ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 3,
della  legge  della  Regione  Marche  23   dicembre   2013,   n.   49
(Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2014   e
pluriennale  2014/2016  della  Regione  -  Legge  finanziaria  2014),
promosso dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  ricorso
notificato il 28 febbraio-5 marzo 2014, depositato in cancelleria  il
6 marzo 2014 ed iscritto al n. 19 del registro ricorsi 2014. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  13  gennaio  2015  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato dello Stato Massimo Massella Ducci Teri  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per
la Regione Marche. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 28 febbraio-5 marzo 2014 e depositato il 6 marzo 2014,  reg.  ric.
n. 19 del 2014, ha promosso questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 8, comma 3, della legge della Regione  Marche  23  dicembre
2013, n. 49 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2014
e pluriennale 2014/2016 della Regione - Legge finanziaria  2014),  in
riferimento agli artt. 81, 117, secondo comma,  lettera  m),  e  119,
primo e secondo comma, della Costituzione. 
    Il ricorrente rileva che l'art. 8 della citata legge detta  norme
in materia di «Concorso  degli  utenti  al  costo  delle  prestazioni
sanitarie, sociosanitarie e sociali. Accesso  alle  agevolazioni  per
servizi pubblici locali, per  contributi  e  sussidi  regionali».  Il
comma 1 dell'art. 8 della legge reg. Marche n. 49  del  2013  dispone
che  gli  utenti  dei  servizi  sanitari,  sociosanitari  e   sociali
partecipino alla spesa per l'erogazione delle  prestazioni  richieste
secondo quanto previsto dalla normativa vigente. Il comma 2 prescrive
che la Giunta regionale effettui la ricognizione dei servizi soggetti
a  compartecipazione  e  definisca  gli  indirizzi  generali  per  il
concorso da parte degli utenti al costo delle relative prestazioni. 
    L'art. 8, comma 3, della citata legge reg. Marche n. 49 del  2013
prevede che «La quota di compartecipazione al costo delle prestazioni
e'  determinata  in   relazione   alla   situazione   economica   del
richiedente, valutata esclusivamente sulla base dell'indicatore della
situazione  economica  equivalente  (ISEE)  di  cui  all'art.  5  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214». 
    Il  ricorrente  assume  che  il  menzionato   comma   3   sarebbe
costituzionalmente illegittimo, in quanto derogherebbe ai principi  e
ai  criteri  dettati  dal  legislatore  nazionale   in   materia   di
partecipazione  dei  cittadini  alla  spesa  sanitaria  al  fine   di
garantire condizioni di accesso alle prestazioni  sanitarie  omogenee
su tutto il territorio nazionale e di assicurare il  contenimento  ed
il controllo della relativa spesa. 
    Al riguardo, il Presidente del Consiglio dei ministri ricorda che
l'art. 8, comma 15, della legge 24 dicembre 1993, n. 537  (Interventi
correttivi di finanza pubblica), ha affermato il principio secondo il
quale i cittadini sono soggetti al  pagamento  delle  prestazioni  di
diagnostica strumentale e di laboratorio e  delle  altre  prestazioni
specialistiche fino ad un importo massimo all'epoca stabilito in lire
settantamila. Il successivo comma 16 del medesimo art. 8 ha  esentato
alcune  categorie  di  cittadini  dalla  partecipazione  alla   spesa
sanitaria, purche' appartenenti a nuclei  familiari  con  determinati
livelli  di  reddito  complessivo.   In   tale   contesto,   con   il
decreto-legge 30 settembre 2003, n.  269  (Disposizioni  urgenti  per
favorire lo sviluppo e per la  correzione  dell'andamento  dei  conti
pubblici), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della
legge 24 novembre 2003,  n.  326,  e'  stata  introdotta  la  tessera
sanitaria per tutti i soggetti titolari di codice fiscale,  anche  al
fine di potenziare il monitoraggio della spesa pubblica  nel  settore
sanitario. 
    Il ricorrente rileva che, in epoca recente, a seguito della grave
crisi  economico-finanziaria  e  degli  impegni   assunti   in   sede
internazionale, lo Stato italiano avrebbe  individuato  la  riduzione
della spesa pubblica  quale  uno  degli  strumenti  prioritari  della
propria politica  di  bilancio.  Il  legislatore  nazionale,  con  il
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112  (Disposizioni  urgenti  per  lo
sviluppo  economico,  la  semplificazione,  la   competitivita',   la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  6
agosto 2008, n. 133, all'art. 79, avrebbe determinato l'ammontare del
finanziamento del Servizio sanitario  nazionale,  al  quale  concorre
ordinariamente lo Stato. Al fine di garantire il pieno rispetto degli
obiettivi finanziari programmatici, il comma  1-sexies  dello  stesso
articolo prevede che: «a) sono potenziati i procedimenti di  verifica
delle  esenzioni,  in  base  al  reddito,  dalla  partecipazione  del
cittadino alla spesa sanitaria per le  prestazioni  di  specialistica
ambulatoriale a  carico  del  Servizio  sanitario  nazionale  (SSN)».
Inoltre, ai sensi della norma citata, la verifica  della  sussistenza
del diritto di esenzione per reddito del cittadino dovrebbe  avvenire
tramite il sistema della tessera sanitaria, in  base  ai  livelli  di
reddito di cui all'art. 8, comma 16, della legge  n.  537  del  1993.
Tali disposizioni sarebbero state attuate dal Ministero dell'economia
e delle finanze, di concerto con il  Ministero  del  lavoro,  con  il
decreto ministeriale 11 dicembre 2009 (Verifica delle  esenzioni,  in
base  al  reddito,  dalla  compartecipazione  alla  spesa  sanitaria,
tramite il supporto del Sistema tessera sanitaria),  che  conterrebbe
la disciplina anche delle  verifiche  obbligatorie,  da  parte  delle
aziende sanitarie locali, delle informazioni rese dagli assistiti  in
sede  di  autocertificazione,  risultanti   in   contrasto   con   le
informazioni rese disponibili dal sistema sanitario nazionale. 
    A giudizio  del  ricorrente,  poiche',  in  base  alla  normativa
richiamata,   sarebbe   vigente   il   principio   della    esenzione
esclusivamente in base  al  reddito,  sarebbero  evidenti  i  diversi
profili di incostituzionalita' dell'art. 8, comma 3, della legge reg.
Marche n. 49 del 2013, laddove dispone che la  compartecipazione  dei
cittadini  alla  spesa  sanitaria  sia  individuata  con  riferimento
esclusivo  all'indicatore  della  situazione  economica   equivalente
(ISEE), previsto dall'art. 5 del decreto-legge 6  dicembre  2011,  n.
201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,   l'equita'   e   il
consolidamento dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214.  L'ambito
di operativita' di tale  indicatore,  infatti,  sarebbe  circoscritto
alla concessione di agevolazioni fiscali e  tariffarie  nonche'  alle
provvidenze di natura assistenziale, come  precisato  nel  richiamato
art.  5  e  nel  successivo  decreto  attuativo  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  5  dicembre  2013,  n.   159   (Regolamento
concernente la revisione delle modalita' di determinazione e i  campi
di   applicazione   dell'Indicatore   della   situazione    economica
equivalente - ISEE). 
    Inoltre, secondo il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  la
disposizione censurata  introdurrebbe,  in  materia,  un  trattamento
differenziato per i cittadini della Regione Marche e  non  renderebbe
applicabili le modalita' di controllo automatiche  del  diritto  alle
esenzioni previste per il sistema della tessera  sanitaria  dall'art.
79 del decreto-legge n. 112 del  2008,  rinviando  di  conseguenza  a
procedimenti  autocertificativi.  La  disciplina   introdotta   dalla
Regione Marche, modificando i criteri  per  il  riconoscimento  delle
esenzioni,  verrebbe  ad  incidere  sulla   materia   di   competenza
legislativa esclusiva dello Stato della  determinazione  dei  livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili  e  sociali
che devono, invece, essere garantiti in modo  omogeneo  su  tutto  il
territorio nazionale, ai sensi dell'art. 117, secondo comma,  lettera
m), Cost. 
    A  giudizio  del  ricorrente,  la  norma  impugnata   violerebbe,
altresi', i vincoli posti alla legislazione regionale dagli artt.  81
e  119  Cost.  Difatti,  diversamente  dal  sistema   della   tessera
sanitaria, incentrato sul dato  oggettivo  del  reddito  fiscale  del
nucleo familiare dell'utente,  quello  dell'ISEE,  da  un  lato,  non
consentirebbe di prevedere e verificare le entrate e  di  determinare
la  misura  del  finanziamento  integrativo  a  carico  dello  Stato,
dall'altro, pregiudicherebbe il  raggiungimento  degli  obiettivi  di
contenimento della  spesa  programmati.  Pertanto  l'adozione  di  un
univoco  criterio  per  la   verifica   del   diritto   all'esenzione
integrerebbe un principio di coordinamento della finanza pubblica. 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l'art. 8, comma
3, della legge reg. Marche n.  49  del  2013,  determinando  in  modo
difforme  dalla  legislazione  statale   la   compartecipazione   dei
cittadini   alla   spesa   sanitaria   senza,   peraltro,   garantire
un'invarianza di entrate, non rispetterebbe il principio fondamentale
di copertura finanziaria delle leggi, di cui  all'art.  81  Cost.  La
stessa  disposizione,  inoltre,   per   le   ragioni   esposte,   non
assicurerebbe l'equilibrio di bilancio ne' l'osservanza  dei  vincoli
economici e finanziari  in  contrasto  con  quanto  previsto  per  le
Regioni dall'art. 119, primo comma, Cost. Per  altro  verso,  infine,
l'art.  8,  comma  3,  della  legge  reg.  Marche  n.  49  del  2013,
introducendo regole relative  ad  una  propria  entrata  diverse  dal
principio di coordinamento finanziario che regola  il  riconoscimento
del diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa  sanitaria,
violerebbe anche l'art. 119, secondo comma, Cost. 
    2.- Con atto depositato il 14 aprile 2014, la Regione  Marche  si
e'   costituita   in   giudizio,   chiedendo   che   sia   dichiarata
l'inammissibilita' ovvero l'infondatezza del ricorso  del  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
    La questione promossa nei confronti dell'art. 8, comma  3,  della
legge reg. Marche n. 49 del 2013  per  assunta  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera m), Cost. sarebbe inammissibile,  perche'
nella relazione del Dipartimento per gli  affari  regionali  allegata
alla delibera governativa del 28 febbraio 2014 - che  ha  autorizzato
il ricorso - non sarebbero state esposte le ragioni del contrasto con
il parametro costituzionale evocato. 
    La delibera governativa, a giudizio della resistente, mancherebbe
di quel contenuto minimo  nella  individuazione  delle  questioni  da
sottoporre allo scrutinio della Corte, richiesto dalla giurisprudenza
costituzionale  ai  fini  dell'ammissibilita'  del  giudizio  in  via
principale. Peraltro, neppure la difesa tecnica  avrebbe  prospettato
la questione in  termini  ammissibili,  limitandosi  a  lamentare  il
contrasto della  norma  impugnata  con  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera m), Cost. con una motivazione del tutto apparente. 
    Difatti, la competenza esclusiva statale evocata non sarebbe  una
competenza "chiusa", essendo possibile per le Regioni  l'introduzione
di livelli piu'  elevati  delle  prestazioni  concernenti  i  diritti
civili  e  sociali  rispetto  a  quelli   essenziali   definiti   dal
legislatore.  Di  conseguenza  non  sarebbe   sufficiente   lamentare
l'incidenza  sulla  materia  citata  da  parte   della   legislazione
regionale, ma sarebbe necessario dimostrare  che  essa  comporti  una
riduzione o una minore garanzia dei livelli essenziali stabiliti  dal
legislatore statale. 
    Anche le questioni sollevate nei confronti  del  citato  art.  8,
comma 3, della legge reg. Marche n. 49 del 2013 in  riferimento  agli
artt. 81 e 119, primo e secondo comma, Cost., sarebbero inammissibili
ed infondate. 
    La  resistente  rileva  che,  quanto  all'ammissibilita',   nella
relazione del  Dipartimento  per  gli  affari  regionali,  l'asserito
contrasto  con  gli  artt.  81  e  119  Cost.  risulterebbe  motivato
esclusivamente sotto il profilo che  la  norma  censurata,  derogando
alla  disciplina  statale   in   tema   di   compartecipazione,   non
garantirebbe  alla  Regione  le  entrate  assicurate  dalla   vigente
legislazione. Di conseguenza, nella citata  delibera  non  troverebbe
copertura la censura relativa alla violazione dell'art. 119,  secondo
comma, Cost. Peraltro, quest'ultimo parametro  verrebbe  evocato  nel
ricorso in  ragione  dell'asserito  contrasto  con  un  principio  di
coordinamento  finanziario,  senza  indicazione  della   materia   di
competenza legislativa concorrente di cui all'art. 117, terzo  comma,
Cost. 
    Nel merito, secondo la Regione  Marche,  le  questioni  sarebbero
palesemente prive di fondamento, essendo del tutto  indimostrato  che
il sistema dell'ISEE previsto dalla norma regionale assicuri, di  per
se', minori entrate al bilancio regionale rispetto al  sistema  della
tessera sanitaria. 
    La resistente precisa che la censura avanzata dal Presidente  del
Consiglio dei ministri riguarderebbe l'art. 8, comma  3  della  legge
reg. Marche n. 49  del  2013  solamente  nella  parte  relativa  alla
compartecipazione degli utenti ai servizi sanitari, non anche  quella
alle  prestazioni  sociosanitarie  e  sociali,  come  si  ricaverebbe
agevolmente dalla rubrica della disposizione  e  dal  comma  1.  Tale
delimitazione dell'impugnazione  emergerebbe  anche  dai  motivi  del
ricorso e dalle argomentazioni esposte. Ne conseguirebbe che, in base
al principio della  corrispondenza  tra  chiesto  e  pronunciato,  il
sindacato  della  Corte  avrebbe  ad  oggetto  solamente  l'eventuale
incostituzionalita' della disposizione in esame nella parte in cui e'
riferita alle prestazioni sanitarie. D'altra parte, la Regione Marche
sostiene che, anche alla stregua dell'art. 5  del  d.l.  n.  201  del
2011,  come  convertito,  e  del  d.P.C.m.  n.  159  del   2013,   la
determinazione della quota di compartecipazione degli utenti al costo
delle prestazioni sociosanitarie e sociali dovrebbe essere effettuata
sulla base dell'ISEE. 
    3.- Successivamente al deposito del ricorso, la Regione Marche ha
adottato la legge regionale 14 aprile  2014,  n.  6  (Modifiche  alla
legge regionale  23  dicembre  2013,  n.  49:  "Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale 2014 e  pluriennale  2014/2016  della
Regione. Legge finanziaria 2014" e alla legge regionale  23  dicembre
2013, n. 50: "Bilancio di previsione per l'anno 2014 ed adozione  del
bilancio pluriennale per il triennio 2014/2016"), il cui  art.  1  ha
disposto  la  soppressione  dei  termini  «sanitarie»  e  «sanitari»,
rispettivamente presenti in rubrica e nel comma 1 dell'art.  8  della
legge reg. Marche n. 49 del 2013. 
    4.- Con memoria depositata il 22 dicembre 2014, la Regione Marche
ha ripetuto le ragioni gia'  esposte  nell'atto  di  costituzione  in
giudizio a sostegno dell'inammissibilita' o  dell'infondatezza  delle
questioni di legittimita' costituzionale promosse dal Presidente  del
Consiglio dei ministri, dando conto  di  alcune  modifiche  normative
sopravvenute nelle more del giudizio e  prospettate  come  pienamente
satisfattive  delle  censure  formulate  nel  ricorso  nonche'  della
mancata applicazione della norma censurata durante il  periodo  della
sua vigenza. Difatti, la  resistente  rileva  che,  a  seguito  delle
modifiche apportate con la legge  reg.  Marche  n.  6  del  2014,  le
prestazioni richiamate all'art. 8, comma 3, della legge  reg.  Marche
n. 49 del 2013 sono esclusivamente quelle sociosanitarie  e  sociali.
Di conseguenza, solamente a queste  ultime  sarebbe  circoscritto  il
richiamo all'ISEE ai fini dell'individuazione dei casi  di  esenzione
dei cittadini dalla compartecipazione alle spese. Inoltre,  la  norma
impugnata non avrebbe potuto avere applicazione nel  periodo  tra  la
sua entrata in vigore e le modifiche apportate (31  dicembre  2013-25
aprile 2014), poiche' solo successivamente a questo  breve  lasso  di
tempo, la disciplina dell'ISEE contenuta nell'art. 10 del d.P.C.M. n.
159 del 2013, sarebbe stata attuata con il decreto del Ministero  del
lavoro e delle politiche sociali del 7  novembre  2014  (Approvazione
del modello tipo della Dichiarazione Sostitutiva Unica ai fini  ISEE,
dell'attestazione,  nonche'  delle   relative   istruzioni   per   la
compilazione  ai  sensi  dell'art.  10,  comma  3,  del  decreto  del
Presidente del Consiglio dei  ministri  5  dicembre  2013,  n.  159).
Quest'ultimo ha approvato il modello della dichiarazione  sostitutiva
unica (DSU), contenente dati necessari per la determinazione di detto
indicatore. A fronte della ricorrenza di tali presupposti, la Regione
Marche chiede che sia dichiarata  la  cessazione  della  materia  del
contendere. Tale ultima richiesta e' stata ribadita dalla  stessa  in
udienza. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe, il Presidente del  Consiglio  dei
ministri  ha  promosso  questioni  di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 8, comma 3, della legge della Regione  Marche  23  dicembre
2013, n. 49 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2014
e pluriennale 2014/2016 della Regione - Legge finanziaria  2014),  in
riferimento agli artt. 81, 117, secondo comma,  lettera  m),  e  119,
primo e secondo comma, della Costituzione. 
    L'Avvocatura generale dello Stato sostiene  che  la  disposizione
impugnata   sarebbe   costituzionalmente   illegittima,   in   quanto
derogatoria dei  principi  e  dei  criteri  dettati  dal  legislatore
nazionale per garantire condizioni di accesso omogenee  in  tutto  il
territorio nazionale alle  prestazioni  sanitarie  ed  assicurare  il
contenimento ed il controllo della relativa spesa mediante il sistema
della tessera sanitaria di  cui  all'art.  50  del  decreto-legge  30
settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo
e per la correzione dell'andamento dei conti  pubblici),  convertito,
con modificazioni, dall'art. 1, comma  1,  dalla  legge  24  novembre
2003, n.  326.  Infatti,  la  norma  censurata  stabilirebbe  che  la
compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria e sociosanitaria
sia  individuata  con  riferimento  esclusivo  all'indicatore   della
situazione economica equivalente (ISEE),  previsto  dall'art.  5  del
decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni  urgenti  per  la
crescita,  l'equita'  e  il  consolidamento  dei   conti   pubblici),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  22
dicembre 2011, n. 214,  mentre  l'ambito  di  operativita'  di  detto
criterio  sarebbe   circoscritto   dal   legislatore   statale   alla
concessione  di  agevolazioni  fiscali  e  tariffarie,  nonche'  alle
provvidenze  di  natura  assistenziale.  Pertanto,  la   disposizione
censurata - in violazione dell'art. 117, secondo comma,  lettera  m),
Cost. - introdurrebbe un trattamento differenziato  per  i  cittadini
della   Regione   Marche   ai   fini   della   determinazione   della
partecipazione alla spesa sanitaria  e  renderebbe  inapplicabili  le
modalita'  di  controllo  automatiche  del   diritto   all'esenzione,
garantite dal sistema tessera sanitaria. 
    A  giudizio  dell'Avvocatura,  la  norma  impugnata   violerebbe,
altresi', i vincoli posti alla legislazione regionale dagli artt.  81
e 119 Cost. Diversamente dal sistema della tessera sanitaria,  quello
dell'ISEE non consentirebbe di prevedere e verificare le  entrate  e,
quindi, di determinare la  misura  del  finanziamento  integrativo  a
carico dello Stato, in tal modo pregiudicando il raggiungimento degli
obiettivi programmati di contenimento della  spesa.  Determinando  in
modo difforme dalla legislazione nazionale la  compartecipazione  dei
cittadini alla spesa sanitaria senza  garantire  un'invarianza  delle
entrate, l'art. 8, comma 3, della legge reg. Marche n.  49  del  2013
violerebbe  l'equilibrio  di  bilancio  ed  i  vincoli  economici   e
finanziari posti alle Regioni dall'art. 81  e  dall'art.  119,  primo
comma, Cost. 
    Infine, introducendo regole concernenti una propria  entrata  non
ispirate  al  principio  di  coordinamento  finanziario,   la   norma
censurata contrasterebbe anche con l'art. 119, secondo comma, Cost. 
    La Regione Marche si e' costituita  in  giudizio  chiedendo,  tra
l'altro, che il ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri sia
dichiarato inammissibile. Infatti, nella relazione  del  Dipartimento
per gli affari  regionali,  sulla  quale  si  basa  la  delibera  del
Consiglio dei ministri che ha autorizzato il ricorso, non  verrebbero
esplicate le ragioni del contrasto  con  i  parametri  costituzionali
evocati, con inevitabile riverbero di questo vizio sulla formulazione
del ricorso. 
    Successivamente alla proposizione del ricorso, e' intervenuta  la
legge della Regione Marche 14 aprile 2014, n. 6 (Modifiche alla legge
regionale 23 dicembre 2013, n. 49: "Disposizioni  per  la  formazione
del bilancio annuale 2014  e  pluriennale  2014/2016  della  Regione.
Legge finanziaria 2014" e alla legge regionale 23 dicembre  2013,  n.
50: "Bilancio di previsione per l'anno 2014 ed adozione del  bilancio
pluriennale per il triennio 2014/2016"), il cui art. 1 ha  introdotto
modifiche all'art.  8  della  legge  reg.  Marche  n.  49  del  2013,
sopprimendo,  nella  rubrica  di  detta   disposizione,   la   parola
«sanitarie» e, nel comma 1, la parola «sanitari». 
    Nel corso dell'udienza, la  difesa  erariale  ha  dichiarato  che
dette  modifiche  risultano  pienamente  satisfattive  delle  pretese
avanzate dal Presidente del Consiglio dei ministri nel ricorso di cui
in epigrafe. 
    2.-    Occorre    preliminarmente    esaminare    le    eccezioni
d'inammissibilita' sollevate dalla  Regione  Marche  in  ordine  alla
mancata esplicazione delle ragioni alla base dell'asserita violazione
dei parametri costituzionali ed, in particolare, all'oscurita'  delle
censure  rivolte  alla  determinazione  delle  compartecipazioni   ai
servizi regionali, delle quali non si comprende se siano riferite  ai
soli  servizi  sanitari  od  anche   agli   altri   servizi   sociali
identificati dall'intestazione della norma. 
    Fermo  restando  che  deve  sussistere  corrispondenza   tra   la
determinazione all'impugnazione ed il contenuto del  ricorso,  attesa
la natura politica dell'atto di impugnazione (ex  plurimis,  sentenza
n. 149 del 2012), e che  effettivamente  la  relazione  ministeriale,
integralmente  recepita  dalla  deliberazione   del   Consiglio   dei
ministri, non afferma in modo esplicito che le censure  sono  rivolte
unicamente  alla  parte  della  disposizione  riferita   ai   servizi
sanitari,  la  formulazione  della  censura  avanzata  nei  confronti
dell'art. 8, comma 3,  della  legge  reg.  Marche  n.  49  del  2013,
correlata ai parametri invocati  ed  alle  norme  interposte,  lascia
intendere, con sufficiente chiarezza, che le questioni sono  limitate
alle  prestazioni  afferenti  alla   compartecipazione   alla   spesa
sanitaria.   In   tal   senso   l'argomento   e'   stato   sviluppato
dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    Cosi'  circoscritto   l'oggetto   del   ricorso,   le   eccezioni
d'inammissibilita' devono essere respinte. 
    3.- Tanto premesso e  alla  luce  dell'intervenuta  modificazione
della norma impugnata,  dev'essere  dichiarata  la  cessazione  della
materia del contendere. 
    Quest'ultima puo' intervenire, in presenza di  ius  superveniens,
quando risultino: a) la satisfattivita' delle pretese del  ricorrente
ad  opera  della  sopravvenuta  modifica  normativa;  b)  la  mancata
applicazione medio tempore della norma censurata (ex multis, sentenza
n. 108 del 2014). 
    Quanto alla prima condizione, e' fuor di dubbio - anche  in  base
all'espresso  riconoscimento  del  ricorrente  avvenuto   nel   corso
dell'udienza - che l'abrogazione dei  due  riferimenti  lessicali  ai
servizi sanitari abbia carattere satisfattivo delle pretese  avanzate
con il  ricorso,  poiche'  espunge  dalla  normativa  in  esame  ogni
attinenza con il servizio sanitario. 
    Quanto  alla  seconda  condizione,  dev'essere  sottolineato  che
l'applicazione della  norma  impugnata  e'  subordinata  alla  previa
adozione di una delibera di Giunta regionale - avente ad  oggetto  la
ricognizione dei servizi interessati e l'indicazione degli  indirizzi
generali per la suddetta compartecipazione - che  non  risulta  medio
tempore intervenuta. 
    Dunque, alla  luce  delle  esposte  considerazioni,  deve  essere
dichiarata la cessazione della materia del contendere.