IL GIUDICE DI PACE 
 
    Esaminati gli atti del presente procedimento penale nei confronti
di Silvio Berlusconi, nato a Milano il 29 settembre 1936; 
    letta la deliberazione della Camera dei deputati  adottata  nella
seduta del 22 settembre  2010;  letta  la  sentenza  della  Corte  di
cassazione n. 17700/12 del 19 gennaio 2012; 
    uditi il Pubblico Ministero e la parte civile, che hanno  chiesto
che fosse sollevato dinanzi alla Corte  costituzionale  conflitto  di
attribuzione avverso la deliberazione sopra menzionata, e  la  difesa
che  ha  richiesto  l'emissione  di  sentenza  ex  art.  129  c.p.p..
ritenendo applicabile l'art. 68 primo comma della Costituzione e,  in
subordine, sollevarsi conflitto di attribuzione  dinanzi  alla  Corte
costituzionale; 
    Premesso: 
        che  la   parte   offesa   Antonio   Di   Pietro   presentava
denuncia/querela ai Carabinieri di Curno in data  21  giugno  2008  a
carico di Silvio Berlusconi per il reato di diffamazione in relazione
alle dichiarazioni rese sul suo  conto  da  quest'ultimo  durante  un
comizio pubblico tenutosi in  Viterbo,  presso  il  palazzetto  dello
sport, in data 26 marzo 2008, 
        che le frasi pronunciate dall'imputato,  come  riportate  nel
capo d'imputazione, sono  del  seguente  tenore:  «Di  Pietro  si  e'
laureato grazie ai Servizi, perche'  non  e'  possibile  che  l'abbia
preso uno che parla  cosi'  l'italiano...  a  Montenero  di  Bisaccia
nessuno sapeva che si stava laureando, nemmeno i suoi genitori...  Mi
fa orrore non tanto perche' ha problemi con i congiuntivi ma  perche'
non rispetta gli altri, ha mandato in galera italiani senza  prove...
Ho orrore di Di Pietro, rappresenta  il  peggio  del  peggio.  Mi  fa
orrore perche' non rispetta le persone, ha mandato in galera italiani
senza avere alcuna prova», 
        che, concluse le indagini preliminari, il Pubblico Ministero,
con atto prot. n. 123/2009 del 13 novembre 2009, citava  in  giudizio
Silvio Berlusconi ravvisando il reato di cui agli artt. 595 commi l e
2 c.p., 
        che il Giudice di Pace di  Viterbo,  nella  persona  del  dr.
Mandolini Alessandro originario assegnatario del fascicolo di  causa,
avendo  ritenuto  di  non   accogliere   l'eccezione   della   difesa
sull'applicabilita' dell'art. 68, primo comma della  Costituzione  in
considerazione della carica di deputato ricoperta  da  Berlusconi  al
momento del fatto, dispose, con  ordinanza  del  23  marzo  2012,  la
trasmissione degli atti alla Camera dei Deputati ai sensi dell'art. 3
comma IV della legge n. 140/2003, 
        che con comunicazione pervenuta in data 28 settembre 2010, il
Presidente della Camera dei deputati informava il Giudice di Pace  di
Viterbo che l'Assemblea, nella seduta del 22  settembre  2010,  aveva
ritenuto che i fatti per  i  quali  pende  il  presente  procedimento
penale concernono opinioni  espresse  da  un  membro  del  Parlamento
nell'esercizio delle sue funzioni, ai  sensi  dell'art.  68  comma  1
della Costituzione, 
        che il Giudice di Pace dell'epoca, ricevuta la  deliberazione
della Camera dei deputati, in data 5 ottobre 2010 emise  sentenza  n.
130/2010 nella quale  dichiarava  la  non  punibilita'  dell'imputato
Berlusconi Silvio avendo egli  agito  nell'esercizio  delle  funzioni
parlamentari, 
        che avverso detta sentenza la Procura della Repubblica presso
il Tribunale di Viterbo, su richiesta della parte  civile,  ricorreva
innanzi alla Corte di cassazione la quale,  all'esito  del  processo,
emetteva la menzionata sentenza n. 17700/12 del 19 gennaio  2012  con
la quale annullava la sentenza impugnata e rinviava a questo  Ufficio
per un nuovo esame in merito  all'accertamento  della  sussistenza  o
meno dei presupposti per l'applicazione dell'esimente di cui all'art.
68 della Costituzione, avendo avuto  cura  di  specificare  i  canoni
ermeneutici  cui  ancorare  il  giudizio,  segnalando,  infatti,  che
«L'esimente ricorre quindi, in caso  di  attivita'  del  parlamentare
espletata fuori del Parlamento, soltanto se la critica  sia  connessa
alla  sua   funzione,   essendo   sostanzialmente   riproduttiva   di
un'opinione espressa in sede parlamentare e quindi  legata  da  nesso
funzionale   con   quest'ultima,   della   quale   abbia    finalita'
divulgativa.», 
    Cio' premesso 
        questo Giudice di Pace ritiene che la deliberazione  adottata
dalla Camera dei deputati ecceda la sfera di  attribuzioni  stabilita
per il potere  legislativo  dagli  artt.  55  e  ss.  Cost.,  e  che,
conseguentemente, si e' verificata una compressione della sfera delle
attribuzioni della magistratura,  regolata  dagli  artt.  102  e  ss.
Cost., 
        che la ormai consolidata  giurisprudenza  costituzionale,  da
ultimo la sentenza sopra ricordata,  ritiene  che  l'insindacabilita'
prevista dal primo comma dell'art. 68 Cost. copra anche  le  opinioni
espresse extra moenia dai membri delle Camere solo quando  le  stesse
costituiscano riproduzione sostanziale, ancorche' non  letterale,  di
atti  tipici  nei  quali  si   estrinsecano   le   diverse   funzioni
parlamentari,   ovvero   siano   sostanzialmente   riproduttive    di
un'opinione espressa in sede parlamentare,  con  la  conseguenza  che
deve esistere un nesso funzionale tra queste ultime  e  le  eventuali
loro proiezioni esterne, 
        che nel  caso  di  specie  non  si  ravvisa  un  collegamento
funzionale  tra  l'attivita'  di  parlamentare  dell'allora  deputato
Silvio Berlusconi e le frasi contestate come diffamatorie, 
        che, infatti, va evidenziato che le  espressioni  su  cui  si
fonda l'imputazione non possono essere considerate manifestazione  di
un'opinione avente carattere politico o di rilievo  parlamentare,  in
quanto  hanno  ad  oggetto  fatti  riguardanti  la   professione   di
magistrato svolta da Di Pietro prima  di  intraprendere  la  carriera
politica, da quest'ultimo ritenuti falsi e quindi  lesivi  della  sua
reputazione. L'imputato ha affermato, infatti, che Di Pietro  avrebbe
conseguito la laurea solo grazie ai servizi segreti e che  nella  sua
attivita' di Pubblico Ministero presso la Procura della Repubblica di
Milano avrebbe mandato in galera italiani senza avere alcuna prova, 
        che poiche' le affermazioni rese da  Berlusconi  nel  comizio
pubblico sopra menzionato vertono su fatti concreti, e' evidente  che
non  puo'  operare  la  prerogativa  di   insindacabilita'   prevista
dall'art. 68, primo comma della Cost. limitatamente alle  opinioni  e
ai voti espressi nell'esercizio delle funzioni di parlamentare, 
        che nella relazione della Giunta  per  le  autorizzazioni  si
evidenzia che le frasi di  Berlusconi  avevano  valenza  politica  in
quanto le affermazioni sulla vicenda universitaria  e  sull'attivita'
giudiziaria  di  Di  Pietro  rappresentavano  il  punto  di  partenza
dell'argomento sviluppato  successivamente  della  separazione  delle
carriere tra giudici e pubblici ministeri, tema  questo  oggetto  del
programma elettorale della formazione guidata dal deputato Berlusconi
e piu' volte oggetto di  interventi  nella  sua  pregressa  attivita'
politico-parlamentare, 
        che,  pur  considerando  le  asserzioni  su  Di   Pietro   in
correlazione  con  l'argomento  successivo  della  separazione  delle
carriere in magistratura, le stesse non possano in ogni caso  trovare
tutela nell'invocato art. 68 della Cost.  che,  come  gia'  rilevato,
garantisce l'insindacabilita' delle sole opinioni, 
        che, inoltre, benche' la separazione delle carriere fosse  un
tema politico  dibattuto,  l'intervento  di  Berlusconi  non  risulta
correlato   ad   iniziative   parlamentari   tipiche   recenti,   ne'
riproduttivo  di  opinioni  espresse  sempre  di  recente   in   sede
parlamentare, in modo da manifestare una finalita' divulgativa  delle
esternazioni rispetto ad uno specifico intervento parlamentare, 
        che del  tutto  inconferenti  risultano  infine  i  richiami,
contenuti nella relazione della Giunta per  le  autorizzazioni,  alla
situazione di conflitto e di contrapposizione politica esistente  tra
le  parti  da  diversi  anni,  in  quanto  chiaramente  non  inerente
all'attivita' parlamentare, 
        che, stante quanto sopra, appare  evidente  lo  sconfinamento
dell'assemblea dalla sfera dell'insindacabilita' delle  dichiarazioni
all'ambito della valutazione della fondatezza nel merito dell'accusa,
che non spetta alla Camera dei deputati bensi' alla  Magistratura  ai
sensi degli artt. 102 e ss. Cost., 
        che la delibera di insindacabilita' adottata dalla Camera dei
deputati nel corso della seduta del 22 settembre 2010 appare pertanto
lesiva delle attribuzioni di questo organo giurisdizionale, in quanto
frutto di un arbitrario esercizio del potere attribuito al Parlamento
dall'art. 68 Cost., 
        che di conseguenza deve  sollevarsi,  a  norma  dell'art.  37
della  legge   n.   87/1953,   conflitto   di   attribuzione,   volto
all'annullamento della delibera in questione,