ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli  1,  2,
3, 4, 5, 6, 7 e 13 del decreto legislativo 6 settembre 2011,  n.  149
(Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a  regioni,  province  e
comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio  2009,
n. 42), e dell'articolo 1-bis, commi 1  e  4,  del  decreto-legge  10
ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia  di  finanza  e
funzionamento degli enti territoriali, nonche' ulteriori disposizioni
in favore delle zone terremotate nel maggio  2012),  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 7 dicembre  2012,  n.  213,  promossi  con
ricorsi della Regione autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol,  della
Regione Emilia-Romagna, della Provincia  autonoma  di  Trento,  delle
Regioni Umbria,  Campania  e  Lazio,  della  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee  d'Aoste,  della  Regione  Calabria,  della  Provincia
autonoma di Bolzano, della Regione siciliana, della Regione  autonoma
Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste, della Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, della Provincia autonoma di Trento e della  Regione  autonoma
della Sardegna notificati il 19, il 19-23,  il  18  (spedito  per  la
notifica), il 18-23 e il 18 novembre 2011, il 4-7  e  il  5  febbraio
2013, depositati in cancelleria il 23, il 24, il 25 e il 28  novembre
2011 e l'8, il 12 e il 15 febbraio 2013 rispettivamente  iscritti  ai
nn. 148, 149, 150, 151, 154, 156, 157, 159, 161 e  162  del  registro
ricorsi 2011 ed ai nn. 16, 17, 18 e 20 del registro ricorsi 2013. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri, nonche' l'atto di intervento, fuori termine, della  Regione
Molise (nel ricorso iscritto al n. 149 del registro ricorsi 2011); 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  19  giugno  2013  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi; 
    uditi gli avvocati Beniamino Caravita di Toritto per  la  Regione
Campania, Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per le  Regioni  autonome
Trentino-Alto Adige/Südtirol e Friuli-Venezia Giulia, per le  Regioni
Emilia-Romagna e Umbria e per la Provincia autonoma di Trento, Franco
Mastragostino per  le  Regioni  Emilia-Romagna  e  Umbria,  Francesco
Saverio Marini per la Regione Lazio e per la Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste, Giuseppe Franco Ferrari e Roland Riz  per  la
Provincia autonoma di Bolzano, Beatrice Fiandaca e Marina  Valli  per
la Regione siciliana, Massimo Luciani per la Regione  autonoma  della
Sardegna e l'avvocato dello Stato Chiarina Aiello per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 19 novembre 2011  e  depositato  il
successivo   23   novembre   la   Regione   autonoma    Trentino-Alto
Adige/Südtirol (ric. n.  148  del  2011)  ha  proposto  questioni  di
legittimita' costituzionale, in via principale, degli articoli 1,  2,
commi 4 e 7, 4, 5, 6, 7, 13 del decreto legislativo 6 settembre 2011,
n. 149  (Meccanismi  sanzionatori  e  premiali  relativi  a  regioni,
province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26  della  legge  5
maggio 2009,  n.  42),  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica 20 settembre 2011, n. 219, per violazione  degli  articoli
76, 100, 117 e 126 della Costituzione; degli articoli 4, numeri 1)  e
3), 16, 54, 79, 80, 81, 103, 104,  107  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico
delle leggi costituzionali concernenti lo  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto Adige); degli articoli 2 e 4 del decreto legislativo 16
marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il
Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi
statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta'  statale
di indirizzo e coordinamento); degli articoli 16, 17 e 18 del decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello  statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e
provinciale); del decreto del Presidente della Repubblica  15  luglio
1988, n. 305 (Norme di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  la
regione  Trentino-Alto  Adige  per  l'istituzione  delle  sezioni  di
controllo della Corte dei conti di Trento  e  di  Bolzano  e  per  il
personale ad esse addetto); dell'art. 8 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526  (Estensione  alla  regione
Trentino-Alto Adige ed alle province autonome  di  Trento  e  Bolzano
delle disposizioni del decreto del  Presidente  della  Repubblica  24
luglio 1977, n. 616), nonche' del principio di leale collaborazione. 
    1.1.-   La   Regione   ricorrente   denuncia   in   primo   luogo
l'illegittimita' di tutte le disposizioni  impugnate  per  violazione
dell'art. 76 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione. Si
osserva al riguardo che la legge 5 maggio  2009,  n.  42  (Delega  al
Governo  in   materia   di   federalismo   fiscale,   in   attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione), di cui il decreto  legislativo
n. 149 del 2011 costituisce attuazione, prevede  -  nell'articolo  2,
comma 3 - che gli schemi di decreto legislativo siano trasmessi  alle
Camere «previa intesa da sancire in sede di Conferenza  unificata»  e
che in mancanza di intesa il Consiglio dei ministri possa deliberare,
approvando  una  relazione  che  e'   trasmessa   alle   Camere   con
l'indicazione delle «specifiche motivazioni per cui l'intesa  non  e'
stata raggiunta». Inoltre il comma  5  del  medesimo  articolo  2  fa
obbligo al Governo di assicurare, nella predisposizione  dei  decreti
legislativi, «piena collaborazione con le regioni e gli enti locali».
Nel caso di specie l'intesa non e' stata raggiunta, come risulta  dal
preambolo  del  decreto  legislativo  censurato;  e  nella  relazione
inviata alle Camere il Governo si limita a riferire  di  incontri  in
sede tecnica e della «mancata condivisione - in particolare da  parte
di Regioni e Comuni - del contenuto del provvedimento»,  senza  nulla
dire in merito alle specifiche obiezioni sollevate dai rappresentanti
delle Regioni, se non in un accenno alle  «forti  perplessita'  sulla
costituzionalita' del provvedimento» manifestate  con  riguardo  alla
disciplina del cosiddetto "fallimento politico" del Presidente  della
Giunta regionale. La dedotta  violazione  dell'art.  76,  secondo  la
ricorrente, si risolve  in  una  lesione  delle  proprie  prerogative
costituzionali, dato che il criterio direttivo di cui al citato  art.
2 - che si assume  essere  stato  disatteso  -  era  posto  a  tutela
specifica delle autonomie regionali. 
    1.2.- La Regione Trentino-Alto Adige denuncia anzitutto l'art. 13
del d.lgs. n. 149 del 2011, perche' dall'accoglimento  della  censura
deriverebbe l'annullamento di tutte le norme impugnate o comunque  la
dichiarazione  della  illegittimita'  della  loro  applicazione  alle
ricorrenti. Questo articolo prevede che la decorrenza e le  modalita'
di applicazione delle disposizioni  di  cui  al  decreto  legislativo
impugnato nei  confronti  degli  enti  ad  autonomia  speciale  «sono
stabilite, in conformita' con i relativi statuti,  con  le  procedure
previste dall'articolo 27 della legge  5  maggio  2009,  n.  42»,  ma
dispone l'immediata  e  diretta  applicazione  del  decreto  medesimo
qualora, entro sei mesi dalla sua data  di  entrata  in  vigore,  non
risultino concluse le procedure di cui al menzionato art. 27, e «sino
al completamento delle procedure medesime». La disposizione  si  pone
in  contrasto,  secondo  la  ricorrente,  con  l'art.  76  Cost.   in
riferimento all'art. 1, comma 2, della legge  di  delega  n.  42  del
2009, nella parte in cui  stabilisce  che  «alle  Regioni  a  statuto
speciale ed  alle  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  si
applicano,  in  conformita'  con  gli  statuti,   esclusivamente   le
disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27».  Poiche'  il  decreto
legislativo n. 149 del 2011 attua - come risulta dal titolo  e  dalla
premessa - gli artt. 2, 17 e 26 della legge di delega, ne deriva  che
esso «non puo' applicarsi alle Regioni  speciali,  ne'  direttamente,
ne' come fonte di un dovere  di  adeguamento».  L'impugnato  art.  13
dispone invece  la  propria  diretta  applicazione  alle  Regioni  ad
autonomia differenziata e per questo viola «i  limiti  esterni  della
delega»,  apertamente   contraddicendo   un   vincolo   positivamente
stabilito dalla legge di delega. 
    Il medesimo articolo 13 e' impugnato anche per  violazione  degli
artt. 79, 103, 104 e 107 dello statuto e dell'art. 2  del  d.lgs.  n.
266 del 1992. Secondo la ricorrente l'articolo  censurato  condiziona
il contenuto delle norme di attuazione  -  che  viene  ridotto  «alla
fissazione della decorrenza o  delle  modalita'  di  applicazione  di
norme non aventi il rango di norme di attuazione» - e pone il termine
di sei mesi per la loro adozione, ponendosi con cio' in contrasto con
l'art. 107 dello statuto, perche'  una  fonte  legislativa  ordinaria
unilateralmente adottata dallo Stato non puo' incidere sul  contenuto
o sul termine di adozione di norme di attuazione che si fondano su un
accordo raggiunto in sede di commissione paritetica. 
    Secondo la Regione Trentino-Alto Adige l'art. 13 viola inoltre  i
seguenti  parametri  statutari:  l'art.  104,  che  richiede  per  la
modifica delle norme contenute nel titolo VI dello statuto una  legge
ordinaria dello Stato, su concorde richiesta del Governo, «qualora si
ritenga che l'art. 13 possa essere  riferito  anche  a  tale  legge»;
l'art. 79, perche', in contrasto con quanto detto  articolo  prevede,
lo Stato avrebbe modificato, con fonte primaria ordinaria, le  misure
del concorso della  Regione  ricorrente  agli  obiettivi  di  finanza
pubblica; gli artt. 103, 104 e 107 - che disciplinano i  procedimenti
di revisione statutaria e di adozione delle  norme  di  attuazione  -
perche'  il  d.lgs.  impugnato  regola  materie  oggetto   di   norme
statutarie e di attuazione, sulle quali una fonte  ordinaria  statale
non puo' incidere, salvo che sia adottata con la  speciale  procedura
concordata prevista nell'art. 104, che  nella  specie  non  e'  stata
seguita. 
    1.3.- Venendo alle doglianze relative alle singole  disposizioni,
la Regione Trentino-Alto Adige impugna in primo luogo gli artt. 1 e 4
del d.lgs. n. 149 del 2011, relativi, rispettivamente, all'obbligo di
redigere  una  relazione  di  fine  legislatura  e  di  fine  mandato
provinciale e comunale. 
    La  Regione  Trentino-Alto  Adige  lamenta  che  le  disposizioni
censurate  introducono  una  disciplina  dettagliata  in  materie  di
competenza primaria regionale quali l'organizzazione interna (art. 4,
n. 1 dello statuto o, se ritenuto piu' favorevole, art.  117,  quarto
comma, Cost., in riferimento all'art. 10 della  legge  costituzionale
18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al  titolo  V  della  parte  seconda
della  Costituzione);   la   disciplina   di   bilanci,   rendiconti,
amministrazione del patrimonio e contratti della  regione  (art.  16,
comma 1, del d.lgs. n. 268 del 1992); l'ordinamento degli enti locali
(art. 4, n. 3 dello statuto).  Anche  qualora  la  normativa  statale
censurata fosse  ricondotta  alla  potesta'  di  coordinamento  della
finanza pubblica (art. 117, terzo comma,  Cost.),  essa,  secondo  la
prospettazione regionale, sarebbe comunque  illegittima  per  la  sua
natura di normativa dettagliata in materia di competenza concorrente,
anche alla luce dell'art. 17 del d.lgs. n. 268 del 1992. 
    Lo stesso articolo 1 e'  denunciato  anche  nella  parte  in  cui
prevede che lo schema tipo per la redazione della relazione  di  fine
legislatura sia adottato con atto di natura non regolamentare  (comma
5). La previsione, secondo la Regione Trentino-Alto Adige,  viola  il
divieto - desumibile dal comma 6 dell'art. 117 Cost.  e  dall'art.  2
del d.lgs. n. 266 del 1992 - di far ricorso a fonti secondarie  nelle
materie  regionali,  e  comunque,   qualora   l'atto   si   consideri
amministrativo  e  non  normativo,  il  divieto  di  attribuzione  di
funzioni amministrative ad organi statali,  di  cui  all'art.  4  del
d.lgs. n. 266 del 1992. 
    Gli artt. 1, comma 2, e 4, comma 2, sono censurati, infine, nella
parte in cui prevedono una forma di controllo  da  parte  del  Tavolo
tecnico perche' introducono una forma di controllo non prevista nello
statuto e nelle relative norme di attuazione e in  particolare  negli
artt. 2 e 6 del d.P.R. n. 305 del 1988 (per quanto riguarda l'art. 1,
comma 2) nonche' negli artt. 79, comma 3, dello statuto  e  6,  comma
3-bis, del d.P.R. n. 305 del 1988 (quanto all'art. 4, comma 2). 
    1.4.- La Regione Trentino-Alto Adige  ha  proposto  questione  di
legittimita' costituzionale del combinato disposto dei commi  4  e  7
dell'art. 2 del d.lgs. n. 149 del 2011. 
    L'art. 2, comma 4, stabilisce che qualora si  verifichino  una  o
entrambe le condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma  1  -  e
cioe'  qualora  il  Presidente  della  Giunta   regionale,   nominato
Commissario ad acta  non  abbia  adempiuto,  in  tutto  o  in  parte,
all'obbligo di  redazione  del  piano  di  rientro  o  agli  obblighi
operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso (lettera a); e
si riscontri, in sede di verifica  annuale,  ai  sensi  dell'art.  2,
comma 81, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2010), il  mancato  raggiungimento  degli  obiettivi  del
piano di rientro, con conseguente perdurare del  disavanzo  sanitario
oltre la misura consentita dal  piano  medesimo  o  suo  aggravamento
(lettera b) - «il Governo, in attuazione dell'articolo 2,  comma  84,
della citata  legge  n.  191  del  2009,  nell'esercizio  del  potere
sostitutivo di cui all'articolo 120  della  Costituzione,  nomina  un
commissario ai sensi dell'articolo 8 della legge 5  giugno  2003,  n.
131, che sostituisce il Presidente della  Giunta  regionale  nominato
commissario ad acta ai sensi dell'articolo 2, commi 79  e  83,  della
citata legge n. 191 del 2009». 
    Il comma 7 dello stesso  art.  2  prevede  che  «Con  riguardo  a
settori ed attivita' regionali diversi dalla sanita', ove una regione
dopo la  determinazione  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni
nonche' dei relativi costi standard e la definizione degli  obiettivi
di servizio, non provveda alla attuazione dei  citati  livelli  e  al
raggiungimento  degli  obiettivi  di  servizio  in  coerenza  con  le
previsioni di cui all'articolo 18 della legge 5 maggio 2009,  n.  42,
il Presidente della Giunta regionale e' nominato commissario ad  acta
ai sensi dell'articolo 8 della citata legge  n.  131  del  2003,  per
l'esercizio dei poteri sostitutivi». 
    Attraverso il richiamo all'art. 8 della legge n.  131  del  2003,
attuativo  dell'art.  120  Cost.,  il  censurato  combinato  disposto
pretende di applicare la suddetta  disposizione  costituzionale  alle
autonomie speciali, laddove, nelle materie statutariamente attribuite
alle ricorrenti, l'art. 120 Cost. e' inapplicabile, e restano fermi i
poteri sostitutivi previsti dalle norme di attuazione di cui all'art.
8 del d.P.R. n. 526 del 1987 (si richiama al riguardo la sentenza  di
questa Corte n. 236 del 2004). Quanto poi alle materie  non  previste
nello Statuto, la ricorrente deduce che l'art. 8 della legge  n.  131
del 2003 sarebbe ad esse applicabile soltanto dopo  il  trasferimento
delle nuove funzioni con le procedure  previste  dall'art.  11  della
legge n. 131 del 2003, ossia con  norme  di  attuazione.  Poiche'  la
disciplina del potere sostitutivo statale  in  relazione  alle  nuove
funzioni trasferite spetta alle  norme  di  attuazione,  il  comma  7
dell'art. 2 contrasta anche, secondo la Regione Trentino-Alto  Adige,
con l'art. 107 Cost.  (recte:  dello  statuto)  perche'  pretende  di
vincolare il contenuto delle norme di attuazione. 
    Ulteriore motivo di illegittimita' del comma  7  dell'art.  2  e'
rinvenuto dalla ricorrente nel fatto che detto comma  fa  riferimento
al «mancato raggiungimento  degli  obiettivi  di  servizio»  ai  fini
dell'esercizio dei poteri sostitutivi, mentre l'art.  120  Cost.  «si
riferisce  soltanto  alla  tutela  dei   livelli   essenziali   delle
prestazioni, e non anche a generici obiettivi  di  servizio,  la  cui
nozione e' sconosciuta alla Costituzione». 
    1.5.- La Regione Trentino-Alto Adige ha impugnato  l'art.  5  del
d.lgs. n. 149 del 2011, secondo cui  «Il  Ministero  dell'economia  e
delle finanze - Dipartimento della Ragioneria  generale  dello  Stato
puo'   attivare   verifiche   sulla   regolarita'   della    gestione
amministrativo-contabile, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera
d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, oltre che negli altri  casi
previsti dalla legge, qualora un ente evidenzi, anche  attraverso  le
rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai
seguenti  indicatori:  a)  ripetuto  utilizzo  dell'anticipazione  di
tesoreria; b) disequilibrio  consolidato  della  parte  corrente  del
bilancio; c) anomale modalita' di gestione dei servizi per  conto  di
terzi». 
    Nel fare riferimento all'art. 14, comma 1, della legge n. 196 del
2009, che affida al Ministero dell'economia e delle finanze verifiche
sulla  regolarita'  della  gestione  amministrativo-contabile   delle
amministrazioni  pubbliche,  «ad  eccezione  delle  regioni  e  delle
province autonome di Trento  e  di  Bolzano»,  l'articolo  denunciato
contempla,  secondo  la  ricorrente,   un   controllo   di   gestione
ministeriale sugli enti locali della Regione e  sugli  enti  pubblici
pararegionali.  La  previsione  di  tale  forma  di   controllo,   in
particolare, lederebbe: a) la  potesta'  legislativa  primaria  e  la
potesta'  amministrativa  della  Regione  ricorrente  in  materia  di
«ordinamento degli enti para-regionali», rispettivamente riconosciute
dall'art. 4, numero 2), dello statuto e 16, comma 1,  del  d.lgs.  n.
268 del 1992; b) la competenza  legislativa  primaria  della  Regione
ricorrente in materia di  «ordinamento  degli  enti  locali»  di  cui
all'art. 4, numero 3), dello statuto; c) l'art. 4 del d.lgs.  n.  266
del 1992, che esclude il conferimento di funzioni amministrative -  e
quindi anche funzioni di vigilanza - ad  organi  statali;  d)  l'art.
117, sesto comma, Cost. e l'art.  2  del  d.lgs.  n.  266  del  1992,
qualora si ritenga che  l'atto  regolativo  da  esso  previsto  abbia
natura regolamentare e che pertanto violi il divieto  di  regolamenti
statali in materie regionali, ovvero l'art. 4 del d.lgs. n.  266  del
1992, qualora si ritenga al contrario che l'atto in parola non  abbia
natura normativa. Sarebbero poi violati gli artt. 54, 79 e  80  dello
statuto e l'art. 6, comma 3-bis, del d.P.R. n. 305 del 1988 
    1.6.- La Regione Trentino-Alto Adige  ha  proposto  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 6 del d.lgs. n. 149  del  2011,
il quale dispone: a) che «gli amministratori che la Corte  dei  conti
ha  riconosciuto  responsabili,  anche  in  primo  grado,  di   danni
cagionati con dolo o colpa  grave,  nei  cinque  anni  precedenti  il
verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire,  per  un
periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei  conti
di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri  enti,
istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la  Corte,  valutate
le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto,  accerti
che questo e' diretta conseguenza delle azioni od  omissioni  per  le
quali l'amministratore e' stato riconosciuto responsabile»; b) che «i
sindaci e i presidenti di provincia ritenuti  responsabili  ai  sensi
del periodo precedente» (...) «non sono candidabili, per  un  periodo
di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente  di  provincia,
di presidente di Giunta regionale, nonche'  di  membro  dei  consigli
comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee  e  dei  consigli
regionali, del Parlamento e  del  Parlamento  europeo»,  ne'  possono
ricoprire per un  periodo  di  tempo  di  dieci  anni  la  carica  di
assessore comunale, provinciale o regionale ne' alcuna carica in enti
vigilati o partecipati da enti pubblici;  c)  che  i  componenti  del
collegio   dei   revisori   di   cui   siano    riconosciute    gravi
responsabilita', in sede di giudizio della  Corte  dei  conti,  nello
svolgimento della loro attivita' o ritardata o mancata comunicazione,
secondo le normative vigenti, delle informazioni, «non possono essere
nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti  ed
organismi agli stessi riconducibili fino a dieci  anni,  in  funzione
della gravita' accertata». 
    In  via  preliminare  la  ricorrente  sostiene  che  il  comma  1
dell'impugnato art. 6, in quanto sostituisce l'art. 248, comma 5, del
decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo  unico
delle leggi sull'ordinamento degli  enti  locali»  (d'ora  in  avanti
TUEL), e' ad essa inapplicabile, in forza dell'art. 1, comma  2,  del
testo unico medesimo, secondo cui «le disposizioni del presente testo
unico non si  applicano  alle  regioni  a  statuto  speciale  e  alle
province autonome di Trento e di  Bolzano  se  incompatibili  con  le
attribuzioni  previste  dagli  statuti  e  dalle  relative  norme  di
attuazione». Nell'ipotesi, prospettata in  via  subordinata,  che  il
gia' richiamato art. 13 del d.lgs.  n.  149  del  2011  prevalga  sul
censurato art. 6 e che renda  l'intero  decreto  legislativo  n.  149
direttamente  applicabile  alle  autonomie   speciali,   la   Regione
Trentino-Alto Adige deduce comunque  l'illegittimita'  costituzionale
della norma impugnata per contrasto con l'art. 4,  numero  3),  dello
statuto, che  attribuisce  alla  Regione  la  competenza  legislativa
primaria in materia di ordinamento  degli  enti  locali.  L'impugnato
articolo  introdurrebbe,  infatti,  una  disciplina  dettagliata   ed
autoapplicativa in una materia di competenza legislativa regionale. 
    Quanto al comma 2 dell'art. 6, esso - che non  modifica  il  t.u.
degli enti locali - se applicato in via diretta alla Regione in forza
del ricordato art. 13 del d.lgs. n. 149 del 2011 si pone comunque  in
contrasto, ad avviso della ricorrente, con gli artt. 54,  numero  5),
79, comma 3, e 80 dello statuto, nonche' con l'art. 6,  comma  3-bis,
del d.P.R. n. 305 del 1988, perche', nella  materia,  riservata  alla
Regione, dell'ordinamento  degli  enti  locali,  introduce  forme  di
controllo ulteriori rispetto a quelle statutariamente previste. 
    1.7.- La Regione Trentino-Alto Adige  ha  proposto  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 7 del d.lgs. n. 149  del  2011,
il quale prevede una serie  di  sanzioni  per  l'ipotesi  di  mancato
rispetto del patto di stabilita' interno da parte  della  «Regione  o
Provincia  autonoma  inadempiente».  La  ricorrente  ne  lamenta   il
contrasto  con  l'art.  79  dello  statuto.  Dall'evocato   parametro
statutario emergerebbe chiaramente, secondo  la  ricorrente,  che  il
legislatore delegato, con la disposizione  impugnata,  ha  modificato
unilateralmente il regime finanziario disegnato  dallo  Statuto,  con
lesione del principio dell'accordo che domina i  rapporti  finanziari
fra Stato e Regione Trentino-Alto Adige. 
    In via subordinata - qualora cioe' si ammettesse l'intervento del
legislatore ordinario in materia -  la  Regione  Trentino-Alto  Adige
lamenta il contrasto della disposizione impugnata con  l'art.  2  del
d.lgs. n. 266 del 1992, in quanto, in materia di competenza regionale
e provinciale, non si potrebbe comunque  far  luogo  all'applicazione
diretta della normativa statale, sussistendo in capo alle  ricorrenti
soltanto un dovere di adeguamento. 
    2.- La  Regione  Emilia-Romagna  con  ricorso  notificato  il  19
novembre 2011 e depositato il successivo 23 novembre (ric. n. 149 del
2011) ha proposto questioni di legittimita'  costituzionale,  in  via
principale, degli artt. 2, commi 1, 2, 3, 5 e 7; e 3  del  d.lgs.  n.
149 del 2011, per violazione degli artt. 3, 5, 24, 76, 77,  97,  100,
103, 114, 117, 118, 119, 120, 121, 122, 123 e 126 Cost., nonche'  dei
principi di  leale  collaborazione,  ragionevolezza  e  certezza  del
diritto. 
    2.1.- La ricorrente denuncia in via preliminare  l'illegittimita'
di tutte le disposizioni impugnate per violazione degli  artt.  76  e
114 Cost., nonche' del principio di leale collaborazione, lamentando,
con argomentazioni  in  tutto  coincidenti  con  quelle  spese  dalla
Regione Trentino-Alto Adige nel ricorso n. 148 del 2011 (supra, punto
1.1.), il mancato perfezionarsi della prescritta intesa,  la  mancata
indicazione delle «specifiche motivazioni» per le quali l'accordo non
e' stato raggiunto e la stessa insussistenza delle ragioni di urgenza
che avrebbero determinato il Governo a non  proseguire  ulteriormente
nella ricerca dell'intesa con la Regione. 
    2.2.-  La  Regione  Emilia-Romagna  ha  proposto   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.lgs. n. 149  del  2011,
che  disciplina  la  responsabilita'  del  Presidente  della   Giunta
regionale per l'ipotesi di grave dissesto finanziario. La  ricorrente
assume il contrasto del predetto art.  2  con  l'art.  76  Cost.,  in
riferimento ai principi e criteri direttivi indicati negli  artt.  2,
lettera z), e 17, lettera e), della legge di delegazione  n.  42  del
2009. La dedotta illegittimita' della norma  denunciata  verrebbe  in
evidenza sotto tre profili:  a)  perche'  essa  introduce  l'autonoma
fattispecie  del  grave  dissesto  finanziario  con  riferimento   al
disavanzo sanitario; b) perche' collega la rimozione  del  Presidente
della Giunta regionale a  tale  fattispecie,  anziche'  a  specifiche
gravi violazioni di legge, come richiesto  dall'art.  126  Cost.;  c)
perche' collega siffatta rimozione non gia'  alle  attivita'  che  il
Presidente della Giunta svolge in quanto tale, ma nella sua opera  di
Commissario ad acta nominato dal Governo ai sensi dell'art. 2,  commi
79 e 83, della legge n. 191 del 2009. Quanto  al  primo  profilo,  la
norma  impugnata  estende  alla  Regione  il  regime   del   dissesto
finanziario senza che nella legge di delega compaia alcun riferimento
a questa fattispecie, che, di conseguenza e' "creata" dal legislatore
delegato in  eccesso  di  delega.  Non  puo'  infatti  rinvenirsi  il
fondamento del censurato art. 2 nell'art. 17, lettera e), della legge
n. 42 del 2009, che si riferisce genericamente a  una  situazione  di
grave dissesto delle finanze regionali come premessa per far scattare
il procedimento di  scioglimento  degli  organi  regionali,  «ove  ne
ricorrano i  presupposti»,  dovendosi  questi  presupposti  rinvenire
nelle "gravi violazioni di legge" cui fa riferimento l'art. 126 Cost.
Quanto al secondo profilo, la  ricorrente  rileva  che  la  legge  di
delega fa rientrare fra i casi di grave violazione di legge rilevanti
ai sensi dell'art. 126 Cost. «le attivita'  che  abbiano  causato  un
grave dissesto nelle finanze regionali»,  ma  cio'  non  autorizza  a
concludere  che  il  «grave  dissesto»  possa  essere  di   per   se'
identificato con una «grave violazione di legge» ai sensi e  per  gli
effetti dell'art. 126 Cost. Solo le specifiche  violazioni  di  legge
potranno, al contrario, essere ritenute  gravi  quando  conducano  al
dissesto finanziario. Di  qui  la  conclusione  che  il  collegamento
automatico della fattispecie  del  grave  dissesto  finanziario  alla
sanzione  dello  scioglimento  della  Giunta  regionale  integra  una
violazione della legge di delega, e quindi, indirettamente, dell'art.
76 Cost.  Quanto,  infine,  al  terzo  dei  profili  di  censura,  la
necessaria  coincidenza  personale  tra  la  figura  del  commissario
governativo e quella del Presidente della Regione non e' sufficiente,
ad avviso della ricorrente, a superare il rilievo che le  due  figure
sono istituzionalmente e giuridicamente diverse e che nella legge  di
delega lo scioglimento  era  prospettato  come  sanzione  alle  gravi
violazioni di legge che portino al dissesto compiute dal  Presidente,
non  gia'  dal  Commissario  nominato  dal  Governo.  Appare  inoltre
incongruo alla ricorrente che al Presidente della Regione, in  quanto
organo politico responsabile nei confronti del  Consiglio  regionale,
si commini una gravissima sanzione sul  piano  politico  imputandogli
comportamenti tenuti nella veste di  commissario,  nella  quale  egli
opera invece in raccordo e in  rapporto  di  responsabilita'  con  il
Governo nazionale. 
    2.3.-  La  Regione  Emilia-Romagna  ha  proposto   questione   di
legittimita' costituzionale del comma 1 dell'art. 2 del d.lgs. n. 149
del 2011, per contrasto con l'art. 76 Cost. La ricorrente afferma che
il comma impugnato modifica  le  previsioni  contenute  nell'art.  2,
comma 77, della legge n. 191 del 2009, che tuttavia e'  stata  a  sua
volta  modificata  dopo  il  conferimento  della  delega,  ma   prima
dell'esercizio  della  stessa  da  parte  del  Governo.  Con   questo
intervento legislativo il Parlamento avrebbe  implicitamente  operato
una revoca parziale della delega originariamente concessa,  imponendo
al legislatore delegato  di  rispettare  la  disciplina  parlamentare
sopravveniente  alla   delega.   Ma   questo   limite,   secondo   la
prospettazione  regionale,  e'  stato  violato   dalla   disposizione
denunciata, la quale, «disciplinando con norme nuove le procedure  di
rientro dal disavanzo sanitario» modifica  la  disciplina  introdotta
dal legislatore parlamentare successivamente alla legge di  delega  e
inoltre, sovrapponendosi caoticamente a tale disciplina  parlamentare
reca un vulnus al principio della certezza del diritto. 
    2.4.- La Regione Emilia-Romagna ha impugnato anche i commi 1 e  2
dell'art. 2 del d.lgs. n. 149 del 2011, per violazione dell'art.  126
Cost. Detta disposizione costituzionale subordina  la  rimozione  del
Presidente della Giunta regionale e  lo  scioglimento  del  Consiglio
regionale alla circostanza che essi abbiano compiuto gravi violazioni
di legge, che sussistono - secondo la ricorrente - soltanto  «se  gli
organi regionali tengono uno specifico  comportamento,  in  contrasto
con specifiche norme, comportamento che a seguito della contestazione
potrebbero  far  cessare».  La  formulazione  costituzionale   e   le
corrispondenti   espressioni   impiegate   negli   statuti   speciali
(«reiterate e gravi violazioni di  legge»)  esprimono,  infatti,  «la
necessita' che i comportamenti illegittimi abbiano un certo grado  di
frequenza e intensita', ma anche di  intenzionalita'».  Tutti  questi
caratteri  difetterebbero  nella  previsione  della  fattispecie  del
dissesto finanziario  come  ipotesi  legittimante  la  rimozione  del
Presidente della Giunta e lo scioglimento del Consiglio regionale. 
    2.5.- La Regione Emilia-Romagna ha impugnato l'art. 2,  comma  2,
del d.lgs. n. 149 del 2011, nella parte in cui  collega  la  sanzione
dello  scioglimento  del  Consiglio  regionale  e  la  rimozione  del
Presidente della Giunta per responsabilita' politica all'accertamento
- da parte della Corte dei conti - del ricorso  delle  condizioni  di
cui al comma 1. La ricorrente contesta la violazione degli artt.  24,
100  e  103,  secondo  comma,  Cost.   nonche'   del   principio   di
ragionevolezza.    Essa    premette    che    l'accertamento    della
responsabilita' personale del Presidente della Giunta e' rimesso alla
Corte dei conti «senza che la norma specifichi se a tal fine la Corte
agisca nell'ambito delle sue attribuzioni di controllo  ovvero  quale
organo  di  giurisdizione».  Nell'ipotesi  in  cui  si  ritenga   che
l'accertamento in discorso debba essere eseguito nell'esercizio delle
funzioni  di  controllo  collaborativo,  i  parametri  costituzionali
evocati  sarebbero  lesi   perche'   l'accertamento   della   diretta
responsabilita'  del  Presidente   della   Regione   e   la   diretta
imputabilita' allo stesso del verificarsi delle condizioni di cui  al
comma 1, a titolo di dolo o colpa grave, richiede necessariamente  un
procedimento  giurisdizionale,  «caratterizzato  dal   rispetto   del
principio  del  contraddittorio  e  dal  pieno  riconoscimento  degli
inviolabili diritti di  difesa».  Se  invece  la  disposizione  fosse
interpretata  -  nonostante  una  contraria  indicazione  si   ricavi
dall'art. 6 del d.lgs. n. 149 del 2011 - nel senso che, ai fini degli
accertamenti richiesti alla Corte dei conti, concorrano  la  funzione
di controllo e la funzione giurisdizionale, la  disposizione  sarebbe
egualmente incostituzionale, per violazione dei  medesimi  parametri,
perche' l'elemento oggettivo del danno ingiusto  sarebbe  ascrivibile
ex se al fatto del grave dissesto  finanziario  senza  il  necessario
concorso dell'elemento soggettivo del dolo o della  colpa  grave.  Si
osserva al riguardo nel ricorso  che  «si  tratterebbe  (...)  di  un
giudizio di responsabilita'  erariale  di  cui  non  sono  chiare  le
regole, le modalita' di introduzione, le  garanzie  di  difesa  nelle
varie fasi, la competenza ed i gradi».  Anche  ad  ammettere  che  il
legislatore   abbia   subordinato   l'irrogazione   della    sanzione
all'accertamento, in  sede  di  giudizio  di  responsabilita',  della
sussistenza del dolo o della colpa grave del Presidente, con sentenza
passata in giudicato, il procedimento definito nel denunciato art. 2,
comma 2, e' comunque considerato illegittimo dalla ricorrente perche'
irragionevolmente genera una «situazione di  grave  incertezza  e  di
delegittimazione degli organi costituzionali della Regione, destinata
a protrarsi nel tempo», anticipando di  fatto  la  sanzione  politica
che, giuridicamente, dovrebbe colpire il Presidente solo  quando  sia
accertata  in  via  definitiva  la   sussistenza   delle   condizioni
soggettive rilevanti ai sensi dell'art. 126 Cost. 
    2.6.- La Regione Emilia-Romagna ha impugnato il comma 3 dell'art.
2 del d.lgs. n. 149 del 2011, secondo cui «Il Presidente  rimosso  ai
sensi del comma 2 e' incandidabile alle cariche  elettive  a  livello
locale, regionale, nazionale ed europeo per un periodo  di  tempo  di
dieci anni. Il Presidente rimosso  non  puo'  essere  nominato  quale
componente di alcun organo o carica di  governo  degli  enti  locali,
delle Regioni, dello Stato e dell'Unione europea per  un  periodo  di
tempo di dieci anni». La ricorrente ne deduce  il  contrasto  con  la
legge  di  delega  n.  42   del   2009   e   l'indiretta   violazione
dell'autonomia regionale, sotto diversi profili. In  primo  luogo  la
legge di delega - secondo le ricorrenti  -  non  prevede  gli  organi
regionali   come   possibili   destinatari   delle   sanzioni   della
ineleggibilita' e incandidabilita'. Infatti detta legge autorizzava a
introdurre quale meccanismo sanzionatorio automatico per  gli  organi
di governo l'ineleggibilita' degli amministratori responsabili  degli
enti locali per i quali sia stato dichiarato  lo  stato  di  dissesto
finanziario di cui all'art. 244 del TUEL, e quindi faceva riferimento
solo agli enti locali sub-regionali, non certo alle Regioni.  Inoltre
la legge di delegazione n. 42 del  2009  autorizzava  il  legislatore
delegato a prevedere ipotesi di ineleggibilita' degli  amministratori
degli enti dichiarati in stato di dissesto finanziario, non  anche  a
introdurre la sanzione della  incandidabilita',  che  differisce  per
ratio e disciplina giuridica dalla  ipotesi  di  ineleggibilita'.  Da
ultimo la  ricorrente  osserva  che  la  legge  di  delega  ammetteva
l'individuazione di «casi  di  interdizione  dalle  cariche  in  enti
vigilati o partecipati da enti pubblici», mentre l'impugnato comma  3
dell'art. 2 estende l'interdizione alle  cariche  di  enti  e  organi
politici. 
    Lo stesso comma 3 dell'art. 2 del  d.lgs.  n.  149  del  2011  e'
impugnato  dalla  Regione   Emilia-Romagna   anche   per   violazione
dell'autonomia legislativa prevista nell'art. 122 Cost. in materia di
sistema di elezione e casi di ineleggibilita' e incompatibilita'  del
Presidente e  degli  altri  componenti  della  Giunta  regionale.  La
disposizione  censurata,   infatti,   nella   suddetta   materia   di
legislazione   concorrente   pone   una   disciplina   analitica    e
autoapplicativa che non lascia alla legge regionale alcun margine  di
integrazione; sotto altro profilo il denunciato comma  3  si  ritiene
viziato  per  irragionevolezza  in   quanto   irroga   una   sanzione
sproporzionata,   specie   se   comparato    alle    altre    ipotesi
legislativamente  previste  di  applicazione  della  sanzione   della
incandidabilita', che sono tutte connesse  a  gravissimi  episodi  di
criminalita'. La ricorrente aggiunge,  infine,  che  la  disposizione
denunciata e' illogica, e quindi irragionevole, la' dove «pretende di
disciplinare restrittivamente i poteri di nomina dei propri "organi e
cariche di governo"  da  parte  delle  istituzioni  europee»,  mentre
avrebbe dovuto far riferimento alle sole designazioni spettanti  alla
Repubblica italiana in tali organi comunitari. 
    2.7.- La Regione Emilia-Romagna ha impugnato il comma 5 dell'art.
2, che disciplina la nomina di un commissario ad acta e  affida  tale
nomina  al  Consiglio  dei  ministri.  Secondo  la   ricorrente,   la
disposizione  e'  illegittima  per  violazione  dell'art.  76  Cost.,
perche', in assenza  di  un'autorizzazione  nella  legge  di  delega,
sostituisce il meccanismo di nomina commissariale previsto  dall'art.
53 della legge 10 febbraio 1953, n. 62 (Costituzione e  funzionamento
degli organi regionali) - che era piu' garantista perche'  basato  su
designazioni  parlamentari  e  sulla  nomina   degli   amministratori
straordinari da parte del  Presidente  della  Repubblica  -  con  una
nomina  governativa  che  viola  l'autonomia   costituzionale   della
Regione. Inoltre il comma impugnato, secondo la ricorrente,  lede  il
principio di leale  collaborazione,  perche'  non  prevede  un'intesa
della Conferenza Stato-Regioni sul commissario da nominare. 
    2.8.-  La  Regione  Emilia-Romagna  ha  proposto   questione   di
legittimita' costituzionale del comma 7 dell'art. 2 del d.lgs. n. 149
del 2011,  nella  parte  in  cui  esso  fa  riferimento  al  «mancato
raggiungimento degli obiettivi di servizio»  ai  fini  dell'esercizio
dei poteri  sostitutivi,  laddove  l'art.  120  Cost.  «si  riferisce
soltanto alla tutela dei livelli essenziali delle prestazioni, e  non
anche a generici obiettivi di servizio». 
    2.9.-  La  Regione  Emilia-Romagna  ha  proposto   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.lgs. n. 149  del  2011,
il  quale  stabilisce  un  regime  di  decadenza  automatica   e   di
interdizione dei funzionari regionali e dei revisori  dei  conti.  La
disposizione e' denunciata in primo luogo per contrasto con l'art. 76
Cost., perche' commina sanzioni gravissime che  la  legge  di  delega
prevede soltanto per gli amministratori degli enti locali; in secondo
luogo, per violazione dell'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  perche',
nell'introdurre una sanzione interdittiva nella misura predeterminata
e  fissa  di  dieci  anni,  reca   una   disciplina   dettagliata   e
autoapplicativa nella materia  di  potesta'  legislativa  concorrente
"coordinamento della finanza pubblica"; in terzo luogo, perche'  lede
la  competenza  legislativa  residuale  della  Regione  in  tema   di
organizzazione degli uffici  e  ordinamento  del  personale,  di  cui
all'art. 117, quarto comma, Cost. 
    2.10.- Nel giudizio di legittimita' costituzionale  proposto  con
ricorso n. 149 del 2011  dalla  Regione  Emilia-Romagna,  la  Regione
Molise ha proposto atto di  intervento  ad  adiuvandum  -  depositato
fuori termine il  7  giugno  2012  -  chiedendo  a  questa  Corte  di
dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli artt. 2, commi 1, 2,
3, 5 e 7, nonche'  dell'art.  3  del  d.lgs.  n.  149  del  2011,  in
riferimento agli artt. 3, 5, 11, 16, 24, 97, 100, 103, 114, 117, 118,
119, 120, 121, 122, 123 e 126 Cost., nonche'  ai  principi  di  leale
collaborazione, ragionevolezza e certezza  del  diritto.  La  Regione
interveniente assume di avere interesse  a  far  valere  le  predette
violazioni, in quanto il proprio Presidente e'  Commissario  ad  acta
per il rientro del disavanzo sanitario regionale. 
    3.- Con ricorso notificato il 19 novembre 2011  e  depositato  il
successivo 23 novembre (ric. n. 150 del 2011), la Provincia  autonoma
di Trento ha proposto questioni di legittimita' costituzionale  degli
artt. 1, 2, commi 1, 2, 3, 4 e 7, 3, 4, 5, 6, 7 e 13  del  d.lgs.  n.
149 del 2011, per violazione degli artt. 76, 100, 117 Cost.,  nonche'
degli artt. 8, numero 1); 9, numero 10); 16, 47, 49-bis; 54, 79,  80,
81 dello statuto speciale; degli artt. 2 e 4 del citato d.lgs. n. 266
del 1992; degli artt. 16, 17 e 18 del menzionato d.lgs.  n.  268  del
1992; del richiamato d.P.R. n. 305 del 1988; dell'art. 8  del  citato
d.P.R.  n.  526  del   1987,   nonche'   del   principio   di   leale
collaborazione. 
    3.1 - La Provincia di Trento ha  denunciato  l'illegittimita'  di
tutte le disposizioni censurate per violazione  dell'art.  76  Cost.,
nonche' del principio di leale collaborazione. L'adozione del decreto
legislativo in assenza dell'intesa prescritta dall'art. 2,  comma  3,
della legge di delega n. 42  del  2009,  l'omessa  indicazione  delle
«specifiche  motivazioni»  che  hanno  impedito  il   perfezionamento
dell'accordo e l'insussistenza del presupposto dell'urgenza  indicato
dal Governo a  giustificazione  della  propria  unilaterale  condotta
integrerebbero la  denunciata  violazione,  per  ragioni  analoghe  a
quelle gia' indicate supra, al punto 1.1., con riferimento al ricorso
n. 148 del 2011, promosso dalla Regione Trentino-Alto Adige. 
    3.2  -  La  Provincia  di  Trento  ha   proposto   questione   di
legittimita' dell'art. 13 del d.lgs. n. 149 del 2011, osservando  che
dall'accoglimento di tale questione deriverebbe la  non  applicazione
alla ricorrente dell'intero d.lgs. n. 149 del 2011. La  questione  e'
proposta in riferimento ai medesimi parametri (art. 76  Cost.,  artt.
79, 103, 104 e 107 dello statuto; art. 2 del d.lgs. n. 266 del  1992)
e sulla base delle medesime argomentazioni indicate supra,  al  punto
1.2., con riferimento al ricorso  n.  148  del  2011  proposto  dalla
Regione Trentino-Alto Adige. 
    3.3 - La Provincia di Trento ha impugnato gli artt.  1  e  4  del
d.lgs. n. 149 del 2011, rispettivamente dedicati  alla  Relazione  di
fine  legislatura  regionale  e  alla  Relazione  di   fine   mandato
provinciale e comunale, assumendo che essi violino le  competenze  ad
essa statutariamente attribuite in materia  di  «vigilanza  e  tutela
sulle amministrazioni comunali» (art. 54,  numero  5),  coordinamento
degli enti locali con riguardo agli obblighi  relativi  al  patto  di
stabilita'  interno  e  alla  vigilanza  sul   raggiungimento   degli
obiettivi di finanza pubblica (art. 79, comma  3,  e  art.  6,  comma
3-bis, del d.P.R.  n.  305  del  1988);  finanza  locale  (art.  80);
bilanci, rendiconti, amministrazione del patrimonio e contratti della
Provincia  (art.  16,  comma  1,  del  d.lgs.  n.  268   del   1992),
organizzazione interna della  Provincia  (art.  8,  numero  1,  dello
statuto o, se ritenuto  piu'  favorevole,  art.  117,  quarto  comma,
Cost., nonche' art. 47  dello  statuto  per  i  rapporti  fra  organi
politici); finanza comunale (art. 17 del d.lgs. n. 268 del 1992).  Le
doglianze sono argomentate in termini del  tutto  analoghi  a  quelli
gia' illustrati supra, al punto 1.3., con riferimento al  ricorso  n.
148 del 2011 promosso dalla Regione Trentino-Alto Adige. 
    In relazione al coordinamento della finanza nel settore sanitario
(art. 117, terzo comma, Cost.), la Provincia di  Trento  ricorda  che
essa, ai sensi dell'art. 34, comma 3, secondo periodo, della legge 23
dicembre 1994, n. 724  (Misure  di  razionalizzazione  della  finanza
pubblica), provvede al finanziamento del servizio sanitario nazionale
nel rispettivo territorio senza alcun apporto a carico  del  bilancio
dello Stato, e cio' dovrebbe escludere che lo Stato abbia titolo  per
dettare in tale materia norme di coordinamento finanziario. 
    La ricorrente ha impugnato anche il comma 5 dell'art. 1, il quale
prevede che lo schema tipo per la redazione della relazione  di  fine
legislatura sia adottato con atto di natura non regolamentare  (comma
5). La previsione, secondo la Provincia ricorrente, viola il  divieto
- desumibile dal comma 6 dell'art. 117 Cost. e dall'art. 2 del d.lgs.
n. 266 del 1992 - di far ricorso a  fonti  secondarie  nelle  materie
regionali, e comunque, qualora l'atto si consideri  amministrativo  e
non normativo, il divieto di attribuzione di funzioni  amministrative
ad organi statali, di cui all'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992. 
    Gli artt. 1, comma 2, e 4, comma 2, sono censurati  infine  nella
parte in cui prevedono una forma di controllo  da  parte  del  Tavolo
tecnico perche' introducono una forma di controllo non prevista nello
statuto e nelle relative norme di attuazione e in  particolare  negli
artt. 2 e 6 del d.P.R. n. 305 del 1988 (per quanto riguarda l'art. 1,
comma 2) nonche' negli artt. 79, comma 3, dello statuto  e  6,  comma
3-bis, del d.P.R. n. 305 del 1988  (per  quanto  riguarda  l'art.  4,
comma 2). 
    3.4.-  La  Provincia  di  Trento   ha   proposto   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi 1, 2, 3,  4  e  7  del
d.lgs. n. 149 del 2011. La censura e' formulata in termini identici a
quella prospettata nel  ricorso  n.  149  del  2011,  promosso  dalla
Regione Emilia-Romagna (supra, punto 2.2). 
    3.5.- La medesima ricorrente ha impugnato il comma 1 dell'art.  2
del d.lgs. n. 149 del 2011, per contrasto  con  l'art.  76  Cost.  La
censura e' formulata in termini identici  a  quella  prospettata  nel
ricorso n.  149  del  2011,  promosso  dalla  Regione  Emilia-Romagna
(supra, punto 2.3). 
    3.6.- La Provincia di Trento ha impugnato pure l'art. 2, comma 2,
del d.lgs. n. 149 del 2011, nella parte in cui  collega  la  sanzione
dello  scioglimento  del  Consiglio  regionale  e  la  rimozione  del
Presidente della Giunta al verificarsi  della  fattispecie  di  grave
dissesto  finanziario,   in   riferimento   agli   stessi   parametri
costituzionali e sulla base dei medesimi  argomenti  gia'  illustrati
nel ricorso n. 149 del 2011, promosso  dalla  Regione  Emilia-Romagna
(supra, punto 2.5). 
    3.7.-  La  Provincia  di  Trento   ha   proposto   questione   di
legittimita' costituzionale del comma 3 dell'art. 2 del d.lgs. n. 149
del 2011, nella parte in cui prevede che il Presidente della Regione,
rimosso ai  sensi  del  secondo  comma  del  medesimo  articolo,  sia
«incandidabile alle cariche elettive  a  livello  locale,  regionale,
nazionale ed europeo per un periodo di dieci anni» e aggiunge che per
lo stesso periodo, lo stesso Presidente  non  puo'  «essere  nominato
quale componente di alcun organo  o  carica  di  governo  degli  enti
locali, delle Regioni, dello Stato e dell'Unione europea». 
    In via preliminare la  ricorrente  lamenta  la  violazione  delle
norme statutarie e costituzionali che attribuiscono alla Provincia la
competenza concorrente in materia sanitaria (art. 117,  terzo  comma,
Cost. e art. 10, legge costituzionale n. 3 del 2001) organizzativa  e
finanziaria (artt. 8, numero 1, e 69),  ed  escludono  l'applicazione
alla Provincia delle norme di coordinamento finanziario relative alle
Regioni ordinarie (art. 79 statuto). Inoltre  la  Provincia  trentina
osserva che la disposizione censurata assume quale suo presupposto la
disciplina sui piani di rientro sanitario, disciplina alla  quale  la
Provincia e' estranea, in quanto  sostiene  la  spesa  sanitaria  con
risorse poste a carico del proprio bilancio. 
    Per i profili di merito,  la  censura  e'  formulata  in  termini
identici a quella prospettata nel ricorso n. 149 del  2011,  promosso
dalla Regione Emilia-Romagna (supra, punto 2.6). 
    3.8.- La Provincia di Trento ha impugnato l'art. 2, commi 4 e  7,
del d.lgs. n. 149 del 2011 in riferimento agli stessi parametri e per
gli stessi motivi illustrati supra, al punto 1.4.,  con  riguardo  al
ricorso n. 148 del 2011 promosso dalla Regione Trentino-Alto Adige. 
    Le  due  norme  denunciate,  secondo  la  Provincia  di   Trento,
sarebbero comunque illegittime, per la parte in cui si  applicano  al
settore sanitario, perche' la sanita' e' posta interamente  a  carico
del bilancio provinciale e cio' esclude che nei suoi confronti  trovi
applicazione la disciplina sui  rientri  dal  deficit  sanitario  che
costituisce la premessa delle norme censurate. 
    3.9.-  La  Provincia  di  Trento   ha   proposto   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.lgs. n. 149  del  2011,
il  quale  stabilisce  un  regime  di  decadenza  automatica   e   di
interdizione dei funzionari regionali e dei revisori  dei  conti.  La
ricorrente deduce il contrasto della disposizione impugnata:  a)  con
l'art. 76 Cost., perche' commina sanzioni gravissime, previste  nella
legge di delega n. 42 del 2009 soltanto per gli amministratori  degli
enti locali; b) con l'art. 117, terzo comma, Cost. e l'art. 79  dello
statuto, perche', nell'introdurre  una  sanzione  interdittiva  nella
misura predeterminata e fissa di  dieci  anni,  reca  una  disciplina
dettagliata  nella  materia  di  potesta'   legislativa   concorrente
"coordinamento della finanza pubblica";  con  l'art.  8,  numero  1),
dello statuto - o con l'art. 117, quarto comma,  Cost.,  se  ritenuto
piu' favorevole - perche' gli evocati  parametri  attribuiscono  alla
Provincia  la  potesta'   legislativa   esclusiva   in   materia   di
organizzazione degli uffici e ordinamento del personale. 
    La medesima disposizione, per la sola parte in cui si applica  al
settore sanitario, e' censurata per violazione dell'art.  117,  terzo
comma, Cost., sul rilievo che lo Stato non avrebbe titolo per dettare
norme di coordinamento in tale materia, dato che la sanita' e'  posta
interamente a carico del bilancio della Provincia ricorrente  e  cio'
esclude che trovi applicazione nei suoi confronti la  disciplina  sui
rientri dal deficit sanitario (art. 2, comma 77, della legge  n.  191
del 2009) che costituisce la premessa delle norme censurate. 
    3.10.- La Provincia di Trento ha impugnato il gia' citato art.  5
del d.lgs. n. 149 del 2011,  per  ragioni  analoghe  a  quelle  sopra
illustrate, al punto 1.5., con riguardo al ricorso n. 148  del  2011,
promosso dalla Regione Trentino-Alto  Adige.  Inoltre  la  ricorrente
deduce  il  contrasto  con  l'art.  79,  comma  3,  dello  statuto  -
unitamente agli artt. 54, numero 5), e 80 dello statuto e all'art. 6,
comma 3-bis, del d.P.R. n.  305  del  1988  -  che  attribuisce  alle
Province autonome di Trento e di Bolzano «funzioni  di  coordinamento
con riferimento  agli  enti  locali,  ai  propri  enti  ed  organismi
strumentali, alle aziende sanitarie, alle  universita'  non  statali,
alle camere di commercio, industria artigianato e agricoltura e  agli
altri  enti  od  organismi  a  ordinamento  regionale  o  provinciale
finanziati dalle  stesse  in  via  ordinaria»  e  stabilisce  che  le
province «vigilano sul  raggiungimento  degli  obiettivi  di  finanza
pubblica» da parte degli enti ed organismi  predetti  ed  «esercitano
sugli stessi il controllo successivo  sulla  gestione  dando  notizia
degli esiti alla competente sezione della Corte dei conti». 
    3.11.- La Provincia di Trento ha impugnato l'art. 6 del d.lgs. n.
149 del 2011 per motivi analoghi a quelli gia' illustrati  supra,  al
punto 1.6, con riguardo al ricorso n. 148 del  2011,  proposto  dalla
Regione Trentino-Alto Adige. 
    Inoltre, nell'ipotesi, prospettata in  via  subordinata,  che  il
gia' richiamato art. 13 del d.lgs.  n.  149  del  2011  prevalga  sul
censurato art. 6 e che renda  l'intero  decreto  legislativo  n.  149
direttamente applicabile alle autonomie  speciali,  la  Provincia  di
Trento deduce che la norma impugnata contrasta con  l'art.  80  dello
statuto, secondo cui spetta alla Provincia la competenza  legislativa
esclusiva in materia di finanza locale, perche'  essa  pone  precetti
dettagliati e autoapplicativi in una materia di  competenza  primaria
provinciale. 
    La  ricorrente   lamenta   inoltre   che   l'articolo   impugnato
interferisce  illegittimamente  con  la  disciplina  delle   elezioni
provinciali - e quindi con gli artt.  8,  numero  1  (o  117,  quarto
comma, Cost. se ritenuto piu'  favorevole),  e  47  dello  statuto  -
perche' l'incandidabilita' non e' da esso collegata alla  commissione
di reati e pertanto  non  puo'  rientrare  nella  competenza  statale
sull'ordine pubblico. 
    Quanto, infine, al comma 2 dell'art. 6,  esso  e'  censurato  per
violazione degli artt. 54,  numero  5),  79,  comma  3,  e  80  dello
statuto, nonche' dell'art. 6, comma 3-bis,  del  d.P.R.  n.  305  del
1988,  che  attribuiscono  alla  Regione  competenze  in  materia  di
ordinamento degli enti locali e riconoscono alle Province  poteri  di
vigilanza e di controllo di  gestione,  perche'  introduce  forme  di
controllo ulteriori rispetto a quelle statutariamente previste. 
    3.12.-  La  Provincia  di  Trento  ha   proposto   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 7 del d.lgs. n. 149  del  2011,
in  riferimento  agli  stessi  parametri  e  ai  medesimi   argomenti
illustrati supra, al punto 1.7, con riguardo al ricorso  n.  148  del
2011, proposto dalla Regione Trentino-Alto Adige. 
    Il comma 2 del medesimo art. 7 del d.lgs.  n.  149  del  2011  e'
denunciato dalla Provincia  ricorrente  anche  per  violazione  degli
artt. 79, 80 e 81 dello statuto,  anche  in  riferimento  alla  legge
della Provincia autonoma di Trento 15 novembre 1993, n. 36 (Norme  in
materia di finanza locale). L'art. 3 di detta legge  dispone  infatti
che «in sede di definizione dell'accordo  previsto  dall'articolo  81
dello Statuto speciale sono stabilite (...) le  misure  necessarie  a
garantire  il  coordinamento  della   finanza   comunale   e   quella
provinciale, con particolare riferimento alle misure  previste  dalla
legge finanziaria per il perseguimento degli obiettivi della  finanza
provinciale correlati al patto di stabilita' interno» e tale  accordo
non sarebbe stato nella specie siglato. La  Provincia  di  Trento  si
duole, inoltre, che le lettere c) e d) del  predetto  comma  2  -  le
quali vietano all'ente locale inadempiente  al  patto  di  stabilita'
interno di ricorrere all'indebitamento per spese di investimento e di
procedere  ad  assunzioni  di  personale  a  qualsiasi  titolo,   con
qualsivoglia tipologia  contrattuale,  ivi  compresi  i  rapporti  di
collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche
con riferimento ai processi  di  stabilizzazione  in  atto  -  ledono
l'art. 17, comma 3, lettera d), del  d.lgs.  n.  268  del  1992,  che
attribuisce alla Provincia la competenza a disciplinare «con legge  i
criteri  per  assicurare  un  equilibrato  sviluppo   della   finanza
comunale». 
    4.- La Regione Umbria, con ricorso notificato il 19 novembre 2011
e depositato il successivo 23 novembre (ric. n.  151  del  2011),  ha
proposto questioni di legittimita' costituzionale, in via principale,
degli artt. 2, commi 1, 2, 3, 5 e 7; e 3 del d.lgs. n. 149 del  2011,
per violazione degli artt. 3, 5, 24, 76, 77, 97, 100, 103, 114,  117,
118, 119, 120, 121, 122, 123 e 126 Cost.,  nonche'  dei  principi  di
leale collaborazione, ragionevolezza e certezza del diritto. 
    4.1.- Il ricorso ha contenuto identico a  quello  proposto  dalla
Regione Emilia-Romagna, gia' sopra illustrato (punto 2). 
    5.- Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale - spedito
il 19 novembre 2011 e ricevuto il 22 novembre 2011 - e depositato  il
23 novembre 2011 (ric. n. 154  del  2011),  la  Regione  Campania  ha
promosso, in riferimento agli artt. 120, 122 e 126 Cost.  nonche'  al
principio di ragionevolezza, questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 2, commi 2,  3  e  5,  del  d.lgs.  n.  149  del  2011.  In
particolare, ad  avviso  della  ricorrente,  i  commi  denunciati  si
porrebbero in contrasto, rispettivamente, con: a) gli artt. 122 e 126
Cost. ed il principio di ragionevolezza; b) gli  artt.  120,  secondo
comma, e 126, primo comma, Cost.; c) l'art. 122, primo comma, Cost. 
    5.1.- Il denunciato comma 2 dell'art. 2 del  d.lgs.  n.  149  del
2011 disciplina le conseguenze del verificarsi della  fattispecie  di
grave dissesto finanziario, con riferimento al  disavanzo  sanitario,
delle Regioni assoggettate a piano di rientro ai sensi  dell'art.  2,
comma 77, della citata legge n. 191 del 2009, come definita dal comma
1 dello stesso art. 2 (secondo cui: «La fattispecie di grave dissesto
finanziario, con riferimento al disavanzo sanitario, si  verifica  in
una regione assoggettata a piano di rientro ai sensi dell'articolo 2,
comma 77, della legge  23  dicembre  2009,  n.  191,  al  verificarsi
congiuntamente delle seguenti  condizioni:  a)  il  presidente  della
giunta regionale, nominato Commissario ad acta ai sensi dell'articolo
2, rispettivamente commi 79 e 83, della citata legge n. 191 del 2009,
non abbia adempiuto, in tutto o in parte,  all'obbligo  di  redazione
del piano di rientro o  agli  obblighi  operativi,  anche  temporali,
derivanti dal piano stesso; b) si  riscontri,  in  sede  di  verifica
annuale, ai sensi dell'articolo 2, comma 81, della  citata  legge  n.
191 del 2009, il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano  di
rientro, con conseguente perdurare del disavanzo sanitario  oltre  la
misura consentita dal piano medesimo o suo aggravamento; c) sia stato
adottato per  due  esercizi  consecutivi,  in  presenza  del  mancato
raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro e del conseguente
incremento delle aliquote fiscali di cui all'articolo  2,  comma  86,
della  citata  legge  n.  191  del  2009,  un  ulteriore   incremento
dell'aliquota dell'addizionale regionale all'Irpef al livello massimo
previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo 6  maggio  2011,  n.
68»). Il comma impugnato, censurato, in dichiarato  riferimento  agli
artt. 122 e 126 Cost. ed al principio di ragionevolezza, «nella parte
in cui prevede che il grave dissesto finanziario - come definito  dal
comma  1  -  determina  lo  scioglimento  degli  organi   regionali»,
stabilisce che: «Il grave dissesto finanziario  di  cui  al  comma  1
costituisce grave violazione di legge e in tal caso con  decreto  del
Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 126, comma primo,
della Costituzione,  sono  disposti  lo  scioglimento  del  Consiglio
regionale nonche' la rimozione del Presidente della Giunta  regionale
per responsabilita' politica nel proprio mandato  di  amministrazione
della regione, ove sia accertata dalla Corte dei conti la sussistenza
delle condizioni di cui al  comma  1  e  la  loro  riconduzione  alla
diretta responsabilita', con dolo o colpa grave del Presidente  della
Giunta regionale. Il  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  e'
adottato previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta
del Presidente del Consiglio dei  Ministri,  previo  parere  conforme
della Commissione parlamentare per le questioni regionali espresso  a
maggioranza di due terzi dei componenti. Alla riunione del  Consiglio
dei  Ministri  partecipa  il  Presidente   della   Giunta   regionale
interessato». 
    La Regione ricorrente afferma che tale comma viola gli artt.  122
e 126 Cost. 
    Ad avviso della Regione,  il  comma  denunciato  viola  anzitutto
l'art. 126 Cost. sotto due distinti profili. In primo luogo,  perche'
fa  riferimento  ad  un'ipotesi  di  responsabilita'   politica   del
Presidente  della  Giunta  non   contemplata   da   detto   parametro
costituzionale, che prevede, quale unica ipotesi  di  responsabilita'
politica del Presidente della Giunta eletto  a  suffragio  universale
diretto, quella che lega tale organo, in via esclusiva, al  Consiglio
regionale, e, quindi, agli elettori; responsabilita' che e'  connessa
al rapporto  fiduciario  tra  Presidente  della  Giunta  e  Consiglio
regionale e che puo' essere fatta valere a  mezzo  della  mozione  di
sfiducia  approvata  dallo  stesso  Consiglio  regionale   ai   sensi
dell'art.  126,  terzo  comma,  Cost.  In  secondo  luogo,   perche',
sovrapponendo in un'unica figura di incerta portata  una  ipotesi  di
grave violazione di legge ai sensi  del  primo  comma  dell'art.  126
Cost., ed una costituzionalmente inedita ipotesi  di  responsabilita'
politica diversa da quella prevista dal terzo comma dello stesso art.
126 Cost., crea un tertium  genus  di  causa  di  scioglimento  degli
organi regionali, non  previsto  dall'art.  126  Cost.  e  quindi  in
contrasto con esso. 
    La  stessa   Regione   Campania   denuncia   poi   il   contrasto
dell'impugnato comma 2  con  il  principio  di  ragionevolezza  sotto
quattro  distinti  profili.  Anzitutto,  perche',   ai   fini   della
responsabilita' del Presidente pro-tempore della  Giunta,  non  tiene
conto ne' del fatto che egli "eredita" il dissesto  delle  precedenti
gestioni, del cui disavanzo non e' previsto lo  «scorporo»,  ne'  dei
miglioramenti dallo stesso conseguiti nella riduzione del  disavanzo,
i quali, al contrario,  gli  vengono  addebitati  come  inadempimenti
parziali. Inoltre, sempre ad avviso della ricorrente, la disposizione
denunciata si pone in  palese  contraddizione  con  il  principio  di
proporzionalita', perche', col configurare  la  grave  violazione  di
legge  nel  caso  in  cui  il  Presidente  della   Giunta,   nominato
commissario ad acta ai sensi dell'art. 2, commi 79 e 83, della  legge
n.  191  del  2009,  non  abbia  adempiuto  in  tutto  «o  in  parte»
all'obbligo di  redazione  del  piano  di  rientro  o  agli  obblighi
operativi, anche temporali, da  esso  derivanti  (art.  2,  comma  1,
lettera a, del d.lgs.  n.  149  del  2011),  consente  che  anche  un
parziale  inadempimento,  pur  se  minimo,   possa   determinare   lo
scioglimento degli organi regionali.  La  ricorrente  afferma  infine
l'irragionevolezza del comma impugnato in quanto  esso  riferisce  la
responsabilita' del grave dissesto  finanziario  al  solo  Presidente
della giunta regionale,  a  prescindere,  peraltro,  dalla  forma  di
governo delle singole Regioni prevista dagli statuti  e  dalle  leggi
statutarie. 
    Il comma denunciato contrasterebbe  con  gli  invocati  parametri
degli artt. 122 e 126 Cost. perche' non prevede alcun  meccanismo  di
preavviso che consenta alle Regioni di  evitare  di  incorrere  nelle
sanzioni da esso previste. Carenza tanto piu' notevole alla luce  del
dettato dell'art. 120 Cost. e della norma di attuazione dello  stesso
di cui all'art. 8 della legge n. 131 del 2003, la quale prevede  che,
nei casi e per le finalita' previsti dall'art.  120,  secondo  comma,
Cost., il Presidente del  Consiglio  dei  ministri  assegni  all'ente
interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti  o
necessari e che solo decorso inutilmente tale termine,  il  Consiglio
dei ministri, sentito l'organo interessato,  assuma  i  provvedimenti
necessari. 
    La ricorrente denuncia infine il contrasto dell'impugnato comma 2
con gli invocati artt. 122 e 126 Cost. anche  sotto  il  profilo  che
detto  comma  non  precisa  la  natura,  le  modalita'  ed  i  limiti
dell'accertamento, da parte della Corte dei conti, della  sussistenza
della  fattispecie  di  grave  dissesto  finanziario  e   della   sua
riconduzione  alla  responsabilita'  del  Presidente   della   Giunta
regionale - in particolare, la norma impugnata difetta  di  qualsiasi
indicazione in ordine sia alla natura giurisdizionale o di  controllo
dell'accertamento operato dalla  Corte  sia  alla  necessita'  di  un
«accertamento definitivo di secondo grado (che in sede  di  controllo
andrebbe peraltro individuato!)» - con il conseguente svuotamento del
contenuto «astrattamente garantistico» del  procedimento,  «derivante
dalla sua somiglianza al modello costituito dall'art. 126,  comma  1,
Cost.». 
    5.2.- La ricorrente impugna poi il comma 3 dell'art. 2 del d.lgs.
n. 149 del 2011 per violazione dell'art.  122,  primo  comma,  Cost.,
nella parte in cui prevede che il Presidente della  Regione,  rimosso
ai sensi del secondo comma del medesimo articolo, sia  «incandidabile
alle cariche elettive  a  livello  locale,  regionale,  nazionale  ed
europeo per un periodo di dieci anni» e aggiunge che  per  lo  stesso
periodo  lo  stesso  Presidente  non  puo'  «essere  nominato   quale
componente di alcun organo o carica di  governo  degli  enti  locali,
delle Regioni, dello Stato e dell'Unione europea». 
    La Regione Campania afferma  anzitutto  la  non  riconducibilita'
dell'incandidabilita' prevista dall'impugnato comma 3 ad un  caso  di
indegnita' morale ai sensi dell'art. 48, quarto comma, Cost.,  tenuto
conto che essa limita il diritto di elettorato passivo e  non  quello
di elettorato attivo. 
    La stessa  Regione  sottolinea  poi  che  l'alinea  del  comma  1
dell'art. 2 della legge  2  luglio  2004,  n.  165  (Disposizioni  di
attuazione  dell'articolo  122,  primo  comma,  della  Costituzione),
riserva allo Stato la competenza in materia  di  incandidabilita'  di
«coloro che hanno riportato sentenza di condanna o nei cui  confronti
sono state applicate misure  di  prevenzione»  (ipotesi  disciplinate
dalla legge 19 marzo 1990, n. 55, recante: «Nuove disposizioni per la
prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi  forme
di manifestazione di pericolosita' sociale»), riserva la cui ratio e'
stata individuata dalla Corte costituzionale (sono citate le sentenze
n. 141 del 1996 e n. 407 del 1992) nella volonta'  di  costruire  una
difesa dello Stato contro l'aggravarsi della criminalita' organizzata
e dell'infiltrazione di suoi  esponenti  negli  organi  elettivi.  In
assenza, nella specie, di una tale ratio, e ricorrendo invece  quella
di sanzionare il Presidente della Giunta in conseguenza dell'adozione
di atti di natura  politica,  la  ricorrente  afferma  che  «si  puo'
dubitare»  che  la  norma  censurata  rispetti   «la   regola   della
necessarieta' e della ragionevole proporzionalita'» della limitazione
imposta al diritto di elettorato passivo (e' citata, in proposito, la
sentenza della Corte  costituzionale  n.  141  del  1996,  emessa  in
riferimento agli artt. 2, 3 e 51 Cost.). 
    La ricorrente deduce il contrasto  della  disposizione  impugnata
con l'art. 122, primo comma, Cost. perche' essa «e'  collocata  fuori
dall'apposita sedes materiae» costituita dalla legge  quadro  n.  165
del 2004, la quale, come precisato dal suo art. 1, «stabilisce in via
esclusiva,  ai  sensi   dell'articolo   122,   primo   comma,   della
Costituzione, i principi fondamentali concernenti  [...]  i  casi  di
ineleggibilita' e di incompatibilita' del Presidente  e  degli  altri
componenti della Giunta regionale [...]» (ricomprendendo  tra  questi
anche cause di ineleggibilita' non rimuovibili dall'interessato  come
le incandidabilita' di cui all'alinea del comma 1 dell'art.  2  e  la
non rieleggibilita' immediata del Presidente della  Giunta  eletto  a
suffragio universale e  diretto  allo  scadere  del  secondo  mandato
consecutivo  di  cui  al  comma  1,  lettera  f).  In  proposito,  la
ricorrente precisa che se e'  dubbio  che  il  legislatore  ordinario
possa vincolare il legislatore futuro al rispetto  del  principio  di
organicita' della disciplina di una data materia  (e'  citato  l'art.
183, comma 6, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante
«Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10
della legge 6 luglio 2002,  n.  137»),  certamente  tale  dubbio  non
sussiste nel caso  in  cui  il  vincolo  sia  imposto  da  una  norma
gerarchicamente superiore (sono citati, quali esempi di  un  siffatto
vincolo, l'art. 1, comma 4, del decreto legislativo n. 267 del 2000 e
l'art. 44, commi 3 e 4, dello  statuto  della  Regione  Toscana).  La
ricorrente evidenzia infine che se e' vero che, in base  all'art.  1,
comma 3, della legge n. 131 del 2003,  nelle  materie  di  competenza
concorrente  il  legislatore  statale  e'  sottratto  al  vincolo  di
organicita', e' pero' vero che, alla luce dell'art. 1, comma 4, della
medesima  legge,  le  materie  di  competenza  concorrente  sono   da
intendere, nella specie, come solo  quelle  previste  dall'art.  117,
quarto comma, Cost. 
    5.3.- La Regione Campania impugna infine il comma 5  dell'art.  2
del  d.lgs.  n.  149  del  2011,  a  norma  del  quale:  «Nelle  more
dell'insediamento del nuovo Presidente  della  Giunta  regionale,  il
Consiglio dei Ministri, su  proposta  del  Ministro  dell'economia  e
delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e sentito  il
Ministro  per  i  rapporti  con  le  regioni  e   per   la   coesione
territoriale, nomina un nuovo commissario  ad  acta  per  l'esercizio
delle competenze del Presidente della  Giunta  regionale  concernenti
l'ordinaria amministrazione e gli atti improrogabili». 
    La Regione ricorrente afferma che tale comma viola gli artt. 120,
secondo comma, e 126, primo comma, Cost. 
    Secondo la Regione, il comma denunciato contrasta  anzitutto  con
l'art.  126,  primo  comma,  Cost.,  perche'  rimette   all'esclusiva
decisione del Consiglio dei ministri la  nomina  del  commissario  ad
acta per l'esercizio delle competenze  del  Presidente  della  Giunta
regionale  senza  prevedere  alcuna  forma  procedimentale  idonea  a
garantire il coinvolgimento  dell'ente  territoriale  interessato  e,
quindi, il rispetto della sua autonomia costituzionale a fronte di un
intervento statale altamente limitativo della stessa. Ad avviso della
ricorrente, se per lo scioglimento del Consiglio regionale e  per  la
rimozione del Presidente della Giunta l'art. 126, primo comma,  Cost.
ha previsto la  forma  del  decreto  motivato  del  Presidente  della
Repubblica ed il parere obbligatorio della Commissione bicamerale per
le questioni regionali,  tali  garanzie  -  «voto  della  Commissione
bilaterale e intervento del Presidente della Repubblica» -  sarebbero
tanto piu' irrinunciabili, e dovrebbero ricorrere, quando si provvede
all'individuazione  del  soggetto  chiamato  a  sostituire   l'organo
regionale rimosso e, quindi, ad  esercitare  le  competenze  ad  esso
attribuite a livello costituzionale. La nomina dello stesso dovrebbe,
percio', essere  contestuale  alla  rimozione  del  Presidente  della
Giunta  ed  allo  scioglimento  del  Consiglio  regionale  ed  essere
assistita dalle medesime garanzie. A sostegno dei propri assunti,  la
ricorrente menziona le sentenze della Corte costituzionale n.  2  del
2010, n. 383 del 2005 e n. 240 del 2004. 
    Il comma censurato violerebbe poi gli invocati artt.  126,  primo
comma, e 120, primo comma, Cost., perche' affida  al  commissario  ad
acta l'esercizio della generalita' delle  competenze  del  Presidente
della Giunta regionale, quale organo  rappresentativo  e  di  governo
della Regione - competenze definite solo genericamente  in  relazione
all'«ordinaria amministrazione» ed agli «atti improrogabili» - invece
di  limitare  i  suoi  poteri  a  singole  attivita'   specificamente
individuate, come imposto dalla stessa giurisprudenza  costituzionale
in tema di sostituzione di un commissario ad  acta  ad  organi  delle
Regioni (e' citata la sentenza n. 165 del 2011). 
    L'impugnato comma 5 violerebbe infine l'art.  126,  primo  comma,
Cost., anche perche' non stabilisce  alcun  termine  entro  il  quale
debbono essere celebrate le elezioni  per  il  rinnovo  degli  organi
regionali  sciolti  o  rimossi  (ne'  indica  l'organo  che  dovrebbe
indirle), con la  conseguenza  della  mancanza  di  qualunque  limite
temporale della sostituzione del Presidente della Giunta da parte del
commissario ad acta  e  dell'illegittimo  protrarsi  sine  die  della
compressione dell'autonomia regionale. La ricorrente  sottolinea  che
l'esigenza di una disciplina legislativa che consenta  il  tempestivo
rinnovo degli organi regionali e' stata affermata dalla stessa  Corte
costituzionale, con riguardo ad un altro caso di interruzione anomala
della legislatura  regionale  rappresentato  dall'annullamento  delle
elezioni regionali (e' citata, al riguardo, la sentenza  n.  196  del
2003). 
    6.- Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale,  spedito
il 18 novembre 2011 e depositato il 24 novembre 2011 (ric. n. 156 del
2011), la Regione Lazio ha promosso, in  riferimento  agli  artt.  5,
117, 117, quarto comma, 119, 120, 121, 122, 123 e 126  Cost.,  «anche
in combinato disposto con l'art. 76  Cost.»,  all'art.  9,  comma  2,
della legge costituzionale n. 3 del 2001,  nonche'  al  principio  di
leale collaborazione, questioni di legittimita' costituzionale  degli
artt. 1, 2, commi 1, 2, 3 e 5, 3 e 7 del d.lgs. n. 149 del  2011.  In
particolare,  ad  avviso  della  ricorrente,   tutti   gli   articoli
denunciati violerebbero l'art. 76 Cost. (per contrasto con i commi  3
e 5 dell'art. 2 della legge di delegazione  n.  42  del  2009)  e  il
principio di leale collaborazione desumibile  dagli  artt.  5  e  120
Cost.   Quanto   alle   singole    disposizioni    impugnate,    esse
contrasterebbero, rispettivamente, con:  a)  gli  artt.  117,  quarto
comma, e 123 Cost.; b) gli artt. 120, 121,  122,  123  e  126  Cost.,
«anche in combinato disposto con l'art. 76 Cost.» ed il principio  di
leale collaborazione; c) 76, 117, quarto comma, e 123 Cost.; d)  117,
quarto comma, e 119 Cost. 
    6.1.- La ricorrente deduce anzitutto la violazione, da  parte  di
tutte le disposizioni impugnate, dell'art. 76  Cost.,  per  contrasto
con i commi 3 e 5 dell'art. 2 della legge di delegazione  n.  42  del
2009, e del principio di leale collaborazione (tutelato dalle  citate
norme interposte); violazioni  «che  si  riflettono  sulla  sfera  di
competenza della Regione». La ricorrente sottolinea in proposito che,
in base ai citati parametri interposti: a)  gli  schemi  dei  decreti
legislativi adottati dal Governo sono trasmessi alle  Camere  «previa
intesa da sancire  in  sede  di  Conferenza  unificata»,  mentre,  in
mancanza di detta intesa nel termine di cui all'art.  3  del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento  delle
attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le  regioni  e  le  province  autonome  di  Trento   e   Bolzano   ed
unificazione, per le materie ed i compiti di interesse  comune  delle
regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza  Stato-citta'
ed autonomie locali), «il Consiglio dei Ministri delibera, approvando
una relazione  che  e'  trasmessa  alle  Camere»  nella  quale  «sono
indicate le specifiche motivazioni per  cui  l'intesa  non  e'  stata
raggiunta» (art. 2, comma 3); b) il  Governo,  nella  predisposizione
dei decreti legislativi, «assicura [...] piena collaborazione con  le
regioni e gli enti locali» (art. 2, comma 5). 
    Secondo la difesa regionale,  il  Governo  avrebbe  violato  tali
vincoli procedurali, posti dalla legge n. 42 del 2009  a  tutela  del
principio di leale collaborazione. Infatti, in  mancanza  dell'intesa
in sede di Conferenza unificata sullo schema del decreto legislativo,
il Consiglio dei Ministri  ha  deliberato  approvando  una  relazione
carente  dell'indicazione  delle  «specifiche  motivazioni»  per  cui
l'intesa non era stata raggiunta. In tale  relazione  si  e'  infatti
limitato ad affermare, «in maniera del  tutto  apodittica»,  di  dare
corso  (in  mancanza  dell'intesa)  all'iter  del  provvedimento   in
considerazione della conformita' di questo alla  Costituzione  ed  in
ragione dell'imminente scadenza  del  termine  previsto  dalla  legge
delega per l'adozione del decreto, senza spendere «una  sola  parola»
in merito ai molteplici profili di illegittimita'  dello  schema  che
erano stati evidenziati dalle Regioni e dalle Province autonome e che
avevano impedito il raggiungimento dell'intesa. Da cio' la violazione
degli invocati parametri. 
    6.2.- Venendo alle doglianze relative alle singole  disposizioni,
la Regione Lazio impugna in primo luogo il gia' menzionato art. 1 del
d.lgs. n. 149 del 2011, il quale prescrive alle Regioni la  redazione
di una relazione di fine legislatura. 
    Ad avviso della Regione Lazio, l'articolo impugnato introduce una
forma di controllo generalizzato  del  Governo  sull'attivita'  della
Regione di natura sostanzialmente politica  come  risulta  dal  fatto
che, per espressa previsione  del  comma  4,  la  relazione  di  fine
legislatura contiene la descrizione delle attivita', anche normative,
svolte dalla  Regione  durante  la  «legislatura»;  nozione,  questa,
politica - indicando il  periodo  di  durata  effettiva  del  mandato
politico conferito dagli  elettori  ad  una  data  maggioranza  -  il
riferimento  alla  quale   finisce   per   caratterizzare,   appunto,
politicamente,   il   controllo   sull'attivita'   regionale.    Cio'
determinerebbe, secondo la  ricorrente,  l'incostituzionalita'  della
disposizione denunciata per violazione dei parametri invocati. 
    L'art. 123 Cost. sarebbe violato perche' l'obbligo di redigere la
relazione  di  fine  legislatura  attiene  all'organizzazione  ed  al
funzionamento della Regione ed incide, quindi, in un ambito che detto
parametro costituzionale riserva allo statuto regionale. 
    La  violazione,  infine,  dell'art.  117,  quarto  comma,   Cost.
deriverebbe dal fatto che  il  controllo  generalizzato  del  Governo
sulla attivita' regionale introdotto dall'articolo  impugnato  invade
l'ambito  della  competenza  legislativa  regionale  residuale  nella
materia della organizzazione amministrativa (e'  citata  la  sentenza
della Corte costituzionale n. 274 del 2003). 
    6.3.- La Regione Lazio denuncia poi l'art. 2, commi 1, 2, 3 e  5,
del d.lgs. n. 149 del 2011 per contrasto con gli artt. 120, 121, 122,
123 e 126 Cost., «anche in combinato disposto con l'art. 76 Cost.»  e
con il principio di leale collaborazione. 
    Il combinato disposto dei commi 1 e 2 dell'art. 2  violerebbe  in
primo luogo l'art. 126 Cost. il quale rimette  in  via  esclusiva  al
Presidente della Repubblica («Con  decreto  motivato  del  Presidente
della Repubblica [...]») di valutare, caso per caso ed  ex  post,  se
siano state compiute gravi violazioni di legge (o atti contrari  alla
Costituzione), ai sensi  del  citato  parametro  costituzionale,  che
legittimano lo scioglimento del Consiglio regionale  e  la  rimozione
del Presidente della Giunta. Ne deriva che il legislatore, stabilendo
- nonostante non avesse «alcun titolo»  per  farlo  -  che  il  grave
dissesto finanziario di cui al comma 1 dell'art. 2 costituisce  grave
violazione di legge ai sensi dell'art. 126, primo comma, Cost., si e'
quindi «indebitamente sostituito» al Capo dello Stato, violando cosi'
il parametro invocato. 
    Detta  violazione  dell'art.  126  Cost.,   sempre   secondo   la
ricorrente, «si riflette [...] sulla lesione delle  competenze  [...]
garantite  in  capo  al  Presidente  della  Regione  e  al  Consiglio
regionale  dall'art.  121  Cost.,   ugualmente   leso   dalle   norme
impugnate». 
    La difesa della Regione afferma inoltre che l'impugnato combinato
disposto dei commi 1 e 2 dell'art. 2 del d.lgs. n. 149 del 2011 viola
l'art. 126 Cost. anche perche' la sanzione della  rimozione  da  esso
introdotta a carico del Presidente della Giunta presuppone che questi
abbia commesso gravi infrazioni  nella  qualita'  di  commissario  ad
acta, mentre l'invocata disposizione costituzionale prevede che detta
sanzione della rimozione possa operare  solo  con  riguardo  a  gravi
violazioni di  legge  commesse  dal  Presidente  della  Giunta  nella
propria qualita' di organo politico-istituzionale  di  vertice  della
Regione. 
    Quanto ora esposto evidenzierebbe la lesione anche dell'art.  120
Cost. perche' il legislatore statale, con riguardo alla violazione di
norme da parte  del  Presidente  della  Giunta  nell'esercizio  delle
funzioni  amministrative  di  commissario  ad  acta,  avrebbe  dovuto
prevedere solo l'esercizio del potere sostitutivo del Governo  e  non
la sanzione della rimozione. 
    La normativa denunciata violerebbe infine anche il  principio  di
leale collaborazione, ricavabile  dagli  artt.  5  e  120  Cost.  (la
ricorrente cita al riguardo le sentenze della Corte costituzionale n.
303 del 2003, n. 282 del 2002, n. 503 del 2000, n. 242 e  n.  19  del
1997), perche' nel procedimento di accertamento della fattispecie  di
grave dissesto finanziario non  prevede  «meccanismi  di  raccordo  e
coordinamento» tra lo Stato e le Regioni. 
    Il comma 3 dell'art. 2 del d.lgs. n. 149 del 2011, col  prevedere
che «Il Presidente rimosso ai sensi del comma 2 e' incandidabile alle
cariche elettive a livello locale, regionale,  nazionale  ed  europeo
per un periodo di tempo di dieci anni», violerebbe l'art.  122  Cost.
che  riserva  in  via   esclusiva   la   disciplina   dei   casi   di
incandidabilita' del Presidente della Giunta alla legge regionale. 
    L'indicata  violazione  dell'art.  122  Cost.  da   parte   della
disposizione impugnata - sempre secondo la ricorrente - «si riverbera
[...] sulla lesione delle attribuzioni regionali di cui all'art.  123
Cost.» che riserva allo statuto  regionale  la  determinazione  della
forma di governo e dei principi fondamentali di organizzazione  della
Regione. 
    L'art. 2, comma 3, col prevedere che «Il Presidente  rimosso  non
puo' essere nominato quale componente di alcun  organo  o  carica  di
governo degli enti locali, delle Regioni, dello Stato  e  dell'Unione
europea per un periodo di tempo di dieci  anni»  violerebbe,  infine,
anche l'art. 76 Cost., perche' si pone in  contrasto  con  l'art.  17
della legge di delegazione n. 42 del 2009, «che non contempla affatto
la sanzione dell'interdizione con  riferimento  al  Presidente  della
Giunta» (art. 17, comma 1, lettera e). Detta violazione  ridonderebbe
in lesione delle competenze regionali «per effetto, secondo quanto si
e' gia' chiarito, degli articoli 117, comma 4, 120, 121, 122,  123  e
126 Cost.». 
    6.4.- La Regione Lazio impugna ancora l'art. 3 del d.lgs. n.  149
del 2011, «con particolare, riferimento ai commi 1 e 2». 
    I commi impugnati stabiliscono che:  «Il  verificarsi  del  grave
dissesto finanziario di cui all'articolo 2  determina  l'applicazione
delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 79, lettera a), della
legge 23 dicembre 2009, n. 191, in materia  di  decadenza  automatica
dei  direttori  generali  e,   previa   verifica   delle   rispettive
responsabilita' del dissesto, dei direttori amministrativi e sanitari
degli  enti  del  Servizio   sanitario   regionale,   del   dirigente
responsabile  dell'assessorato  regionale  competente,  nonche'   dei
componenti del collegio dei revisori  dei  conti»  (comma  1);  «Agli
stessi soggetti di cui al comma 1 si applica altresi'  l'interdizione
da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da  enti  pubblici
per un periodo di tempo di dieci anni. La sanzione  dell'interdizione
e' irrogata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione
territoriale. Alle relative controversie si  applica  l'articolo  133
del codice del processo amministrativo» (comma 2). 
    Secondo la ricorrente i commi impugnati violano, in primo  luogo,
l'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,  perche'  la  previsione   della
decadenza e  l'interdizione  dalle  cariche  indicate  dei  direttori
generali e dei direttori amministrativi e  sanitari  degli  enti  del
Servizio   sanitario   regionale,    del    dirigente    responsabile
dell'assessorato regionale  competente  nonche'  dei  componenti  del
collegio dei revisori dei conti, ricade nell'ambito della  competenza
legislativa  regionale  residuale  in   materia   di   organizzazione
amministrativa.  Cio'  e'  confermato  -  sempre  ad   avviso   della
ricorrente - con riguardo specifico agli organi apicali delle aziende
sanitarie regionali dalle circostanze che le stesse  sono  costituite
con legge regionale, sono sottoposte al controllo, alla vigilanza  ed
al potere di indirizzo regionali, i loro bilanci  e  rendiconti  sono
approvati dalla Regione che assicura le risorse finanziarie, il  loro
direttore generale (organo di  vertice  dell'ente)  e'  nominato  dal
Presidente della Regione. La stessa Corte costituzionale  (e'  citata
la sentenza n. 233 del 2006) ha, del resto, affermato che  le  nomine
degli organi di vertice e  dei  componenti  di  tutti  gli  organismi
appartenenti alla  struttura  organizzativa  della  Regione  ricadono
nella competenza residuale delle Regioni da esercitare  nel  rispetto
di principi fondamentali di organizzazione  e  funzionamento  fissati
negli statuti ai sensi dell'art. 123 Cost. 
    Sarebbe parimenti violato, dai due commi  censurati,  l'art.  123
Cost.  atteso  che  la  disciplina  da  essi  dettata  va  ricondotta
«nell'alveo»  dei   principi   fondamentali   di   organizzazione   e
funzionamento  fissati  negli  statuti  e,  quindi,  alla   normativa
statutaria, i cui limiti sono costituiti solo  da  norme  chiaramente
desumibili dalla Costituzione (sono citate, a quest'ultimo  riguardo,
le sentenze della Corte costituzionale n. 2 del 2004  e  n.  313  del
2003). 
    L'impugnato art. 3 violerebbe,  infine,  anche  l'art.  76  Cost.
perche' si pone in contrasto con l'art. 17 della legge di delegazione
n.  42  del  2009  che  subordina   l'operativita'   dei   meccanismi
sanzionatori al verificarsi di «attivita'»  che  abbiano  causato  un
grave dissesto nelle  finanze  regionali.  Infatti,  la  disposizione
censurata prevede che le sanzioni della decadenza e dell'interdizione
operino automaticamente in caso  di  grave  dissesto  finanziario,  a
prescindere dalla  sussistenza  di  «attivita'»,  cioe'  di  condotte
precise e circostanziate imputabili agli organi degli enti. 
    6.5.- La ricorrente impugna infine l'art. 7 del d.lgs. n. 149 del
2011, in riferimento agli artt. 117, quarto comma, e 119 Cost., nella
parte in cui prevede che, in caso di mancato rispetto  del  patto  di
stabilita' interno (relativo agli anni 2010 e seguenti: comma 4),  le
Regioni e le  Province  autonome  siano  assoggettate  alle  seguenti
misure: a) versamento all'entrata del bilancio  statale  dell'importo
corrispondente  alla  differenza  tra  il  risultato   registrato   e
l'obiettivo programmatico determinato; b) divieto di impegnare  spese
correnti, al netto delle spese per la sanita',  in  misura  superiore
all'importo  annuale  minimo  dei  corrispondenti  impegni  effettati
nell'ultimo triennio; c) divieto di ricorrere  all'indebitamento  per
gli investimenti; d) divieto di procedere ad assunzioni di  personale
a qualsiasi titolo, con  qualsivoglia  tipologia  contrattuale  e  di
stipulare contratti di servizio che si configurino  come  elusivi  di
tale divieto; e) obbligo di rideterminare le indennita'  di  funzione
ed i gettoni di presenza del Presidente e dei componenti della Giunta
con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare  risultante
alla data del 30 giugno 2010. 
    Secondo la Regione Lazio la normativa impugnata integra «un vasto
e  profondo  intervento  sull'assetto  finanziario   regionale»   che
comprime,   illegittimamente,   l'autonomia   finanziaria   regionale
garantita dall'art. 119 Cost. Ne' lo  Stato  potrebbe  vantare  alcun
titolo di competenza  in  proposito,  in  particolare,  a  titolo  di
determinazione  dei  principi  fondamentali  di  coordinamento  della
finanza pubblica,  tenuto  conto  che  la  disciplina  denunciata  si
configura non come di principio ma come «di minuto dettaglio». 
    La normativa impugnata, nella parte in cui vieta alle Regioni che
non hanno rispettato il  patto  di  stabilita'  interno  di  assumere
personale a qualsiasi titolo, con qualsiasi  tipologia  contrattuale,
viola anche l'art. 117, quarto comma, Cost., perche' invade  l'ambito
della  competenza  legislativa  regionale  residuale  nella   materia
dell'organizzazione amministrativa e del personale della Regione. 
    7.- Con ricorso notificato a mezzo del servizio postale - spedito
il 18 novembre 2011 e ricevuto il 23 novembre 2011 - e depositato  il
24 novembre 2011 (ric. n. 157 del 2011), la  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee  d'Aoste  ha  promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6 e  13  di  tale  decreto,
«nella parte in cui non esclude l'applicabilita' delle  norme  recate
dal medesimo atto normativo alla Regione ricorrente», per  violazione
dell'art. 76 Cost. (in relazione agli artt. 1, comma 2, e 27, commi 1
e 3, della legge di delegazione n. 42  del  2009),  «con  conseguente
lesione  delle  competenze   costituzionalmente   e   statutariamente
garantite in capo alla  stessa»  Regione  dagli  artt.  2,  comma  1,
lettere a) e b), 3, comma 1, lettere f) ed l), 4, 12,  15,  comma  2,
48, 48-bis e 50 della legge costituzionale 26  febbraio  1948,  n.  4
(Statuto speciale per la Valle d'Aosta) e dalle norme  di  attuazione
di  cui  alla   legge   26   novembre   1981,   n.   690   (Revisione
dell'ordinamento finanziario della regione  Valle  d'Aosta),  nonche'
dagli artt. 117, terzo e quarto comma, 118, 119, Cost.  in  combinato
disposto con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3  del  2001,  e
del principio di leale collaborazione ricavabile dagli artt. 5 e  120
Cost. 
    7.1.- La ricorrente deduce anzitutto che l'art. 13 del d.lgs.  n.
149 del 2011 viola 1'art. 76 Cost. perche' si pone in  contrasto  con
gli artt. 1, comma 2, e 27, commi 1 e 3, della legge  di  delegazione
n. 42 del 2009. Ad  avviso  della  ricorrente,  l'impugnato  art.  13
contrasta anzitutto con i commi 1 e 3 dell'art.  27  della  legge  di
delegazione n. 42 del 2009. Con  il  decreto  legislativo  impugnato,
applicabile alle autonomie differenziate in forza  dell'art.  13,  lo
Stato  avrebbe  dettato  una  disciplina  unilaterale  in   tema   di
meccanismi  sanzionatori  e  premiali,  operanti  in  relazione  alla
gestione  economico-finanziaria  delle  Regioni  e   delle   Province
autonome,  che  l'invocato  art.  27  riservava  alla  normativa   di
attuazione degli statuti. Da cio', secondo la  difesa  regionale,  la
violazione sia dell'art. 76 Cost. che dell'art. 48-bis dello  statuto
speciale valdostano che stabilisce le  modalita'  di  adozione  delle
norme di attuazione dello stesso. 
    La violazione dell'art. 76 Cost. ad opera del d.lgs. n.  149  del
2011, consegue al contrasto anche con la norma  interposta  dell'art.
1, comma 2, della legge n. 42 del 2009, secondo cui: «Alle regioni  a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano  si
applicano,  in  conformita'  con  gli  statuti,   esclusivamente   le
disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27». Poiche' l'art. 13 del
d.lgs. n. 149 del 2011 e' stato adottato, cosi' come l'intero decreto
legislativo, ai sensi degli artt. 2, 17 e 26 della legge  n.  42  del
2009, non applicabili, in base all'invocato art. 1, comma 2, di detta
legge di  delegazione,  alle  autonomie  speciali,  esso,  in  quanto
estende l'applicazione del decreto a tali enti, lede l'art. 76 Cost. 
    7.1.1.- L'indicata violazione dell'art. 76 Cost. determina e  «si
riflette», secondo la  ricorrente,  nella  lesione  delle  competenze
costituzionalmente e statutariamente  garantite  alla  Regione  dagli
artt. 2, comma 1, lettere a) e b), 3, comma 1, lettere f) ed  l),  4,
12, 15, comma 2, 48, 48-bis e 50 della legge costituzionale n. 4  del
1948 e dalle norme di attuazione di cui alla legge n. 690  del  1981,
nonche' dagli artt. 117, terzo e quarto comma, 118  e  119  Cost.  in
combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale n. 3  del
2001. 
    7.1.1.1.-     Detta     lesione      deriverebbe,      anzitutto,
dall'applicazione, nei confronti della Regione Valle  d'Aosta,  degli
artt. 1 e 3 del d.lgs. n. 149 del 2011. 
    Secondo  la  ricorrente,  detti  articoli,  con   lo   stabilire,
rispettivamente, l'obbligo di redigere - al  fine,  tra  l'altro,  di
garantire il coordinamento della finanza pubblica - una relazione  di
fine legislatura, fissandone i contenuti (la ricorrente richiama,  in
particolare, quelli di cui alle lettere  c,  d  ed  e,  del  comma  4
dell'art. 1) e prevedendo uno schema tipo adottato dallo  Stato,  per
redazione  della  stessa  (art.  1),  e  la  decadenza  automatica  e
l'interdizione dei funzionari regionali e dei revisori dei  conti  in
caso di grave dissesto finanziario di  cui  all'art.  2  del  decreto
legislativo (art. 3), violano, in primo luogo, gli artt. 2, comma  1,
lettera a), e 3, comma 1, lettera l), dello statuto speciale, i quali
attribuiscono  alla  Regione  la  potesta'  legislativa  in  materia,
rispettivamente, di «ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti
dalla Regione e stato giuridico ed  economico  del  personale»  e  di
«igiene sanita', assistenza ospedaliera e  profilattica».  Violazione
che sarebbe palese ove si consideri il sopravvenuto venir  meno,  per
effetto dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3  del  2011,  dei
limiti, in precedenza operanti in dette materie, dell'armonia  con  i
principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e  del  rispetto
degli interessi nazionali e delle norme  fondamentali  delle  riforme
economico-sociali della Repubblica. 
    La   citata   previsione    della    decadenza    automatica    e
dell'interdizione dei funzionari regionali e dei revisori  dei  conti
in caso di grave dissesto finanziario di cui all'art. 2  del  decreto
legislativo   configura,   inoltre,   una   lesione    dell'autonomia
amministrativa garantita dall'art.  4  dello  statuto  speciale,  che
riconosce alla  Regione  l'esercizio  delle  funzioni  amministrative
sulle materie nelle quali ha potesta' legislativa a norma degli artt.
2 e 3 dello stesso statuto. 
    Gli articoli censurati,  disponendo  adempimenti  connessi  anche
alla  gestione  economica  e  finanziaria   del   settore   sanitario
valdostano  e  degli  enti  del  servizio   sanitario   regionale   e
introducendo misure sanzionatorie conseguenti a situazioni  di  grave
dissesto finanziario  nel  medesimo  settore,  violerebbero,  infine,
l'autonomia finanziaria regionale, perche' incidono su di un  settore
interamente posto a carico del bilancio regionale  (di  tal  che'  lo
Stato non ha titolo a dettare  neppure  norme  di  coordinamento;  e'
citata, in proposito, la sentenza della Corte costituzionale  n.  341
del   2009)   e   ne   modificano   unilateralmente   la   disciplina
(modificabile, invece, solo con  l'accordo  della  Regione  ai  sensi
degli artt. 48-bis e 50 dello statuto speciale e della legge  n.  690
del  1981;  e'  citata,  in  proposito,  la  sentenza   della   Corte
costituzionale n. 133 del 2010). 
    7.1.1.2.-  La  lesione  delle  competenze  costituzionalmente   e
statutariamente garantite alla Regione deriverebbe, in secondo luogo,
dall'applicazione, nei confronti della Regione Valle  d'Aosta,  degli
artt. 4 e 6 del d.lgs. n. 149 del 2011. 
    Secondo la ricorrente, detti articoli violano gli artt. 2,  comma
1, lettera b), e 4 dello statuto speciale, i quali attribuiscono alla
Regione, rispettivamente,  la  potesta'  legislativa  in  materia  di
«ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni»,  ivi
compresa la legislazione elettorale,  e  l'esercizio  delle  funzioni
amministrative in tale materia. 
    7.1.1.3.-  La  lesione  delle  competenze  costituzionalmente   e
statutariamente garantite alla Regione deriverebbe, in  terzo  luogo,
dall'applicazione,  nei  confronti  della  Regione   Valle   d'Aosta,
dell'art. 5 del d.lgs. n. 149 del 2011. 
    Detta disposizione prevede la possibilita' per lo Stato,  per  il
tramite del Dipartimento della Ragioneria generale  dello  Stato  del
Ministero dell'economia e delle finanze, di «attivare verifiche sulla
regolarita'  della  gestione   amministrativo-contabile,   ai   sensi
dell'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre  2009,
n. 196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge,  qualora  un
ente evidenzi, anche attraverso le rilevazioni SIOPE,  situazioni  di
squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori: a) ripetuto
utilizzo   dell'anticipazione   di   tesoreria;   b)    disequilibrio
consolidato della parte corrente del bilancio; c)  anomale  modalita'
di gestione dei servizi per conto terzi» (art. 5). 
    Ad avviso della difesa regionale, detta  disposizione  viola,  in
primo luogo, l'art. 2, comma 1, lettera a), dello  statuto  speciale,
che attribuisce alla Regione la potesta' legislativa  in  materia  di
«ordinamento degli uffici e degli enti  dipendenti  dalla  Regione  e
stato giuridico ed economico del personale» alla quale va  ricondotta
anche la materia dell'ordinamento contabile (e' citata, al  riguardo,
la sentenza di questa Corte n. 107 del  1970).  Sulla  base  di  tale
competenza, alla Regione spetta il potere di regolare la gestione del
bilancio e l'erogazione delle spese in esso stanziate. 
    La medesima disposizione violerebbe, in secondo luogo, l'art.  2,
comma 1,  lettera  b),  che  riconosce  alla  Regione  la  competenza
legislativa in materia di «ordinamento  degli  enti  locali  e  delle
relative circoscrizioni». Detta competenza - rispetto alla quale sono
venuti meno, per effetto dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3
del 2011, i  limiti,  in  precedenza  operanti,  dell'armonia  con  i
principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e  del  rispetto
degli interessi nazionali e delle norme  fondamentali  delle  riforme
economico-sociali della  Repubblica  -  sarebbe  violata  perche'  la
normativa impugnata riguarda, tra l'altro, anche il  controllo  sulla
regolarita' della gestione amministrativo-contabile degli enti locali
e si riflette sui bilanci degli stessi. 
    In terzo luogo,  la  disposizione  impugnata  contrasterebbe  con
l'art. 3, comma 1, lettera f), dello statuto,  che  attribuisce  alla
Valle  d'Aosta  la  potesta'  legislativa  in  materia  di   «finanze
regionali e comunali»; norma che,  letta  «alla  luce  dei  novellati
articoli 117, comma 3 e 119,  comma  2,  Cost.,  (i  quali  risultano
parimenti lesi dalle  disposizioni  censurate)»,  qualificherebbe  la
competenza legislativa da essa prevista in materia di finanza  locale
«come non piu' meramente suppletiva a  quella  statale».  L'autonomia
finanziaria spettante  alla  Regione  in  virtu'  di  tale  parametro
statutario  consentirebbe  allo  Stato,  secondo  la  ricorrente,  di
imporre solo il rispetto dei principi e delle norme  fondamentali  in
materia di finanza pubblica e non l'applicazione di disposizioni che,
come nella specie, definiscono minuziosamente meccanismi sanzionatori
e premiali applicabili agli enti territoriali. 
    La Regione ricorrente afferma infine che, ai  sensi  dell'art.  1
del decreto legislativo 22 aprile 1994, n. 320 (Norme  di  attuazione
dello statuto speciale della regione  Valle  d'Aosta),  l'ordinamento
finanziario  della  Regione  puo'  essere  modificato  solo  con   il
procedimento previsto dall'art. 48-bis  dello  statuto  speciale  per
l'adozione  dei  decreti  legislativi  recanti  le  disposizioni   di
attuazione  dello  statuto  medesimo.  Ne  segue  che  gli   articoli
denunciati,  modificando  unilateralmente  l'ordinamento  finanziario
della Regione e degli enti locali compresi nel suo territorio, viola,
infine, anche l'art. 48-bis dello statuto. 
    7.1.1.4.-  La  lesione  delle  competenze  costituzionalmente   e
statutariamente   garantite   alla   Regione   deriverebbe,   infine,
dall'applicazione,  nei  confronti  della  Regione   Valle   d'Aosta,
dell'art. 2 del d.lgs. n. 149 del 2011. 
    Detto articolo violerebbe: a) l'art.  15,  secondo  comma,  dello
statuto speciale (secondo cui: «In armonia con la  Costituzione  e  i
principi  dell'ordinamento   giuridico   della   Repubblica   e   con
l'osservanza  di  quanto  disposto  dal  presente  Titolo,  la  legge
regionale, approvata con  la  maggioranza  assoluta  dei  consiglieri
assegnati,  determina  la  forma  di   governo   della   Regione   e,
specificatamente, le modalita' di elezione del Consiglio della Valle,
del  Presidente  della  Regione  e  degli  assessori,   i   casi   di
ineleggibilita' e di incompatibilita'  con  le  predette  cariche,  i
rapporti  tra  gli  organi  della   Regione,   la   presentazione   e
l'approvazione della mozione motivata di sfiducia nei  confronti  del
Presidente della Regione [...]») il  quale  esclude  ogni  intervento
della legge statale incidente sulla  disciplina  degli  organi  della
Regione e sulle cause di ineleggibilita' a tali organi; b) l'art.  48
dello statuto speciale, che definisce le ipotesi di scioglimento  del
Consiglio della Valle e di rimozione del Presidente della  Regione  e
disciplina il relativo procedimento, con  cio'  escludendo  qualsiasi
deroga o integrazione della relativa disciplina da parte della  legge
ordinaria dello Stato. 
    7.2.- La Regione Valle d'Aosta  deduce  poi  che  l'art.  13  del
d.lgs. n. 149 del 2011, che impone alla Regione l'adattamento a tutte
le disposizioni del decreto, viola l'art. 76 Cost. perche'  contrasta
con gli artt. 2, commi 1, 2, lettere z) ed aa), 3 e 5 della legge  di
delegazione n. 42 del 2009, essendo stato adottato senza rispettare i
vincoli procedurali previsti da detta legge  e  posti  a  tutela  del
parimenti violato principio di leale collaborazione (ricavabile dagli
artt. 5 e 120 Cost.). 
    La ricorrente sottolinea in proposito che: a) in base all'art. 2,
comma 3,  della  legge  n.  42  del  2009,  gli  schemi  dei  decreti
legislativi adottati dal Governo sono trasmessi alle  Camere  «previa
intesa da sancire  in  sede  di  Conferenza  unificata»,  mentre,  in
mancanza di detta intesa nel termine di cui all'art. 3 del d.lgs.  n.
281 del 1997, «il Consiglio dei  Ministri  delibera,  approvando  una
relazione che e' trasmessa alle Camere» nella quale «sono indicate le
specifiche motivazioni per cui l'intesa non e' stata raggiunta» (art.
2, comma 3); b) in base all'art. 2, comma 5, della stessa legge n. 42
del 2009, il Governo, nella predisposizione dei decreti  legislativi,
«assicura [...] piena  collaborazione  con  le  regioni  e  gli  enti
locali». 
    Secondo la difesa regionale,  il  Governo  avrebbe  violato  tali
vincoli procedurali, posti dalla legge n. 42 del 2009  a  tutela  del
principio di leale collaborazione. Infatti, in  mancanza  dell'intesa
in sede di Conferenza unificata sullo schema del decreto legislativo,
il Consiglio dei Ministri ha  deliberato  approvando,  il  19  maggio
2011,  una  relazione  carente  dell'indicazione  delle   «specifiche
motivazioni» per cui  l'intesa  non  era  stata  raggiunta.  In  tale
relazione si e' infatti limitato  ad  affermare  di  dare  corso  (in
mancanza dell'intesa) all'iter del provvedimento ritenendolo conforme
alla Costituzione ed ai principi e criteri direttivi della  legge  n.
42 del 2009 nonche' in ragione  della  necessita'  di  rispettare  il
termine, di imminente scadenza, per l'esercizio della  delega.  Dette
generiche affermazioni sarebbero  del  tutto  inidonee  ad  assolvere
l'obbligo  motivazionale  imposto   dalla   legge   di   delegazione,
risolvendosi in mere asserzioni di conformita' alla  Costituzione  ed
alla  legge  delega,  oltre  che  in  «auto  evidenti   attestazioni»
dell'imminente scadenza dei termini  per  l'esercizio  della  delega.
Detto obbligo motivazionale, viceversa, proprio  perche'  preordinato
ad assicurare il  sostanziale  inveramento  del  principio  di  leale
collaborazione, avrebbe richiesto la puntuale disanima delle  ragioni
che hanno determinato il mancato raggiungimento  dell'intesa  nonche'
una articolata individuazione dei profili di difformita'  emersi  tra
le posizioni dello Stato e quelle delle altre autonomie territoriali.
La totale mancanza di tali indicazioni  si  traduce,  percio',  nella
violazione degli invocati parametri. La difesa regionale osserva,  in
proposito, che la Corte costituzionale (e' citata la sentenza n.  225
del 2009) ha affermato che la assoluta carenza  e  genericita'  della
motivazione del Governo costituisce  un  vizio  del  procedimento  di
formazione dell'atto delineato dalla legge  di  delegazione  tale  da
determinare  l'illegittimita'   costituzionale   dello   stesso   per
violazione  dell'art.   76   Cost.   e   del   principio   di   leale
collaborazione. Detta violazione degli  indicati  parametri  sarebbe,
infine, idonea a tradursi, per quanto indicato al punto 1.1., in  una
lesione  dell'autonomia  legislativa,  amministrativa  e  finanziaria
della Regione. 
    8.- Con ricorso notificato il 18 novembre 2011 e depositato il 24
novembre 2011 (ric. n. 159 del 2011), la Regione Calabria ha promosso
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2, commi  1,
2, 3 e 5 del d.lgs. n. 149 del 2011, per violazione  degli  artt.  76
(per contrasto con gli artt. 2, comma 2, lettere h, i e z, 17,  comma
1, lettere a ed  e,  e  26,  comma  1,  lettera  a,  della  legge  di
delegazione n. 42 del 2009), 117, quarto comma, 121, 123 e 126 Cost. 
    8.1.- La ricorrente censura anzitutto l'art. 2,  comma  3,  primo
periodo, del d.lgs. n. 149 del 2011, che  prevede  l'incandidabilita'
alle cariche elettive  a  livello  locale,  regionale,  nazionale  ed
europeo per un periodo di dieci anni del Presidente rimosso ai  sensi
del comma 2 dello stesso art. 2. Ad avviso della Regione Calabria, la
disposizione impugnata violerebbe l'art. 76 Cost. con rifermento alle
norme interposte degli artt. 2, comma 2, lettera z), e 17,  comma  1,
lettera e), della legge di delegazione n. 42  del  2009.  La  Regione
sottolinea che, mentre il citato art. 2, comma  2,  lettera  z),  non
prevede misure sanzionatorie del genere di  quelle  introdotte  dalla
disposizione censurata, l'art. 17, comma 1, lettera e),  della  legge
n. 42 del 2009  fa  riferimento  alla  «individuazione  dei  casi  di
ineleggibilita' nei confronti degli amministratori responsabili degli
enti locali per i quali sia stato dichiarato il dissesto  finanziario
di cui all'art.  244  del  citato  testo  unico  di  cui  al  decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267». In ordine  a  tale  principio  e
criterio direttivo della delega, la ricorrente osserva  che  esso  si
riferisce: a) agli amministratori  responsabili  degli  enti  locali,
mentre le Regioni non sono enti locali (sono citate, al riguardo,  le
sentenze della Corte costituzionale n. 289 del 2009 e n. 4 del  2004,
nonche' l'art. 2 del  TUEL);  b)  alla  individuazione  dei  casi  di
ineleggibilita', mentre la disposizione censurata ha introdotto  casi
relativi al diverso istituto dell'incandidabilita' (sulla  diversita'
dei due istituti sono citate la sentenza del Consiglio di Stato, sez.
VI, 9 giugno 2008, n. 2765 e quanto affermato dalla Corte dei  conti,
sezioni riunite, «nel giugno 2011»). Poiche',  pertanto  -  e  tenuto
anche conto che le norme  che  incidono  sul  diritto  di  elettorato
passivo sono di stretta interpretazione (sono citate,  in  proposito,
le sentenze della Corte costituzionale n. 25 del  2008,  n.  306  del
2003,  n.  132  del  2001  e  n.  141  del  1996)   -   la   sanzione
dell'incandidabilita' del Presidente della Giunta regionale  prevista
dal primo periodo del comma 3 dell'art. 2 non trova alcun  fondamento
nella legge di delegazione per  non  essere  l'indicato  principio  e
criterio direttivo riferibile ne'  alle  Regioni  ne'  alla  sanzione
dell'incandidabilita', ne discende la violazione dell'art. 76 Cost. 
    Parimenti illegittimo per violazione dell'art. 76 Cost.  sarebbe,
secondo la Regione Calabria, il secondo periodo del comma 3 dell'art.
2 del d.lgs. n. 149 del 2011 il quale prevede che il Presidente della
Giunta  rimosso  non  puo'  essere  nominato  per  dieci  anni  quale
componente di alcun organo o carica di  governo  degli  enti  locali,
delle Regioni, dello Stato e dell'Unione europea.  In  proposito,  la
ricorrente sottolinea che lo stesso art. 17,  comma  1,  lettera  e),
della legge n. 42 del  2009  prevede  l'individuazione  dei  casi  di
ineleggibilita' nei confronti degli amministratori responsabili degli
enti locali «oltre che dei casi di interdizione dalle cariche in enti
vigilati o partecipati da enti pubblici». L'interpretazione  testuale
e  logico-sistematica  di  tale  principio   e   criterio   direttivo
evidenzierebbe  che  lo   stesso   ha   come   destinatari   i   soli
amministratori degli enti locali e non puo' essere riferito a  quelli
delle Regioni. Da cio' la violazione  dell'art.  76  Cost.  anche  da
parte del secondo periodo del comma 3 dell'art. 2. 
    8.2.- La Regione Calabria censura poi l'art. 2, commi 1 e 2,  del
d.lgs. n. 149 del 2011 in riferimento agli artt.  76  (per  contrasto
con gli artt. 2, comma 2, lettera z, e 17, comma 1, lettera e,  della
legge di delegazione n. 42 del 2009), 121 e 126 Cost. 
    Quanto alla dedotta violazione dell'art. 76 Cost., la  ricorrente
sottolinea   che   le   citate   norme    interposte    stabiliscono,
rispettivamente, che i decreti delegati prevedano: a) «le  specifiche
modalita' attraverso le quali il Governo, nel caso in cui la  regione
o l'ente locale non assicuri i livelli essenziali  delle  prestazioni
di  cui  all'articolo  117,  secondo   comma,   lettera   m),   della
Costituzione,  o  l'esercizio  delle  funzioni  fondamentali  di  cui
all'articolo 117, secondo comma, lettera p),  della  Costituzione,  o
qualora gli scostamenti dal patto di convergenza di cui  all'articolo
18  della  presente  legge  abbiano  caratteristiche   permanenti   e
sistematiche, adotta misure sanzionatorie ai sensi dell'articolo  17,
comma 1,  lettera  e),  che  sono  commisurate  all'entita'  di  tali
scostamenti e possono comportare l'applicazione di misure automatiche
per l'incremento delle entrate tributarie ed extra-tributarie, e puo'
esercitare  nei  casi  piu'  gravi  il  potere  sostitutivo  di   cui
all'articolo 120, secondo comma, della Costituzione,  secondo  quanto
disposto dall'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, e secondo
il principio di responsabilita' amministrativa e  finanziaria»  (art.
2, comma 2, lettera z); b) «meccanismi automatici sanzionatori  degli
organi di governo e amministrativi nel caso di mancato rispetto degli
equilibri  e  degli  obiettivi  economico-finanziari  assegnati  alla
regione [...]. Tra i  casi  di  grave  violazione  di  legge  di  cui
all'articolo 126,  primo  comma,  della  Costituzione,  rientrano  le
attivita'  che  abbiano  causato  un  grave  dissesto  nelle  finanze
regionali» (17 comma 1, lettera e). Le misure sanzionatorie  previste
da detti principi e criteri direttivi si  riferirebbero,  secondo  la
ricorrente,   a   violazioni   commesse   dagli   organi    regionali
nell'esercizio di funzioni proprie  degli  stessi.  Ad  avviso  della
Regione Calabria, gli impugnati commi 1 e 2 dell'art.  2,  prevedendo
lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente
della Giunta  regionale  nel  caso  di  grave  dissesto  finanziario,
costituente grave violazione di legge ai sensi dell'art.  126,  primo
comma, Cost., che si verifica alle condizioni che il Presidente della
Giunta regionale sia stato nominato  commissario  ad  acta  ai  sensi
dell'art. 2 della legge  n.  191  del  2009  e  non  abbia  adempiuto
all'obbligo di  redazione  del  piano  di  rientro  o  agli  obblighi
operativi derivanti dal piano stesso (comma 1,  lettera  a),  che  si
riscontri, in sede di verifica  annuale,  il  mancato  raggiungimento
degli obiettivi del piano di rientro (comma 1, lettera b) e  che  sia
stato  adottato  per   due   esercizi   consecutivi   un   incremento
dell'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF al livello massimo
previsto (comma 1, lettera c), collegherebbero dette  sanzioni  dello
scioglimento e della rimozione a violazioni commesse  dal  Presidente
della Giunta nella veste di commissario ad acta, cioe' nell'esercizio
di funzioni che non sono  proprie  dell'organo  regionale  ma  di  un
organo dell'amministrazione dello Stato (sono citate, al riguardo, le
sentenze della Corte costituzionale n. 123 del 2011, n. 361  e  n.  2
del 2010, n. 266 del 2008 e n. 237 del 2007, e le ordinanze n. 92 del
2008 e n. 417 del 2007). Da cio' la violazione dell'art. 76 Cost. 
    L'art. 76 Cost.  sarebbe  altresi'  violato  perche',  mentre  il
menzionato art. 17, comma 1, lettera e), della legge  di  delegazione
n. 42 del 2009 stabilisce che, tra i  casi  di  grave  violazione  di
legge  di  cui  all'art.  126,  primo  comma,  Cost.,  rientrano   le
«attivita'»  che  abbiano  causato  grave   dissesto   alle   finanze
regionali, i commi censurati - come sottolineato anche nel  documento
allegato al verbale della Conferenza unificata del 18 maggio 2001 «di
presa d'atto della mancata intesa» - ricollegano lo scioglimento  del
Consiglio  e  la  rimozione  del  Presidente  della  Giunta  anche  a
«semplici circostanze omissive, o di  carattere  oggettivo,  come  la
mancata realizzazione degli obblighi di piano e l'aumento dei tributi
per  due  anni,  senza  apprezzabili  risultati  sugli  equilibri  di
bilancio  (circostanze  che  potrebbero   derivare   anche   da   una
inadeguatezza degli obblighi di piano)». 
    Parimenti  violato  sarebbe  poi  l'art.  126  Cost.  Secondo  la
ricorrente, infatti, lo scioglimento del  Consiglio  regionale  e  la
rimozione del Presidente della Giunta regionale  ai  sensi  di  detto
parametro  costituzionale  richiedono  il  ricorrere  di   violazioni
commesse da detti organi «nell'esercizio delle funzioni  proprie  del
ruolo   (Consiglio,   Presidente)   di   ciascun   organo»   e    non
nell'adempimento di obblighi  derivanti  dall'esercizio  di  funzioni
svolte dal Presidente della Giunta persona fisica  «nell'espletamento
del ruolo statale di Commissario governativo, ed in ordine ai quali -
ad esempio -  il  Consiglio  [...]  mantiene  la  propria  competenza
legislativa, ma solo entro il perimetro segnato dal Piano di rientro,
e senza poter con esso interferire». La stessa norma censurata  parla
di responsabilita' politica del Presidente della Giunta «nel  proprio
mandato  di  amministrazione  della  regione»,  ma  trascura  poi  di
considerare che l'attivita' di commissario ad  acta  esula  da  detto
mandato, conferitogli dagli elettori. 
    Sarebbe infine  violato  l'art.  121  Cost.  Infatti  tale  norma
costituzionale prevede la  responsabilita'  politica  del  Presidente
della Giunta  solo  «per  l'attivita'  di  direzione  politica  della
Giunta» e non anche per le  attivita'  svolte  dal  Presidente  nella
veste di commissario ad acta. 
    8.3.- La Regione Calabria impugna infine l'art. 1 del  d.lgs.  n.
149 del 2011 in riferimento agli artt.  76  (per  contrasto  con  gli
artt. 2, comma 2, lettere h, i e z, 17, comma 1,  lettera  a,  e  26,
comma 1, lettera a, della legge di delegazione n. 42 del 2009),  117,
121 e 123 Cost. 
    Quanto alla violazione dell'art. 76 Cost., la ricorrente richiama
i seguenti principi e criteri fissati dalla legge di delega n. 42 del
2009: a) «individuazione del termine entro il quale regioni  ed  enti
locali devono comunicare al Governo i  propri  bilanci  preventivi  e
consuntivi,  come  approvati,  e  previsione  di  sanzioni  ai  sensi
dell'articolo 17, comma 1, lettera e), in caso di mancato rispetto di
tale  termine»  (art.  2,  comma  2,  lettera  h);   b)   «previsione
dell'obbligo di pubblicazione in  siti  internet  dei  bilanci  delle
regioni» (art. 2, comma 2, lettera i); c) «previsione  di  meccanismi
sanzionatori  per  gli  enti  che  non   rispettano   gli   equilibri
economico-finanziari o non  assicurano  i  livelli  essenziali  delle
prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della
Costituzione» (art. 2,  comma  2,  lettera  z);  d)  «garanzia  della
trasparenza  delle  diverse  capacita'  fiscali   e   delle   risorse
complessive per abitante prima e dopo la  perequazione,  in  modo  da
salvaguardare  il  principio  dell'ordine  della  graduatoria   delle
capacita'  fiscali  e   la   sua   eventuale   modifica   a   seguito
dell'evoluzione del quadro economico territoriale» (art. 17, comma 1,
lettera  a);  e)  «previsione  di   adeguate   forme   di   reciproca
integrazione delle basi informative di cui dispongono le regioni, gli
enti locali e lo Stato per le attivita'  di  contrasto  dell'evasione
dei tributi erariali, regionali  e  degli  enti  locali,  nonche'  di
diretta collaborazione volta a fornire dati ed elementi utili ai fini
dell'accertamento dei predetti tributi» (art. 26,  comma  1,  lettera
a). La difesa regionale afferma  che  il  denunciato  art.  1  -  col
prevedere l'obbligo delle Regioni di redigere una relazione  di  fine
legislatura  sottoscritta  dal  Presidente  della  Giunta  regionale,
indicandone i tempi ed i contenuti, col demandare ad un atto  statale
di natura non regolamentare l'adozione di  uno  schema  tipo  per  la
redazione della stessa e con lo stabilire  l'obbligo  del  Presidente
della  Giunta,  in  caso  di  mancato  adempimento  dell'obbligo   di
redazione della relazione, di darne notizia  sul  sito  istituzionale
dell'ente, motivandone le ragioni - «esuli da tali previsioni  [della
legge di delegazione],  nonche'  dalle  finalita'  ispiratrici  della
delega», perche' nessuno dei principi e  criteri  direttivi  indicati
(incluso quello dell'art. 17, comma 1, lettera a,  «unica  previsione
astrattamente  riconducibile  alla  norma  delegata  qui  impugnata»)
«prevede un obbligo di tal fatta, mentre gli obblighi  informativi  e
di trasparenza  delle  Regioni  trovano  esplicazione  in  ben  altri
obblighi (trasmissione bilanci;  pubblicazione  bilanci;  obbligo  di
fornire informazioni alle Amministrazioni  statali,  peraltro  previa
reciprocita'), allo stesso non sovrapponibili». Da cio' la violazione
dell'art. 76 Cost. 
    Contrasterebbero, in particolare, con  l'art.  76  Cost.:  a)  il
comma 6 dell'art. 1,  perche'  la  previsione  dell'obbligo  di  dare
notizia sul sito dell'ente del mancato  adempimento  dell'obbligo  di
redazione della relazione  di  fine  legislatura,  «esula  con  tutta
evidenza dai principi e dalle finalita' della legge delega» (oltre  a
violare  il  principio  di  leale  collaborazione);  b)  il  comma  5
dell'art. 1, per «l'impossibilita' in radice di demandare ad atto non
regolamentare alcunche', per assenza di alcuna norma delegante in tal
senso». 
    L'«estremo dettaglio» della norma  censurata  contrasterebbe  poi
sia con l'autonomia statutaria riconosciuta  alla  Regione  dall'art.
123 Cost. sia con l'art. 117, quarto comma,  Cost.,  che  attribuisce
alla  Regione  la  potesta'  legislativa  residuale  in  materia   di
organizzazione  interna.  In  particolare,  la  violazione  di   tali
parametri costituzionali deriverebbe, secondo  la  difesa  regionale,
dal fatto che l'articolo impugnato - con norma, appunto  di  «estremo
dettaglio» - impone che la relazione  di  fine  legislatura,  pur  se
«pare piu' di "gestione" che politica» e nonostante lo statuto  della
Regione abbia affermato il principio della separazione tra politica e
amministrazione (art. 50, comma 2), sia sottoscritta  dal  Presidente
della Giunta, oltre che obbligatoriamente sottoposta a certificazione
da parte degli organi di controllo interno regionale. 
    9.- Con  ricorso  notificato  il  18  novembre  e  depositato  il
successivo 25 novembre  (r.  ric.  n.  161  del  2011)  la  Provincia
autonoma  di  Bolzano   ha   proposto   questioni   di   legittimita'
costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 13 del d.lgs. n. 149
del 2011, denunciando la violazione degli artt. 76, 100 e 126  Cost.;
degli artt. 4, numero 3), 8,  numero  1),  9,  numero  10),  16,  47,
49-bis, 54, 79, 80, 81, 103, 104, 107  dello  statuto  della  Regione
Trentino-Alto Adige; degli artt. 2, 4, 17 e 18 del d.lgs. n. 266  del
1992; del d.P.R. n. 305 del 1988; dell'art. 8 del d.P.R. n.  526  del
1987,  nonche'  dei   principi   di   ragionevolezza   e   di   leale
collaborazione. 
    9.1.- La Provincia ricorrente censura, in via principale,  l'art.
13 del d.lgs. n. 149 del  2011,  nella  parte  in  cui  -  dopo  aver
previsto che la decorrenza  e  le  modalita'  di  applicazione  delle
disposizioni di cui al decreto legislativo nei confronti  degli  enti
ad autonomia speciale «sono stabilite, in conformita' con i  relativi
statuti, con le procedure previste dall'articolo  27  della  legge  5
maggio 2009, n. 42» - dispone l'immediata e diretta applicazione  del
decreto medesimo qualora, entro sei mesi dalla sua entrata in vigore,
non risultino concluse le procedure di cui al menzionato art.  27,  e
«sino al completamento  delle  procedure  medesime».  Si  lamenta  la
violazione dell'art. 76 Cost. in riferimento  all'art.  1,  comma  2,
della legge di delega n. 42 del 2009,  deducendo  motivi  coincidenti
con quelli sopra enunciati in riferimento al ricorso n. 148 del 2011,
proposto dalla Regione Trentino-Alto Adige. 
    L'art. 13 e' impugnato,  in  secondo  luogo,  per  contrasto  con
l'art. 104 e 107 dello statuto speciale e con il principio  di  leale
collaborazione,  sotto  un  duplice  profilo:  a)  perche'   modifica
unilateralmente il regime finanziario  provinciale  in  mancanza  del
preventivo accordo con la Provincia ricorrente, richiesto dagli artt.
104 e 107;  b)  per  violazione  della  riserva  di  legge  contenuta
nell'art. 104 dello statuto, perche' la disciplina impugnata e' stata
adottata nella forma del decreto legge e non nella  forma  e  con  le
garanzie  della  legge  ordinaria  dello  Stato,   rinforzata   dalla
previsione di un'intesa con la Regione. Ulteriore profilo di  censura
consiste, secondo la Provincia ricorrente, nella violazione dell'art.
2 del d.lgs. n. 266 del 1992, il quale, nel disciplinare  i  rapporti
tra fonti normative statali  e  provinciali,  esclude  l'applicazione
diretta delle leggi statali nelle materie di competenza provinciale e
si  limita  ad  imporre  al  legislatore  provinciale  un  dovere  di
adeguamento nei sei mesi successivi alla  pubblicazione  delle  leggi
statali. 
    In  via  subordinata   rispetto   alla   dedotta   illegittimita'
costituzionale dell'art. 13 del d.lgs. n. 149 del 2011, che  dovrebbe
comportare la non applicabilita' alle Regioni a Statuto  speciale  di
tutte le disposizioni contenute nel decreto impugnato, la  ricorrente
denuncia gli artt. da 1 a 7 del decreto legislativo medesimo. 
    9.2.- La Provincia di Bolzano denuncia gli art. 1 e 4 del  d.lgs.
n. 149 del 2011, che disciplinano, rispettivamente, la  Relazione  di
fine legislatura regionale e la Relazione di fine mandato provinciale
e comunale per violazione degli artt. 103, 104 e 107  dello  statuto.
Si osserva al riguardo che detti articoli,  in  assenza  dell'accordo
prescritto dagli  evocati  parametri,  pongono  regole  di  dettaglio
immediatamente applicabili  e  incidenti  sull'autonomia  finanziaria
della Provincia. Inoltre le  disposizioni  denunciate  -  secondo  la
ricorrente - invadono illegittimamente  la  potesta'  statutariamente
attribuita alla Provincia di emanare norme in materia di  ordinamento
degli uffici e del personale (art. 8, numero  1);  igiene  e  sanita'
(art. 9, numero  10);  finanza  locale  (artt.  80  e  81),  bilanci,
rendiconti, amministrazione del patrimonio e contratti delle province
e degli enti da esse dipendenti (art. 16 del d.lgs. n. 268 del 1992).
I menzionati articoli 1 e 4 sono censurati, infine, per la  parte  in
cui attribuiscono al Tavolo tecnico interistituzionale il  potere  di
verificare la conformita' di quanto esposto  nella  relazione  con  i
dati finanziari in proprio possesso. Se ne deduce  il  contrasto  con
l'art. 79 dello statuto, sul rilievo che essi introducono  una  forma
di controllo esterno di natura politico-costituzionale  non  prevista
dall'ordinamento statutario, che risulta cosi' integrato da parte  di
una fonte  subordinata  in  violazione  delle  procedure  paritetiche
previste dal predetto art. 79. 
    9.3.- L'art. 2 del d.lgs. n. 149  del  2011  e'  impugnato  dalla
Provincia di  Bolzano,  che  lamenta  in  primo  luogo  l'illegittima
invasione della competenza legislativa  primaria  -  attribuita  alla
Provincia dagli artt. 47 e 49-bis dello statuto - in materia di forma
di governo, in cui sarebbero da ricomprendere anche la determinazione
dei casi e delle cause di scioglimento del Consiglio provinciale e di
rimozione del Presidente della Provincia. La disposizione  censurata,
inoltre, modifica, secondo la  ricorrente  Provincia,  i  presupposti
oggettivi necessari per la rimozione  del  Presidente  della  Giunta,
perche' richiede a tale fine «grave  violazione  di  legge»,  laddove
l'art. 49-bis, comma 7, dello statuto pretende che tali violazioni di
legge siano «reiterate». Da ultimo, sarebbe violato anche l'art.  126
Cost., in quanto nell'articolo denunciato «non e' definito un obbligo
di legge che, qualora violato, comporterebbe le "gravi violazioni  di
legge" che giustificano lo scioglimento» ai sensi dell'art. 126 Cost.
Il dissesto  finanziario,  si  osserva,  potrebbe  prodursi  anche  a
prescindere da specifiche violazioni di legge, il che costituisce  in
se' un elemento di irragionevolezza della disciplina impugnata. 
    Il medesimo art. 2 e' censurato anche nel comma 4, che disciplina
una forma di potere sostitutivo per contrasto  con  la  normativa  di
attuazione statutaria di cui all'art. 8 del d.P.R. n. 526  del  1987.
Detta  normativa  ammette   l'esercizio   di   siffatto   potere   di
sostituzione solamente «in caso di accertata inattivita' degli organi
regionali e provinciali» che comporti  «inadempimento  agli  obblighi
comunitari» e prevede, comunque, la fissazione di un termine  congruo
per provvedere, sentita la  regione  o  la  provincia  interessata  e
previo  parere  della  commissione  parlamentare  per  le   questioni
regionali. Sarebbero altresi' violati l'art. 100 Cost. e gli artt. 8,
9 e 16 dello Statuto. 
    9.4.-  La  Provincia  di  Bolzano  ha   proposto   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.lgs. n. 149  del  2011,
il quale, per l'ipotesi di grave  dissesto  finanziario,  dispone  la
decadenza automatica dei direttori generali e, previa verifica  della
responsabilita' del dissesto, dei direttori amministrativi e sanitari
degli  enti  del  Servizio   sanitario   regionale,   del   dirigente
responsabile  dell'assessorato  regionale  competente,  nonche'   dei
componenti del collegio dei revisori dei conti. La ricorrente lamenta
che la disposizione impugnata si ponga in contrasto con le competenze
legislative ed  amministrative  primarie  attribuite  alla  Provincia
dall'art. 8, numero 1), dello statuto in tema di organizzazione degli
uffici e ordinamento del personale. 
    9.5.-  La  Provincia  di  Bolzano  ha   proposto   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 5 del d.lgs. n. 149  del  2011,
che attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze il  potere
di verificare la regolarita' della gestione amministrativo  contabile
qualora  un  ente  territoriale  evidenzi  situazioni  di  squilibrio
finanziario desumibili da  indicatori  predeterminati  nell'art.  14,
comma 1, lettera d), della legge  n.  196  del  2009.  La  ricorrente
denuncia in primo luogo la violazione di detta lettera d), osservando
che essa esclude espressamente il livello regionale  di  governo  dal
suo campo di applicazione e pertanto non consente  di  esercitare  il
denunciato  potere  di  verifica  ministeriale  nei  confronti  delle
Regioni e Province autonome. In secondo luogo la Provincia di Bolzano
lamenta la lesione degli artt.  54,  79,  comma  3,  80  e  81  dello
statuto, perche' il denunciato potere ministeriale  interferisce  sul
potere  di  vigilanza  sugli  enti  locali  attribuito  alla   Giunta
provinciale (art. 54), sulle funzioni di coordinamento della  finanza
pubblica nei confronti degli enti locali (art. 79, comma 3)  e  sulle
potesta' provinciali in materia di finanza locale (artt.  80  e  81).
Infine la ricorrente si duole del contrasto della normativa impugnata
con l'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, perche' detto articolo vieta
alla legge  statale,  nelle  materie  di  competenza  delle  province
autonome, di attribuire agli organi statali  funzioni  amministrative
diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto speciale  e
le relative norme di attuazione. 
    9.6.-  La  Provincia  di  Bolzano  ha   proposto   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 6 del d.lgs. n. 149  del  2011,
il quale, novellando l'art. 248, comma 5,  del  TUEL,  introduce  una
nuova forma di responsabilita' politica del presidente di provincia e
del sindaco,  per  il  caso  di  grave  dissesto  finanziario.  Ferma
restando la disposizione di salvaguardia contenuta nell'art. 1, comma
2, del citato testo unico, che fa salve le competenze  della  Regione
Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e Bolzano  in
materia di ordinamento degli enti locali  e  di  finanza  locale,  la
Provincia di Bolzano deduce che l'art. 6, anche nella  parte  in  cui
non integra testualmente il  TUEL,  viola  le  competenze  statutarie
provinciali in materia di ordinamento degli  enti  locali  (artt.  4,
numero 3, e 16), vigilanza e tutela sui comuni del proprio territorio
(art. 54), coordinamento in materia finanziaria nei  confronti  degli
enti locali e vigilanza sul raggiungimento degli obiettivi di finanza
pubblica, nonche' controllo successivo sulla gestione (art. 79, comma
3); finanza locale (artt. 80 e 81). 
    9.7.- La ricorrente ha poi impugnato l'art. 7 del d.lgs.  n.  149
del 2011, in riferimento all'art. 76 Cost.; agli artt.  79,  80,  81,
103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972; agli artt.  17  e  18  del
d.lgs. n. 268 del 1992 e al principio di leale collaborazione,  sulla
base di analoghe argomentazioni. 
    10.- Con ricorso notificato il 18 novembre 2011 e  depositato  il
28 novembre 2011 (ric. n. 162 del  2011),  la  Regione  siciliana  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e  13
del d.lgs. n. 149 del 2011, in riferimento agli artt. 76  Cost.  (per
contrasto con gli artt. 1 e 27 della legge di delegazione n.  42  del
2009) e 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, «con riferimento
all'art. 119 della Costituzione», nonche' agli artt. 8, 9,  10  e  43
del regio decreto legislativo 15 maggio 1946,  n.  455  (Approvazione
dello statuto della Regione siciliana). 
    10.1.- La Regione ricorrente impugna anzitutto gli interi artt. 2
e 13 del d.lgs. n. 149 del 2011. 
    La difesa regionale deduce in primo luogo la violazione dell'art.
76 Cost., per  contrasto  con  gli  artt.  1  e  27  della  legge  di
delegazione n. 42 del 2009. In proposito, rileva che il d.lgs. n. 149
del 2011 e' stato adottato - come risulta dal suo titolo -  «a  norma
degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009,  n.  42».  Detti
articoli, tuttavia, in base al disposto dell'art. 1, comma  2,  della
legge di delegazione n. 42 del 2009 (secondo  cui:  «Alle  regioni  a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano  si
applicano,  in  conformita'  con  gli  statuti,   esclusivamente   le
disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27») non sono  applicabili
alle Regioni a Statuto speciale ed alle Province autonome. Da cio' la
violazione dell'art. 76 Cost. da parte delle disposizioni  denunciate
«che incidono sulle prerogative statutarie» della Regione. 
    Ad  avviso  della  ricorrente,   l'impugnato   art.   13,   rende
applicabili alla Regione siciliana - sia per il tramite  delle  norme
di attuazione dello statuto speciale, ai sensi del primo periodo  del
comma 1 dello stesso, sia direttamente, in forza del secondo  periodo
del medesimo comma - disposizioni del d.lgs.  n.  149  del  2011  (in
particolare, l'art. 2 dello stesso), attuativo dell'art.  119  Cost.,
come sostituito dall'art. 5 della legge costituzionale n. 3 del 2001,
che contrastano con lo statuto, contemplando forme di autonomia  meno
ampie di quelle da esso previste. Per tale ragione,  esso  violerebbe
anche l'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del  2001  -  secondo
cui: «Sino all'adeguamento dei rispettivi  statuti,  le  disposizioni
della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a
statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per
le parti in cui prevedono forme di autonomia piu'  ampie  rispetto  a
quelle  gia'  attribuite»  -  «con  riferimento  all'art.  119  della
Costituzione». 
    10.2.- L'art. 2  del  d.lgs.  n.  149  del  2011  -  quest'ultimo
applicabile alla Regione per il tramite  delle  norme  di  attuazione
dello  statuto  speciale,  secondo  quanto   previsto   dalla   prima
disposizione citata - violerebbe anche gli artt. 8,  9,  e  10  dello
statuto speciale siciliano. Infatti, il censurato art.  2  stabilisce
presupposti e procedure per lo scioglimento dell'Assemblea  regionale
e la rimozione del Presidente  della  Regione  (oltre  che  ulteriori
interventi  sanzionatori  nei  confronti  dello  stesso   Presidente)
«ulteriori e diversi da quelli di cui agli artt.  da  8  a  10  dello
statuto», i quali regolano, «pressoche' integralmente», lo status del
Presidente della Regione siciliana con riguardo alla sua  elezione  e
durata della carica (art. 9),  alla  mozione  di  sfiducia  nei  suoi
confronti (art. 10) ed alla sua  rimozione  dalla  carica  (art.  8).
Pertanto, secondo la difesa  regionale,  «dalla  comparazione  fra  i
contenuti dell'art. 2 in esame e quelli delle norme statutarie  sopra
riportate risulta di tutta evidenza  l'illegittimita'  costituzionale
della predetta norma con  riguardo  alle  prerogative  statutarie  di
questa Regione», anche se applicata per il  tramite  delle  norme  di
attuazione dello statuto. 
    10.3.-  La  Regione  siciliana  deduce  infine   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 1, secondo periodo, del d.lgs.  n.
149 del 2011 - che stabilisce l'immediata e diretta applicazione  nei
confronti della Regione  siciliana  delle  disposizioni  del  decreto
legislativo qualora entro  sei  mesi  dall'entrata  in  vigore  dello
stesso non siano concluse le procedure per l'adozione delle norme  di
attuazione,  applicazione  prevista  sino  al  compimento  di   dette
procedure - per contrasto con l'art. 43 del proprio statuto  speciale
(secondo cui: «Una Commissione paritetica di quattro membri  nominati
dall'Alto Commissario  della  Sicilia  e  dal  Governo  dello  Stato,
determinera' le norme transitorie relative al passaggio degli  uffici
e del personale dello  Stato  alla  Regione,  nonche'  le  norme  per
l'attuazione del presente Statuto»). Secondo la difesa regionale,  la
predetta applicazione immediata e diretta del decreto legislativo nei
confronti della Regione sottrarrebbe al  «negoziato  sul  federalismo
fiscale» tra Stato e Regione siciliana materie  rispetto  alle  quali
non  sarebbe  possibile  «prescindere  dal  rispetto  del   principio
pattizio» consacrato nell'invocato parametro  statutario.  Ne'  detto
vulnus  alle  prerogative  regionali  e'  escluso   dal   fatto   che
l'applicazione delle disposizioni del decreto avverrebbe  solo  «sino
al completamento» delle  procedure  per  l'adozione  delle  norme  di
attuazione dello statuto, atteso che: a) esso rimane  tale  anche  se
temporalmente limitato; b) comunque, poiche'  lo  Stato  non  avrebbe
interesse al completamento di dette procedure, e'  probabile  che  le
stesse non vengano completate e che, conseguentemente, la  temporanea
applicazione del decreto nei confronti della Regione si protragga, in
realta', sine die. 
    11.- Con atti di identico contenuto, si e' costituito in tutti  i
giudizi il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto dei
ricorsi. 
    11.1.- Quanto alle doglianze prospettate dalle  Regioni  Lazio  e
Calabria, dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle
Province autonome di Trento e di Bolzano nei  confronti  dell'art.  1
del d.lgs. n. 149 del 2011, in riferimento  agli  artt.  123  e  117,
quarto  comma,  Cost.  (per  l'asserita  invasione  della  competenza
legislativa  delle  ricorrenti  nella   materia   dell'organizzazione
amministrativa e  ordinamento  del  personale),  la  difesa  erariale
osserva che la relazione di fine legislatura prevista dal  denunciato
art.  1  costituisce  un  nuovo  strumento  informativo  sulla  reale
situazione  finanziaria  degli  enti  e  sulle  azioni  dagli  stessi
intraprese al fine di assicurare l'equilibrio economico e finanziario
e, quindi, un mezzo per garantire la trasparenza  dell'operato  degli
amministratori pubblici nei confronti di tutti i cittadini.  Da  cio'
conseguirebbe l'infondatezza delle doglianze delle ricorrenti perche'
«tale relazione, lungi dall'incidere  sulle  prerogative  degli  enti
territoriali, verra' adottata sulla base di  una  procedura  tale  da
garantire il  rispetto  dell'autonomia  regionale  costituzionalmente
stabilita, essendo prevista [...] una certificazione da  parte  degli
organi di controllo interno regionale e successivamente una  verifica
da   parte   del   Tavolo   tecnico    interistituzionale    composto
pariteticamente da rappresentanti ministeriali e regionali». 
    11.2.-  Quanto   alle   doglianze   prospettate   dalle   Regioni
Emilia-Romagna, Campania, Lazio, Umbria  e  Calabria,  dalle  Regioni
autonome Trentino-Alto Adige/Südtirol e siciliana  e  dalle  Province
autonome di Trento e di Bolzano nei confronti dell'art. 2 del  d.lgs.
n. 149 del 2011, la difesa dello  Stato  prende  anzitutto  in  esame
quelle aventi ad oggetto i commi 1 e 2 di detto articolo. 
    A proposito di tali censure, la parte resistente osserva che:  a)
i commi denunciati non connettono l'applicazione dell'art. 126  Cost.
a semplici condotte omissive del Presidente  della  Giunta  regionale
nella sua qualita' di commissario ad acta, ma a gravi  violazioni  di
obblighi di legge che portano al dissesto della finanza regionale (la
fattispecie di grave  violazione  di  legge  non  potrebbe,  infatti,
configurarsi qualora  il  Presidente  della  Giunta  potesse  addurre
valide giustificazioni della propria condotta omissiva o del  mancato
raggiungimento degli  obiettivi  del  piano  di  rientro  legate,  ad
esempio, ad eventi non prevedibili che non consentano alle Regioni ed
alle  Province  autonome   di   assolvere   alle   proprie   funzioni
fondamentali  ed  all'erogazione   dei   livelli   essenziali   delle
prestazioni),  in  coerenza  con  quanto  previsto  dalla  legge   di
delegazione; b) il Consiglio dei ministri puo' procedere solo  previo
parere conforme  della  Commissione  parlamentare  per  le  questioni
regionali espresso a maggioranza dei due  terzi  dei  componenti;  c)
l'accertamento  della  Corte  dei  conti   puo'   essere   ricondotto
nell'ambito  dei  compiti  da  essa  svolti  in  sede  di   controllo
successivo, nel cui contesto saranno esaminati gli elementi contabili
necessari alla verifica della sussistenza della  responsabilita'  del
Presidente della Giunta. 
    La difesa dello Stato prende poi in esame le censure  prospettate
nei confronti del comma 3 dell'art. 2 del d.lgs. n. 149 del  2011  in
tema di incandidabilita' del Presidente della  Giunta  regionale,  in
riferimento all'art. 76 Cost., sotto il profilo del contrasto con  la
legge  di  delegazione  che  prevede  l'individuazione  di  casi   di
ineleggibilita' solo con riguardo  agli  amministratori  responsabili
degli enti locali per i  quali  sia  stato  dichiarato  lo  stato  di
dissesto finanziario, e  all'art.  122  Cost.  A  proposito  di  tali
censure, la  parte  resistente  osserva  che  l'incandidabilita'  del
Presidente della Giunta rimosso  costituisce  una  necessaria  misura
sanzionatoria,  a  fronte  di  una  grave  situazione   di   dissesto
finanziario, volta a tutelare i cittadini evitando che ricada  su  di
essi l'inefficienza  di  un  Presidente  che  ha  compiuto  gravi  ed
immotivate violazioni degli  obblighi  di  risanamento  del  bilancio
regionale. 
    L'Avvocatura generale  dello  Stato  esamina  infine  le  censure
prospettate nei confronti del comma 7 dell'art. 2 del d.lgs.  n.  149
del 2011 per violazione dell'art. 120 Cost.  perche'  tale  parametro
costituzionale fa riferimento solo alla tutela dei livelli essenziali
delle prestazioni. A proposito di tale  censura,  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri deduce che, in base alla legge di  delegazione
n. 42 del 2009, il raggiungimento  degli  obiettivi  di  servizio  e'
necessariamente connesso alla tutela  dei  livelli  essenziali  delle
prestazioni. Infatti, in particolare: a) l'art. 2, comma  2,  lettera
f), di detta legge prevede il principio e  criterio  direttivo  della
«definizione degli  obiettivi  di  servizio  cui  devono  tendere  le
amministrazioni regionali  e  locali  nell'esercizio  delle  funzioni
riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni [...]»;  l'art.
18 della stessa legge n. 42 del 2009 stabilisce che «Nell'ambito  del
disegno di legge finanziaria ovvero con  apposito  disegno  di  legge
collegato alla manovra di finanza pubblica, [...] il Governo,  previo
confronto e valutazione congiunta in sede  di  Conferenza  unificata,
propone norme di coordinamento dinamico della finanza pubblica  volte
a realizzare l'obiettivo della convergenza dei costi e dei fabbisogni
standard  dei  vari  livelli  di  governo  nonche'  un  percorso   di
convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli  essenziali  delle
prestazioni [...]». Da cio' la piena legittimita' dell'esercizio  del
potere sostitutivo statale nel caso di mancato  raggiungimento  degli
obiettivi di servizio. 
    11.3.-  Quanto   alle   doglianze   prospettate   dalle   Regioni
Emilia-Romagna, Lazio e Umbria e dalle Province autonome di Trento  e
di Bolzano nei confronti dell'art. 3 del d.lgs. n. 149 del 2011 -  in
materia di decadenza automatica  dei  direttori  generali  e,  previa
verifica delle rispettive responsabilita' del dissesto, dei direttori
amministrativi  e  sanitari  degli  enti   del   Servizio   sanitario
regionale,  del  dirigente  responsabile  dell'assessorato  regionale
competente, nonche' dei componenti  del  collegio  dei  revisori  dei
conti al verificarsi del grave dissesto finanziario di cui all'art. 2
dello stesso decreto legislativo - per violazione dell'art. 76  Cost.
(perche' detta disposizione prevederebbe l'applicazione  di  sanzioni
che la legge di  delega  n.  42  del  2009  contempla  solo  per  gli
amministratori degli enti locali)  e  dell'art.  117,  quarto  comma,
Cost. (per l'invasione della potesta' legislativa regionale residuale
in  materia  di  organizzazione  degli  uffici  e   ordinamento   del
personale), la difesa dello Stato deduce l'infondatezza delle  stesse
perche' l'impugnato art. 3 non farebbe che applicare  all'ipotesi  di
grave dissesto finanziario una disposizione gia' vigente  (l'art.  2,
comma 79, lettera a, della legge n. 191 del 2009) estendendola  anche
ai componenti del collegio dei revisori dei  conti  (sul  presupposto
che essi possano essere coinvolti nella attivita' che hanno  condotto
al grave dissesto finanziario), prevedendo, comunque,  un  meccanismo
di verifica delle rispettive responsabilita' nel dissesto. 
    11.4.- Quanto alle doglianze prospettate dalla  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle Province autonome di Trento e di
Bolzano nei  confronti  dell'art.  4  del  d.lgs.  n.  149  del  2011
riguardante l'obbligo per le Province ed i  Comuni  di  redigere  una
relazione  di  fine   mandato,   la   difesa   dello   Stato   deduce
l'infondatezza  delle   stesse   perche'   «tale   relazione,   lungi
dall'incidere  sulle  prerogative  degli  enti  territoriali,  verra'
adottata sulla base di una procedura tale da  garantire  il  rispetto
dell'autonomia costituzionalmente stabilita, essendo  prevista  [...]
una certificazione da parte  degli  organi  di  controllo  interno  e
successivamente  una  verifica  da  parte  di   un   Tavolo   tecnico
interistituzionale   composto   pariteticamente   da   rappresentanti
ministeriali e regionali». 
    11.5.- Quanto alle doglianze prospettate dalla  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle Province autonome di Trento e di
Bolzano nei  confronti  dell'art.  5  del  d.lgs.  n.  149  del  2011
riguardante le verifiche, da  parte  del  Ministero  dell'economia  e
delle finanze-Dipartimento della  Ragioneria  generale  dello  Stato,
della regolarita' della gestione amministrativo-contabile degli enti,
la difesa erariale deduce che detto articolo risponde a finalita'  di
controllo e di prevenzione di abusi e «si giustifica alla luce  delle
considerazioni gia' svolte, oltre a  trovare  diretta  legittimazione
nella richiamata previsione della legge delega».  L'Avvocatura  dello
Stato sottolinea inoltre che: a) detto controllo  va  inquadrato  tra
quelli di carattere collaborativo, in un'ottica  di  prevenzione  (al
fine di stimolare l'efficienza nella gestione delle risorse) piu' che
di sanzione; b) le  modalita'  di  attuazione  delle  verifiche  sono
definite con decreto del Ministro dell'economia e delle  finanze,  di
concerto con il Ministro per i rapporti  con  le  Regioni  e  per  la
coesione territoriale, previa intesa con la Conferenza unificata,  «a
conferma del rispetto della sfera di  autonomia  delle  regioni»;  c)
dette modalita'  di  attuazione  devono  prevedere,  a  tutela  delle
autonomie locali, adeguate forme di contraddittorio tra il  Ministero
dell'economia e delle finanze-Dipartimento della Ragioneria  generale
dello Stato e gli enti sottoposti alle verifiche. 
    11.6.- Quanto alle doglianze prospettate dalla  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle Province autonome di Trento e di
Bolzano nei confronti dell'art. 6 del d.lgs. n. 149 del 2011 in  tema
di  responsabilita'  politica  del  presidente  di  provincia  e  del
sindaco, oltre a richiamare quanto da essa  dedotto  in  ordine  alle
censure aventi ad oggetto gli artt. 2 e  3,  la  difesa  dello  Stato
sottolinea   che,   in   base   alla   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale (sono citate le sentenze n. 336 e n. 50 del 2005),  la
distinzione, nell'ambito della  competenza  legislativa  concorrente,
tra  norme  di  principio  fondamentale  e  norme  di  dettaglio  «e'
correlata alle esigenze unitarie di cui e' portatore lo Stato».  Alla
stregua di cio', e della giurisprudenza  costituzionale  citata,  «la
questione» non sarebbe fondata perche' la disposizione  impugnata  si
giustifica in virtu' della particolare congiuntura  economica,  della
necessita' di risanamento del deficit pubblico e  dell'attuazione  di
un piano di prevenzione, controllo e repressione degli abusi compiuti
dalle amministrazioni locali (e' richiamata, al  riguardo,  anche  la
sentenza della Corte costituzionale n. 237 del 2009). 
    11.7.- Quanto alle doglianze  prospettate  dalla  Regione  Lazio,
dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e dalle  Province
autonome di Trento e di Bolzano nei confronti dell'art. 7 del  d.lgs.
n. 149 del 2011 - in tema di sanzioni a carico delle Regioni e  delle
Province autonome che non abbiano rispettato il patto  di  stabilita'
interno - in riferimento agli artt. 119 Cost. (per  il  carattere  di
dettaglio e non di principio delle misure  imposte  alle  Regioni  ed
alle Province  autonome  per  il  conseguimento  degli  obiettivi  di
finanza pubblica), e 117, quarto comma, Cost. (per l'invasione  della
competenza legislativa regionale in materia di  organizzazione  degli
uffici e del personale, la' dove prevede la sanzione del  divieto  di
assumere personale), la difesa statale afferma  che  la  disposizione
impugnata, disciplinando un sistema sanzionatorio inteso a  garantire
che  gli  enti  territoriali  conseguano  gli  obiettivi  di  finanza
pubblica  loro  assegnati,  rientra  nell'ambito   della   competenza
legislativa  statale  in  materia  di  coordinamento  della   finanza
pubblica. La parte resistente sottolinea che la Corte  costituzionale
(e' citata la sentenza n. 284 del  2009)  ha  affermato  che:  a)  il
contenimento della spesa pubblica rientra  nella  generale  finalita'
del coordinamento finanziario, con la conseguenza che il  legislatore
statale  puo'  legittimamente  imporre  alle  Regioni  vincoli   alle
politiche  di  bilancio  -  anche  se  essi   vengano   ad   incidere
sull'autonomia regionale di spesa  -  per  ragioni  di  coordinamento
finanziario volto a salvaguardare l'equilibrio della finanza pubblica
complessiva,  in  connessione  con  il  perseguimento  di   obiettivi
nazionali, condizionati anche da  obblighi  comunitari,  tra  cui  il
rispetto  del  Patto  di  stabilita'  e  crescita;  b)   i   principi
fondamentali di  coordinamento  della  finanza  pubblica  comprendono
anche  norme  puntuali,  adottate  per  realizzare  in  concreto   la
finalita' del  coordinamento;  c)  le  norme  statali  recanti  detti
principi devono limitarsi a porre  obiettivi  di  riequilibrio  della
finanza pubblica, intesi nel senso  di  un  transitorio  contenimento
complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non devono
prevedere  in  modo  esaustivo   strumenti   e   modalita'   per   il
perseguimento  di  detti  obiettivi.   La   disposizione   denunciata
rispetta, in particolare,  quest'ultimo  requisito  necessario  della
normativa statale di principio fondamentale  di  coordinamento  della
finanza  pubblica  perche'  gli  enti  territoriali  sono  liberi  di
individuare gli strumenti piu' idonei  per  il  raggiungimento  degli
obiettivi di  finanza  pubblica  loro  assegnati,  mentre  le  misure
sanzionatorie previste dall'art. 7 costituiscono solo la  conseguenza
del mancato raggiungimento degli stessi. Da cio' l'infondatezza delle
censure avanzate dalle ricorrenti. 
    11.8.-  La  difesa  dello  Stato  esamina  infine  le   doglianze
prospettate  dalla  Regioni  autonome  Trentino-Alto  Adige/Südtirol,
Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e siciliana e dalle Province autonome di
Trento e di Bolzano nei confronti dell'art. 13 del d.lgs. n. 149  del
2011 per contrasto con l'art. 76 Cost. (in riferimento agli artt.  1,
comma 2, e 27 della legge di delegazione n. 42  del  2009,  i  quali,
secondo le ricorrenti, riserverebbero alla  normativa  di  attuazione
degli statuti speciali la materia disciplinata dal d.lgs. n. 149  del
2011) e con  le  disposizioni  statutarie  e  le  relative  norme  di
attuazione  che   attribuiscono   alle   ricorrenti   la   competenza
legislativa  nelle  materie  dell'ordinamento  degli  uffici  e   del
personale, della finanza locale, dell'igiene e sanita' e della  forma
di governo. L'Avvocatura generale dello  Stato  osserva  al  riguardo
che: a) non vi e' alcuna violazione  della  legge  n.  42  del  2009,
perche' l'impugnato  art.  13  richiama  espressamente  le  procedure
dell'art. 27  della  stessa  legge;  b)  l'applicazione  immediata  e
diretta negli enti ad autonomia differenziata del d.lgs. n.  149  del
2011 nel caso in cui, nel termine di sei mesi dall'entrata in  vigore
dello  stesso,  non  siano  state  concluse  le  procedure   previste
dall'art. 27 della legge n. 42 del 2009 (art. 13,  comma  1,  secondo
periodo),  applicazione  protratta  sino  al  completamento  di  tali
procedure, e' volta a garantire una uniforme applicazione sull'intero
territorio nazionale dei meccanismi sanzionatori e premiali  previsti
dal decreto legislativo, al fine di evitare disparita' di trattamento
tra  le  autonomie  regionali,   nel   rispetto   dei   principi   di
ragionevolezza e di buon  andamento  della  pubblica  amministrazione
(art. 97 Cost.). 
    12.- In prossimita' dell'udienza  pubblica  del  9  ottobre  2012
hanno  depositato  memorie  le  Regioni  Emilia-Romagna,   Umbria   e
Campania, la  Provincia  autonoma  di  Bolzano,  nonche'  la  Regione
Molise, interveniente nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale
proposto con ricorso n. 149 del 2011 dalla Regione Emilia-Romagna. 
    12.1.- Le Regioni Emilia-Romagna e Umbria, con atti  di  identico
contenuto, richiamano e ribadiscono tutti i rilievi di illegittimita'
costituzionale gia' esposti  nei  rispettivi  ricorsi.  Inoltre  esse
evidenziano che l'art. 2, comma  1,  del  d.lgs.  n.  149  del  2011,
prevedendo un'ipotesi  di  responsabilita'  politica  del  Presidente
della  Regione,  ne  fa  un  organo  politicamente  responsabile  nei
confronti del Governo, il che «sarebbe del tutto abnorme rispetto  al
quadro  costituzionale».  Inoltre,  secondo  le  ricorrenti,  sarebbe
illegittimo  sanzionare   siffatta   responsabilita'   politica   del
Presidente della Regione con l'incandidabilita' (disposta nel comma 3
dell'impugnato  art.  2)  perche'  questa  costituisce  una   «figura
eccezionale di compressione del fondamentale  diritto  di  elettorato
passivo», che consegue all'accertamento di gravissime responsabilita'
di rilievo penale, mentre nella  specie  le  condotte  imputabili  al
Presidente sarebbero certamente gravi, ma tali da dare luogo soltanto
a una responsabilita' di tipo amministrativo-contabile.  Quanto  alla
censura concernente l'articolo 2, comma 7,  le  ricorrenti  replicano
alla deduzione dell'Avvocatura generale dello Stato, secondo la quale
«il raggiungimento degli obiettivi  di  servizio  e'  necessariamente
connesso  alla  tutela  dei  livelli  essenziali  delle  prestazioni»
osservando che gli obiettivi di  servizio  differiscono  dai  livelli
essenziali «sia in relazione agli enti interessati (gli obiettivi  di
servizio riguardano solo alcune Regioni meridionali mentre i  livelli
essenziali si rivolgono a tutte le Regioni)  sia  in  relazione  alla
procedura attraverso la quale sono fissati gli obiettivi ed  al  loro
stesso contenuto». Si ricorda in proposito  che  il  Ministero  dello
sviluppo economico - Dipartimento  per  lo  sviluppo  e  la  coesione
economica definisce gli obiettivi di  servizio  come  «un  meccanismo
premiale volto a migliorare alcuni  servizi  essenziali  e  a  creare
condizioni favorevoli per l'attrazione di investimenti privati» e  li
riferisce a quattro ambiti strategici: istruzione,  servizi  di  cura
per l'infanzia e per gli  anziani,  gestione  dei  rifiuti  urbani  e
servizio idrico integrato. 
    12.2.- La Regione Campania richiama e ribadisce tutti  i  rilievi
di illegittimita' costituzionale gia' esposti nel proprio ricorso. 
    12.3.- Quanto alle censure indirizzate all'art. 2, comma  2,  del
d.lgs. n. 149 del 2011, la difesa regionale  ribadisce  anzitutto  la
violazione dell'art. 126 Cost., evidenziando  che,  mentre  il  primo
comma di tale norma costituzionale presuppone condotte  degli  organi
di  governo  regionali  connotate  da   «elevatissima   gravita'»   e
integranti un «esercizio  intenzionalmente  distorto  delle  funzioni
istituzionali», il censurato comma 2 dell'art. 2 del  d.lgs.  n.  149
del 2011 ha riguardo alla mancata osservanza degli impegni assunti in
sede di piano di rientro  dal  disavanzo  sanitario:  la  fattispecie
prevista dalla  norma  censurata  non  rientra,  quindi,  nell'ambito
dell'esercizio delle ordinarie competenze regionali, ma configura  un
intervento sostitutivo del Governo alle cui direttive  il  Presidente
della Giunta regionale, commissario ad acta, e' condizionato, di  tal
che' le sue decisioni non  possono  essere  ricondotte  al  ruolo  di
rappresentante della Regione ne' possono riflettersi sulla sua carica
di Presidente della Regione. Quanto all'irragionevolezza dello stesso
comma 2 dell'art. 2 dovuta all'omessa  presa  in  considerazione  dei
miglioramenti conseguiti dal Presidente pro-tempore  nella  riduzione
del disavanzo, la ricorrente sottolinea che la stessa trova  conferma
proprio nell'attuale  situazione  della  Regione  Campania,  dove  il
Presidente attualmente in carica,  nominato  commissario  ad  acta  a
seguito delle elezioni regionali del  marzo  dell'anno  2010,  si  e'
trovato  a  fronteggiare  un  gravissimo  dissesto   finanziario   e,
nonostante i  miglioramenti  ottenuti  nel  risanamento  del  settore
sanitario,  rischia,  in  base  alla  norma  denunciata,  di  vedersi
addossare la  responsabilita'  per  il  mancato  conseguimento  degli
obiettivi annuali di  rientro  previsti  dal  piano.  Sempre  a  tale
riguardo, non sarebbe convincente quanto affermato dalla difesa dello
Stato a proposito della possibilita' per il Presidente della  Regione
di «addurre valide giustificazioni a sostegno della propria  condotta
omissiva o del mancato raggiungimento degli obiettivi  del  piano  di
rientro», atteso che di tale  possibilita'  non  vi  sarebbe  traccia
nella norma censurata la  quale  sembra  prevedere  come  presupposti
della propria operativita' semplici condotte omissive  o  addirittura
circostanze di carattere oggettivo  quali  la  mancata  realizzazione
degli obiettivi  del  piano  di  rientro  e  l'aumento  dell'aliquota
dell'addizionale regionale all'IRPEF per due anni senza  apprezzabili
risultati sugli equilibri di bilancio  (cio'  che  potrebbe  derivare
anche dall'inadeguatezza dello stesso piano di rientro). Quanto  alla
violazione degli artt. 122 e 126  Cost.,  sotto  il  profilo  che  il
denunciato art. 2, comma 2, non precisa la natura, le modalita' ed  i
limiti dell'accertamento della Corte dei conti in esso  previsto,  la
difesa della ricorrente afferma che  detta  violazione  non  verrebbe
meno anche a ritenere - come fa la difesa  dello  Stato  nel  proprio
atto di costituzione - che l'attivita' della Corte e'  da  ricondurre
nell'ambito dei compiti svolti dalla magistratura contabile  in  sede
di   controllo   successivo;   in   realta',   l'accertamento   della
riconducibilita' del grave dissesto finanziario al  Presidente  della
Giunta per dolo o colpa grave sembra  involgere  -  contrariamente  a
quanto ritenuto dall'Avvocatura generale dello Stato - l'esercizio di
poteri     tipici      del      giudizio      di      responsabilita'
contabile-amministrativa;  la  norma   denunciata   parrebbe   quindi
configurare una nuova competenza della Corte dei conti che  -  sempre
secondo la ricorrente - avrebbe richiesto una previsione  espressa  e
chiara. 
    12.4.- Quanto alle censure promosse nei  confronti  dell'art.  2,
comma 3, del d.lgs. n. 149 del 2011,  in  riferimento  all'art.  122,
primo comma, Cost., la ricorrente ribadisce sia che  tale  norma  non
sembra rispettare la necessaria e ragionevole proporzionalita'  nella
limitazione del diritto  di  elettorato  passivo,  tenuto  conto  che
ricomprende   nell'ambito   dell'istituto   dell'incandidabilita'   -
preordinato  a  fronteggiare  il  fenomeno  dell'infiltrazione  della
criminalita'  organizzata  negli   organi   elettivi   -   l'ipotesi,
estremamente  meno  grave  e  rilevante,  della  responsabilita'  del
Presidente della Giunta per grave dissesto finanziario sia  che  essa
e' collocata fuori della corretta  sedes  materiae  costituita  dalla
legge n. 165 del 2004. 
    12.5.- Quanto alle censure indirizzate all'art. 2, comma  5,  del
d.lgs. n. 149 del 2011, la ricorrente ribadisce il contrasto di  tale
norma con: a) l'art.  126,  primo  comma,  Cost.,  in  ragione  della
mancata previsione di un procedimento di nomina  del  commissario  ad
acta (chiamato ad  esercitare  le  competenze  del  Presidente  della
Giunta regionale rimosso concernenti  l'ordinaria  amministrazione  e
gli  atti  improrogabili)  che  garantisca  il  coinvolgimento  della
Regione; b) gli artt. 120, secondo comma, e 126, primo comma,  Cost.,
per l'attribuzione al commissario  ad  acta  di  competenze  generali
(originariamente riservate all'organo politico) anziche'  limitare  i
poteri  del  commissario   al   compimento   di   singole   attivita'
specificamente  individuate  (oltre   alla   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 165 del 2011, gia'  menzionata  nel  ricorso,  sono
citate le sentenze della stessa Corte n. 123 del 2011 e  n.  361  del
2010); c) l'art. 126, primo  comma,  Cost.,  a  causa  della  mancata
previsione di un termine - che, come si  evincerebbe  dalla  sentenza
della Corte costituzionale n. 196 del 2003, dovrebbe essere certo  ed
espresso - per la celebrazione delle elezioni per  il  rinnovo  degli
organi regionali e dell'organo che deve indirle. 
    12.6.-  La  Provincia  autonoma   di   Bolzano,   nell'articolare
ulteriormente  le  proprie  deduzioni  in  replica  alle  difese  del
Presidente del Consiglio, rileva in via preliminare e assorbente  che
l'intero decreto legislativo n. 149 del 2011  e'  inapplicabile  alla
Provincia ricorrente, in quanto esso e' attuativo degli artt. 2, 17 e
26 della legge di delegazione n. 42 del 2009, laddove la clausola  di
esclusione contenuta nell'art. 1, comma 2, di detta legge  stabilisce
che  gli  unici  principi  della  delega  sul   federalismo   fiscale
applicabili alle Regioni a statuto speciale e alle Province  autonome
sono quelli contenuti negli artt. 15, 22 e 27. 
    12.7.-  Ha  depositato  una  memoria  anche  la  Regione  Molise,
intervenuta nel giudizio di legittimita' costituzionale proposto  con
il ricorso n. 149 del 2011 dalla Regione Emilia-Romagna.  La  Regione
Molise, dopo avere affermato il proprio  diritto  ad  intervenire  ad
adiuvandum in un giudizio promosso da un'altra Regione nonostante  la
mancata impugnazione in  via  diretta  della  normativa  statale,  si
sofferma ad illustrare ampiamente i motivi  dedotti  a  sostegno  del
ricorso  proposto  dalla  Regione  Emilia-Romagna,  sostenendone   la
fondatezza. 
    13.- Nelle more dei giudizi promossi avverso il d.lgs. n. 149 del
2011 e' sopraggiunto  il  decreto  legge  10  ottobre  2012,  n.  174
(Disposizioni urgenti in materia di  finanza  e  funzionamento  degli
enti territoriali, nonche' ulteriori  disposizioni  in  favore  delle
zone  terremotate  nel  maggio  2012),  convertito  in   legge,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012,  n.
213, il cui art. 1-bis ha introdotto modifiche agli artt. 1, 4 e 5, e
ha aggiunto l'art. 4-bis, al testo normativo gia' impugnato. 
    14.- La Regione autonoma Sardegna, che non aveva proposto ricorso
avverso il d.lgs. n. 149 del 2011, ha promosso (reg. ric. n.  20  del
2013)  questioni  di  legittimita'   costituzionale,   tra   l'altro,
dell'art. 1-bis,  commi  1  e  4,  del  d.l.  n.  174  del  2012,  in
riferimento agli artt. 3, 97, 116, 117, 119 e 127 Cost.,  agli  artt.
7, 8, 15, 33, 35, 37, 54, 56 della legge costituzionale  26  febbraio
1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), agli artt. 1, 4,  5  e
10 del d.P.R. 16 gennaio 1978,  n.  21  (Norme  di  attuazione  dello
Statuto speciale per la Sardegna concernente il controllo sugli  atti
della Regione). 
    L'art. 1-bis, comma 1, impugnato modifica l'art. 1 del d.lgs.  n.
149 del 2011. 
    La ricorrente accentra la propria  attenzione  sulla  lettera  c)
della norma impugnata,  osservando  che,  per  effetto  di  essa,  il
Presidente della Giunta e' tenuto a trasmettere la relazione di  fine
legislatura alla sezione  regionale  di  controllo  della  Corte  dei
conti. 
    In tal modo, a  parere  della  Regione,  il  legislatore  avrebbe
introdotto una nuova forma di controllo sull'operato della Giunta,  a
fini sanzionatori, che non e' contemplata dalla fonte statutaria.  La
disposizione impugnata verrebbe, per  tale  via,  ad  incidere  sulla
forma di governo regionale, alterando i  rapporti  istituzionali  tra
Presidente e Consiglio. 
    Sarebbero cosi' lesi, anzitutto, gli artt.  15,  35  e  37  dello
statuto, che disciplinano la forma di governo regionale, la posizione
del Presidente della Giunta ed i suoi rapporti con il Consiglio. Allo
stesso modo, sarebbero violati anche gli artt. 3 e 97 Cost.,  poiche'
il Presidente della Giunta non ha modo di interloquire con  la  Corte
dei Conti, cio' che renderebbe irragionevole la disciplina censurata. 
    In secondo luogo, la Regione  Sardegna  sottolinea  che  le  sole
forme di controllo consentite, nei confronti della Regione e da parte
della Corte dei Conti, sono indicate dalle norme di attuazione  dello
statuto, ed in particolare dagli artt. 1, 4 e 5 del d.P.R. n. 21  del
1978, e non possono essere modificate  se  non  con  il  procedimento
della  revisione  statutaria  o  della  modificazione   delle   norme
attuative. 
    La norma impugnata, violando gli  artt.  7,  8,  54  e  56  dello
statuto, l'art. 116 Cost. ed il d.P.R. n. 21 del  1978,  nella  parte
appena indicata, avrebbe invece configurato un nuovo controllo per di
piu' non limitato alla  legittimita',  ma  esteso  al  «merito  delle
concrete scelte politiche» regionali. 
    L'art. 1-bis, comma 4, impugnato modifica l'art. 5 del d.lgs.  n.
149 del 2011. 
    La ricorrente  premette  che  tale  novella  rende  espressamente
applicabile ai soggetti ad autonomia speciale il potere  ministeriale
di      verifica      sulla      regolarita'      della      gestione
amministrativa-contabile. 
    Tale funzione, a parere della ricorrente,  sarebbe  in  contrasto
con gli artt. 7, 54 e 56 dello statuto, con l'art. 116  Cost.  e  con
l'art.  10  del  d.P.R.  n.  21  del  1978  per  le  ragioni   appena
evidenziate: si sarebbe in presenza  di  un  «controllo  ministeriale
totalmente sconosciuto non solo allo Statuto, ma  all'intero  sistema
costituzionale», e per giunta attribuito non alla  Corte  dei  Conti,
quale organo dello Stato-comunita', ma all'amministrazione statale. 
    Inoltre, posto che il bilancio e' approvato con legge, tale forma
di controllo preventivo sarebbe in  contrasto  con  l'art.  33  dello
statuto e il piu' favorevole art. 127 Cost.,  che  non  ammette  piu'
alcun controllo preventivo sulla legislazione regionale. 
    A fronte  della  inadeguatezza  della  clausola  di  salvaguardia
recata dall'art. 11-bis  del  d.l.  n.  174  del  2012  a  preservare
l'autonomia regionale, la ricorrente conclude per la declaratoria  di
illegittimita' costituzionale della norma impugnata. 
    15.- La Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia,  che  a  propria
volta non aveva impugnato il d.lgs. n.  149  del  2011,  ha  promosso
(reg. ric. n. 17 del 2013) questioni di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1-bis, comma 1, lettere a), numero 1), ed e),  e  comma  4,
del d.l. n. 174 del 2012, in riferimento agli artt. 3, 24,  97,  113,
117, terzo e quarto comma, Cost., e agli artt. 4, numero 1), 12,  22,
41, 48, 65 della legge costituzionale 31 gennaio 1963 n.  1  (Statuto
speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia). 
    La ricorrente  premette  di  svolgere  le  proprie  censure,  con
riferimento al comma 1, per la sola ipotesi in  cui  non  si  dovesse
ritenere operante la  clausola  di  salvaguardia  prevista  dall'art.
11-bis del. d.l. n. 174 del 2012. 
    Quanto all'art. 1-bis, comma 1, lettere a), numero 1), ed e),  la
Regione contesta che  il  legislatore  statale  possa  «intromettersi
nell'organizzazione     costituzionale     e      nell'organizzazione
amministrativa» regionale. La relazione di fine legislatura eccede, a
parere della ricorrente, la  natura  di  principio  di  coordinamento
della  finanza  pubblica,  avendo  carattere  dettagliato,   e   lede
l'autonomia finanziaria della Regione  e  la  potesta'  residuale  in
materia di  organizzazione  degli  uffici:  da  cio'  deriverebbe  la
violazione degli artt. 117, terzo e  quarto  comma,  Cost.,  e  degli
artt.  4,  numero  1),  12  e  48  dello  statuto.  La   compressione
dell'autonomia  organizzativa   sarebbe   particolarmente   evidente,
laddove la norma impugnata individua direttamente l'organo  regionale
competente a redigere la relazione. 
    Inoltre,  la  disciplina  censurata,  prevedendo   sanzioni   nei
confronti del  Presidente  della  Giunta,  concernerebbe  lo  «status
dell'organo  regionale  di  vertice»,  rimesso  invece  all'autonomia
regionale dagli artt. 12, 22, 41 (quanto alla misura dell'indennita',
anch'essa incisa) e 65 dello statuto. 
    La Regione sarebbe poi legittimata  a  denunciare  la  violazione
degli artt. 24, 97 e 113 Cost.,  posto  che  la  responsabilita'  del
proprio Presidente sarebbe rilevata «nella completa  assenza  di  una
procedura di accertamento». 
    La disciplina sanzionatoria nei confronti  del  responsabile  del
servizio a propria volta invaderebbe l'autonomia organizzativa  della
Regione. 
    Quanto all'art. 1-bis, comma 4, la ricorrente  ritiene  che  esso
introduca un ulteriore controllo,  dalla  conseguenze  «incerte»,  da
parte del Governo, «al di fuori di quanto previsto  dallo  Statuto  e
dalle norme di attuazione», in violazione degli artt. 4, numero 1), e
65 dello statuto o dell'art. 117, quarto comma,  Cost.,  se  ritenuto
piu'  favorevole  in  materia  di  ordinamento  contabile  regionale,
dell'art. 116 Cost. e dell'art. 33 del d.P.R. 25  novembre  1975,  n.
902 (Adeguamento ed integrazione  delle  norme  di  attuazione  dello
statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia). 
    Si tratterebbe di un controllo particolarmente invasivo,  recante
la possibilita' che sia attivato il procedimento  previsto  dall'art.
18 della legge n. 42 del 2009. 
    Inoltre,   la   norma   impugnata   sarebbe    irragionevole    e
contraddittoria, in violazione dell'art. 3 Cost. 
    Essa, infatti, prevede nei  confronti  delle  Regioni  a  statuto
speciale un potere di verifica statale introdotto dall'art. 14, comma
1, lettera d), della legge n. 196 del 2009. 
    Tuttavia, quest'ultima  disposizione  continua  espressamente  ad
escludere di essere applicabile ai soggetti ad autonomia speciale. 
    16.- A propria volta, la Provincia autonoma di Trento (reg.  ric.
n. 18 del 2013), che aveva  impugnato,  tra  l'altro,  l'art.  5  del
d.lgs. n.  149  del  2011,  ha  promosso  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1-bis, comma 4, del d.l. n. 174 del 2012, in
relazione agli artt. 3 e 117, quarto  comma,  Cost.,  agli  artt.  8,
numero 1), e 75 dello statuto, agli artt. 2, 6 e 10 del d.P.R. n. 305
del 1988, all'art. 16 del d.lgs. n. 268 del 1992, e  all'art.  4  del
d.lgs. n. 266 del 1992. 
    La ricorrente rivendica la medesima sfera di  autonomia  posta  a
base del  ricorso  della  Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  e  svolge
censure del tutto analoghe, aggiungendo che l'art. 4  del  d.lgs.  n.
266  del  1992  vieta  di  conferire  ad  organi   statali   funzioni
amministrative in materie di competenza della Provincia. 
    17.- Anche la Regione autonoma Valle d'Aosta (reg. ric. n. 16 del
2013), che aveva impugnato, tra l'altro, l'art. 5 del d.lgs.  n.  149
del  2011,  ha  promosso  questioni  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1-bis, comma 4, del d.l. n. 174 del 2012, in relazione agli
artt. 2, comma 1, lettere a) e b), 3, comma 1, lettera f), 4, 12, 43,
48-bis e 50 dello statuto, all'art. 1 del d.lgs.  n.  320  del  1994,
alla legge n. 690 del 1981, agli artt. 5 e 120 Cost. ed al  principio
di leale collaborazione. 
    Anzitutto, il legislatore statale non potrebbe introdurre, al  di
fuori del procedimento di revisione o di attuazione statutaria, norme
che incidono  sull'ordinamento  finanziario  della  Regione,  secondo
quanto previsto dagli artt. 2, comma 1, lettere a) e b), 3, comma  1,
lettera f), 4, 12, 48-bis e 50 dello statuto, dalla legge n. 690  del
1981 e dall'art. 1 del d.lgs. n. 320 del 1994. 
    In  secondo  luogo,  sarebbe  lesivo  del  principio   di   leale
collaborazione «di cui agli articoli 5 e  120  Cost.»  che  la  norma
impugnata   non   garantisca   un   coinvolgimento   della    Regione
nell'esercizio del potere statale di verifica da esso introdotto. 
    In terzo luogo, tale potere avrebbe natura invasiva rispetto alla
competenza legislativa in materia di ordinamento  degli  uffici,  cui
andrebbe ricondotto l'ordinamento contabile della  Regione  (art.  2,
comma 1, lettera a, dello statuto); alla  competenza  in  materia  di
"ordinamento degli enti locali" (art. 2, comma 1,  lettera  b,  dello
statuto);  alla  competenza  in  materia  di  "finanze  regionali   e
comunali" (artt. 3, comma 1, lettera f, e 12  dello  statuto,  «anche
alla luce» degli artt. 117, terzo comma, e 119 della Cost.). 
    Infine, lo Stato non potrebbe attribuire  direttamente  a  propri
organi funzioni amministrative nelle materie di competenza regionale:
sotto questo profilo, la norma impugnata avrebbe  violato  anche  gli
artt. 4 e 43 dello statuto. 
    18.- Si e' costituito in tutti i giudizi promossi avverso il d.l.
n. 174 del 2012 il Presidente del Consiglio dei  ministri,  con  atti
difensivi di analogo tenore. 
    Con riferimento all'art. 1-bis, comma 1,  del  d.l.  n.  174  del
2012,  l'Avvocatura  spende  i  medesimi  argomenti  gia'  svolti   a
proposito dell'art. 1 del d.lgs. n. 149 del 2011. 
    Con riguardo all'art. 1-bis, comma 4, del d.l. n. 174  del  2012,
l'Avvocatura premette che tale disposizione ha legittimamente  esteso
a Regioni e Province  autonome  le  verifiche  di  regolarita'  della
gestione da parte dei servizi  ispettivi  di  finanza  pubblica  gia'
regolati dall'art. 14, comma 1, lettera d), della legge  n.  196  del
2009. 
    Alla luce della sentenza n. 370 del  2010  di  questa  Corte,  e'
parere    dell'Avvocatura    che    tale    estensione    corrisponda
all'«essenziale  ruolo»  che  i  servizi   esercitano   a   fini   di
coordinamento della finanza pubblica, senza che cio' comporti  alcuna
«ingerenza  sull'autonomia  finanziaria  delle  autonomie  speciali».
Infatti,  la  funzione  ispettiva,   «priva   di   qualsiasi   potere
gerarchico», e' meramente strumentale  «all'esercizio  del  controllo
collaborativo della Corte dei Conti», al quale soggiacciono le stesse
Regioni a statuto speciale e le Province  autonome,  ai  sensi  degli
artt. 28, 81, 100, secondo comma, e 119 Cost. 
    19.- Nell'imminenza dell'udienza pubblica del 19 giugno 2013,  le
seguenti parti ricorrenti hanno depositato memorie. 
    La Regione Trentino-Alto Adige e la Provincia autonoma di Trento,
con analoghi argomenti, replicano alle  osservazioni  dell'Avvocatura
dello Stato, evidenziando che quest'ultima nulla ha dedotto circa  il
«vizio procedurale» proprio di tutte le disposizioni  impugnate,  ne'
con riferimento alle censure mosse agli artt. 1, 4, 5 e 7 del  d.lgs.
n. 149 del 2011. 
    Con  riguardo  all'art.  13  del  d.lgs.  n.  149  del  2011,  le
ricorrenti richiamano la piu' recente giurisprudenza di questa  Corte
in ordine alla inapplicabilita' ai  soggetti  ad  autonomia  speciale
della legge n. 42 del 2009, eccezion fatta per gli artt. 15, 22 e 27,
se non per  il  tramite  delle  procedure  previste  dalle  norme  di
attuazione statutaria. 
    Con riguardo all'art. 2, comma 7, del d.lgs. n. 149 del 2011,  le
ricorrenti  ribadiscono  che  gli  obiettivi  di  servizio  non  sono
equiparabili ai livelli essenziali delle prestazioni. 
    Con riguardo all'art. 6 del d.lgs. n. 149 del 2011, le ricorrenti
escludono,  sulla  base  della  giurisprudenza  costituzionale,   che
l'«emergenza finanziaria» possa giustificare deroghe  al  riparto  di
competenze tra Stato e Regioni. 
    La Regione Emilia-Romagna ribadisce le  censure  gia'  svolte  e,
tornando su quelle relative all'art. 2 del d.lgs. n.  149  del  2011,
pone in rilievo che l'art.  126  Cost.  non  consente  di  introdurre
alcuna forma di responsabilita' «politica» degli organi regionali nei
confronti del Governo, come invece pretenderebbe la norma  impugnata.
Essa disciplinerebbe una «forma di vigilanza tutoria  esercitata  dal
vertice politico nazionale» eccedente i limiti della «responsabilita'
giuridica», ed invaderebbe il terreno della responsabilita'  politica
degli organi elettivi di  fronte  al  corpo  elettorale.  Inoltre,  e
contraddittoriamente, scioglimento e rimozione sanzionatori vengono a
dipendere dall'accertamento, da  parte  della  Corte  dei  Conti,  di
ipotesi  «tipiche  della  responsabilita'  amministrativo-contabile»,
precludendo le «valutazioni politico-discrezionali del Consiglio  dei
ministri» richieste dalla disciplina costituzionale. 
    Con riguardo all'art. 2, comma 7, del d.lgs.  n.  149  del  2011,
anche tale Regione ribadisce che gli obiettivi di servizio  non  sono
equiparabili ai livelli essenziali delle prestazioni. 
    Con riguardo all'art. 3 del d.lgs. n. 149 del  2011,  la  Regione
insiste nel  rilevare  che  la  decadenza  automatica  dei  dirigenti
dell'amministrazione sanitaria regionale e'  priva  delle  necessarie
garanzie procedimentali, essendo insufficiente la generica previsione
relativa alla verifica delle responsabilita' del dissesto. 
    La Regione Lazio, a propria volta, insiste per l'accoglimento del
ricorso. 
    Con riguardo all'art. 1 del d.lgs. n. 149 del  2011,  la  Regione
osserva che la «reale finalita'» della relazione di fine  legislatura
consisterebbe nel consentire «al Governo,  e  non  ai  cittadini,  un
controllo   sull'attivita'   regionale   in   vista    dell'eventuale
applicazione di meccanismi di  tipo  sanzionatorio»,  mentre  l'unica
forma di «controllo» ammessa dalla Costituzione sarebbe  «il  ricorso
al potere sostitutivo». 
    Tale ultimo argomento viene speso dalla Regione anche a  sostegno
delle censure relative all'art. 7 del d.lgs. n. 149 del 2011. 
    Con riguardo all'art. 2 del d.lgs. n. 149 del  2011,  dopo  avere
ribadito le censure gia' svolte, la ricorrente osserva che  il  grave
dissesto finanziario non puo' giustificare previsioni concernenti  la
incandidabilita' del Presidente della Giunta, posto che essa concerne
la «materia elettorale». 
    Con riguardo all'art. 3 del d.lgs. n. 149 del  2011,  la  Regione
rileva che l'omessa impugnazione di pregressi meccanismi di decadenza
di amministratori regionali, rammentata dall'Avvocatura dello  Stato,
non puo' precludere la scelta politica di  impugnare  analoghe  norme
successive. 
    La Provincia autonoma di Bolzano esamina le  modifiche  normative
apportare  alle  norme  impugnate,  per  concludere  che  esse  hanno
carattere marginale ed impongono il  trasferimento  delle  originarie
censure sul nuovo testo delle disposizioni impugnate. 
    Farebbe eccezione l'art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 149 del  2011,
la  cui  abrogazione  determinerebbe  cessazione  della  materia  del
contendere. 
    Nel merito, la ricorrente ribadisce  le  censure  gia'  avanzate,
osservando che la difesa dell'Avvocatura dello Stato e'  viziata  dal
fatto di «appiattire» la posizione provinciale su quella delle  altre
parti ricorrenti a statuto ordinario. 
    La Regione siciliana, richiamata la sentenza n. 178 del  2012  di
questa Corte, insiste per  l'accoglimento  delle  questioni  relative
all'art. 13 del d.lgs. n. 149 del 2011, anche con riguardo  al  primo
periodo della disposizione. 
    La  Regione  Friuli-Venezia  Giulia   evidenzia   anzitutto   che
l'Avvocatura dello Stato non avrebbe replicato alle censure  relative
all'art. 1-bis, comma 1, del d.l. n. 174 del 2012. 
    Con riguardo al comma 4 seguente, la ricorrente  afferma  che  la
sentenza n. 370 del 2010, richiamata dall'Avvocatura dello Stato, non
sarebbe pertinente, poiche'  relativa  a  conflitto  di  attribuzione
proposto da una Regione a statuto ordinario. Le competenze statutarie
dedotte in ricorso imporrebbero, invece, l'accoglimento del ricorso. 
    La Regione Sardegna e la Provincia autonoma di Trento, a  propria
volta, reputano per analoghe ragioni inconferente  il  richiamo  alla
sentenza n. 370 del 2010. 
    Quanto, invece, all'art. 1-bis, comma 1,  del  d.l.  n.  174  del
2012, la sola Regione Sardegna osserva che la stessa Avvocatura dello
Stato riconoscerebbe che tale norma introduce «un regime modificativo
della responsabilita'  politico-istituzionale  del  Presidente  della
Regione che produce evidenti effetti sulla forma di governo». 
    Anche la Regione Molise ha  depositato  una  memoria  conclusiva,
affermando l'ammissibilita' del proprio intervento e  insistendo  per
l'accoglimento del ricorso proposto dalla Regione Emilia-Romagna. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Le Regioni autonome Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste  (reg.  ric.
n. 157 del 2011), Trentino-Alto Adige/Südtirol (reg. ric. n. 148  del
2011),  siciliana  (reg.  ric.  n.  162  del  2011),  e  le   Regioni
Emilia-Romagna (reg. ric. n. 149 del 2011), Umbria (reg. ric. n.  151
del 2011), Lazio (reg. ric. n. 156 del 2011), Campania (reg. ric. 154
del 2011), Calabria (reg. ric. n. 159 del 2011), nonche' le  Province
autonome di Trento (reg. ric. n. 150 del 2011)  e  di  Bolzano  (reg.
ric. n. 161 del 2011), con distinti ricorsi, hanno impugnato numerose
disposizioni  del  decreto  legislativo  6  settembre  2011,  n.  149
(Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a  regioni,  province  e
comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio  2009,
n. 42). 
    In particolare,  l'articolo  1  (Relazione  di  fine  legislatura
regionale) e' stato impugnato: 
    a) dalla Regione Lazio, in riferimento agli articoli 5, 76,  117,
quarto comma, 120 e 123 della Costituzione, e all'articolo  9,  comma
2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001,  n.  3  (Modifiche  al
titolo V della  parte  seconda  della  Costituzione),  oltre  che  in
riferimento al principio di leale collaborazione; 
    b) dalla Regione Calabria, in riferimento agli articoli 76,  117,
121 e 123 della Costituzione; 
    c) dalla Regione Valle d'Aosta, in  riferimento  all'articolo  76
della Costituzione e agli articoli 2, comma 1, lettera a);  3,  comma
1, lettera l); 4; 48-bis e 50 della legge costituzionale 26  febbraio
1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d'Aosta), questi ultimi due
anche in relazione alla sfera di autonomia finanziaria prevista dalla
legge  26  novembre  1981,   n.   690   (Revisione   dell'ordinamento
finanziario della regione Valle d'Aosta) e dagli  articoli  34  e  36
della legge 23 dicembre 1994, n.  724  (Misure  di  razionalizzazione
della finanza pubblica); 
    d)  dalla  Regione  Trentino-Alto  Adige,  in  riferimento   agli
articoli 76, 117, terzo, quarto e sesto  comma,  della  Costituzione;
agli articoli 4, numero 1), e 79 del d.P.R. 31 agosto  1972,  n.  670
(Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali  concernenti
lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige); agli articoli  16  e
17, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme  di
attuazione dello statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige  in
materia di finanza regionale e provinciale); agli articoli 2 e 4  del
decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione  dello
statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti  il  rapporto
tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche'
la potesta' statale di indirizzo e coordinamento); agli articoli 2  e
6 del decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n.  305
(Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale   per   la   regione
Trentino-Alto Adige per  l'istituzione  delle  sezioni  di  controllo
della Corte dei conti di Trento e di Bolzano e per  il  personale  ad
esse addetto) e al principio di leale collaborazione; 
    e) dalla  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  riferimento  agli
articoli 76, 117, terzo, quarto e sesto  comma,  della  Costituzione;
agli articoli 8, numero 1), 47 e 79 del d.P.R. n. 670 del 1972;  agli
articoli 2 e 4 del d.lgs. n. 266 del 1992; agli articoli 2  e  6  del
d.P.R. n. 305 del 1988 e al principio di leale collaborazione; 
    f)  dalla  Provincia  autonoma   di   Bolzano,   in   riferimento
all'articolo 100 della Costituzione; agli articoli 8, numero  1),  9,
numero 10), 79, 80, 81, 103, 104 e 107 del d.P.R. n.  670  del  1972;
all'articolo 16 del d.lgs. n. 268 del 1992;  al  d.P.R.  n.  305  del
1988. 
    L'articolo  2  (Responsabilita'  politica  del  presidente  della
giunta regionale) e' stato impugnato: 
    a) dalle Regioni Emilia-Romagna ed Umbria, quanto ai commi 1,  2,
3, 5 e 7, in riferimento agli articoli  76,  24,  100,  103,  secondo
comma, 114, 120, 122 e  126  della  Costituzione  e  ai  principi  di
ragionevolezza, leale collaborazione, e della certezza del diritto; 
    b) dalla Regione  Lazio,  quanto  ai  commi  1,  2,  3  e  5,  in
riferimento agli articoli 5, 76, 120,  121,  122,  123  e  126  della
Costituzione e al principio di leale collaborazione; 
    c) dalla  Regione  Campania,  quanto  ai  commi  2,  3  e  5,  in
riferimento  agli  articoli  120,  secondo  comma,  122,  126   della
Costituzione e al principio di ragionevolezza; 
    d) dalla Regione Calabria, quanto ai  commi  1,  2,  3  e  5,  in
riferimento agli articoli 76, 121 e 126 della Costituzione; 
    e) dalla Regione Valle d'Aosta, in  riferimento  all'articolo  76
della Costituzione, e agli articoli 15, comma 2,  e  48  della  legge
costituzionale n. 4 del 1948; 
    f) dalla Regione Trentino-Alto Adige, quanto ai commi 4 e  7,  in
riferimento agli articoli 76 e 120 della  Costituzione;  all'articolo
107  del  d.P.R.  n.  670  del  1972  e   al   principio   di   leale
collaborazione; 
    g) dalla Regione siciliana, in riferimento agli articoli 76 e 119
della Costituzione (quest'ultimo applicabile in base all'articolo  10
della legge costituzionale n. 3 del 2001) e agli articoli 8, 9  e  10
del regio decreto legislativo 15 maggio 1946,  n.  455  (Approvazione
dello statuto della Regione siciliana); 
    h) dalla Provincia autonoma di Trento, quanto ai commi 1, 2, 3, 4
e 7, in riferimento agli articoli 24, 76, 117, terzo e quarto  comma,
100, 103, secondo comma, 120, 126 della Costituzione;  agli  articoli
8, numero 1), 47, 49-bis, 69, 79, 107 del d.P.R. n. 670 del 1972 e al
principio di ragionevolezza; 
    i) dalla Provincia  autonoma  di  Bolzano,  in  riferimento  agli
articoli 76, 100 e 126 della Costituzione; agli articoli  8,  9,  16,
47, 49-bis del d.P.R. n. 670 del 1972 e all'art. 8  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526 (Estensione alla
regione Trentino-Alto Adige ed alle province  autonome  di  Trento  e
Bolzano  delle  disposizioni  del  decreto   del   Presidente   della
Repubblica 24 luglio 1977, n. 616). 
    L'articolo 3 (Decadenza automatica e interdizione dei  funzionari
regionali e dei revisori dei conti) e' stato impugnato: 
    a) dalle Regioni Emilia-Romagna e  Umbria,  in  riferimento  agli
articoli 76, 114, 117, terzo e quarto comma, della Costituzione, e ai
principi di ragionevolezza e di leale collaborazione; 
    b) dalla Regione Lazio, «con particolare riferimento ai commi 1 e
2», e in relazione agli articoli 5, 76, 117, quarto comma, 120 e  123
della Costituzione e al principio di leale collaborazione; 
    c) dalla Regione Valle d'Aosta, in  riferimento  all'articolo  76
della Costituzione; agli articoli 2, comma 1, lettera a); 3, comma 1,
lettera l); 4; 48-bis e 50 della legge costituzionale n. 4 del  1948,
questi  ultimi  due  anche  in  relazione  alla  sfera  di  autonomia
finanziaria prevista dalla legge n. 690 del 1981 e dagli articoli  34
e 36 della legge n. 724 del 1994; 
    d) dalla  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  riferimento  agli
articoli 76 e 117, terzo e quarto  comma,  della  Costituzione;  agli
articoli 8, numero 1), e 79 del d.P.R. n. 670 del 1972 e al principio
di leale collaborazione; 
    e)  dalla  Provincia  autonoma   di   Bolzano,   in   riferimento
all'articolo 76 della Costituzione e all'articolo 8, numero  1),  del
d.P.R. n. 670 del 1972. 
    L'articolo 4 (Relazione di fine mandato provinciale  e  comunale)
e' impugnato: 
    a) dalla Regione Valle d'Aosta, in  riferimento  all'articolo  76
della Costituzione; agli articoli 2, comma 1, lettera b), e  4  della
legge costituzionale n. 4 del 1948; 
    b)  dalla  Regione  Trentino-Alto  Adige,  in  riferimento   agli
articoli 76, 117, terzo, quarto e sesto  comma,  della  Costituzione;
agli articoli 4, numero  3),  e  79  del  d.P.R.  n.  670  del  1972;
all'articolo 17, comma 2, del d.lgs. n. 268 del 1992; all'articolo  4
del d.lgs. n. 266 del 1992; all'art. 6, comma 3-bis,  del  d.P.R.  n.
305 del 1988; al principio di leale collaborazione; 
    c) dalla  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  riferimento  agli
articoli 76, 117, quarto e  sesto  comma,  della  Costituzione;  agli
articoli 47, 54, 79 e 80, del d.P.R. n. 670 del 1972;  agli  articoli
16 e 17 del d.lgs. n. 268 del 1992; agli articoli 2 e 4 del d.lgs. n.
266 del 1992; all'articolo 6, comma 3-bis, del d.P.R. n. 305 del 1988
e al principio di leale collaborazione; 
    d)  dalla  Provincia  autonoma   di   Bolzano,   in   riferimento
all'articolo 76 della Costituzione; agli articoli 8,  numero  1),  9,
numero 10), 79, 80, 81, 103, 104 e 107 del d.P.R. n.  670  del  1972;
all'articolo 16 del d.lgs. n. 268 del 1992;  al  d.P.R.  n.  305  del
1988. 
    L'articolo       5       (Regolarita'       della        gestione
amministrativo-contabile) e' stato impugnato: 
    a) dalla Regione Valle d'Aosta, in riferimento agli articoli  76,
117, terzo comma, e 119 della Costituzione; agli articoli 2, comma 1,
lettere a) e b), 3, comma 1, lettera f), 12, 48-bis e 50 della  legge
costituzionale n. 4 del 1948, anche in riferimento alla legge n.  690
del 1981 e al decreto legislativo 22 aprile 1994, n.  320  (Norme  di
attuazione dello statuto speciale della regione Valle d'Aosta); 
    b)  dalla  Regione  Trentino-Alto  Adige,  in  riferimento   agli
articoli 76 e 117, sesto comma, della Costituzione; agli articoli  4,
numeri 2) e 3), 54, 79 e 80 del d.P.R. n. 670 del 1972;  all'articolo
16 del d.lgs. n. 268 del 1992; agli articoli 2 e 4 del d.lgs. n.  266
del 1992; all'articolo 6, comma 3-bis, del d.P.R. n. 305 del  1988  e
al principio di leale collaborazione; 
    c) dalla  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  riferimento  agli
articoli 76 e 117, sesto comma, della Costituzione; agli articoli 54,
79 e 80 del d.P.R. n. 670 del 1972; agli articoli 2 e 4 del d.lgs. n.
266 del 1992; all'articolo 6, comma 3-bis, del d.P.R. n. 305 del 1988
e al principio di leale collaborazione; 
    d)  dalla  Provincia  autonoma   di   Bolzano,   in   riferimento
all'articolo 76 della Costituzione; agli articoli 54, 79, 80 e 81 del
d.P.R. n. 670 del 1972; all'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992. 
    L'articolo  6  (Responsabilita'  politica   del   presidente   di
provincia e del sindaco) e' stato impugnato: 
    a) dalla Regione Valle d'Aosta, in  riferimento  all'articolo  76
della Costituzione; agli articoli 2, comma 1, lettera b), e  4  della
legge costituzionale n. 4 del 1948; 
    b) dalla Regione Trentino-Alto Adige, in riferimento all'articolo
76 della Costituzione; agli articoli 4, numero 3), 54, 79  e  80  del
d.P.R. n. 670 del 1972; all'articolo 6, comma 3-bis,  del  d.P.R.  n.
305 del 1988 e al principio di leale collaborazione; 
    c) dalla  Provincia  autonoma  di  Trento,  in  riferimento  agli
articoli 76 e 117, quarto comma, della Costituzione; agli articoli 8,
numero 1), 47, 54, 79 e 80 del d.P.R. n. 670 del  1972;  all'articolo
6, comma 3-bis, del d.P.R. n. 305 del 1988 e al  principio  di  leale
collaborazione; 
    d)  dalla  Provincia  autonoma   di   Bolzano,   in   riferimento
all'articolo 76 della Costituzione; agli articoli 4, numero  3),  16,
54, 79, 80 e 81 del d.P.R. n. 670 del 1972. 
    L'articolo 7 (Mancato rispetto del patto di  stabilita'  interno)
e' stato impugnato: 
    a) dalla Regione Lazio, in riferimento agli articoli 5, 76,  117,
quarto comma, 119 e 120 della Costituzione e al  principio  di  leale
collaborazione; 
    b) dalla Regione Trentino-Alto Adige, in riferimento all'articolo
76 della Costituzione; all'articolo 79 del d.P.R. n.  670  del  1972;
all'articolo 2 del d.lgs. n. 266 del 1992 e  al  principio  di  leale
collaborazione; 
    c)  dalla  Provincia   autonoma   di   Trento,   in   riferimento
all'articolo 76 della Costituzione; agli articoli 79,  80  e  81  del
d.P.R. n. 670 del 1972; all'articolo 2 del d.lgs. n.  266  del  1992;
all'articolo 17 del d.lgs. n. 268 del 1992 e al  principio  di  leale
collaborazione; 
    d)  dalla  Provincia  autonoma   di   Bolzano,   in   riferimento
all'articolo 76 della Costituzione; agli articoli 79,  80,  81,  103,
104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972;  agli  articoli  17  e  18  del
d.lgs. n. 268 del 1992 e al principio di leale collaborazione. 
    L'articolo 13 (Disposizioni  concernenti  le  Regioni  a  statuto
speciale e le province autonome di Trento  e  di  Bolzano)  e'  stato
impugnato: 
    a) dalla Regione Valle d'Aosta, in riferimento agli  articoli  5,
76, 117, terzo e quarto comma, 118, 119  e  120  della  Costituzione;
agli articoli 2, comma 1, lettere a) e b), 3, comma 1, lettere  f)  e
l), 4, 12, 15, 48, 48-bis e 50 della legge costituzionale  n.  4  del
1948, anche in riferimento alla legge n. 690 del 1981; 
    b) dalla Regione Trentino-Alto Adige e dalla  Provincia  autonoma
di Trento, in riferimento all'articolo 76  della  Costituzione;  agli
articoli 79, 103, 104 e 107 del d.P.R. n. 670 del 1972;  all'articolo
2 del d.lgs. n. 266 del 1992 e al principio di leale collaborazione; 
    c) dalla Regione siciliana, in riferimento agli articoli 76 e 119
della Costituzione (quest'ultimo in  riferimento  all'art.  10  della
legge costituzionale n. 3 del 2001); all'articolo 43 del r.d.lgs.  n.
455 del 1946; 
    d)  dalla  Provincia  autonoma   di   Bolzano,   in   riferimento
all'articolo 76 della Costituzione; agli articoli 8,  numero  1),  9,
numero 10), 47, 49-bis, 54, 79, 80, 81, 104 e 107 del d.P.R.  n.  670
del 1972 e all'articolo 2 del d.lgs. n. 266 del 1992. 
    2.- Nelle more del giudizio  e'  sopraggiunto  l'art.  1-bis  del
decreto-legge 10  ottobre  2012,  n.  174  (Disposizioni  urgenti  in
materia di finanza e funzionamento degli enti  territoriali,  nonche'
ulteriori disposizioni in favore delle zone  terremotate  nel  maggio
2012), inserito dalla legge di conversione 7 dicembre 2012,  n.  213,
che ha modificato gli artt. 1, 4, 5 e 6 del d.lgs. n. 149 del 2011. 
    Le Regioni autonome Valle d'Aosta (reg. ric.  n.  16  del  2013),
Friuli-Venezia Giulia (reg. ric. n. 17 del  2013)  e  Sardegna  (reg.
ric. n. 20 del 2012), e la Provincia autonoma di Trento (reg. ric. n.
18 del 2013), con separati ricorsi, hanno  impugnato,  le  prime  tre
unitamente ad altre disposizioni riservate a  separato  giudizio,  il
comma 4 dell'art. 1-bis, che modifica l'art. 5 del d.lgs. n. 149  del
2011, mentre le sole Regioni Sardegna e Friuli-Venezia  Giulia  hanno
impugnato anche il comma 1 dell'art. 1-bis, che modifica l'art. 1 del
d.lgs. n. 149 del 2011, la prima «con particolare  riferimento»  alla
lettera c), e la seconda, con riguardo alle lettere a), numero 1), ed
e). 
    La Regione Valle d'Aosta promuove il ricorso, in  relazione  agli
articoli 5 e 120 della Costituzione, in riferimento al  principio  di
leale collaborazione; agli articoli 2, comma 1, lettere a) e  b),  3,
comma  1,  lettera  f),  4,  12,  43,  48-bis  e   50   della   legge
costituzionale n. 4 del 1948, anche in relazione all'articolo  1  del
d.lgs. n. 320 del 1994 e alla legge n. 690 del 1981. 
    La Regione Sardegna solleva questioni, in relazione agli articoli
3, 97, 116, 117, 119 e 127 della Costituzione; agli  articoli  7,  8,
15, 33, 35, 37, 54, 56 della legge costituzionale 26  febbraio  1948,
n. 3, recante lo statuto speciale per la Sardegna; agli  articoli  1,
4, 5 e 10 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  16  gennaio
1978, n. 21 (Norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale  per  la
Sardegna concernente il controllo sugli atti della Regione). 
    La Regione Friuli-Venezia Giulia assume a parametro gli  articoli
3, 24, 97, 113, 116 e 117, terzo e quarto comma, della  Costituzione;
gli  articoli  4,  numero  1),  12,  22,  41,  48,  65  della   legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della  Regione
Friuli-Venezia Giulia); l'articolo  33  del  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  25  novembre  1975,   n.   902   (Adeguamento   ed
integrazione delle norme di attuazione dello statuto  speciale  della
Regione Friuli-Venezia Giulia). 
    Infine, la Provincia autonoma di Trento evoca gli  articoli  3  e
117, quarto comma, della Costituzione; l'articolo 4 del d.lgs. n. 266
del 1992; gli articoli 8, numero 1), e 79 del d.P.R. n. 670 del 1972;
l'articolo 16 del d.lgs. n. 268 del 1992 e gli articoli 2, 6 e 10 del
d.P.R. n. 305 del 1988. 
    3.- Il d.lgs.  n.  149  del  2011  costituisce  uno  dei  decreti
legislativi recanti attuazione della legge delega 5 maggio  2009,  n.
42  (Delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo  fiscale,   in
attuazione  dell'articolo  119  della  Costituzione),  in   tema   di
federalismo fiscale. 
    In particolare, si e' trattato di attuare gli articoli 2, 17 e 26
di tale legge, introducendo meccanismi premiali  e  sanzionatori  nei
confronti di Regioni ed enti locali,  nell'ambito  del  coordinamento
della finanza pubblica e  del  sistema  tributario,  e  nel  rispetto
dell'autonomia finanziaria del sistema regionale e  locale  (art.  2,
comma 1, della legge n. 42 del 2009). 
    Le ricorrenti impugnano disposizioni contenute  nel  Capo  I  del
d.lgs. n. 149 del 2011, quanto ai "meccanismi sanzionatori" (il  solo
art. 13, relativo ai soggetti ad autonomia speciale, e' collocato nel
Capo III). 
    In particolare, l'art. 1 del d.lgs. n. 149 del  2011  obbliga  le
Regioni a redigere e pubblicare una relazione  di  fine  legislatura,
che dia conto dettagliatamente delle principali attivita' normative e
amministrative compiute, e che, per effetto delle modifiche apportate
dal d.l.  n.  174  del  2012,  e'  altresi'  trasmessa  alla  sezione
regionale di controllo della Corte dei conti. 
    L'art. 4 disciplina analogamente la speculare relazione  di  fine
mandato provinciale e comunale degli enti locali. 
    L'art.  2  intende  attuare  l'art.  126   Cost.,   disciplinando
un'ipotesi di scioglimento del Consiglio regionale e di rimozione del
Presidente della Giunta, in conseguenza della fattispecie  di  "grave
dissesto finanziario" ivi descritta. 
    L'art.  3  estende  gli  effetti  del  dissesto  finanziario   ai
funzionari regionali e ai componenti del collegio  dei  revisori  dei
conti,  prevedendo  ipotesi  di  decadenza  e  di   interdizione   da
successivi uffici. 
    L'art. 5 prevede un potere di verifica da parte dello Stato sulla
regolarita' della gestione  amministrativo-contabile  di  Regioni  ed
enti, che, per effetto del d.l. n. 174 del 2012,  e'  preliminare  al
controllo della Corte dei conti. 
    L'art.  6  si  occupa  della   "responsabilita'   politica"   del
Presidente della Provincia e del sindaco. 
    L'art. 7 concerne le  sanzioni  applicabili  a  Regioni  ed  enti
locali, in caso di inosservanza del patto di stabilita' interno. 
    L'art. 13 determina le modalita' di applicazione  del  d.lgs.  n.
149 del 2011 ai soggetti ad autonomia speciale.