ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.   157,
secondo comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 6,  comma
1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale  e
alla  legge  26  luglio  1975,  n.  354,  in  materia  di  attenuanti
generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze
di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), e dell'art. 73,
commi 1 e 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.  309  (Testo  unico  delle
leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e   sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
tossicodipendenza), promosso dal Tribunale ordinario di  Sulmona  nel
procedimento penale a carico di S.S., con  ordinanza  del  10  maggio
2013, iscritta al n. 168 del registro  ordinanze  2013  e  pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  29,  prima   serie
speciale, dell'anno 2013. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del  12  marzo  2014  il  Giudice
relatore Giorgio Lattanzi. 
    Ritenuto che il Tribunale ordinario di Sulmona, con ordinanza del
10 maggio 2013 (r.o. n. 168 del 2013), ha sollevato,  in  riferimento
agli artt.  3  e  27,  secondo  comma  [recte:  terzo  comma],  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 157,
secondo comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 6,  comma
1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale  e
alla  legge  26  luglio  1975,  n.  354,  in  materia  di  attenuanti
generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze
di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), e dell'art. 73,
commi 1 e 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.  309  (Testo  unico  delle
leggi  in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e   sostanze
psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati  di
tossicodipendenza), «laddove nella seconda parte dell'art. 157  co  2
cp non sono previste anche le  circostanze  attenuanti  con  pena  di
specie diversa o a effetto speciale»; 
    che il Tribunale rimettente rileva che l'art. 157, secondo comma,
cod. pen., impone di non tenere conto, ai fini del calcolo del  tempo
necessario a prescrivere, delle circostanze aggravanti  o  attenuanti
ordinarie, mentre attribuisce rilevanza alle  circostanze  aggravanti
per le quali la legge stabilisce un pena di specie diversa da  quella
ordinaria e a quelle  ad  effetto  speciale,  considerando  l'aumento
massimo di pena per esse previsto; 
    che, secondo il giudice a quo, la disposizione nulla prevede  con
riguardo alle circostanze attenuanti per le quali la legge stabilisce
una pena di specie diversa da quella ordinaria e a quelle ad  effetto
speciale, come l'attenuante  prevista  dall'art.  73,  comma  5,  del
d.P.R. n. 309 del 1990, imponendo cosi' al  giudice  di  considerarle
prive di rilevanza a fini di computo del termine di prescrizione; 
    che la norma in questione  sarebbe  censurabile,  in  quanto  non
consentirebbe  di  considerare  nello  stesso  modo  le   circostanze
aggravanti  speciali  e  le   circostanze   attenuanti   speciali   e
vanificherebbe la previsione della fattispecie attenuata; 
    che tale norma, inoltre, sarebbe  irrazionale  perche',  ai  fini
della prescrizione, equiparerebbe l'ipotesi dell'art.  73,  comma  1,
del d.P.R. n. 309 del 1990, a quella di lieve entita'  dell'art.  73,
comma 5, del medesimo testo normativo; 
    che cio' determinerebbe la violazione dell'art. 3 Cost.; 
    che sarebbe violato anche l'art. 27, secondo comma [recte:  terzo
comma], Cost., per il contrasto della pena con il senso di  umanita',
in quanto, esclusa la prescrizione, il colpevole sarebbe assoggettato
per i fatti lievi di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309  del
1990, alla pena della  reclusione,  senza  poter  beneficiare  di  un
termine di prescrizione piu' favorevole; 
    che, secondo il Tribunale  rimettente,  la  Corte  costituzionale
dovrebbe  operare  «un  intervento  additivo-manipolativo  in   bonam
partem», in modo che nell'art. 157,  secondo  comma,  cod.  pen.,  si
tenga conto anche delle attenuanti per le quali la  legge  stabilisce
una pena diversa da quella ordinaria e di quelle ad effetto speciale; 
    che, se si ritenesse fondata la  questione,  l'imputato  potrebbe
beneficiare  della  prescrizione,  maturata,   secondo   il   giudice
rimettente, il 17 giugno 2011; 
    che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile,
essendo stata gia' ritenuta infondata dalla Corte costituzionale  con
la sentenza n. 324 del 2008. 
    Considerato che il Tribunale ordinario di Sulmona, con  ordinanza
del 10  maggio  2013  (r.o.  n.  168  del  2013),  ha  sollevato,  in
riferimento agli artt. 3 e 27, secondo comma  [recte:  terzo  comma],
della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 157, secondo comma,  del  codice  penale,  come  sostituito
dall'art. 6, comma 1, della legge 5 dicembre 2005, n. 251  (Modifiche
al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in  materia  di
attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione  delle
circostanze di reato per i recidivi, di usura e di  prescrizione),  e
dell'art. 73, commi 1 e 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.  309  (Testo
unico delle leggi in  materia  di  disciplina  degli  stupefacenti  e
sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei  relativi
stati di tossicodipendenza), «laddove nella seconda  parte  dell'art.
157 co 2 cp non sono previste anche  le  circostanze  attenuanti  con
pena di specie diversa o a effetto speciale»; 
    che, successivamente all'ordinanza di rimessione, e'  intervenuto
il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 (Misure urgenti in tema  di
tutela  dei  diritti  fondamentali  dei  detenuti  e   di   riduzione
controllata   della   popolazione   carceraria),   convertito,    con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n.
10; 
    che l'art. 2, comma 1, lettera a), del d.l. n. 146 del  2013,  ha
modificato  l'art.  73,  comma  5,  del  d.P.R.  n.  309  del   1990,
sostituendone  il  testo  con  il  seguente:  «Salvo  che  il   fatto
costituisca  piu'  grave  reato,  chiunque  commette  uno  dei  fatti
previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la  modalita'  o  le
circostanze dell'azione ovvero per  la  qualita'  e  quantita'  delle
sostanze, e' di lieve entita', e' punito con le pene della reclusione
da uno a cinque anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000»; 
    che, come risulta  dai  lavori  parlamentari,  tale  modifica  e'
diretta a trasformare l'attenuante del fatto di lieve entita' in  una
fattispecie autonoma di reato; 
    che, a fronte di  questo  ius  superveniens,  spetta  al  giudice
rimettente  la  valutazione  circa  la  perdurante  rilevanza   della
questione sollevata; 
    che va disposta, pertanto, la restituzione degli atti al  giudice
a quo, per una nuova valutazione  della  rilevanza  della  questione,
alla luce del mutato quadro normativo (ex multis: ordinanze n. 75 del
2014, n. 35 del 2013, n. 316 del 2012 e n. 296 del 2011). 
    Visto l'art. 9, comma 2, delle norme integrative  per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale.