Ricorso della Regione Marche,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore della Giunta regionale, a cio' autorizzato con  deliberazione
della Giunta regionale n. 683 del  4  giugno  2014,  rappresentato  e
difeso  dall'avv.  prof.  Stefano  Grassi  del  Foro  di  Firenze  ed
elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo  in  Roma,
piazza Barberini n. 12, come da procura speciale per atto del  notaio
Giuseppe Comparone di Ancona n. rep. 638 del 9 giugno 2014; 
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri «pro tempore» per 
        la dichiarazione di non spettanza allo Stato  del  potere  di
adottare i seguenti atti: 
          a) nota prot. n. 74491 Rif. S.I. 2446/V  dell'11  settembre
2013,  con  cui  il  Ragioniere  Generale  dello  Stato  ha  disposto
l'esecuzione presso la Regione Marche, da parte dei Servizi ispettivi
di finanza pubblica, di una verifica amministrativo-contabile  avente
ad oggetto la gestione e le spese di personale,  ai  sensi  dell'art.
60, comma 5, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165; 
          b) nota M.E.F. -  Dipartimento  della  Ragioneria  Generale
dello Stato prot. n. 36675 del 14  aprile  2014,  avente  ad  oggetto
«Verifica amministrativo-contabile presso la Regione Marche» a  firma
del Ragioniere  Generale  dello  Stato,  con  allegato  elenco  delle
osservazioni ed allegati; 
          c) relazione M.E.F. - Ragioneria  generale  dello  Stato  -
Ispettorato Generale di Finanza del 15 gennaio  2014  sulla  verifica
amministrativo-contabile presso la Regione  Marche,  eseguita  dal  7
ottobre 2013 al 7  novembre  2013  (spese  personale),  trasmessa  al
Presidente della Regione Marche in data 24  aprile  2014,  in  quanto
emanati  in  carenza  di  potere  in  ragione  della   illegittimita'
costituzionale dell'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, nonche'
in violazione della sfera di autonomia  regionale  costituzionalmente
garantita dagli artt. 114, 117, terzo  e  quarto  comma,  118  e  119
Cost., e per l'effetto l'annullamento dei suddetti atti; 
        la dichiarazione di non spettanza allo Stato  del  potere  di
adottare gli atti sopra  richiamati  sub  a),  b)  e  c),  in  quanto
comunque emanati in violazione dell'art. 60, comma 5, d.lgs.  n.  165
del   2001,   nonche'   della   sfera    di    autonomia    regionale
costituzionalmente garantita dagli artt. 114,  117,  terzo  e  quarto
comma, 118 e 119 Cost., e per l'effetto l'annullamento  dei  suddetti
atti. 
 
                                Fatto 
 
    1. - Con nota prot. n. 74491 dell'11 settembre 2013 il Ragioniere
Generale dello Stato ha disposto la verifica amministrativo-contabile
ex art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001,  avente  ad  oggetto  la
gestione e le spese del personale della Regione Marche. 
    Tale verifica, affidata dall'Ispettore generale capo  di  finanza
al  dirigente  dei  Servizi  ispettivi  di  finanza  pubblica,  dott.
Massimiliano Bardani, si e' svolta dal 7 ottobre al 7  novembre  2013
presso la Regione Marche. 
    1.1.  -  In  allegato  alla  nota  M.E.F.  -  Dipartimento  della
Ragioneria Generale dello Stato prot. n. 36675 del 14 aprile 2014, il
Ragioniere Generale dello Stato ha trasmesso sia al Presidente  della
Regione, sia alla Sezione regionale di controllo, sia,  infine,  alla
Procura regionale della Corte dei conti per  la  Regione  Marche,  la
relazione M.E.F. - Ragioneria  generale  dello  Stato  -  Ispettorato
Generale di Finanza del 15 gennaio 2014, contenente i  risultati  del
controllo effettuato dal dott. Bardani. 
    1.2. - Tale relazione contiene una serie  di  rilievi  in  ordine
alla complessiva gestione del personale della Regione  relativa  agli
anni 2008-2009-2010-2011-2012, sintetizzati  come  segue  nell'elenco
allegato alla  nota  nota  M.E.F.  -  Dipartimento  della  Ragioneria
Generale dello Stato prot. n. 36675 del 14 aprile 2014: 
        1)   Inosservanza   del   principio   dell'adeguato   accesso
dall'esterno per gli anni 2008, 2010 e 2011; 
        2) Illegittima quantificazione delle risorse del fondo per la
produttivita' collettiva e per  il  miglioramento  del  servizio  del
personale della Giunta, con particolare riguardo agli incrementi  con
risorse di bilancio,  per  gli  anni  2008  e  2009,  delle  «risorse
finalizzate a personale a tempo determinato programmi e  progetti  ex
DGR n. 862/2008» e delle «risorse  una  tantum  introduzione  sistema
premiante qualita'» in presenza di adeguate economie  non  utilizzate
per far fronte, almeno in parte, a tali maggiori servizi; 
        3) Violazione  dei  principi  di  selettivita'  meritocratica
previsti  dalla   normativa   vigente   per   l'effettuazione   delle
progressioni economiche orizzontali (PEO), poste in essere nel 2010 e
nel 2011, a favore del personale della Giunta  regionale,  ricorrendo
inoltre,  per  il  2011,  allo  scorrimento  delle  graduatorie  gia'
utilizzate per le PEO 2010; 
        4) Attribuzione generalizzate dei compensi per  produttivita'
sulla base di automatismi non selettivi; 
        5) Indebita erogazione di varie indennita': 
          a)  corrisposte  in  misura  superiore  all'indennita'   di
rischio; 
          b) attribuite in  modo  generalizzato  per  l'esercizio  di
compiti che comportano specifiche responsabilita'; 
          c) erogate in modo atipico sia rispetto a  quanto  previsto
dalla disciplina contrattuale (articolo 17, comma 2, lettera  g)  sia
per quanto riguarda le modalita' con cui sono state finanziate; 
          d) imputate non a carico del fondo a  seguito  di  regolare
contrattazione bensi' a seguito di  ordinanza  di  protezione  civile
della Presidenza del Consiglio dei Ministri (OPCM) adottata ai  sensi
dell'articolo 5, della legge 24 febbraio 1992, n. 225; 
        6) Incremento del fondo per  il  trattamento  accessorio  del
Consiglio regionale mediante  interventi  legislativi  regionali  che
vanificano  la  funzione  delle  norme  contenute  nella   disciplina
contrattuale nazionale; 
        7) Illegittimo conferimento di incarichi  dirigenziali  della
Giunta regionale a tempo determinato oltre i  limiti  previsti  dalla
normativa nazionale e in assenza di procedure selettive; 
        8)  Finanziamento  della  retribuzione  di  posizione  e   di
risultato del Segretario generale della Giunta regionale con  risorse
non previste nel fondo per il trattamento accessorio della dirigenza; 
        9)  Errata  quantificazione  del  fondo  per  il  trattamento
accessorio della dirigenza: 
          a) mediante interventi legislativi regionali che vanificano
la funzione  delle  norme  contenute  nella  disciplina  contrattuale
nazionale; 
          b) conseguente alla mancata  sottrazione  dal  fondo  delle
risorse destinate alla retribuzione  di  posizione  dei  dirigenti  a
tempo determinato; 
        10) Erogazione ad alcuni dirigenti della Giunta regionale  di
un compenso atipico denominato «indennita' di datore  di  lavoro»  in
violazione del principio  di  onnicomprensivita'  della  retribuzione
accessoria; 
        11) Illegittima erogazione alla dirigenza della indennita' di
risultato in assenza di un valido sistema di valutazione selettiva; 
        12) Anomalo procedimento di stabilizzazione dei precari: 
          a) in base  al  cumulo  dell'anzianita'  maturata  mediante
contratti di collaborazione coordinata e continuativa e  contratti  a
termine; 
          b) con  effettuazione  delle  suddette  procedure  oltre  i
termini di legge consentiti; 
        13) Illegittimo utilizzo dello scorrimento delle  graduatorie
per procedere, successivamente al 1° gennaio 2010, alle  progressioni
verticali per un numero di posti superiore a quello previsto. 
    1.3. - Occorre, inoltre, sottolineare  che  i  rilievi  formulati
nella relazione da parte  del  dirigente  dei  Servizi  ispettivi  di
finanza pubblica, a prescindere dal loro  specifico  contenuto,  sono
volti a segnalare: 
        i) casi di asserito contrasto tra la legislazione regionale e
la legislazione statale o  la  disciplina  contenuta  all'interno  di
contratti collettivi nazionali (cap. 2, par.  2.1.1,  cap.  3,  parr.
3.1.1, 3.2; cap. 4, parr. 4.1 e 4.2; cap. 5, par. 5.1); 
        ii) casi  di  asserito  contrasto  tra  norme  contenute  nei
contratti collettivi decentrati e norme contenute nelle leggi o negli
atti aventi  forza  di  legge  statali  o  nei  contratti  collettivi
nazionali (cap. 3, parr. 3.1.1 e 3.2; cap. 4, par. 4.1); 
        iii) ipotesi di mancata attuazione di disposizioni  regionali
(cap. 3, par. 3.1.1); 
        iv)  l'inosservanza  del  principio   dell'adeguato   accesso
dall'esterno (cap. 1); 
        v) ipotesi di asserito contrasto tra i criteri indicati dalla
Conferenza delle Regioni e delle Province autonome - e adottati dalla
Regione Marche - ai fini della  verifica  in  ordine  alla  riduzione
delle spese per il personale e dei fondi dei dirigenti e del comparto
e i criteri individuati, invece, in ordine alle medesime valutazioni,
dalla Ragioneria generale dello Stato (cap. 2, parr. 2.1.1 e 2.1.2); 
        vi)  ipotesi  di  erogazioni  previste  da  ordinanze   della
protezione civile che, ad avviso dell'ispettore del MEF, non  trovano
alcun fondamento  in  norme  di  legge  o  nei  contratti  collettivi
nazionali (cap. 3, par. 3.1.1); 
        vii)  talune  asserite  criticita'   che   presenterebbe   la
disciplina - o, in qualche caso,  che  discenderebbero  dal  modo  di
applicazione della stessa - posta dai contratti collettivi decentrati
(cap. 3, par. 3.1.1) o contenuta in delibere della  Giunta  regionale
(cap. 4,  par.  4.1)  o  dell'Ufficio  di  presidenza  del  Consiglio
regionale (cap. 5, par. 5.1). 
    1.4. - Sulla scorta dei rilievi critici formulati nella relazione
dell'ispettore dott. Bardani, la  Ragioneria  Generale  dello  Stato,
nella nota n. 36675 del 14 aprile 2014: 
        a) ha affidato «all'iniziativa di codesta Regione  l'adozione
dei provvedimenti idonei all'eliminazione delle  criticita'  rilevate
nella predetta relazione»; 
        b) ha richiesto che «i relativi elementi informativi  [siano]
inviati, con nota a firma  del  rappresentante  legale  dell'ente,  a
questo Dipartimento, rispettando l'ordine ed il contenuto dei singoli
rilievi» 
        c)  ha  inviato,  «ai  fini  dell'accertamento  di  eventuali
responsabilita' per danno erariale», la relazione del  Dott.  Bardani
alla competente Procura Generale della Corte dei conti, nonche'  alla
Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, in  conformita'
al disposto dell'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001. 
    2. - La Regione Marche, con deliberazione della Giunta n. 683 del
4 giugno 2014, ha deliberato di impugnare davanti a questa Corte, con
ricorso per conflitto di attribuzione, la nota prot.  n.  74491  Rif.
S.I. 2446/V dell'11 settembre 2013, la nota prot.  n.  36675  del  14
aprile 2014 della Ragioneria Generale dello Stato e la relazione  del
dirigente  dei  Servizi  ispettivi   di   finanza   pubblica,   dott.
Massimiliano Bardani,  ad  essa  allegata,  concernente  la  verifica
amministrativo-contabile in ordine alle spese  e  alla  gestione  del
personale della Regione, perche' illegittime e lesive  dell'autonomia
costituzionalmente  riconosciuta  e  garantita  alla  stessa  Regione
ricorrente, per le seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
    3. - In via preliminare si osserva che il ricorso e'  ammissibile
dal momento che sussiste con ogni evidenza il  «tono  costituzionale»
del conflitto di attribuzioni promosso a mezzo di esso. 
    Questa Corte, infatti, a partire dalla sentenza n. 771 del  1988,
e per consolidata giurisprudenza, ha ritenuto «idoneo ad innescare un
conflitto   di   attribuzione   qualsiasi   atto   o    comportamento
significante, imputabile allo  Stato  o  alla  regione,  purche'  sia
dotato di efficacia o di rilevanza esterna e sia diretto ad esprimere
in modo chiaro ed  inequivoco  la  pretesa  di  esercitare  una  data
competenza il cui svolgimento possa  determinare  un'invasione  della
altrui sfera di attribuzioni». Ebbene, nel caso di specie non si puo'
dubitare che tali condizioni di ammissibilita' siano  soddisfatte:  a
ben vedere, gli atti indicati in epigrafe, in relazione ai  quali  si
chiede a questa Corte la declaratoria di non spettanza in  capo  allo
Stato  del  relativo  potere  di  adottarli  e  il  conseguente  loro
annullamento,  sono  atti  con  cui  viene   disposta   la   verifica
amministrativo-contabile avente ad oggetto la gestione e le spese  di
personale, ai sensi dell'art. 60, comma 5, d.lgs. 30 marzo  2001,  n.
165 (cfr. nota prot. n. 74491  Rif.  S.I.  2446/V  dell'11  settembre
2013); atti di trasmissione dei risultati di tale verifica (cfr. nota
prot. n. 36675 del 14.04.2014, a firma del Ragioniere Generale  dello
Stato);    atti    contenenti    i    risultati     del     controllo
amministrativo-contabile (cfr. relazione M.E.F. - Ragioneria generale
dello Stato - Ispettorato Generale di Finanza, allegata  alla  citata
nota del 14 aprile 2014). Si tratta, dunque, di atti con i  quali  e'
stato esercitato il potere ispettivo di cui  all'art.  60,  comma  5,
d.lgs. n. 165 del 2001 e che, pertanto, presentano indubbia rilevanza
esterna, dal momento che l'esercizio di tale potere e' confluito  non
solo   nella    segnalazione    delle    irregolarita'    riscontrate
dall'ispettore in sede di verifica ex art. 60, comma 5,  ma  altresi'
nella richiesta, nei confronti della Regione  Marche,  di  provvedere
«all'adozione  dei  provvedimenti   idonei   all'eliminazione   delle
criticita' rilevate nella [...] relazione». 
    In secondo luogo, tali atti determinano un evidente  vulnus  alla
sfera di autonomia regionale costituzionalmente  garantita:  come  si
argomentera' piu' avanti, infatti, essi, da una parte, sono frutto di
un potere che ex se non puo' piu' ritenersi compatibile con il quadro
delle attribuzioni regionali esitato dalla riforma costituzionale  di
cui  alla  legge  cost.  n.  3  del  2001;   dall'altra,   discendono
dall'illegittimo esercizio di tale potere ispettivo, dal momento  che
la verifica amministrativo-contabile e' andata ben  oltre  i  confini
tracciati dall'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001,  e  ha  dato
vita ad un controllo sulla  gestione  e  sulle  spese  del  personale
regionale particolarmente pervasivo e lesivo della sfera di autonomia
organizzativa, legislativa, finanziaria  e  contabile  della  Regione
Marche, garantita dagli artt. 114, 117 terzo e quarto  comma,  118  e
119 Cost. 
    4. - Non spettanza allo Stato del potere  di  adottare  gli  atti
indicati in epigrafe sub  a),  b)  e  c)  per  carenza  di  potere  e
violazione della sfera  di  autonomia  legislativa,  organizzativa  e
finanziaria  regionale  costituzionalmente  garantita,   in   ragione
dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 60, comma 5,  d.lgs.  n.
165 del 2001, in riferimento agli artt.  114,  117,  terzo  e  quarto
comma, 118 e 119 Cost. 
    4.1. - Come gia' esposto nelle premesse di fatto, con nota  prot.
n. 74491 dell'11 settembre 2013, il Ragioniere Generale  dello  Stato
ha disposto  la  verifica  amministrativo-contabile  in  ordine  alla
gestione e alle  spese  del  personale  della  Regione  Marche.  Tale
verifica,  i  cui  risultati  sono  stati  esposti  nella   relazione
dell'ispettore del MEF del 15 gennaio 2014, rientra tra  le  funzioni
attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze  dall'art.  60,
comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, il quale  prevede  che  quest'ultimo
«anche su espressa richiesta del Ministro per la  funzione  pubblica,
dispone visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di finanza del
Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, coordinate  anche
con altri analoghi servizi, per la valutazione e  la  verifica  delle
spese,  con  particolare  riferimento  agli   oneri   dei   contratti
collettivi nazionali e decentrati, denunciando alla Corte  dei  conti
le irregolarita' riscontrate. Tali verifiche vengono eseguite  presso
le amministrazioni pubbliche, nonche' presso gli enti e le aziende di
cui al comma 3. Ai fini dello svolgimento integrato  delle  verifiche
ispettive, i servizi ispettivi  di  finanza  del  Dipartimento  della
ragioneria  generale  dello  Stato  esercitano  presso  le   predette
amministrazioni, enti e aziende sia le funzioni di  cui  all'articolo
3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica  20  febbraio
1998, n. 38 e all'articolo 2, comma 1, lettera  b)  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 154, sia i compiti  di
cui all'articolo 27, comma quarto, della legge 29 marzo 1983, n. 93». 
    Tuttavia, i richiamati arti. 3, comma 1, d.P.R. n. 38 del 1998, e
2, comma 1, lett. b), d.P.R. n. 154 del  1998,  sono  stati  abrogati
dall'art. 26, lett. b) e lett. c), d.P.R. n. 43  del  2008,  per  cui
delle disposizioni richiamate dal citato comma  5  dell'art.  60  del
d.lgs. n. 165 del 2001, rimane tuttora  in  vigore  solo  l'art.  27,
comma 4, legge n. 93 del 1983, ai sensi del  quale  «alle  dipendenze
della Presidenza del Consiglio  dei  Ministri  -  Dipartimento  della
funzione pubblica e' posto un  contingente  di  cinque  ispettori  di
finanza comandati dalla Ragioneria generale dello Stato e  di  cinque
funzionari  particolarmente  esperti  in   materia,   comandati   dal
Ministero dell'interno, i quali avranno il compito di  verificare  la
corretta applicazione degli accordi collettivi  stipulati  presso  le
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, presso le
regioni, le province, i comuni e gli altri enti pubblici di cui  alla
presente legge. Gli ispettori, nell'esercizio  delle  loro  funzioni,
hanno piena autonomia funzionale ed  hanno  l'obbligo  di  denunciare
alla  procura  generale  della  Corte  dei  conti  le   irregolarita'
riscontrate». 
    In altri termini, tanto l'art. 60, comma 5,  d.lgs.  n.  165  del
2001, quanto l'art. 27, comma 4, legge n. 93 del  1983,  limitano  il
potere ispettivo in ordine alla gestione finanziaria  regionale,  con
specifico riguardo alle spese per il personale,  alla  sola  verifica
del rispetto,  da  parte  della  Regione,  dei  contratti  collettivi
nazionali e decentrati. 
    4.2.  -  Chiarito  il  quadro  normativo  concernente  il  potere
ispettivo sulla gestione finanziaria regionale, occorre  innanzitutto
rilevare che la disposizione su cui trova  fondamento  il  potere  di
verifica   amministrativo-contabile   alla   base   della   relazione
dell'ispettore del MEF (art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001),  a
seguito dell'entrata in vigore della l. cost. n. 3 del  2001  che  ha
riformato i rapporti tra Stato ed enti  territoriali,  non  puo'  che
ritenersi costituzionalmente illegittima. E' evidente,  infatti,  che
il suddetto potere ispettivo si pone in contrasto con i  sopravvenuti
parametri costituzionali di cui  agli  artt.  114  e  seguenti  della
Costituzione. 
    A tal proposito viene in rilievo la sentenza n. 219 del  2013  di
questa   ecc.ma   Corte,   con   la   quale   e'   stata   dichiarata
l'incostituzionalita' dell'analogo  potere  ispettivo  attribuito  al
Ministero dell'economia e delle finanze  dall'art.  1-bis,  comma  4,
d.l. n. 174 del 2012, il quale era intervenuto sull'art. 5, d.lgs. n.
149 del 2011. 
    In particolare, nella pronuncia citata, questa Corte ha osservato
che, sebbene essa stessa, nell'ambito della  propria  giurisprudenza,
abbia ripetutamente riconosciuto la  legittimita'  di  leggi  statali
intese ad acquisire dalle Regioni dati utili, anche nella prospettiva
del coordinamento  della  finanza  pubblica,  ed  in  particolare  in
rapporto alle attribuzioni della Corte dei  conti,  «la  disposizione
impugnata eccede tali  confini,  circoscritti  alla  trasmissione  da
parte degli uffici regionali delle notizie  ritenute  sensibili,  per
attribuire non al giudice contabile, ma direttamente  al  Governo  un
potere di verifica sull'intero spettro delle attivita' amministrative
e finanziarie della Regione, nel caso di squilibrio finanziario,  per
mezzo dei propri servizi ispettivi. 
    Il grado e la rilevanza  costituzionale  dell'autonomia  politica
della Regione si misura  anche  sul  terreno  della  sottrazione  dei
propri  organi  e  dei  propri  uffici  ad  un  generale  potere   di
sorveglianza da parte del Governo, analogo a quello che spetta invece
nei  confronti  degli  enti  appartenenti  al  plesso   organizzativo
statale, ai sensi dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  g),  Cost.
[...]. L'ampiezza e l'incisivita' di un tale potere di verifica  cela
in definitiva un corrispondente potere di vigilanza,  attivabile  per
mezzo dei servizi ispettivi dello Stato, volto a rilevare la  cattiva
gestione degli uffici da parte della Regione, cui spetta organizzarli
ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. ». E ancora: «Ne' vale in
senso contrario porre in rilievo che  la  disposizione  impugnata  e'
finalizzata a rafforzare l'intervento della  Corte  dei  conti.  Allo
scopo  di  contemperare  l'autonomia   costituzionale   del   sistema
regionale con l'interesse unitario alla sana gestione  amministrativa
e finanziaria, e a soli fini collaborativi, l'art. 3 della  legge  n.
20 del 1994 ha individuato nella Corte dei conti  l'organo  al  quale
riservare  il  potere  di  «effettuare   e   disporre   ispezioni   e
accertamenti diretti», anche nei  confronti  delle  Regioni  e  delle
Province  autonome.  E  questa  Corte,  chiamata  a  giudicare  della
legittimita' costituzionale della normativa che  introduceva  in  tal
modo il controllo di gestione, ha stimato che tale  attribuzione  non
costituisse un aspetto secondario dell'intervento in questione, ma ne
fosse piuttosto un fondamento. Difatti,  tale  organo  agisce  «quale
garante imparziale dell'equilibrio economico-finanziario del  settore
pubblico», «di modo  che  l'imputazione  alla  Corte  dei  conti  del
controllo sulla  gestione  esercitabile  anche  nei  confronti  delle
amministrazioni  regionali   non   puo'   essere   considerata   come
l'attribuzione di un potere che si contrappone alle  autonomie  delle
regioni» (sentenza n. 29 del 1995). Ora, la norma impugnata supera il
punto  di  sintesi  che  si  era  in  tal  modo  raggiunto  a  tutela
dell'autonomia regionale, affidando  al  Governo  l'esercizio  di  un
potere di verifica che, pur restando strumentale rispetto ai  compiti
del  giudice  contabile,  ugualmente  si  divarica  dal  procedimento
attivabile e gestibile da quest'ultimo, ed in definitiva  si  duplica
in danno delle  Regioni  e  delle  Province  autonome.  Tale  assetto
normativo eccede i limiti propri dei principi di coordinamento  della
finanza  pubblica,  e  si  ripercuote  sulla  competenza  legislativa
regionale in materia di organizzazione  degli  uffici,  per  entrambi
questi aspetti. Anzitutto, poiche' riserva all'apparato  ministeriale
un compito fino ad oggi consacrato all'imparziale apprezzamento della
Corte dei conti (sentenze n. 198 del 2012, n. 179 del  2007,  n.  267
del 2006 e n. 29 del 1995). Inoltre, poiche' cio' accade  in  difetto
di proporzionalita' tra il mezzo impiegato ed il fine perseguito, non
essendovi  ragione  di  supporre  l'inidoneita'  degli  ampi   poteri
ispettivi di quest'ultima a conseguire i medesimi risultati,  secondo
modalita' maggiormente compatibili con l'autonomia regionale». 
    In altri termini, questa Corte, nella richiamata sentenza n.  219
del 19 luglio 2013, ha gia' affermato a chiare lettere che  non  puo'
essere ammesso un generalizzato controllo statale sull'operato  della
Regioni, ed in particolare «un ben piu' penetrante potere generale di
accesso agli uffici regionali», poiche' esso eccederebbe  i  principi
fondamentali  di  coordinamento   della   finanza   pubblica   e   si
risolverebbe, in definitiva, non solo in una sovrapposizione rispetto
alla funzione di controllo della Corte dei conti, ma  soprattutto  in
una invasione dello  spazio  riservato  all'autonomia  legislativa  e
organizzativa delle Regioni.  Peraltro,  solo  quest'ultimo  tipo  di
controllo - in quanto affidato ad un organo terzo ed indipendente, di
natura magistratuale - appare compatibile con l'autonomia  regionale,
in quanto esercitato in una logica non competitiva ma collaborativa e
fondato su criteri di proporzionalita'  Da  questo  punto  di  vista,
quindi, la duplicazione e non giustificata sovrapposizione di  azioni
- di organi del Governo nazionale e della Corte dei conti - non  solo
risulta inutile e dannosa,  ma,  a  ben  vedere,  comporta  anche  un
ingiustificato utilizzo di risorse pubbliche. 
    A cio' occorre aggiungere che  i  poteri  ispettivi  affidati  al
Ministero dell'economia e  delle  finanze  sono  stati  censurati  da
questa ecc.ma Corte anche nella piu' recente sentenza n. 39 del 2014,
con la quale sono state decise diverse questioni di costituzionalita'
aventi ad oggetto buona parte delle disposizioni del d.l. n. 174  del
2012. Tra queste, in particolare, figurava l'art. 3, comma  1,  lett.
e), del d.l. citato, il quale affidava «[a]l Ministero  dell'economia
e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello  Stato
[le]     verifiche     sulla     regolarita'      della      gestione
amministrativo-contabile, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera
d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, oltre che negli altri  casi
previsti  dalla  legge,  qualora  un   ente   evidenzi[asse],   anche
attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario
riferibili   ai   seguenti   indicatori:   a)    ripetuto    utilizzo
dell'anticipazione di tesoreria; b) disequilibrio  consolidato  della
parte corrente del bilancio; c) anomale  modalita'  di  gestione  dei
servizi per conto di terzi; d)  aumento  non  giustificato  di  spesa
degli organi politici  istituzionali».  Nella  decisione  richiamata,
questa Corte ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art.  3,  comma
1, lett. e), d.l.  n.  174  del  2012,  in  quanto  «la  disposizione
impugnata eccede i limiti del legittimo  intervento  del  legislatore
statale, circoscritto da questa Corte alla facolta'  di  disciplinare
obblighi di  trasmissione  da  parte  degli  uffici  regionali  delle
notizie ritenute sensibili, in quanto  attribuisce  non  gia'  ad  un
organo  magistratuale  terzo  quale  la  Corte  dei   conti,   bensi'
direttamente al Governo un potere  di  verifica  sull'intero  spettro
delle attivita'  amministrative  e  finanziarie  degli  enti  locali,
sottraendolo, in tal modo, illegittimamente all'ambito riservato alla
potesta' normativa di rango primario delle ricorrenti». 
    Alla luce delle affermazioni rese da ultimo nella sentenza n.  39
del 2014, dunque,  il  potere  di  verifica  amministrativo-contabile
previsto dall'art. 60, comma 5,  d.lgs.  n.  165  del  2001,  essendo
affidato ad un organo del Governo e non alla  Corte  dei  conti,  non
puo' che essere assimilato a quello previsto dall'art.  1-bis,  comma
4, d.l. n. 174 del 2012, e  dall'art.  3,  comma  1,  lett.  e),  del
medesimo  decreto-legge,   entrambi   dichiarati   costituzionalmente
illegittimi da questa Corte. E' del  tutto  evidente,  pertanto,  che
anche la disposizione in parola, ancorche'  formalmente  vigente,  e'
affetta da un patente vizio di incostituzionalita' sopravvenuta - dal
momento che la norma su cui si fonda il potere ispettivo  di  cui  lo
Stato ha preteso di fare uso con gli atti che  qui  si  censurano  e'
anteriore all'entrata in vigore alla l. cost. n. 3  del  2001  -  per
violazione degli artt. 114, 117, 118 e 119 Cost., e che  tale  vizio,
essendo dovuto ad un contrasto  della  disposizione  statale  con  le
disposizioni costituzionali invocate,  che  garantiscono  l'autonomia
regionale sotto diversi profili, si risolve  in  una  chiara  lesione
proprio di tale autonomia,  con  specifico  riferimento  al  versante
organizzativo, legislativo, finanziario e di bilancio, tutelati dalle
citate norme costituzionali. 
    4.3. - In virtu' di quanto appena esposto, la Regione  ricorrente
chiede a questa ecc.ma Corte di sollevare  dinanzi  a  se  stessa  la
questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  60,  comma  5,
d.lgs. n. 165 del 2001, in riferimento agli artt. 114, 117, 118 e 119
Cost., dal momento che trattasi di questione da  ritenere  senz'altro
rilevante ai fini della decisione del presente conflitto,  oltre  che
non manifestamente infondata. 
    Quanto al primo profilo  si  osserva,  infatti,  che  laddove  la
questione dovesse essere  accolta,  la  conseguente  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale dell'art. 60, comma 5,  d.lgs.  n.  165
del 2001, determinerebbe inevitabilmente l'accoglimento del  presente
motivo di ricorso per conflitto di attribuzione.  Di  qui  la  sicura
rilevanza della questione di legittimita'  costituzionale  in  questa
sede sollevata. Quanto al profilo della non  manifesta  infondatezza,
essa  discende  con  evidenza  dalle   ragioni   ampiamente   esposte
nell'ambito della presente censura circa la non spettanza allo  Stato
del potere di adottare gli atti impugnati e la connessa lesione delle
attribuzioni regionali che da questi ultimi scaturisce. 
    5. - Non spettanza allo Stato del potere  di  adottare  gli  atti
indicati in epigrafe sub a), b) e c) per violazione  della  sfera  di
autonomia legislativa, organizzativa  e  finanziaria  regionale,  con
particolare riferimento agli artt. 114, 117, terzo  e  quarto  comma,
118 e 119 Cost., sotto  il  profilo  dell'illegittimo  esercizio  del
potere ispettivo di cui all'art. 60, comma 5, d.lgs. 165 del 2001. 
    5.1. - Il potere ispettivo di cui all'art. 60, comma 5, d.lgs. n.
165 del 2001, oltre ad essere fondato su una norma costituzionalmente
illegittima, e' stato esercitato comunque in modo  da  travalicare  i
limiti ad esso posti dalla stessa disposizione che lo ha istituito  e
che lo disciplina, arrecando, cosi', un  grave  vulnus  all'autonomia
legislativa, organizzativa, finanziaria  e  contabile  della  Regione
Marche, costituzionalmente garantita dagli artt. 114 ss. Cost. 
    Come si e' anticipato nel par. 4.1., infatti, l'art. 60, comma 5,
d.lgs. n. 165 del 2001,  considerate  le  abrogazioni  scaturite  dal
d.P.R. n. 43 del 2008, limita il  potere  ispettivo  in  ordine  alla
gestione finanziaria regionale, con specifico riguardo alle spese per
il personale, al solo controllo amministrativo-contabile delle  spese
conseguenti  agli  «oneri  dei  contratti  collettivi   nazionali   e
decentrati»,  nonche'  alla  «corretta  applicazione  degli   accordi
collettivi stipulati» (cfr. art. 27, comma 4, legge n. 93  del  1983,
richiamato  dal  comma  5  dell'art.  60),  restando,  evidentemente,
esclusa  ogni  altra  valutazione  eccedente  la  mera  verifica  del
rispetto dei contratti collettivi nazionali e decentrati. 
    Tuttavia,  l'impugnata  relazione  dell'Ispettore  dott.  Bardani
rivela che, nel caso di specie, l'esercizio in  concreto  del  potere
ispettivo di cui all'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, non si
e'  mantenuto  affatto  entro  i  confini  tracciati   dalla   citata
disposizione, ma li ha violati sotto diversi profili, finendo, cosi',
per determinare una evidente ed illegittima compressione della  sfera
di autonomia regionale garantita dagli artt. 114, 117, terzo e quarto
comma, 118 e  119  Cost.,  ben  oltre  quanto  la  stessa  disciplina
legislativa  -  pure   costituzionalmente   illegittima   -   avrebbe
consentito. 
    5.2. - In primo luogo, tale travalicamento dei limiti posti dallo
stesso art. 60, comma 5, al potere ispettivo da esso disciplinato  si
e' risolto in una  serie  di  rilievi  formulati  dall'Ispettore  del
Ministero dell'economia e delle finanze volti  a  segnalare  casi  di
asserito contrasto tra la legislazione regionale  e  la  legislazione
statale o la disciplina contenuta all'interno di contratti collettivi
nazionali (cfr. cap. 2, par. 2.1.1; cap. 3, parr. 3.1.1, 3.2; cap. 4,
parr. 4.1 e 4.2; cap. 5, par. 5.1 della relazione del dott.  Bardani,
allegata alla nota prot. n. 36675 del 14 aprile 2014  del  Ragioniere
Generale dello Stato). 
    Si tratta, a ben vedere, di un controllo invasivo della sfera  di
autonomia legislativa  e  amministrativa  della  Regione,  a  maggior
ragione ove si pensi che  le  disposizioni  regionali  rispetto  alle
quali sono stati rilevati taluni profili di criticita' dall'ispettore
del MEF in relazione a norme di leggi  dello  Stato  non  sono  state
tempestivamente  impugnate  da  quest'ultimo   dinanzi   alla   Corte
costituzionale e sono ad oggi pienamente vigenti  nell'ordinamento  e
applicabili. 
    Al riguardo, innanzitutto, non si puo' in alcun modo  considerare
ammissibile che il potere di verifica degli ispettori del MEF  incida
sull'efficacia delle leggi regionali: il sindacato di legittimita' su
leggi   regionali,   come   e'   noto,   e'   definito   in   maniera
incontrovertibile dagli articoli  127  e  134  della  Costituzione  e
compete in via esclusiva alla Corte costituzionale. 
    Tale affermazione e' peraltro confermata da questa  ecc.ma  Corte
non solo nella giurisprudenza con  cui  ha  affermato  l'inderogabile
principio di unicita' della giurisdizione costituzionale  (cfr.,  per
tutte, sent. n. 31 del 1961), ma  anche  nella  recentissima  e  gia'
citata sentenza n. 39 del 2014. Con quest'ultima pronuncia,  infatti,
questa Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale  dell'art.
1, comma 7, d.l. n. 174 del 2012, laddove  affidava  alla  Corte  dei
conti il controllo  sui  bilanci  e  i  rendiconti  consuntivi  delle
Regioni,  ovvero  su  atti  legislativi  regionali.  Si   legge,   in
particolare, che «la disposizione impugnata ha introdotto  una  nuova
forma di controllo di legittimita'  costituzionale  delle  leggi  che
illegittimamente  si  aggiunge  a  quello  effettuato   dalla   Corte
costituzionale, alla quale l'art. 134 Cost. affida in  via  esclusiva
il  compito  di  garantire  la  legittimita'   costituzionale   della
legislazione  (anche  regionale)   attraverso   pronunce   idonee   a
determinare  la  cessazione  dell'efficacia  giuridica  delle   leggi
dichiarate   illegittime   (sul   principio    dell'unicita'    della
giurisdizione costituzionale, «che non tollera deroghe o attenuazioni
di alcun genere», sentenza n. 31 del 1961, nonche' sentenze n. 6  del
1970, n. 21 del 1959, n. 38 del 1957, sulla  giurisdizione  dell'Alta
Corte per la Regione siciliana). Da cio' la lesione  anche  dell'art.
134 Cost., la quale determina una compromissione  delle  attribuzioni
costituzionali delle Regioni, atteso che il controllo di legittimita'
costituzionale  che  la  norma  impugnata  attribuisce  alle  sezioni
regionali di controllo della Corte dei conti in violazione  di  detta
disposizione della Costituzione  ha  a  oggetto,  specificamente,  le
leggi  con  le  quali  le  Regioni  approvano  i  propri  bilanci   e
rendiconti». 
    A cio' occorre aggiungere che dai rilevi in  ordine  ai  casi  di
asserito contrasto tra leggi regionali e leggi  statali  o  contratti
collettivi nazionali consegue, per la Regione, l'obbligo di eliminare
tali «criticita'»: e cio' inevitabilmente comporta  che  quest'ultima
debba attivarsi al fine di modificare le proprie  leggi  censurate  a
seguito dell'esercizio del potere ispettivo di cui all'art. 60, comma
5, d.lgs. n. 165 del 2001. E'  evidente,  pertanto,  che  laddove  il
potere ispettivo si appunti,  come  nel  caso  di  specie,  su  leggi
regionali esso finisce con il tradursi nella illegittima  pretesa  di
introdurre un vincolo per il legislatore regionale stesso:  tuttavia,
una simile conclusione, ancora  una  volta,  e'  stata  espressamente
esclusa da questa Corte nella citata sentenza n. 39 del 2014, seppure
in riferimento al controllo della Corte dei conti sui bilanci  e  sui
rendiconti regionali: «La disposizione impugnata attribuisce, dunque,
alle pronunce di accertamento e di verifica delle  sezioni  regionali
di controllo della  Corte  dei  conti  l'effetto,  da  un  canto,  di
vincolare il contenuto della produzione  legislativa  delle  Regioni,
obbligate a modificare le proprie leggi di bilancio,  dall'altro,  di
inibire l'efficacia  di  tali  leggi  in  caso  di  inosservanza  del
suddetto obbligo  (per  la  mancata  trasmissione  dei  provvedimenti
modificativi o per la inadeguatezza degli stessi). Tali  effetti  non
possono essere fatti discendere da  una  pronuncia  della  Corte  dei
conti, le cui funzioni di controllo non possono essere spinte sino  a
vincolare il contenuto degli atti legislativi o a privarli  dei  loro
effetti. Le funzioni di  controllo  della  Corte  dei  conti  trovano
infatti un limite nella potesta' legislativa dei  Consigli  regionali
che, in base all'assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione,  la
esercitano in piena autonomia  politica,  senza  che  organi  a  essi
estranei possano ne' vincolarla  ne'  incidere  sull'efficacia  degli
atti che ne sono  espressione  (salvo,  beninteso,  il  sindacato  di
costituzionalita'  delle  leggi  regionali   spettante   alla   Corte
costituzionale). La Corte dei conti, d'altro canto, e' organo  che  -
come,  in  generale,  la  giurisdizione  e  l'amministrazione  -   e'
sottoposto alla legge (statale e regionale); la  previsione  che  una
pronuncia delle sezioni regionali di controllo di detta  Corte  possa
avere l'effetto di inibire l'efficacia di  una  legge  si  configura,
percio',   come   palesemente   estranea   al   nostro    ordinamento
costituzionale e lesiva della potesta' legislativa regionale». 
    Le funzioni di controllo della Corte dei conti,  dunque,  trovano
un limite nella potesta' legislativa dei Consigli regionali  che,  in
base  all'assetto  dei  poteri  stabilito  dalla   Costituzione,   la
esercitano in piena autonomia  politica,  senza  che  organi  a  essi
estranei possano ne' vincolarla  ne'  incidere  sull'efficacia  degli
atti che ne sono  espressione  (salvo,  beninteso,  il  sindacato  di
costituzionalita'  delle  leggi  regionali   spettante   alla   Corte
costituzionale). 
    Tale  ragionamento  non  puo'  che  estendersi  a  fortiori   nei
confronti del Ministero dell'economia e delle finanze:  quest'ultimo,
infatti, alla stregua della Corte dei conti, non puo'  effettuare  un
controllo le cui conseguenze si traducano in  un  qualsiasi  tipo  di
vincolo per il  legislatore  regionale  senza  violare  la  sfera  di
autonomia legislativa regionale costituzionalmente garantita. 
    Da quanto rappresentato si deduce agevolmente che le disposizioni
di legge  regionale,  le  quali  disciplinano  la  consistenza  e  la
gestione dei fondi contrattuali o  aspetti  connessi  a  percorsi  di
stabilizzazione del personale precario o di estensione  di  validita'
delle  graduatorie  selettive,  non  possono  essere  in  alcun  modo
censurate o considerate direttamente  inapplicabili  dagli  ispettori
del Ministero dell'economia e delle finanze: diversamente, come si e'
avuto modo di 
    argomentare, il controllo effettuato  in  ragione  dell'art.  60,
comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001, non puo' che risolversi -  come  nel
caso  di  specie  -  in  una  evidente  e  illegittima   compressione
dell'autonomia legislativa  regionale  costituzionalmente  garantita,
nonche', data la materia a  cui  quest'ultima  si  riferisce,  ovvero
quella relativa alla gestione e alle spese del  personale  regionale,
in una altrettanto  illegittima  e  chiara  lesione  della  sfera  di
autonomia organizzativa, finanziaria e contabile  della  Regione  con
conseguente violazione degli artt. 114, 117, terzo  e  quarto  comma,
118 e 119 Cost. 
    5.3. - L'illegittimita' dell'esercizio del  potere  ispettivo  di
cui all'art. 60, comma 5, d.lgs. n. 165 del 2001,  discende  altresi'
dalla circostanza, anch'essa agevolmente ricavabile  dalla  impugnata
relazione dell'ispettore del Ministero dell'economia e delle finanze,
che l'esito di tale verifica amministrativo contabile si e'  risolto,
come anticipato nel par.  1.3,  in  una  serie  di  rilievi  volti  a
segnalare: 
        i)  casi  di  asserito  contrasto  tra  norme  contenute  nei
contratti collettivi decentrati e norme contenute nelle leggi o negli
atti aventi  forza  di  legge  statali  o  nei  contratti  collettivi
nazionali (cap. 3, parr. 3.1.1 e 3.2; cap. 4, par. 4.1); 
        ii) ipotesi di mancata attuazione di  disposizioni  regionali
(cap. 3, par. 3.1.1); 
        iii)  l'inosservanza  del  principio  dell'adeguato   accesso
dall'esterno (cap. 1); 
        iv) ipotesi di asserito  contrasto  tra  i  criteri  indicati
dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome - e adottati
dalla Regione  Marche  -  ai  fini  della  verifica  in  ordine  alla
riduzione delle spese per il personale e dei fondi  dei  dirigenti  e
del comparto e i criteri individuati, invece, in ordine alle medesime
valutazioni, dalla Ragioneria generale dello  Stato  (cap.  2,  parr.
2.1.1 e 2.1.2); 
        v)  ipotesi  di  erogazioni  previste  da   ordinanze   della
protezione civile che, ad avviso dell'ispettore del MEF, non  trovano
alcun fondamento  in  norme  di  legge  o  nei  contratti  collettivi
nazionali (cap. 3, par. 3.1.1); 
        vi)  talune  asserite   criticita'   che   presenterebbe   la
disciplina - o, in qualche caso,  che  discenderebbero  dal  modo  di
applicazione della stessa - posta dai contratti collettivi decentrati
(cap. 3, par. 3.1.1) o contenuta in delibere della  Giunta  regionale
(cap. 4,  par.  4.1)  o  dell'Ufficio  di  presidenza  del  Consiglio
regionale (cap. 5, par. 5.1). 
    Tutti   i   rilevi   richiamati,   a   ben    vedere,    denotano
inconfutabilmente che l'ispettore del Ministero dell'economia e delle
finanze, nell'esercizio del potere ispettivo ex  art.  60,  comma  5,
d.lgs. n. 165 del 2001, non si e' affatto mantenuto entro  i  confini
tracciati dalla citata disposizione statale: quest'ultima -  e'  bene
ricordarlo     -     affida     al     Ministero     una     verifica
amministrativo-contabile «per la  valutazione  e  la  verifica  delle
spese,  con  particolare  riferimento  agli   oneri   dei   contratti
collettivi nazionali e decentrati», ossia un controllo limitato  alla
verifica  della  spesa  con  riguardo  all'osservanza  dei  contratti
collettivi nazionali e decentrati.  E'  evidente,  dunque,  che  tale
controllo non puo' in alcun modo spingersi fino  a  ricomprendere  un
sindacato sui contratti collettivi decentrati in riferimento -  quale
parametro - ai contenuti dei contratti collettivi nazionali. 
    Ne'  tantomeno  puo'  ritenersi  legittimo,   alla   luce   della
previsione di cui all'art. 60, comma 5,  l'esercizio  del  potere  di
controllo sulla gestione  del  personale  qualora  esso  pretenda  di
estendersi  a  verificare  l'attuazione  di  disposizioni  regionali:
semmai, il controllo avrebbe dovuto riguardare l'attuazione, da parte
della legislazione regionale, dei contratti collettivi  decentrati  e
nazionali. 
    A fortiori, infine, esorbitano dai limiti del controllo  ex  art.
60, comma 5, d.lgs. n. 165  del  2001,  tutti  quei  rilievi  critici
sintetizzati sub iii), iv), v), e vi). 
    Se, infatti, il potere ispettivo del  Ministero  dell'economia  e
delle finanze  dovesse  interpretarsi  in  senso  estensivo  e  -  di
conseguenza ed inevitabilmente - a tal punto pervasivo nei  confronti
dell'autonomia  regionale  da  ricomprendere  anche  i   profili   di
controllo di cui ai richiamati punti sub iii), iv), v), e  vi),  tale
potere non riuscirebbe affatto a contemperare  -  come  auspicato  da
questa  Corte  nella  sentenza  n.  219  del  2013,   con   specifico
riferimento alla funzione  di  controllo  della  Corte  dei  conti  -
l'autonomia costituzionale del  sistema  regionale,  garantita  dagli
artt. 114 ss. della Costituzione, con l'interesse unitario alla  sana
gestione amministrativa e  finanziaria,  ma  risulterebbe  totalmente
sbilanciato a favore del secondo e a discapito della prima. 
    In definitiva, dunque, il potere di cui  all'art.  60,  comma  5,
d.lgs. n. 165 del 2001, qualora esercitato - come nel caso di  specie
- fuori dai  confini  tracciati  dalla  disposizione  legislativa  in
parola, si traduce  inevitabilmente  in  una  illegittima  violazione
della sfera di autonomia organizzativa, contabile e finanziaria della
Regione, costituzionalmente garantita dagli artt. 114, 117,  terzo  e
quarto comma, 118 e 119 Cost., dal momento che le scelte  in  materia
di  gestione  e  spese  del  personale   regionale   richiedono   che
quest'ultima eserciti  pienamente  la  propria  autonomia,  non  solo
organizzativa e legislativa (venendo in rilievo, nel caso di  specie,
sia il «coordinamento della  finanza  pubblica»,  sia  la  competenza
legislativa residuale regionale in materia di  «organizzazione  degli
uffici»,  come  riconosciuto  espressamente  da  questa  Corte  nella
sentenza n. 219 del 2013, in riferimento a caso del  tutto  analogo),
bensi' anche finanziaria e contabile, come emerge con chiarezza dallo
stesso art. 1, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 165 del 2001, il quale
indica tra le finalita' principali del decreto  legislativo  medesimo
quella di «razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la
spesa complessiva per il personale,  diretta  e  indiretta,  entro  i
vincoli di finanza pubblica».