ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 13  e  22
del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.  109  (Disciplina  degli
illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della
procedura  per  la  loro  applicabilita',  nonche'   modifica   della
disciplina in tema  di  incompatibilita',  dispensa  dal  servizio  e
trasferimento di ufficio dei magistrati,  a  norma  dell'articolo  1,
comma 1, lettera f), della legge 25 luglio 2005,  n.  150),  promosso
dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio nel  procedimento
vertente tra A.C. e il  Ministero  della  giustizia  e  il  Consiglio
superiore della magistratura,  con  ordinanza  del  15  giugno  2012,
iscritta al n. 200 del registro ordinanze  2012  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  39,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2012. 
    Visti gli atti di costituzione di A.C. e del Consiglio  superiore
della magistratura nonche' l'atto di intervento  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  25  febbraio  2014  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    uditi l'avvocato Antonio Lirosi per A.C. e l'avvocato dello Stato
Giustina Noviello per il Consiglio superiore della magistratura e per
il Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per  il  Lazio
solleva, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 103, 104  e  107  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 13
e 22 del decreto legislativo 23 febbraio  2006,  n.  109  (Disciplina
degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e
della procedura per la loro applicabilita',  nonche'  modifica  della
disciplina in tema  di  incompatibilita',  dispensa  dal  servizio  e
trasferimento di ufficio dei magistrati,  a  norma  dell'articolo  1,
comma 1, lettera f), della legge 25  luglio  2005,  n.  150),  «nella
parte in cui la formulazione di tali previsioni  e'  suscettibile  di
essere interpretata nel senso  che  l'individuazione  della  sede  di
trasferimento del magistrato sia rimessa  alla  Sezione  Disciplinare
del C.S.M., con riveniente reclamabilita'  delle  relative  decisioni
dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione»; 
    che, in particolare,  le  norme  censurate  si  presterebbero  ad
essere interpretate nel senso che sarebbe attratta nella sfera  della
giurisdizione ordinaria la cognizione in ordine alla  «determinazione
(amministrativa) di individuazione della  sede  di  destinazione  del
magistrato, nel caso di trasferimento cautelare disposto  nell'ambito
del procedimento disciplinare»; 
    che il TAR rimettente e' stato investito dal ricorso proposto  da
un  magistrato  sottoposto  a   procedimento   disciplinare   avverso
l'ordinanza, emessa il 17  maggio  2012,  con  la  quale  la  sezione
disciplinare del Consiglio  superiore  della  magistratura  ne  aveva
disposto il trasferimento provvisorio e che, dovendo  decidere  sulla
istanza cautelare, la stessa  sarebbe  risultata  «insuscettibile  di
immediata delibazione»,  proprio  in  considerazione  del  dubbio  di
legittimita' costituzionale come sopra sollevato; 
    che la rilevanza della questione sarebbe suffragata dall'art. 10,
comma 2, del codice del  processo  amministrativo,  che  inibisce  al
giudice amministrativo l'adozione  di  misure  cautelari  ove  dubiti
della  sussistenza  della  propria  giurisdizione  in   ordine   alla
controversia ad esso devoluta; 
    che, quanto alla non manifesta infondatezza,  nei  casi  previsti
dall'art. 13, comma 2, e dall'art. 22, comma 1, ultimo  periodo,  del
d.lgs. n. 109 del 2006, sussisterebbero  «elementi  di  non  chiarita
perplessita', anche alla luce dei difformi  orientamenti  manifestati
dalla giurisprudenza amministrativa e della  stessa  Cassazione»,  in
ordine alle controversie  «aventi  ad  oggetto  il  provvedimento  di
individuazione  della  sede  presso  la  quale  il  magistrato  venga
trasferito»; 
    che  il  profilo  inerente  alla  individuazione  della  sede  di
servizio del magistrato trasferito sarebbe espressione non  gia'  del
potere disciplinare ma di un'attribuzione di tipo amministrativo, con
conseguente  devoluzione  del   relativo   contenzioso   al   giudice
amministrativo; 
    che,  invece,  tenuto  conto  della  disciplina   dettata   dalla
circolare del CSM n. 12046 dell'8 giugno 2009 sulle procedure  per  i
trasferimenti disposti dalla sezione  disciplinare,  l'individuazione
del  giudice  competente  per  le  controversie  relative  alla  sede
verrebbe  fatta  dipendere  dalla   scelta   della   stessa   sezione
disciplinare, diretta a individuare o non l'ufficio di  destinazione,
risultando l'atto relativo, nel primo caso, di natura disciplinare e,
percio', sottratto alla giurisdizione  amministrativa,  e  di  natura
amministrativa, nel secondo, con conseguente attribuzione al  giudice
amministrativo; 
    che  detto  epilogo  interpretativo   risulterebbe   segnato   da
«insanabili  contraddittorieta'»,  tali   da   indurre   a   ritenere
necessaria    la    riconduzione     del     contenzioso     relativo
all'individuazione della  sede  di  trasferimento  nell'ambito  della
cognizione del giudice amministrativo; 
    che la sottrazione, invece, della cognizione di tali controversie
al giudice amministrativo confliggerebbe con: a) l'art. 3 Cost.,  «in
ragione  del  differenziato  trattamento   riservato,   quanto   alle
potenzialita' di sollecitazione  del  sindacato  giurisdizionale,  al
solo magistrato assoggettato a trasferimento "cautelare"»; b)  l'art.
24  Cost.,  «in  ragione  della  vulnerata  potenzialita'  di   piena
esplicazione del diritto di difesa, escluso, per il caso di  ritenuta
giurisdizione delle (sole) Sezioni  Unite,  dall'attivabilita'  degli
strumenti di tutela cautelare propri del giudizio amministrativo»; c)
gli artt. 24 e 103 Cost., «a fronte della sottrazione alla cognizione
del giudice amministrativo di vicende contenziose aventi  ad  oggetto
l'esercizio   del   potere   amministrativo   e   sostanziate   dalla
rappresentazione in giudizio di posizioni  giuridiche  soggettive  di
interesse legittimo,  per  le  quali  negli  organi  della  giustizia
amministrativa va ravvisato il "giudice naturale"  precostituito  per
legge»; d) l'art. 97 Cost., «a fronte della rimessione ad  un  organo
non   amministrativo   (la   Sezione   disciplinare    del    C.S.M.)
dell'esercizio di un potere  avente,  invece,  sostanza  propriamente
amministrativa,   con   consentita    esercitabilita'    dell'opzione
individuativa  della  sede  e/o  dell'ufficio  di  destinazione   del
magistrato cautelarmente  trasferito  anche  indipendentemente  dalla
verificabilita'  della  situazione  degli   organici   degli   uffici
(preordinata a coniugare la relativa scelta con esigenze di  ottimale
allocazione delle risorse umane),  con  riveniente  vulnerazione  dei
principi di corretto andamento della Pubblica  Amministrazione  e  di
efficacia/efficienza  dell'azione  amministrativa»;  e)  l'art.   104
Cost., «in quanto l'attribuzione in via esclusiva della competenza de
qua alla Sezione Disciplinare e' idonea ad  elidere  le  attribuzioni
rimesse al Plenum dell'Organo di autogoverno,  al  quale  e'  rimessa
l'adozione del (conclusivo) provvedimento di trasferimento  a  fronte
della  formulazione  della  relativa  proposta  ad  opera  della  III
Commissione dell'organo di autogoverno»; f)  l'art.  107  Cost.,  «in
quanto le vulnerate prerogative  di  tutela  riservate,  per  effetto
dell'indicata devoluzione delle controversie  di  che  trattasi  alle
Sezioni   Unite,   vengono   a   suscitare   ricadute    direttamente
pregiudizievoli sull'attuazione del principio di  inamovibilita',  la
cui dinamica attuazione nell'ordinamento  non  puo'  prescindere  dal
necessario coordinamento di esso con l'attuazione di  un  sistema  di
piena tutela della  posizione  giuridica  in  proposito  vantata  dal
magistrato»; 
    che si e' costituito il Consiglio superiore della magistratura ed
e'  intervenuto   il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
rappresentati  e  difesi  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo entrambi che la questione sia dichiarata  inammissibile  o,
in subordine, infondata; 
    che, dopo aver svolto una  approfondita  disamina  del  complesso
articolarsi del contenzioso generato dai vari provvedimenti  adottati
dal Consiglio superiore della magistratura e aver sottolineato che  -
alla data della proposizione dell'atto di intervento -  era  pendente
davanti alle sezioni unite  della  Corte  di  cassazione  regolamento
preventivo  di   giurisdizione   teso   a   contestare   proprio   la
giurisdizione dell'attuale rimettente, la difesa erariale  deduce  la
inammissibilita' per irrilevanza della questione proposta; 
    che, infatti, il giudice a quo nulla avrebbe  detto  a  proposito
della sussistenza dei presupposti per la tutela cautelare  richiesta,
arrestandosi  davanti  al  dubbio  sulla  propria   giurisdizione   e
sollevando la questione  di  legittimita'  costituzionale  attraverso
l'enunciazione di un semplice quesito interpretativo; 
    che la carenza di giurisdizione del rimettente sarebbe, peraltro,
in  quanto  manifesta,  rilevabile  da  parte  della   stessa   Corte
costituzionale,  come  tempestivamente  dedotto  anche  nel  giudizio
amministrativo; 
    che la mancata indagine del giudice a quo  circa  la  sussistenza
dei presupposti per l'invocata tutela cautelare (periculum in mora  e
fumus boni iuris), negati tanto da parte dello stesso TAR quanto  del
Consiglio  di  Stato,   renderebbe   una   eventuale   pronuncia   di
illegittimita' costituzionale del  tutto  «ininfluente  sul  giudizio
sospeso»; 
    che, non avendo il giudice a quo considerato la possibilita'  che
una tutela cautelare possa essere assicurata  dal  giudice  investito
della controversia - le sezioni unite della Corte di cassazione  -  o
anche  da  quello  che  ha  emesso  il   provvedimento   oggetto   di
contestazione (la sezione disciplinare del CSM), ha anche  omesso  di
sperimentare    la    possibilita'     di     una     interpretazione
costituzionalmente orientata della normativa denunciata; 
    che le censure proposte direttamente nei riguardi della circolare
del CSM n. 12046 dell'8  giugno  2009  sarebbero  inammissibili,  non
trattandosi di atto di normazione primaria, per di  piu'  irrilevante
in quanto modificato proprio in parte qua; 
    che  la  questione  sarebbe   ulteriormente   inammissibile   per
l'erroneita' dei parametri indicati e comunque per la  genericita'  e
l'incongruita' delle argomentazioni svolte a supporto del richiamo ad
alcuni di essi; 
    che la questione  sarebbe,  comunque,  manifestamente  infondata,
atteso   che   l'atto   impugnato    avrebbe    natura    sicuramente
giurisdizionale in  quanto  proveniente  da  organo  giurisdizionale,
distinto dallo stesso CSM; 
    che, a proposito della distinzione tra le ipotesi rispettivamente
previste dall'art. 13, comma 2, e dall'art. 22, comma 1,  del  d.lgs.
n. 109 del 2006, si segnala la necessita'  che  il  procedimento  sia
unico, con unicita' di giurisdizione  in  entrambi  i  casi,  secondo
anche le conclusioni del Procuratore generale in sede di  regolamento
preventivo di giurisdizione; 
    che  non  sussisterebbe,  poi,  alcun  vulnus  per  le   garanzie
difensive  del  magistrato,  mentre  l'ipotesi  di   "scomporre"   il
procedimento in  due  componenti,  l'una  giurisdizionale  e  l'altra
amministrativa, risulterebbe del tutto incoerente; 
    che anche la parte privata ha depositato  atto  di  costituzione,
per chiedere una declaratoria di illegittimita' costituzionale  delle
norme denunciate, senza, tuttavia, svolgere alcun argomento; 
    che in una memoria depositata il 4  febbraio  2014,  l'Avvocatura
generale, insistendo nelle richieste gia' formulate, ha segnalato che
la Corte di cassazione, a sezioni unite, con  ordinanza  28  novembre
2012, n. 21112, ampiamente riportata nella memoria, ha dichiarato  il
difetto   di   giurisdizione   del   giudice   amministrativo   nella
controversia di cui al giudizio principale e ha  ritenuto  «priva  di
rilevanza» la questione di legittimita' costituzionale sollevata  dal
TAR medesimo e qui all'esame; 
    che, secondo l'Avvocatura,  il  TAR  rimettente  «avrebbe  dovuto
attendere la decisione del regolamento preventivo di giurisdizione da
parte delle Sezioni Unite», «posto che, in difetto di  giurisdizione,
la questione era priva di rilevanza»; 
    che, con atto depositato lo stesso  4  febbraio  2014,  la  parte
privata - dopo ampia rievocazione del nutrito contenzioso attivato in
relazione ai vari provvedimenti adottati nei suoi confronti dal CSM -
ha sostenuto l'ammissibilita' della questione, malgrado la richiamata
pronuncia delle Sezioni unite che hanno negato la  giurisdizione  del
giudice amministrativo; 
    che, infatti, inibire a quest'ultimo di  sollevare  la  questione
equivarrebbe ad «escludere la prerogativa dell'autorita'  giudiziaria
ad  ottenere  lo  scrutinio   costituzionale   sulla   questione   di
giurisdizione ed  imporle  di  quietarsi  rispetto  alle  valutazioni
espresse dal medesimo organo (la Cassazione) della cui  giurisdizione
si discute sotto il profilo della legittimita' costituzionale»; 
    che - quanto alla fondatezza dell'assunto secondo  il  quale  non
sarebbe stata  sperimentata  una  interpretazione  costituzionalmente
orientata delle norme denunciate - il giudice rimettente avrebbe,  al
contrario, proposto una lettura delle norme proprio nel senso che gli
atti  individuativi  della  sede  di  destinazione   del   magistrato
trasferito abbiano  comunque  natura  amministrativa,  sollevando  la
questione per l'ipotesi che si aderisse al diverso orientamento della
Corte di cassazione; 
    che la tesi del Consiglio di  Stato,  secondo  la  quale  non  si
determinerebbe, nella specie, un vuoto di  tutela  sotto  il  profilo
cautelare, risulterebbe incompatibile con quanto previsto agli  artt.
24 e 112 Cost., mancando la terzieta' dell'organo decidente; 
    che  costituirebbe,  poi,  semplice  espediente  per  superare  i
denunciati  profili  di  violazione  della   legalita'   in   materia
disciplinare  l'affrettata  modifica  della  circolare  del  CSM  sui
trasferimenti, adottata in corso di causa e pendente la questione  di
legittimita' costituzionale; 
    che, quanto al merito,  sarebbe  piuttosto  la  competenza  delle
Sezioni  unite  a  costituire  una  eccezione  al   principio   della
giurisdizione amministrativa nella materia disciplinare del  pubblico
impiego,  con  la  conseguenza  che  ogni  dilatazione  della  natura
giurisdizionale degli atti della sezione disciplinare dovrebbe  avere
copertura legislativa; 
    che, essendo l'atto  individuativo  della  sede  di  destinazione
estraneo alle  finalita'  del  potere  disciplinare,  lo  stesso  non
rientrerebbe nella sfera  delle  attribuzioni  giurisdizionali  della
competente sezione del CSM; 
    che   sussisterebbero   ulteriori   profili   di   illegittimita'
costituzionale, diversi da quelli prospettati dal giudice rimettente,
e relativi alla dilatazione arbitraria delle competenze della sezione
disciplinare  del  CSM  a   discapito   del   plenum   nonche'   alla
illegittimita'  della   richiamata   circolare   sui   trasferimenti,
concludendosi  per  «l'illegittimita'  costituzionale   delle   norme
oggetto dell'ordinanza di rimessione del TAR o  di  quelle  altre  ad
esse consequenzialmente collegate». 
    Considerato che il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  il
Lazio ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 103,  104  e
107 della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 13 e 22 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.  109
(Disciplina  degli  illeciti  disciplinari  dei   magistrati,   delle
relative sanzioni e  della  procedura  per  la  loro  applicabilita',
nonche'  modifica  della  disciplina  in  tema  di  incompatibilita',
dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio  dei  magistrati,  a
norma dell'articolo 1, comma 1, lettera f),  della  legge  25  luglio
2005, n. 150), «nella parte in cui la formulazione di tali previsioni
e' suscettibile di essere interpretata nel senso che l'individuazione
della sede di trasferimento del magistrato sia rimessa  alla  Sezione
Disciplinare  del  C.S.M.,  con  rinveniente   reclamabilita'   delle
relative  decisioni  dinanzi  alle  Sezioni  Unite  della  Corte   di
Cassazione»; 
    che, a parere del  giudice  rimettente,  una  simile  prospettiva
ermeneutica si porrebbe in contrasto  con:  a)  l'art.  3  Cost.  «in
ragione  del  differenziato  trattamento   riservato,   quanto   alle
potenzialita' di sollecitazione  del  sindacato  giurisdizionale,  al
solo magistrato assoggettato a trasferimento "cautelare"»; b)  l'art.
24  Cost.,  «in  ragione  della  vulnerata  potenzialita'  di   piena
esplicazione del diritto di difesa, escluso, per il caso di  ritenuta
giurisdizione delle (sole) Sezioni  Unite,  dall'attivabilita'  degli
strumenti di tutela cautelare propri del giudizio amministrativo»; c)
gli artt. 24 e 103 Cost., «a fronte della sottrazione alla cognizione
del giudice amministrativo di vicende contenziose aventi  ad  oggetto
l'esercizio   del   potere   amministrativo   e   sostanziate   dalla
rappresentazione in giudizio di posizioni  giuridiche  soggettive  di
interesse legittimo,  per  le  quali  negli  organi  della  giustizia
amministrativa va ravvisato il "giudice naturale"  precostituito  per
legge»; d) l'art. 97 Cost., «a fronte della rimessione ad  un  organo
non   amministrativo   (la   Sezione   Disciplinare    del    C.S.M.)
dell'esercizio di un potere  avente,  invece,  sostanza  propriamente
amministrativa,   con   consentita    esercitabilita'    dell'opzione
individuativa  della  sede  e/o  dell'ufficio  di  destinazione   del
magistrato cautelarmente  trasferito  anche  indipendentemente  dalla
verificabilita'  della  situazione  degli   organici   degli   uffici
(preordinata a coniugare la relativa scelta con esigenze di  ottimale
allocazione delle risorse umane),  con  riveniente  vulnerazione  dei
principi di corretto andamento della Pubblica  Amministrazione  e  di
efficacia/efficienza  dell'azione  amministrativa»;  e)  l'art.   104
Cost., «in quanto l'attribuzione in via esclusiva della competenza de
qua alla Sezione Disciplinare e' idonea ad  elidere  le  attribuzioni
rimesse al Plenum dell'Organo di autogoverno,  al  quale  e'  rimessa
l'adozione del (conclusivo) provvedimento di trasferimento  a  fronte
della  formulazione  della  relativa  proposta  ad  opera  della  III
Commissione dell'organo di autogoverno»; f)  l'art.  107  Cost.;  «in
quanto le vulnerate prerogative  di  tutela  riservate,  per  effetto
dell'indicata devoluzione delle controversie  di  che  trattasi  alle
Sezioni   Unite,   vengono   a   suscitare   ricadute    direttamente
pregiudizievoli sull'attuazione del principio di  inamovibilita',  la
cui dinamica attuazione nell'ordinamento  non  puo'  prescindere  dal
necessario coordinamento di esso con l'attuazione di  un  sistema  di
piena tutela della  posizione  giuridica  in  proposito  vantata  dal
magistrato»; 
    che l'Avvocatura generale dello Stato, con memoria depositata  il
4 febbraio 2014, ha dedotto che  le  sezioni  unite  della  Corte  di
cassazione, a seguito di regolamento di giurisdizione  proposto,  nel
procedimento a quo,  dalla  parte  pubblica,  hanno  dichiarato,  con
ordinanza n. 21112 del 28 novembre 2012, il difetto di  giurisdizione
del giudice amministrativo; 
    che, ancor  prima,  deve  rilevarsi  che  il  giudice  rimettente
coinvolge  nel  quesito  di  legittimita'  costituzionale,  in  forma
paritetica e cumulativa, due disposizioni fra loro eterogenee  quanto
a struttura e dinamica procedimentale; 
    che, infatti, mentre l'art. 13, comma 2, del d.lgs.  n.  109  del
2006 prevede che «Nei casi di procedimento disciplinare per  addebiti
punibili con una sanzione diversa dall'ammonimento, su richiesta  del
Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso  la  Corte
di  cassazione,  ove  sussistano   gravi   elementi   di   fondatezza
dell'azione disciplinare e ricorrano motivi di  particolare  urgenza,
la Sezione disciplinare del Consiglio superiore  della  magistratura,
in via cautelare e provvisoria, puo'  disporre  il  trasferimento  ad
altra sede  o  la  destinazione  ad  altre  funzioni  del  magistrato
incolpato»,  l'art.  22,  comma  1,  ultimo  periodo,  dello   stesso
provvedimento stabilisce  che,  nell'ipotesi  di  sottoposizione  del
magistrato a procedimento penale ovvero a  procedimento  disciplinare
per fatti che siano incompatibili  con  l'esercizio  delle  funzioni,
«Nei casi di  minore  gravita'  il  Ministro  della  giustizia  o  il
Procuratore generale possono chiedere alla Sezione  Disciplinare  [in
luogo della sospensione cautelare e del collocamento fuori ruolo]  il
trasferimento provvisorio  dell'incolpato  ad  altro  ufficio  di  un
distretto limitrofo, ma diverso da quello indicato  nell'articolo  11
del codice di procedura penale»; 
    che, a fronte delle due  diverse  ipotesi  normative,  accomunate
soltanto  dal   profilo   inerente   al   trasferimento   provvisorio
dell'incolpato,  il  giudice  rimettente  non  concentra  le  proprie
censure ne' sull'una ne'  sull'altra  delle  alternative,  formulando
dunque un quesito in forma ambigua, se non ancipite; 
    che, d'altra parte, omettendo di fornire precise  indicazioni  in
tal senso, il giudice rimettente  viene  meno  anche  all'obbligo  di
esauriente descrizione della fattispecie sottoposta  a  giudizio,  ai
fini del necessario scrutinio in punto di rilevanza della questione; 
    che, inoltre, e' lo stesso giudice rimettente a sottolineare come
il  prospettato  dubbio  di  legittimita'  costituzionale   trarrebbe
alimento non gia' da un difetto intrinseco delle norme censurate,  ma
soltanto  da   una   possibile   loro   interpretazione,   potendosi,
eventualmente, esse prestarsi a far considerare attratta nella  sfera
della giurisdizione ordinaria anche  la  cognizione  in  ordine  alla
«determinazione (amministrativa)  di  individuazione  della  sede  di
destinazione del magistrato,  nel  caso  di  trasferimento  cautelare
disposto nell'ambito del procedimento disciplinare»; 
    che, di conseguenza, la questione proposta mira, nella  sostanza,
a sollecitare un mero avallo interpretativo rispetto alla scelta  tra
una pluralita' di opzioni che spetta al  giudice  a  quo  effettuare,
attraverso, se del caso, la sperimentazione di soluzioni che  pongano
la  normativa  coinvolta  al  riparo   dai   prospettati   dubbi   di
legittimita' costituzionale (ordinanza n. 198 del 2013;  sentenza  n.
21 del 2013); 
    che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
inammissibile.