ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
497, della legge 23  dicembre  2005,  n.  266  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2006), promosso dalla Commissione tributaria  provinciale
di Grosseto nel giudizio vertente tra M.A. e l'Agenzia delle  entrate
- Ufficio di Grosseto con ordinanza del 29 luglio 2010 iscritta al n.
281 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 50, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 4 dicembre  2013  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  La  Commissione  tributaria  provinciale  di  Grosseto,  con
ordinanza del 21 giugno 2010,  depositata  in  data  21  luglio  2010
(pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  50,  prima
serie  speciale,  dell'anno  2012,),  ha   sollevato   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 497,  della  legge  23
dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge  finanziaria  2006),  nella
parte in cui, derogando al solo art. 43 del d.P.R. 26 aprile 1986, n.
131 (Approvazione del  Testo  unico  delle  disposizioni  concernenti
l'imposta di registro), non consente - nel caso di acquisti  di  beni
immobili avvenuti in sede di espropriazione forzata di  cui  all'art.
44, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986  -  di  determinare  la  base
imponibile ai  fini  dell'applicazione  dell'imposta  secondo  quanto
previsto dall'art. 52, commi 4 e 5, del medesimo d.P.R.  n.  131  del
1986,  denunciando  la  violazione  degli  artt.   3   e   53   della
Costituzione. 
    Riferisce il  giudice  a  quo  che  il  sig.  M.A.  si  era  reso
aggiudicatario, all'esito di una procedura esecutiva immobiliare,  di
un immobile  destinato  ad  uso  residenziale,  posto  in  Comune  di
Castiglione della  Pescaia;  in  occasione  della  registrazione  del
decreto del giudice dell'esecuzione questi aveva chiesto  all'Agenzia
delle entrate di Grosseto di poter usufruire delle  agevolazioni  per
la "prima casa di abitazione"  previste  dall'art.  1,  nota  II-bis,
della Tariffa allegata al d.P.R.  n.  131  del  1986,  nonche'  delle
disposizioni contenute nell'art. 1, comma 497, della legge n. 266 del
2005, il  quale  prevede  che  «In  deroga  alla  disciplina  di  cui
all'articolo  43  del  testo  unico  delle  disposizioni  concernenti
l'imposta di  registro,  di  cui  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 26 aprile 1986,  n.  131,  e  fatta  salva  l'applicazione
dell'articolo 39,  primo  comma,  lettera  d),  ultimo  periodo,  del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre  1973,  n.  600,
per le sole  cessioni  nei  confronti  di  persone  fisiche  che  non
agiscano  nell'esercizio  di  attivita'  commerciali,  artistiche   o
professionali, aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative
pertinenze, all'atto  della  cessione  e  su  richiesta  della  parte
acquirente resa al notaio, la base imponibile ai fini  delle  imposte
di  registro,  ipotecarie  e  catastali  e'  costituita  dal   valore
dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del
citato testo unico di cui al decreto del Presidente della  Repubblica
n.  131  del  1986,  indipendentemente  dal  corrispettivo   pattuito
indicato nell'atto. Le parti hanno  comunque  l'obbligo  di  indicare
nell'atto  il  corrispettivo  pattuito.  Gli  onorari  notarili  sono
ridotti del 30 per cento». 
    Nondimeno, il decreto di trasferimento del Tribunale di  Grosseto
era stato assoggettato  ad  imposizione  dall'Agenzia  delle  entrate
accordando  le  agevolazioni  previste  per   la   "prima   casa   di
abitazione", ma senza tenere conto della dichiarazione del sig.  M.A.
di volersi avvalere della disciplina prevista dall'art. 1, comma 497,
della legge n. 266 del  2005  e,  quindi,  applicando  l'imposta  sul
prezzo di aggiudicazione, come previsto dall'art. 44,  comma  1,  del
d.P.R. n. 131 del 1986,  corrispondente  ad  un  valore  superiore  a
quello  che  sarebbe  stato  determinato  secondo   quanto   previsto
dall'art. 52, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 131 del 1986. 
    Il  sig.  M.  A.  pagava   l'imposta   nella   misura   liquidata
dall'Agenzia delle  entrate  ed  in  seguito  proponeva  istanza  per
ottenere il  rimborso  della  maggior  imposta  versata,  ricevendone
tuttavia il diniego. Osservava difatti  l'Agenzia  delle  entrate  di
Grosseto che, ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro,  ai
beni immobili acquisiti in seguito ad asta giudiziaria doveva trovare
applicazione l'art. 44 del d.P.R. n. 131 del 1986 e non invece l'art.
43 del medesimo d.P.R. n. 131 del 1986;  non  ricorrevano,  quindi  -
secondo  l'amministrazione  finanziaria  -  le  condizioni  per  fare
applicazione dell'art. 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005,  il
quale - si sosteneva - deroga all'art. 43 del d.P.R. n. 131 del 1986,
ma non al successivo art. 44: il quale, a sua  volta,  con  specifico
riguardo alla vendita di beni mobili ed immobili  fatta  in  sede  di
espropriazione forzata ovvero all'asta pubblica  e  per  i  contratti
stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto, stabilisce che
la base imponibile sia  determinata  con  riferimento  al  prezzo  di
aggiudicazione e non con riguardo al valore. 
    Contro tale  diniego  il  sig.  M.  A.  ricorreva  alla  suddetta
Commissione  tributaria,  chiedendo  che   gli   fosse   riconosciuta
l'applicazione dell'art. 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005, e
sollecitando  il  giudice  tributario  a   sollevare   questione   di
legittimita' costituzionale. 
    La Commissione tributaria provinciale di Grosseto, nel  sollevare
la  questione  di  legittimita'  costituzionale,  ne   evidenzia   la
rilevanza nel giudizio a quo, in quanto l'eventuale dichiarazione  di
incostituzionalita' dell'art. 1, comma 497, nella parte  in  cui  non
prevede la sua applicabilita' anche in caso di trasferimento ai sensi
dell'art. 44 del d.P.R. n. 131 del 1986, che  concerne  il  caso  del
ricorrente, determinerebbe un esito favorevole del ricorso. 
    Il giudice rimettente ritiene che la questione sia  altresi'  non
manifestamente infondata, in quanto se in un atto  di  aggiudicazione
all'esito di una procedura prevista dal richiamato art. 44 del d.P.R.
n. 131 del 1986, siano presenti i  requisiti  elencati  nell'art.  1,
comma 497, della legge n. 266 del  2005  -  ovvero  che  la  cessione
avvenga in favore di persone fisiche, non nell'esercizio di attivita'
imprenditoriali, artistiche o  professionali,  ed  abbia  ad  oggetto
immobili destinati ad uso abitativo  -  non  si  comprenderebbero  le
ragioni per non consentire - come invece previsto per i trasferimenti
di immobili considerati dal precedente art. 43 del d.P.R. n. 131  del
1986  -  che  l'aggiudicatario  possa  avanzare   la   richiesta   di
assoggettare l'atto traslativo (nel caso  di  specie  il  decreto  di
trasferimento del bene del giudice dell'esecuzione)  alla  disciplina
di determinazione della base imponibile stabilita dall'art. 52, commi
4 e 5, del d.P.R. n. 131 del 1986. 
    Osserva in proposito la  Commissione  tributaria  provinciale  di
Grosseto  che  la  disciplina   sospettata   di   incostituzionalita'
discriminerebbe  irragionevolmente  il  trasferimento   di   immobili
destinati ad uso abitativo avvenuti in seguito a procedure  esecutive
rispetto  al  trasferimento  di  immobili,   aventi   caratteristiche
analoghe, avvenuti per effetto di un atto pubblico stipulato  davanti
ad un notaio. A tal riguardo,  secondo  il  giudice  a  quo,  l'unico
aspetto nel quale  i  due  sistemi  di  trasferimento  differirebbero
consisterebbe, nel caso delle  aggiudicazioni  esitate  da  procedure
esecutive, nell'assenza  del  notaio  al  quale  la  norma  impugnata
prevede che sia rivolta l'istanza ma, si prosegue,  a  tale  mancanza
potrebbe facilmente ovviarsi  in  quanto  l'istanza  potrebbe  essere
utilmente rivolta al Tribunale. Ma poiche', diversamente, le restanti
condizioni   sarebbero   parimenti   rinvenibili   in   entrambe   le
fattispecie, il  rimettente  conclude  ritenendo  che  la  disciplina
impugnata configuri un'ingiustificata disparita' di  trattamento  tra
situazioni uguali ed integri quindi la lesione dell'art. 3 Cost. 
    Infine, la Commissione tributaria provinciale di Grosseto censura
la norma anche per il contrasto con l'art. 53 Cost., in  quanto  essa
violerebbe altresi' «il principio della  capacita'  contributiva  che
sarebbe  disatteso  con  una  applicazione  formalistica  della  noma
censurata». 
    2.- Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o
comunque infondata. 
    Secondo   l'Avvocatura   generale   dello   Stato   non   sarebbe
configurabile la violazione del principio di  uguaglianza,  stabilito
dall'art. 3 Cost., in quanto  il  legislatore  avrebbe  sottoposto  a
diversa  disciplina  situazioni  non  omogenee  ne',   comunque,   la
diversita' della disciplina  parrebbe  integrare  gli  estremi  della
manifesta irragionevolezza. 
    In particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri rammenta
che  la  Corte  costituzionale  ha  in  piu'   occasioni   dichiarato
infondate, o manifestamente infondate, le questioni  di  legittimita'
costituzionale prospettate  avverso  le  norme  che  non  prevedevano
l'utilizzazione dei  dati  catastali  ai  fini  della  determinazione
dell'imponibile   dell'imposta   di   registro   sui    trasferimenti
immobiliari o dell'Imposta comunale sugli immobili (ICI), allorquando
le norme censurate si riferissero a fattispecie non omogenee rispetto
a quelle per le quali era invece  prevista  l'utilizzazione  di  tale
criterio tabellare (ex plurimis: ordinanze n. 287 del  2000,  n.  582
del 1989, n. 789 del 1988 e n. 586 del 1987). 
    Ritiene l'Avvocatura generale che, in base ai medesimi  principi,
sia manifestamente infondata la questione di legittimita' prospettata
nel caso di specie; e cio' in quanto le situazioni poste a  confronto
- sebbene  abbiano  uno  stesso  comune  denominatore,  rappresentato
dall'avvenuto  acquisto  di  un  immobile  da   destinare   a   prima
abitazione, per il quale siano stati chiesti ed ottenuti  i  relativi
benefici fiscali - sarebbero contraddistinte da un decisivo  elemento
differenziale: in  un  caso  l'acquisto  e'  effettuato  mediante  un
contratto di diritto privato, mentre nell'altro  caso  l'acquisto  si
realizza mediante l'aggiudicazione ad un pubblico incanto. La  palese
difformita'  delle  situazioni  impedirebbe,  secondo  il  patrocinio
erariale, di sostenere che il legislatore avrebbe dovuto stabilire un
unico ed uniforme criterio per la determinazione dell'imponibile,  in
base al principio di uguaglianza di cui  all'art.  3  Cost.  Ne',  si
prosegue, si potrebbe dire che la determinazione di differenziare  la
disciplina della materia nelle due ipotesi poste a confronto ecceda i
limiti della ragionevolezza, che costituiscono il  limite  intrinseco
della discrezionalita' del  legislatore.  Al  contrario,  secondo  il
Presidente del Consiglio dei ministri, la  differenza  di  disciplina
sarebbe  perfettamente  adeguata  alla  predetta   diversita'   delle
situazioni.   Apparirebbe    infatti    perfettamente    logica    la
determinazione di limitare il ricorso ai  dati  catastali  alle  sole
compravendite  effettuate  per  atto  negoziale,  che  non   fornisce
normalmente nessuna  certezza  in  ordine  al  prezzo  effettivamente
corrisposto ed all'effettivo valore  del  bene:  ad  ovviare  a  tale
situazione di incertezza sarebbe quindi  sopraggiunta  la  previsione
dell'art. 1, comma 497, della  legge  n.  266  del  2005,  prevedendo
l'utilizzazione   di   un   parametro   obiettivo   per   determinare
l'imponibile,  ed  evitando  in  tal  modo   onerose   ed   aleatorie
controversie estimative tra contribuente e  fisco.  Non  ricorrerebbe
invece nessuna ragione per estendere lo stesso criterio alle  vendite
giudiziarie, nelle quali - si osserva - il prezzo  di  aggiudicazione
e' accertato da un pubblico ufficiale e costituisce  di  per  se'  un
elemento obiettivo per il calcolo dell'imposta  dovuta  sull'atto  di
trasferimento. 
    La difesa erariale evidenzia ulteriormente che la diversita'  dei
criteri adottati per la liquidazione dell'imposta di registro  dovuta
non potrebbe comunque comportare alcuna  disparita'  sostanziale  nel
trattamento delle parti, perche' in entrambi  i  casi  il  prezzo  di
acquisto sarebbe determinato in modo obiettivo e rappresenterebbe  lo
strumento di determinazione del valore del bene,  che  costituisce  a
sua volta la base imponibile del tributo. Difatti, si  prosegue,  nel
caso di acquisto mediante procedura esecutiva  o  asta  pubblica,  il
parametro e' offerto dal dato certo del prezzo di aggiudicazione; nel
caso di acquisto effettuato mediante contratto, il  ricorso  ai  dati
catastali  tenderebbe  al  medesimo  risultato,   perche'   esso   si
esaurirebbe in uno strumento per determinare il valore  del  bene  in
via presuntiva  e  con  un  metodo  semplificato  (in  tal  senso  e'
richiamata la sentenza della Corte costituzionale n.  463  del  1995,
secondo cui «la valutazione forfettaria [...] si risolve in una  mera
semplificazione   del   sistema   di   determinazione   dei   valori,
riconducibile al genere di utilizzazione delle presunzioni»). 
    Secondo l'Avvocatura generale  dello  Stato  non  avrebbe  invece
fondamento,  in  quanto  da  ritenersi  fondata   su   considerazioni
puramente empiriche, la tesi che sembrerebbe sottesa  alla  ordinanza
di rimessione, secondo cui la determinazione della  base  imponibile,
facendo riferimento al valore catastale, costituirebbe uno  strumento
di  favore  per  determinare   l'imposta   dovuta,   in   guisa   che
assumerebbero carattere discriminatorio quei trattamenti che  fossero
fondati  su  altri  criteri,  che  il  giudice  a  quo  ritiene  meno
favorevoli. 
    In proposito, osserva il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
che qualora si volesse dare rilievo a simili considerazioni, dovrebbe
parimenti  valere   la   constatazione   -   come   dato   ricavabile
dall'esperienza  -  che  l'aggiudicazione   del   bene   ad   un'asta
giudiziaria avviene normalmente ad un prezzo inferiore  all'effettivo
valore di mercato. Ne conseguirebbe  che  in  simili  fattispecie  la
determinazione dell'imponibile in base al  prezzo  di  aggiudicazione
comporterebbe anch'essa un vantaggio per il contribuente,  alla  pari
di  quella  effettuata   in   base   ai   dati   catastali,   perche'
rappresenterebbe comunque un  criterio  piu'  favorevole  rispetto  a
quello ordinario, che e' fondato sulla stima dell'effettivo valore di
mercato del bene. 
    Infine, il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene  che  la
prospettata questione di illegittimita' costituzionale  per  asserita
violazione  dell'art.  53  Cost.  sia  manifestamente  inammissibile,
mancando ogni motivazione sulle censure formulate con  riferimento  a
tale parametro. Comunque sia, a  tal  riguardo,  la  difesa  erariale
osserva che non  si  comprenderebbe  sotto  quale  profilo  si  possa
configurare l'asserita lesione dei principi costituzionali  stabiliti
dalla suddetta norma.  Infatti,  il  prezzo  di  aggiudicazione,  che
l'art.  44  del  d.P.R.  n.  131  del  1986  assume  a  base  per  la
liquidazione dell'imposta di  registro  gravante  sul  trasferimento,
costituirebbe  un  elemento  perfettamente  idoneo  per  valutare  la
capacita' contributiva dell'aggiudicatario e, pertanto, un  parametro
perfettamente adeguato per il calcolo del tributo, nel pieno rispetto
dei principi stabiliti dalla predetta norma costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Con  l'ordinanza  in  epigrafe  la  Commissione   tributaria
provinciale  di  Grosseto  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 497, della legge 23 dicembre  2005,
n. 266  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge  finanziaria  2006),  in  riferimento
agli artt. 3 e 53 della Costituzione. 
    Il giudizio a quo e' scaturito da una procedura esecutiva  di  un
bene  immobile  adibito  ad  uso  residenziale,  tenutasi  presso  il
Tribunale  di  Grosseto,  in   esito   alla   quale   era   risultato
aggiudicatario il  ricorrente.  Dovendo  egli  destinare  il  bene  a
propria abitazione, in occasione della registrazione del decreto  del
giudice dell'esecuzione che disponeva il trasferimento  dell'immobile
aveva chiesto all'Agenzia delle  entrate  di  poter  usufruire  delle
agevolazioni per la "prima casa di abitazione", previste dall'art. 1,
nota II-bis, della Tariffa allegata al decreto del  Presidente  della
Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del Testo unico delle
disposizioni concernenti l'imposta di registro). 
    Chiedeva altresi' di usufruire della facolta' prevista  dall'art.
1, comma 497, della legge n. 266 del 2005,  secondo  cui  «In  deroga
alla  disciplina  di  cui  all'articolo  43  del  testo  unico  delle
disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n.  131,  e  fatta  salva
l'applicazione dell'articolo 39,  primo  comma,  lettera  d),  ultimo
periodo, del decreto del Presidente  della  Repubblica  29  settembre
1973, n. 600, per le sole cessioni nei confronti di  persone  fisiche
che non agiscano nell'esercizio di attivita' commerciali,  artistiche
o professionali, aventi  ad  oggetto  immobili  ad  uso  abitativo  e
relative pertinenze, all'atto della cessione  e  su  richiesta  della
parte acquirente resa al notaio, la base  imponibile  ai  fini  delle
imposte di registro, ipotecarie e catastali e' costituita dal  valore
dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi 4 e 5, del
citato testo unico di cui al decreto del Presidente della  Repubblica
n.  131  del  1986,  indipendentemente  dal  corrispettivo   pattuito
indicato nell'atto. Le parti hanno  comunque  l'obbligo  di  indicare
nell'atto  il  corrispettivo  pattuito.  Gli  onorari  notarili  sono
ridotti del 30 per cento». 
    In relazione  a  detta  istanza  l'Agenzia  delle  entrate  aveva
accordato le agevolazioni per la «prima casa di abitazione»,  ma  non
aveva accolto la richiesta di beneficiare della  disciplina  prevista
dall'art. 1, comma 497, della legge n. 266 del  2005,  applicando  di
conseguenza la tassazione sul prezzo di aggiudicazione, come previsto
dall'art. 44, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986. Poiche' - nel caso
di specie  -  la  base  imponibile,  calcolata  secondo  il  criterio
stabilito  dall'art.  44,  era  piu'  elevata  rispetto  al  criterio
cosiddetto "tabellare" di cui all'art. 52, commi 4 e 5, del  predetto
d.P.R. n. 131 del 1986, il ricorrente del giudizio a quo,  dopo  aver
pagato l'imposta nella misura pretesa,  chiedeva  il  rimborso  della
differenza. 
    Detta istanza non veniva accolta dall'Agenzia delle  entrate,  la
quale  faceva  presente  come  nel  caso  in  esame  dovesse  trovare
applicazione l'art. 44 del d.P.R. n.  131  del  1986,  inerente  alla
vendita di beni immobili ad  uso  abitativo  acquisiti  «in  sede  di
espropriazione forzata ovvero all'asta pubblica  e  per  i  contratti
stipulati o aggiudicati in seguito a pubblico incanto». 
    Il predetto diniego veniva  impugnato  davanti  alla  Commissione
tributaria  provinciale  di  Grosseto.  Quest'ultima   dubita   della
legittimita' della norma  censurata  nella  parte  in  cui  essa  non
estende  all'ipotesi  della  registrazione  della  vendita  di   beni
immobili in sede di espropriazione forzata ed a seguito  di  pubblico
incanto il regime delle transazioni  private  aventi  ad  oggetto  la
medesima  categoria   di   beni   immobili.   Vi   sarebbe,   infatti
un'ingiustificata   discriminazione   del   trattamento    tributario
riservato ad una categoria omogenea di  beni,  sulla  base  del  mero
presupposto del tipo di  transazione  assoggettato  a  prelievo,  con
conseguente violazione dei precetti contenuti  negli  artt.  3  e  53
Cost. 
    2.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto
nel giudizio incidentale, non sarebbe configurabile la violazione del
principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., quando -  come  nel
caso in  esame  -  il  legislatore  sottopone  a  diversa  disciplina
situazioni non omogenee e quando la diversita' della  disciplina  non
raggiunge gli estremi della manifesta irragionevolezza. 
    Le situazioni poste a  confronto  -  sebbene  caratterizzate  dal
comune denominatore dell'acquisto di un immobile da destinare a prima
abitazione, per il quale siano stati chiesti ed ottenuti  i  relativi
benefici fiscali - sarebbero contraddistinte da un decisivo  elemento
differenziale: in un caso l'acquisto sarebbe effettuato  mediante  un
contratto  di  diritto  privato,  mentre  nell'altro   esso   sarebbe
realizzato a seguito di espropriazione forzata. La palese difformita'
delle situazioni impedirebbe di sostenere la necessita' di  un  unico
ed uniforme criterio per  la  determinazione  dell'imponibile,  sulla
base del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. 
    La differenziazione della disciplina delle due  ipotesi  poste  a
confronto  non  eccederebbe  il  canone  della  ragionevolezza,   che
costituisce  il  limite   intrinseco   della   discrezionalita'   del
legislatore. Al contrario, essa sarebbe perfettamente  adeguata  alla
predetta diversita' delle situazioni, limitando il  ricorso  ai  dati
catastali alle sole  compravendite  effettuate  per  atto  negoziale,
nelle quali detto criterio semplificato supplirebbe  alla  situazione
di incertezza che caratterizza l'entita'  del  prezzo  effettivamente
corrisposto, mentre non vi sarebbe alcuna ragione  per  estendere  lo
stesso sistema ai trasferimenti conseguenti a procedure espropriative
e a pubblici incanti, nelle quali  il  prezzo  di  aggiudicazione  e'
accertato da  un  pubblico  ufficiale  e  costituisce,  di  per  se',
elemento obiettivo per il calcolo dell'imposta  dovuta  sull'atto  di
trasferimento. 
    La  diversita'  dei  criteri   adottati   per   la   liquidazione
dell'imposta  di  registro  non  comporterebbe   nessuna   disparita'
sostanziale, perche' in entrambi i  casi  il  prezzo  di  riferimento
verrebbe  determinato  in  modo  obiettivo  e   rappresenterebbe   lo
strumento piu' idoneo di determinazione  della  base  imponibile  del
tributo. 
    3.- La questione sollevata in riferimento all'art.  53  Cost.  e'
inammissibile. 
    Il rimettente, infatti, non svolge alcun  percorso  argomentativo
idoneo a collegare la norma  impugnata  al  parametro  costituzionale
evocato. 
    4.- Ai fini dell'esame della questione sollevata  in  riferimento
all'art. 3 Cost., e'  opportuno  effettuare  una  ricognizione  delle
norme succedutesi nel tempo in materia e  dei  relativi  orientamenti
giurisprudenziali, cosi' da ricostruire il contesto ordinamentale nel
quale si e' venuta ad inserire la norma censurata. 
    Preliminarmente, e' utile ricordare che il criterio generale  per
determinare la base imponibile degli atti che hanno ad  oggetto  beni
immobili o diritti reali immobiliari, enunciato dal d.P.R. n. 131 del
1986, e' costituito dal valore del  bene  o  del  diritto  alla  data
dell'atto (art. 43, comma 1, lettera a) - da intendersi nel senso  di
valore venale in comune commercio (art. 51, comma  1)  -  oppure  dal
corrispettivo pattuito, se questo  sia  superiore  al  valore  venale
(art. 51, comma 2). 
    Peraltro, il legislatore aveva gia'  introdotto  con  l'art.  52,
comma  4,  del  medesimo  decreto   legislativo,   l'istituto   della
"valutazione automatica" dei beni. Detta valutazione e'  fondata  sul
criterio "tabellare", secondo cui non sono sottoposti a rettifica  il
valore o il corrispettivo degli immobili,  iscritti  in  catasto  con
attribuzione di rendita, dichiarato  in  misura  «non  inferiore»  ai
valori determinati applicando alla rendita catastale del fabbricato o
porzione di fabbricato determinati  moltiplicatori.  La  ratio  della
suddetta eccezione era chiaramente ispirata all'esigenza di  superare
le difficolta'  di  determinazione  del  valore  venale  dei  singoli
immobili e di deflazionare il rilevante contenzioso che ne derivava. 
    Secondo l'orientamento della giurisprudenza di  legittimita'  (ex
plurimis Cass. n. 24566 del 2005, n. 12448 del 2004  e  n.  1815  del
2004), tale disposizione  non  aveva  provocato  un  mutamento  nella
determinazione della base imponibile (che rimaneva comunque il valore
venale o, se maggiore, il corrispettivo dichiarato nell'atto), bensi'
aveva introdotto una preclusione di tipo procedimentale, limitando il
potere di rettifica attribuito agli uffici finanziari dagli artt. 52,
commi da 1 a 3, e 55 del d.P.R. n. 131 del 1986. 
    Successivamente, la norma impugnata  ha  derogato,  per  le  sole
cessioni di unita' abitative e delle relative pertinenze, al criterio
contenuto nell'art. 43 del d.P.R. n. 131 del  1986,  stabilendo  che,
nelle ipotesi previste da  detta  disposizione,  la  base  imponibile
venga individuata - su richiesta della parte acquirente - nel «valore
dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 52, commi  4  e  5»,
del d.P.R. n. 131  del  1986,  e  cioe'  nel  valore  "tabellare".  A
differenza della disposizione precedente, la  norma  prevede  che  il
valore dell'immobile sia determinato facendo  riferimento  ai  valori
desumibili dai dati catastali  «indipendentemente  dal  corrispettivo
pattuito indicato  nell'atto»  (l'indicazione  del  corrispettivo  e'
divenuta obbligatoria in seguito alla  modifica  apportata  dall'art.
35, comma 21, lettera a, del decreto-legge 4  luglio  2006,  n.  223,
recante «Disposizioni urgenti per il rilancio  economico  e  sociale,
per il contenimento e  la  razionalizzazione  della  spesa  pubblica,
nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto  all'evasione
fiscale», convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006,  n.
248). 
    In conseguenza di cio',  la  dichiarazione  di  un  corrispettivo
superiore non conduce piu' alla tassazione su  tale  maggior  valore,
come invece previsto dall'art. 51, comma 1, del  d.P.R.  n.  131  del
1986,  ma  l'imposizione  resta  commisurata  al   valore   catastale
dell'immobile come determinato «ai sensi dell'art. 52, commi 4  e  5»
del d.P.R. n. 131 del 1986. 
    4.1.-  Secondo  il  Presidente  del   Consiglio   dei   ministri,
l'introduzione della norma sarebbe giustificata dalla sola  finalita'
di acquisire dati obiettivi - attraverso la veritiera indicazione del
prezzo  da  parte  dell'acquirente  effettuata  in   un   regime   di
"neutralita' fiscale" e quindi senza il timore  di  incorrere  in  un
aggravio impositivo - per realizzare il progressivo aggiornamento dei
dati catastali senza con questo  inficiare  il  collaudato  strumento
della tassazione sul valore catastale,  necessario  per  superare  le
incertezze insite nella determinazione dei valori delle compravendite
in libero mercato e prevenire il conseguente contenzioso. 
    L'assunto non puo' essere condiviso.  Un  esame  obiettivo  della
configurazione della norma impugnata consente, invece, di  attribuire
ad essa un'ulteriore finalita', che e' rilevante -  come  di  seguito
precisato - per la  definizione  del  presente  giudizio:  quella  di
consentire al contribuente di scegliere la soluzione piu' conveniente
in relazione all'andamento del mercato immobiliare. L'attuale sistema
consente, infatti, non solo  di  esercitare  il  diritto  potestativo
consistente nella scelta del valore determinato secondo  il  criterio
"tabellare", ma anche, in presenza  di  fasi  congiunturali  avverse,
quando i prezzi degli immobili in regime di libero mercato  risultino
- anche a seguito dell'eventuale concomitante aggiornamento dei  dati
catastali -  inferiori  al  medesimo  criterio  "tabellare",  di  non
chiedere l'applicazione di tale criterio. 
    Allo stato della legislazione,  analoga  facolta'  di  scelta  e'
preclusa - ed  e'  su  questo  profilo  di  differenziazione  che  si
concentrano le censure del rimettente - agli acquirenti della  stessa
categoria di immobili destinati ad uso abitativo, che  parimenti  non
agiscono  nell'esercizio  di  attivita'  commerciali,  artistiche   o
professionali, ma acquisiscono la proprieta'  in  esito  a  procedure
esecutive o per asta pubblica. Per gli stessi vale  indefettibilmente
il riferimento al valore della transazione. 
    5.- Alla luce delle esposte premesse, la questione  sollevata  in
riferimento all'art. 3 Cost. e' fondata. 
    Nel caso in esame non si  e'  in  presenza,  come  sostenuto  dal
Presidente del Consiglio dei ministri, di fattispecie ragionevolmente
differenziate sotto il profilo oggettivo  -  per  le  quali  vale  il
principio piu' volte enunciato da questa Corte, secondo cui non  sono
fondate le questioni di legittimita' costituzionale delle  norme  che
non prevedono  l'utilizzazione  dei  dati  catastali  ai  fini  della
determinazione  dell'imponibile   dell'imposta,   quando   le   norme
censurate si riferiscono a fattispecie non omogenee rispetto a quelle
per le quali e' prevista l'utilizzazione di tale criterio "tabellare"
(ex plurimis: ordinanze n. 287 del 2000, n. 582 del 1989, n. 789  del
1988 e n. 586 del 1987) - bensi' di una disparita' di disciplina  che
attiene ad una categoria di immobili sostanzialmente unitaria  quanto
alla natura ed alla peculiare destinazione. 
    In questo contesto, la illegittimita'  della  norma  si  concreta
nella mancata  previsione  -  a  favore  delle  persone  fisiche  che
acquistano a seguito di procedura espropriativa o di pubblico incanto
- del diritto potestativo, al contrario  riconosciuto  all'acquirente
in libero mercato, di far riferimento, ai fini  della  determinazione
dell'imponibile di fabbricati ad uso abitativo in materia di  imposte
di  registro,  ipotecarie  e   catastali,   al   valore   "tabellare"
dell'immobile. Infatti, detta ipotesi e' disciplinata in via generale
dall'art. 44 dello stesso  d.P.R.  n.  131  del  1986,  disposizione,
quest'ultima, non richiamata - diversamente dal  precedente  art.  43
del  d.P.R.  n.  131  del  1986  -  dalla   norma   che   si   assume
costituzionalmente illegittima in parte qua. 
    5.1.-   Non   puo'   essere   condivisa   la   tesi    propugnata
dall'Avvocatura generale dello  Stato,  la  quale  sottolinea,  nella
disposizione in esame, la finalita' - che non sarebbe conferente  con
l'altra  tipologia  di  transazioni  cui  appartiene  la  fattispecie
rimessa a questa Corte - di favorire  l'indicazione  negli  atti  dei
corrispettivi effettivi e,  quindi,  di  consentire  progressivamente
all'amministrazione finanziaria di adeguare le rendite  catastali  ai
reali valori di mercato. 
    Infatti, nella fattispecie in esame occorre  considerare  che  il
meccanismo introdotto  dalla  norma  impugnata  opera,  per  espressa
volonta' del legislatore, solamente in relazione ad una libera scelta
del  contribuente.  A  differenza  della   precedente   disposizione,
essenzialmente di carattere  processuale,  quella  impugnata  riveste
natura   sostanziale   ed   attribuisce    alla    sfera    giuridica
dell'acquirente la potesta'  di  chiedere  la  valutazione  del  bene
secondo il valore catastale (come determinato dal  richiamo  all'art.
52, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 131 del 1986). 
    La pretesa diversita' delle due  fattispecie  negoziali  invocata
dal Presidente del Consiglio dei ministri non e' dunque in  grado  di
giustificare  la  circostanza   che   l'individuazione   della   base
imponibile, tra il criterio fondato sul valore "tabellare"  e  quello
basato sul prezzo vero, sia rimessa  dalla  norma  impugnata  proprio
alla scelta del contribuente. 
    Ed  in  vero,  le   finalita'   di   garantire   il   progressivo
aggiornamento dei dati catastali e  di  deflazionare  il  contenzioso
rimuovendo le possibili incertezze insite  nella  determinazione  dei
valori effettivi nelle  compravendite  in  libero  mercato  sarebbero
state egualmente assicurate attraverso la  semplice  indicazione  del
valore "tabellare",  senza  introdurre  il  meccanismo  della  libera
scelta del contribuente, tenuto conto che e'  «comunque»  posto  alle
parti l'obbligo di dichiarare nell'atto  il  corrispettivo  pattuito,
senza piu' il timore di incorrere in un aggravio impositivo. 
    Analogamente, non e' condivisibile l'obiezione secondo cui l'art.
1,  comma  497,  della  legge  n.  266  del  2005  non  costituirebbe
un'agevolazione,  dato  che  essa  non  svolgerebbe  i  suoi  effetti
nell'ambito proprio delle agevolazioni (cosi'  come  configurate  dal
d.P.R. n. 131 del 1986), che  afferiscono  alle  aliquote  e  non  ai
criteri di determinazione della base imponibile (trattati nel  Titolo
IV del medesimo decreto). 
    A differenza della  precedente  disciplina,  la  norma  impugnata
attribuisce all'acquirente in libero mercato la potesta' di  chiedere
la valutazione del bene  secondo  il  valore  "tabellare",  con  cio'
ampliando  la  sua  sfera  soggettiva  in  modo  differenziato  dalla
categoria di acquirenti cui appartiene il ricorrente del  giudizio  a
quo. 
    In sostanza, l'art. 1, comma 497, della legge n.  266  del  2005,
pur  non  obliterando  le  finalita'  che  ne  avevano   giustificato
l'adozione, ha assunto un piu' vasto  ambito  precettivo.  Mentre  la
precedente  disposizione   mirava   solamente   a   deflazionare   il
contenzioso, quella oggetto di scrutinio  esprime  anche  un'evidente
valenza  agevolativa,  laddove  consente  al  contribuente   di   non
scegliere immancabilmente, tra i diversi  criteri  di  determinazione
della base imponibile, quello fondato  sul  valore  "tabellare"  (che
potrebbe  essere  meno  vantaggioso   in   situazioni   congiunturali
avverse),  bensi'  quello  ritenuto  meno  oneroso  e   quindi   piu'
conveniente. 
    La mera differenziazione del contesto acquisitivo del bene non e'
dunque  sufficiente  a  giustificare  la   discriminazione   di   due
fattispecie caratterizzate da una sostanziale  omogeneita'  (sentenze
n. 328 del 1983, n. 156 del 1976 e n. 39 del 1970),  in  particolare,
con  riguardo  all'esclusivita'  del  diritto  potestativo   concesso
all'acquirente in libero mercato. 
    6.- Per le esposte considerazioni, la disposizione impugnata deve
essere dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte  in  cui
non prevede la facolta',  per  gli  acquirenti  di  immobili  ad  uso
abitativo e relative pertinenze acquisiti in sede  di  espropriazione
forzata e di pubblici incanti, che  non  agiscono  nell'esercizio  di
attivita' commerciali, artistiche o professionali, di richiedere che,
in deroga all'art. 44, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986,  la  base
imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e  catastali
sia  costituita  dal  valore  dell'immobile  determinato   ai   sensi
dell'art. 52, commi 4 e 5, del d.P.R. n. 131 del 1986.