ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 9, commi 2
e 3, 10, commi 3, 4 e 5, 11 e 12 della legge 24 dicembre 2012, n. 243
(Disposizioni per l'attuazione del principio del pareggio di bilancio
ai sensi dell'articolo 81, sesto comma, della Costituzione), promossi
dalla  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  e  dalla  Provincia
autonoma  di  Trento  con  ricorsi  notificati  il  16  marzo   2013,
depositati in cancelleria il 20 ed il 21 marzo 2013  ed  iscritti  ai
nn. 48 e 49 del registro ricorsi 2013. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  dell'11  febbraio  2014  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Giandomenico Falcon per  la  Regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia, Giandomenico  Falcon  e  Luigi  Manzi  per  la
Provincia autonoma di Trento e l'avvocato dello Stato Giuseppe Fiengo
per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  e  la  Provincia
autonoma di Trento hanno impugnato gli artt. 9,  commi  2  e  3,  10,
commi 3, 4 e 5, 11 e 12, contenuti nel Capo IV, rubricato «Equilibrio
dei bilanci delle regioni e degli enti locali e concorso dei medesimi
enti  alla  sostenibilita'  del  debito  pubblico»,  della  legge  24
dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per  l'attuazione  del  principio
del pareggio di bilancio ai sensi dell'art. 81,  sesto  comma,  della
Costituzione),  in  quanto  violerebbero   le   proprie   prerogative
costituzionali e statutarie. 
    1.1.- Nel rivolgere le proprie censure  in  primo  luogo  avverso
l'art. 10, esse evidenziano come,  a  mente  dei  commi  1  e  2  non
impugnati, il ricorso delle autonomie territoriali  all'indebitamento
sia consentito esclusivamente per finanziare spese di investimento, e
le   relative   operazioni   possano    essere    effettuate    «solo
contestualmente all'adozione di piani di ammortamento di  durata  non
superiore  alla  vita  utile  dell'investimento,   nei   quali   sono
evidenziate  l'incidenza  delle  obbligazioni  assunte  sui   singoli
esercizi finanziari futuri nonche' le modalita'  di  copertura  degli
oneri corrispondenti». 
    La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e la Provincia autonoma
di Trento impugnano, invece, i commi 3, 4 e 5, che  sarebbero  lesivi
delle proprie competenze perche' dettano una disciplina  analitica  e
di dettaglio delle  operazioni  di  indebitamento  gia'  regolate  in
maniera piu' favorevole dagli statuti. 
    In  particolare,  ai  sensi  del  comma  3,  «Le  operazioni   di
indebitamento di cui  al  comma  2  sono  effettuate  sulla  base  di
apposite intese concluse in ambito regionale  che  garantiscano,  per
l'anno di riferimento, l'equilibrio della gestione  di  cassa  finale
del complesso degli  enti  territoriali  della  regione  interessata,
compresa la medesima regione [...]»; ciascun ente territoriale  «puo'
in ogni caso ricorrere all'indebitamento nel limite delle  spese  per
rimborsi di prestiti risultanti dal proprio bilancio di previsione». 
    Il comma 4, proseguono le ricorrenti, prevede che,  «Qualora,  in
sede di rendiconto, non sia rispettato l'equilibrio di cui  al  comma
3, primo periodo, il  saldo  negativo  concorre  alla  determinazione
dell'equilibrio della gestione di cassa finale  dell'anno  successivo
del complesso degli  enti  della  regione  interessata,  compresa  la
medesima regione,  ed  e'  ripartito  tra  gli  enti  che  non  hanno
rispettato il saldo previsto». 
    Infine, in base al comma  5,  «Con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei Ministri adottato d'intesa con la Conferenza permanente
per  il  coordinamento  della  finanza  pubblica,  sono  disciplinati
criteri e modalita' di attuazione del presente articolo». 
    1.2.- Rammentano le  ricorrenti  che  esse  godono  di  autonomia
finanziaria in forza dei propri statuti [artt. 48  e  seguenti  della
legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1  (Statuto  speciale  della
Regione Friuli-Venezia Giulia) e artt. 69 e seguenti del decreto  del
Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione  del
testo  unico  delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo   statuto
speciale per il Trentino-Alto Adige)]. 
    1.2.1.-   La   Regione   autonoma   Friuli-Venezia   Giulia,   in
particolare, fa presente che ai sensi dell'art. 52 dello  statuto  ha
facolta'  di  emettere  prestiti  interni  da  essa  garantiti,   per
provvedere ad  investimenti  in  opere  permanenti,  per  un  importo
annuale  non  superiore  alle  sue  entrate  ordinarie;  che  la  sua
competenza in materia  e'  collegata  anche  alla  propria  autonomia
organizzativa, poiche' la materia «ordinamento degli uffici» (art. 4,
comma 1, numero 1, dello statuto)  comprende  anche  la  contabilita'
regionale, ed  essa  ha  esercitato  tale  competenza  con  la  legge
regionale 8 agosto 2007, n. 21 (Norme in  materia  di  programmazione
finanziaria e contabilita' regionale),  che  all'art.  24  regola  il
ricorso  al  mercato  finanziario,  disponendo,  al  comma   2,   che
«L'importo  complessivo  annuale  delle  rate  di  ammortamento   per
capitale e interessi derivante dal ricorso al mercato finanziario non
puo' superare  il  10  per  cento  dell'ammontare  complessivo  delle
entrate derivanti dai tributi propri e dalle compartecipazioni  nette
di tributi erariali previsto in ciascuno  degli  esercizi  finanziari
compresi nel bilancio pluriennale». 
    1.2.2.- La Provincia autonoma di  Trento,  invece,  rammenta  che
l'art. 74 dello statuto  dispone  che  «la  regione  e  le  provincie
possono ricorrere all'indebitamento  solo  per  il  finanziamento  di
spese di investimento, per  una  cifra  non  superiore  alle  entrate
correnti»; l'art. 16 del decreto legislativo 16 marzo  1992,  n.  268
(Norme di attuazione dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto
Adige in materia di finanza regionale e  provinciale)  statuisce  che
«Spetta alla regione e alle provincie emanare  norme  in  materia  di
bilanci, di  rendiconti,  di  amministrazione  del  patrimonio  e  di
contratti della regione e delle province medesime  e  degli  enti  da
esse dipendenti». 
    Tale competenza, prosegue la ricorrente, e' stata esercitata  con
la legge provinciale 14 settembre 1979, n. 7  (Norme  in  materia  di
bilancio e di  contabilita'  generale  della  Provincia  autonoma  di
Trento) e dell'indebitamento si occupa, in particolare, l'art. 31. La
materia sarebbe ulteriormente regolata dagli artt. 29,  29-bis  e  30
del decreto del Presidente della  Provincia  29  settembre  2005,  n.
18-48/Leg. (Regolamento di contabilita' di  cui  all'articolo  78-ter
della legge provinciale 14 settembre 1979, n. 7 e s.m.). 
    Lo stesso statuto,  poi,  all'art.  79,  regolerebbe  in  maniera
precisa, esaustiva ed esclusiva i modi in cui le  Province  assolvono
gli  «obblighi  di  carattere  finanziario   posti   dall'ordinamento
comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure  di
coordinamento  della  finanza  pubblica  stabilite  dalla   normativa
statale», espressamente prevedendo che «Le misure di cui al  comma  1
possono essere modificate esclusivamente con  la  procedura  prevista
dall'articolo  104  e  fino   alla   loro   eventuale   modificazione
costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica  di  cui
al comma 1», e che «non  si  applicano  le  misure  adottate  per  le
regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale». 
    1.3.-  Avendo  le  norme  impugnate  scopo  di   «stabilizzazione
finanziaria», proseguono le ricorrenti, esse  non  potrebbero  essere
unilateralmente imposte alle autonomie speciali, dovendosi seguire il
principio dell'accordo, fissato dalla legge 13 dicembre 2010, n.  220
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2011), e prima ancora dalla legge 5
maggio 2009, n. 42 (Delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo
fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione). 
    Entrambe le ricorrenti precisano  di  non  volersi  sottrarre  ai
principi   della   sostenibilita'   del   debito   delle    pubbliche
amministrazioni e dell'equilibrio di bilancio, ma  ritengono  che  la
definizione delle loro modalita'  attuative  debba  avvenire  con  le
procedure previste dagli statuti. 
    1.4.- Sotto altro profilo, poi, i commi 3, 4  e  5  dell'art.  10
citato sarebbero illegittimi anche nella parte in cui si applicano ai
Comuni insistenti nei territori delle  autonomie  ricorrenti,  avendo
esse competenza legislativa in materia di finanza locale [la  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia invoca gli artt. 4,  comma  1,  numero
1-bis), e 54 dello statuto, nonche' l'art. 9 del decreto  legislativo
2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale  per
la Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti
locali e delle relative circoscrizioni) e gli  artt.  42  e  seguenti
della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia  9  gennaio
2006,   n.   1   (Principi   e   norme   fondamentali   del   sistema
Regione-autonomie locali nel  Friuli-Venezia  Giulia);  la  Provincia
autonoma di Trento, gli artt. 80 e 81 dello statuto,  come  integrati
dall'art. 17 del decreto legislativo n. 268 del 1992, nonche'  l'art.
31 della legge prov. Trento n. 7 del 1979 e  l'art.  25  della  legge
della Provincia di Trento 16 giugno 2006, n. 3 (Norme in  materia  di
governo dell'autonomia del Trentino)]. 
    Le norme censurate, dunque, violerebbero tali  parametri  perche'
disciplinano  in  modo  dettagliato  l'indebitamento  dei  Comuni  e,
aggiunge la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, avendo  scopo  di
coordinamento della finanza pubblica, violerebbero anche i commi 134,
154 e 155 dell'art. 1 della legge n. 220 del 2010, regolanti  in  via
esclusiva le modalita'  di  realizzazione,  da  parte  delle  Regioni
autonome e dei loro enti locali, degli obiettivi sui saldi di finanza
pubblica concordati con lo Stato. 
    1.5.- Proseguono le ricorrenti,  evidenziando  come  il  comma  5
dell'art. 10 impugnato, in base al quale i criteri e le modalita'  di
attuazione dell'articolo medesimo sono  rimessi  ad  un  decreto  del
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  sia  illegittimo  perche'
contempla un atto normativo rimesso ad una fonte  secondaria  statale
in un ambito di competenza regionale, in  violazione  dell'art.  117,
sesto comma, Cost.; e perche' viola l'art. 5, comma  2,  lettera  b),
della legge cost. n. 1 del 2012, che rinvia alla legge la  disciplina
dell'indebitamento. 
    1.6.- Le ricorrenti ritengono, ancora, che il comma  5  impugnato
sia illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione,
in quanto prevede che il decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri sia adottato non d'intesa con la Conferenza unificata ma con
la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica,
ove le autonomie territoriali sono coinvolte solo in modo parziale  e
con esclusione dei Presidenti di Regione e Provincia. 
    1.7.-  L'illegittimita'  dell'art.  10,  commi  3  e  5,  infine,
renderebbe «illegittimo anche l'art. 9, commi 2 e 3, nella  parte  in
cui  richiamano,  rispettivamente,  il  comma  4  dell'articolo   10,
tenendone ferma la disciplina, e "le modalita' previste dall'articolo
10" in relazione alla destinazione dei saldi attivi al  finanziamento
delle spese di investimento». 
    1.8.- Entrambe le ricorrenti censurano, poi, l'art. 12, rubricato
«Concorso delle regioni e degli enti locali alla  sostenibilita'  del
debito pubblico», il quale articolo, ai commi 2 e 3, prevede  che  le
Regioni e gli enti locali contribuiscono, «Nelle fasi favorevoli  del
ciclo economico», al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, in
una misura definita con decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri sulla base del documento di programmazione finanziaria. 
    Tali norme violerebbero l'autonomia finanziaria delle ricorrenti,
poiche'  una  parte  delle  risorse  previste  dagli  statuti  (e  in
particolare dagli artt. 48 e  49  dello  statuto  del  Friuli-Venezia
Giulia e dagli artt. 75 e  79  dello  statuto  per  il  Trentino-Alto
Adige) verrebbero, mediante l'imposizione del dovere di contribuzione
al fondo in parola, ad esse unilateralmente sottratte; e violerebbero
altresi' l'art. 1, commi 132, 136, 152 e 156, della legge n. 220  del
2010 e, per quanto riguarda la Provincia autonoma  di  Trento,  anche
gli artt. 104 e 107 dello statuto:  le  citate  previsioni,  infatti,
definirebbero  in  modo  esaustivo  i  modi  consensuali  in  cui  le
autonomie speciali concorrono al raggiungimento  degli  obiettivi  di
finanza pubblica. 
    Le norme impugnate, aggiunge la Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, prevedendo che gli  enti  locali  concorrano  al  risanamento
della  finanza  statale,  violerebbero  anche   la   gia'   ricordata
competenza regionale in materia di finanza locale. 
    1.9.- L'art. 12,  prosegue  la  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, violerebbe anche l'art. 5, comma 2, lettera c),  della  legge
cost. n. 1 del 2012,  che  si  limiterebbe  ad  affidare  alla  legge
statale la fissazione delle modalita' del concorso delle Regioni alla
sostenibilita'   del   debito   del   complesso    delle    pubbliche
amministrazioni, mentre «l'an  ed  il  quantum  del  contributo»,  in
relazione alle autonomie speciali, andrebbero determinati secondo  le
consuete modalita' consensuali. 
    1.10.-  L'art.  12,  comma  3,  infine,   secondo   entrambe   le
ricorrenti, violerebbe il principio di  leale  collaborazione,  nella
misura in cui prevede che il decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri  che  ripartisce  il  citato  contributo  sia  adottato  non
d'intesa  con  la  Conferenza  unificata  ma  sentita  la  Conferenza
permanente per  il  coordinamento  della  finanza  pubblica,  ove  le
autonomie territoriali sono coinvolte solo in  modo  parziale  e  con
esclusione dei Presidenti di Regione e Provincia. 
    1.11.- La sola Provincia autonoma di Trento, poi, impugna  l'art.
11, rubricato «Concorso dello  Stato  al  finanziamento  dei  livelli
essenziali e delle funzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo
o al verificarsi di eventi eccezionali», ed istitutivo, in attuazione
dell'art. 5, comma 1, lettera g), della legge cost. n. 1 del 2012, di
un fondo alimentato con l'indebitamento statale e destinato ad essere
ripartito tra tutti gli enti territoriali. 
    Nonostante l'art.  11,  di  per  se',  possa  essere  considerato
«favorevole»  per  la  Provincia,  viene  impugnato  «per   coerenza»
rispetto all'art.  12,  «in  quanto  parte  dello  stesso  meccanismo
giuridico complessivo». 
    Le due questioni sarebbero collegate, nel  senso  che  l'art.  11
prevede un contributo  statale  in  favore  degli  enti  territoriali
«nelle fasi avverse del ciclo economico», mentre  l'art.  12  prevede
«nelle fasi favorevoli» un  contributo  degli  enti  territoriali  al
Fondo  per  l'ammortamento  dei  titoli  di  Stato.  La   ricorrente,
tuttavia, ritiene di godere, in forza dello  statuto,  di  un  regime
speciale di «neutralita'», nel  senso  che  non  deve  concorrere  al
risanamento della finanza pubblica se non  nei  modi  previsti  dallo
statuto o sulla base di esso. 
    1.12.- Per la sola ipotesi di non  accoglimento  delle  questioni
sopra dette e  relative  agli  artt.  11  e  12,  poi,  la  Provincia
ricorrente impugna l'art.  11,  comma  3,  in  quanto  violativo  del
principio di leale collaborazione, laddove prevede che il decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri che  ripartisce  il  fondo  sia
adottato sentita la Conferenza permanente per il coordinamento  della
finanza pubblica, ove le autonomie territoriali sono  coinvolte  solo
in modo parziale e con esclusione  del  Presidente  della  Provincia,
anziche' previa intesa con la Conferenza unificata. 
    2.- In entrambi i procedimenti si e' costituito il Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso   dall'Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo, con  motivazioni  identiche,  che  i
ricorsi vengano rigettati. 
    Osserva la difesa erariale come la legge cost. n. 1 del 2012, che
ha formalmente introdotto nella Costituzione i principi del  pareggio
di  bilancio  e  della  sostenibilita'  del  debito  pubblico,  abbia
rimodulato gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost., attribuendo allo  Stato
competenza  esclusiva  in  materia  di  armonizzazione  dei   bilanci
pubblici e specificando l'obbligo per tutti gli enti territoriali del
rispetto dell'equilibrio dei relativi bilanci. 
    Obiettivo primario di tale  intervento  normativo  sarebbe  stato
quello  di  assicurare,  in  coerenza  con  gli   impegni   derivanti
dall'appartenenza all'Unione europea, l'equilibrio tra le  entrate  e
le spese dei bilanci pubblici e il  rafforzamento  del  coordinamento
della finanza pubblica, in  particolare  tra  i  livelli  di  governo
statale e regionale. 
    Quanto  alle  disposizioni   della   legge   costituzionale   non
«incorporate» nella Costituzione, l'art. 5,  commi  1  e  2,  avrebbe
elencato una serie di prescrizioni  specifiche  destinate  ad  essere
definite  da  una  successiva  «legge  rinforzata»,  da  approvare  a
maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera  ex  art.  81,
sesto comma, Cost. 
    Tale legge rinforzata sarebbe una  fonte  atipica,  in  quanto  a
«competenza  riservata  e  dotata  di  una  maggiore  forza  passiva»
rispetto alle  leggi  ordinarie:  in  base  all'art.  1  della  legge
medesima, l'abrogazione, la modifica o la deroga alle disposizioni da
essa introdotte e' possibile solo in modo  espresso,  attraverso  una
legge successiva, da approvare  sempre  a  maggioranza  assoluta  dei
componenti delle Camere. Essa, quindi, conterrebbe  norme  interposte
e,  pertanto,  sarebbe  dotata  di  «prevalenza  gerarchica  di  tipo
contenutistico-sostanziale» sulla legge ordinaria. 
    Il rispetto dell'equilibrio di bilancio, espressamente  enunciato
nella nuova formulazione dell'art. 119  Cost.,  non  potrebbe  quindi
ritenersi un'illegittima limitazione dell'autonomia finanziaria delle
Regioni o  degli  enti  locali,  ma  andrebbe  considerato  come  una
regolamentazione costituzionalmente imposta, nel rispetto dei vincoli
economici e finanziari comunitari da assicurarsi in modo uniforme  su
tutto il territorio nazionale. 
    Con riferimento, invece, al ricorso  all'indebitamento  da  parte
delle Regioni e degli enti locali, l'art. 10 censurato  introdurrebbe
importanti novita'. Esso sarebbe possibile:  1)  solo  laddove  siano
contestualmente adottati dei piani di investimento della  durata  non
superiore alla  vita  utile  dell'investimento;  2)  apposite  intese
regionali garantiscano l'equilibrio della gestione  di  cassa  finale
del complesso degli enti  territoriali  della  Regione  (compresa  la
Regione     medesima).     Quest'ultima     previsione,     peraltro,
corrisponderebbe a quanto previsto nel  novellato  art.  119,  ultimo
comma, Cost. 
    Altro vincolo all'amministrazione  finanziaria  delle  Regioni  e
degli enti locali, poi, sarebbe rappresentato, secondo il  Presidente
del Consiglio dei ministri, dalla previsione del concorso di tutte le
amministrazioni territoriali alla sostenibilita' del debito  pubblico
(art. 12), mediante contribuzione, nelle fasi  favorevoli  del  ciclo
economico, ad un fondo per l'ammortamento dei  titoli  di  Stato,  in
attuazione dei  principi  costituzionali  di  solidarieta'  e  unita'
dell'ordinamento ricavabili dagli artt. 5 e 119 Cost. 
    Tutte le disposizioni impugnate, dunque,  non  porrebbero  alcuna
limitazione   all'autonomia   finanziaria   delle   ricorrenti,    ma
risponderebbero alle prescrizioni imposte  dai  novellati  artt.  81,
sesto comma, e 119 Cost., oltre che dall'art. 5, comma 2, lettere  b)
e c) della legge cost. n. 1 del 2012. Esse, inoltre, sarebbero  state
dettate  nella  materia  dell'armonizzazione  dei  bilanci   pubblici
attribuita alla competenza esclusiva statale e  si  atteggerebbero  a
norme interposte alla Costituzione. 
    Conclude il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  ricordando
come la giurisprudenza della Corte costituzionale abbia elaborato una
nozione ampia dei principi di coordinamento della finanza pubblica  e
ritenuto legittimo l'intervento statale anche mediante l'esercizio di
poteri di ordine amministrativo, regolazione tecnica e rilevazione di
dati e controllo. 
    3.- La Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  e  la  Provincia
autonoma di Trento hanno depositato memorie con cui hanno evidenziato
come  la  difesa  dello  Stato  ritenga  le  disposizioni   censurate
riconducibili  all'introduzione  del  principio  costituzionale   del
rispetto dell'equilibrio di bilancio, da  intendersi  riferito  anche
alle autonomie territoriali, e all'art. 5 della legge cost. n. 1  del
2012, il quale regolerebbe il contenuto della legge organica prevista
dall'art. 81, sesto comma, Cost. 
    Ritengono le ricorrenti che la legittimita' delle misure  imposte
dal legislatore statale non possa essere rinvenuta nel citato art. 5,
poiche' quest'ultimo non fissa limiti quantitativi all'indebitamento,
ne' regolamenta il fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. 
    Sostiene poi la Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  da  un
lato, che sarebbe indimostrato che l'art. 117, secondo comma, lettera
e), Cost., come modificato dall'art. 3 della legge  cost.  n.  1  del
2012 (mediante attribuzione allo Stato della competenza esclusiva  in
materia di armonizzazione dei bilanci), sia  applicabile  anche  alle
Regioni speciali; dall'altro, che quest'ultima materia  attiene  alle
regole tecniche di redazione dei bilanci e non agli oggetti  regolati
dagli artt. 10 e 12 delle legge n. 243 del 2012. 
    Aggiunge, infine, la Regione ricorrente che l'impugnato art.  10,
comma  5,  prevede  un  potere  normativo  che  va  oltre   la   mera
«regolazione tecnica», sicche'  esso  non  potrebbe,  in  ogni  caso,
incidere  sulla  propria  sfera  di  attribuzioni  costituzionalmente
garantita. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  e  la  Provincia
autonoma di Trento hanno impugnato gli artt. 9,  commi  2  e  3,  10,
commi 3, 4 e 5, 11 e 12, contenuti nel Capo IV, rubricato «Equilibrio
dei bilanci delle regioni e degli enti locali e concorso dei medesimi
enti  alla  sostenibilita'  del  debito  pubblico»,  della  legge  24
dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per  l'attuazione  del  principio
del pareggio di bilancio ai sensi dell'art. 81,  sesto  comma,  della
Costituzione),  in  quanto  violerebbero   le   proprie   prerogative
costituzionali e statutarie. 
    In particolare, secondo entrambe le ricorrenti, i commi 3, 4 e  5
dell'art. 10, rubricato «Ricorso  all'indebitamento  da  parte  delle
regioni e degli enti locali», detterebbero una disciplina dettagliata
nella  materia  dell'indebitamento  gia'  regolata  in  maniera  piu'
favorevole  dai  rispettivi  statuti,  eccedendo  dai  limiti  propri
dell'intervento statale nella materia del coordinamento della finanza
pubblica, violerebbero la loro autonomia  finanziaria,  invaderebbero
la propria competenza legislativa in materia  di  finanza  locale  ed
eluderebbero il principio consensualistico nella determinazione delle
modalita' di concorso  delle  autonomie  speciali  al  raggiungimento
degli obiettivi di  finanza  pubblica.  I  parametri  invocati  sono,
quanto alla Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  gli  artt.  4,
comma 1, numero 1) e numero 1-bis), 48 e  seguenti,  52  e  54  della
legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1  (Statuto  speciale  della
Regione  Friuli-Venezia  Giulia),  nonche'  l'art.  9   del   decreto
legislativo 2 gennaio 1997, n. 9 (Norme di attuazione  dello  statuto
speciale  per  la  regione  Friuli-Venezia  Giulia  in   materia   di
ordinamento degli enti locali e delle relative  circoscrizioni),  gli
artt. 42 e seguenti della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia 9 gennaio 2006,  n.  1  (Principi  e  norme  fondamentali  del
sistema Regione-autonomie locali nel Friuli-Venezia  Giulia);  quanto
alla Provincia autonoma di Trento, gli artt. 69 e seguenti,  74,  79,
80, 81 e 104 del decreto del Presidente della  Repubblica  31  agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige),  nonche'
l'art. 17 del decreto legislativo 16 marzo 1992,  n.  268  (Norme  di
attuazione dello statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige  in
materia di finanza regionale e provinciale), l'art.  31  della  legge
della Provincia autonoma di Trento 14 settembre 1979, n. 7 (Norme  in
materia di  bilancio  e  di  contabilita'  generale  della  Provincia
autonoma di Trento), l'art. 25 della legge della  Provincia  autonoma
di Trento  16  giugno  2006,  n.  3  (Norme  in  materia  di  governo
dell'autonomia del Trentino); quanto ad  entrambe,  l'art.  1,  commi
132,  136,  152  e  156,  della  legge  13  dicembre  2010,  n.   220
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge di stabilita' 2011) e la legge 5 maggio 2009,  n.
42  (Delega  al  Governo  in  materia  di  federalismo  fiscale,   in
attuazione dell'articolo 119 della Costituzione). 
    Il comma 5 del medesimo articolo,  poi,  contemplerebbe  un  atto
regolamentare statale  in  un  ambito  di  competenza  regionale,  in
violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost., e  violerebbe  altresi'
l'art. 5, comma 2, lettera b), della legge costituzionale  20  aprile
2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella
Carta costituzionale), e il principio di leale collaborazione. 
    Le ricorrenti hanno altresi' impugnato i commi 2 e 3 dell'art. 9,
rubricato «Equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali»,
per violazione derivata dall'illegittimita' dei richiamati commi 3  e
5 dell'art. 10. 
    Anche l'art. 12, rubricato «Concorso delle regioni e  degli  enti
locali alla sostenibilita' del debito pubblico», violerebbe  la  loro
autonomia  finanziaria  e   il   principio   consensualistico   nella
determinazione delle modalita' di concorso delle  autonomie  speciali
al raggiungimento degli obiettivi di  finanza  pubblica;  secondo  la
Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  esso  violerebbe  anche  la
propria competenza in materia di finanza locale e l'art. 5, comma  2,
lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012 (gli ulteriori  parametri
invocati sono, quanto al Friuli-Venezia Giulia, gli  artt.  48  e  49
della legge cost. n. 1 del 1963, l'art. 9 del d.lgs. n. 9  del  1997,
gli artt. 42 e seguenti della legge reg. Friuli-Venezia Giulia  n.  1
del 2006, l'art. 1, commi 132, 136, 152 e 156 della legge n. 220  del
2010, nonche', quanto alla Provincia autonoma di  Trento,  gli  artt.
75, 79, 104 e 109 del d.P.R. n. 670 del 1972). 
    Secondo entrambe le ricorrenti, poi, il comma 3  dell'art.  12  -
nella parte  in  cui  prevede  che  il  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri che  ripartisce  il  contributo  sia  adottato
sentita la Conferenza permanente per il coordinamento  della  finanza
pubblica, anziche' d'intesa con la Conferenza unificata -  violerebbe
il principio di leale collaborazione. 
    La sola Provincia autonoma di Trento ha impugnato «per  coerenza»
l'art. 11, rubricato  «Concorso  dello  Stato  al  finanziamento  dei
livelli essenziali e delle funzioni fondamentali nelle  fasi  avverse
del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali», istitutivo  di  un
fondo alimentato con l'indebitamento statale e  destinato  ad  essere
ripartito tra tutti gli enti territoriali. 
    Per l'ipotesi di non accoglimento di queste censure relative agli
artt. 11 e 12, la Provincia autonoma di Trento  ha  infine  impugnato
l'art. 11, comma 3,  in  quanto  violativo  del  principio  di  leale
collaborazione. 
    La Presidenza del Consiglio dei ministri sostiene  l'infondatezza
complessiva del ricorso sul presupposto che l'intera materia regolata
dalla legge n. 243 del 2012  sarebbe  riconducibile  alla  competenza
esclusiva dello Stato, a seguito  dell'inserimento  -  operato  dalla
legge cost. n. 1 del 2012 - della «armonizzazione dei bilanci»  nella
lettera r) del secondo comma dell'art. 117 Cost., nonche' in  ragione
dei principi dell'equilibrio di bilancio e della  sostenibilita'  del
debito pubblico. 
    2.- In considerazione della  sostanziale  identita'  delle  norme
denunciate e delle censure proposte, i giudizi possono essere riuniti
per essere decisi congiuntamente. 
    3.- L'impugnazione della legge n. 243 del  2012  e'  ammissibile,
dal momento che,  pur  trattandosi  di  una  legge  "rinforzata",  in
ragione  della  maggioranza  parlamentare  richiesta   per   la   sua
approvazione, essa ha comunque il  rango  di  legge  ordinaria  e  in
quanto tale trova la sua fonte di legittimazione - ed insieme i  suoi
limiti - nella legge cost. n. 1 del 2012, di cui detta la  disciplina
attuativa. 
    4.- Le questioni  sollevate  dalle  ricorrenti  attengono  a  tre
diversi gruppi di  disposizioni,  aventi  ad  oggetto  la  disciplina
dell'indebitamento (art. 10), l'equilibrio dei bilanci delle  Regioni
e degli enti locali (art. 9), il concorso dello Stato e delle Regioni
e delle Provincie autonome,  rispettivamente,  al  finanziamento  dei
livelli essenziali delle prestazioni e  delle  funzioni  fondamentali
inerenti ai diritti civili e sociali e alla sostenibilita' del debito
pubblico (artt. 11 e 12). 
    La tesi prospettata dal Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
con riferimento a tutte le censure, e' che la riforma  costituzionale
abbia introdotto una nuova competenza esclusiva dello Stato,  atta  a
giustificare l'intero raggio dell'intervento operato con la legge  n.
243 del 2012. 
    5.- Al fine di vagliare la tesi  e'  necessario  tratteggiare  il
quadro normativo sovranazionale e interno  in  cui  si  collocano  le
disposizioni censurate. 
    Con il patto "Euro Plus",  approvato  dai  Capi  di  Stato  e  di
Governo della zona euro l'11 marzo 2011  e  condiviso  dal  Consiglio
europeo il 24-25 marzo 2011, gli Stati membri dell'Unione europea  si
sono impegnati ad adottare misure volte a  perseguire  gli  obiettivi
della sostenibilita' delle finanze pubbliche,  della  competitivita',
dell'occupazione e della stabilita' finanziaria, e in  particolare  a
recepire  nella  legislazione  nazionale  le   regole   di   bilancio
dell'Unione europea fissate nel patto di stabilita' e crescita, ferma
restando «la facolta' di scegliere lo specifico  strumento  giuridico
nazionale cui ricorrere», purche' avente  «una  natura  vincolante  e
sostenibile  sufficientemente  forte  (ad  esempio   costituzione   o
normativa quadro)» e tale da «garantire la disciplina di  bilancio  a
livello sia nazionale che subnazionale». 
    Con il Trattato  sulla  stabilita',  sul  coordinamento  e  sulla
governance nell'Unione economica e monetaria (meglio noto come Fiscal
Compact), sottoscritto a Bruxelles il 2 marzo 2012 e in vigore dal 1°
gennaio 2013, ratificato in Italia con la legge 23  luglio  2012,  n.
114 (Ratifica  ed  esecuzione  del  Trattato  sulla  stabilita',  sul
coordinamento e sulla governance nell'Unione  economica  e  monetaria
[...]), poi, gli Stati contraenti,  all'art.  3,  comma  2,  si  sono
impegnati a recepire le  regole  del  «patto  di  bilancio»  «tramite
disposizioni vincolanti e  di  natura  permanente  -  preferibilmente
costituzionale  -  o  il  cui  rispetto  fedele  e'  in  altro   modo
rigorosamente  garantito  lungo  tutto  il  processo   nazionale   di
bilancio». 
    Lo Stato italiano ha ritenuto di adempiere a questi  impegni  con
un'apposita legge costituzionale - la n. 1 del 2012 -  la  quale,  in
primo luogo e per quanto qui rileva, ha riformato gli artt.  81,  97,
117 e 119 Cost. 
    L'art. 81, sesto comma,  novellato,  afferma  per  il  «complesso
delle  pubbliche  amministrazioni»  i  principi  dell'equilibrio   di
bilancio tra entrate e  spese  e  della  sostenibilita'  del  debito,
riservando ad  una  legge  del  Parlamento  approvata  a  maggioranza
assoluta dei componenti di ciascuna Camera, il potere  di  stabilire,
oltre  che  il  contenuto  della  legge  di   bilancio,   «le   norme
fondamentali e i criteri volti ad assicurare»  l'implementazione  dei
due menzionati principi. 
    Secondo il nuovo primo comma dell'art. 97  Cost.,  «Le  pubbliche
amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento  dell'Unione  europea,
assicurano l'equilibrio dei bilanci e la  sostenibilita'  del  debito
pubblico». 
    L'art. 117 Cost. e' stato modificato mediante lo  scorporo  della
«armonizzazione   dei   bilanci   pubblici»   dall'endiadi   con   il
«coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» e  la
sua inclusione nell'ambito delle materie attribuite dal secondo comma
alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato. 
    All'art.  119  Cost.  dopo   il   riconoscimento   dell'autonomia
finanziaria di entrata e di spesa delle  autonomie  territoriali,  e'
stata   aggiunta   la   seguente   specificazione:   «nel    rispetto
dell'equilibrio dei relativi bilanci», nonche' l'inciso:  «concorrono
ad  assicurare  l'osservanza  dei  vincoli  economici  e   finanziari
derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea». Al  secondo  periodo
del  sesto  comma,  secondo  cui  le  autonomie  «Possono   ricorrere
all'indebitamento solo per  finanziare  spese  di  investimento»,  e'
stato poi aggiunto l'inciso: «con la contestuale definizione di piani
di ammortamento e a condizione che per il  complesso  degli  enti  di
ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio». 
    Sotto il versante delle disposizioni della legge cost. n.  1  del
2012 non incorporate  nella  Costituzione  rilevano  in  questa  sede
quelle  che  determinano  il   contenuto   necessario   della   legge
rinforzata. Ad essa e' attribuito,  in  particolare,  il  compito  di
disciplinare «l'introduzione di regole sulla spesa che consentano  di
salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione  del  rapporto
tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel  lungo  periodo,  in
coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica»  (art.  5,  comma  1,
lettera e); «le modalita' attraverso le quali i Comuni, le  Province,
le Citta' metropolitane, le Regioni e le Province autonome di  Trento
e di Bolzano concorrono alla sostenibilita' del debito del  complesso
delle pubbliche amministrazioni» (art. 5, comma 2, lettera c); e,  da
ultimo,  «la  facolta'  dei  Comuni,  delle  Province,  delle  Citta'
metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano di ricorrere all'indebitamento, ai sensi  dell'articolo  119,
sesto comma, secondo periodo,  della  Costituzione,  come  modificato
dall'articolo 4 della presente legge costituzionale» (art.  5,  comma
2, lettera b). 
    6.- Ebbene, in questa complessa riforma della  finanza  pubblica,
l'unica nuova competenza  esclusiva  dello  Stato,  invocata  appunto
dalla difesa dello Stato, e' quella dell'armonizzazione  dei  bilanci
pubblici, che sino alla modifica operata con la legge cost. n. 1  del
2012 si presentava in «endiadi» (sentenza n.  17  del  2004)  con  il
coordinamento della finanza pubblica. 
    Essa, tuttavia, non puo' essere interpretata cosi' estensivamente
da coprire l'intero ambito materiale regolato dalla legge n. 243  del
2012:   basti   a   tal   fine   considerare   che   la    disciplina
dell'indebitamento delle autonomie territoriali, qui pure  all'esame,
e' stata da questa Corte ricondotta al  coordinamento  della  finanza
pubblica (sentenze n. 284 del 2009, n. 285 del 2007, n. 320 del 2004,
n. 376 del 2003),  pur  sottolineandosi  come  sia  «inscindibilmente
connessa» alla «salvaguardia degli equilibri di  bilancio»  (sentenza
n. 70 del 2012). 
    Altro deve essere dunque l'approccio per definire la natura e  la
portata dei principi di equilibrio di bilancio  e  di  sostenibilita'
del debito pubblico, pure invocati a sostegno della  sua  tesi  dalla
difesa erariale. Come gia' affermato da questa Corte nel caso analogo
del divieto di indebitamento se non per spese di  investimento  (art.
119, sesto comma, Cost.), questo tipo di disposizioni  enunciano  «un
vincolo [...] di carattere generale» (sentenza n. 245 del 2004) a cui
deve soggiacere la finanza pubblica. 
    A differenza del caso precedente,  questa  volta  il  legislatore
costituzionale non  si  e'  limitato  a  fissare  principi  generali,
lasciando   cosi'   all'interprete   la   ricerca   dei   presupposti
giustificativi della disciplina statale  attuativa  (rinvenuti  dalla
sentenza citata nell'art. 5 Cost. e nella competenza concorrente  del
coordinamento   della   finanza   pubblica),   ma   ha   puntualmente
disciplinato sia la  fonte  -  la  legge  rinforzata  -  sia  i  suoi
contenuti. 
    Il nuovo sistema di finanza pubblica disegnato dalla legge  cost.
n. 1  del  2012  ha  dunque  una  sua  interna  coerenza  e  una  sua
completezza, ed e' pertanto solo alla sua stregua che vanno  vagliate
le questioni  di  costituzionalita'  sollevate  nei  confronti  della
legge. 
    7.- Le ricorrenti censurano anzitutto i commi 3, 4 e 5  dell'art.
10, che disciplinano  l'indebitamento  degli  enti  territoriali:  le
norme impugnate, avendo natura dettagliata, eccederebbero dai  limiti
propri dell'intervento statale nella materia del coordinamento  della
finanza pubblica, ponendosi in contrasto  con  disposizioni  puntuali
dei rispettivi statuti gia' regolanti  la  materia,  violerebbero  la
loro autonomia finanziaria, invaderebbero la competenza in materia di
finanza locale ed eluderebbero il  principio  consensualistico  nella
determinazione   del   concorso   delle   autonomie    speciali    al
raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, in violazione dei
parametri prima specificati. 
    7.1.- Alla luce di quanto sin qui chiarito, occorre verificare se
le  norme  censurate  trovino  copertura  nelle  nuove   disposizioni
costituzionali. 
    Viene in rilievo, al riguardo, l'art. 5,  comma  2,  lettera  b),
della legge cost. n. 1 del 2012,  secondo  cui  la  legge  rinforzata
disciplina «la facolta' dei  Comuni,  delle  Province,  delle  Citta'
metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano di ricorrere all'indebitamento, ai sensi  dell'articolo  119,
sesto comma, secondo periodo,  della  Costituzione,  come  modificato
dall'articolo   4   della   presente   legge   costituzionale».    La
disposizione, dunque, prevede l'adozione di  una  disciplina  statale
attuativa che non appare in alcun modo limitata ai principi  generali
e che  deve  avere  un  contenuto  eguale  per  tutte  le  autonomie.
Pertanto,  la  circostanza  che  la  normativa  censurata  abbia   un
contenuto dettagliato e il fatto che  sia  piu'  rigorosa  di  quella
contenuta negli statuti delle ricorrenti  non  comportano  violazione
del parametro costituzionale. 
    La garanzia dell'omogeneita' della disciplina e' connaturata alla
logica della riforma, poiche', oggi ancor piu' che in passato, non si
puo' «ammettere che ogni  ente,  e  cosi'  ogni  Regione,  faccia  in
proprio le scelte di concretizzazione» (sentenza n. 425 del 2004) dei
vincoli posti in materia  di  indebitamento.  Si  tratta  infatti  di
vincoli generali che devono valere «in modo uniforme  per  tutti  gli
enti, [e pertanto] solo lo Stato  puo'  legittimamente  provvedere  a
tali scelte» (sentenza n. 425, citata). 
    7.2.- Questa esigenza di uniformita', del resto, e'  il  riflesso
della natura ancillare della disciplina  dell'indebitamento  rispetto
ai principi dell'equilibrio di bilancio e  della  sostenibilita'  del
debito pubblico: essa, al pari  di  questi  ultimi,  deve  intendersi
riferita al «complesso delle pubbliche  amministrazioni»  (cosi'  gli
attuali artt. 81, sesto comma, e 97 Cost., e, con forme  ancora  piu'
esplicite, il nuovo art.  119  Cost.,  nonche'  l'art.  5,  comma  2,
lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012). I vincoli imposti  alla
finanza pubblica, infatti, se hanno come primo destinatario lo Stato,
non possono  non  coinvolgere  tutti  i  soggetti  istituzionali  che
concorrono  alla  formazione  di  quel  «bilancio  consolidato  delle
pubbliche amministrazioni» (sentenza n. 40 del 2014; si vedano  anche
le sentenze n. 39 del 2014, n. 138 del 2013,  n.  425  e  n.  36  del
2004), in relazione al quale va verificato il rispetto degli  impegni
assunti in sede europea e sovranazionale. 
    La riforma poggia dunque anche sugli artt. 11 e 117, primo comma,
Cost., oltre che - e  soprattutto  -  sui  principi  fondamentali  di
unitarieta' della Repubblica (art. 5 Cost.) e di unita'  economica  e
giuridica dell'ordinamento (art. 120, secondo comma,  Cost.),  unita'
che gia'  nel  precedente  quadro  costituzionale  era  sottesa  alla
disciplina della finanza pubblica e che nel nuovo  ha  accentuato  la
sua pregnanza. 
    Si deve aggiungere che l'attuazione  dei  nuovi  principi,  e  in
particolare di  quello  della  sostenibilita'  del  debito  pubblico,
implica una responsabilita' che, in attuazione di  quelli  «fondanti»
(sentenza n. 264 del 2012) di solidarieta' e di eguaglianza,  non  e'
solo delle istituzioni ma anche di ciascun  cittadino  nei  confronti
degli altri, ivi compresi quelli delle generazioni future. 
    7.3.- Sono pertanto non fondate le censure  delle  ricorrenti  di
violazione dell'autonomia finanziaria, della  propria  competenza  in
materia di finanza  locale  e  delle  altre  disposizioni  statutarie
invocate. 
    7.4.- Le medesime considerazioni  comportano  la  non  fondatezza
anche della censura di  violazione  del  principio  consensualistico.
Difatti, anche per i  nuovi  vincoli,  per  quanto  piu'  incisivi  e
pregnanti che in passato, vale  il  principio  enunciato  nella  piu'
volte citata sentenza n. 425 del  2004,  secondo  cui  la  disciplina
attuativa dei limiti all'indebitamento  posti  dall'art.  119,  sesto
comma, Cost. trova «applicazione nei confronti di tutte le autonomie,
ordinarie e speciali, senza che sia necessario all'uopo  ricorrere  a
meccanismi concertati di attuazione statutaria». 
    8.- Le ricorrenti censurano, poi, il comma 5 dell'art.  10  della
legge n. 243 del 2012, in base al quale «Con decreto  del  Presidente
del Consiglio dei  ministri,  adottato  d'intesa  con  la  Conferenza
permanente  per  il  coordinamento  della  finanza   pubblica,   sono
disciplinati  criteri  e  modalita'  di   attuazione   del   presente
articolo», perche' contemplerebbe un atto normativo  rimesso  ad  una
fonte secondaria statale in un ambito  di  competenza  regionale,  in
violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost.;  e  perche'  violerebbe
l'art. 5, comma 2, lettera b), della legge cost. n. 1 del  2012,  che
rinvia alla legge la disciplina dell'indebitamento. 
    Sotto altro profilo la norma sarebbe illegittima  per  violazione
del principio di leale  collaborazione,  in  quanto  prevede  che  il
decreto sia adottato d'intesa non con la Conferenza unificata ma  con
la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica,
ove le autonomie territoriali sono coinvolte solo in modo parziale  e
con esclusione dei Presidenti della Regione e della Provincia. 
    8.1.- Le prime due censure, che in quanto  strettamente  connesse
possono essere trattate congiuntamente, sono parzialmente fondate. 
    Per il loro scrutinio occorre verificare l'ambito  operativo  del
decreto in parola e, in  particolare,  se  esso  abbia  un  contenuto
meramente tecnico. Se e' indubbiamente corretto, infatti, il  rilievo
delle ricorrenti, secondo cui la disciplina della materia e' affidata
dalla legge cost. n. 1 del 2012 alla legge rinforzata, e' anche  vero
che la natura stessa dell'atto legislativo  esclude  che  esso  debba
farsi carico di aspetti della disciplina che richiedono solo  apporti
tecnici, cosicche' questa Corte ha affermato la  legittimita'  di  un
tal genere di disciplina con riferimento al parametro di cui all'art.
117, sesto comma, Cost. (sentenze n. 139 del 2012 e n. 278 del 2010). 
    Poiche', peraltro, il comma censurato si limita a  stabilire  che
il decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  disciplina
criteri e modalita' di attuazione dell'art. 10,  e'  con  riferimento
agli altri commi del medesimo articolo che va individuato l'effettivo
spazio precettivo nel quale esso e' chiamato a muoversi. 
    Il primo comma stabilisce che il ricorso all'indebitamento  delle
autonomie  e'  consentito  esclusivamente  per  finanziare  spese  di
investimento «con le modalita' e nei  limiti  previsti  dal  presente
articolo e dalla legge  dello  Stato».  Nessun  compito,  dunque,  e'
assegnato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Il  secondo   comma   fissa   la   regola   che   le   operazioni
d'indebitamento sono effettuate solo contestualmente all'adozione dei
piani di  ammortamento  di  durata  non  superiore  alla  vita  utile
dell'investimento e nei quali sono evidenziate sia l'incidenza  delle
obbligazioni assunte sui singoli esercizi finanziari  futuri  che  le
modalita' di copertura degli oneri corrispondenti. 
    La prima parte del comma pone dunque un precetto "autoesecutivo",
che  non  richiede  l'individuazione  di  «criteri  e  modalita'   di
attuazione». 
    Questi, per contro, vengono in gioco con riferimento alla seconda
parte  relativa   alla   "evidenziazione"   della   incidenza   delle
obbligazioni assunte sui singoli esercizi finanziari e delle tecniche
di  copertura  degli  oneri   corrispondenti.   Tale   attivita'   e'
riconducibile all'armonizzazione dei bilanci di competenza  esclusiva
dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e  richiede
all'evidenza una disciplina integrativa dal carattere  esclusivamente
tecnico. 
    Anche il terzo comma contiene diversi precetti. 
    Nell'ultima  parte   viene   fissato   direttamente   il   limite
quantitativo all'indebitamento, sicche' nessuno spazio puo' avere  il
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Quanto   alla   prima    parte,    relativa    alle    operazioni
d'indebitamento, essa assegna al decreto solo il compito di stabilire
le modalita' di comunicazione del saldo di cassa e degli investimenti
che s'intendono realizzare, con la conseguenza che  l'ambito  in  cui
esso e' chiamato a muoversi e' quello del coordinamento informativo e
statistico di competenza esclusiva dello Stato (art.  117,  comma  2,
lettera r, Cost.). 
    Il quarto comma, infine, disciplina, in caso di mancato  rispetto
dell'equilibrio del bilancio regionale allargato, la ripartizione del
saldo negativo tra gli enti territoriali inadempienti,  e  in  questo
ambito il decreto potrebbe intervenire a  specificare  i  criteri  di
riparto. La  definizione  del  suo  compito  in  termini  cosi'  ampi
(l'individuazione di «criteri e modalita'  di  attuazione»)  potrebbe
qui comportare l'esercizio di un potere  tanto  di  natura  meramente
tecnica, quanto di natura  discrezionale.  Per  evitare  tale  ultima
evenienza e quindi per ricondurre a  legittimita'  costituzionale  la
norma  impugnata,  deve  essere  riservato  al  decreto  un   compito
attuativo meramente tecnico. 
    Il  comma  5  dell'art.  10,  pertanto,   e'   costituzionalmente
illegittimo nella parte in cui non prevede la parola «tecnica»,  dopo
le parole «criteri e modalita' di attuazione» e  prima  delle  parole
«del presente articolo». 
    Naturalmente, qualora il decreto dovesse  esorbitare  dai  limiti
tracciati,  incidendo  cosi'  sulle   prerogative   delle   autonomie
speciali,  resta  ferma  la  possibilita'  «di  esperire   i   rimedi
consentiti dall'ordinamento, ivi compreso, se del caso, il  conflitto
di attribuzione davanti a questa Corte» (sentenze n. 121 del  2007  e
n. 376 del 2003). 
    8.2.-  La  censura  di  violazione   del   principio   di   leale
collaborazione non e' fondata. 
    Una volta definito e limitato nei  sensi  indicati  il  possibile
contenuto del decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri,  la
previsione  dell'intesa  con  la   Conferenza   permanente   per   il
coordinamento   della   finanza   pubblica   appare   «una   garanzia
procedimentale in se' sufficiente» (sentenza n. 376 del  2003;  nello
stesso senso sentenza n.  121  del  2007)  del  coinvolgimento  delle
autonomie, attesa l'opportunita' della scelta di una  sede  connotata
anche da competenze tecniche. 
    9.- Le ricorrenti hanno anche impugnato i commi 2 e  3  dell'art.
9, rubricato «Equilibrio dei  bilanci  delle  regioni  e  degli  enti
locali», limitandosi ad affermare che «L'illegittimita' dell'art. 10,
commi 3 e 5, infine, renderebbe illegittimo anche l'art. 9, commi 2 e
3, nella  parte  in  cui  richiamano,  rispettivamente,  il  comma  4
dell'articolo 10, tenendone ferma  la  disciplina,  e  le  "modalita'
previste dall'articolo 10" in relazione alla destinazione  dei  saldi
attivi al finanziamento delle spese di investimento». 
    La questione e' inammissibile. 
    Questa Corte ha ripetutamente affermato che «il  ricorso  in  via
principale deve anzitutto "identificare esattamente la questione  nei
suoi  termini  normativi",  indicando  "le  norme  costituzionali   e
ordinarie, la  definizione  del  cui  rapporto  di  compatibilita'  o
incompatibilita'   costituisce   l'oggetto   della    questione    di
costituzionalita'",  e  altresi'  "contenere  una  seppur   sintetica
argomentazione di merito a sostegno della richiesta  declaratoria  di
incostituzionalita' della legge" (ex plurimis,  sentenze  n.  41  del
2013 e n. 114 del 2011, nonche' ordinanza n. 123 del 2012), ponendosi
l'esigenza di una adeguata motivazione a supporto  della  impugnativa
"in termini perfino piu' pregnanti nei giudizi diretti che in  quelli
incidentali" (ordinanza n.  123  del  2012,  che  menziona  anche  le
sentenze n. 139 del 2006 e n. 450 del  2005)»  (sentenza  n.  11  del
2014). 
    Nel  caso   di   specie   manca   l'indicazione   dei   parametri
costituzionali ritenuti violati e inoltre  le  argomentazioni  svolte
dalle ricorrenti a sostegno dell'impugnazione, anche  avuto  riguardo
all'estrema complessita' tanto dell'art. 9 quanto dell'art. 10,  «non
raggiungono quella soglia minima di chiarezza e  completezza  cui  e'
subordinata l'ammissibilita' delle impugnative in via principale  (ex
plurimis, sentenza n. 312 del  2013)»  (citata  sentenza  n.  11  del
2014). 
    10.- Come si e' anticipato, il terzo gruppo di  censure  proposte
da entrambe le ricorrenti attiene all'art.  12,  rubricato  «Concorso
delle regioni e degli enti  locali  alla  sostenibilita'  del  debito
pubblico», il quale, ai commi 2 e 3, prevede che  le  Regioni  e  gli
enti  locali  contribuiscano  «Nelle  fasi   favorevoli   del   ciclo
economico» al fondo per l'ammortamento dei titoli di  Stato,  in  una
misura definita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
sulla base del documento di programmazione finanziaria. 
    Le norme censurate  violerebbero  l'autonomia  finanziaria  delle
ricorrenti, poiche'  verrebbe  ad  esse  sottratta  una  parte  delle
risorse previste dagli statuti, nonche' l'art. 5,  comma  2,  lettera
c), della legge cost. n. 1 del 2012, che si limiterebbe  ad  affidare
alla legge statale la fissazione delle modalita' del  concorso  delle
Regioni alla sostenibilita' del debito del complesso delle  pubbliche
amministrazioni, mentre  «l'an  ed  il  quantum  del  contributo»  in
relazione alle autonomie speciali, andrebbe  determinato  secondo  le
consuete modalita' consensuali. 
    Le norme impugnate, aggiunge la Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia, prevedendo che gli  enti  locali  concorrano  al  risanamento
della finanza  statale,  violerebbero  anche  la  sua  competenza  in
materia di finanza locale. 
    10.1.-  La  questione  puo'  essere  esaminata  congiuntamente  a
quella, promossa dalla sola Provincia autonoma  di  Trento,  relativa
all'art. 11, rubricato «Concorso dello  Stato  al  finanziamento  dei
livelli essenziali e delle funzioni fondamentali nelle  fasi  avverse
del ciclo o al verificarsi di eventi eccezionali» ed  istitutivo,  in
attuazione dell'art. 5, comma 1, lettera g), della legge cost.  n.  1
del 2012, di un Fondo alimentato «dalle risorse derivanti dal ricorso
all'indebitamento consentito dalla correzione  per  gli  effetti  del
ciclo economico del saldo  del  conto  consolidato»  e  destinato  ad
essere ripartito tra tutti gli enti territoriali. 
    Sebbene sia  ad  essa  «favorevole»,  la  ricorrente  ne  propone
l'impugnazione «per coerenza» con le censure rivolte all'art. 12, «in
quanto parte dello stesso meccanismo giuridico complessivo». 
    10.2.- Le questioni non sono fondate. 
    Non a torto la Provincia autonoma di  Trento  ha  evidenziato  la
connessione esistente fra i due articoli: l'istituzione contemporanea
dei Fondi evidenzia plasticamente come la  necessita'  di  garantire,
anche a costo di sacrifici non indifferenti,  il  rigore  finanziario
(art. 12) non possa essere disgiunta da quella, non  meno  rilevante,
di tutelare i livelli  essenziali  delle  prestazioni  e  l'esercizio
delle funzioni fondamentali inerenti  ai  diritti  civili  e  sociali
(art. 11). 
    Entrambe le previsioni,  nella  loro  complementarita',  trovano,
dunque,  la  ragion  d'essere   in   quel   complesso   di   principi
costituzionali gia'  richiamati,  ed  in  particolare  in  quelli  di
solidarieta' e di eguaglianza, alla cui stregua  tutte  le  autonomie
territoriali, e in definitiva tutti i cittadini, devono, anche  nella
ricordata ottica di equita' intergenerazionale, essere coinvolti  nei
sacrifici  necessari  per  garantire  la  sostenibilita'  del  debito
pubblico. 
    Quanto poi alla censura  di  violazione  dell'art.  5,  comma  2,
lettera c), della legge cost. n. 1 del 2012, l'ampiezza della formula
usata per  individuare  il  contenuto  della  legge  rinforzata  («le
modalita' attraverso le quali [...] le Regioni e le Province autonome
di Trento e di Bolzano concorrono alla sostenibilita' del debito  del
complesso delle pubbliche amministrazioni»), e' tale  da  comprendere
anche i profili relativi all'an ed al quantum della contribuzione,  e
cio' senza che operi il limite del principio consensualistico, per le
stesse   ragioni   gia'   dette   con    riferimento    alle    norme
sull'indebitamento. 
    10.3.- Una ulteriore censura di violazione del principio di leale
collaborazione e' poi rivolta da entrambe le ricorrenti  al  comma  3
dello stesso art. 12, nella parte in cui prevede che il  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, che ripartisce  il  contributo
di cui al medesimo  articolo,  sia  adottato  sentita  la  Conferenza
permanente per il  coordinamento  della  finanza  pubblica,  anziche'
d'intesa con la Conferenza unificata, ove le  autonomie  territoriali
sono maggiormente coinvolte e sono in  particolare  presenti  sia  il
Presidente della Regione che quello della Provincia. 
    La questione e' fondata. 
    Se e' innegabile che il concorso alla sostenibilita'  del  debito
nazionale e' un aspetto fondamentale della riforma, e' anche vero che
esso ha una  rilevante  incidenza  sull'autonomia  finanziaria  delle
ricorrenti. S'impone, quindi, l'esigenza di «contemperare le  ragioni
dell'esercizio unitario  di  date  competenze  e  la  garanzia  delle
funzioni costituzionalmente attribuite» alle autonomie  (sentenze  n.
139 del 2012 e n. 165 del 2011; nello stesso senso,  sentenza  n.  27
del  2010):  e'  quindi  indispensabile  garantire  il   loro   pieno
coinvolgimento. 
    A tal fine e' necessario, in primo luogo, che il procedimento  si
svolga  nell'ambito  non   della   Conferenza   permanente   per   il
coordinamento  della  finanza  pubblica,  bensi'   della   Conferenza
unificata, in modo da garantire a  tutti  gli  enti  territoriali  la
possibilita' di  collaborare  alla  fase  decisionale.  Ed  e'  anche
necessario che  tale  collaborazione  assuma  la  forma  dell'intesa,
considerate l'entita' del sacrificio imposto  e  la  delicatezza  del
compito cui la Conferenza e' chiamata. 
    A quest'ultimo proposito si osserva che cio' non  compromette  la
funzionalita' del sistema: questo modulo partecipativo, infatti,  non
comporta il rischio di uno stallo decisionale,  poiche'  in  caso  di
dissenso, fatta salva la necessaria adozione di «idonee procedure per
consentire reiterate  trattative  volte  a  superare  le  divergenze»
(sentenze n. 179 del 2012, n. 121 del 2010, n. 24 del 2007 e  n.  339
del 2005), la determinazione finale puo' essere adottata dallo  Stato
(sentenze n. 239 del 2013, n. 179 del 2012, n. 165 e n. 33 del 2011). 
    Il  comma  3  dell'art.  12,  pertanto,  deve  essere  dichiarato
costituzionalmente illegittimo nella parte in  cui  prevede  che  «Il
contributo di cui al comma 2 e' ripartito tra  gli  enti  di  cui  al
comma 1 con  decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
sentita la Conferenza permanente per il coordinamento  della  finanza
pubblica », anziche' «Il contributo di cui al comma  2  e'  ripartito
tra gli enti di cui  al  comma  1  con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza unificata  di  cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28  agosto  1997,  n.  281,  e
successive modificazioni». 
    11.- Per l'ipotesi di non accoglimento delle  questioni  relative
agli artt. 11 e 12 sopra esaminate, la Provincia autonoma  di  Trento
ha infine impugnato l'art. 11, comma 3, della legge n. 243 del  2012,
in quanto violativo del principio di  leale  collaborazione,  laddove
prevede che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri  che
ripartisce il fondo sia adottato «sentita  la  Conferenza  permanente
per il  coordinamento  della  finanza  pubblica»,  ove  le  autonomie
territoriali sono coinvolte solo in modo parziale  e  con  esclusione
del Presidente della Provincia, anziche'  previa  intesa  nell'ambito
della Conferenza unificata. 
    La questione non e' fondata, perche'  l'intervento  censurato  e'
riconducibile  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato  (art.  117,
secondo comma, lettera m, Cost.) nella materia della  «determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili
e  sociali  che  devono  essere  garantiti  su  tutto  il  territorio
nazionale», sicche' va escluso che si imponga  nella  fattispecie  un
particolare coinvolgimento delle autonomie (sentenze n. 62 del  2013,
n. 299, n. 293 e n. 234 del 2012).