CORTE D'APPELLO D MILANO 
                          Sezione II penale 
 
    Dott. Enrico Tranfa - Presidente; 
    Dott.ssa Laura Cairati - Consigliere; 
    Dott.ssa Carla Galli - Consigliere. 
    La Corte, in merito alla conforme istanza avanzata  dalla  difesa
dell'appellante Santambrogio Danilo Domenico,  assistito  di  fiducia
dall'avv. Giovanni Bana del foro di Milano, letti gli  atti,  sentito
il conforme parere del PG; 
    Rilevato che Santambrogio Danilo Domenico, nato a  Milano  il  19
febbraio 1942, e' stato presentato al giudizio di  questa  Corte,  in
quanto appellante avverso la sentenza di  condanna  emessa  nei  suoi
confronti dal Tribunale di Milano che lo ha  riconosciuto  colpevole,
con sentenza del 9 dicembre 2013, dei seguenti reati: 
        A) del reato p. e p.  dall'art.  10-bis  d.lgs.  n.  74/2000,
perche' quale titolare dell'impresa individuale  Santambrogio  Danilo
Domenico con sede legale in Milano, via Bruno Buzzi n. 11 non versava
entro  il  termine  annuale  previsto  per  la  presentazione   della
dichiarazione annuale di sostituto  di  imposta  ritenute  risultanti
dalla certificazione rilasciata ai sostituti per l'ammontare di  euro
57.248,00 (e dunque per un ammontare superiore a 50.000 euro) per  il
periodo di imposta 2007. 
    In  Milano  30  settembre   2008,   termine   previsto   per   la
presentazione della dichiarazione annuale relativa all'anno 2007; 
        B) del reato p. e  p.  dall'art.  10-ter  d.lgs.  n.  74/2000
perche'  in  qualita'   di   titolare   della   impresa   individuale
Santambrogio Danilo Domenico con sede legale in Milano, via Buzzi  n.
11,  non  versava  entro  il  termine  previsto  per   il   pagamento
dell'acconto IVA relativo al periodo di imposta successivo, l'imposta
sul valore aggiunto dovuta in base  alla  dichiarazione  annuale  per
l'ammontare di euro 91.496,00 (e dunque per un ammontare superiore  a
euro 50.000) per il periodo di imposta 2009. 
    In Milano 27 dicembre 2010, termine  previsto  per  il  pagamento
dell'acconto IVA relativo al periodo di imposta successivo. 
    Che  con  riferimento  alla  fattispecie  sub  B),  su   conforme
richiesta delle parti, si e' proceduto alla separazione degli atti  e
all'emissione di sentenza assolutoria nei confronti dell'imputato  in
quanto, in conseguenza della sentenza della Corte  costituzionale  n.
80/2014 il fatto non e' previsto dalla legge come  reato,  atteso  il
mancato superamento della soglia di punibilita' introdotta  con  tale
pronuncia di € 103.291,38  (in  relazione  alla  data  di  contestata
commissione del reato); 
    Che con riferimento alla residua fattispecie sub A), per cui  ora
esclusivamente si procede, e'  stato  chiesto  di  sollevare  analoga
questione di legittimita' costituzionale della norma di cui  all'art.
10-bis d.lgs. n. 74/2000, nella parte  in  cui,  con  riferimento  ai
fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento
di ritenute certificate, dovute in base alla  relativa  dichiarazione
annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo d'imposta, ad
€ 103.291,48; 
    Considerato che la questione proposta e' rilevante  nel  processo
in corso, non essendo lo stesso decidibile senza la risoluzione della
stessa,  atteso  che  in  particolare  non  e'  contestato   che   il
Santambrogio fosse destinatario dell'obbligo  del  versamento,  quale
titolare dell'omonima impresa individuale, ne' che le somme di cui in
imputazione fossero  effettivamente  dovute,  in  quanto  oggetto  di
avvenuta certificazione di sostituto d'imposta; inoltre la  data  del
commesso reato (30 settembre 2008) rientra nel periodo per  il  quale
e' stata  dichiarata  la  parziale  illegittimita'  dell'art.  10-ter
citato e per il quale si chiede di sollevare analoga questione per la
norma di cui all'art. 10-bis; 
    Ritenuto che la stessa non  sia  manifestamente  infondata  sulla
base delle considerazioni che seguono. 
    L'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000 e' stato dichiarato  parzialmente
incostituzionale con la sopra richiamata  sentenza  della  Corte  per
contrasto con  l'art.  3  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui
prevedeva per  l'omesso  versamento  di  IVA,  dovuta  in  base  alla
dichiarazione annuale, una soglia di punibilita' inferiore  a  quelle
stabilite per la dichiarazione infedele e l'omessa  dichiarazione  ex
artt. 4 e 5 del medesimo decreto legislativo, prima  delle  modifiche
introdotte con d.-l. n. 138/2011 (rispettivamente € 103.291,38  ed  €
77.468,53),  riscontrandosi  in  essa  un   trattamento   penalistico
deteriore a fronte di comportamenti di evasione tributaria  di  fatto
meno insidiosi e lesivi degli interessi del fisco, oggetto di  tutela
delle norme in questione. 
    I principi esposti dalla Corte costituzionale con la sentenza  n.
80/2014 paiono potersi applicare anche con riferimento all'art 10-bis
del medesimo decreto legislativo. 
    Si tratta infatti di una norma «gemella»  sia  sotto  il  profilo
formale che sotto quello sostanziale. 
    Per quest'ultimo aspetto, si osserva infatti che  in  entrambi  i
casi i detentori di somme di  spettanza  del  fisco  ne  omettono  il
versamento alla scadenza temporale predeterminata, pur dopo essersene
affermati essi stessi debitori nei confronti  dell'erario  attraverso
le rispettive dichiarazioni annuali  e,  nel  caso  di  cui  all'art.
10-bis, il rilascio di  certificazioni  ai  dipendenti;  nell'assenza
quindi, in entrambi i casi, di comportamenti fraudolenti  o  comunque
decettivi nei confronti della Pubblica amministrazione. 
    Con riferimento invece alla struttura formale della  fattispecie,
si evidenzia che l'art. 10-ter  non  prevede  in  modo  esplicito  la
misura delle sanzioni ne' la soglia di punibilita' del reato, facendo
invece mero rinvio alla «disposizione di cui all'art.  10-bis»  e  ai
«limiti  ivi  previsti»,  mutuando  quindi  dall'articolo  precedente
l'integrale impostazione sanzionatoria. 
    Cio'  detto,  non  si  ravvisano  diversi  elementi   delle   due
fattispecie  atti  a  giustificarne  l'evidenziata   difformita'   di
trattamento, sotto il profilo specifico della soglia di punibilita'. 
    Vi sarebbe quindi in questo  caso  violazione  dell'art  3  della
Costituzione, sia con riferimento alle soglie di punibilita' previste
dagli artt. 4 e  5  del  medesimo  decreto  legislativo  prima  della
riforma introdotta con d.-l.  n.  138/2011,  sia  con  riferimento  a
quelle  introdotte  all'art  10-ter  d.lgs.  cit.  in  seguito   alla
pronuncia della Corte costituzionale n. 80/2014.