ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'articolo  65
della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica  per
la stabilizzazione e lo sviluppo) promosso dal Tribunale ordinario di
Monza nel procedimento vertente tra I.N. e l'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS) ed altro, con ordinanza del  9  marzo  2011
iscritta al n. 241 del registro ordinanze  2011  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  49,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2011. 
    Visti gli atti di costituzione di I.N. e dell'INPS nonche' l'atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  19  giugno  2013  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    uditi gli avvocati Gigliola  Mazza  Ricci  per  I.N.,  Antonietta
Coretti per l'INPS e l'avvocato dello  Stato  Vincenzo  Rago  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che, con  ordinanza  del  9  marzo  2011,  il  Tribunale
ordinario di Monza ha sollevato, in riferimento all'articolo 3  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  65
della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica  per
la stabilizzazione e lo sviluppo), «nella parte in cui  subordina  la
concessione dell' "assegno per nuclei familiari con almeno tre figli"
al  requisito  della  cittadinanza  italiana  o  comunitaria  o,   in
subordine, nella parte in cui esclude dalla concessione del beneficio
gli stranieri titolari di permesso di soggiorno CE  per  soggiornanti
di lungo periodo (per brevita' "carta di soggiorno")»; 
    che il giudice a quo premette di essere stato investito, in  sede
cautelare, del ricorso  con  il  quale  persona  extracomunitaria  ha
presentato domanda per l'ottenimento della  condanna  del  Comune  di
Desio e dell'Istituto nazionale della previdenza  sociale  (INPS)  al
pagamento dell'assegno per nucleo familiare  con  tre  o  piu'  figli
minori previsto dalla disposizione denunciata, previa  eventuale  sua
disapplicazione o rimessione alla Corte costituzionale della relativa
questione di legittimita' costituzionale; 
    che l'ordinanza di rimessione, dopo una diffusa rievocazione  dei
rapporti  esistenti  tra   normativa   nazionale,   convenzionale   e
comunitaria e dopo  un'analisi  altrettanto  diffusa  della  varieta'
delle situazioni generate - relativamente al diritto interno -  dalla
tipologia  delle  diverse   fonti   comunitarie,   esclude   che   la
problematica posta dal ricorso  possa  essere  affrontata  e  risolta
attraverso un'interpretazione adeguatrice; 
    che, infatti, tanto il decreto legislativo 9 luglio 2003, n.  215
(Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parita' di  trattamento
tra le persone indipendentemente dalla razza e  dall'origine  etnica)
quanto il decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione  della
direttiva 2003/109/CE relativa allo  status  di  cittadini  di  Paesi
terzi soggiornanti di  lungo  periodo)  -  in  tema  di  permesso  di
soggiorno CE per soggiornanti di  lungo  periodo  -,  attribuendo  al
legislatore poteri di deroga rispetto alla estensione agli  stranieri
di  determinate  provvidenze,  consentirebbero  «una  interpretazione
restrittiva della nozione di discriminazione» quale  delineata  dalla
citata direttiva 2000/43/CE nonche' dalla direttiva  2003/109/CE,  in
tema di cittadini di paesi terzi soggiornanti di lungo  periodo,  con
«apparenti antinomie» che  potrebbero  giustificarsi  nel  quadro  di
esigenze  di  bilancio  e  di  spesa  rimesse  alla  valutazione  del
legislatore; 
    che, dunque, «soltanto» al giudice delle leggi sarebbe consentito
di «stabilire se  le  disposizioni  in  contestazione  rispettino  il
requisito della proporzionalita' necessita' e adeguatezza in  base  a
considerazioni oggettive, e se un criterio selettivo che richieda  un
collegamento con il territorio sia o meno conforme all'art. 3 Cost.»; 
    che, d'altra parte, «la affermata conformita' della disciplina al
principio di ragionevolezza» presenterebbe «punti di rilevanza  sotto
altro profilo, vale a dire per la fiscalita'  generale,  sulla  quale
sostanzialmente si regge  il  bilancio  dell'Istituto»,  e  porrebbe,
«quindi altra questione, ossia quella di tenuta rispetto al principio
di cui all'art. 3 Cost., alla luce dei continui interventi  da  parte
del legislatore volti sia al contenimento della spesa pubblica, anche
nel settore previdenziale, che ad una razionalizzazione delle risorse
a fini redistributivi»; 
    che ha depositato memoria di costituzione la parte privata  N.I.,
chiedendo di «rigettare  la  questione  di  costituzionalita'»  o  in
subordine  di  dichiarare  la  illegittimita'  costituzionale   della
disposizione in discorso; 
    che il giudice a quo non avrebbe  considerato  che  l'istante  e'
titolare di permesso  di  soggiorno  CE  per  soggiornanti  di  lungo
periodo e che, ove sussistesse contrasto tra la norma  interna  e  la
direttiva 2003/109/CE, la prima  dovrebbe  essere  disapplicata,  dal
momento che  tale  direttiva  enuncia  un  principio  di  parita'  di
trattamento derogabile dagli Stati membri solo ove non  si  versi  in
materia di prestazioni essenziali; 
    che l'Italia, in sede di recepimento di tale  direttiva,  con  il
d.lgs. n. 3 del 2007, non si sarebbe  avvalsa  di  tale  facolta'  di
deroga, posto che la riserva contenuta nell'art. 9  del  testo  unico
sulla immigrazione - come sostituito dal d.lgs. n. 3 del 2007  -  non
puo' riguardare leggi antecedenti la direttiva, come e' il  caso  che
qui interessa; 
    che ogni diversa interpretazione si porrebbe in contrasto con  il
principio di leale cooperazione tra Stati membri e Unione  europea  e
risulterebbe,  dunque,  non  in   linea   con   una   interpretazione
«comunitariamente conforme»; 
    che la norma denunciata  dovrebbe,  in  subordine,  ritenersi  in
contrasto con l'art. 3 Cost., alla luce dei principi affermati  dalla
Corte costituzionale, da ultimo, nella sentenza n.  187  del  2010  e
gia' nelle sentenze n. 306 e n. 11 del 2009; 
    che si e' costituito  in  giudizio  anche  l'INPS,  il  quale  ha
chiesto dichiararsi infondata la proposta questione; 
    che, dopo aver ampiamente  rievocato  i  mutamenti  subiti  dalla
disciplina censurata, l'Istituto reputa che la  limitazione  ai  soli
cittadini italiani e comunitari della  provvidenza  di  che  trattasi
appare  «del  tutto  logica  e  razionale»,  tenuto  conto   che   le
provvidenze di natura assistenziale vengono «introdotte con misure di
finanza pubblica», specificamente volte al sostegno  delle  famiglie,
in linea, d'altra parte, con la riserva enunciata dall'art. 9,  comma
12, lettera c), del d.lgs. n. 3 del 2007 in tema  di  prestazioni  da
riconoscere in favore dei titolari di permesso di  soggiorno  CE  per
soggiornanti di lungo periodo; 
    che non sussisterebbe, poi, violazione degli obblighi comunitari,
posto  che  la  disciplina  regolamentare  in  materia,  in  base  al
dodicesimo Considerando  del  Regolamento  14  maggio  2003,  n.  859
(Regolamento  del  Consiglio  che   estende   le   disposizioni   del
regolamento (CEE) n. 1408/71 e del regolamento  (CEE)  n.  574/72  ai
cittadini di  paesi  terzi  cui  tali  disposizioni  non  siano  gia'
applicabili  unicamente  a  causa   della   nazionalita'),   non   si
applicherebbe ai cittadini di paesi terzi; 
    che  non  si  avrebbe  violazione  della   Convenzione   per   la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(CEDU), ratificata e resa esecutiva con la legge 4  agosto  1955,  n.
848 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali firmata a Roma  il  4
novembre 1950 e del Protocollo addizionale alla  Convenzione  stessa,
firmato a Parigi il 20 marzo 1952), considerato che, per le  relative
disposizioni, non opererebbe il principio di adeguamento  automatico,
previsto dall'art. 10 Cost. per le norme  di  diritto  internazionale
generalmente riconosciute e neppure «la lamentata violazione potrebbe
trovare fondamento nel successivo art.  11»  Cost.,  non  potendo  le
limitazioni  di  sovranita'  risiedere  «nel   fatto   stesso   della
stipulazione di convenzioni»; 
    che   non   si   determinerebbe,   dunque,   alcuna   illegittima
discriminazione, in quanto la provvidenza  in  esame  sarebbe  «stata
prevista ed  istituita  tenendo  conto  di  precipue  ed  ineludibili
ragioni di bilancio e di contenimento della spesa pubblica, ragioni a
cui  non  puo'   essere   disconosciuta   un'importanza   altrettanto
costituzionalmente rilevante»; 
    che e', infine,  intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo dichiararsi «irrilevante e, comunque, manifestamente
infondata» la proposta questione; 
    che la questione sarebbe inammissibile in quanto, da un lato,  il
giudice rimettente non avrebbe motivato sulla rilevanza della  stessa
e,  dall'altro  lato,  avrebbe  formulato  un  quesito  orientato  «a
richiedere la valutazione di un adeguamento  della  norma»,  «cui  la
Corte  dovrebbe  pervenire  con  una  pronuncia   creativa   di   una
disposizione», senza, tuttavia, che sia stata indicata con precisione
la puntuale addizione auspicata; 
    che, d'altra parte, la questione sarebbe infondata,  dal  momento
che la materia dell'assegno per nucleo  familiare  con  piu'  di  tre
figli rientrerebbe nelle  possibilita'  di  deroga  consentite  dalla
normativa comunitaria e sarebbe dunque  oggetto  di  discrezionalita'
legislativa; 
    che, quanto ai «profili collegati alle esigenze della fiscalita'»
- peraltro evidenziati con esclusivo riferimento all'art. 3 Cost.  -,
la  stessa   giurisprudenza   costituzionale   avrebbe   piu'   volte
riconosciuto l'ammissibilita' di  interventi  che,  per  esigenze  di
contenimento della spesa, riducano  anche  trattamenti  pensionistici
gia' spettanti; 
    che il 30 maggio 2013, oltre  il  termine  consentito,  la  parte
privata N.I. ha depositato una memoria illustrativa. 
    Considerato che il Tribunale ordinario  di  Monza  -  chiamato  a
pronunciarsi in sede cautelare, sul ricorso proposto da una cittadina
extracomunitaria per ottenere la  condanna  del  Comune  di  Desio  e
dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) al  pagamento
dell'assegno  per  nucleo  familiare  con  tre  o  piu'  figli  -  ha
sollevato,  in  riferimento  all'articolo   3   della   Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 65 della legge
23  dicembre  1998,  n.  448  (Misure  di  finanza  pubblica  per  la
stabilizzazione e lo sviluppo), «nella  parte  in  cui  subordina  la
concessione dell'"assegno per nuclei familiari con almeno tre  figli"
al  requisito  della  cittadinanza  italiana  o  comunitaria  o,   in
subordine, nella parte in cui esclude dalla concessione del beneficio
gli stranieri titolari di permesso di soggiorno CE  per  soggiornanti
di lungo periodo (per brevita' "carta di soggiorno")»; 
    che la disciplina censurata si porrebbe in contrasto con l'art. 3
Cost., rilevandosi, da un lato, «come, nella fattispecie, si venga  a
porre la questione di un diverso trattamento ma  non  in  ragione  di
diversita' di razza  o  di  origine  etnica,  bensi'  di  uno  status
giuridico determinato da norme  generali  di  ordine  pubblico,  alla
stregua delle quali si pone anche una questione  di  gerarchia  delle
fonti» e, dall'altro, «che nel caso di specie non sono  configurabili
ne' una condotta ne' tantomeno e' ravvisabile un atto discriminatorio
in senso stretto sicche' la questione  non  si  pone  in  termini  di
rimozione degli effetti di una condotta discriminatoria  ma  di  mera
interpretazione di norme»; 
    che  il  medesimo  parametro  di  costituzionalita'  risulterebbe
violato  anche  sul  rilievo   che   la   disciplina   in   questione
presenterebbe «punti di rilevanza sotto altro profilo vale a dire per
la fiscalita' generale,  sulla  quale  sostanzialmente  si  regge  il
bilancio dell'Istituto, e pone, quindi, altra questione, ossia quella
di tenuta rispetto al principio di cui all'art. 3  Cost.,  alla  luce
dei continui  interventi  da  parte  del  legislatore  volti  sia  al
contenimento della spesa pubblica, anche nel  settore  previdenziale,
che ad una razionalizzazione delle risorse a fini redistributivi»; 
    che il giudice a quo ha completamente omesso di fornire qualsiasi
descrizione della fattispecie sottoposta al suo giudizio, limitandosi
ad enunciare esclusivamente il contenuto della domanda,  senza  alcun
riferimento alle condizioni soggettive della richiedente, della quale
si precisa  soltanto  essere  «nata  in  Pakistan»,  senza  ulteriori
indicazioni  sul  relativo  status  e  sull'eventuale  possesso   dei
requisiti previsti per l'ottenimento del beneficio sollecitato; 
    che,  d'altra  parte,  accanto  alla  segnalata  omissione,   che
impedisce  qualsiasi  valutazione  intorno   alla   rilevanza   della
questione  proposta   e   al   relativo   nesso   di   indispensabile
pregiudizialita'  agli  effetti  della  decisione  sul  ricorso,   la
questione  medesima  risulta  proposta  in   termini   dubitativi   e
perplessi, quasi per ottenere un avallo  di  tipo  interpretativo  in
termini di possibile disapplicazione della norma censurata, in quanto
contrastante con normativa comunitaria "autoapplicativa"; 
    che, difatti, malgrado la diffusa digressione  sui  limiti  della
interpretazione conforme e sugli effetti delle direttive comunitarie,
il giudice rimettente si e' limitato a reputare attribuita «soltanto»
al «giudice delle leggi» la potesta' di «stabilire se le disposizioni
in  contestazione  rispettino  il  requisito  della  proporzionalita'
necessita' e adeguatezza in base a considerazioni oggettive, e se  un
criterio selettivo che richieda un collegamento con il territorio sia
o meno conforme all'art. 3 Cost.», venendo meno alla necessita' di un
autonomo vaglio critico e di una conseguente motivazione in punto  di
rilevanza e di non manifesta infondatezza  della  questione  ai  fini
della definizione del proprio giudizio; 
    che in termini parimenti perplessi  viene  prospettato  anche  il
profilo di doglianza relativo  alla  compatibilita'  della  normativa
censurata con le esigenze della «fiscalita' generale», omettendosi di
additare la sussistenza di un vulnus, concreto ed  attuale,  rispetto
al parametro costituzionale evocato, di  cui,  pure,  si  profila  la
(soltanto possibile) compromissione; 
    che, infatti, secondo il giudice rimettente, «soltanto  la  Corte
costituzionale, come in altre occasioni ha fatto, puo'  stabilire  il
punto di bilanciamento tra principi di uguale  rango  costituzionale,
ossia quello di cui all'art. 38 Cost.  e  quello  della  solidarieta'
sociale ex art. 3 Cost.», essendosi considerato ammissibile anche «un
intervento  legislativo  che  riduca   in   maniera   definitiva   un
trattamento pensionistico in precedenza spettante»; 
    che, in ragione delle riferite lacune motivazionali e dei termini
nei quali la questione e'  stata  proposta,  la  stessa  deve  essere
dichiarata manifestamente inammissibile.