ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della
legge della Regione Puglia 28 dicembre 2012, n. 45 (Disposizioni  per
la formazione del bilancio di previsione 2013 e bilancio  pluriennale
2013-2015  della  Regione  Puglia),  promosso  dal   Presidente   del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 28 febbraio-4  marzo
2013, depositato in cancelleria il 7 marzo 2013 ed iscritto al n.  40
del registro ricorsi 2013. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    udito nell'udienza pubblica  del  19  novembre  2013  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato dello Stato Massimo Massella Ducci Teri  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Con  ricorso  notificato  il  28  febbraio-4  marzo  2013  e
depositato il 7 marzo successivo, il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha promosso questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
3  della  legge  della  Regione  Puglia  28  dicembre  2012,  n.   45
(Disposizioni per la formazione del bilancio  di  previsione  2013  e
bilancio pluriennale 2013-2015 della Regione Puglia), per violazione:
a) degli artt. 3  e  97  della  Costituzione;  b)  del  principio  di
progressivita' cristallizzato nell'art. 53 Cost.; c)  dell'art.  117,
terzo comma, Cost. sotto il profilo del coordinamento  della  finanza
pubblica  e  del  sistema  tributario  e,  quale  norma   interposta,
dell'art.  6  del  decreto  legislativo  6   maggio   2011,   n.   68
(Disposizioni in materia di autonomia  di  entrata  delle  regioni  a
statuto ordinario e delle province,  nonche'  di  determinazione  dei
costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario). 
    La norma impugnata prevede l'incremento per scaglioni di  reddito
dell'aliquota  dell'addizionale  regionale,   cosi'   originariamente
disponendo: «1.  A  decorrere  dal  1°  gennaio  2013,  l'addizionale
regionale all'imposta sul reddito delle persone  fisiche  (IRPEF)  di
cui all'articolo 6 del decreto  legislativo  6  maggio  2011,  n.  68
(Disposizioni in materia di autonomia  di  entrata  delle  regioni  a
statuto ordinario e delle province,  nonche'  di  determinazione  dei
costi  e  dei  fabbisogni  standard  nel   settore   sanitario),   e'
determinata per scaglioni di  reddito,  applicando,  al  netto  degli
oneri   deducibili,   le    seguenti    maggiorazioni    all'aliquota
dell'addizionale regionale all'IRPEF di base: a) per i redditi sino a
euro 15 mila: 0,1 per cento; b) per i redditi oltre euro  15  mila  e
sino a euro 28 mila: 0,2 per cento; c) per i redditi  oltre  28  mila
euro e sino a 55 mila euro: 0,5 per cento; d) per i redditi oltre  55
mila euro e sino a 75 mila euro: 0,5 per  cento;  e)  per  i  redditi
oltre euro 75 mila: 0,5 per cento.  2.  In  caso  di  modifica  degli
scaglioni di reddito previsti dall'articolo 11 del Testo unico  delle
imposte  sui  redditi,  emanato  con  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la  maggiorazione  dell'aliquota
di base dell'addizionale pari a  0,1  per  cento  permane  sul  primo
scaglione  di  reddito;  la  maggiorazione  dell'aliquota   di   base
dell'addizionale pari a 0,2 per cento permane sul  secondo  scaglione
di  reddito;  mentre   la   maggiorazione   dell'aliquota   di   base
dell'addizionale  pari  a  0,5  per  cento  permane  sui   successivi
scaglioni. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1  e  2  assicurano  la
differenziazione dell'addizionale regionale  all'IRPEF,  secondo  gli
scaglioni di reddito corrispondenti a quelli  stabiliti  dalla  legge
statale». 
    A parere del Presidente del Consiglio dei ministri,  la  norma  -
stabilendo l'applicazione di un'unica aliquota  (pari  allo  0,5  per
cento) per una fascia di redditi particolarmente estesa (dai 28  mila
euro annui sino a tutti i redditi oltre  i  75  mila  euro  annui)  e
prevedendo  che  le  variazioni  decorrano  dal  1o  gennaio  2013  -
violerebbe i parametri costituzionali sopra citati e si  porrebbe  in
contrasto con le norme statali  in  materia  di  rimodulazione  delle
aliquote dell'addizionale regionale IRPEF. In particolare,  l'art.  6
del d.lgs. n. 68 del 2011, accorderebbe alle regioni la  facolta'  di
variazione dell'aliquota dell'addizionale regionale solo a fronte  di
una differenziazione  delle  aliquote  rispettosa  del  principio  di
progressivita' e con l'integrale rispetto  degli  scaglioni  previsti
dal legislatore statale. Sempre l'art. 6 predetto, al comma  4,  come
modificato dall'art. 1, comma 555, della legge 24 dicembre  2012,  n.
228  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato - Legge  di  stabilita'  2013),  accorderebbe
tale facolta' solo  a  decorrere  dall'anno  2014,  mentre  la  norma
impugnata prevede la decorrenza a partire dal 2013. 
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione Puglia, la  quale  ha
chiesto che il ricorso sia dichiarato non fondato. 
    Essa premette che gia' prima dell'approvazione del d.lgs.  n.  68
del 2011 la Corte costituzionale aveva riconosciuto  la  possibilita'
per le regioni di rimodulare  l'addizionale  regionale  all'IRPEF  in
senso conforme  al  criterio  di  progressivita',  in  quanto  valore
cardine del sistema tributario consacrato dal secondo comma dell'art.
53 Cost. (sentenza n. 2 del 2006). Tale indicazione sarebbe stata poi
recepita dall'art. 6, comma 4, del citato  d.lgs.  n.  68  del  2011,
nella parte in cui prevede che le regioni possono stabilire  aliquote
dell'addizionale regionale all'IRPEF differenziate, in relazione agli
scaglioni di reddito corrispondenti a quelli  stabiliti  dalla  legge
statale. 
    La Regione evidenzia che l'interpretazione della norma statale da
ultimo citata, tanto letterale quanto logica, conduce a risultati del
tutto differenti  da  quelli  sostenuti  dal  ricorrente.  Una  prima
analisi in chiave lessicale condurrebbe a sostenere  che  il  vincolo
nell'esercizio dell'autonomia regionale si  concreterebbe  unicamente
nel divieto di adottare scaglioni di reddito  privi  di  collegamento
con   quelli   individuati   dal   legislatore   statale   ai    fini
dell'applicazione  dell'addizionale   regionale   all'IRPEF   e   non
nell'obbligo di prevedere tutti gli scaglioni fissati dal legislatore
statale.  Tale  lettura  sarebbe  confermata,  sul  piano  letterale,
dall'uso  di  un  termine  che  indica  una  facolta'  («le   regioni
possono»),  il  quale  comporterebbe  che  deve  ritenersi  ferma  la
possibilita'  per  le  regioni   di   mantenere   un'aliquota   unica
dell'addizionale regionale all'IRPEF del tutto indifferente  rispetto
al reddito individuale. 
    Viene, infine, rimarcato che la  previgente  legge  regionale  30
dicembre 2011, n. 38 (Disposizioni per la formazione del bilancio  di
previsione  2012  e  bilancio  pluriennale  2012-2014  della  Regione
Puglia) prevedeva, gia' per l'anno  2012,  i  medesimi  scaglioni  di
reddito previsti dalla impugnata legge regionale n. 45  del  2012  ed
era improntata ad un criterio di progressivita' anche  meno  incisivo
rispetto alla legge attuale (0,3 per cento per i primi due  scaglioni
di reddito e 0,5 per cento per gli ultimi tre). Tale legge regionale,
pur esprimendo un  criterio  di  progressivita'  meno  accentuato,  a
parita' di normativa vigente e di scaglioni previsti, non e' stata, a
suo tempo, oggetto di impugnazione. 
    Con  specifico   riferimento   all'applicazione   temporale   del
principio direttivo contenuto nel comma 4 dell'art. 6 del  d.lgs.  n.
68 del 2011, la Regione rileva che il limite temporale imposto  dalla
legge statale - originariamente fissato alla data del  primo  gennaio
2013 e, poi, differito alla data del primo  gennaio  2014,  ad  opera
della modifica introdotta dall'art. l, comma 555, della legge n.  228
del  2012  -  si  riferisce  non  gia'  alla  facolta'  regionale  di
assicurare progressivita'  all'attuazione  del  prelievo,  bensi'  al
divieto di differenziare le aliquote dell'addizionale in spregio agli
scaglioni di reddito erariali. 
    In chiusura la Regione aggiunge la  considerazione  secondo  cui,
ove pure volesse condividersi l'assunto del ricorrente,  secondo  cui
le regioni, oltre ad uniformarsi agli scaglioni di reddito  stabiliti
dalla  legge  statale,  dovrebbero   incrementare   obbligatoriamente
l'aliquota in relazione ad ogni scaglione, la  questione  orbiterebbe
comunque attorno ad una disposizione che entrera' in vigore  solo  il
1o gennaio 2014 e che non potrebbe, quindi, invalidare  il  pregresso
operato regionale. 
    3.- In data 29 ottobre  2013  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha depositato memoria, ribadendo le proprie argomentazioni. 
    4.-  All'udienza  pubblica  il  ricorrente   ha   insistito   per
l'accoglimento della questione promossa. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  dubita  della
legittimita' costituzionale dell'art. 3  della  legge  della  Regione
Puglia 28 dicembre 2012, n. 45 (Disposizioni per  la  formazione  del
bilancio di previsione 2013 e bilancio  pluriennale  2013-2015  della
Regione Puglia),  per  violazione:  a)  degli  artt.  3  e  97  della
Costituzione;  b)  del  principio  di  progressivita'  cristallizzato
nell'art. 53 Cost.; c) dell'art. 117, terzo  comma,  Cost.  sotto  il
profilo del  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del  sistema
tributario  e,  quale  norma  interposta,  dell'art.  6  del  decreto
legislativo  6  maggio  2011,  n.  68  (Disposizioni  in  materia  di
autonomia di entrata  delle  regioni  a  statuto  ordinario  e  delle
province, nonche'  di  determinazione  dei  costi  e  dei  fabbisogni
standard nel settore sanitario). 
    A parere del ricorrente, la norma, stabilendo  l'applicazione  di
un'unica aliquota (pari allo 0,5 per cento) per una fascia di redditi
particolarmente estesa (dai 28 mila euro annui sino a quelli oltre  i
75 mila euro)  e  prevedendone  l'applicazione  a  decorrere  dal  1o
gennaio 2013, violerebbe  i  parametri  costituzionali  citati  e  si
porrebbe  in  contrasto  con  le  norme   statali   in   materia   di
rimodulazione delle aliquote  dell'addizionale  regionale  IRPEF.  In
particolare, l'art. 6 del d.lgs. n. 68  del  2011  accorderebbe  alle
regioni la  facolta'  di  variazione  dell'aliquota  dell'addizionale
regionale solo  a  fronte  di  una  differenziazione  rispettosa  del
principio di progressivita'  e  imporrebbe  l'applicazione  integrale
degli scaglioni fissati dal legislatore statale. Lo  stesso  articolo
6, al comma 4, come modificato dall'art. 1, comma 555, della legge 24
dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale  dello  Stato  -  Legge  di  stabilita'  2013),
accorderebbe tale facolta' solo a decorrere dall'anno 2014. 
    2.- La Regione Puglia  sostiene  l'infondatezza  delle  questioni
promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri, evidenziando che,
gia' prima dell'approvazione del d.lgs. n.  68  del  2011,  la  Corte
costituzionale aveva riconosciuto la possibilita' per le  regioni  di
rimodulare l'addizionale regionale all'IRPEF  in  senso  conforme  al
criterio di progressivita', in  quanto  valore  cardine  del  sistema
tributario consacrato dal secondo comma dell'art. 53 Cost.  (sentenza
n. 2 del 2006). 
    Aggiunge, poi, che il vincolo fissato dal comma 4 dell'art. 6 del
citato decreto  legislativo  si  concreterebbe  non  nell'obbligo  di
prevedere  l'addizionale  per  tutti  gli   scaglioni   fissati   dal
legislatore statale ma unicamente nel divieto di  adottare  scaglioni
di reddito diversi rispetto a questi ultimi. Quanto  all'applicazione
del principio contenuto nel medesimo comma, la Regione rileva come il
limite temporale imposto dalla legge statale si riferirebbe non  gia'
alla facolta' regionale di assicurare  progressivita'  all'attuazione
del prelievo,  bensi'  unicamente  al  divieto  di  differenziare  le
aliquote  dell'addizionale  in  spregio  agli  scaglioni  di  reddito
erariali. 
    3.- Va preliminarmente rilevato che l'art. 3, comma 1, lettere c)
e d), della impugnata legge regionale e' stato  modificato  dall'art.
4, comma 1, lettere a) e b),  della  legge  della  Regione  Puglia  7
agosto 2013, n. 26 (Assestamento e prima variazione  al  bilancio  di
previsione  per  l'esercizio  finanziario  2013),  alla  cui  stregua
l'incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale per gli  ultimi
tre scaglioni di reddito e' stato diversificato con l'introduzione di
aliquote  differenziate  in  relazione  ad  ogni   scaglione   (pari,
rispettivamente, allo 0,48 per cento; allo 0,49 per cento ed allo 0,5
per cento). 
    E' rimasto invariato il comma 2 dell'impugnato art. 3,  il  quale
prevede che, in caso di modifica degli scaglioni di reddito  statali,
rimangano ferme le  addizionali,  specificandone  le  aliquote  negli
stessi termini della versione originaria del comma 1. 
    4.- Secondo il ricorrente la nuova modulazione delle aliquote  e'
sostanzialmente  coincidente  con  quella  oggetto  di  impugnazione,
variandole  in  misura  cosi'  trascurabile  da  mantenere  ferma  la
struttura complessiva della norma. 
    In effetti, e' evidente l'irrilevanza delle  modifiche  apportate
rispetto al thema decidendum che, come emerge  in  particolare  dalle
difese regionali, attiene, oltre che all'osservanza del principio  di
progressivita', all'esistenza dell'obbligo di applicare integralmente
gli scaglioni statali, alla stregua dei parametri sia  costituzionali
che interposti invocati ex adverso. 
    Pertanto, in forza del principio  di  effettivita'  della  tutela
costituzionale delle parti nei giudizi in via d'azione, la  questione
di legittimita' costituzionale deve  essere  trasferita  sulla  nuova
norma (sentenze n. 40 del 2012; 
    n. 533 del 2002 e ordinanza n. 137 del  2004),  poiche'  essa  si
pone  nei  medesimi  termini,  con  riguardo  sia  alla  formulazione
originaria (che, del resto, riferendosi  all'anno  finanziario  2014,
non ha trovato applicazione) sia a quella risultante dalle  modifiche
apportate dal comma 1 dell'art. 4 della legge reg. n. 26 del 2013. 
    5.- Con riferimento alla quantificazione delle  addizionali  puo'
quindi procedersi all'esame della questione di  costituzionalita'  in
modo unitario sia per il comma 1  sia  per  il  comma  2,  il  quale,
essendo rimasto immutato,  prevede  una  medesima  aliquota  per  gli
ultimi tre scaglioni. 
    5.1.- Va dichiarata l'inammissibilita' della  questione  relativa
ai parametri dettati dagli artt. 3 e 97 Cost. 
    Si deve ribadire la consolidata giurisprudenza  di  questa  Corte
secondo la quale  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  e'
inammissibile allorche' manchi qualsivoglia argomentazione a supporto
della stessa (ex plurimis: sentenze n. 114, n. 20 e n. 8 del 2013; n.
212 del 2012; n. 200, n. 119, n. 45 e n. 10  del  2010;  n.  247  del
2009). Nel caso di specie, il ricorso manca di ogni motivazione delle
censure legate a  questi  parametri  costituzionali,  atteso  che  si
limita a richiamarli senza esporre in che modo essi risultino incisi. 
    5.2.- Quanto  ai  restanti  parametri  invocati  in  ordine  alla
disciplina delle addizionali, la questione non e' fondata. 
    5.2.1.- Le norme censurate innanzitutto non violano il  principio
di progressivita' contenuto nell'art. 53 Cost. 
    Questa Corte ha piu' volte  chiarito  che  la  progressivita'  e'
principio che deve informare  l'intero  sistema  tributario  nel  suo
complesso e non il singolo tributo (sentenze n. 223 del  2012;  n.  2
del 2006; n. 263 del 1994;  n.  159  del  1985;  n.  62  del  1977  e
ordinanze n. 341 del 2000; n. 128 del 1966). A cio' si  aggiunga  che
nel caso di specie e' anche l'imposta specifica  (l'IRPEF)  a  essere
significativamente progressiva e che tale qualita' non e' certo messa
in  discussione  dalle  modeste  (rispetto  alle  aliquote   statali)
addizionali regionali, tanto nella versione originaria, quanto,  e  a
maggior ragione, nella nuova. 
    La  normativa  regionale,  nel  suo  complesso,  risulta   quindi
pienamente rispettosa del principio di cui all'art. 53 Cost. 
    5.2.2.- Parimenti non puo' ritenersi violato  l'art.  117,  terzo
comma, Cost. 
    L'art.  6  del  d.lgs.  n.  68  del  2011,  invocato  come  norma
interposta, nel prevedere, al comma 1, la facolta' per le  regioni  a
statuto   ordinario   di    aumentare    o    diminuire    l'aliquota
dell'addizionale regionale all'IRPEF di base  a  decorrere  dall'anno
2012, con il successivo comma 4 si limita a  vietare  aliquote  delle
addizionali disallineate rispetto agli scaglioni di reddito erariali. 
    Essa, dunque, contrariamente a quanto prospettato dal ricorrente,
non impone l'obbligo di osservare integralmente tutti  gli  scaglioni
statali,  restando   cosi'   affidati   direttamente   al   principio
costituzionale di progressivita' -  nei  sensi  prima  chiariti  -  i
limiti del potere regionale di differenziazione delle  addizionali  e
della loro misura. 
    Tale  vincolo  risulta  pertanto   rispettato   dal   legislatore
regionale in entrambe le disposizioni in esame. 
    6.- Anche la questione sollevata con riferimento alla  disciplina
temporale dettata dalla Regione non e' fondata. 
    6.1.- Secondo il ricorrente, tale disciplina sarebbe contrastante
con il comma 7 dell'art. 6 del  d.lgs.  n.  68  del  2011,  il  quale
fisserebbe un termine di applicazione «a decorrere dal 2014»  per  la
introduzione delle addizionali. 
    Si osserva in contrario che la norma si  riferisce  espressamente
alle «disposizioni di cui ai commi 3, 4, 5 e 6» e non al comma 1, che
- come si e' avuto  piu'  volte  modo  di  ricordare  -  e'  la  sede
normativa in cui viene disciplinata la  facolta'  per  le  regioni  a
statuto   ordinario   di   aumentare   o   diminuire   le    aliquote
dell'addizionale regionale all'IRPEF. 
    Tale facolta' trova  nello  stesso  comma  la  propria  specifica
disciplina temporale, e questa fa riferimento all'anno 2012:  non  vi
e' dunque contrasto con  la  norma  regionale  destinata  ad  operare
dall'anno finanziario 2013.