ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma  1,
della legge 3 maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti in materia di
personale scolastico), dell'art. 93, commi 1 e 2, della  legge  della
Provincia autonoma di Trento 7 agosto 2006, n. 5  (Sistema  educativo
di istruzione e formazione del Trentino), e  dell'art.  2,  comma  6,
della legge 21 dicembre 1999 n. 508 (Riforma delle Accademie di belle
arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale  di
arte  drammatica,  degli  Istituti   superiori   per   le   industrie
artistiche, dei Conservatori di  musica  e  degli  Istituti  musicali
pareggiati), promossi dal Tribunale di Trento con due  ordinanze  del
30 settembre 2011, con due ordinanze del 15 novembre 2011 e  con  due
ordinanze del 17 gennaio 2012, rispettivamente iscritte ai nn. 283  e
284 del registro ordinanze 2011 ed ai  nn.  31,  32,  91  e  130  del
registro ordinanze 2012 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica nn. 4, 11, 21 e 27, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visti gli atti di costituzione di Cagol Irene ed altri, di  Russo
Giuseppe, di Lucian Chiara ed  altre,  della  Provincia  autonoma  di
Trento nonche' l'atto di intervento, fuori termine,  del  Codacons  e
della Associazione per la difesa dei diritti civili  della  scuola  e
quello del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 27 marzo 2013 il Giudice relatore
Sergio Mattarella; 
    uditi gli avvocati Federico Sorrentino per Cagol Irene ed  altri,
Sergio Galleano e Vincenzo  De  Michele  per  Russo  Giuseppe,  Carlo
Cester per  Lucian  Chiara  ed  altre,  Giandomenico  Falcon  per  la
Provincia autonoma di Trento, Gino Giuliano per il Codacons e per  la
Associazione  per  la  difesa  dei  diritti  civili  della  scuola  e
l'avvocato dello Stato  Gabriella  D'Avanzo  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che nel corso di diversi giudizi promossi, con  separati
ricorsi, da un folto gruppo di docenti nei confronti della  Provincia
autonoma di Trento, il Tribunale ordinario di Trento, sezione lavoro,
ha sollevato, con cinque ordinanze di contenuto pressoche' identico -
in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della  Costituzione,
nonche' alla clausola 5, punto 1,  lettera  a),  dell'accordo  quadro
CES, UNICE e CEEP sul  lavoro  a  tempo  determinato,  allegato  alla
direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE - questione  di
legittimita' costituzionale dell'art.  4,  comma  1,  della  legge  3
maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti  in  materia  di  personale
scolastico), e dell'art. 93, commi 1 e 2, della legge della Provincia
di Trento 7 agosto 2006, n. 5  (Sistema  educativo  di  istruzione  e
formazione del Trentino); 
    che il giudice a  quo  premette  che  tutti  i  ricorrenti  hanno
stipulato, o con il dirigente  del  servizio  provinciale  competente
(sovrintendenza scolastica provinciale)  o  con  il  dirigente  della
singola  istituzione  scolastica,  contratti  di   lavoro   a   tempo
determinato, in un primo tempo in base all'art. 4 della legge n.  124
del 1999 e, successivamente, della  disciplina  di  cui  all'art.  93
della legge prov. Trento n. 5 del 2006,  e  che  essi  hanno  chiesto
dichiararsi la nullita' delle clausole appositive del termine  finale
nei singoli contratti di  lavoro,  con  conseguente  conversione  dei
rapporti di lavoro in contratti a tempo indeterminato; 
    che, secondo il rimettente,  le  norme  impugnate  consentono  di
coprire cattedre e posti di insegnamento  nelle  scuole  mediante  il
conferimento di supplenze annuali in attesa  dell'espletamento  delle
procedure concorsuali, in tal modo determinando l'utilizzo, da  parte
dell'amministrazione, di una successione di contratti e  rapporti  di
lavoro a tempo determinato in contrasto con la normativa europea; 
    che il Tribunale, nel dare  conto  della  rilevanza  dell'odierna
questione, osserva che la domanda giudiziale avanzata dai ricorrenti,
alla luce della  normativa  vigente,  dovrebbe  essere  respinta,  in
quanto i contratti di cui si controverte  sono  stati  stipulati  nel
rispetto delle  disposizioni  oggi  rimesse  all'esame  della  Corte;
entrambe le censurate disposizioni, infatti, consentono la  copertura
delle cattedre  disponibili  entro  la  data  del  31  dicembre,  che
rimangano  scoperte  per  l'intero  anno  scolastico,   mediante   il
conferimento di supplenze annuali; 
    che, nonostante l'esistenza di un diverso orientamento  da  parte
di alcuni giudici di merito, al personale docente della scuola non si
applicano le disposizioni del decreto legislativo 6  settembre  2001,
n. 368 (Attuazione della direttiva  1999/70/CE  relativa  all'accordo
quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e
dal CES), com'e' stato confermato dal recente intervento  legislativo
di cui all'art. 9, comma 18, del decreto-legge 13 maggio 2011, n.  70
(Semestre Europeo  -  Prime  disposizioni  urgenti  per  l'economia),
convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  della
legge 12 luglio 2011, n. 106, il quale ha  aggiunto  il  comma  4-bis
all'art.  10  del  d.lgs.  n.  368  del  2001;  tale  norma   prevede
espressamente che  sono  esclusi  dall'applicazione  del  decreto  «i
contratti a tempo determinato stipulati  per  il  conferimento  delle
supplenze del personale docente ed ATA, considerata la necessita'  di
garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo
anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA  con
rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato»; 
    che, ad avviso del Tribunale  di  Trento,  l'inapplicabilita'  al
personale docente  della  disciplina  del  d.lgs.  n.  368  del  2001
emergeva gia' dagli artt. 36, comma 1, e 70,  comma  8,  del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165  (Norme  generali  sull'ordinamento
del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni  pubbliche),  in
quanto l'art. 70, comma 8, citato  dispone  che  rimangano  salve  le
procedure di reclutamento  del  personale  della  scuola  di  cui  al
decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297  (Approvazione  del  testo
unico  delle  disposizioni  legislative   vigenti   in   materia   di
istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado); 
    che, sotto il profilo  della  non  manifesta  infondatezza  della
questione, il giudice a quo ricorda che la direttiva 28  giugno  1999
n. 1999/70/CE (Direttiva del Consiglio  relativa  all'accordo  quadro
CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato), dopo aver  imposto
(clausola 1) la creazione  di  un  sistema  di  norme  finalizzate  a
prevenire gli  abusi  derivanti  dalla  successione  di  contratti  o
rapporti di lavoro a tempo determinato, dispone (clausola 5) che  gli
Stati membri, per  prevenire  tali  abusi,  dovranno  introdurre,  in
assenza di norme equivalenti, una o piu' misure che prevedano ragioni
obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o
rapporti, ovvero la durata massima totale dei contratti o rapporti di
lavoro a tempo determinato successivi, ovvero il numero  dei  rinnovi
dei suddetti contratti o rapporti; 
    che, in  virtu'  del  primato  del  diritto  dell'Unione  europea
rispetto ai singoli diritti nazionali, il giudice  deve  disapplicare
la norma  interna  che  sia  in  contrasto  con  quella  del  diritto
dell'Unione  europea  ove  questa   sia   direttamente   applicabile;
diversamente, la disciplina da applicare rimane quella interna, salvo
il rinvio alla Corte costituzionale per  illegittimita'  della  norma
interna, rispetto alla quale quella sovranazionale assume il rango di
parametro interposto; 
    che la Corte di giustizia dell'UE,  dopo  aver  spiegato  che  la
menzionata direttiva si applica anche  ai  contratti  e  rapporti  di
lavoro a tempo determinato conclusi dalle pubbliche  amministrazioni,
ha pure ribadito, in piu' sentenze, che la citata clausola  5,  punto
1), dell'accordo quadro non e' sufficientemente precisa e  non  puo',
quindi, essere direttamente invocata davanti ad un giudice  nazionale
(sentenza 15 aprile 2008, in causa C-268/06, Impact,  e  sentenza  23
aprile 2009, in cause da C-378/07 a C-380/07, Angelidaki); 
    che  pertanto,  ad  avviso  del  Tribunale  rimettente,  si  deve
valutare se la normativa italiana sia in grado di  soddisfare  almeno
uno dei requisiti di cui alla clausola 5 sopra riportata; 
    che e' palese, al riguardo, che nell'ordinamento interno  non  vi
sono ne' misure che prevedano la durata massima totale  dei  rapporti
di lavoro a tempo determinato successivi, ne' indicazioni sul  numero
dei rinnovi di tali rapporti da considerare ammissibile; 
    che  occorre  stabilire,  percio',  se   sussistano   almeno   le
condizioni di cui al punto 1), lettera a),  della  clausola  5  della
citata direttiva, secondo cui devono esistere «ragioni obiettive  per
la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti»; 
    che la Corte di giustizia, interpretando tale dettato  normativo,
ha ritenuto che la nozione di «ragioni  obiettive»  vada  riferita  a
circostanze  precise  e  concrete  che  distinguono  una  determinata
attivita'; circostanze che possono risultare dalla particolare natura
delle funzioni svolte con  simili  contratti  o,  eventualmente,  dal
«perseguimento di una legittima finalita' di politica sociale di  uno
Stato membro», mentre non soddisferebbe tale condizione una normativa
nazionale  che  si  limitasse  ad  autorizzare,  in   astratto,   una
successione di contratti di lavoro a tempo determinato; 
    che alla luce di tale interpretazione, il giudice  a  quo  rileva
che le esigenze didattiche delle istituzioni scolastiche,  almeno  in
riferimento al cosiddetto organico di diritto, ben potrebbero  essere
soddisfatte, piuttosto che tramite il rinnovo di  contratti  a  tempo
determinato, attraverso l'ampliamento delle dotazioni organiche e  la
conseguente assunzione di personale a tempo indeterminato; 
    che tali ulteriori assunzioni determinerebbero un aggravio  della
spesa pubblica, soprattutto in relazione al  rischio  del  cosiddetto
sovradimensionamento dell'organico che potrebbe crearsi a seguito  di
un calo demografico o di una diminuzione del numero  degli  iscritti;
ma si tratta di stabilire se l'interesse - certamente esistente e  da
tutelare - al contenimento della spesa pubblica possa tradursi  anche
in quella legittima «finalita' di politica sociale» che la  Corte  di
giustizia  ha  individuato   come   ragione   giustificatrice   della
ripetizione di contratti di lavoro a tempo determinato; 
    che  il  Tribunale  di  Trento  aggiunge  che   la   precisazione
introdotta dalla Corte di giustizia - secondo cui l'utilizzo  di  una
successione di contratti a tempo determinato deve  essere  supportato
dall'esistenza di una finalita' di politica sociale - fa ritenere che
tra quelle  finalita'  «non  sia  annoverabile  l'interesse,  pur  di
carattere generale,  al  controllo  e  al  contenimento  della  spesa
pubblica»; 
    che pertanto - a parere del  remittente  -  emerge  un  «evidente
contrasto tra la disciplina del reclutamento del personale scolastico
a tempo determinato ed il diritto dell'Unione europea, in particolare
in ordine alla clausola 5, punto 1, dell'accordo quadro»  piu'  volte
citato; 
    che non sarebbe possibile procedere ad  un'interpretazione  della
norma interna che sia conforme  al  diritto  dell'Unione  europea  e,
poiche' la normativa comunitaria non e' dotata di efficacia  diretta,
e' necessario sollevare la questione di legittimita'  costituzionale,
perche'  in  caso  di  accoglimento  della   medesima   si   potrebbe
riconoscere, secondo quanto auspicato dai lavoratori  ricorrenti,  la
nullita'  delle  clausole  di  apposizione  del  termine  finale   ai
contratti di lavoro stipulati dai docenti della Provincia autonoma di
Trento; 
    che il  Tribunale,  quindi,  propone  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 4, comma 1, della legge n. 124  del  1999  e
dell'art. 93, commi 1 e 2, della legge prov. Trento  n.  5  del  2006
«nella parte in cui consentono la  copertura  delle  cattedre  e  dei
posti  di  insegnamento,  che  risultino  effettivamente  vacanti   e
disponibili  entro  la  data  del  31  dicembre   e   che   rimangano
prevedibilmente  tali  per  l'intero  anno  scolastico,  mediante  il
conferimento di supplenze annuali, in attesa dell'espletamento  delle
procedure concorsuali per l'assunzione di personale docente di ruolo,
cosi' da determinare l'utilizzo di una  successione  di  contratti  o
rapporti di lavoro a tempo determinato per il perseguimento, da parte
dell'Amministrazione datrice, di uno  scopo  (il  contenimento  della
spesa pubblica) non  riconducibile  ad  una  "finalita'  di  politica
sociale di uno Stato membro", secondo  l'accezione  desumibile  dalla
giurisprudenza della Corte di giustizia»; 
    che nei giudizi rubricati ai nn. 283 e 284 del 2011 e  31,  32  e
130  del  2012  e'  intervenuta  la  Provincia  autonoma  di  Trento,
chiedendo che le questioni vengano  dichiarate  inammissibili  ovvero
infondate; 
    che nelle memorie, di contenuto  identico  fra  loro,  depositate
all'approssimarsi dell'udienza di discussione, la Provincia autonoma,
dopo aver ricordato che la norma provinciale sottoposta  al  giudizio
della Corte e' di  contenuto  almeno  parzialmente  diverso  rispetto
all'art. 4 della legge n. 124 del 1999, dichiara di concordare con il
Tribunale di Trento in ordine all'impossibilita'  di  procedere  alla
diretta applicazione della direttiva del Consiglio n. 1999/70/CE; 
    che la questione sarebbe da ritenere inammissibile, fra  l'altro,
per difetto di rilevanza e  per  errata  individuazione  delle  norme
ostative all'accoglimento della domanda principale; 
    che  infatti,  ove  anche  la  Corte  costituzionale  dichiarasse
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, della legge  n.
124 del 1999 e dell'art. 93, commi 1 e 2, della legge prov. Trento n.
5 del 2006,  la  domanda  giudiziale  formulata  dai  ricorrenti  non
potrebbe ugualmente essere accolta, poiche' l'art. 36, comma  5,  del
d.lgs. n. 165 del 2001 prevede il divieto che  i  contratti  a  tempo
determinato conclusi dalla pubblica amministrazione si convertano  in
contratti a tempo indeterminato, anche in caso di violazione di norme
imperative in tema di assunzione;  e  l'art.  10,  comma  4-bis,  del
d.lgs. n. 368 del 2001, col quale l'Italia ha  dato  attuazione  alla
direttiva citata, stabilisce che  i  contratti  del  personale  della
scuola siano esclusi dall'applicazione delle disposizioni del decreto
stesso; 
    che, nel merito,  la  questione  sarebbe  infondata,  poiche'  la
direttiva  comunitaria  piu'  volte  richiamata  e'   finalizzata   a
reprimere gli abusi nell'utilizzo dei contratti a tempo  determinato,
abusi che non sussistono nel caso in questione; il conferimento delle
supplenze annuali, infatti, e' dettato soltanto dalla  necessita'  di
fare fronte alle  diverse  esigenze  che  annualmente  sorgono  nella
Provincia, come anche nel resto del Paese; 
    che nel giudizio rubricato al n. 283 del 2011 si sono  costituite
Maria  Rita  Giardina,  Mariarosa  Mogrovejo,  Mauro   Avi,   Roberto
Brugnara, Maria Candido,  Irene  Cagol,  Simona  Di  Cagno,  Cristina
Scartezzini, Camilla Toto, Rocco Tirone  e  Maria  Concetta  Malerba,
chiedendo che la  questione  venga,  in  via  principale,  dichiarata
inammissibile, dovendo il giudice a  quo  disapplicare  la  normativa
impugnata, e in via subordinata l'accoglimento  della  medesima,  per
violazione dei parametri di cui alle ordinanze di rimessione; 
    che in prossimita' dell'udienza di discussione le  parti  private
ora indicate hanno depositato una memoria, richiamando la sentenza 20
giugno 2012, n. 10127, della Corte di cassazione e l'ordinanza con la
quale il Tribunale di Napoli, nel gennaio 2013, ha rimesso  all'esame
della Corte di  giustizia  dell'Unione  europea  la  questione  della
compatibilita' con la normativa comunitaria del sistema  italiano  di
reclutamento dei docenti, nella parte in cui consente,  senza  limiti
specifici, la reiterazione di contratti a tempo  determinato  per  la
copertura di posti in organico; 
    che nel giudizio rubricato al n. 31 del  2012  si  e'  costituito
Giuseppe Russo, chiedendo - analogamente a quanto  sollecitato  dalle
parti private nell'altro giudizio - che la questione  venga,  in  via
principale,  dichiarata  inammissibile,  dovendo  il  giudice  a  quo
disapplicare  la  normativa   impugnata,   e   in   via   subordinata
l'accoglimento della medesima, per violazione dei  parametri  di  cui
alle ordinanze di rimessione; 
    che l'atto di costituzione contiene una dettagliata ricostruzione
delle  principali  pronunce  della  Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea su tale argomento, fino all'ordinanza  1°  ottobre  2010  (in
causa C-3/10, Affatato) ed alla sentenza 26 gennaio  2012  (in  causa
C-586/10, Kucuk), alla luce delle quali il Russo conclude  nel  senso
che la trasformazione del contratto di lavoro a tempo determinato  in
contratto a tempo indeterminato puo' essere  raggiunta  disapplicando
la  normativa  interna  che  vieta  tale  possibilita'  per  il  solo
personale della scuola, in tal modo  entrando  in  contrasto  con  la
disciplina comunitaria; 
    che nel giudizio rubricato al n. 32 del 2012 si  sono  costituite
Chiara Lucian, Daiana Lucian e Silvia Bonat, chiedendo l'accoglimento
della prospettata questione; 
    che nel giudizio rubricato al n. 32 del 2012 sono intervenuti  il
Codacons e l'Associazione per la  difesa  dei  diritti  civili  della
scuola, con atto depositato fuori termine; 
    che in tutti i giudizi e' intervenuto in giudizio  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo - con atti di contenuto assai  simile
- che le questioni vengano dichiarate inammissibili o infondate; 
    che le  questioni  sarebbero  inammissibili  perche',  stante  il
pacifico primato del diritto comunitario rispetto al diritto interno,
la normativa interna confliggente  con  quella  comunitaria  dovrebbe
essere automaticamente disapplicata e, in caso di possibili contrasti
di interpretazione, le questioni sarebbero inammissibili per  mancato
esperimento  del  rinvio  pregiudiziale  alla  Corte   di   giustizia
dell'Unione  europea,  ai  sensi  dell'art.  267  del  Trattato   sul
funzionamento dell'Unione europea; 
    che l'inammissibilita' deriverebbe anche dal fatto che, ove  pure
le odierne questioni fossero accolte, la  pronuncia  non  sarebbe  di
alcuna utilita' per i ricorrenti, in quanto «la negazione del  potere
di  nomina  di  supplenze  a  termine  non  farebbe   automaticamente
acquistare agli interessati lo status di insegnanti di ruolo, ma solo
perdere (anche) il rapporto minore di cui sono oggi titolari»; 
    che, nel merito, le questioni sarebbero infondate; 
    che «il settore scolastico presenta una  connotazione  del  tutto
particolare»,   anche   «in   considerazione    della    variabilita'
dell'utenza,  sia  sotto  il  profilo  quantitativo  che  nella   sua
distribuzione  sul  territorio   nazionale»,   per   cui   anche   il
reclutamento del personale scolastico e' regolato da  una  disciplina
particolare; e tale specificita' emerge in  modo  palese  proprio  in
riferimento  alla  costituzione  dei  rapporti  di  lavoro   le   cui
caratteristiche sono del tutto peculiari, come  risulta  da  numerose
pronunce della medesima Corte di giustizia; 
    che  tali  pronunce,  infatti,  hanno  chiarito   che,   se   una
legislazione nazionale riserva ad una certa categoria di lavoratori a
tempo  determinato  un  trattamento  deteriore,  occorre  che   detta
diversita' si fondi sull'esistenza di elementi precisi e concreti che
diano conto di una reale  necessita',  e  nel  caso  dei  docenti  il
rapporto di lavoro temporaneo trova giustificazione nella  necessita'
di garantire, comunque, il  servizio  pubblico  dell'istruzione  allo
scopo di tutelare,  in  favore  di  tutti  i  cittadini,  il  diritto
universale  all'istruzione  di  cui  agli  artt.  33  e   34   Cost.,
organizzando  «un  apparato  che  permetta  di  assicurare  sempre  e
comunque  una  continuita'  nell'erogazione  delle  prestazioni   che
costituiscono il cardine fondamentale del servizio stesso»; 
    che nel corso di diversi giudizi promossi, con separati  ricorsi,
da un gruppo di docenti nei confronti  del  Conservatorio  "Francesco
Antonio  Bonporti"  di  Trento  e  del   Ministero   dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca, il Tribunale ordinario  di  Trento,
sezione lavoro, ha sollevato - in riferimento agli artt.  11  e  117,
primo comma, della Costituzione, nonche' alla clausola  5,  punto  1,
lettera a), dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a  tempo
determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n.
1999/70/CE - questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,
comma 6,  della  legge  21  dicembre  1999,  n.  508  (Riforma  delle
Accademie  di  belle  arti,  dell'Accademia   nazionale   di   danza,
dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori
per le industrie artistiche,  dei  Conservatori  di  musica  e  degli
Istituti musicali pareggiati); 
    che il giudice  a  quo  precisa  che  tutti  i  ricorrenti  hanno
stipulato con il Conservatorio di Trento una pluralita' di  contratti
di lavoro a tempo determinato «fino a nomina dell'avente  diritto»  e
che  essi  hanno  chiesto  dichiararsi  la  nullita'  delle  clausole
appositive del termine finale nei singoli contratti di lavoro; 
    che la disposizione censurata consente di provvedere, ai fini del
soddisfacimento delle esigenze didattiche  non  temporanee  derivanti
dalla legge di riforma dei conservatori di musica, cui non  si  possa
fare fronte nell'ambito delle  dotazioni  organiche,  «esclusivamente
mediante l'attribuzione di incarichi di insegnamento  di  durata  non
superiore al quinquennio,  rinnovabili»,  in  tal  modo  determinando
l'utilizzazione di una  successione  di  contratti,  da  parte  della
pubblica amministrazione, che non rientrano nelle finalita' di cui al
menzionato accordo quadro europeo; 
    che  l'ordinanza  di  rimessione  segue,  quanto  al  resto,  una
motivazione  identica  a  quella  delle   ordinanze   in   precedenza
menzionate,  proponendo  questione  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 2, comma 6, della legge n. 508 del 1999 «nella parte in cui
consente di provvedere, ai fini del  soddisfacimento  delle  esigenze
didattiche non  temporanee  derivanti  dalla  legge  di  riforma  dei
Conservatori di musica, cui non si possa far fronte nell'ambito delle
dotazioni  organiche,  esclusivamente  mediante   l'attribuzione   di
incarichi di insegnamento di durata  non  superiore  al  quinquennio,
rinnovabili, cosi' da determinare l'utilizzo di  una  successione  di
contratti  o  rapporti  di  lavoro  a  tempo   determinato   per   il
perseguimento, da parte dell'Amministrazione datrice,  di  uno  scopo
(il contenimento della  spesa  pubblica)  non  riconducibile  ad  una
"finalita'  di  politica  sociale  di  uno  Stato  membro",   secondo
l'accezione  desumibile   dalla   giurisprudenza   della   Corte   di
giustizia»; 
    che anche in questo giudizio e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che  la  questione  venga  dichiarata
inammissibile o infondata, con argomentazioni  pressoche'  totalmente
coincidenti con quelle contenute negli atti di intervento di  cui  ai
precedenti giudizi. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Trento, sezione lavoro,
ha sollevato, con cinque ordinanze di contenuto pressoche' identico -
in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, della  Costituzione,
nonche' alla clausola 5, punto 1,  lettera  a),  dell'accordo  quadro
CES, UNICE e CEEP sul  lavoro  a  tempo  determinato,  allegato  alla
direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE - questione  di
legittimita' costituzionale dell'art.  4,  comma  1,  della  legge  3
maggio 1999, n. 124 (Disposizioni urgenti  in  materia  di  personale
scolastico), e dell'art. 93, commi 1 e 2, della legge della Provincia
di Trento 7 agosto 2006, n. 5  (Sistema  educativo  di  istruzione  e
formazione del Trentino), «nella parte in cui consentono la copertura
delle  cattedre  e  dei  posti   di   insegnamento,   che   risultino
effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre  e
che rimangano prevedibilmente  tali  per  l'intero  anno  scolastico,
mediante  il   conferimento   di   supplenze   annuali,   in   attesa
dell'espletamento delle procedure  concorsuali  per  l'assunzione  di
personale docente di ruolo, cosi' da determinare  l'utilizzo  di  una
successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato per
il perseguimento, da parte dell'Amministrazione datrice, di uno scopo
(il contenimento della  spesa  pubblica)  non  riconducibile  ad  una
"finalita'  di  politica  sociale  di  uno  Stato  membro",   secondo
l'accezione  desumibile   dalla   giurisprudenza   della   Corte   di
giustizia»; 
    che il medesimo Tribunale ordinario di Trento, sezione lavoro, ha
sollevato - in riferimento agli artt. 11 e 117,  primo  comma,  della
Costituzione,  nonche'  alla  clausola  5,  punto  1,   lettera   a),
dell'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato,
allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE -
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6,  della
legge 21 dicembre 1999, n. 508  (Riforma  delle  Accademie  di  belle
arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale  di
arte  drammatica,  degli  Istituti   superiori   per   le   industrie
artistiche, dei Conservatori di  musica  e  degli  Istituti  musicali
pareggiati), «nella parte in cui consente di provvedere, ai fini  del
soddisfacimento delle esigenze didattiche  non  temporanee  derivanti
dalla legge di riforma dei Conservatori di musica, cui non  si  possa
far fronte  nell'ambito  delle  dotazioni  organiche,  esclusivamente
mediante l'attribuzione di incarichi di insegnamento  di  durata  non
superiore  al  quinquennio,   rinnovabili,   cosi'   da   determinare
l'utilizzo di una successione di contratti o  rapporti  di  lavoro  a
tempo determinato per il perseguimento, da parte dell'Amministrazione
datrice, di uno scopo (il  contenimento  della  spesa  pubblica)  non
riconducibile ad una "finalita' di  politica  sociale  di  uno  Stato
membro", secondo l'accezione desumibile  dalla  giurisprudenza  della
Corte di giustizia»; 
    che i diversi giudizi,  pur  avendo  ad  oggetto  norme  diverse,
affrontano i medesimi problemi giuridici, sicche' vanno  riuniti  per
essere decisi con un unico provvedimento; 
    che i ricorrenti nei giudizi a quibus hanno  chiesto  dichiararsi
la nullita' delle clausole appositive del termine finale nei  singoli
contratti  di  lavoro   stipulati   con   le   rispettive   pubbliche
amministrazioni, con conseguente conversione dei rapporti  di  lavoro
in contratti a tempo indeterminato; 
    che, pertanto, la rilevanza delle due questioni  di  legittimita'
costituzionale prospettate a questa Corte si  fonda  sul  presupposto
per cui l'accoglimento  delle  medesime  consentirebbe  al  Tribunale
remittente  di  accogliere  le  domande  giudiziali  presentate   dai
ricorrenti, con conseguente  declaratoria  di  nullita'  del  termine
apposto ai contratti e conversione dei medesimi in contratti a  tempo
indeterminato; 
    che il Tribunale di Trento non  considera  come,  con  previsione
generale applicabile a tutto il pubblico impiego, l'art. 36, comma 5,
del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165  (Norme  generali
sull'ordinamento del lavoro  alle  dipendenze  delle  amministrazioni
pubbliche),  disponga  che,  in  ogni   caso,   «la   violazione   di
disposizioni  imperative  riguardanti  l'assunzione  o  l'impiego  di
lavoratori,  da  parte  delle  pubbliche  amministrazioni,  non  puo'
comportare  la  costituzione  di   rapporti   di   lavoro   a   tempo
indeterminato  con  le  medesime  pubbliche  amministrazioni,   ferma
restando ogni responsabilita' e sanzione»; 
    che tale disposizione e' stata ritenuta da questa  Corte  non  in
contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. (sentenza n. 89 del 2003), e che
la Corte di giustizia ha rilevato che la medesima non e' in contrasto
con la clausola 5 dell'accordo-quadro sul lavoro a tempo  determinato
(ordinanza 1° ottobre 2010, in causa C-3/10, Affatato); 
    che la generale preclusione della possibilita' di  trasformare  i
contratti a tempo determinato nel settore  pubblico  in  contratti  a
tempo indeterminato e' stata specificamente ribadita per  il  settore
scolastico  con  l'inserimento  -  previsto  dall'art.  1,  comma  1,
decreto-legge 25 settembre 2009, n.  134  (Disposizioni  urgenti  per
garantire la continuita' del servizio  scolastico  ed  educativo  per
l'anno 2009-2010), convertito con modifiche  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 24 novembre 2009, n. 167 - del comma 14-bis  nell'art.  4
della legge n. 124 del 1999, secondo il quale  i  contratti  a  tempo
determinato stipulati per il conferimento delle supplenze di  cui  ai
commi 1, 2  e  3  del  medesimo  articolo  «possono  trasformarsi  in
rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di  immissione
in ruolo»; 
    che il successivo art. 9, comma 18, del decreto-legge  13  maggio
2011, n. 70  (Semestre  Europeo  -  Prime  disposizioni  urgenti  per
l'economia), convertito in legge,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 12 luglio 2011,  n.  106  -  disposizione  della
quale fa menzione anche il giudice a quo - nell'aggiungere  il  comma
4-bis all'art. 10 del d.lgs. n. 368 del 2001, ha  previsto  che  sono
esclusi dall'applicazione  di  quel  decreto  «i  contratti  a  tempo
determinato  stipulati  per  il  conferimento  delle  supplenze   del
personale docente ed ATA, considerata la necessita' di  garantire  la
costante erogazione del servizio scolastico  ed  educativo  anche  in
caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con  rapporto
di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato»; 
    che la norma ora richiamata ha altresi' stabilito che  non  trova
applicazione, al personale scolastico, l'art.  5,  comma  4-bis,  del
medesimo decreto n. 368 del 2001, che e' la disposizione in base alla
quale, in caso di reiterazione di contratti a termine, fra lo  stesso
datore  di  lavoro   e   lo   stesso   lavoratore,   per   un   tempo
complessivamente superiore ai trentasei mesi, comprensivi di proroghe
e rinnovi, il contratto si considera a tempo indeterminato; 
    che, pur essendo le due disposizioni rimesse  allo  scrutinio  di
questa Corte tra loro diverse - l'art. 4, comma 1, della legge n. 124
del 1999, infatti, prevede solo il conferimento di supplenze  annuali
su cattedre effettivamente vacanti e disponibili,  mentre  l'art.  93
della legge prov. Trento n. 5 del 2006 dispone una durata biennale  e
triennale dei contratti anche su posti «disponibili e non vacanti»  -
e'  evidente  che  entrambe  rimangono  estranee  al  problema  della
possibile  trasformazione  dei  contratti  a  tempo  determinato   in
contratti a tempo indeterminato; 
    che, pertanto, aver sottoposto all'esame di questa Corte le  sole
disposizioni   ora   richiamate   comporta   un'incompletezza   della
ricostruzione del quadro normativo  ed  una  conseguente  inefficacia
dell'ipotetica pronuncia di  accoglimento  ai  fini  della  decisione
della domanda giudiziale concretamente posta al Tribunale di Trento, 
    che da tanto consegue il difetto  di  rilevanza  delle  questioni
prospettate; 
    che,  dunque,  le  odierne  questioni  devono  essere  dichiarate
manifestamente inammissibili.