Ricorso della Regione Marche, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con deliberazione della Giunta regionale n. 683 del 4 giugno 2014, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Stefano Grassi del Foro di Firenze ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, piazza Barberini n. 12, come da procura speciale per atto del notaio Giuseppe Comparone di Ancona n. rep. 638 del 9 giugno 2014; Contro lo Stato, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri «pro tempore» per la dichiarazione di non spettanza allo Stato del potere di adottare i seguenti atti: a) nota prot. n. 74491 Rif. S.I. 2446/V dell'11 settembre 2013, con cui il Ragioniere Generale dello Stato ha disposto l'esecuzione presso la Regione Marche, da parte dei Servizi ispettivi di finanza pubblica, di una verifica amministrativo-contabile avente ad oggetto la gestione e le spese di personale, ai sensi dell'art. 60, comma 5, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165; b) nota M.E.F. - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato prot. n. 36675 del 14 aprile 2014, avente ad oggetto «Verifica amministrativo-contabile presso la Regione Marche» a firma del Ragioniere Generale dello Stato, con allegato elenco delle osservazioni ed allegati; c) relazione M.E.F. - Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato Generale di Finanza del 15 gennaio 2014 sulla verifica amministrativo-contabile presso la Regione Marche, eseguita dal 7 ottobre 2013 al 7 novembre 2013 (spese personale), trasmessa al Presidente della Regione Marche in data 24 aprile 2014, in quanto emanati in carenza di potere in ragione della illegittimita' costituzionale dell'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, nonche' in violazione della sfera di autonomia regionale costituzionalmente garantita dagli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost., e per l'effetto l'annullamento dei suddetti atti; la dichiarazione di non spettanza allo Stato del potere di adottare gli atti sopra richiamati sub a), b) e c), in quanto comunque emanati in violazione dell'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, nonche' della sfera di autonomia regionale costituzionalmente garantita dagli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost., e per l'effetto l'annullamento dei suddetti atti. Fatto 1. - Con nota prot. n. 74491 dell'11 settembre 2013 il Ragioniere Generale dello Stato ha disposto la verifica amministrativo-contabile ex art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, avente ad oggetto la gestione e le spese del personale della Regione Marche. Tale verifica, affidata dall'Ispettore generale capo di finanza al dirigente dei Servizi ispettivi di finanza pubblica, dott. Massimiliano Bardani, si e' svolta dal 7 ottobre al 7 novembre 2013 presso la Regione Marche. 1.1. - In allegato alla nota M.E.F. - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato prot. n. 36675 del 14 aprile 2014, il Ragioniere Generale dello Stato ha trasmesso sia al Presidente della Regione, sia alla Sezione regionale di controllo, sia, infine, alla Procura regionale della Corte dei conti per la Regione Marche, la relazione M.E.F. - Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato Generale di Finanza del 15 gennaio 2014, contenente i risultati del controllo effettuato dal dott. Bardani. 1.2. - Tale relazione contiene una serie di rilievi in ordine alla complessiva gestione del personale della Regione relativa agli anni 2008-2009-2010-2011-2012, sintetizzati come segue nell'elenco allegato alla nota nota M.E.F. - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato prot. n. 36675 del 14 aprile 2014: 1) Inosservanza del principio dell'adeguato accesso dall'esterno per gli anni 2008, 2010 e 2011; 2) Illegittima quantificazione delle risorse del fondo per la produttivita' collettiva e per il miglioramento del servizio del personale della Giunta, con particolare riguardo agli incrementi con risorse di bilancio, per gli anni 2008 e 2009, delle «risorse finalizzate a personale a tempo determinato programmi e progetti ex DGR n. 862/2008» e delle «risorse una tantum introduzione sistema premiante qualita'» in presenza di adeguate economie non utilizzate per far fronte, almeno in parte, a tali maggiori servizi; 3) Violazione dei principi di selettivita' meritocratica previsti dalla normativa vigente per l'effettuazione delle progressioni economiche orizzontali (PEO), poste in essere nel 2010 e nel 2011, a favore del personale della Giunta regionale, ricorrendo inoltre, per il 2011, allo scorrimento delle graduatorie gia' utilizzate per le PEO 2010; 4) Attribuzione generalizzate dei compensi per produttivita' sulla base di automatismi non selettivi; 5) Indebita erogazione di varie indennita': a) corrisposte in misura superiore all'indennita' di rischio; b) attribuite in modo generalizzato per l'esercizio di compiti che comportano specifiche responsabilita'; c) erogate in modo atipico sia rispetto a quanto previsto dalla disciplina contrattuale (articolo 17, comma 2, lettera g) sia per quanto riguarda le modalita' con cui sono state finanziate; d) imputate non a carico del fondo a seguito di regolare contrattazione bensi' a seguito di ordinanza di protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri (OPCM) adottata ai sensi dell'articolo 5, della legge 24 febbraio 1992, n. 225; 6) Incremento del fondo per il trattamento accessorio del Consiglio regionale mediante interventi legislativi regionali che vanificano la funzione delle norme contenute nella disciplina contrattuale nazionale; 7) Illegittimo conferimento di incarichi dirigenziali della Giunta regionale a tempo determinato oltre i limiti previsti dalla normativa nazionale e in assenza di procedure selettive; 8) Finanziamento della retribuzione di posizione e di risultato del Segretario generale della Giunta regionale con risorse non previste nel fondo per il trattamento accessorio della dirigenza; 9) Errata quantificazione del fondo per il trattamento accessorio della dirigenza: a) mediante interventi legislativi regionali che vanificano la funzione delle norme contenute nella disciplina contrattuale nazionale; b) conseguente alla mancata sottrazione dal fondo delle risorse destinate alla retribuzione di posizione dei dirigenti a tempo determinato; 10) Erogazione ad alcuni dirigenti della Giunta regionale di un compenso atipico denominato «indennita' di datore di lavoro» in violazione del principio di onnicomprensivita' della retribuzione accessoria; 11) Illegittima erogazione alla dirigenza della indennita' di risultato in assenza di un valido sistema di valutazione selettiva; 12) Anomalo procedimento di stabilizzazione dei precari: a) in base al cumulo dell'anzianita' maturata mediante contratti di collaborazione coordinata e continuativa e contratti a termine; b) con effettuazione delle suddette procedure oltre i termini di legge consentiti; 13) Illegittimo utilizzo dello scorrimento delle graduatorie per procedere, successivamente al 1° gennaio 2010, alle progressioni verticali per un numero di posti superiore a quello previsto. 1.3. - Occorre, inoltre, sottolineare che i rilievi formulati nella relazione da parte del dirigente dei Servizi ispettivi di finanza pubblica, a prescindere dal loro specifico contenuto, sono volti a segnalare: i) casi di asserito contrasto tra la legislazione regionale e la legislazione statale o la disciplina contenuta all'interno di contratti collettivi nazionali (cap. 2, par. 2.1.1, cap. 3, parr. 3.1.1, 3.2; cap. 4, parr. 4.1 e 4.2; cap. 5, par. 5.1); ii) casi di asserito contrasto tra norme contenute nei contratti collettivi decentrati e norme contenute nelle leggi o negli atti aventi forza di legge statali o nei contratti collettivi nazionali (cap. 3, parr. 3.1.1 e 3.2; cap. 4, par. 4.1); iii) ipotesi di mancata attuazione di disposizioni regionali (cap. 3, par. 3.1.1); iv) l'inosservanza del principio dell'adeguato accesso dall'esterno (cap. 1); v) ipotesi di asserito contrasto tra i criteri indicati dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome - e adottati dalla Regione Marche - ai fini della verifica in ordine alla riduzione delle spese per il personale e dei fondi dei dirigenti e del comparto e i criteri individuati, invece, in ordine alle medesime valutazioni, dalla Ragioneria generale dello Stato (cap. 2, parr. 2.1.1 e 2.1.2); vi) ipotesi di erogazioni previste da ordinanze della protezione civile che, ad avviso dell'ispettore del MEF, non trovano alcun fondamento in norme di legge o nei contratti collettivi nazionali (cap. 3, par. 3.1.1); vii) talune asserite criticita' che presenterebbe la disciplina - o, in qualche caso, che discenderebbero dal modo di applicazione della stessa - posta dai contratti collettivi decentrati (cap. 3, par. 3.1.1) o contenuta in delibere della Giunta regionale (cap. 4, par. 4.1) o dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale (cap. 5, par. 5.1). 1.4. - Sulla scorta dei rilievi critici formulati nella relazione dell'ispettore dott. Bardani, la Ragioneria Generale dello Stato, nella nota n. 36675 del 14 aprile 2014: a) ha affidato «all'iniziativa di codesta Regione l'adozione dei provvedimenti idonei all'eliminazione delle criticita' rilevate nella predetta relazione»; b) ha richiesto che «i relativi elementi informativi [siano] inviati, con nota a firma del rappresentante legale dell'ente, a questo Dipartimento, rispettando l'ordine ed il contenuto dei singoli rilievi» c) ha inviato, «ai fini dell'accertamento di eventuali responsabilita' per danno erariale», la relazione del Dott. Bardani alla competente Procura Generale della Corte dei conti, nonche' alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, in conformita' al disposto dell'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001. 2. - La Regione Marche, con deliberazione della Giunta n. 683 del 4 giugno 2014, ha deliberato di impugnare davanti a questa Corte, con ricorso per conflitto di attribuzione, la nota prot. n. 74491 Rif. S.I. 2446/V dell'11 settembre 2013, la nota prot. n. 36675 del 14 aprile 2014 della Ragioneria Generale dello Stato e la relazione del dirigente dei Servizi ispettivi di finanza pubblica, dott. Massimiliano Bardani, ad essa allegata, concernente la verifica amministrativo-contabile in ordine alle spese e alla gestione del personale della Regione, perche' illegittime e lesive dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta e garantita alla stessa Regione ricorrente, per le seguenti ragioni di Diritto 3. - In via preliminare si osserva che il ricorso e' ammissibile dal momento che sussiste con ogni evidenza il «tono costituzionale» del conflitto di attribuzioni promosso a mezzo di esso. Questa Corte, infatti, a partire dalla sentenza n. 771 del 1988, e per consolidata giurisprudenza, ha ritenuto «idoneo ad innescare un conflitto di attribuzione qualsiasi atto o comportamento significante, imputabile allo Stato o alla regione, purche' sia dotato di efficacia o di rilevanza esterna e sia diretto ad esprimere in modo chiaro ed inequivoco la pretesa di esercitare una data competenza il cui svolgimento possa determinare un'invasione della altrui sfera di attribuzioni». Ebbene, nel caso di specie non si puo' dubitare che tali condizioni di ammissibilita' siano soddisfatte: a ben vedere, gli atti indicati in epigrafe, in relazione ai quali si chiede a questa Corte la declaratoria di non spettanza in capo allo Stato del relativo potere di adottarli e il conseguente loro annullamento, sono atti con cui viene disposta la verifica amministrativo-contabile avente ad oggetto la gestione e le spese di personale, ai sensi dell'art. 60, comma 5, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (cfr. nota prot. n. 74491 Rif. S.I. 2446/V dell'11 settembre 2013); atti di trasmissione dei risultati di tale verifica (cfr. nota prot. n. 36675 del 14.04.2014, a firma del Ragioniere Generale dello Stato); atti contenenti i risultati del controllo amministrativo-contabile (cfr. relazione M.E.F. - Ragioneria generale dello Stato - Ispettorato Generale di Finanza, allegata alla citata nota del 14 aprile 2014). Si tratta, dunque, di atti con i quali e' stato esercitato il potere ispettivo di cui all'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001 e che, pertanto, presentano indubbia rilevanza esterna, dal momento che l'esercizio di tale potere e' confluito non solo nella segnalazione delle irregolarita' riscontrate dall'ispettore in sede di verifica ex art. 60, comma 5, ma altresi' nella richiesta, nei confronti della Regione Marche, di provvedere «all'adozione dei provvedimenti idonei all'eliminazione delle criticita' rilevate nella [...] relazione». In secondo luogo, tali atti determinano un evidente vulnus alla sfera di autonomia regionale costituzionalmente garantita: come si argomentera' piu' avanti, infatti, essi, da una parte, sono frutto di un potere che ex se non puo' piu' ritenersi compatibile con il quadro delle attribuzioni regionali esitato dalla riforma costituzionale di cui alla legge cost. n. 3 del 2001; dall'altra, discendono dall'illegittimo esercizio di tale potere ispettivo, dal momento che la verifica amministrativo-contabile e' andata ben oltre i confini tracciati dall'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, e ha dato vita ad un controllo sulla gestione e sulle spese del personale regionale particolarmente pervasivo e lesivo della sfera di autonomia organizzativa, legislativa, finanziaria e contabile della Regione Marche, garantita dagli artt. 114, 117 terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost. 4. - Non spettanza allo Stato del potere di adottare gli atti indicati in epigrafe sub a), b) e c) per carenza di potere e violazione della sfera di autonomia legislativa, organizzativa e finanziaria regionale costituzionalmente garantita, in ragione dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, in riferimento agli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost. 4.1. - Come gia' esposto nelle premesse di fatto, con nota prot. n. 74491 dell'11 settembre 2013, il Ragioniere Generale dello Stato ha disposto la verifica amministrativo-contabile in ordine alla gestione e alle spese del personale della Regione Marche. Tale verifica, i cui risultati sono stati esposti nella relazione dell'ispettore del MEF del 15 gennaio 2014, rientra tra le funzioni attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze dall'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, il quale prevede che quest'ultimo «anche su espressa richiesta del Ministro per la funzione pubblica, dispone visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, coordinate anche con altri analoghi servizi, per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati, denunciando alla Corte dei conti le irregolarita' riscontrate. Tali verifiche vengono eseguite presso le amministrazioni pubbliche, nonche' presso gli enti e le aziende di cui al comma 3. Ai fini dello svolgimento integrato delle verifiche ispettive, i servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato esercitano presso le predette amministrazioni, enti e aziende sia le funzioni di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio 1998, n. 38 e all'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 154, sia i compiti di cui all'articolo 27, comma quarto, della legge 29 marzo 1983, n. 93». Tuttavia, i richiamati arti. 3, comma 1, d.P.R. n. 38 del 1998, e 2, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 154 del 1998, sono stati abrogati dall'art. 26, lett. b) e lett. c), d.P.R. n. 43 del 2008, per cui delle disposizioni richiamate dal citato comma 5 dell'art. 60 del d.lgs. n. 165 del 2001, rimane tuttora in vigore solo l'art. 27, comma 4, legge n. 93 del 1983, ai sensi del quale «alle dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e' posto un contingente di cinque ispettori di finanza comandati dalla Ragioneria generale dello Stato e di cinque funzionari particolarmente esperti in materia, comandati dal Ministero dell'interno, i quali avranno il compito di verificare la corretta applicazione degli accordi collettivi stipulati presso le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, presso le regioni, le province, i comuni e gli altri enti pubblici di cui alla presente legge. Gli ispettori, nell'esercizio delle loro funzioni, hanno piena autonomia funzionale ed hanno l'obbligo di denunciare alla procura generale della Corte dei conti le irregolarita' riscontrate». In altri termini, tanto l'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, quanto l'art. 27, comma 4, legge n. 93 del 1983, limitano il potere ispettivo in ordine alla gestione finanziaria regionale, con specifico riguardo alle spese per il personale, alla sola verifica del rispetto, da parte della Regione, dei contratti collettivi nazionali e decentrati. 4.2. - Chiarito il quadro normativo concernente il potere ispettivo sulla gestione finanziaria regionale, occorre innanzitutto rilevare che la disposizione su cui trova fondamento il potere di verifica amministrativo-contabile alla base della relazione dell'ispettore del MEF (art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001), a seguito dell'entrata in vigore della l. cost. n. 3 del 2001 che ha riformato i rapporti tra Stato ed enti territoriali, non puo' che ritenersi costituzionalmente illegittima. E' evidente, infatti, che il suddetto potere ispettivo si pone in contrasto con i sopravvenuti parametri costituzionali di cui agli artt. 114 e seguenti della Costituzione. A tal proposito viene in rilievo la sentenza n. 219 del 2013 di questa ecc.ma Corte, con la quale e' stata dichiarata l'incostituzionalita' dell'analogo potere ispettivo attribuito al Ministero dell'economia e delle finanze dall'art. 1-bis, comma 4, d.l. n. 174 del 2012, il quale era intervenuto sull'art. 5, d.lgs. n. 149 del 2011. In particolare, nella pronuncia citata, questa Corte ha osservato che, sebbene essa stessa, nell'ambito della propria giurisprudenza, abbia ripetutamente riconosciuto la legittimita' di leggi statali intese ad acquisire dalle Regioni dati utili, anche nella prospettiva del coordinamento della finanza pubblica, ed in particolare in rapporto alle attribuzioni della Corte dei conti, «la disposizione impugnata eccede tali confini, circoscritti alla trasmissione da parte degli uffici regionali delle notizie ritenute sensibili, per attribuire non al giudice contabile, ma direttamente al Governo un potere di verifica sull'intero spettro delle attivita' amministrative e finanziarie della Regione, nel caso di squilibrio finanziario, per mezzo dei propri servizi ispettivi. Il grado e la rilevanza costituzionale dell'autonomia politica della Regione si misura anche sul terreno della sottrazione dei propri organi e dei propri uffici ad un generale potere di sorveglianza da parte del Governo, analogo a quello che spetta invece nei confronti degli enti appartenenti al plesso organizzativo statale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. [...]. L'ampiezza e l'incisivita' di un tale potere di verifica cela in definitiva un corrispondente potere di vigilanza, attivabile per mezzo dei servizi ispettivi dello Stato, volto a rilevare la cattiva gestione degli uffici da parte della Regione, cui spetta organizzarli ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. ». E ancora: «Ne' vale in senso contrario porre in rilievo che la disposizione impugnata e' finalizzata a rafforzare l'intervento della Corte dei conti. Allo scopo di contemperare l'autonomia costituzionale del sistema regionale con l'interesse unitario alla sana gestione amministrativa e finanziaria, e a soli fini collaborativi, l'art. 3 della legge n. 20 del 1994 ha individuato nella Corte dei conti l'organo al quale riservare il potere di «effettuare e disporre ispezioni e accertamenti diretti», anche nei confronti delle Regioni e delle Province autonome. E questa Corte, chiamata a giudicare della legittimita' costituzionale della normativa che introduceva in tal modo il controllo di gestione, ha stimato che tale attribuzione non costituisse un aspetto secondario dell'intervento in questione, ma ne fosse piuttosto un fondamento. Difatti, tale organo agisce «quale garante imparziale dell'equilibrio economico-finanziario del settore pubblico», «di modo che l'imputazione alla Corte dei conti del controllo sulla gestione esercitabile anche nei confronti delle amministrazioni regionali non puo' essere considerata come l'attribuzione di un potere che si contrappone alle autonomie delle regioni» (sentenza n. 29 del 1995). Ora, la norma impugnata supera il punto di sintesi che si era in tal modo raggiunto a tutela dell'autonomia regionale, affidando al Governo l'esercizio di un potere di verifica che, pur restando strumentale rispetto ai compiti del giudice contabile, ugualmente si divarica dal procedimento attivabile e gestibile da quest'ultimo, ed in definitiva si duplica in danno delle Regioni e delle Province autonome. Tale assetto normativo eccede i limiti propri dei principi di coordinamento della finanza pubblica, e si ripercuote sulla competenza legislativa regionale in materia di organizzazione degli uffici, per entrambi questi aspetti. Anzitutto, poiche' riserva all'apparato ministeriale un compito fino ad oggi consacrato all'imparziale apprezzamento della Corte dei conti (sentenze n. 198 del 2012, n. 179 del 2007, n. 267 del 2006 e n. 29 del 1995). Inoltre, poiche' cio' accade in difetto di proporzionalita' tra il mezzo impiegato ed il fine perseguito, non essendovi ragione di supporre l'inidoneita' degli ampi poteri ispettivi di quest'ultima a conseguire i medesimi risultati, secondo modalita' maggiormente compatibili con l'autonomia regionale». In altri termini, questa Corte, nella richiamata sentenza n. 219 del 19 luglio 2013, ha gia' affermato a chiare lettere che non puo' essere ammesso un generalizzato controllo statale sull'operato della Regioni, ed in particolare «un ben piu' penetrante potere generale di accesso agli uffici regionali», poiche' esso eccederebbe i principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica e si risolverebbe, in definitiva, non solo in una sovrapposizione rispetto alla funzione di controllo della Corte dei conti, ma soprattutto in una invasione dello spazio riservato all'autonomia legislativa e organizzativa delle Regioni. Peraltro, solo quest'ultimo tipo di controllo - in quanto affidato ad un organo terzo ed indipendente, di natura magistratuale - appare compatibile con l'autonomia regionale, in quanto esercitato in una logica non competitiva ma collaborativa e fondato su criteri di proporzionalita' Da questo punto di vista, quindi, la duplicazione e non giustificata sovrapposizione di azioni - di organi del Governo nazionale e della Corte dei conti - non solo risulta inutile e dannosa, ma, a ben vedere, comporta anche un ingiustificato utilizzo di risorse pubbliche. A cio' occorre aggiungere che i poteri ispettivi affidati al Ministero dell'economia e delle finanze sono stati censurati da questa ecc.ma Corte anche nella piu' recente sentenza n. 39 del 2014, con la quale sono state decise diverse questioni di costituzionalita' aventi ad oggetto buona parte delle disposizioni del d.l. n. 174 del 2012. Tra queste, in particolare, figurava l'art. 3, comma 1, lett. e), del d.l. citato, il quale affidava «[a]l Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato [le] verifiche sulla regolarita' della gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un ente evidenzi[asse], anche attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori: a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria; b) disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio; c) anomale modalita' di gestione dei servizi per conto di terzi; d) aumento non giustificato di spesa degli organi politici istituzionali». Nella decisione richiamata, questa Corte ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 3, comma 1, lett. e), d.l. n. 174 del 2012, in quanto «la disposizione impugnata eccede i limiti del legittimo intervento del legislatore statale, circoscritto da questa Corte alla facolta' di disciplinare obblighi di trasmissione da parte degli uffici regionali delle notizie ritenute sensibili, in quanto attribuisce non gia' ad un organo magistratuale terzo quale la Corte dei conti, bensi' direttamente al Governo un potere di verifica sull'intero spettro delle attivita' amministrative e finanziarie degli enti locali, sottraendolo, in tal modo, illegittimamente all'ambito riservato alla potesta' normativa di rango primario delle ricorrenti». Alla luce delle affermazioni rese da ultimo nella sentenza n. 39 del 2014, dunque, il potere di verifica amministrativo-contabile previsto dall'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, essendo affidato ad un organo del Governo e non alla Corte dei conti, non puo' che essere assimilato a quello previsto dall'art. 1-bis, comma 4, d.l. n. 174 del 2012, e dall'art. 3, comma 1, lett. e), del medesimo decreto-legge, entrambi dichiarati costituzionalmente illegittimi da questa Corte. E' del tutto evidente, pertanto, che anche la disposizione in parola, ancorche' formalmente vigente, e' affetta da un patente vizio di incostituzionalita' sopravvenuta - dal momento che la norma su cui si fonda il potere ispettivo di cui lo Stato ha preteso di fare uso con gli atti che qui si censurano e' anteriore all'entrata in vigore alla l. cost. n. 3 del 2001 - per violazione degli artt. 114, 117, 118 e 119 Cost., e che tale vizio, essendo dovuto ad un contrasto della disposizione statale con le disposizioni costituzionali invocate, che garantiscono l'autonomia regionale sotto diversi profili, si risolve in una chiara lesione proprio di tale autonomia, con specifico riferimento al versante organizzativo, legislativo, finanziario e di bilancio, tutelati dalle citate norme costituzionali. 4.3. - In virtu' di quanto appena esposto, la Regione ricorrente chiede a questa ecc.ma Corte di sollevare dinanzi a se stessa la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, in riferimento agli artt. 114, 117, 118 e 119 Cost., dal momento che trattasi di questione da ritenere senz'altro rilevante ai fini della decisione del presente conflitto, oltre che non manifestamente infondata. Quanto al primo profilo si osserva, infatti, che laddove la questione dovesse essere accolta, la conseguente declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, determinerebbe inevitabilmente l'accoglimento del presente motivo di ricorso per conflitto di attribuzione. Di qui la sicura rilevanza della questione di legittimita' costituzionale in questa sede sollevata. Quanto al profilo della non manifesta infondatezza, essa discende con evidenza dalle ragioni ampiamente esposte nell'ambito della presente censura circa la non spettanza allo Stato del potere di adottare gli atti impugnati e la connessa lesione delle attribuzioni regionali che da questi ultimi scaturisce. 5. - Non spettanza allo Stato del potere di adottare gli atti indicati in epigrafe sub a), b) e c) per violazione della sfera di autonomia legislativa, organizzativa e finanziaria regionale, con particolare riferimento agli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost., sotto il profilo dell'illegittimo esercizio del potere ispettivo di cui all'art. 60, comma 5, d.lgs. 165 del 2001. 5.1. - Il potere ispettivo di cui all'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, oltre ad essere fondato su una norma costituzionalmente illegittima, e' stato esercitato comunque in modo da travalicare i limiti ad esso posti dalla stessa disposizione che lo ha istituito e che lo disciplina, arrecando, cosi', un grave vulnus all'autonomia legislativa, organizzativa, finanziaria e contabile della Regione Marche, costituzionalmente garantita dagli artt. 114 ss. Cost. Come si e' anticipato nel par. 4.1., infatti, l'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, considerate le abrogazioni scaturite dal d.P.R. n. 43 del 2008, limita il potere ispettivo in ordine alla gestione finanziaria regionale, con specifico riguardo alle spese per il personale, al solo controllo amministrativo-contabile delle spese conseguenti agli «oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati», nonche' alla «corretta applicazione degli accordi collettivi stipulati» (cfr. art. 27, comma 4, legge n. 93 del 1983, richiamato dal comma 5 dell'art. 60), restando, evidentemente, esclusa ogni altra valutazione eccedente la mera verifica del rispetto dei contratti collettivi nazionali e decentrati. Tuttavia, l'impugnata relazione dell'Ispettore dott. Bardani rivela che, nel caso di specie, l'esercizio in concreto del potere ispettivo di cui all'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, non si e' mantenuto affatto entro i confini tracciati dalla citata disposizione, ma li ha violati sotto diversi profili, finendo, cosi', per determinare una evidente ed illegittima compressione della sfera di autonomia regionale garantita dagli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost., ben oltre quanto la stessa disciplina legislativa - pure costituzionalmente illegittima - avrebbe consentito. 5.2. - In primo luogo, tale travalicamento dei limiti posti dallo stesso art. 60, comma 5, al potere ispettivo da esso disciplinato si e' risolto in una serie di rilievi formulati dall'Ispettore del Ministero dell'economia e delle finanze volti a segnalare casi di asserito contrasto tra la legislazione regionale e la legislazione statale o la disciplina contenuta all'interno di contratti collettivi nazionali (cfr. cap. 2, par. 2.1.1; cap. 3, parr. 3.1.1, 3.2; cap. 4, parr. 4.1 e 4.2; cap. 5, par. 5.1 della relazione del dott. Bardani, allegata alla nota prot. n. 36675 del 14 aprile 2014 del Ragioniere Generale dello Stato). Si tratta, a ben vedere, di un controllo invasivo della sfera di autonomia legislativa e amministrativa della Regione, a maggior ragione ove si pensi che le disposizioni regionali rispetto alle quali sono stati rilevati taluni profili di criticita' dall'ispettore del MEF in relazione a norme di leggi dello Stato non sono state tempestivamente impugnate da quest'ultimo dinanzi alla Corte costituzionale e sono ad oggi pienamente vigenti nell'ordinamento e applicabili. Al riguardo, innanzitutto, non si puo' in alcun modo considerare ammissibile che il potere di verifica degli ispettori del MEF incida sull'efficacia delle leggi regionali: il sindacato di legittimita' su leggi regionali, come e' noto, e' definito in maniera incontrovertibile dagli articoli 127 e 134 della Costituzione e compete in via esclusiva alla Corte costituzionale. Tale affermazione e' peraltro confermata da questa ecc.ma Corte non solo nella giurisprudenza con cui ha affermato l'inderogabile principio di unicita' della giurisdizione costituzionale (cfr., per tutte, sent. n. 31 del 1961), ma anche nella recentissima e gia' citata sentenza n. 39 del 2014. Con quest'ultima pronuncia, infatti, questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 7, d.l. n. 174 del 2012, laddove affidava alla Corte dei conti il controllo sui bilanci e i rendiconti consuntivi delle Regioni, ovvero su atti legislativi regionali. Si legge, in particolare, che «la disposizione impugnata ha introdotto una nuova forma di controllo di legittimita' costituzionale delle leggi che illegittimamente si aggiunge a quello effettuato dalla Corte costituzionale, alla quale l'art. 134 Cost. affida in via esclusiva il compito di garantire la legittimita' costituzionale della legislazione (anche regionale) attraverso pronunce idonee a determinare la cessazione dell'efficacia giuridica delle leggi dichiarate illegittime (sul principio dell'unicita' della giurisdizione costituzionale, «che non tollera deroghe o attenuazioni di alcun genere», sentenza n. 31 del 1961, nonche' sentenze n. 6 del 1970, n. 21 del 1959, n. 38 del 1957, sulla giurisdizione dell'Alta Corte per la Regione siciliana). Da cio' la lesione anche dell'art. 134 Cost., la quale determina una compromissione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni, atteso che il controllo di legittimita' costituzionale che la norma impugnata attribuisce alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti in violazione di detta disposizione della Costituzione ha a oggetto, specificamente, le leggi con le quali le Regioni approvano i propri bilanci e rendiconti». A cio' occorre aggiungere che dai rilevi in ordine ai casi di asserito contrasto tra leggi regionali e leggi statali o contratti collettivi nazionali consegue, per la Regione, l'obbligo di eliminare tali «criticita'»: e cio' inevitabilmente comporta che quest'ultima debba attivarsi al fine di modificare le proprie leggi censurate a seguito dell'esercizio del potere ispettivo di cui all'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001. E' evidente, pertanto, che laddove il potere ispettivo si appunti, come nel caso di specie, su leggi regionali esso finisce con il tradursi nella illegittima pretesa di introdurre un vincolo per il legislatore regionale stesso: tuttavia, una simile conclusione, ancora una volta, e' stata espressamente esclusa da questa Corte nella citata sentenza n. 39 del 2014, seppure in riferimento al controllo della Corte dei conti sui bilanci e sui rendiconti regionali: «La disposizione impugnata attribuisce, dunque, alle pronunce di accertamento e di verifica delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti l'effetto, da un canto, di vincolare il contenuto della produzione legislativa delle Regioni, obbligate a modificare le proprie leggi di bilancio, dall'altro, di inibire l'efficacia di tali leggi in caso di inosservanza del suddetto obbligo (per la mancata trasmissione dei provvedimenti modificativi o per la inadeguatezza degli stessi). Tali effetti non possono essere fatti discendere da una pronuncia della Corte dei conti, le cui funzioni di controllo non possono essere spinte sino a vincolare il contenuto degli atti legislativi o a privarli dei loro effetti. Le funzioni di controllo della Corte dei conti trovano infatti un limite nella potesta' legislativa dei Consigli regionali che, in base all'assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione, la esercitano in piena autonomia politica, senza che organi a essi estranei possano ne' vincolarla ne' incidere sull'efficacia degli atti che ne sono espressione (salvo, beninteso, il sindacato di costituzionalita' delle leggi regionali spettante alla Corte costituzionale). La Corte dei conti, d'altro canto, e' organo che - come, in generale, la giurisdizione e l'amministrazione - e' sottoposto alla legge (statale e regionale); la previsione che una pronuncia delle sezioni regionali di controllo di detta Corte possa avere l'effetto di inibire l'efficacia di una legge si configura, percio', come palesemente estranea al nostro ordinamento costituzionale e lesiva della potesta' legislativa regionale». Le funzioni di controllo della Corte dei conti, dunque, trovano un limite nella potesta' legislativa dei Consigli regionali che, in base all'assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione, la esercitano in piena autonomia politica, senza che organi a essi estranei possano ne' vincolarla ne' incidere sull'efficacia degli atti che ne sono espressione (salvo, beninteso, il sindacato di costituzionalita' delle leggi regionali spettante alla Corte costituzionale). Tale ragionamento non puo' che estendersi a fortiori nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze: quest'ultimo, infatti, alla stregua della Corte dei conti, non puo' effettuare un controllo le cui conseguenze si traducano in un qualsiasi tipo di vincolo per il legislatore regionale senza violare la sfera di autonomia legislativa regionale costituzionalmente garantita. Da quanto rappresentato si deduce agevolmente che le disposizioni di legge regionale, le quali disciplinano la consistenza e la gestione dei fondi contrattuali o aspetti connessi a percorsi di stabilizzazione del personale precario o di estensione di validita' delle graduatorie selettive, non possono essere in alcun modo censurate o considerate direttamente inapplicabili dagli ispettori del Ministero dell'economia e delle finanze: diversamente, come si e' avuto modo di argomentare, il controllo effettuato in ragione dell'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, non puo' che risolversi - come nel caso di specie - in una evidente e illegittima compressione dell'autonomia legislativa regionale costituzionalmente garantita, nonche', data la materia a cui quest'ultima si riferisce, ovvero quella relativa alla gestione e alle spese del personale regionale, in una altrettanto illegittima e chiara lesione della sfera di autonomia organizzativa, finanziaria e contabile della Regione con conseguente violazione degli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost. 5.3. - L'illegittimita' dell'esercizio del potere ispettivo di cui all'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, discende altresi' dalla circostanza, anch'essa agevolmente ricavabile dalla impugnata relazione dell'ispettore del Ministero dell'economia e delle finanze, che l'esito di tale verifica amministrativo contabile si e' risolto, come anticipato nel par. 1.3, in una serie di rilievi volti a segnalare: i) casi di asserito contrasto tra norme contenute nei contratti collettivi decentrati e norme contenute nelle leggi o negli atti aventi forza di legge statali o nei contratti collettivi nazionali (cap. 3, parr. 3.1.1 e 3.2; cap. 4, par. 4.1); ii) ipotesi di mancata attuazione di disposizioni regionali (cap. 3, par. 3.1.1); iii) l'inosservanza del principio dell'adeguato accesso dall'esterno (cap. 1); iv) ipotesi di asserito contrasto tra i criteri indicati dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome - e adottati dalla Regione Marche - ai fini della verifica in ordine alla riduzione delle spese per il personale e dei fondi dei dirigenti e del comparto e i criteri individuati, invece, in ordine alle medesime valutazioni, dalla Ragioneria generale dello Stato (cap. 2, parr. 2.1.1 e 2.1.2); v) ipotesi di erogazioni previste da ordinanze della protezione civile che, ad avviso dell'ispettore del MEF, non trovano alcun fondamento in norme di legge o nei contratti collettivi nazionali (cap. 3, par. 3.1.1); vi) talune asserite criticita' che presenterebbe la disciplina - o, in qualche caso, che discenderebbero dal modo di applicazione della stessa - posta dai contratti collettivi decentrati (cap. 3, par. 3.1.1) o contenuta in delibere della Giunta regionale (cap. 4, par. 4.1) o dell'Ufficio di presidenza del Consiglio regionale (cap. 5, par. 5.1). Tutti i rilevi richiamati, a ben vedere, denotano inconfutabilmente che l'ispettore del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'esercizio del potere ispettivo ex art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, non si e' affatto mantenuto entro i confini tracciati dalla citata disposizione statale: quest'ultima - e' bene ricordarlo - affida al Ministero una verifica amministrativo-contabile «per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei contratti collettivi nazionali e decentrati», ossia un controllo limitato alla verifica della spesa con riguardo all'osservanza dei contratti collettivi nazionali e decentrati. E' evidente, dunque, che tale controllo non puo' in alcun modo spingersi fino a ricomprendere un sindacato sui contratti collettivi decentrati in riferimento - quale parametro - ai contenuti dei contratti collettivi nazionali. Ne' tantomeno puo' ritenersi legittimo, alla luce della previsione di cui all'art. 60, comma 5, l'esercizio del potere di controllo sulla gestione del personale qualora esso pretenda di estendersi a verificare l'attuazione di disposizioni regionali: semmai, il controllo avrebbe dovuto riguardare l'attuazione, da parte della legislazione regionale, dei contratti collettivi decentrati e nazionali. A fortiori, infine, esorbitano dai limiti del controllo ex art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, tutti quei rilievi critici sintetizzati sub iii), iv), v), e vi). Se, infatti, il potere ispettivo del Ministero dell'economia e delle finanze dovesse interpretarsi in senso estensivo e - di conseguenza ed inevitabilmente - a tal punto pervasivo nei confronti dell'autonomia regionale da ricomprendere anche i profili di controllo di cui ai richiamati punti sub iii), iv), v), e vi), tale potere non riuscirebbe affatto a contemperare - come auspicato da questa Corte nella sentenza n. 219 del 2013, con specifico riferimento alla funzione di controllo della Corte dei conti - l'autonomia costituzionale del sistema regionale, garantita dagli artt. 114 ss. della Costituzione, con l'interesse unitario alla sana gestione amministrativa e finanziaria, ma risulterebbe totalmente sbilanciato a favore del secondo e a discapito della prima. In definitiva, dunque, il potere di cui all'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, qualora esercitato - come nel caso di specie - fuori dai confini tracciati dalla disposizione legislativa in parola, si traduce inevitabilmente in una illegittima violazione della sfera di autonomia organizzativa, contabile e finanziaria della Regione, costituzionalmente garantita dagli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, 118 e 119 Cost., dal momento che le scelte in materia di gestione e spese del personale regionale richiedono che quest'ultima eserciti pienamente la propria autonomia, non solo organizzativa e legislativa (venendo in rilievo, nel caso di specie, sia il «coordinamento della finanza pubblica», sia la competenza legislativa residuale regionale in materia di «organizzazione degli uffici», come riconosciuto espressamente da questa Corte nella sentenza n. 219 del 2013, in riferimento a caso del tutto analogo), bensi' anche finanziaria e contabile, come emerge con chiarezza dallo stesso art. 1, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 165 del 2001, il quale indica tra le finalita' principali del decreto legislativo medesimo quella di «razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di finanza pubblica».