ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 3, 9 e
10 della legge della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 31
luglio 2012 (recte: 1° agosto 2012), n.  27,  recante  «Modificazioni
alla legge regionale 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe ai  Comuni  della
Valle d'Aosta di funzioni amministrative in  materia  di  tutela  del
paesaggio),  e  ad  altre  disposizioni  in  materia  di  tutela  del
paesaggio», promosso dal Presidente del Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 29-31 ottobre 2012, depositato  in  cancelleria
il 6 novembre 2012 ed iscritto al n. 177 del registro ricorsi 2012. 
    Visto  l'atto  di  costituzione  della  Regione  autonoma   Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste; 
    udito nell'udienza pubblica del 2 luglio 2013 il Giudice relatore
Paolo Maria Napolitano; 
    uditi l'avvocato dello Stato Stefano Varone per il Presidente del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Francesco Saverio Marini  per  la
Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito per  la  notifica  il  29  ottobre  2012,
ricevuto il successivo 31 ottobre, e depositato il 6  novembre  2012,
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questione  di
legittimita' costituzionale della legge della Regione autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste 31 luglio 2012 (recte: 1° agosto 2012), n. 27,
recante «Modificazioni alla legge regionale 27  maggio  1994,  n.  18
(Deleghe ai Comuni della Valle d'Aosta di funzioni amministrative  in
materia di tutela del paesaggio), e ad altre disposizioni in  materia
di tutela del paesaggio». In particolare sono impugnati l'articolo 3,
comma 1, lettere g), h), k), q) ed r), e gli articoli 9  e  10  della
citata legge regionale. 
    Secondo il ricorrente, gli artt. 3, 9 e  10  della  citata  legge
regionale n. 27 del 2012, nel modificare  alcune  norme  della  legge
della Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste 27  maggio  1994,
n.  18  (Deleghe  ai  Comuni  della   Valle   d'Aosta   di   funzioni
amministrative in materia di tutela del paesaggio), si porrebbero  in
contrasto con l'art. 117, secondo  comma,  lettere  m)  e  s),  della
Costituzione,  con  le   norme   interposte   di   fonte   ordinaria,
direttamente attuative degli artt. 9 e 117 Cost. - vale  a  dire  con
gli artt. 146 e 167 del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42
(Codice dei beni culturali e del paesaggio,  ai  sensi  dell'art.  10
della legge 6 luglio 2002, n. 13), e con il  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  9  luglio  2010,  n.  139   (Regolamento   recante
procedimento semplificato di  autorizzazione  paesaggistica  per  gli
interventi di lieve entita', a norma dell'articolo 146, comma 9,  del
decreto  legislativo  22  gennaio   2004,   n.   42,   e   successive
modificazioni) - nonche' con l'art. 2 della legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale della regione Valle d'Aosta). 
    1.1.- Il Presidente del Consiglio, al riguardo,  premette  che  -
sebbene alla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste sia  stata
riconosciuta  dall'art.  2,  comma  l,  lettera  q),  dello   statuto
speciale, la potesta' di  emanare  norme  legislative  nella  materia
della tutela del paesaggio - il medesimo articolo ha, pero', previsto
che  tale  potesta'  debba  essere  esercitata  «in  armonia  con  la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e col  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli  interessi
nazionali,   nonche'   delle   norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica». 
    Inoltre, prosegue  il  ricorrente,  la  Corte  costituzionale  ha
affermato la natura di norme di grande riforma economica e sociale  -
come tali, pertanto, opponibili anche alla potesta'  normativa  delle
Regioni a statuto speciale e delle  Province  autonome  di  Trento  e
Bolzano - di diverse disposizioni contenute  nel  d.lgs.  n.  42  del
2004. 
    In particolare e proprio riguardo  alla  Regione  autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste, questa Corte, con  la  sentenza  n.  164  del
2009, ha verificato la compatibilita' di talune norme  della  Regione
con la potesta' legislativa primaria ad essa attribuita dallo Statuto
di autonomia, tra queste l'art. 142 del codice dei beni  culturali  e
del  paesaggio,  norma  di  grande  riforma  economico-sociale,   che
individua  le  aree  tutelate  per  legge,  finalizzata  a  garantire
standard uniformi di tutela su tutto il territorio nazionale. 
    La sentenza n. 207 del 2012, poi,  -  prosegue  il  ricorrente  -
pronunciata nei confronti della  Provincia  autonoma  di  Trento,  ha
stabilito  che  spetta  allo  Stato  il  potere  di  disciplinare  il
procedimento semplificato di autorizzazione paesaggistica, poiche' si
e'  in  presenza  di  una  normativa  volta  a  predisporre  «modelli
procedurali semplificati, in grado di accelerare i tempi  che  siano,
nel contempo, uniformi su tutto il territorio nazionale». Infine, con
la recente sentenza n. 164 del 2012, si sono ribadite «le esigenze di
uniformita' della disciplina in tema di autorizzazione  paesaggistica
su tutto il territorio nazionale, tanto da giustificare -  grazie  al
citato parametro (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.) - che si
impongano  anche  all'autonomia  legislativa  delle  Regioni.   Nella
disposizione censurata, prosegue la sentenza, si  ravvisa  l'esigenza
(comune,  per  gli  argomenti  sopra  esposti,  ai  provvedimenti  di
semplificazione amministrativa, a  prescindere  dalla  materia  sulla
quale vengano ad incidere)  "di  determinare  livelli  essenziali  di
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono  essere
garantiti su tutto il territorio  nazionale,  compreso  quello  delle
Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome"». 
    1.2.- Cio' premesso, l'Avvocatura generale dello Stato  passa  ad
esporre, nel merito, i profili di illegittimita' costituzionale che i
censurati articoli presenterebbero. 
    In particolare, per il Presidente del Consiglio, il  citato  art.
3, al comma  l,  nel  sostituire  l'art.  4  della  precedente  legge
regionale n. 18 del 1994, verrebbe ad  ampliare  le  tipologie  degli
interventi  per  i   quali   non   e'   necessaria   l'autorizzazione
paesaggistica, stabilendo che non e' richiesta tale autorizzazione: 
    «g) per gli interventi di qualunque  natura  su  edifici  o  aree
ricompresi in ogni zona omogenea del PRG vigente per le  quali  siano
stati redatti strumenti urbanistici attuativi, laddove tali strumenti
siano  vigenti  e  siano  stati  preventivamente  concertati  con  le
strutture regionali competenti in materia di tutela del  paesaggio  e
di beni culturali, e qualora siano corredati da  puntuale  disciplina
degli interventi ammissibili per ogni singolo immobile; 
    h) per gli interventi diretti al  ripristino  dell'efficienza  di
opere e di strutture esistenti danneggiate in  tutto  o  in  parte  a
causa di eventi eccezionali; 
    k) per  la  collocazione  di  nuovi  apparati  tecnologici  sulle
esistenti  postazioni  e  strutture  di  supporto  per  gli  impianti
radioelettrici  e  di  radio-telecomunicazioni  di  cui  alla   legge
regionale 4 novembre 2005, n. 25 (Disciplina per l'installazione,  la
localizzazione  e  l'esercizio  di  stazioni  radioelettriche  e   di
strutture  di  radio-telecomunicazioni.  Modificazioni   alla   legge
regionale  6  aprile  1998,  n.  11  (Normativa  urbanistica   e   di
pianificazione territoriale della Valle d'Aosta), e abrogazione della
legge regionale 21 agosto 2000, n. 31); 
    q) per la realizzazione di nuove aperture su  edifici  realizzati
posteriormente al 1945; 
    r) per la sostituzione o rifacimento parziale o totale di balconi
su edifici realizzati posteriormente al 1945, qualora  si  rispettino
le tipologie prevalenti nel contesto edificato circostante». 
    1.3.- L'articolo 10 della citata legge  regionale,  poi,  secondo
l'Avvocatura dello Stato,  introducendo  l'art.  11-ter  nella  legge
regionale n. 18 del 1994, verrebbe  a  prevedere  che,  con  delibera
della  Giunta  regionale,  siano  fissati   «limiti   qualitativi   e
quantitativi, ai fini della tutela del paesaggio,  di  ammissibilita'
dei progetti relativi agli interventi  di  cui  all'articolo  3»,  il
quale, a sua volta, individua un elenco di interventi per i  quali  i
Comuni sono delegati al rilascio delle autorizzazioni  e  dei  pareri
previsti dalla legge. 
    1.3.1.- Entrambe  le  disposizioni  -  secondo  il  ricorrente  -
verrebbero a privare del requisito dell'autorizzazione  paesaggistica
numerosi interventi che, al contrario, l'art. 146 del  d.lgs.  n.  42
del   2004   subordina   ad   autorizzazione   paesaggistica   o   ad
autorizzazione  paesaggistica  semplificata  (disciplinata,  per  gli
interventi di lieve entita', dal d.P.R. n. 139 del 2010). 
    Pertanto, secondo il ricorrente, le norme regionali  censurate  -
sia esentando dall'obbligo di autorizzazione paesaggistica una  serie
di interventi per i quali il codice dei beni culturali  espressamente
la prevede, sia delegando alla Giunta regionale  la  possibilita'  di
stabilire i "limiti qualitativi e quantitativi" per  l'applicabilita'
della autorizzazione paesaggistica - si porrebbero in  contrasto  con
l'art. 146 del d.lgs.  n.  42  del  2004  e  verrebbero  di  fatto  a
restringere l'ambito della tutela prevista dal legislatore statale in
tale materia, risultando cosi' lesivi degli standard minimi di tutela
del  paesaggio  (necessariamente  eguali  su  tutto   il   territorio
nazionale), i quali, in quanto riconducibili alle norme  fondamentali
di  riforma  economico-sociale  della  Repubblica,   debbono   essere
rispettati anche dalla Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste,
sia pur nell'esercizio della sua potesta'  legislativa  primaria,  ai
sensi dell'art. 2 dello Statuto di autonomia. 
    1.4.- Infine, per il Presidente del  Consiglio,  anche  l'art.  9
della citata legge regionale, sarebbe costituzionalmente illegittimo,
in quanto - introducendo l'articolo 11-bis nella legge  regionale  n.
18 del 1994, il quale stabilisce, al  comma  2,  che  la  Commissione
regionale  per  il  paesaggio  possa  esprimere   pareri   vincolanti
relativamente  alle  istanze  in  merito  alla   «conversione   delle
demolizioni in indennita' o sanzioni pecuniarie»  -  risulterebbe  in
contrasto con l'art. 167 del d.lgs. n. 42  del  2004,  ai  sensi  del
quale, in caso di violazioni degli obblighi previsti dalla  normativa
statale in materia di paesaggio, «il trasgressore  e'  sempre  tenuto
alla rimessione in pristino a proprie spese». 
    Il ricorrente, al riguardo, precisa che la sanzione pecuniaria e'
stata prevista solo nei casi  in  cui  risulti  possibile  rilasciare
l'autorizzazione in sanatoria (in sostanza, quando non vi  sia  stato
un aumento di volume e di superficie e,  conseguentemente,  si  possa
ritenere  che  l'impatto  paesaggistico  risulti  assai  limitato   e
l'attendibilita' di una valutazione di  compatibilita'  possa  essere
valutata  anche  a  posteriori)  e,  comunque,  fermo   restando   il
preventivo accertamento  della  compatibilita'  dal  punto  di  vista
paesaggistico degli interventi. 
    Pertanto,  il   citato   art.   9,   poiche'   privilegerebbe   i
provvedimenti sanzionatori pecuniari al posto di quelli demolitori di
cui all'art. 167 del d.lgs. n. 42  del  2004,  verrebbe  anch'esso  a
violare l'art. 117, secondo comma, lettere m) ed s),  Cost.,  nonche'
risulterebbe lesivo degli standard minimi  di  tutela  del  paesaggio
valevoli su tutto il  territorio  nazionale,  da  considerarsi  norme
fondamentali di  riforma  economico-sociale  della  Repubblica,  che,
secondo il dettato dell'art. 2 dello Statuto di autonomia, la Regione
autonoma e' tenuta a rispettare  nell'esercizio  della  sua  potesta'
legislativa primaria. 
    2.- Si e' costituita la  Regione  autonoma  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste,  in  persona  del  Presidente   pro-tempore   della   Giunta
regionale, chiedendo che il ricorso sia respinto, in quanto infondato
per i motivi di seguito esposti. 
    2.1.- Secondo la Regione resistente,  in  primis,  destituite  di
ogni   fondamento   sarebbero   le   eccezioni   di    illegittimita'
costituzionale avanzate dal  ricorrente  nei  confronti  dell'art.  3
della legge regionale censurata n. 27 del 2012. 
    La ratio della ricordata disposizione, a parere della resistente,
non sarebbe quella - sostenuta dal ricorrente - di ampliare il novero
degli  interventi  "esenti"  da  autorizzazione   paesaggistica,   ma
unicamente quella diretta a  semplificare  gli  adempimenti  posti  a
carico dei cittadini nei casi di interventi di minore entita' (volti,
quindi,  a   produrre   impatti   meno   significativi   sull'assetto
paesistico-territoriale della Regione), tenendo  anche  presente  che
tali  interventi  sono  previsti  e  disciplinati  nell'ambito  degli
strumenti attuativi dei piani regolatori urbanistici gia'  concordati
con la Sopraintendenza regionale  in  base  alle  procedure  previste
dagli artt. 49, 50 e 52 della legge regionale n. 11 del  1998  e  che
gli   stessi   rientrerebbero   nei   cosiddetti    «interventi    di
consolidamento  statico  e  di  restauro  conservativo   di   modesta
entita'», come tali inidonei  ad  alterare  lo  stato  dei  luoghi  e
l'assetto  paesaggistico,  la  cui  previsione,  si  noti  bene,   si
configura in termini di specificazione  della  piu'  ampia  categoria
disciplinata dall'art. 149 del d.lgs.  n.  42  del  2004,  rubricato,
appunto, «Interventi non soggetti ad autorizzazione». 
    Poiche' -  prosegue  la  resistente  -  la  Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste gode di potesta' legislativa primaria in  materia  di  tutela
del paesaggio (ex art.  2  dello  Statuto  speciale),  la  disciplina
regionale impugnata risulta pienamente conforme alla  Costituzione  e
ai principi dell'ordinamento, nonche' alle norme  fondamentali  delle
riforme  economico-sociali  della  Repubblica,  trattandosi  di   una
normativa  che  non  comporta  alcuna  arbitraria  restrizione  degli
standard di tutela paesaggistica previsti dal legislatore statale. 
    2.1.1.- Ne',  secondo  la  Regione,  potrebbe  essere  portata  a
sostegno della illegittimita' della norma censurata quanto  affermato
nella sentenza n. 207 del 2012, con la quale la Corte  costituzionale
aveva dichiarato  che  spetta  allo  Stato  disciplinare,  anche  nei
confronti  della  Provincia  autonoma  di  Trento,  il   procedimento
semplificato di autorizzazione paesaggistica,  risultando  la  stessa
inconferente alla fattispecie oggi in esame. 
    2.2.- Ugualmente priva di fondamento sarebbe la  censura  rivolta
all'art. 10 della citata legge regionale ,  poiche'  erroneamente  il
Presidente del Consiglio riterrebbe che tale disposizione - delegando
alla  Giunta  regionale  la   possibilita'   di   stabilire   "limiti
qualitativi e quantitativi" all'applicabilita'  della  autorizzazione
paesaggistica - sarebbe «suscettibile di comportare  una  restrizione
dell'ambito  di  tutela  prevista  dal  legislatore   statale»,   con
conseguente lesione, ancora una volta, dell'art. 117, comma  secondo,
lettere m) ed s), Cost., nonche' della disciplina  prevista  sia  dal
d.lgs. n. 42 del 2004, sia dal d.P.R. n. 139 del 2010. 
    La norma in oggetto, al  contrario,  viene  a  stabilire  che  la
Giunta, con sua delibera, possa  solo  specificare  quali  siano  gli
interventi che necessitano  del  titolo  autorizzativo,  in  modo  da
vincolare le Amministrazioni  comunali  delegate  al  rilascio  delle
autorizzazioni e dei pareri prescritti  dalla  legge,  che  dovranno,
dunque,  attenersi  alle   prescrizioni   stabilite   dalla   Giunta,
assicurando, cosi', uniformita'  ed  omogeneita'  degli  standard  di
tutela paesaggistica su tutto il territorio regionale. 
    2.3.-  Non  fondata,  infine,  sarebbe  anche  la  questione   di
illegittimita' costituzionale sollevata dal ricorrente nei  confronti
dell'art. 9, comma 2,  della  legge  regionale  impugnata,  il  quale
introducendo l'art. 11-bis nella legge reg. n. 18 del 1994,  viene  a
prevedere  che  la  Commissione  regionale  per  il  paesaggio  possa
esprimere pareri vincolanti in  merito  alle  istanze  relative  alla
«conversione delle demolizioni in indennita' o sanzioni  pecuniarie»,
in quanto basata su una errata lettura della norma impugnata da parte
del Governo. 
    Infatti, secondo la difesa regionale, sarebbe  proprio  la  norma
interposta considerata violata, cioe' l'art. 167 del d.lgs. n. 42 del
2004, a prevedere la possibilita' di  applicare,  nei  confronti  del
trasgressore, una sanzione pecuniaria in  alternativa  all'ordine  di
rimessione  in  pristino,  qualora  il  medesimo  abbia  violato  gli
«obblighi e gli ordini previsti dal Titolo I della Parte terza»,  del
codice, come si desumerebbe facilmente  dal  tenore  letterale  della
norma statale. Pertanto,  risulterebbe  del  tutto  evidente  la  non
fondatezza della  censura  mossa  dal  ricorrente,  tenendo  altresi'
presente che «i  casi  in  cui  il  legislatore  statale  ammette  la
sanzione pecuniaria - ovvero quelli di violazione di modesta  entita'
o quelli di irreversibilita' dell'intervento eseguito in assenza o in
difformita' dall'autorizzazione paesistica -  coincidono  esattamente
con quelli  previsti  dalla  legislazione  regionale  in  materia  e,
segnatamente, dalla legge regionale n. 1 del 2004,  "Disposizioni  in
materia di riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica e
di definizione degli illeciti  edilizi  nel  territorio  della  Valle
d'Aosta",  legge,  peraltro,  mai  impugnata  dal  Governo  e  dunque
pienamente valida ed efficace». 
    3.-  In  prossimita'  della  data  fissata  per   l'udienza,   il
Presidente del  Consiglio  dei  ministri  ha  depositato  memoria  in
replica all'atto di costituzione della difesa della Regione  autonoma
della Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste. 
    3.1.- Relativamente all'art. 3 della legge regionale  n.  27  del
2012, il ricorrente contesta la tesi sostenuta dalla Regione  secondo
cui la  disciplina  di  cui  al  predetto  articolo  non  verrebbe  a
prevedere restrizioni degli standard di tutela paesaggistica previsti
dal legislatore statale, riferendosi la stessa solo ad interventi  di
consolidamento statico e di restauro conservativo di modesta entita',
come tali configurati solamente come specificazione  della  categoria
disciplinata dall'art. 149 del codice  per  i  beni  e  le  attivita'
culturali e il paesaggio. 
    Al riguardo, l'Avvocatura dello  Stato  opera  una  ricostruzione
della complessiva disciplina del d.lgs. n.42  del  2004  al  fine  di
evidenziare i passaggi procedimentali  previsti  per  la  concessione
dell'autorizzazione paesaggistica,  nonche'  le  ipotesi  in  cui  e'
possibile procedere alla stessa con un regime semplificato. 
    In proposito, si  sottolinea  come  nel  nuovo  quadro  normativo
(completato dalla riforma  del  2008  che  ha  introdotto  il  regime
semplificato di cui all'art. 146, comma  9,  ultima  parte)  l'organo
statale non sia piu'  un  soggetto  con  compiti  di  garanzia  della
legittimita', bensi' sia un organo titolare di un  potere  consultivo
obbligatorio all'interno di  un  provvedimento  autorizzatorio.  Cio'
comporterebbe   l'effetto   di   estendere   le   valutazioni   della
Sovraintendenza al di la' dei  profili  di  legittimita'  dell'azione
amministrativa, sino all'ambito del merito della scelte operate dalla
Regione o dall'ente locale, con tutto cio' che ne deriva  in  termini
in obbligo di motivazione e di sindacabilita'  giurisdizionale  della
scelta eventualmente difforme. 
    3.1.1.- Ne conseguirebbe che questo assetto regolativo non lascia
ambiti di modifica alla legislazione regionale neppure in termini  di
specificazione di previsioni contenute nella legislazione statuale. 
    Da qui  un  giudizio  di  illegittimita'  della  norme  regionale
impugnata, espressamente motivato dal rilievo che  la  previsione  di
cui all'art. 149, comma 1, lettera a), del  d.lgs.  n.  42  del  2004
consente  solo  gli  interventi  rivolti  alla  conservazione  ed  al
miglioramento degli edifici, con i limiti del divieto di  alterazione
dello stato dei luoghi e dell'aspetto esteriore degli edifici stessi. 
    Al contrario, gli interventi indicati alle lettere h), k), q)  ed
r) dell'art. 4, comma 1,  della  legge  regionale  n.  18  del  1994,
introdotto dall'art. 3, comma 1, della legge regionale impugnata sono
suscettibili, per loro natura,  di  avere  un  impatto  visibile  sui
luoghi protetti dal vincolo (ovvero di alterare lo stato  dei  luoghi
e/o l'aspetto degli edifici stessi). 
    3.2.- Per  quanto,  poi,  attiene  alla  lettera  g)  del  citato
articolo, il  ricorrente  osserva  come  la  Regione  ne  affermi  la
legittimita'    in    quanto    l'esclusione     della     necessita'
dell'autorizzazione paesaggistica deriverebbe dalla  circostanza  che
gli interventi di cui trattasi sarebbero gia' previsti e disciplinati
nell'ambito  degli   strumenti   attuativi   dei   piani   regolatori
urbanistici, gia'  verificati  e  concordati  con  la  Soprintendenza
regionale sulla base delle  procedure  stabilite  dalla  legislazione
regionale in materia urbanistica. In merito,  il  ricorrente  osserva
come anche qui la norma regionale sia in contrasto con la  previsione
del codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio;  quest'  ultimo,
infatti, ha disciplinato anche tale ipotesi, prevedendo  per  questa,
comunque, la necessita' del provvedimento autorizzatorio. 
    Logicamente, stante la specificita' della fattispecie, il  d.lgs.
n. 42 del 2004 ha previsto una diversa  forma  di  procedimento,  nel
quale il parere della competente Soprintendenza  statale  diviene  da
vincolante  meramente  obbligatorio;  peraltro,  questo  procedimento
semplificato e'  possibile  solo  quando  siano  state  approvate  le
prescrizioni d'uso dei beni  paesaggistici  tutelati  predisposte  ai
sensi degli artt. 140, comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 3,
lettere b), c) e d), nonche' quando il Ministero, su richiesta  della
Regione interessata, abbia positivamente valutato l'adeguamento degli
strumenti urbanistici alle prescrizioni dei  piani  paesaggistici  ex
art. 146, comma 5, seconda parte. 
    3.3.- Quanto all'art. 10  della  legge  regionale  impugnata,  il
ricorrente sottolinea come lo stesso sia ugualmente  illegittimo,  in
quanto prevede la possibilita' di delegare alla Giunta  regionale  il
potere  di  stabilire  i  limiti  qualitativi   e   quantitativi   di
ammissibilita' dei progetti relativi agli interventi di cui  all'art.
3  della  stessa  legge  regionale.  Cio'  in  palese  contrasto  con
l'assetto complessivo della disciplina statale, tra  l'altro  con  la
previsione  di   poteri   derogatori   dalla   stessa,   come   sopra
sottolineato, del tutto esclusi dalla normativa statale. Entrambe  le
norme, dunque, conclude l'Avvocatura, sarebbero lesive degli standard
minimi di tutela  del  paesaggio  valevoli  su  tutto  il  territorio
nazionale.  Del  resto,  la  normativa  statale   costituisce   norma
fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica,  che,  ai
sensi  dell'art.  2  dello  statuto  d'autonomia,  la  Regione  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste e' tenuta a  rispettare  nell'esercizio  della
sua potesta' legislativa primaria. 
    3.4.- Infine, il ricorrente contesta la legittimita' dell'art.  9
della legge regionale censurata, relativo all'istituenda  Commissione
regionale per il paesaggio. 
    Al riguardo, si osserva come sia corretto quanto affermato  dalla
Regione nelle sue difese, ovvero che sia l'art. 167  del  codice  che
l'art. 9 della legge regionale impugnata  prevedono  l'alternativita'
della sanzione pecuniaria con quella demolitoria,  ma  si  sottolinea
come nella disciplina dell'art. 167 e'  previsto,  comunque,  che  la
scelta sia vincolata alla sussistenza o meno della  possibilita'  del
rilascio dell'autorizzazione in sanatoria, di cui all'art. 146, comma
4; quindi, il relativo  procedimento  presuppone  necessariamente  il
parere vincolante dell'organo statale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questione di
legittimita' costituzionale della legge della Regione autonoma  Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste 31 luglio 2012 (recte: 1° agosto 2012), n. 27,
recante «Modificazioni alla legge regionale 27  maggio  1994,  n.  18
(Deleghe ai Comuni della Valle d'Aosta di funzioni amministrative  in
materia di tutela del paesaggio), e ad altre disposizioni in  materia
di tutela del paesaggio». In particolare sono impugnati gli  articoli
3, 9 e 10 della citata legge regionale. 
    Secondo il ricorrente, le disposizioni censurate, nel  modificare
alcune norme della legge regionale 27 maggio 1994, n. 18 (Deleghe  ai
Comuni della Valle d'Aosta di funzioni amministrative in  materia  di
tutela del paesaggio), si porrebbero in  contrasto  con  l'art.  117,
comma secondo, lettere m) ed s), della  Costituzione,  con  le  norme
interposte di fonte ordinaria, direttamente attuative degli artt. 9 e
117 Cost. - vale  a  dire  con  gli  artt.  146  e  167  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del
paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 13), e
con il decreto del Presidente della Repubblica 9 luglio 2010, n.  139
(Regolamento  recante  procedimento  semplificato  di  autorizzazione
paesaggistica  per  gli  interventi  di  lieve   entita',   a   norma
dell'articolo 146, comma 9, del decreto legislativo 22 gennaio  2004,
n. 42, e successive modificazioni) - nonche' con l'art. 2 della legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale della regione
Valle d'Aosta). 
    1.1.- Per il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  l'art.  3
della legge regionale della Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste  n.  27  del
2012, risulta costituzionalmente  illegittimo  -  in  riferimento  ai
sopra ricordati parametri e alle norme invocate ad integrazione degli
stessi - nella parte in cui, nel  sostituire  l'art.  4  della  legge
regionale n. 18 del 1994 con l'introduzione del comma 1, lettere  g),
h), k), q) ed r), prevede l'esenzione dall'obbligo  del  rilascio  di
autorizzazione paesaggistica per  una  serie  di  interventi  che  la
normativa statale, invece, subordina a tale autorizzazione (art.  146
del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42) o ad  autorizzazione  paesaggistica
semplificata (d.P.R. 9 luglio 2010, n. 139). 
    1.2.- Ugualmente in contrasto  con  la  normativa  statale  sopra
citata, nonche' con gli standard minimi di  tutela  del  paesaggio  -
valevoli su tutto il territorio nazionale e riconducibili alle  norme
fondamentali di riforma economico-sociale, che  la  Regione  autonoma
Valle  d'Aosta/Vallee  d'Aoste  e'  tenuta  a  rispettare,  ai  sensi
dell'art. 2 dello Statuto di autonomia della Regione  -  e',  per  il
ricorrente,  l'art.  10  della  legge  regionale   citata,   laddove,
introducendo l'art. 11-ter della legge regionale n. 18 del 1994,  che
delega alla Giunta regionale la  possibilita'  di  stabilire  «limiti
qualitativi e quantitativi ai fini della  tutela  del  paesaggio,  di
ammissibilita'  dei  progetti  relativi  agli   interventi   di   cui
all'articolo 3», determina anch'esso una restrizione  dell'ambito  di
tutela prevista dal legislatore statale. 
    1.2.1.- Da ultimo, anche l'art. 9 della medesima legge  regionale
impugnata,   secondo   il   Presidente    del    Consiglio,    appare
costituzionalmente illegittimo; tale disposizione, infatti, - poiche'
introduce, nella legge regionale n. 18 del 1994,  l'art.  11-bis,  il
quale prevede che la Commissione regionale  per  il  paesaggio  possa
esprimere pareri vincolanti in  merito  alle  istanze  relative  alla
conversione delle demolizioni in indennita'  o  sanzioni  pecuniarie,
venendo, in tal modo, a  privilegiare  i  provvedimenti  sanzionatori
pecuniari rispetto a quelli demolitori - viola  (al  pari  delle  due
precedenti norme sopra riportate) l'art. 117, secondo comma,  lettere
m)  ed  s),  della  Costituzione.  Detta  disposizione,  difatti,  si
porrebbe in contrasto con il principio fondamentale di  cui  all'art.
167 del d.lgs.  n.  42  del  2004,  secondo  il  quale,  in  caso  di
violazione degli obblighi imposti dalla normativa statale in  materia
di paesaggio, «il trasgressore e' sempre tenuto  alla  rimessione  in
pristino  a  proprie  spese»,  risultando,  pertanto,  lesivo   degli
standard  minimi  di  tutela  del  paesaggio  valevoli  su  tutto  il
territorio nazionale, da considerarsi norme fondamentali  di  riforma
economico-sociale della Repubblica, che, secondo il dettato dell'art.
2  dello  Statuto   di   autonomia,   la   Regione   autonoma   Valle
d'Aosta/Vallee d'Aoste e' tenuta a  rispettare  nell'esercizio  della
sua potesta' legislativa primaria. 
    2.-   Le   questioni   di   legittimita'   costituzionale   delle
disposizioni impugnate sono fondate. 
    2.1.- E' da premettere che la giurisprudenza di questa  Corte  ha
gia' esaminato la problematica dei rapporti tra lo Stato e le Regioni
a Statuto speciale - anche con  specifico  riferimento  alla  Regione
Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste - relativamente al riparto di competenze
in materia di tutela  paesaggistica,  dichiarando  costituzionalmente
illegittime  norme  regionali  che  si  ponevano  in  contrasto   con
disposizioni previste dal codice dei beni culturali e del  paesaggio,
qualificate norme di grande riforma  economico-sociale  (sentenze  n.
207 e 66 del 2012; n. 226 e n. 164 del 2009, n. 232 del 2008 e n.  51
del 2006). 
    Al riguardo, e' stato sottolineato che  il  legislatore  statale,
tramite l'emanazione di  tali  norme,  conserva  il  potere  -  anche
relativamente al  titolo  competenziale  legislativo  «nella  materia
"tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali", di  cui
all'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),   della   Costituzione,
comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela  dei
beni ambientali o culturali» (per tutte, sentenza n. 51 del  2006)  -
di vincolare la potesta' legislativa primaria delle Regioni a statuto
speciale,  cosi'   che   le   norme   qualificabili   come   «riforme
economico-sociali» si impongono al legislatore di  queste  ultime  ai
sensi, per cio' che concerne la Regione autonoma Valle d'Aosta/Vallee
d'Aoste, di quanto prevede  l'art.  2  dello  statuto  speciale,  che
limita l'esercizio del  potere  legislativo  primario  della  Regione
nella materia del «paesaggio» al rispetto  delle  norme  fondamentali
delle riforme economico-sociali dello Stato. 
    2.1.1.- In particolare, la Corte costituzionale ha affermato tale
illegittimita' gia' con la piu' risalente sentenza n.  151  del  1986
(relativa anche a una  norma  regionale  della  Valle  d'Aosta),  con
riferimento alle disposizioni della cosiddetta «legge Galasso», posta
a tutela delle zone di particolare interesse ambientale. 
    Piu' recentemente, con la sentenza n.  164  del  2009,  resa  nei
confronti della sola Regione Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste,  la  Corte
ha ritenuto l'illegittimita' costituzionale di numerosi commi di  una
norma regionale che veniva a sottrarre ai  vincoli  paesaggistici  le
zone contermini ai laghi artificiali, introducendo, pertanto, deroghe
al regime vincolistico previsto dalla  legislazione  dello  Stato  in
materia di aree qualificate di interesse paesaggistico  e  ponendosi,
quindi, in contrasto con l'art. 142 del d.lgs. n. 42 del 2004, per il
quale deve essere mantenuta la qualifica di norma di  grande  riforma
economico-sociale, in quanto l'elencazione in esso  contenuta  «delle
aree vincolate per legge rappresenta[va] nella sostanza un  continuum
rispetto alla precedente disciplina» (sentenza n. 66 del 2012). 
    Ne'  puo'  giovare  alla  Regione  resistente  il  richiamo  alla
competenza primaria in  materia  di  tutela  del  paesaggio,  di  cui
all'art. 2 dello Statuto speciale, che renderebbe  -  a  detta  della
difesa regionale  -  la  disciplina  regionale  impugnata  pienamente
conforme alla Costituzione e ai principi dell'ordinamento. 
    Infatti, nella sopra ricordata sentenza n. 164 del  2009,  questa
Corte - pur evidenziando che la Regione Valle d'Aosta/Vallee  d'Aoste
e' titolare, in forza dell'art. 2, primo  comma,  lettera  q),  dello
Statuto speciale, della potesta' legislativa primaria in  materia  di
tutela del paesaggio - ha, al contempo, ribadito come  tale  potesta'
debba essere esercitata «in armonia  con  la  Costituzione  e  con  i
principi dell'ordinamento, nonche'  delle  norme  fondamentali  e  di
riforma economico-sociale». 
    2.2.- Tutto cio' premesso, stante la  connessione  esistente  tra
l'art. 3 e l'art 10 della legge regionale della Valle  d'Aosta/Vallee
d'Aoste n. 27 del 2012, le questioni  riguardanti  tali  disposizioni
verranno congiuntamente trattate. 
    2.2.1.- In particolare, come sopra gia' ricordato, l'art. 3 della
legge regionale impugnata -  nel  sostituire  l'art.  4  della  legge
regionale n. 18 del 1998, introducendo il comma 1,  lettere  g),  h),
k), q) ed r) - amplierebbe, secondo il ricorrente,  «arbitrariamente»
il numero degli interventi per i  quali  non  viene  richiesta  dalla
Regione  autonoma  l'autorizzazione  paesaggistica,   risultando   in
contrasto con l'art. 149 del d.lgs. n. 42 del  2004  -  in  cui  sono
previsti gli interventi c.d. esenti da autorizzazione  paesaggistica.
Infatti, quest'ultima norma prevede: 
    «1.  Fatta  salva  l'applicazione  dell'articolo  143,  comma  4,
lettera b), non e'  comunque  richiesta  l'autorizzazione  prescritta
dall'articolo 146, dall'articolo 147 e dall'articolo 159: 
    a) per gli interventi di manutenzione  ordinaria,  straordinaria,
di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino
lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici; 
    b)  per  gli  interventi  inerenti   l'esercizio   dell'attivita'
agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente  dello
stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre  opere  civili,  e
sempre che si tratti di attivita' ed opere che non alterino l'assetto
idrogeologico del territorio; 
    c) per il taglio colturale, la forestazione,  la  riforestazione,
le opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei
boschi e nelle foreste indicati dall'articolo 142, comma  1,  lettera
g), purche'  previsti  ed  autorizzati  in  base  alla  normativa  in
materia». 
    Gli interventi di cui all'art. 149 sopra ricordati - vale a dire,
per quello che qui interessa, limitatamente a  quelli  previsti  alla
lettera a) - rientrano nei cosiddetti «interventi  di  consolidamento
statico e di restauro conservativo di  modesta  entita'»,  come  tali
inidonei ad alterare lo stato dei luoghi e  l'assetto  paesaggistico,
essendo, di fatto, limitati al restauro o comunque al miglioramento o
ripristino di parti interne di immobili. 
    Diversamente, gli interventi previsti  dall'art.  3  della  legge
regionale impugnata, nella parte in cui esso  introduce  nell'art.  4
della legge regionale n. 18 del 1994 il comma 1, lettere h),  k),  q)
ed r),  non  rientrano  in  questa  tipologia:  essi,  difatti,  sono
potenzialmente idonei ad alterare lo stato  dei  luoghi  protetti  da
vincolo paesaggistico e, quindi, come rilevato anche  dall'Avvocatura
ricorrente, «non evidentemente riconducibili alla  categoria  di  cui
alla lettera a) dell'art. 149». Gli interventi diretti «al ripristino
dell'efficienza» (lettera h) o alla «collocazione di  nuovi  apparati
tecnologici» (lettera k) possono infatti comportare (o, forse,  quasi
necessariamente comportano) un aumento dei  volumi,  cosi'  come  «la
realizzazione di nuove aperture» (lettera q) e la sostituzione  o  il
rifacimento di balconi «qualora si rispettino le tipologie prevalenti
nel  contesto  edificato  circostante»  (lettera  r)   presuppongono,
proprio  nella  indicazione  dell'attivita'  che   autorizzano,   una
modifica dell'«aspetto esteriore»  dell'edificio  oggetto  dell'opera
edilizia. 
    2.2.2.-  Anche  gli   interventi   previsti   alla   lettera   g)
dell'impugnata disposizione  regionale  (specificamente,  come  sopra
ricordato, «gli interventi di qualunque  natura  su  edifici  o  aree
ricompresi in ogni zona omogenea del PRG vigente per le  quali  siano
stati redatti strumenti urbanistici attuativi, laddove tali strumenti
siano  vigenti  e  siano  stati  preventivamente  concertati  con  le
strutture regionali competenti in materia di tutela del  paesaggio  e
di beni culturali, e qualora siano corredati da  puntuale  disciplina
degli interventi ammissibili per ogni singolo immobile») non  possono
andare esenti dalla prevista  autorizzazione  paesaggistica,  benche'
essi siano, come  sostenuto  dalla  Regione  resistente,  previsti  e
disciplinati  nell'ambito  degli  strumenti   attuativi   dei   piani
regolatori  urbanistici,  gia'  verificati  e   concordati   con   la
Soprintendenza regionale sulla base delle procedure  stabilite  dalla
legislazione regionale in materia urbanistica. 
    Il codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  difatti,  ha
previsto,   anche   per   questi   ultimi,   l'obbligatorieta'    del
provvedimento autorizzatorio, sia pur in forma  diversa,  poiche'  in
questo caso il parere della competente  soprintendenza  statale,  non
contemplato dalla disposizione legislativa  regionale,  non  e'  piu'
vincolante,  ma   meramente   obbligatorio.   Tra   l'altro,   questo
procedimento semplificato e' possibile,  in  base  alla  legislazione
statale, solo quando siano state approvate le prescrizioni d'uso  dei
beni paesaggistici tutelati predisposte ai  sensi  degli  artt.  140,
comma 2, 141, comma 1, 141-bis e 143, comma 3, lettere b), c)  e  d),
nonche' quando il Ministero, su richiesta della Regione  interessata,
abbia   positivamente   valutato   l'adeguamento   degli    strumenti
urbanistici alle prescrizioni dei piani paesaggistici  ex  art.  146,
comma 5, seconda parte, del medesimo decreto. 
    2.3.-  Relativamente,  poi,  all'art.  10  dell'impugnata   legge
regionale n. 27 del 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri ne
censura la disciplina - in riferimento agli stessi parametri, e  alle
norme richiamate a loro integrazione, gia' evocati per le lettere g),
h), k), q) ed r),  introdotte  nell'art.  4,  comma  1,  della  legge
regionale n. 18 del 1994 dall'art. 3 della medesima  legge  regionale
censurata - nella parte in cui  lo  stesso  introduce  l'art.  11-ter
nella legge  regionale  n.  18  del  1994,  il  quale  stabilisce  la
possibilita'  di  delegare  alla  Giunta  regionale  il   potere   di
determinare i limiti qualitativi e quantitativi di ammissibilita' dei
progetti relativi agli interventi di  cui  all'art.  3  della  stessa
legge regionale. 
    Secondo il ricorrente, anch'esso, al pari dell'art. 3,  comma  1,
verrebbe a determinare una restrizione dell'ambito di tutela prevista
dal legislatore statale, con conseguente lesione, ancora  una  volta,
dell'art. 117, comma secondo, lettere m) ed s), Cost., nonche'  della
disciplina prevista sia dal d.lgs. n. 42 del 2004, sia dal d.P.R.  n.
139 del 2010. 
    2.3.1.- Tale censura e' ugualmente fondata. 
    2.3.2.- Appare evidente, infatti, che -  non  essendo  consentito
alla Regione autonoma resistente di individuare  altre  tipologie  di
interventi realizzabili in assenza di  autorizzazione  paesaggistica,
al di fuori  di  quelli  tassativamente  individuati  dall'art.  149,
lettera   a),   del   d.lgs.   n.   42   del   2004   -   altrettanto
costituzionalmente illegittima debba  ritenersi  la  possibilita'  di
delegare  alla  Giunta  regionale  il  potere  di  stabilire   limiti
qualitativi e quantitativi di ammissibilita' relativi a tali tipi  di
interventi non consentiti al legislatore regionale. Il ricorrente  ha
individuato, nel suo  ricorso,  la  violazione  costituzionale  nelle
lettere g), h), k), q) ed r) sopra richiamate, con cio'  perimetrando
la sua doglianza sia con riferimento a detta disposizione legislativa
sia al conseguenziale art. 10. 
    E' senz'altro da accogliere l'obiezione  formulata  dalla  difesa
della Regione secondo cui la disposizione  legislativa  censurata  in
realta' stabilisce che la Giunta, con  sua  delibera,  puo'  soltanto
fornire specificazioni in ordine agli interventi cui  fa  riferimento
l'art. 3, in modo da vincolare le Amministrazioni  comunali  delegate
al rilascio delle autorizzazioni e dei pareri prescritti dalla legge,
che dovranno, dunque, attenersi  alle  prescrizioni  stabilite  dalla
Giunta, assicurando, cosi', uniformita' ed omogeneita' degli standard
di tutela paesaggistica su tutto il territorio  regionale,  ma  cio',
ovviamente, puo' valere solo per la parte del suddetto  articolo  che
non e' oggetto della dichiarazione di illegittimita' costituzionale. 
    Poiche' l'art. 10 della legge regionale fa riferimento all'art. 3
e da quest'ultimo sono state espunte,  in  quanto  costituzionalmente
illegittime, le modifiche apportate all'art. 4, comma 1, della  legge
regionale n. 18  del  1994,  con  l'introduzione  delle  gia'  citate
lettere  g),  h),  k),  q)  ed  r),  ne  deriva   la   conseguenziale
impossibilita'  per  la  Giunta   regionale   di   stabilire   limiti
«qualitativi e quantitativi»,  di  ammissibilita'  di  tali  tipi  di
intervento o ogni altra prescrizione ad essi relativa. 
    3.- La terza questione  di  costituzionalita'  sollevata  con  il
ricorso in esame riguarda l'art. 9 della legge regionale della  Valle
d'Aosta/Vallee  d'Aoste  n.  27  del  2012,  nella  parte   in   cui,
introducendo l'articolo 11-bis nella legge regionale n. 18 del  1994,
stabilisce che  la  Commissione  regionale  per  il  paesaggio  possa
esprimere pareri vincolanti relativamente alle istanze in merito alla
«conversione delle demolizioni in indennita' o sanzioni pecuniarie». 
    3.1.- Il ricorrente afferma che nell'art. 167 del  d.lgs.  n.  42
del 2012 la sanzione pecuniaria e'  stata  prevista  dal  legislatore
statale  nei  soli  casi  in   cui   risulti   possibile   rilasciare
l'autorizzazione in sanatoria (in sostanza, quando non vi  sia  stato
un aumento di volume e di superficie e,  conseguentemente,  si  possa
ritenere  che  l'impatto  paesaggistico  risulti  assai  limitato   e
l'attendibilita' di una valutazione di  compatibilita'  possa  essere
valutata  anche  a  posteriori)  e,  comunque,  fermo   restando   il
preventivo accertamento  della  compatibilita'  dal  punto  di  vista
paesaggistico degli interventi. Diversamente, nell'art. 11-bis, cosi'
come introdotto nella legge regionale n. 18 del 1994, il  legislatore
regionale ha stabilito che la Commissione regionale per il paesaggio,
di cui al comma 1 della medesima disposizione, possa esprimere pareri
«vincolanti» in ordine alla commutazione di sanzioni  demolitorie  in
sanzioni pecuniarie. In tal modo, la normativa  censurata  violerebbe
l'art. 117, secondo  comma,  lettere  s)  ed  m),  Cost.,  risultando
altresi'  lesiva  degli  standard  minimi  di  tutela  del  paesaggio
valevoli su  tutto  il  territorio  nazionale  da  considerare  norme
fondamentali di  riforma  economico-sociale  della  Repubblica,  che,
secondo il dettato dell'art. 2 dello statuto di autonomia, la Regione
e' tenuta a rispettare nell'esercizio della sua potesta'  legislativa
primaria. 
    3.1.1.- La difesa della Regione obietta che il ricorrente avrebbe
basato le sue censure su di una errata lettura della norma impugnata:
non esisterebbe, difatti, la ritenuta violazione  dell'art.  167  del
d.lgs. n. 42 del 2004, poiche' sarebbe proprio  la  norma  interposta
considerata violata a prevedere la  possibilita'  di  applicare,  nei
confronti del trasgressore, una sanzione  pecuniaria  in  alternativa
all'ordine di rimessione  in  pristino,  qualora  il  medesimo  abbia
violato gli «obblighi e gli ordini previsti dal Titolo I della  Parte
terza», del codice. Cio' sarebbe  facilmente  desumibile  dal  tenore
letterale della norma statale che prevede:  «in  caso  di  violazione
[...]  il   trasgressore   e'   tenuto,   secondo   che   l'autorita'
amministrativa  preposta  alla  tutela  paesaggistica  ritenga   piu'
opportuno  nell'interesse  della  protezione  dei  beni  [...],  alla
rimessione in pristino a proprie spese o al pagamento  di  una  somma
equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e  il  profitto
conseguito mediante la trasgressione». 
    3.1.2.- La questione e' fondata nei termini appresso indicati. 
    Al riguardo e' da premettere che,  fermo  restando  il  principio
sancito dall'art. 146, comma 4, secondo il quale l'autorizzazione non
puo'   essere   rilasciata   in   sanatoria   successivamente    alla
realizzazione, anche parziale, degli interventi, il codice  dei  beni
culturali  e  del  paesaggio   prevede   che   l'accertamento   della
compatibilita' paesaggistica da parte  dell'autorita'  amministrativa
competente, in alcuni casi particolari (di cui all'art. 167, commi  4
e 5), possa anche avvenire successivamente alla  realizzazione  degli
interventi. 
    L'autorita'  competente  si  pronuncia  sulla  domanda  entro  il
termine perentorio di centottanta giorni,  previo  parere  vincolante
della  soprintendenza  da  rendersi  entro  il   termine   ugualmente
perentorio  di   novanta   giorni.   Qualora   venga   accertata   la
compatibilita' paesaggistica, il trasgressore e' tenuto al  pagamento
di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato  e
il profitto conseguito mediante  la  trasgressione.  L'importo  della
sanzione pecuniaria, stabilita dall'ente competente,  e'  determinato
previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si  applica
la sanzione demolitoria. 
    E' poi da sottolineare che l'art. 167 del d.lgs. n. 42  del  2004
prevede  l'alternativita'  della  sanzione  pecuniaria   con   quella
demolitoria, ma la  scelta  della  prima  -  diversamente  da  quanto
previsto dalla norma  regionale  censurata  -  e'  comunque  limitata
all'ipotesi in cui sia possibile il rilascio  dell'autorizzazione  in
sanatoria di cui all'art. 146,  comma  4.  Il  relativo  procedimento
presuppone necessariamente il parere vincolante dell'organo statale. 
    3.2.-  Quindi,  anche  prescindendo   dal   diverso   presupposto
stabilito dalla normativa statale rispetto a quella regionale ai fini
della sanabilita' ex post (conversione della sanzione ripristinatoria
in sanzione pecuniaria), diverso e' l'organo competente ad operare la
valutazione sulla sanabilita' attraverso un parere che, peraltro,  in
entrambi i casi, verrebbe ad avere carattere vincolante. 
    Infatti, nella disciplina statale  e'  previsto  che,  a  seguito
della domanda presentata dal proprietario o  possessore  a  qualsiasi
titolo  dell'immobile  o  dell'area  interessata  per   il   rilascio
dell'autorizzazione   in    sanatoria    all'autorita'    competente,
quest'ultima  «si  pronuncia  sulla  domanda  [...]   previo   parere
vincolante della soprintendenza». Nel caso  che  venga  accertata  la
compatibilita' paesaggistica, solo  allora  il  trasgressore  potra',
attraverso il pagamento  di  una  somma  quale  sanzione  pecuniaria,
sottrarsi alla sanzione della rimessione in pristino dei luoghi. 
    Diversamente, nella normativa  regionale,  ad  esprimere  «pareri
"vincolanti" in merito alle istanze relative [...] (alla) conversione
delle  demolizioni  in  indennita'  o  sanzioni  pecuniarie»  e'  una
Commissione regionale per il paesaggio, composta  dal  soprintendente
regionale per i beni  e  le  attivita'  culturali,  con  funzioni  di
Presidente, da altri tre membri espressi dalla Regione  stessa  e  da
uno espresso  dagli  enti  locali,  nella  quale  la  presenza  della
soprintendenza risulta, come indicato, del tutto minoritaria. 
    Attesa  la  natura  vincolante  del   parere   reso   da   questa
Commissione, la  conversione  della  sanzione  da  ripristinatoria  a
pecuniaria, in questo caso, resta affidata alla volonta' di un organo
diverso da quello previsto dalla  legislazione  statale.  Vi  e'  poi
l'evidente irragionevolezza  di  una  previsione  normativa  che,  in
presenza dell'esistenza nella normativa statale della espressione  di
un parere vincolante reso dalla  soprintendenza,  anche  qualora  non
abbia  la  finalita'  di  sostituirlo  con  il  parere   reso   dalla
Commissione, disciplina un'altra  fase  del  procedimento  attraverso
l'espressione di  un  altro  parere,  anch'esso  vincolante,  con  la
impossibile coesistenza  di  due  pareri  vincolanti  che  potrebbero
essere resi in senso opposto. 
    Inoltre, la disposizione impugnata,  cosi'  stabilendo,  potrebbe
consentire l'esclusione di interventi demolitori, pur in presenza  di
possibili abusi edilizi, che, al  contrario,  se  avvenuti  in  altre
Regioni  del  territorio  nazionale  verrebbero  sanzionati  con   la
rimessione in pristino. 
    3.2.1.-  La  norma  regionale  censurata,  quindi,  ponendosi  in
contrasto con il consolidato indirizzo seguito  dalla  giurisprudenza
costituzionale, secondo cui  «l'autorizzazione  paesaggistica  [...],
deve essere annoverata «tra gli  istituti  di  protezione  ambientale
uniformi, validi in tutto il territorio nazionale» (sentenze  n.  101
del 2010 e n. 232 del 2008)  risulta  costituzionalmente  illegittima
la' dove prevede che la Commissione regionale per il paesaggio e  non
la sola soprintendenza possa esprimere parere "vincolante" in  merito
alle istanze relative a provvedimenti riguardanti  l'applicazione  di
sanzioni demolitorie per abusi edilizi e  per  la  conversione  delle
demolizioni in indennita' o sanzioni pecuniarie. 
    3.2.2.-  Conclusivamente,  le  disposizioni  in  esame  risultano
costituzionalmente illegittime, in quanto - discostandosi  da  quanto
previsto da norme del decreto legislativo n. 42 del 2004 in  tema  di
tutela paesaggistica, qualificabili come ««norme  di  grande  riforma
economico-sociale» - non rispettano  i  limiti  posti  dallo  Statuto
speciale all'esercizio della competenza  legislativa  primaria  della
Regione autonoma. 
    3.3.- Restano assorbite le residue doglianze formulate  da  parte
ricorrente.