ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  9,
comma 1, della legge della Provincia autonoma  di  Trento  24  luglio
2012, n. 15 (Tutela delle persone non autosufficienti  e  delle  loro
famiglie e modificazioni delle leggi provinciali 3  agosto  2010,  n.
19, e 29 agosto 1983, n. 29,  in  materia  sanitaria),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  28
settembre-4 ottobre 2012, depositato in cancelleria il 4 ottobre 2012
ed iscritto al n. 131 del registro ricorsi 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Trento; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  21  maggio  2013  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Gesualdo d'Elia  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Giandomenico  Falcon  per  la
Provincia autonoma di Trento. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso notificato il 28 settembre 2012 e depositato  il
successivo 4 ottobre,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
proposto in via principale - in riferimento  all'articolo  8,  numero
25, del decreto del Presidente della Repubblica 31  agosto  1972,  n.
670  (Approvazione  del  testo  unico  delle   leggi   costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), ed  agli
articoli 3, 10, 117, primo comma (per violazione dell'art. 21, numero
1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, del  25  marzo
1957), e  117,  quarto  comma,  della  Costituzione  -  questioni  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 9,  comma  1,  (nonche'  la
lettera a dello stesso comma 1), della legge della Provincia autonoma
di  Trento  24  luglio  2012,  n.  15  (Tutela  delle   persone   non
autosufficienti e delle loro famiglie  e  modificazioni  delle  leggi
provinciali 3 agosto 2010, n. 19, e 29 agosto 1983, n. 29, in materia
sanitaria). 
    La disposizione  censurata  identifica  quali  beneficiari  della
provvidenza economica erogata dalla Provincia autonoma sotto forma di
«assegno di cura» (volta a favorire la permanenza dell'assistito  nel
proprio domicilio) i cittadini italiani, i cittadini comunitari,  gli
apolidi e gli stranieri in possesso della carta di soggiorno ai sensi
dell'art. 9 del decreto legislativo 25 luglio  1998,  n.  286  (Testo
unico delle disposizioni concernenti la disciplina  dell'immigrazione
e  norme  sulla  condizione  dello  straniero),  «purche'  sussistano
congiuntamente  le  seguenti  condizioni:  a)  siano  residenti   nel
territorio della Provincia di Trento da almeno tre anni continuativi;
b) siano  dichiarati  non  autosufficienti  secondo  quanto  previsto
dall'art.    2;    c)    siano    in    possesso    dei     requisiti
economico-patrimoniali definiti ai sensi dell'art. 10, comma 6». 
    Osserva il ricorrente che  -  nell'introdurre  dette  preclusioni
destinate  a  discriminare  (tra  i   possibili   destinatari   della
provvidenza in esame), da un lato, tutti i soggetti che  non  abbiano
la residenza temporalmente protratta  richiesta  da  tale  norma,  e,
dall'altro lato (tra gli stranieri), coloro che non siano in possesso
del particolare permesso di soggiorno  richiesto  -  la  disposizione
eccede la competenza legislativa esclusiva in materia di  «assistenza
e beneficenza pubblica» attribuita alla Provincia autonoma di  Trento
dall'art. 8, numero 25, dello statuto speciale per  il  Trentino-Alto
Adige, nonche' la competenza residuale in materia di servizi  sociali
riconosciuta alle Regioni  ordinarie  dall'art.  117,  quarto  comma,
Cost., da estendersi alla Provincia di Trento ai sensi  dell'art.  10
della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo
V della parte seconda della Costituzione). 
    In  primo  luogo,  l'Avvocatura  deduce  che   l'esclusione   dal
beneficio di intere categorie di persone, fondata sulla  mancanza  di
una  residenza  temporalmente  protratta,  lede   il   principio   di
uguaglianza, in quanto (come rilevato dalla Corte rispetto ad analoga
previsione regionale dichiarata costituzionalmente illegittima con la
sentenza n. 40 del 2011) introduce nel tessuto normativo un  elemento
di  distinzione  arbitrario,  in  assenza   di   alcuna   ragionevole
correlabilita'  tra  la  condizione  positiva  di  ammissibilita'  al
beneficio (quale la residenza protratta da almeno  tre  anni)  e  gli
altri particolari requisiti (consistenti in situazioni di  bisogno  e
di disagio riferibili direttamente alla persona in quanto  tale)  che
costituiscono  il  presupposto  di  fruibilita'  di  una  provvidenza
sociale. Inoltre, tale previsione pone una misura  restrittiva  delle
liberta' di circolazione e di soggiorno previste dall'art. 21, numero
1, del TFUE (come interpretato  dalla  Corte  di  giustizia  e  dalla
Commissione europea), poiche' il requisito  della  residenza  per  un
periodo cosi' prolungato eccede quanto necessario  al  raggiungimento
dei legittimo obiettivo di preservare  l'equilibrio  finanziario  del
sistema locale di assistenza sociale, e quindi vulnera  anche  l'art.
117, primo comma, Cost. 
    In secondo luogo, l'Avvocatura lamenta che  (con  riferimento  ai
cittadini stranieri), circoscrivere l'attribuzione  dell'«assegno  di
cura» ai soli soggetti che siano in possesso dello  specifico  titolo
costituito dal permesso di soggiorno CE  per  soggiornanti  di  lungo
periodo, determina una discriminazione tra gli stranieri regolarmente
soggiornanti sul territorio nazionale, in contrasto con l'art. 41 del
citato decreto legislativo n. 286 del 1998 e con l'art. 80, comma 19,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2001), che,  ai  fini  della  fruizione  delle  provvidenze  e  delle
prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale,  equiparano  ai
cittadini italiani gli stranieri titolari della carta di soggiorno  o
di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. 
    Infine,  con  particolare  riferimento   all'attribuzione   delle
prestazioni  assistenziali  alle   persone   straniere   regolarmente
soggiornanti sul  territorio  nazionale,  il  ricorrente  richiama  i
principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale (di cui  cita,
tra l'altro, le sentenze n. 306 del 2008 e n. 61 del 2011), deducendo
ancora la violazione dei principi di ragionevolezza e di uguaglianza,
nonche' dell'art. 10, primo comma, della  Costituzione,  dal  momento
che tra le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute
rientrano quelle che, nel  garantire  i  diritti  fondamentali  della
persona indipendentemente  dall'appartenenza  a  determinate  entita'
politiche, vietano discriminazioni  nei  confronti  degli  stranieri,
legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato. 
    2. - Si e'  costituita  in  giudizio  la  Provincia  autonoma  di
Trento, concludendo per la inammissibilita' e/o l'infondatezza  della
questione,   con   riserva   di   esporre   le   relative    ragioni,
successivamente svolte nella memoria di udienza,  in  cui  chiede  il
rigetto del ricorso. 
    Osserva in particolare la Provincia (che deduce di essere dotata,
ai  sensi  dell'art.  8,  numero  25,  dello  statuto  speciale,   di
competenza primaria in materia di «assistenza e beneficienza»  e,  ai
sensi del successivo art. 9, numero 10, di competenza concorrente  in
materia di «igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza  sanitaria  e
ospedaliera») che  l'assegno  di  cura  costituisce  una  prestazione
ulteriore e facoltativa, che si pone al di sopra dei  livelli  minimi
essenziali, finanziata dalla Provincia per propria  libera  scelta  e
con i propri mezzi; e che dunque per la sua attribuzione la Provincia
legittimamente richiede un particolare legame con il territorio della
comunita', che dispone in questo modo delle proprie risorse. E quello
della residenza per trentasei mesi costituisce un requisito  che  non
discrimina in base alla cittadinanza,  ne'  altrimenti  in  relazione
all'origine, in quanto la sua funzione e' quella  di  scoraggiare  il
fenomeno dei trasferimenti di residenza fittizi o opportunistici, non
collegati ad un reale intento di inserimento nella  comunita'  (cosi'
da  evitare  anche  fluttuazioni   della   richiesta   derivanti   da
circostanze   contingenti),   nonche'   quella   di   garantire    la
sostenibilita'  finanziaria  del  beneficio   facendo   si'   che   i
richiedenti  abbiano  contribuito,  seppur  in   piccola   parte,   a
finanziare la provvidenza attraverso il prelievo fiscale. 
    La Provincia afferma  quindi  la  non  fondatezza  della  censura
riferita alla violazione dell'art. 3 Cost.,  richiamando,  in  ordine
alla  non  irragionevolezza  della  previsione  del  requisito  della
residenza continuativa per l'erogazione di prestazioni  assistenziali
o sociali, sia la giurisprudenza della Corte (di  cui  cita,  tra  le
altre, le sentenze n. 432 del 2005 e n. 493 del 1990 e  le  ordinanze
n. 32 del 2008 e n. 393 del  2007),  sia  la  normativa  statale  (in
particolare  il  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112,   recante
«Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la  semplificazione,
la competitivita', la stabilizzazione della  finanza  pubblica  e  la
perequazione tributaria»), e quella regionale  o  provinciale  (legge
della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  12  ottobre  2007,   n.   9,
«Interventi  per  l'assistenza  alle  persone  non  autosufficienti»,
nonche' legge della Regione Veneto 10 agosto 2012, n. 29  «Norme  per
il sostegno delle famiglie monoparentali e dei  genitori  separati  o
divorziati   in   situazione   di   difficolta'»),   ed    escludendo
l'estensibilita' nella specie del dictum della citata sentenza n.  40
del 2011, riguardante (a suo dire)  il  diverso  caso  di  una  legge
regionale che regolava l'accesso al complesso delle  prestazioni  del
sistema dei servizi sociali e quindi anche a prestazioni  essenziali,
che potevano  toccare  direttamente  la  dignita'  della  persona  in
condizione di bisogno. 
    Quanto alla violazione dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.  per
lesione dell'art.  21  del  TFUE,  la  Provincia  rileva  (dopo  aver
analizzato varie sentenze della Corte di giustizia europea) che anche
nel diritto europeo  le  condizioni  di  residenza  continuativa  nel
territorio di uno Stato sono  considerate  legittime,  nonostante  la
loro astratta  idoneita'  a  determinare  discriminazioni  indirette,
trattandosi  di  requisiti  che  possono  essere   soddisfatti   piu'
agevolmente dai cittadini che non dagli stranieri . 
    Infine,  la  Provincia  sostiene  anche  la  infondatezza   della
questione relativa all'ulteriore requisito della carta di  soggiorno,
giacche' l'esistenza di uno  status  privilegiato  per  lo  straniero
soggiornante  di  lungo  periodo,  operante  anche  con   riferimento
all'accesso alle prestazioni sociali, non e' stata eliminata  neppure
dalle  pronunce  con  le  quali  e'  stata  piu'   volte   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19,  della  legge
n. 388 del  2000  in  relazione  a  determinate  provvidenze  sociali
(sentenze n. 40 del 2013, n. 329 e n. 61 del 2011, n. 187  del  2010,
n. 11 del 2009 e n. 306 del  2008).  Laddove,  peraltro,  neppure  il
principio di parita' di trattamento tra  cittadini  e  stranieri  con
permesso di lungo periodo e' assoluto,  visto  che  l'art.  11  della
direttiva 25 novembre 2003, n. 2003/109/CE (Direttiva  del  Consiglio
relativa  allo  status  dei  cittadini  di  paesi  terzi  che   siano
soggiornanti  di  lungo  periodo)  consente  agli  Stati  membri   di
«limitare la parita' di trattamento in materia di assistenza  sociale
e protezione sociale alle prestazioni assistenziali». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Presidente del Consiglio  dei  ministri  impugna  in  via
principale l'articolo 9, comma 1 (nonche' la lettera a  dello  stesso
comma 1), della legge della Provincia autonoma di  Trento  24  luglio
2012, n. 15 (Tutela delle persone non autosufficienti  e  delle  loro
famiglie e modificazioni delle leggi provinciali 3  agosto  2010,  n.
19, e 29 agosto 1983, n. 29, in materia sanitaria), secondo il  quale
«Sono destinatari dell'assegno di cura  i  cittadini  italiani  o  di
Stati appartenenti all'Unione europea, gli apolidi e gli stranieri in
possesso della carta  di  soggiorno  ai  sensi  dell'articolo  9  del
decreto legislativo  25  luglio  1998,  n.  286  (Testo  unico  delle
disposizioni concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e  norme
sulla condizione dello straniero), purche' sussistano  congiuntamente
le seguenti condizioni:  a)  siano  residenti  nel  territorio  della
Provincia di  Trento  da  almeno  tre  anni  continuativi;  b)  siano
dichiarati non autosufficienti secondo quanto previsto  dall'articolo
2; c) siano in possesso dei requisiti economico-patrimoniali definiti
ai sensi dell'articolo 10, comma 6». 
    Il ricorrente deduce che la  disposizione  eccede  la  competenza
legislativa  esclusiva  in  materia  di  «assistenza  e   beneficenza
pubblica» attribuita alla Provincia autonoma di Trento  dall'art.  8,
numero 25, del decreto del  Presidente  della  Repubblica  31  agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige),  nonche'
la competenza residuale in materia di  servizi  sociali  riconosciuta
alle  Regioni  ordinarie   dall'art.   117,   quarto   comma,   della
Costituzione, che ritiene spettante alla Provincia autonoma di Trento
ai sensi dell'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001,  n.
3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). 
    In particolare, da un  lato,  l'esclusione  dal  beneficio  delle
persone prive del requisito della residenza  temporalmente  protratta
nel territorio provinciale e' censurata in quanto lesiva dell'art.  3
Cost., giacche' introdurrebbe un elemento di distinzione  arbitrario,
in assenza di alcuna ragionevole correlabilita' tra  tale  condizione
positiva di ammissibilita'  al  beneficio  e  gli  altri  particolari
requisiti, che costituiscono il presupposto  di  fruibilita'  di  una
provvidenza sociale; e dell'art. 117,  primo  comma,  Cost.,  poiche'
porrebbe una misura restrittiva delle liberta' di circolazione  e  di
soggiorno  previste  dall'art.  21,  numero  1,  del   Trattato   sul
funzionamento dell'Unione europea del 25 marzo 1957. Dall'altro lato,
la limitazione (per gli stranieri extracomunitari)  dell'attribuzione
dell'«assegno di cura» ai soli soggetti che  siano  in  possesso  dal
permesso di soggiorno di lungo periodo, violerebbe l'art. 3 Cost., in
quanto determina una discriminazione tra gli  stranieri  regolarmente
soggiornanti sul territorio nazionale, in contrasto con l'art. 41 del
citato decreto legislativo n. 286 del 1998 e con l'art. 80, comma 19,
della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2001); nonche' l'art. 10, primo comma, Cost., poiche'  tra  le  norme
del diritto internazionale generalmente riconosciute rientrano quelle
che,   nel   garantire   i   diritti   fondamentali   della   persona
indipendentemente dall'appartenenza a determinate entita'  politiche,
vietano discriminazioni nei confronti degli stranieri, legittimamente
soggiornanti nel territorio dello Stato. 
    2. - Le questioni sono entrambe fondate in riferimento all'art. 3
Cost. 
    2.1. - Va, innanzi tutto, rilevato che la legge provinciale n. 15
del 2012 - sulla premessa che «La Provincia autonoma di Trento tutela
in funzione dei bisogni le persone non autosufficienti e ne  sostiene
le famiglie, assicurando mezzi adeguati alle loro esigenze di  vita»,
promuovendo «la permanenza  delle  persone  non  autosufficienti  nel
proprio ambito familiare» (art. 1, comma 1); e considerate,  ai  fini
della legge, «non autosufficienti le persone  che  sono  prive  dalla
nascita o che hanno subito una perdita permanente parziale  o  totale
dell'autonomia  delle  abilita'   fisiche,   psichiche,   sensoriali,
cognitive e relazionali con conseguente incapacita' di  compiere  gli
atti essenziali della vita quotidiana senza l'aiuto  determinante  di
altre persone» (art.  2,  comma  1)  -  stabilisce  che  la  medesima
Provincia «assicura alle persone non autosufficienti l'erogazione  di
qualificati interventi di cura, di assistenza e di protezione sociale
secondo quanto previsto  da  questa  legge,  compatibilmente  con  le
risorse  organizzative,  strumentali   e   finanziarie   disponibili,
privilegiando le  modalita'  che  garantiscono  la  permanenza  della
persona non autosufficiente nel proprio ambito  familiare»  (art.  6,
comma 1), mediante l'erogazione di  un  "assegno  di  cura",  appunto
«orientato  a  favorire  la  permanenza  dell'assistito  nel  proprio
domicilio» e «correlato alla misura del  bisogno  della  persona  non
autosufficiente   da    garantire    in    ambito    domiciliare    e
semiresidenziale» (art. 10, comma 1, primo periodo) nonche' destinato
ai soggetti portatori dei requisiti individuati nel censurato art. 9,
comma 1, tra i quali quelli oggetto delle spiegate censure. 
    Di conseguenza, risulta palese (come peraltro non contestato) che
la normativa in oggetto rientri nell'ambito di competenza legislativa
esclusiva  in  materia  di  «assistenza   e   beneficenza   pubblica»
attribuita alla Provincia autonoma di Trento dall'art. 8, numero  25,
dello statuto speciale per  il  Trentino-Alto  Adige,  oltre  che  in
quello  di  competenza  residuale  in  materia  di  servizi  sociali,
riconosciuta alle Regioni  ordinarie  dall'art.  117,  quarto  comma,
Cost., e che puo' ritenersi estesa,  per  il  principio  di  maggiore
autonomia, alla Provincia autonoma di Trento ai  sensi  dell'art.  10
della legge cost. n. 3 del 2001. 
    3. - Cio' premesso, relativamente alla lamentata  violazione  del
canone di ragionevolezza determinata dalla esclusione  dal  beneficio
di tutti coloro (italiani e stranieri) i quali non siano residenti da
almeno tre anni continuativi  nel  territorio  provinciale  (art.  9,
comma 1, lettera a), va ribadito che - se al legislatore, sia statale
che  regionale  (e  provinciale),  e'   consentito   introdurre   una
disciplina differenziata per l'accesso alle prestazioni assistenziali
al fine di conciliare la massima fruibilita'  dei  benefici  previsti
con la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili  (da  ultimo
sentenza n. 133 del 2013) e che quello  della  residenza  costituisce
«un criterio non  irragionevole  per  l'attribuzione  del  beneficio»
(sentenza n. 432 del 2005) - tuttavia la legittimita' di  una  simile
scelta non esclude che i canoni selettivi adottati  debbano  comunque
rispondere al principio di ragionevolezza, in  quanto  l'introduzione
di regimi differenziati e' consentita solo in presenza di  una  causa
normativa non palesemente irrazionale o  arbitraria,  che  sia  cioe'
giustificata da una ragionevole correlazione tra la condizione cui e'
subordinata  l'attribuzione  del  beneficio  e  gli  altri  peculiari
requisiti che ne condizionano il riconoscimento e ne  definiscono  la
ratio (sentenze n. 133 e n. 2 del 2013, n. 40 del 2011 e n.  432  del
2005). 
    Orbene, nella  specie,  non  e'  dato  riscontrare  proprio  tale
ragionevole   correlazione    tra    l'impugnato    presupposto    di
ammissibilita' al beneficio (residenza protratta  nel  tempo)  e  gli
altri peculiari requisiti (situazione di bisogno e di  disagio  anche
economico riferibili direttamente alla persona non autosufficiente in
quanto tale), che costituiscono le condizioni  di  fruibilita'  della
provvidenza in esame. La mancanza di correlazione determina il  venir
meno  della  ragionevolezza  della   previsione   di   un   requisito
differenziato (e, nella specie, pesantemente aggravato),  che,  lungi
dal trovare giustificazione nella essenza e finalita' del  beneficio,
contraddittoriamente   potrebbe   portare   ad   escludere   soggetti
altrettanto (se non piu') esposti alle condizioni  di  bisogno  e  di
disagio (che il censurato sistema di prestazioni e servizi si propone
di superare perseguendo una finalita' eminentemente  sociale),  senza
che sia possibile presumere, in termini assoluti,  che  lo  stato  di
bisogno di chi risieda (seppur regolarmente) nella Provincia da  meno
di tre anni sia minore  rispetto  a  chi  vi  risieda  da  piu'  anni
(sentenze n. 133, n. 4 e n. 2 del 2013). 
    3.1. - Tale previsione realizza dunque una  discriminazione,  che
contrasta con la funzione e la ratio normativa stessa, in  violazione
del limite di ragionevolezza imposto anche dal rispetto del principio
di uguaglianza. 
    Ne' rileva in senso contrario la circostanza - su cui si sofferma
la  difesa  della  Provincia  resistente  -  che  l'assegno  di  cura
costituisce una prestazione ulteriore e facoltativa, che si  pone  al
di sopra  dei  livelli  minimi  essenziali,  dalla  Provincia  stessa
finanziata per libera scelta e con i propri mezzi; e che, dunque, per
la sua attribuzione sarebbe legittimamente richiesto  un  particolare
legame con il territorio della comunita'  (senza  discriminazioni  in
base alla cittadinanza ovvero all'origine), al  fine  di  scoraggiare
fenomeni di trasferimenti  di  residenza  fittizi  o  opportunistici,
nonche' di garantire la sostenibilita' finanziaria del beneficio. Va,
al contrario, ribadita l'affermazione di questa  Corte,  secondo  cui
tanto l'una che l'altra circostanza eccepite non  escludono  «che  le
scelte connesse alla individuazione dei beneficiari - necessariamente
da  circoscrivere  in  ragione  della   limitatezza   delle   risorse
disponibili - debbano essere operate sempre e comunque in ossequio al
principio di ragionevolezza» (sentenze n. 2 del 2013, n. 40 del  2011
e n. 432 del 2005). 
    4. - Altrettanto fondato risulta il secondo profilo  di  censura,
relativo alla limitazione della attribuzione dell'«assegno  di  cura»
ai soli  soggetti  (extracomunitari)  che  siano  in  possesso  dello
specifico titolo  costituito  dalla  «carta  di  soggiorno  ai  sensi
dell'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286» (art.
9, comma 1). 
    Come sottolineato, da ultimo, dalla sentenza n. 40 del  2013,  la
carta di soggiorno e' stata sostituita, a far data dal 2007,  con  il
permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo,  a  norma
dell'art. 2, comma 3, del decreto legislativo 8 gennaio  2007,  n.  3
(Attuazione della  direttiva  2003/109/CE  relativa  allo  status  di
cittadini di Paesi terzi  soggiornanti  di  lungo  periodo),  il  cui
conseguimento da parte dello  straniero  e'  condizionato:  a)  dalla
disponibilita'  di  un  reddito  non  inferiore   all'importo   annuo
dell'assegno sociale e, nel caso di richiesta relativa ai  familiari,
di un reddito sufficiente secondo i parametri indicati dall'art.  29,
comma 3, lettera b), del decreto legislativo 25 luglio 1998,  n.  286
(Testo unico  delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina  della
immigrazione e norme sulla  condizione  dello  straniero);  b)  dalla
disponibilita' di un alloggio idoneo che rientri nei parametri minimi
previsti  dalla  legge  regionale  per  gli   alloggi   di   edilizia
residenziale  pubblica  ovvero  che  sia  fornito  dei  requisiti  di
idoneita' igienico-sanitaria accertati dall'Azienda unita'  sanitaria
locale competente per territorio; c) dal possesso, da  almeno  cinque
anni, di un permesso di soggiorno in corso di validita'. 
    Si tratta di  requisiti  (che  vanno  da  parametri  di  squisita
connotazione  censuaria  ad  altri  che   attengono   alle   generali
condizioni di vita, per finire con un presupposto di  tipo  meramente
temporale, relativo al periodo di permanenza in Italia  con  regolare
permesso di soggiorno) che non  si  raccordano  (ed  anzi  presentano
carattere fortemente derogatorio) con la generale previsione  dettata
in materia di prestazioni sociali  ed  assistenziali  in  favore  dei
cittadini extracomunitari dall'art. 41 del decreto legislativo n. 286
del 1998, il quale prevede che «Gli stranieri titolari della carta di
soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non  inferiore  ad  un
anno, nonche' i minori iscritti nella loro carta o nel loro  permesso
di soggiorno, sono equiparati ai cittadini  italiani  ai  fini  della
fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di
assistenza sociale, incluse  quelle  previste  per  coloro  che  sono
affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti,  per  i
ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti». 
    4.1. - La limitazione del novero dei fruitori  della  provvidenza
in esame operata dalla norma, censurata anche sotto  questo  profilo,
deve ritenersi lesiva dell'art. 3 Cost. (sentenza n. 4 del 2013), non
essendovi  alcuna  ragionevole  correlazione  tra  la  condizione  di
accesso dei cittadini extracomunitari alle prestazioni  assistenziali
in questione  e  le  situazioni  di  bisogno  o  disagio,  riferibili
direttamente alla  persona  in  quanto  tale,  che  costituiscono  il
presupposto  di  fruibilita'  dell'assegno  di  cura.  Va   ribadito,
infatti, che non e' possibile  presumere  in  modo  aprioristico  che
stranieri  non  autosufficienti,  titolari   di   un   permesso   per
soggiornanti di lungo periodo - in quanto gia' presenti in precedenza
sul territorio nazionale in base a permesso  di  soggiorno  protratto
per cinque anni - versino in stato  di  bisogno  o  disagio  maggiore
rispetto agli stranieri che, sebbene anch'essi regolarmente  presenti
nel  territorio  nazionale,  non  possono  vantare   analogo   titolo
legittimante. 
    Come  gia'  affermato  da  questa  Corte,  mentre  e'   possibile
subordinare,  non  irragionevolmente,  l'erogazione  di   determinate
prestazioni sociali, non dirette a rimediare a  gravi  situazioni  di
urgenza, alla circostanza  che  il  titolo  di  legittimazione  dello
straniero alla permanenza nel territorio dello Stato ne  dimostri  il
carattere non episodico e di non  breve  durata,  una  volta  che  il
diritto  a  soggiornare  alle  predette   condizioni   non   sia   in
discussione, l'accesso a una misura sociale non puo', invece,  essere
differenziato in ragione della «necessita' di uno specifico titolo di
soggiorno» (sentenza n. 61 del 2011), che di fatto porti ad escludere
proprio coloro che potrebbero risultare i soggetti piu' esposti  alle
condizioni di bisogno  e  di  disagio  che  un  siffatto  sistema  di
prestazioni  e  servizi  si  propone  di  superare  perseguendo   una
finalita' eminentemente sociale (sentenza n. 40 del 2011). 
    Cio' che,  dunque,  assume  valore  dirimente  agli  effetti  del
sindacato  di  costituzionalita',   non   e'   la   denominazione   o
l'inquadramento formale della singola provvidenza, quanto, piuttosto,
il concreto atteggiarsi di questa nel panorama delle varie  misure  e
dei beneficii di ordine  economico  che  il  legislatore  (statale  o
regionale) ha predisposto quali strumenti di ausilio ed assistenza in
favore di categorie "deboli". La compatibilita' costituzionale  delle
scelte legislative va dunque affermata se ed allorquando, «alla  luce
della configurazione normativa e della funzione sociale»,  la  misura
presa in considerazione integri un rimedio destinato a consentire  il
concreto soddisfacimento di "bisogni primari" inerenti alla sfera  di
tutela  della  persona  umana,  che  e'  compito   della   Repubblica
promuovere e salvaguardare (sentenze n. 329 del 2011  e  n.  187  del
2010).  Condizione  questa  che  certamente  (per  quanto  detto)  si
configura  relativamente  alla   provvidenza   in   esame,   che   e'
espressamente destinata a coinvolgere e salvaguardare beni  e  valori
tutti di primario risalto nel quadro dei diritti  fondamentali  della
persona  non  autosufficiente  anche  con  riferimento  al   contesto
familiare in cui e' inserita. Senza pertanto  che  valga  l'eccezione
mossa dalla resistente in ragione del fatto che l'assegno de  quo  e'
«misura integrativa dell'indennita'  di  accompagnamento»  (art.  10,
comma  2,  ultimo   periodo),   giacche'   (come   gia'   detto)   la
classificazione del  beneficio  va  operata  imprescindibilmente  con
riferimento  alla  natura  e  alla   portata   teleologica   che   ne
caratterizzano la predisposizione e la prestazione. 
    5.   -   Conseguentemente,   va    dichiarata    l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 9, comma 1, della legge  provinciale  n.  25
del 2012, nella parte in cui subordina al requisito della titolarita'
della carta di soggiorno la concessione  dell'assegno  di  cura  agli
stranieri legalmente residenti nella Provincia autonoma di Trento;  e
va dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9,  comma  1,
lettera  a),  limitatamente  alle  parole   «da   almeno   tre   anni
continuativi». 
    Restano assorbiti gli ulteriori profili di censura.