aspetto della riscossione del tributo; 
    - quanto all'art. 97 Cost., andrebbe considerato che il  compenso
di riscossione non intende remunerare le singole attivita'  esecutive
compiute dall'agente (per le quali altre disposizioni -  precisamente
i commi 6 e 7-ter  del  medesimo  art.  17  -  prevedono  il  diverso
istituto del rimborso delle spese), ma ha la funzione di remunerare i
costi fissi di organizzazione e mantenimento del  servizio  nazionale
della riscossione; 
    che si e' costituita  in  giudizio,  con  memoria  depositata  in
cancelleria il 27 dicembre 2012, la Equitalia Sud  s.p.a.,  parimenti
eccependo  in  primo   luogo   l'inammissibilita'   delle   questioni
sollevate, in quanto il rimettente: 
    - non avrebbe motivato in alcun modo sulla rilevanza nel giudizio
principale  delle  questioni  prospettate,   essendosi   limitato   a
riportare fedelmente le censure sollevate dalla ricorrente; 
    - avrebbe omesso di scrutinare la fondatezza dei primi tre motivi
di ricorso con cui la ricorrente  ha  lamentato  l'illegittimita'  in
toto  delle  cartelle  di  pagamento:  solo  successivamente  ad  una
decisione definitiva in ordine alla eventuale  infondatezza  di  tali
doglianze, il rimettente avrebbe potuto prendere in considerazione il
quarto  motivo  avente  ad  oggetto  il   compenso   dell'agente   di
riscossione; 
    - non avrebbe individuato  con  esattezza  le  norme  legislative
oggetto di censura, limitandosi  a  fare  generico  riferimento  alla
vigente disciplina del «compenso di riscossione» di cui  all'art.  17
del  decreto  legislativo  n.  112  del  1999,  come  modificato  dal
decreto-legge n. 262 del 2006, senza indicazione dei  commi  e  delle
diverse norme in esso contenute; ne' sarebbe dato  comprendere  quale
rilievo assuma, nella prospettazione del giudice rimettente, il  d.m.
17 novembre  2006;  tali  lacune,  dunque,  renderebbero  impossibile
l'esatta    ricostruzione    dell'oggetto    delle    questioni    di
costituzionalita'; 
    - infine, nella parte in cui prospetta la violazione degli  artt.
3 e 53 Cost., censurerebbe, in realta', norme contenute  in  atti  di
rango  non  legislativo:  la   presunta   discriminazione   su   base
territoriale tra i debitori iscritti a ruolo,  infatti,  non  sarebbe
ingenerata dalla norma impugnata ma dal decreto  del  Ministro  delle
finanze del 4 agosto 2000; 
    che, secondo  la  societa'  costituita,  le  questioni  sarebbero
infondate anche nel merito, in quanto: 
    -  non  sussisterebbe,  con  riferimento  al  regime  applicabile
ratione temporis, alcuna discriminazione tra  i  contribuenti  per  i
pagamenti effettuati entro i 60 giorni dalla notifica: in  tal  caso,
infatti, l'aggio a carico dei debitori e' fissato  nella  misura  del
4.65% dal d.m. 17 novembre 2006 per tutto  il  territorio  nazionale;
quanto  all'ipotesi  del  pagamento  effettuato  dopo  tale  termine,
invece, la  differente  misura  sarebbe  giustificata  dalle  diverse
condizioni  ambientali  che  possono  rendere   oggettivamente   piu'
difficile la riscossione da parte dell'agente incaricato; 
    -  non  vi  sarebbe  violazione  del   principio   di   capacita'
contributiva, come sarebbe  desumibile  dalla  sentenza  della  Corte
costituzionale n. 480 del  1993,  laddove,  pur  con  riferimento  al
previgente sistema di riscossione dei tributi, ha  stabilito  che  il
parametro di cui all'art. 53 Cost. puo' riguardare  solo  il  momento
sostanziale  dell'imposizione  del  tributo  e  non   la   successiva
attivita' di riscossione; 
    - quanto alla violazione dell'art. 97 Cost., andrebbe considerato
che il compenso dell'agente non e'  volto  a  remunerare  le  singole
attivita' esecutive ma l'intera  attivita'  di  riscossione  coattiva
(ben piu' complessa  della  sola  attivita'  di  notificazione  della
cartella), assicurando la copertura dei costi di  organizzazione  del
servizio. 
    Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Roma  ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo  17
del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 (Riordino del servizio
nazionale della riscossione,  in  attuazione  della  delega  prevista
dalla legge 28 settembre 1998, n. 337), nel testo risultante dopo  le
modifiche  apportate  dall'art.  2,  comma   3,   lettera   a),   del
decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge
24 novembre 2006, n. 286, deducendo la violazione dell'art.  3  della
Costituzione, in quanto il compenso dell'agente della riscossione  e'
diverso  a  seconda  dell'ambito  territoriale  di  appartenenza  dei
contribuenti; nonche' dell'art. 53 Cost., in quanto la previsione del
compenso  minimo  nella  misura  del  4,65%  non  e'  collegata  alla
capacita' contributiva, e  dell'art.  97  Cost.,  in  quanto  l'aggio
risulta dovuto pur in assenza di una qualsiasi attivita' dell'agente; 
    che e' pregiudiziale l'esame dell'eccezione  di  inammissibilita'
sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri, secondo  cui  il
giudizio principale  si  sarebbe  svolto  senza  l'instaurazione  del
contraddittorio nei confronti dell'agente della riscossione, come  si
desumerebbe  dalla  lettura  del  frontespizio  e   dalla   narrativa
dell'ordinanza di rimessione, e cio'  integrerebbe  un  «macroscopico
vizio» del giudizio a quo rilevabile da questa Corte; 
    che  l'eccezione  e'  infondata,   dal   momento   che   l'omessa
notificazione del ricorso introduttivo del  giudizio  principale  non
emerge dalla lettura dell'ordinanza di rimessione  -  che  sul  punto
tace - e risulta anzi smentita dalla  stessa  Equitalia  Sud  s.p.a.,
che, costituendosi nel presente  giudizio  di  costituzionalita',  ha
riferito  di  essere  stata   regolarmente   evocata   nel   giudizio
principale; 
    che fondata ed assorbente, per  contro,  risulta  l'eccezione  di
inammissibilita', dedotta tanto  dal  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  quanto  dalla  Equitalia  Sud  s.p.a.,   per   difetto   di
motivazione sulla rilevanza della questione  sollevata,  dal  momento
che il giudice rimettente non ha in alcun modo illustrato, anche solo
sommariamente, le ragioni  di  infondatezza  degli  altri  motivi  di
ricorso, pure spiegati in via principale nel giudizio a quo ed aventi
«priorita' logica»; 
    che, infatti, l'esame di tali motivi  -  con  cui  si  deduce  la
mancanza di sottoscrizione della cartella, il difetto di  titolarita'
passiva  del  rapporto  tributario  controverso  ed  il  difetto   di
motivazione  -  e'   pregiudiziale,   perche'   il   loro   eventuale
accoglimento determinerebbe l'annullamento delle  cartelle  impugnate
(ordinanza n. 73 del 2011); 
    che  tale  carenza  motivazionale  dell'ordinanza   comporta   la
manifesta  inammissibilita'  della  questione  sollevata   (su   casi
analoghi, ordinanze n. 73 del 2011, n. 96 e n. 22 del 2010). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.