ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale   del   combinato
disposto dell'art. 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996,  n.
536 (Misure  per  il  contenimento  della  spesa  farmaceutica  e  la
rideterminazione del tetto di  spesa  per  l'anno  1996),  convertito
dall'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 648, e dell'art.  8  del
decreto  legislativo  24  aprile  2006,  n.  219  (Attuazione   della
direttiva 2001/83/CE - e successive direttive di modifica -  relativa
ad un codice comunitario concernente  i  medicinali  per  uso  umano,
nonche'  della  direttiva   2003/94/CE),   promosso   dal   Tribunale
amministrativo  regionale  per  l'Emilia-Romagna   nel   procedimento
vertente tra la Novartis Farma spa e  la  Regione  Emilia-Romagna  ed
altra, con ordinanza del 30 maggio  2012,  iscritta  al  n.  187  del
registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visti gli atti di costituzione della Novartis Farma spa  e  della
Regione Emilia-Romagna, nonche' l'atto di intervento  del  Presidente
del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 2014 il Giudice relatore
Sabino Cassese; 
    uditi gli avvocati Carlo Adelchi Piria e Francesca  Libanori  per
la Novartis  Farma  spa,  Rosaria  Russo  Valentini  per  la  Regione
Emilia-Romagna  e  l'avvocato  dello  Stato  Paolo  Grasso   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il 30 maggio 2012 e iscritta  al  n.
187  del  registro  ordinanze  2012,  il   Tribunale   amministrativo
regionale  per  l'Emilia-Romagna,  sezione  seconda,   ha   sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto
dell'art. 1, comma 4, del  decreto-legge  21  ottobre  1996,  n.  536
(Misure  per  il  contenimento  della   spesa   farmaceutica   e   la
rideterminazione del tetto di  spesa  per  l'anno  1996),  convertito
dall'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 648, e dell'art.  8  del
decreto  legislativo  24  aprile  2006,  n.  219  (Attuazione   della
direttiva 2001/83/CE - e successive direttive di modifica -  relativa
ad un codice comunitario concernente  i  medicinali  per  uso  umano,
nonche' della direttiva 2003/94/CE), per violazione degli artt. 2, 3,
secondo comma, 97, primo comma, e 119, primo e  quarto  comma,  della
Costituzione. 
    2.- L'art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del  1996  stabilisce  che
«Qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili  a
totale carico del Servizio sanitario  nazionale,  a  partire  dal  1o
gennaio 1997, i medicinali innovativi la cui  commercializzazione  e'
autorizzata in  altri  Stati  ma  non  sul  territorio  nazionale,  i
medicinali non ancora autorizzati  ma  sottoposti  a  sperimentazione
clinica e i medicinali da impiegare  per  un'indicazione  terapeutica
diversa  da  quella  autorizzata,   inseriti   in   apposito   elenco
predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione  unica  del
farmaco conformemente alle procedure ed  ai  criteri  adottati  dalla
stessa. L'onere derivante dal presente comma, quantificato in lire 30
miliardi per anno, resta a carico del  Servizio  sanitario  nazionale
nell'ambito  del  tetto  di  spesa   programmato   per   l'assistenza
farmaceutica». 
    L'art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006 disciplina la procedura e  le
condizioni di richiesta di autorizzazione all'immissione in commercio
di farmaci (AIC). In  particolare,  la  disposizione,  nel  testo  in
vigore al momento del promovimento della  questione  di  legittimita'
costituzionale, stabiliva che «1. Per ottenere una AIC il richiedente
presenta una domanda all'AIFA, ad eccezione dei casi disciplinati dal
regolamento (CE) n. 726/2004.  2.  Una  AIC  puo'  essere  rilasciata
esclusivamente a richiedenti stabiliti sul territorio comunitario. 3.
La domanda contiene le informazioni e documentazioni  sotto  elencate
le quali sono presentate conformemente  all'allegato  1  al  presente
decreto, di seguito indicato come "allegato tecnico sulla domanda  di
AIC": a) nome o  ragione  sociale  e  domicilio  o  sede  legale  del
richiedente e del produttore,  se  diverso  dal  primo;  in  caso  di
coproduzione, dovranno essere  specificate,  oltre  alle  sedi  degli
stabilimenti, italiani o esteri, le fasi di produzione e di controllo
di pertinenza di ciascuno di essi; b) denominazione  del  medicinale;
c) composizione qualitativa e quantitativa del medicinale riferita  a
tutti i componenti riportati utilizzando la denominazione comune;  d)
valutazione  dei  rischi  che  il  medicinale  puo'  comportare   per
l'ambiente.  Tale  impatto  deve  essere  studiato  e  devono  essere
previste,  caso  per  caso,  misure  specifiche  per  limitarlo;   e)
descrizione del metodo di fabbricazione; f) indicazioni terapeutiche,
controindicazioni   e   reazioni   avverse;   g)   posologia,   forma
farmaceutica, modo e via di somministrazione  e  durata  presunta  di
stabilita'; h) motivi delle misure di precauzione e di  sicurezza  da
adottare  per  la  conservazione   del   medicinale,   per   la   sua
somministrazione  ai  pazienti  e  per  l'eliminazione  dei  residui,
unitamente all'indicazione dei rischi potenziali  che  il  medicinale
presenta per l'ambiente;  i)  descrizione  dei  metodi  di  controllo
utilizzati dal produttore; l) risultati: l) delle prove farmaceutiche
(chimico-fisiche,  biologiche  o  microbiologiche);  2)  delle  prove
precliniche   (tossicologiche    e    farmacologiche);    3)    delle
sperimentazioni cliniche; m) descrizione dettagliata del  sistema  di
farmacovigilanza e, se del caso, del sistema di gestione  dei  rischi
che sara'  realizzato  dal  richiedente;  n)  una  dichiarazione  che
certifica che tutte le sperimentazioni cliniche eseguite al di  fuori
dell'Unione europea sono conformi ai requisiti  etici  contenuti  nel
decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211;  o)  un  riassunto  delle
caratteristiche del prodotto redatto a  norma  dell'articolo  14,  un
modello  dell'imballaggio  esterno,  con  le   indicazioni   di   cui
all'articolo 73, e del confezionamento primario del  medicinale,  con
le indicazioni di cui all'articolo 74, nonche' il foglio illustrativo
conforme all'articolo 77; p) un idoneo documento  dal  quale  risulta
che il produttore ha ottenuto nel proprio  Paese  l'autorizzazione  a
produrre medicinali; q) copia di ogni AIC relativa al  medicinale  in
domanda, ottenuta in un altro Stato membro della Comunita' europea  o
in un Paese terzo unitamente  all'elenco  degli  Stati  membri  della
Comunita' europea, ove e' in  corso  l'esame  di  una  corrispondente
domanda, ed  alla  copia  del  riassunto  delle  caratteristiche  del
prodotto e del foglio illustrativo, gia' approvati dallo Stato membro
o solo proposti dal richiedente, nonche' copia  della  documentazione
dettagliata    recante    i    motivi    di    eventuali     dinieghi
dell'autorizzazione, sia nella Comunita'  europea  che  in  un  Paese
terzo; r) copia dell'assegnazione al medicinale  della  qualifica  di
medicinale orfano a  norma  del  regolamento  (CE)  n.  141/2000  del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, concernente
i  medicinali  orfani,  unitamente  a  copia  del   relativo   parere
dell'EMEA;  s)  certificazione  che  il  richiedente  dispone  di  un
responsabile  qualificato  per  la  farmacovigilanza  e   dei   mezzi
necessari a segnalare eventuali reazioni avverse, che si sospetta  si
siano verificate nella Comunita' europea o in un Paese terzo.  4.  Le
informazioni di cui alla lettera  q)  del  comma  3  sono  aggiornate
ogniqualvolta intervengono modifiche  nella  documentazione  o  nelle
situazioni di diritto e di fatto richiamate nella  lettera  medesima.
5. I documenti e le informazioni relativi ai  risultati  delle  prove
farmaceutiche e precliniche e delle sperimentazioni cliniche, di  cui
al comma 3, lettera l), sono accompagnati da riassunti dettagliati ai
sensi dell'articolo 15. 6. Le disposizioni del  presente  articolo  e
quelle dell'allegato tecnico sulla  domanda  di  AIC  possono  essere
modificate e integrate con decreto  del  Ministro  della  salute,  in
conformita' alle direttive e  alle  raccomandazioni  della  Comunita'
europea». 
    3.- Il collegio rimettente riferisce che la societa' farmaceutica
Novartis  Farma  spa  ha  impugnato  la  deliberazione  della  Giunta
regionale dell'Emilia-Romagna n. 1628 del 26 ottobre 2009, e relativi
atti presupposti, con cui e' stabilito di  consentire  la  temporanea
erogabilita' del medicinale bevacizumab ("Avastin") - prodotto  dalla
societa' Roche spa e autorizzato per il trattamento  di  prima  linea
dei pazienti con carcinoma del colon e  del  retto  metastatico  -  a
carico del Servizio sanitario regionale, nell'ambito delle  strutture
della Regione Emilia-Romagna, anche per il trattamento di nuovi  casi
di degenerazione maculare legata all'eta' (DMLE), previa acquisizione
del consenso informato del paziente (cosiddetto uso off label). 
    La temporanea erogazione del farmaco "Avastin", il  cui  uso  off
label era stato stabilito dall'Agenzia italiana  del  farmaco  (AIFA)
con determinazione del  23  maggio  2007  per  il  trattamento  delle
maculopatie  essudative  (comprensive  della  maculopatia   correlata
all'eta') e del glaucoma neovascolare, ma poi gradualmente limitato a
un numero sempre piu' ristretto  di  indicazioni  terapeutiche  dalle
quali era stato escluso il trattamento di nuovi casi di degenerazione
maculare legata all'eta' (determinazione dell'AIFA del 4 marzo 2009),
e' stata deliberata dalla Giunta regionale «in base ad un  protocollo
che  ne  contempli  l'uso   "prevalente"   rispetto   al   medicinale
(ranibizumab) "Lucentis"», medicinale commercializzato dalla societa'
ricorrente  Novartis  Farma  spa  con  la  specifica  autorizzazione,
ottenuta nel 2007, per il trattamento  della  degenerazione  maculare
legata all'eta'. 
    3.1.- Il collegio rimettente indica,  altresi',  che,  con  primi
motivi  aggiunti  di  ricorso,  la  societa'  ricorrente  fa   valere
un'«ulteriore  censura  con  la  quale  e'  sollevata  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 35 della  legge  della  Regione
Emilia-Romagna 22 dicembre 2009 n. 24, che  ha  introdotto  il  comma
3-bis nell'art. 36» della legge regionale 29  dicembre  2006,  n.  20
(Legge finanziaria regionale adottata a norma dell'articolo 40  della
legge  regionale  15  novembre  2001,  n.  40  in   coincidenza   con
l'approvazione del bilancio di previsione per l'esercizio finanziario
2007 e del bilancio  pluriennale  2007-2009),  secondo  cui  «Per  il
perseguimento  delle  finalita'  di  cui  al  presente  articolo,  la
Regione, avvalendosi della Commissione regionale  del  farmaco,  puo'
prevedere,  in  sede  di  aggiornamento  del  Prontuario  terapeutico
regionale, l'uso di farmaci  anche  al  di  fuori  delle  indicazioni
registrate nell'autorizzazione  all'immissione  in  commercio  (AIC),
quando  tale  estensione  consenta,  a  parita'  di  efficacia  e  di
sicurezza rispetto a  farmaci  gia'  autorizzati,  una  significativa
riduzione della spesa farmaceutica a carico  del  Servizio  sanitario
nazionale e tuteli la liberta' di scelta  terapeutica  da  parte  dei
professionisti del SSN». Con il secondo ricorso per motivi  aggiunti,
la societa' ricorrente censura ulteriormente gli atti impugnati sotto
il profilo della ritenuta mancanza di copertura  normativa  di  rango
legislativo  degli  stessi,  a  seguito  della  pubblicazione   della
sentenza  n.  8  del  2011,  che  ha  dichiarato   costituzionalmente
illegittimo il citato art. 35 della legge regionale 22 dicembre 2009,
n. 24 (Legge finanziaria regionale adottata a norma dell'articolo  40
della legge regionale 15 novembre 2001,  n.  40  in  coincidenza  con
l'approvazione   del   bilancio   di   previsione    della    Regione
Emilia-Romagna  per  l'esercizio  finanziario  2010  e  del  bilancio
pluriennale  2010-2012),  in  accoglimento  di  un  ricorso  in   via
principale promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    3.2.- Il collegio rimettente ritiene  «di  dovere  prendere  atto
(...) che la Corte costituzionale, con la gia' citata sentenza  n.  8
del 2011, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  35
della legge regionale Emilia-Romagna 22 dicembre 2009 n.  24  (...)»;
tuttavia, «ritiene opportuno focalizzare il proprio esame  unicamente
sul ricorso principale, con il quale Novartis  Farma  spa  aggredisce
direttamente la deliberazione della Giunta  Regionale  Emilia-Romagna
26 ottobre  2009  n.  1628,  lasciando  in  disparte  i  due  ricorsi
aggiuntivi». 
    Secondo il TAR Emilia-Romagna, «i primi due  motivi  del  ricorso
principale dovrebbero essere accolti, non  sussistendo,  nel  vigente
ordinamento nazionale, sulla base di quanto dispone l'art.  1,  comma
4, del d.l. n. 536 del 1996, convertito dalla legge n. 648 del  1996,
alcun potere delle Regioni di estendere o comunque  modificare  l'uso
"off-label" di un farmaco (...),  diversamente  dal  procedimento  di
autorizzazione e periodico aggiornamento previsto dalla norma  stessa
che attribuisce ogni competenza al riguardo  alla  Commissione  unica
del farmaco (C.U.F.) e (...) attualmente alla  Agenzia  Italiana  del
Farmaco  (A.I.F.A.).  Nella  specie,  nemmeno  sussiste   l'ulteriore
requisito  della  mancanza  di  altro  farmaco  costituente   "valida
alternativa" a  quello  utilizzabile  "off-label",  dal  momento  che
proprio il farmaco "Lucentis", prodotto dalla  ricorrente,  e'  stato
autorizzato ufficialmente per la cura della D.M.L.E.». 
    Inoltre, il collegio  rimettente  ritiene  che  la  deliberazione
regionale contrasterebbe anche con l'art. 8, commi 2 e 3, del  d.lgs.
n. 219 del 2006, perche' la norma limiterebbe soltanto  alle  aziende
produttrici o distributrici dei farmaci la possibilita' di richiedere
l'autorizzazione all'immissione in commercio degli stessi (AIC) e non
«alle  pubbliche  amministrazioni  o  comunque  enti   pubblici   che
perseguono l'interesse pubblico alla salute dei cittadini». 
    Il  Tribunale  amministrativo  rimettente  condivide   in   parte
l'eccezione sollevata dalla  resistente  Regione  Emilia-Romagna,  la
quale sostiene il contrasto delle dette norme con gli artt. 2, 3, 32,
33, 81, quarto  comma  e  119  Cost.  e  altresi'  «svolge  questione
pregiudiziale comunitaria ex art. 267 del Trattato sul  funzionamento
dell'Unione europea, relativa all'interpretazione dell'art.  8  della
direttiva 2001/83/CE del Parlamento Europeo e  del  Consiglio  del  6
novembre  2001  e  dell'art.  6  del  Regolamento   2004/726/CE   del
Parlamento Europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004».  Pertanto,  il
collegio solleva la questione di  legittimita'  costituzionale  delle
norme sopra indicate dinanzi a questa Corte. 
    3.3.- In punto di rilevanza, il giudice rimettente osserva che la
questione  e'  rilevante  «dovendo  il  gravame  essere  accolto  per
l'accertata fondatezza delle  prime  due  censure»  presentate  dalla
societa' ricorrente. 
    Relativamente   alla   non   manifesta   infondatezza,   il   TAR
Emilia-Romagna afferma che l'art. 1, comma 4, del  d.l.  n.  536  del
1996 e l'art. 8, commi  2  e  3,  del  d.lgs.  n.  219  del  2006  si
porrebbero in contrasto con gli «artt. 2, 3, 97, comma 1 e 119, comma
4 Cost., nella parte  in  cui  ess(i)  non  prevedono  (...)  che  le
Regioni, su cui  ricadono  concretamente  (in  quanto  a  carico  del
Servizio sanitario regionale) i  costi  dei  farmaci  dispensati  dal
S.S.N.,  possano,  quanto  meno,  avere  potere   di   iniziativa   e
partecipazione procedimentale riguardo alla richiamata  procedura  di
autorizzazione all'immissione in commercio  di  un  farmaco  per  uso
"off-label", che necessariamente deve poi essere istruita e  conclusa
dalla competente Autorita' statale ex art. 117 Cost.». 
    In particolare, le predette norme violerebbero l'art. 119,  primo
e  quarto  comma,  Cost.,  «laddove  tali  parametri   costituzionali
prevedono che le regioni abbiano autonomia finanziaria di  entrata  e
di spesa e che le risorse derivanti  da  tale  autonomia  di  entrata
consentano  alle  stesse  di  finanziare  integralmente  le  funzioni
pubbliche (tra cui quella in materia sanitaria) loro attribuite».  Di
conseguenza, la Regione non avrebbe modo di esercitare  il  controllo
sulla spesa sanitaria, essendo costretta a sopportare  l'alto  prezzo
dell'unico farmaco autorizzato e senza avere alcuna  possibilita'  di
attivarsi  per  richiedere  l'autorizzazione  di  altro  farmaco  con
riconosciuta e provata pari efficacia rispetto al farmaco  ufficiale,
«stante l'interessata inerzia della impresa produttrice». 
    Le disposizioni censurate violerebbero  l'art.  119  Cost.  anche
perche' escludono l'autorizzazione del farmaco off label per «la sola
esistenza sul mercato di un farmaco autorizzato "on label" di  almeno
pari efficacia terapeutica, senza attribuire pertanto alcun  rilievo,
al fine di integrare il concetto di "valida  alternativa",  anche  al
necessario  e  imprescindibile  fattore  economico,  correlato   alla
primaria esigenza di controllo della spesa pubblica». A tal riguardo,
il  rimettente  evidenzia  che  tali  norme  «sono  state  introdotte
nell'ordinamento proprio allo specifico fine del  contenimento  della
spesa pubblica sanitaria» e si inseriscono in  un  articolato  quadro
normativo in materia di uso off label dei farmaci, caratterizzato  in
particolare dall'art. 3, comma 2, del decreto-legge 17 febbraio 1998,
n. 23 (Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in
campo oncologico e altre misure in  materia  sanitaria),  convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 8  aprile  1998,
n. 94, sulla  facolta'  del  medico,  a  determinate  condizioni,  di
prescrivere una specialita' medicinale o  altro  medicinale  prodotto
industrialmente, «per un'indicazione o una via di somministrazione  o
una modalita' di  somministrazione  o  di  utilizzazione  diversa  da
quella    autorizzata,    ovvero    riconosciuta     agli     effetti
dell'applicazione dell'art. 1, comma 4, del decreto-legge 21  ottobre
1996, n. 536», e dall'art.  2,  commi  348  e  349,  della  legge  24
dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria  2008),  che
vieta l'esercizio della predetta facolta'  del  medico  «qualora  per
tale indicazione non siano  disponibili  almeno  dati  favorevoli  di
sperimentazione clinica di fase seconda» e  riconosce  la  competenza
della Commissione tecnico-scientifica dell'AIFA di  valutare,  «oltre
ai profili di sicurezza, la  presumibile  efficacia  del  medicinale,
sulla base dei dati disponibili delle sperimentazioni  cliniche  gia'
concluse, almeno di fase seconda». Siffatte valutazioni - secondo  il
giudice rimettente - dovrebbero essere svolte «pur sempre nell'ottica
e perseguendo la medesima "ratio" di  necessario  contenimento  della
spesa pubblica sanitaria». 
    Dalla ricostruzione del quadro normativo  discenderebbe  altresi'
il contrasto, ad avviso del TAR rimettente, delle norme censurate con
l'art. 3, secondo comma, Cost., «in quanto esse  risultano  ostative,
in modo del tutto irragionevole, al perseguimento  di  quella  stessa
"ratio" di  contenimento  della  spesa  pubblica  per  l'acquisto  di
farmaci, in ragione della  quale  le  stesse  sono  state  introdotte
nell'ordinamento». 
    Infine, le disposizioni censurate si porrebbero in contrasto  con
l'art. 2 Cost.,  «espressione  del  principio  di  solidarieta',  che
impone allo Stato e alle Regioni e, in generale alle  amministrazioni
pubbliche, di collaborare lealmente tra loro», e con l'art. 97, primo
comma, Cost., in quanto esse si inserirebbero in un quadro  normativo
in cui non e' «consentito che la richiesta di autorizzazione  all'uso
"off label" di un farmaco (che deve essere esaminata e  decisa  dalla
competente Autorita' statale) (...) possa essere presentata anche  da
quelle   stesse   amministrazioni   regionali   sulle   quali   grava
direttamente l'onere economico derivante  dall'acquisto  dei  farmaci
che sono a carico del Servizio sanitario nazionale,  con  conseguente
impossibilita' di espletamento, mediante la  collaborazione  tra  gli
enti pubblici coinvolti, di un'azione  amministrativa  che,  in  tale
delicato settore della sanita' pubblica, possa dirsi efficiente anche
perche' improntata a rigorosi criteri  di  controllo  della  relativa
spesa». 
    4.- Con atto depositato il 14 settembre 2012, la  Novartis  Farma
spa si e' costituita in  giudizio,  chiedendo  che  la  questione  di
legittimita'    costituzionale    sia    dichiarata    manifestamente
inammissibile e comunque manifestamente infondata. 
    Con riferimento all'art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996, la
societa' eccepisce l'inammissibilita' della questione.  Innanzitutto,
ad avviso di Novartis Farma spa, il collegio  rimettente  si  sarebbe
limitato ad affermare la rilevanza della  questione  di  legittimita'
costituzionale ai fini dell'accoglimento  dei  primi  due  motivi  di
ricorso, senza pero' considerare che il ricorso stesso avrebbe potuto
comunque essere accolto sulla base dei motivi restanti,  nonche'  dei
motivi aggiunti, indipendentemente dalla  questione  di  legittimita'
costituzionale sollevata. Inoltre, secondo la societa' ricorrente nel
giudizio principale, sarebbe «evidente che non incide  affatto  sulle
questioni dibattute nel giudizio a quo l'eventuale sussistenza di  un
"potere  propositivo"  delle  autorita'  regionali,  essendo  il  TAR
chiamato a decidere  se  la  Giunta  regionale  abbia  legittimamente
esercitato  un  potere  deliberativo»;   non   sarebbe   «per   nulla
imprescindibile per l'accoglimento di un tale petitum la  risoluzione
della questione di costituzionalita' rivolta ad integrare la norma in
maniera tale che, in ogni caso, la  competenza  deliberativa  non  ne
verrebbe alterata». 
    Anche per quanto attiene all'art. 8 del d.lgs. n. 219  del  2006,
la  questione  sarebbe  inammissibile,  perche'  la  norma  riproduce
letteralmente i commi 2 e 3 del corrispondente art. 8 della direttiva
6 novembre 2001, n. 2001/83/CE (Direttiva del  Parlamento  europeo  e
del Consiglio recante un codice comunitario  relativo  ai  medicinali
per  uso  umano),  per  cui  «ne  consegue  che  una   questione   di
costituzionalita' sarebbe ammissibile solo se  fosse  ipotizzata  una
violazione di diritti fondamentali»; inoltre, la  norma  non  e'  tra
quelle di cui il collegio  rimettente  deve  fare  applicazione,  non
dovendo giudicare la legittimita' di un rigetto  di  una  domanda  di
autorizzazione di immissione in commercio (AIC) o  di  estensione  di
indicazioni  terapeutiche  presentata  dalla  Regione,   ma   di   un
provvedimento   regionale   con   cui   e'   direttamente   stabilita
l'estensione delle indicazioni terapeutiche del medicinale off label. 
    Nel merito, secondo la societa'  Novartis  Farma  spa,  le  norme
censurate in realta' attribuiscono alla Regione un potere propositivo
e partecipativo, tanto  che  la  Regione  Emilia-Romagna  aveva  gia'
«proposto all'AIFA l'inserimento nella lista dei medicinali erogabili
"off label" quello oggetto del giudizio  a  quo,  e  si  (era)  vista
rigettare l'istanza (rigetto che non risulta neppure  impugnato)  non
per difetto di  legittimazione  a  proporla,  ma  per  ragioni  molto
sostanziali di legittimita' e merito (...)». Peraltro, l'AIFA -  come
riporta  la  societa'  -  sarebbe  governata  da  un   Consiglio   di
amministrazione  composto  per  meta'  da  membri   designati   dalla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  Regioni  e  le
Province autonome, in rappresentanza degli enti territoriali. 
    5.-  Con  atto  depositato  l'11   ottobre   2012,   la   Regione
Emilia-Romagna  si  e'  costituita  in  giudizio,  chiedendo  che  la
questione sia accolta «per le ragioni  che  saranno  argomentate  con
separata memoria nel corso del giudizio». 
    6.- In data 16 ottobre 2012,  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e' intervenuto  in  giudizio,  chiedendo  il  rigetto  della
questione di legittimita' costituzionale sollevata. 
    La difesa dello Stato osserva,  in  primo  luogo,  che  le  norme
censurate, lette in modo complessivo, stabiliscono  che  «un  farmaco
non puo' essere prescritto a carico della sanita' pubblica se non per
le patologie per le quali e' stato riconosciuto efficace e sicuro,  e
quindi autorizzato dalle agenzie regolatrici (AIFA per l'Italia)». Il
Presidente del Consiglio dei ministri ricorda, a tal  riguardo,  come
con sentenza n. 8 del 2011 la Corte abbia dichiarato l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 35 della legge della Regione  Emilia-Romagna
n. 24 del 2009, per violazione dall'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,
nella parte in cui prevedeva che la Regione potesse  stabilire  l'uso
di farmaci off label, perche' individuava condizioni diverse rispetto
a quelle stabilite dal legislatore per l'uso dei farmaci al di  fuori
delle indicazioni registrate  nell'autorizzazione  di  immissione  in
commercio (AIC). Anche le sentenze n. 185 del 1998 e n. 282 del  2002
di questa Corte, secondo il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
riconoscerebbero  in  capo  soltanto  al  legislatore  statale  -   e
ultrastatale - il potere di formulare le predette valutazioni. 
    In secondo  luogo,  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
osserva che  l'art.  8  del  d.lgs.  n.  219  del  2006  deve  essere
interpretato   in   modo   estensivo,   posto    che    l'espressione
«richiedente», utilizzata dalla norma  in  relazione  alla  richiesta
dell'autorizzazione di immissione in  commercio  (AIC),  puo'  essere
riferita anche a un soggetto diverso dal produttore del  farmaco  per
il quale deve essere presentata la richiesta, ivi incluse le  Regioni
interessate. Di  conseguenza,  il  collegio  rimettente  non  avrebbe
interpretato correttamente la disposizione in esame. 
    7.-  Il  14  e  18  marzo  2014,  la  Regione  Emilia-Romagna  ha
depositato  nella  cancelleria  di  questa  Corte  alcuni   documenti
prodotti nell'ambito del  giudizio  principale,  corrispondenti  alla
deliberazione relativa alla costituzione  in  giudizio  della  Giunta
regionale, alle copie  degli  atti  istruttori  e  del  provvedimento
finale dell'Autorita' garante della concorrenza  e  del  mercato  nel
procedimento n. 1760 avviato in data 6 febbraio  2013  nei  confronti
delle societa' Novartis AG, F. Hoffman-La Roche Ltd., Genentech Inc.,
Novartis Farma spa,  Roche  spa,  per  l'accertamento  di  violazioni
dell'art. 101 del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea
(TFUE) (intese anticoncorrenziali), nonche' agli atti  consequenziali
depositati dalla Regione nel processo principale. 
    Dalla  documentazione  depositata  risulta  che  il  procedimento
svoltosi presso l'Autorita' garante della concorrenza e  del  mercato
si e' concluso con l'irrogazione di rilevanti sanzioni nei  confronti
di F. Hoffman-La Roche Ltd., Roche spa, Novartis AG e Novartis  Farma
spa (provvedimento adottato in data 27 febbraio 2014 e notificato  in
data 5  marzo  2014).  L'Autorita'  ha  dichiarato  che  le  predette
societa' hanno posto  in  essere  un'intesa  orizzontale  restrittiva
della concorrenza in violazione dell'art. 101 del TFUE., a favore del
commercio del farmaco "Lucentis"  e  a  discapito  del  commercio  di
"Avastin", avendo le societa' concordato «le rispettive politiche  di
offerta per limitare quella del prodotto meno costoso, in una  logica
di ripartizione di mercati» (paragrafo 238).  Questa  intesa  avrebbe
altresi' «reso particolarmente difficoltoso l'accesso alle cure per i
malati di patologie della vista  gravi  e  diffuse,  avendo  prodotto
sicuri effetti sul bilancio economico del sistema sanitario  nel  suo
complesso» (paragrafo 238). 
    8.- In data 14 aprile 2014, la societa'  Novartis  Farma  spa  ha
depositato una memoria,  con  cui  sono  ribadite  le  argomentazioni
indicate nella memoria di costituzione, insistendo sulla  circostanza
per  cui  «il  Tribunale  bolognese  ha  sostanzialmente  tentato  di
riproporre, in altra  veste,  la  stessa  questione  di  legittimita'
costituzionale risolta con la sentenza n. 8/2011». 
    9.-  In  data  15  aprile  2014,  la  Regione  Emilia-Romagna  ha
depositato una memoria, insistendo per l'accoglimento della questione
di legittimita' costituzionale sollevata. 
    In punto di rilevanza, la Regione sostiene che  la  deliberazione
regionale - oggetto di impugnazione nel processo principale e la  cui
efficacia e' stata sospesa con decorrenza dal 12 marzo 2012 a seguito
dell'adozione della deliberazione regionale n. 186  del  20  febbraio
2012 - era stata  adottata  al  fine  del  contenimento  della  spesa
farmaceutica regionale, nel rispetto dei  limiti  indicati  da  norme
nazionali e nell'esercizio dell'autonomia finanziaria della  Regione,
rispetto alla quale contrasterebbe l'art. 1, comma 4, del d.l. n. 536
del 1996,  che  non  ammette  la  possibilita'  per  le  Regioni  «di
intervenire attivamente mediante un'autonoma  richiesta  all'AIFA  di
utilizzo "off label" di un farmaco»; al riguardo, la Regione  insiste
altresi' sulla necessita' di interpretare  il  limite  della  «valida
alternativa terapeutica» anche con riferimento all'«aspetto economico
nell'uso di un farmaco sovrapponibile», tenuto conto che «tra Avastin
e Lucentis per  il  trattamento  della  DMLE,  esistono  anche  studi
comparativi internazionali e indipendenti, i cui risultati sono stati
validati da EMA (...), che ne hanno accertato  la  sovrapponibilita',
sia in termini di efficacia che in termini  di  sicurezza»  e  stante
l'ulteriore  riconoscimento  avvenuto  da  parte  dell'Organizzazione
mondiale della sanita' che ha inserito il "bevacizumab" per  la  cura
della predetta patologia  nel  «18th  WHO  Model  List  of  Essential
Medicines (April 2013)». 
    La Regione poi sostiene che i commi  4-bis  e  4-ter,  introdotti
dall'art. 3 del decreto-legge 20  marzo  2014,  n.  36  (Disposizioni
urgenti in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e  sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della  Repubblica
9 ottobre 1990, n. 309, nonche' di impiego di medicinali meno onerosi
da  parte  del  Servizio  sanitario   nazionale),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 16 maggio  2014,  n.
79, nel citato  art.  1  del  d.l.  n.  536  del  1996  e  contenenti
previsioni dirette a favorire l'impiego dei medicinali  meno  onerosi
da  parte  del  Servizio  sanitario  nazionale,   non   inciderebbero
sull'oggetto della questione. 
    Nel merito, la Regione aggiunge che la sentenza n. 8 del 2011 non
rileverebbe ai fini  della  decisione  della  presente  questione  di
legittimita' costituzionale, perche'  la  Corte  in  quella  sede  si
sarebbe limitata a valutare l'illegittimita' della  norma  regionale,
ma non avrebbe, invece, valutato l'illegittimita' della norma statale
(art. 1, comma 4, d.l. n. 536 del 1996), che  era  stata  considerata
soltanto come parametro interposto al fine di  accertare  l'invasione
da parte della Regione della sfera di competenza statale  in  materia
di erogazione dei farmaci off label. 
    Infine, la Regione sostiene l'impossibilita' per  la  stessa,  ai
sensi dell'art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006, di presentare richiesta
di autorizzazione di immissione al commercio  dei  medicinali  (AIC),
non potendo rientrare nell'ambito soggettivo  di  applicazione  della
norma, che farebbe riferimento a soggetti in grado di  realizzare  lo
«sfruttamento commerciale di un farmaco». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza depositata il 30 maggio 2012 e iscritta  al  n.
187  del  registro  ordinanze  2012,  il   Tribunale   amministrativo
regionale  per  l'Emilia-Romagna,  sezione  seconda,   ha   sollevato
questione  di  legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto
dell'art. 1, comma 4, del  decreto-legge  21  ottobre  1996,  n.  536
(Misure  per  il  contenimento  della   spesa   farmaceutica   e   la
rideterminazione del tetto di  spesa  per  l'anno  1996),  convertito
dall'art. 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 648, e dell'art.  8  del
decreto  legislativo  24  aprile  2006,  n.  219  (Attuazione   della
direttiva 2001/83/CE - e successive direttive di modifica -  relativa
ad un codice comunitario concernente  i  medicinali  per  uso  umano,
nonche' della direttiva 2003/94/CE), per violazione degli artt. 2, 3,
secondo comma, 97, primo comma, e 119, primo e  quarto  comma,  della
Costituzione. 
    Le   disposizioni    impugnate    riguardano,    rispettivamente,
l'erogazione a carico del  Servizio  sanitario  nazionale  (d'ora  in
avanti  SSN)  dei  medicinali   da   impiegare   per   un'indicazione
terapeutica diversa da quella autorizzata  - cosiddetti  farmaci  off
label - (art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996) e  la  disciplina
dell'autorizzazione all'immissione in commercio dei farmaci  (art.  8
del d.lgs. n. 219 del 2006). Esse, ad avviso del collegio rimettente,
lederebbero l'autonomia finanziaria regionale  di  cui  all'art.  119
Cost., nonche' i principi  di  ragionevolezza,  solidarieta'  e  buon
andamento della pubblica  amministrazione  nella  parte  in  cui,  in
particolare: a) «non prevedono (...) che le Regioni, su cui  ricadono
concretamente (in quanto a carico del Servizio sanitario regionale) i
costi dei farmaci dispensati dal S.S.N., possano, quanto meno,  avere
potere di iniziativa e partecipazione  procedimentale  riguardo  alla
richiamata procedura di autorizzazione all'immissione in commercio di
un farmaco per uso "off-label", che necessariamente deve  poi  essere
istruita e conclusa dalla competente Autorita' statale  ex  art.  117
Cost.»; b) «prevedono che costituisca "valida alternativa" al farmaco
straordinariamente autorizzato "off-label" (...)  la  sola  esistenza
sul mercato di un  farmaco  autorizzato  "on-label"  di  almeno  pari
efficacia terapeutica, senza attribuire pertanto  alcun  rilievo,  al
fine di integrare il  concetto  di  "valida  alternativa",  anche  al
necessario  e  imprescindibile  fattore  economico,  correlato   alla
primaria esigenza di controllo della spesa pubblica». 
    Ad avviso del collegio rimettente, la questione sarebbe rilevante
«dovendo il gravame essere accolto per l'accertata  fondatezza  delle
prime due censure» presentate dalla societa' ricorrente nel  giudizio
principale e relative al contrasto  tra  la  deliberazione  regionale
impugnata e l'art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del 1996. 
    2.- In via  preliminare,  deve  essere  precisato  che,  dopo  la
proposizione del ricorso, l'art. 3 del decreto-legge 20  marzo  2014,
n.  36  (Disposizioni  urgenti  in  materia   di   disciplina   degli
stupefacenti   e   sostanze   psicotrope,   prevenzione,    cura    e
riabilitazione dei relativi stati di  tossicodipendenza,  di  cui  al
decreto del Presidente della  Repubblica  9  ottobre  1990,  n.  309,
nonche' di impiego di medicinali meno onerosi da parte  del  Servizio
sanitario nazionale), convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 16 maggio 2014, n. 79, ha inserito i commi 4-bis
e 4-ter all'art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del  1996,  introducendo
alcune disposizioni dirette a favorire l'impiego dei medicinali  meno
onerosi da parte del SSN. 
    Tale ius superveniens non puo' trovare applicazione nel  giudizio
principale, atteso che, secondo il principio tempus regit  actum,  il
giudice  rimettente  e'  tenuto  a  valutare  la   legittimita'   del
provvedimento impugnato «con riguardo alla situazione di fatto  e  di
diritto esistente  al  momento  della  sua  adozione»  (ex  plurimis,
sentenze n. 90 del  2013  e  n.  177  del  2012).  Non  sussistono  i
presupposti, dunque, per  una  restituzione  degli  atti  al  giudice
rimettente, ai fini di una nuova valutazione della  rilevanza  e  non
manifesta infondatezza della questione sollevata. 
    3.- La questione e' inammissibile. 
    3.1.- Deve innanzitutto rilevarsi che l'art. 8 del d.lgs. n.  219
del 2006 disciplina la procedura  e  i  contenuti  della  domanda  di
autorizzazione di immissione  in  commercio  dei  farmaci  (d'ora  in
avanti AIC). Il richiedente, ai sensi di  questa  disposizione,  deve
presentare all'Agenzia  italiana  del  farmaco  (AIFA)  una  apposita
domanda per ottenere che un farmaco possa essere commercializzato per
specifiche indicazioni terapeutiche (cosiddetto  uso  on  label).  La
norma, dunque, non  riguarda  l'erogazione  dei  farmaci  off  label,
perche' quest'ultima corrisponde, invece, all'uso  del  farmaco  -  a
carico del SSN -  per  indicazioni  terapeutiche  diverse  da  quelle
indicate nell'AIC e, dunque, non  autorizzate  secondo  la  procedura
regolata dal citato art. 8. 
    La deliberazione regionale  impugnata  nel  giudizio  principale,
disponendo l'erogabilita'  del  medicinale  "Avastin"  a  carico  del
Servizio sanitario regionale per indicazioni terapeutiche diverse  da
quelle autorizzate e previste nell'AIC di questo farmaco, non  ricade
nell'ambito di applicazione della disposizione censurata, che  quindi
non puo' trovare diretta applicazione  nel  giudizio  principale.  Lo
stesso rimettente, inoltre,  «rileva  che  i  primi  due  motivi  del
ricorso principale dovrebbero essere accolti,  non  sussistendo,  nel
vigente ordinamento nazionale, sulla base di quanto dispone l'art. 1,
comma 4, del d.l. n. 536 del 1996, convertito dalla legge n. 648  del
1996, alcun potere delle Regioni di estendere o  comunque  modificare
l'uso "off-label" di un farmaco (...)», senza quindi rilevare  a  tal
fine la violazione dell'art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006,  a  cui  i
primi due motivi presentati dalla societa' ricorrente non fanno,  del
resto, riferimento. 
    Ne discende che la questione, nella  parte  in  cui  e'  riferita
all'art. 8 del d.lgs. n. 219 del 2006,  e'  senz'altro  inammissibile
per difetto di rilevanza (da ultimo, sentenze  n.  98  e  n.  93  del
2014). 
    3.2.-  La  questione   e'   peraltro   inammissibile   anche   se
circoscritta al solo art. 1, comma 4, del d.l. n. 536 del  1996,  che
pure effettivamente disciplina l'erogazione  a  carico  del  SSN  dei
medicinali da impiegare per  un'indicazione  terapeutica  diversa  da
quella autorizzata - cosiddetti farmaci off label. Tale disposizione,
introdotta ai  fini  del  «contenimento  della  spesa  farmaceutica»,
prevede che «Qualora non esista valida alternativa terapeutica,  sono
erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, a partire
dal  1o  gennaio  1997,  (...)  i   medicinali   da   impiegare   per
un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, inseriti in
apposito  elenco  predisposto  e  periodicamente   aggiornato   dalla
Commissione unica del farmaco  conformemente  alle  procedure  ed  ai
criteri adottati dalla stessa. (...)». 
    Ad   avviso   del   collegio   rimettente,   la   norma   sarebbe
costituzionalmente illegittima per due motivi:  in  primo  luogo,  le
Regioni, su cui  ricadono  concretamente  (in  quanto  a  carico  del
Servizio sanitario regionale) i costi dei farmaci dispensati dal SSN,
non avrebbero potere di iniziativa e partecipazione  nella  procedura
regolata dalla norma statale; in secondo luogo, la non sussistenza di
una  «valida  alternativa  terapeutica»  farebbe   riferimento   alla
inesistenza sul mercato di un farmaco autorizzato on label di  almeno
pari efficacia terapeutica, «senza attribuire alcun rilievo anche  al
necessario  e  imprescindibile  fattore  economico,  correlato   alla
primaria esigenza di controllo della spesa pubblica». 
    Ora,  il  giudizio  principale  riguarda  l'impugnazione  di  una
deliberazione adottata dalla Giunta regionale dell'Emilia-Romagna  in
data 26 ottobre 2009, con cui la Regione ha deciso di  consentire  la
temporanea  erogabilita'  del  medicinale  "Avastin"  a  carico   del
Servizio  sanitario  regionale  nell'ambito  delle  strutture   della
Regione Emilia-Romagna, anche per il trattamento  di  nuovi  casi  di
maculopatia  correlata  all'eta'  (DMLE),  previa  acquisizione   del
consenso informato del paziente. Si tratta, quindi,  di  una  ipotesi
diversa da quella della procedura, avviata piu' volte  dalla  Regione
Emilia-Romagna sia in data 30 marzo 2009, sia in data 1o giugno  2011
- come risulta dai  testi  delle  delibere  della  Giunta  regionale,
rispettivamente, n. 1628 del 2009  e  n.  186  del  2012  -,  per  la
richiesta all'AIFA di una nuova valutazione «relativa  all'inclusione
di bevacizumab (Avastin) nell'elenco della legge  n.  648/96  per  il
trattamento della degenerazione maculare legata all'eta'».  Ai  sensi
del censurato art.  1,  comma  4,  del  d.l.  n.  536  del  1996,  la
Commissione unica del farmaco - a cui e' succeduta l'AIFA con decreto
del Ministro della salute 20  settembre  2004,  n.  245  (Regolamento
recante norme sull'organizzazione ed  il  funzionamento  dell'Agenzia
Italiana del  Farmaco,  a  norma  dell'articolo  48,  comma  13,  del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito  nella  legge  24
novembre 2003, n. 326), secondo quanto stabilito dall'art. 48,  comma
14, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti
per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1 della legge  24
novembre 2003, n. 326  -  predispone  e  aggiorna  periodicamente  il
citato elenco (cosiddetta "Lista 648") «conformemente alle  procedure
ed ai criteri adottati dalla stessa». Con la deliberazione 20  luglio
2000 (Istituzione  dell'elenco  dei  medicinali  erogabili  a  totale
carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi dell'art.  1,  comma
4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla  legge
23 dicembre 1996, n. 648), la  Commissione  ha  quindi  chiarito  che
l'inserimento  dei  medicinali  off  label  nella  lista  avviene  su
iniziativa  della  stessa  Commissione   «oppure   su   proposta   di
associazioni di malati,  societa'  scientifiche,  aziende  sanitarie,
universita', istituti di ricovero e  cura  a  carattere  scientifico»
(art. 2, comma 1):  in  altri  termini,  su  iniziativa  di  soggetti
interessati all'adozione del provvedimento finale, a cui la  legge  7
agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di   procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti  amministrativi),
riconosce la garanzia della partecipazione, tra i quali  va  inclusa,
di conseguenza, la Regione. 
    Alla Commissione, oggi AIFA, spetta decidere  sulle  proposte  di
inserimento dei farmaci off label  nella  lista,  sulla  base  di  un
apposito parere  della  Commissione  consultiva  tecnico  scientifica
(art. 2, comma 2), con un «provvedimento  di  inserimento»  (art.  5,
comma 1), che autorizza l'erogazione del farmaco a carico del SSN per
indicazioni terapeutiche diverse da quelle riportate nell'AIC,  senza
che questo, comunque, possa costituire una dispensa  dalla  richiesta
di AIC in relazione a siffatte indicazioni terapeutiche, per le quali
puo' essere sempre, infatti, presentata domanda ai sensi dell'art. 6,
comma  2,  del  d.lgs.  n.  219  del  2006.  Il   «provvedimento   di
inserimento» deve tenere conto della non sussistenza di  «una  valida
alternativa terapeutica», secondo quanto stabilito dall'art. 1, comma
4, del d.l. n. 536 del 1996, cio' che  richiede  la  ricognizione  da
parte  dell'Agenzia  delle  evidenze  cliniche   riconosciute   dalla
comunita' scientifica a livello nazionale e  internazionale,  nonche'
la  valutazione  dei  dati  relativi  alla  spesa  farmaceutica   dei
medicinali da inserire nell'elenco, dati che devono essere comunicati
- come gia' previsto dalla citata delibera  della  Commissione  unica
del farmaco,  alla  quale  e'  succeduta  l'AIFA  -  dalle  strutture
interessate ai competenti assessorati alla sanita' che, a loro volta,
devono trasmettere i dati stessi all'Agenzia (art. 6, comma 1,  della
deliberazione del 20 luglio 2000), attraverso la compilazione di  una
apposita «scheda rilevazione  spesa  medicinali  erogabili  ai  sensi
della legge n. 648/96», allegata alla citata delibera (modulo A della
deliberazione del 20 luglio 2000). La mancata ricezione dei  dati  da
parte   dell'Agenzia   comporta,    infatti,    «una    rivalutazione
dell'opportunita' di mantenere il  relativo  medicinale  nell'elenco»
(art. 6, comma 2, della medesima deliberazione). 
    Il criterio della "valida  alternativa"  presuppone,  dunque,  la
comparazione da parte dell'Agenzia dei farmaci "equivalenti" sotto il
profilo sia medico-scientifico, sia economico, atteso che un  farmaco
alternativo da un punto  di  vista  medico-scientifico  potrebbe  non
essere una «valida alternativa terapeutica» quando non  garantisca  -
dal  punto  di  vista  economico-finanziario  -  una  sua  efficiente
utilizzazione a carico del SSN in termini di  rapporto  numerico  tra
dosi acquistabili del farmaco e pazienti curabili, cosi'  realizzando
condizioni economicamente non accettabili e discriminatorie  tali  da
limitare l'accesso alle cure e, dunque, ledere la tutela del  diritto
alla  salute  costituzionalmente  garantita.  Lo  stesso  puo'  dirsi
nell'ipotesi inversa. 
    Nella questione all'esame di questa Corte, tuttavia, il  collegio
rimettente non e' chiamato a  valutare  nel  giudizio  principale  la
legittimita'  di   un   provvedimento   con   cui   l'Agenzia   abbia
eventualmente negato la legittimazione  della  Regione  a  presentare
proposta  di  inserimento  del  farmaco  off  label  nella  lista,  o
rigettato la proposta stessa in mancanza della valutazione  dei  dati
relativi alla spesa farmaceutica, o ancora abbia escluso  il  farmaco
dalla lista, atti che, ricorrendone le condizioni, la Regione avrebbe
potuto comunque impugnare. Il giudizio principale  riguarda,  invece,
una deliberazione regionale con  cui  la  Regione  Emilia-Romagna  ha
direttamente  disposto  la  temporanea  erogabilita'  del  medicinale
"Avastin" a carico del Servizio sanitario regionale,  esercitando  un
potere decisionale fondato su una disposizione regionale  che  questa
Corte ha gia' dichiarato costituzionalmente illegittima con  sentenza
n.  8  del  2011.  Ai  fini  del  sindacato  di  legittimita'   della
deliberazione regionale impugnata nel giudizio principale non rileva,
dunque, l'eventuale accoglimento delle censure formulate dal collegio
rimettente, dal momento  che  con  questo  atto  la  Regione  non  ha
esercitato il predetto  potere  di  iniziativa  o  di  partecipazione
procedimentale, ma un potere decisionale.  La  legge  attribuisce  il
potere di decisione all'AIFA e questa, nel caso  di  specie,  avrebbe
dovuto da  tempo  esercitarlo  secondo  le  descritte  modalita'.  La
Regione  invece,  anche  in  caso  di  accoglimento  della  questione
sollevata, non avrebbe tale potere. 
    Da cio' discende il difetto di rilevanza della questione, con sua
conseguente inammissibilita'.