ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 166 del
codice di procedura civile promosso dal Tribunale ordinario di Tivoli
nel procedimento vertente tra R.A. e la T.S. s.r.l. con ordinanza del
30 maggio 2012, iscritta al n. 266  del  registro  ordinanze  2012  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  48,  prima
serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 22  maggio  2013  il  Giudice
relatore Alessandro Criscuolo. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di  Tivoli,  in  composizione
monocratica, con ordinanza depositata il 30 maggio 2012 (r.o. n.  266
del 2012) ha sollevato, in riferimento agli  articoli  3,  24  e  111
della Costituzione ed al principio di  ragionevolezza,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'articolo 166 del codice di procedura
civile «nella parte in cui prevede che il convenuto deve costituirsi,
a mezzo del procuratore o personalmente  nei  casi  consentiti  dalla
legge, almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata
nell'atto di citazione,  anche  nell'ipotesi  di  differimento  della
udienza stessa ai sensi dell'art. 168-bis, quarto  comma,  cod.  civ.
proc.,  anziche'  almeno  venti  giorni  prima   della   celebrazione
effettiva della udienza»; 
    che, come il rimettente premette, con citazione notificata il  16
gennaio 2012 il sig. R.A. ha convenuto in giudizio la  societa'  T.S.
s.r.l. per l'udienza del 20 maggio  2012  -  cadente  nel  giorno  di
domenica  -  chiedendo  l'accertamento  dell'esistenza  di  vizi   di
costruzione relativi agli  immobili  che  l'attore  aveva  acquistato
dalla  societa'  convenuta,  catastalmente  indicati   nell'atto   di
citazione, l'accertamento dei danni subiti, nonche' la condanna della
medesima convenuta al risarcimento dei danni; 
    che - riferisce il giudice a quo - poiche' l'udienza  non  si  e'
tenuta nella data di comparizione indicata  nell'atto  di  citazione,
essa e' stata differita  di  ufficio,  ai  sensi  dell'art.  168-bis,
quarto comma, cod. proc. civ., al 24 maggio 2012, prima data utile in
base alle previsioni tabellari  dei  giorni  di  udienza  tenuti  dal
giudice assegnatario della causa; 
    che la parte convenuta si e' costituita il  3  maggio  2012,  con
comparsa  nella  quale  ha,  tra  l'altro,  eccepito   la   decadenza
dall'azione,  ai  sensi  dell'art.  1495  del  codice  civile,  e  la
intervenuta prescrizione,  per  essere,  nel  frattempo,  decorso  il
termine di otto giorni dalla scoperta  dei  vizi,  e,  comunque,  per
essersi prescritto il termine annuale dell'azione di risarcimento dei
danni; 
    che, alla prima udienza, l'attore ha eccepito la tardivita' della
costituzione della parte convenuta - per  essere  avvenuta,  rispetto
alla data fissata nell'atto  di  citazione,  in  un  lasso  di  tempo
inferiore ai venti giorni previsti dall'art. 166 cod. proc. civ. -  e
ha dedotto la conseguente decadenza dalle  eccezioni  proposte  nella
comparsa di costituzione; 
    che - osserva il rimettente - il termine per la costituzione  del
convenuto sarebbe rispettato se si considerasse la data di  effettiva
celebrazione della udienza ovvero il 24 maggio 2012,  come  differita
d'ufficio ai sensi dell'art. 168-bis, quarto comma, cod. proc. civ.; 
    che il giudicante sottolinea come,  in  mancanza  di  un'espressa
normativa sul computo dei termini, i venti giorni prima  dell'udienza
di comparizione per la costituzione del convenuto non  devono  essere
intesi come giorni liberi, ma devono essere  conteggiati  secondo  la
regola generale dell'art. 155 cod. proc. civ.,  in  base  alla  quale
"dies a quo non computatur in  termine",  e  dunque,  trattandosi  di
termini da computarsi a ritroso, deve essere considerato "dies a quo"
il giorno della prima udienza e "dies ad quem" l'ultimo giorno  utile
per la costituzione; 
    che  il  giudice  a  quo  «si  pone  quindi  il  problema   della
ammissibilita' o meno  della  costituzione  del  convenuto,  in  base
all'art.  166  cod.  proc.  civ.,   e   quindi   della   legittimita'
costituzionale di tale disposizione nella parte in cui prevede che il
computo sia da riferire alla udienza fissata nell'atto di citazione e
non,  invece,  a  quella   di   trattazione   (recte:   comparizione)
effettiva»; 
    che egli richiama, in primo luogo, l'ordinanza n.  461  del  2007
(recte: 1997) - confermata dalla successiva ordinanza n. 164 del 1998
-  con  cui  la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato  la  manifesta
inammissibilita' (recte: manifesta infondatezza) della questione, non
essendo configurabile la  prospettata  violazione  del  principio  di
eguaglianza, in quanto le fattispecie di rinvio della  prima  udienza
di comparizione considerate  nel  quarto  e  quinto  comma  dell'art.
168-bis cod. proc. civ. non sono riconducibili ad una "ratio"  comune
e non puo' quindi dirsi irragionevole la  previsione  di  una  deroga
alla  disciplina  del  termine  di  costituzione  in   giudizio   del
convenuto; 
    che e' stata, altresi', esclusa l'asserita lesione del diritto di
difesa, poiche', come la Corte stessa  aveva  piu'  volte  affermato,
tale  garanzia  «non  puo'  implicare  che  sia  illegittimo  imporre
all'esercizio di facolta' o poteri limitazioni temporali, al fine  di
accelerazione del corso della giustizia» (ordinanza n. 900 del 1988); 
    che il  giudice  a  quo  fa  riferimento  anche  alla  successiva
ordinanza n. 134 del 2009 con la quale  la  Corte  costituzionale  ha
ribadito la manifesta infondatezza della questione,  sottolineando  -
in particolare, con riferimento all'art.  3  Cost.  -  la  diversita'
delle fattispecie di  rinvio  della  prima  udienza  di  comparizione
considerate nel quarto e quinto comma dell'art. 168-bis,  cod.  proc.
civ. non riconducibili ad una "ratio" comune, in quanto la previsione
del  potere  di  differimento  della  data  della  prima  udienza  di
comparizione, attribuito  al  giudice  istruttore  dal  quinto  comma
dell'art. 168-bis citato, e' correlata all'esigenza  fondamentale  di
porre il giudicante in condizione  di  conoscere  l'effettivo  "thema
decidendum" fin dal momento iniziale della trattazione  della  causa,
mentre le medesime esigenze non sussistono in  relazione  al  rinvio,
imputabile a vari motivi, previsto  nel  quarto  comma  del  predetto
articolo; 
    che,  nella   detta   pronuncia,   la   Corte   ha   escluso   la
irragionevolezza della scelta con la quale il legislatore ha ancorato
il  termine  per  la  costituzione  del  convenuto   all'udienza   di
comparizione fissata nell'atto di citazione, ovvero a quella  fissata
a norma dell'art. 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ.,  in  quanto
finalizzata al perseguimento di esigenze di certezza  essenziali,  in
presenza di termini stabiliti a pena  di  decadenza  (art.  167  cod.
proc. civ.), per assicurare il carattere  effettivo  del  diritto  di
difesa; 
    che la Corte ha, altresi', negato ogni contrasto con  l'art.  111
Cost., evocato peraltro in termini del tutto  generici,  non  essendo
configurabile alcuna "compressione"  nell'esercizio  delle  attivita'
difensive; 
    che il rimettente ritiene di dovere riproporre la questione sotto
diversi  profili  e,  in  particolare,  con  riferimento  alla  nuova
formulazione  dell'art.  111  Cost.,  come  introdotta  dalla   legge
costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (Inserimento dei  principi  del
giusto processo nell'articolo 111 della  Costituzione)  -  successiva
alla prima ordinanza  richiamata  -  e  con  riferimento  alla  nuova
accezione elaborata dalla giurisprudenza costituzionale del principio
di ragionevolezza, non piu' legato necessariamente  alla  uguaglianza
di situazioni diversamente disciplinate; 
    che il giudice a quo  esclude  una  diversa  interpretazione,  in
senso costituzionalmente orientato, dell'art. 166  cod.  proc.  civ.,
nella parte in cui prevede  la  costituzione  del  convenuto  «almeno
venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto  di
citazione»; 
    che,  in  primo  luogo,  il  rimettente   evidenzia   come,   per
giurisprudenza consolidata di legittimita', l'udienza da  considerare
ai fini del calcolo dei venti giorni a ritroso  per  la  costituzione
del convenuto sia quella differita solo  nel  caso  di  cui  all'art.
168-bis, quinto comma, cod. proc. civ. e non gia' al quarto comma del
medesimo articolo (Cassazione sezione terza civile, sentenza  del  19
gennaio 2007, n. 1188; precedenti conformi: Cassazione sezione  terza
civile, sentenza dell'11 luglio  2006,  n.  15705;  sentenza  del  29
ottobre 2001, n.  13427;  sentenza  dell'11  aprile  2000,  n.  4601;
Cassazione sezione prima civile, sentenza del 27 settembre  2000,  n.
12794; Cassazione sezione lavoro, sentenza  del  16  marzo  1996,  n.
2203); 
    che, in secondo luogo, il rimettente osserva  come,  in  base  al
principio "ubi  voluit,  dixit",  il  legislatore  abbia  scelto  una
diversa soluzione normativa - cioe' il calcolo del termine  di  venti
giorni per la costituzione del convenuto  dalla  data  della  udienza
effettiva e non gia' da quella fissata nell'atto di citazione -  solo
per l'ipotesi del  differimento  della  udienza  ai  sensi  dell'art.
168-bis, quinto comma, cod. proc. civ. e non invece per quella di cui
al quarto  comma  (sul  punto,  viene  richiamata  anche  Cassazione,
seconda sezione civile, sentenza del 4 gennaio 2011, n. 1567); 
    che,  infine,  il  rimettente  sottolinea  la  necessita'   della
certezza del diritto, che  impone  al  giudice,  una  volta  che  una
determinata interpretazione sia  divenuta  diritto  vivente,  di  non
disattendere tale orientamento, per  non  incorrere  nel  "defaut  de
securite'  juridique"  (difetto  di  certezza  giuridica)  sanzionato
dall'art. 6 CEDU; 
    che, ad avviso del  giudice  a  quo,  la  questione  concerne  la
limitazione del diritto di difesa e la disparita' di trattamento, per
compressione del termine difensivo concesso per  la  costituzione  in
giudizio del convenuto, nel caso di  differimento  della  udienza  di
comparizione, ai sensi dell'art. 168-bis, quarto  comma,  cod.  proc.
civ.; 
    che,  secondo  il  rimettente,  l'obbligo  per  il   giudice   di
considerare, ai fini della tardivita' della costituzione, la data  di
udienza fissata nell'atto di citazione, anziche' quella di  effettivo
svolgimento dello stessa, risulta in contrasto con  il  principio  di
ragionevolezza e con il principio di non  disparita'  di  trattamento
rispetto  alla  ipotesi  del  tutto  analoga  in  cui  l'udienza  sia
differita dal giudice, ai sensi dell'art. 168-bis, quinto comma, cod.
proc. civ.; 
    che,  in  punto  di  rilevanza,  il   rimettente   osserva   come
l'ammissibilita' della costituzione del convenuto  e  delle  relative
eccezioni di decadenza, ai sensi  dell'art.  1495  cod.  civ.,  e  di
prescrizione sollevate nella comparsa di  risposta,  sia  circostanza
idonea ex se a  condizionare  la  dinamica  e,  dunque,  l'esito  del
processo; 
    che, quanto alla non manifesta infondatezza,  il  giudice  a  quo
dubita,  in  riferimento  agli  artt.  3,  24  e  111  Cost.,   della
legittimita' costituzionale dell'art.  166  cod.  proc.  civ.  «nella
parte in cui prevede che il convenuto deve costituirsi, a  mezzo  del
procuratore o personalmente nei casi consentiti dalla  legge,  almeno
venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata nell'atto  di
citazione, anche nell'ipotesi di differimento della udienza stessa ai
sensi dell'art. 168-bis, comma 4, cod. civ.  proc.,  anziche'  almeno
venti giorni prima della celebrazione effettiva della udienza»; 
    che  il  rimettente  sottolinea  come  la  discrezionalita'   del
legislatore trovi il limite nella ragionevolezza,  nella  coerenza  e
nella parita' di trattamento; 
    che - come evidenzia il giudice a quo - la  Corte  costituzionale
ha inizialmente ricondotto il principio di ragionevolezza all'interno
della previsione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo del principio di
uguaglianza; 
    che, in particolare, il giudicante ricorda come le  questioni  di
legittimita' costituzionale dichiarate  manifestamente  inammissibili
(recte: manifestamente infondate) con le ordinanze n. 164 del 1998  e
n. 461 del 1997, siano state prospettate dai giudici  rimettenti  per
assunta violazione, tra l'altro, dell'art. 3 Cost., sotto il  profilo
della irragionevole disparita' di trattamento tra  ipotesi  analoghe,
avendo, a detta dei rimettenti, il  legislatore  previsto  un  regime
diverso  a  fronte   di   un   medesimo   evento   (il   differimento
dell'udienza), a seconda che quest'ultimo fosse determinato in base a
meccanismi operanti d'ufficio  (168-bis,  quarto  comma,  cod.  proc.
civ.) ovvero per volonta' del  giudice  con  apposito  decreto  (art.
168-bis, quinto comma, cod. proc. civ.); 
    che il rimettente ritiene di sollevare  nuovamente  la  questione
sotto altra e diversa accezione del principio di ragionevolezza, come
elaborato dalla giurisprudenza costituzionale  piu'  recente  che  ne
avrebbe affrancato la verifica sia dalla sussistenza del principio di
uguaglianza che dalla ricerca di un tertium comparationis; 
    che, in particolare, con riferimento all'evocato art. 3 Cost., il
rimettente osserva come, a prescindere dalla gia' dedotta sostanziale
disparita'  di  trattamento  tra  fattispecie  omogenee,   la   norma
censurata presenti una intrinseca incoerenza,  contraddittorieta'  ed
illogicita'  rispetto  alla  complessiva  finalita'  perseguita   dal
legislatore; 
    che, ad avviso del giudice a quo, la costituzione  del  convenuto
entro  il  termine  di  venti  giorni  precedenti  l'udienza  sarebbe
finalizzata a consentire  all'attore  un  tempo  sufficiente  per  la
valutazione della situazione processuale, al fine di porre in  essere
ogni conseguente attivita' processuale con piena consapevolezza; 
    che l'intervallo minimo di venti giorni, quindi, dovrebbe  essere
valutato rispetto a tale necessita',  non  compromessa  nel  caso  di
differimento del termine di costituzione del convenuto a  seguito  di
spostamento dell'udienza fissata nell'atto di citazione; 
    che il rimettente osserva come l'avere ancorato  legislativamente
il termine di venti giorni in ogni caso alla data fissata con  l'atto
di citazione finisca con l'avvantaggiare l'attore che, di  fatto,  ha
la facolta' di stabilire la data dell'udienza liberamente  e,  specie
nei tribunali di  piccole  dimensioni  o  nelle  sezioni  distaccate,
potrebbe  volontariamente  fare  cadere  il  giorno   di   fissazione
dell'udienza  nel   giorno   piu'   lontano   possibile   da   quelli
calendarizzati tabellarmente,  giovandosi  di  un  ulteriore  maggior
termine - di regola breve, ma molto piu' lungo in caso di scadenza in
prossimita' del periodo feriale - per studiare e valutare  le  difese
del convenuto prima di determinare la propria strategia difensiva; 
    che il giudice a quo precisa come le  forme  di  pubblicita'  del
calendario  giudiziario,  di  cui  agli  artt.  69-bis  e  80   delle
disposizioni  per  l'attuazione  del  codice  di  procedura   civile,
consentano alle parti di prevedere tempestivamente la data  effettiva
dell'udienza, solo che si conosca quale sia il giudice designato -  e
cio' mediante accesso alla  cancelleria  -  sicche'  le  esigenze  di
certezza  delle  date  per  la  parte  convenuta  sarebbero  comunque
rispettate anche ove non ancorate alla data fissata nella citazione; 
    che il rimettente assume, quindi, anche la  violazione  dell'art.
111 Cost., sotto il profilo  del  principio  del  giusto  processo  e
parita' delle parti, posto che, per quanto  sopra,  si  consentirebbe
all'attore di avvantaggiarsi, stabilendo la data dell'udienza, di  un
eventuale allungamento del termine per predisporre le proprie  difese
prima della celebrazione effettiva dell'udienza; 
    che tale possibilita' sarebbe, invece, preclusa nel caso  di  cui
all'art. 168-bis, quinto comma, cod. proc. civ.,  essendo  stata,  in
tal caso, considerata la data di effettiva celebrazione della udienza
ai fini  del  computo  dei  venti  giorni  per  la  costituzione  del
convenuto; 
    che, sotto il profilo della violazione dell'art. 111  Cost.,  non
si tratterebbe,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  di  «compressione
dell'attivita' difensiva  del  convenuto»,  ma,  all'opposto,  di  un
problema  di  possibile  «abusivo  ampliamento   delle   possibilita'
difensive dell'attore» (con allungamento dei  termini  della  propria
risposta alle eccezioni di parte e alle domande riconvenzionali); 
    che, sulla base  delle  suddette  argomentazioni,  il  giudicante
ravvisa la violazione della norma censurata con  i  principi  di  cui
agli artt. 3 e 24 Cost. in combinato disposto  con  il  principio  di
parita' delle parti ai sensi dell'art 111 Cost.; 
    che, con atto depositato in data 24 dicembre 2012, e' intervenuto
il Presidente del Consiglio  del  ministri,  rappresentato  e  difeso
dalla   Avvocatura   generale   dello    Stato,    concludendo    per
l'inammissibilita' o per l'infondatezza della questione; 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Tivoli, in composizione
monocratica, dubita, in riferimento agli articoli 3, 24 e  111  della
Costituzione,  nonche'  al   principio   di   ragionevolezza,   della
legittimita' costituzionale dell'articolo 166 del codice di procedura
civile «nella parte in cui prevede che il convenuto deve costituirsi,
a mezzo del procuratore o personalmente  nei  casi  consentiti  dalla
legge, almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione fissata
nell'atto di citazione,  anche  nell'ipotesi  di  differimento  della
udienza stessa ai sensi dell'art. 168-bis, quarto comma,  cod.  proc.
civ., anziche' almeno venti giorni prima della celebrazione effettiva
della udienza»; 
    che questa Corte e' gia' stata chiamata tre volte a scrutinare la
detta questione, pervenendo a dichiarare  la  manifesta  infondatezza
delle questioni sollevate (ordinanze n. 134 del 2009, n. 164 del 1998
e n. 461 del 1997); 
    che la questione e' nuovamente  sollevata  con  riferimento  alla
limitazione del diritto di difesa e alla  disparita'  di  trattamento
«per compressione del termine difensivo concesso per la  costituzione
in giudizio del convenuto (venti giorni  prima  dell'udienza  fissata
nell'atto  di  citazione),  nel  caso  di  differimento  dell'udienza
qualora,  nel  giorno  fissato  per  la  comparizione,   il   giudice
istruttore designato non tenga udienza, circostanza nella  quale  «la
comparizione  delle  parti   e'   d'ufficio   rimandata   all'udienza
immediatamente  successiva  tenuta  dal  giudice   designato»,   come
previsto dall'art. 168-bis, quarto comma, cod. proc. civ.; 
    che, ad avviso del rimettente, in simili ipotesi l'obbligo per il
giudice di considerare, ai fini della tardivita'  della  costituzione
(con tutte le conseguenze e le preclusioni  di  legge),  la  data  di
udienza fissata nell'atto di citazione, anziche' quella di  effettivo
svolgimento, sarebbe in contrasto con il principio di  ragionevolezza
e violerebbe  il  principio  di  non  disparita'  di  trattamento  in
relazione all'ipotesi,  del  tutto  analoga,  in  cui  l'udienza  sia
differita dal giudice ai sensi dell'art. 168-bis, quinto comma,  cod.
proc. civ. (cioe', con decreto da emettere entro cinque giorni  dalla
presentazione del fascicolo, per un periodo massimo di quarantacinque
giorni); 
    che, come questa Corte ha  gia'  affermato,  «le  fattispecie  di
rinvio della prima udienza di comparizione, considerate nel quarto  e
nel  quinto  comma  dell'art.  168-bis  cod.  proc.  civ.,  non  sono
riconducibili ad una ratio comune, in quanto la previsione del potere
di differimento della  data  della  prima  udienza  di  comparizione,
attribuito al giudice istruttore dal quinto  comma  del  citato  art.
168-bis, e' correlato alla fondamentale esigenza di porre il  giudice
in condizione di  conoscere  l'effettivo  thema  decidendum  fin  dal
momento iniziale della trattazione della causa,  mentre  le  medesime
esigenze non sussistono in relazione al rinvio  previsto  dal  quarto
comma del detto art. 168-bis, il quale  puo'  derivare  da  qualunque
motivo,  anche  fortuito  e  indipendente  da  ragioni  organizzative
dell'ufficio o del giudice» (ordinanza n. 164 del 1998); 
    che, pertanto, non puo'  ravvisarsi  disparita'  di  trattamento,
avuto riguardo al carattere non omogeneo delle due ipotesi richiamate
(ordinanza n. 134 del 2009); 
    che la norma  censurata  non  presenta  affatto  «una  intrinseca
incoerenza,   contraddittorieta'   ed   illogicita'   rispetto   alla
complessiva finalita' perseguita dal legislatore»; 
    che, infatti, essa, stabilendo che il convenuto deve  costituirsi
almeno  venti  giorni  prima  dell'udienza  di  comparizione  fissata
nell'atto di citazione (dieci giorni nel caso  di  abbreviazione  dei
termini per comparire ai sensi dell'art. 163-bis  cod.  proc.  civ.),
ovvero  almeno  venti  giorni  prima  dell'udienza  fissata  a  norma
dell'art. 168-bis, quinto comma, ha inteso ancorare  il  calcolo  del
termine ad un elemento certo (la data  della  prima  udienza  fissata
nella citazione oppure la data differita dal giudice e comunicata dal
cancelliere   alle   parti   costituite),   cosi'    rispondendo    -
nell'esercizio  di  una  non   irragionevole   discrezionalita'   del
legislatore  nella  conformazione  degli   istituti   processuali   -
all'interesse pubblico di certezza delle situazioni giuridiche; 
    che  tale  interesse   e'   meglio   garantito   da   indicazioni
formalizzate in atti scritti (citazione  o  decreto  di  differimento
dell'udienza di comparizione comunicato dalla cancelleria),  che  non
da un rinvio d'ufficio non soggetto ad alcuna comunicazione; 
    che neppure si ravvisa «un problema di  possibilita'  di  abusivo
"ampliamento" delle possibilita' difensive  dell'attore»,  essendogli
consentito di fissare  l'udienza  in  giorni  non  di  calendario  e,
quindi, di allungare i termini della propria risposta alle  eccezioni
di parte, alle domande riconvenzionali e cosi' via, il  che  porrebbe
«problemi  di  compatibilita'  costituzionale  con   riferimento   ai
principi sanciti negli artt. 3 e 24 Cost. in combinato  disposto  con
il principio di parita' delle parti - art. 111 Cost.»; 
    che, invero, a  prescindere  dal  carattere  meramente  eventuale
della violazione di detti parametri, la previsione di congrui termini
per comparire (art. 163-bis cod. proc. civ.) consente, comunque, alle
parti una adeguata preparazione  e  lo  svolgimento  di  un  regolare
contraddittorio, sul quale non incide il differimento dell'udienza di
comparizione ai sensi dell'art. 168-bis,  quarto  comma,  cod.  proc.
civ., che  puo'  derivare  da  qualunque  motivo,  anche  fortuito  e
indipendente da ragioni organizzative dell'ufficio o del giudice; 
    che, peraltro, se dai principi del giusto  processo  discende  il
diritto ad un equo vaglio giurisdizionale, cio'  non  toglie  che  il
processo  debba  essere  governato,  per  esigenze  di  certezza,  da
scansioni temporali, nella cui  fissazione  il  legislatore  gode  di
ampia discrezionalita', nel rispetto del principio di ragionevolezza; 
    che non sussiste, dunque, la violazione degli invocati  parametri
costituzionali. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della   Corte
costituzionale) e 9, secondo comma, delle  norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale.