ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 4,
della legge della Regione Puglia 21 ottobre 2008,  n.  31  (Norme  in
materia di produzione di  energia  da  fonti  rinnovabili  e  per  la
riduzione di immissioni inquinanti e in materia ambientale), promosso
dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia nel procedimento
vertente tra Energie Verdi Trinitapoli srl e  la  Regione  Puglia  ed
altri, con ordinanza del 28 agosto  2012,  iscritta  al  n.  263  del
registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 2012. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Puglia; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 2014 il Giudice relatore
Giorgio Lattanzi; 
    udito l'avvocato Maria Liberti per la Regione Puglia. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.-  Il  Tribunale  amministrativo  per  la  Regione  Puglia   ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma
4, della legge della Regione Puglia 21 ottobre 2008, n. 31 (Norme  in
materia di produzione di  energia  da  fonti  rinnovabili  e  per  la
riduzione di immissioni  inquinanti  e  in  materia  ambientale),  in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), e  terzo  comma,
della Costituzione. 
    La disposizione impugnata vieta la realizzazione in zona agricola
di  impianti  alimentati  da  biomasse,  salvo  che   queste   ultime
provengano, nella misura minima del 40 per cento, da "filiera corta",
cioe' da un'area contenuta entro 70 chilometri dall'impianto. 
    Il giudizio a quo ha per oggetto  il  diniego  di  autorizzazione
unica alla realizzazione di un  impianto  di  produzione  di  energia
elettrica alimentato da biomasse in zona agricola, che la  ricorrente
si  e'  vista  opporre  in  data  30  settembre  2010,  in  esclusiva
applicazione dell'art. 2, comma 4, della legge regionale  n.  31  del
2008. L'impianto, infatti, non sarebbe  stato  alimentato  in  misura
sufficiente da biomasse provenienti da "filiera corta". 
    Tale applicazione, aggiunge il giudice rimettente, si impone  sul
piano temporale, poiche' il  decreto  del  Ministero  dello  sviluppo
economico 10 settembre 2010 (Linee guida per  l'autorizzazione  degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili), con cui  si  e'  conferita
attuazione all'art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre
2003, n. 387 (Attuazione della  direttiva  2001/77/CE  relativa  alla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno  dell'elettricita'),  e'  entrato  in
vigore il 3 ottobre 2010, e dunque in  epoca  posteriore  al  diniego
impugnato dalla ricorrente. 
    Il giudice a quo specifica, percio', che non  sono  rilevanti  in
causa i criteri di localizzazione degli impianti introdotti dal  d.m.
appena citato, pur osservando che anch'essi vieterebbero  alla  legge
regionale di precludere l'insediamento degli  impianti  in  tutte  le
zone agricole. 
    Cio' premesso in punto  di  rilevanza,  il  Tribunale  rimettente
osserva che la norma impugnata, nel formulare  tale  preclusione  con
riferimento al caso sottoposto a giudizio, contrasterebbe con  l'art.
12, commi 7 e 10, del d.lgs. n. 387 del 2003. 
    In particolare, l'art. 12, comma 7, consentendo espressamente  di
localizzare  gli  impianti  di  produzione   di   energia   elettrica
alimentati da biomasse in zone agricole,  esprimerebbe  un  principio
fondamentale della materia dell'energia,  assegnata  alla  competenza
legislativa statale concorrente, ai sensi dell'art. 117, terzo comma,
Cost. 
    Il Tribunale rimettente richiama la sentenza n. 119 del  2010  di
questa  Corte,  con  cui   e'   stata   dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 2, commi 1, 2 e 3, della legge regionale  n.
31 del 2008, che poneva ulteriori  divieti  di  localizzazione  degli
impianti alimentati da fonti rinnovabili. In quell'occasione, precisa
il Tribunale, l'introduzione di tali  divieti  prima  dell'emanazione
delle linee guida previste dall'art. 12, comma 10, del d.lgs. n.  387
del 2003, fu reputata costituzionalmente illegittima. 
    Inoltre, si dovrebbe ritenere la disposizione oggi  censurata  in
contrasto con la competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
tutela dell'ambiente (art. 117, secondo  comma,  lettera  s,  Cost.),
posto che a tale ambito materiale appartengono le linee guida. 
    2.- Si e' costituita in giudizio la Regione Puglia, chiedendo che
la questione sia dichiarata inammissibile e comunque non fondata. 
    La  Regione  sostiene  che   la   norma   impugnata   non   vieta
l'insediamento in zona  agricola  degli  impianti,  ma  si  limita  a
«prescrivere   particolari    modalita'    gestionali»,    costituite
dall'obbligo, al fine di alimentare l'impianto,  di  approvvigionarsi
parzialmente  di  materiale  prodotto  entro  70   chilometri   dalla
struttura. 
    Posto che per biomassa deve intendersi  la  parte  biodegradabile
dei prodotti, rifiuti e residui provenienti  dall'agricoltura,  dalla
silvicoltura  e  dalle   industrie   connesse,   nonche'   la   parte
biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani  (art.  2,  comma  1,
lettera a, del d.lgs. n. 387 del 2003), si tratterebbe di «una scelta
di politica industriale ed agricola perfettamente  razionale».  Essa,
infatti, garantirebbe che l'impianto sito in zona agricola «si ponga,
almeno in parte, in funzione complementare rispetto  alla  produzione
agricola» e nel rispetto della «capacita' di carico»  del  territorio
di riferimento. 
    Tale scelta sarebbe  espressiva  delle  competenze  regionali  in
materia di agricoltura, di governo del territorio e di energia. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Tribunale  amministrativo  per  la  Regione  Puglia   ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma
4, della legge della Regione Puglia 21 ottobre 2008, n. 31 (Norme  in
materia di produzione di  energia  da  fonti  rinnovabili  e  per  la
riduzione di immissioni  inquinanti  e  in  materia  ambientale),  in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), e  terzo  comma,
della Costituzione. 
    La  disposizione  impugnata  vieta  «la  realizzazione  in   zona
agricola di impianti alimentati da biomasse, salvo che  gli  impianti
medesimi non siano alimentati da  biomasse  stabilmente  provenienti,
per almeno il quaranta per cento del fabbisogno, da "filiera  corta",
cioe' ottenute in un raggio di 70 chilometri dall'impianto». 
    Essa costituisce  uno  dei  divieti  che  l'art.  2  della  legge
regionale n. 31 del 2008 recava, quanto all'insediamento territoriale
di impianti alimentati da fonti rinnovabili, e che,  con  l'eccezione
del qui censurato comma 4, sono stati  dichiarati  costituzionalmente
illegittimi con la sentenza di questa Corte n. 119 del 2010. 
    In tale occasione, la Corte ha evidenziato  che  e'  preclusa  al
legislatore regionale la «individuazione di criteri per  il  corretto
inserimento  degli  impianti   alimentati   da   fonti   di   energia
alternativa», in assenza delle  linee  guida  approvate  in  sede  di
Conferenza unificata, ai sensi dell'art. 12, comma 10, del d.lgs.  29
dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa
alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti  energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'). 
    Tale giudizio in via principale non ha avuto per oggetto la norma
censurata dal Tribunale rimettente, posto  che  essa  non  era  stata
impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri. Il giudice a quo
pero' ritiene che anch'essa leda la sfera di  competenza  legislativa
statale,  e  in  particolare  attenga  alla  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s,  Cost.)  e  alla
materia dell'energia (art. 117, terzo comma, Cost.). 
    Innanzi al Tribunale rimettente e' stato impugnato il diniego  di
autorizzazione  unica  all'apertura   di   un   impianto   energetico
alimentato da biomasse in  zona  agricola,  ovvero  un  provvedimento
fondato  esclusivamente  sull'applicazione  dell'art.  2,  comma   4,
impugnato. L'istante non ha  infatti  soddisfatto  la  condizione  di
approvvigionarsi, per almeno il 40  per  cento  del  fabbisogno,  con
biomasse provenienti da "filiera corta". 
    Il rimettente reputa che tale  condizione,  la  cui  mancanza  e'
stata  opposta  al   ricorrente   del   giudizio   principale   prima
dell'entrata in  vigore  delle  gia'  rammentate  linee  guida,  leda
anzitutto l'art. 117, terzo comma, Cost., in  ragione  del  contrasto
con le norme interposte costituite dall'art. 12, commi 7  e  10,  del
d.lgs. n. 387 del 2003. 
    In particolare, il legislatore regionale non  potrebbe  stabilire
divieti di realizzazione  degli  impianti  energetici  alimentati  da
fonti rinnovabili (tra cui le biomasse: art. 2, comma 1,  lettera  a,
del d.lgs. n. 387 del 2003) prima  dell'adozione  delle  linee  guida
(art. 12, comma 10, del d.lgs. n.  387  del  2003),  ne'  precluderne
l'installazione in zona agricola (art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387
del 2003). 
    2.- La questione e' fondata. 
    Questa Corte ha ripetutamente affermato che l'art. 12 del  d.lgs.
n. 387 del  2003  enuncia  principi  fondamentali  della  materia,  a
riparto  concorrente,  attinente   alla   produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia (sentenze n. 224 del 2012, n. 44
del 2011, n. 119 del 2010 e n. 282 del  2009).  Ne  consegue  che  la
normativa regionale non  puo'  discostarsi  da  quanto  previsto  dal
legislatore statale a tale titolo. 
    L'art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387 del  2003,  stabilisce  che
gli impianti energetici da  fonti  rinnovabili,  tra  cui  l'impianto
oggetto del giudizio a quo, possono  essere  ubicati  anche  in  zone
agricole, pur dovendosi tener conto delle disposizioni in materia  di
sostegno del  settore  agricolo,  con  particolare  riferimento  alla
valorizzazione delle tradizioni agroalimentari  locali,  alla  tutela
della biodiversita', nonche' del patrimonio culturale e del paesaggio
rurale. 
    Il citato art. 12,  comma  7,  nella  parte  in  cui  afferma  la
compatibilita' urbanistica dell'impianto energetico con la  vocazione
agricola del fondo, riflette il piu'  ampio  «principio,  di  diretta
derivazione comunitaria, della diffusione degli impianti  a  fini  di
aumento della produzione di energia da fonti  rinnovabili»  (sentenza
n. 275 del 2012).  Viceversa,  laddove  consente  di  temperare  tale
principio per casi specifici, in ragione, tra l'altro, delle esigenze
del settore agricolo, la norma statale  formula  una  ben  delimitata
eccezione rispetto alla regola (sentenze n. 275 del 2012 e n. 278 del
2010).  Questa  previsione  di   salvaguardia   non   puo'   pertanto
svilupparsi oltre i limiti che le assegna il legislatore statale.  In
tal modo lo sviluppo della rete  energetica,  che  resta  l'interesse
prioritario, trova un contemperamento nella possibilita' di sottrarre
limitate   porzioni   di   territorio    agricolo    all'insediamento
dell'impianto, ove esse  meritino  cure  particolari,  connesse  alle
tradizioni agroalimentari locali, alla biodiversita',  al  patrimonio
culturale e al paesaggio rurale. 
    In altri termini, la norma interposta, ammettendo  taluni  limiti
alla localizzazione in zona agricola, si preoccupa di  preservare  il
«corretto inserimento degli impianti» nel paesaggio (art.  12,  comma
10, del d.lgs. n. 387 del 2003), in modo da prevenire  il  danno  che
potrebbe venire inferto all'ambiente  e  all'agricoltura  di  pregio.
Essa, al contrario, non assume a principio fondamentale della materia
il  perseguimento  dell'interesse  allo  sviluppo  della   produzione
agricola, trattandosi  di  profilo  estraneo  all'oggetto  principale
dell'intervento normativo. 
    Sulla base di tali premesse,  le  stesse  linee  guida,  peraltro
prive  di  rilievo  ai  fini   dell'odierna   questione   in   quanto
sopraggiunte rispetto alla  norma  impugnata  (sentenza  n.  344  del
2010), permettono alla Regione di precludere all'impianto  energetico
solo «aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili», se interessate
da produzioni agricolo-alimentari di qualita' e pregio  (Allegato  3,
paragrafo 17, del decreto ministeriale 10 settembre 2010). Si  tratta
di un'attuazione per tale verso coerente con la norma primaria, posto
che gli  interessi  facenti  capo  all'agricoltura  assumono  rilievo
esclusivamente  a  fini  conservativi,  e  non  di   incentivo   alla
produzione agricola. 
    Cio' precisato, appare evidente che la norma regionale  impugnata
persegue  un  obiettivo  che  trascende  i  limiti  tracciati   dalla
normativa statale di principio, in un ambito materiale ove  la  Corte
ha gia' ravvisato la prevalenza della materia "energia" (sentenza  n.
119 del 2010). Si tratta, infatti, di conseguire lo scopo,  originato
dal diritto dell'Unione, di raggiungere una quota di energia da fonti
rinnovabili,  come  indicato  da  ultimo  dall'art.  3  del   decreto
legislativo  3  marzo  2011,  n.  28  (Attuazione   della   direttiva
2009/28/CE  sulla   promozione   dell'uso   dell'energia   da   fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2011/77/CE e 2003/30/CE). 
    La stessa difesa regionale ha invece sottolineato  che  la  norma
impugnata e' espressione di una «scelta di  politica  industriale  ed
agricola», il cui fine  e'  di  obbligare  l'impianto  energetico  ad
approvvigionarsi,  in  parte  consistente,  per  mezzo  di   biomasse
prodotte dal territorio locale, sotto forma di parte biodegrabile dei
prodotti,  rifiuti  e  residui  provenienti  dall'agricoltura,  dalla
silvicoltura e dalle industrie connesse (art. 2, comma 1, lettera  a,
del d.lgs. n. 387 del 2003). In tal  modo  il  legislatore  regionale
intende non certo  salvaguardare  dalla  distruzione  le  colture  di
pregio, ma promuovere la  produzione  agricola,  rendendola  servente
rispetto all'impianto energetico. Vengono percio' imposte  "modalita'
gestionali" che risultano incongruenti rispetto ai limiti  consentiti
dalla normativa statale di  principio  alla  localizzazione  in  area
agricola dell'impianto energetico. Ne' si  puo'  escludere  che  esse
impediscano l'esecuzione dell'opera in via  definitiva,  come  accade
nei casi in cui il territorio limitrofo non sia  capace  di  generare
quanto necessario ad alimentare la struttura per il 40 per cento  del
fabbisogno, e trasmodino cosi' in potenziale divieto di insediamento,
in contrasto con l'art. 12, comma 7, del d.lgs. n. 387 del 2003. 
    L'art. 12 del d.lgs. n. 387  del  2003  disciplina  le  procedure
autorizzative per l'apertura dell'impianto e seleziona gli  interessi
che in tale fase possono assumere rilievo. Una volta che l'opera  sia
stata realizzata, non e' certamente escluso  che  vengano  introdotti
incentivi affinche', unitamente alla produzione dell'energia  pulita,
essa serva a valorizzare l'agricoltura locale; ed, anzi,  l'art.  26,
comma 4-bis, del decreto-legge 1° ottobre 2007,  n.  159  (Interventi
urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equita'
sociale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge 29 novembre 2007, n. 222, lo  prevede  espressamente,  al  pari
dell'art. 8 del decreto del  Ministero  dello  sviluppo  economico  6
luglio 2012 (Attuazione dell'art. 24 del decreto legislativo 3  marzo
2011, n. 28,  recante  incentivazione  della  produzione  di  energia
elettrica da impianti a fonti rinnovabili diversi dai  fotovoltaici).
Si tratta, tuttavia, di profili che assumono rilievo nella sola  fase
posteriore alla localizzazione dell'opera, e che in  nessun  caso  ne
condizionano l'avvio, ai sensi dell'art. 12 del  d.lgs.  n.  387  del
2003. 
    Puo' aggiungersi  che,  come  questa  Corte  ha  gia'  affermato,
eventuali limiti a tale  localizzazione  non  possono  precedere,  da
parte della Regione, l'adozione delle linee guida (sentenze  n.  344,
n. 168 e n. 119 del 2010, n. 282  e  n.  166  del  2009),  anche  con
specifico riguardo alle zone agricole (sentenze n. 224 del 2012 e  n.
44 del 2011). 
    3.- L'accoglimento della questione basata  sull'art.  117,  terzo
comma,  Cost.,  consente  di  assorbire  la  censura  relativa   alla
violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    4.- Ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  va
dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  in  via  consequenziale
dell'art. 2, comma 5, della legge della  Regione  Puglia  n.  31  del
2008, che regola l'applicazione del divieto recato  dal  comma  4  ai
progetti presentati prima dell'entrata in vigore della legge,  e  che
resta del tutto privo di oggetto  a  seguito  della  declaratoria  di
incostituzionalita' dell'art. 2, comma 4, della medesima legge.