TRIBUNALE DI BRESCIA Terza Sezione Civile Il Giudice unico Elisabetta Sampaolesi, a scioglimento della riserva presa all'udienza del 20 novembre 2014, ha pronunciato la seguente ordinanza; Nella causa civile iscritta al n. 4379/14 R.G. promossa da A. I. con l'avv.to C. Brioni, Attore. Contro A.F. con l'avv.to M. Trombini convenuto, Oggetto: Prestazione alimenti ex art. 433 cc In Fatto A.I. agito in giudizio contro A.F., chiedendo che questi fosse dichiarato tenuto a corrispondergli gli alimenti ex art. 433, comma 1 n. 2, cc. Ha allegato l'attore di essere in grave stato di bisogno e che il convenuto, in quanto figlio, fosse obbligato ex lege a versargli il necessario per vivere. A.F., costituitosi in giudizio, dopo aver puntualmente contestato i fatti cosi' come allegati dall'attore ed aver evidenziato che da sempre il genitore si sarebbe disinteressato di lui, non contribuendo al suo mantenimento ed accudimento (a dire del convenuto, l'attore avrebbe abbandonato la casa familiare all'indomani della nascita del figlio; quest'ultimo, all'epoca minorenne, sia in sede di separazione giudiziale, pronunciata l'1° marzo 1989, che in sede di divorzio del 25 ottobre 1995, e' stato affidato in maniera esclusiva alla madre, che, sola, avrebbe provveduto al suo mantenimento, stante l'inadempimento del padre all'obbligo stabilito dal giudice nella misura mensile di lire 250.000), ha sollevato questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 448-bis cc per contrasto con l'art. 3 della Costituzione. In Diritto A parere di questo giudice, la questione proposta e' da ritenere non manifestamente infondata. Ed invero, l'art. 448-bis cc, rubricato 'cessazione per decadenza dell'avente diritto dalla responsabilita' genitoriale sui figli', stabilisce che il figlio, anche adottivo, e, in sua mancanza, i discendenti prossimi, non siano tenuti all'adempimento dell'obbligo di prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale sia stata pronunciata la decadenza dalla responsabilita' genitoriale e che, per i fatti che non integrino i casi di indegnita' di cui all'art. 463 cc, gli stessi possano escluderlo dalla successione. La norma in commento contiene, quindi, due precetti: l'uno relativo all'estinzione dell'obbligo alimentare gravante sul figlio in favore del genitore nei cui confronti sia stata pronunciata la decadenza dalla responsabilita' genitoriale e l'altro attributivo al figlio della facolta' di escludere il genitore dalla successione. Nel primo caso, sia che la decadenza sia stata pronunciata ex art. 330 cc sia che si tratti di decadenza conseguente a sentenza penale ex art. 34 cp, viene meno l'obbligo in capo ai figli di versare gli alimenti al genitore 'indegno'. Viceversa, in tutte le ipotesi in cui non vi sia stata una pronuncia da parte dell'autorita' giudiziaria (Tribunale per i minorenni o giudice penale), pur in presenza di violazioni reiterate dei doveri inerenti la responsabilita' genitoriale, l'obbligo alimentare permane. E' evidente l'irrazionalita' e l'incoerenza dell'ordinamento, li ove tratta in modo diverso situazioni uguali. In entrambi i casi, infatti, si versa in ipotesi in cui i comportamenti commissivi od omissivi posti in essere dal genitore in contrasto con i doveri di mantenimento, cura, educazione, istruzione ed assistenza morale dei figli siano stati di grave pregiudizio per questi; ad essere diverso e' il trattamento di tali identiche fattispecie: se nessuno dei soggetti legittimati a promuovere il procedimento ablativo della responsabilita' -ex art. 336 cc- si e attivato al fine di ottenere la citata pronuncia, il figlio minorenne, poi divenuto maggiorenne, non puo' rifiutare il versamento degli alimenti al genitore bisognoso, e questo nonostante fosse incapace di agire -e quindi incolpevolmente- all'epoca in cui la pronuncia di decadenza avrebbe potuto essere richiesta e non possa piu' domandarla una volta raggiunta la maggiore eta' perche' con questa cessa la responsabilita' genitoriale; se, viceversa, l'altro genitore, i parenti o il Pubblico Ministero hanno adito l'autorita' giudiziaria ed ottenuto la pronuncia di decadenza dalla responsabilita', il figlio maggiorenne, richiesto degli alimenti, puo' legittimamente rifiutarne la corresponsione ex art. 448-bis cc. L'irragionevolezza sussiste con riferimento alla necessaria richiesta preesistenza della 'pronuncia di decadenza': per assurdo, proprio laddove un soggetto minorenne non ha ricevuto la tutela dovutagli (con la declaratoria di decadenza del genitore "indegno"), si impone allo stesso, divenuto maggiorenne, un obbligo che viene escluso per il soggetto che, invece, ha ricevuto tutela. A cio' si aggiunga che l'esclusione dall'obbligo degli alimenti scaturisce da un rigido automatismo, che non consente in alcun modo al giudice di verificare in che modo possa essere presidiato l'interesse di un soggetto ora maggiorenne, ma gravemente leso nei suoi diritti nella fase di vita in cui era minorenne, con pesanti ed ingiusti riflessi nel periodo successivo. E del resto, non puo' ignorarsi che disposizioni, le quali per la loro inequivoca chiarezza o per la presenza di automatismi legali sottraggono ogni apprezzamento alle Autorita' dell'applicazione, siano state sovente colpite da declaratorie di illegittimita' costituzionale (es. sent. 44 del 1990, ove si e' autorizzato il giudice ad apprezzare le circostanze del caso, e ad accordare una ragionevole riduzione dell'intervallo di 18 anni che deve sussistere tra adottante e adottato maggiorenne al fine di realizzare il valore costituzionale dell'unita' della famiglia). Oppure si pensi alla giurisprudenza dichiarativa dell'incostituzionalita' di presunzioni legali assolute: sent. corte cost. 144/2005 che dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 3, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 (Disposizioni urgenti per il completamento delle operazioni di emersione di attivita' detenute all'estero e di lavoro irregolare), convertito in legge dall'art. 1 della legge 23 aprile 2002, n. 73, nella parte in cui non ammette la possibilita' di provare che il rapporto di lavoro irregolare ha avuto inizio successivamente al primo gennaio dell'anno in cui e' stata constatata la violazione); sent. n. 41/1999 che dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 26, comma primo, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), nella parte in cui esclude la prova contraria diretta a superare la presunzione di liberalita' dei trasferimenti immobiliari); sent. n. 283/1999 che dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), nella parte in cui non prevede che il giudice possa disporre l'adozione, valutando esclusivamente l'interesse del minore, quando l'eta' dei coniugi adottanti superi di oltre quaranta anni l'eta' dell'adottando, pur rimanendo la differenza di eta' compresa in quella che di solito intercorre tra genitori e figli, se dalla mancala adozione deriva un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore); sent. n. 401 del 1.999; sent. n. 195/1998 che dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 57, lettera d) della legge 1° aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione di pubblica sicurezza), nella parte in cui non consente all'Amministrazione di ammettere ad un altro corso successivo i commissari in prova che siano stati assenti per piu' di novanta giorni per infermita' contratta durante il corso ed abbiano nel frattempo recuperato l'idoneita' psicofisica; sent. n. 239/1998 che dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 42, quarto comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313 (Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra), e dell'art. 37, quinto comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra), come modificato dall'art. 20 della legge 6 ottobre 1986, n. 656 (Modifiche ed integrazioni alla normativa sulle pensioni di guerra), nella parte in cui non prevedono che il diritto a pensione puo' essere riconosciuto anche se lo stato di preesistente convivenza abbia avuto, a causa della guerra, durata inferiore ad un anno, purche' sia accompagnato da altri elementi e circostanze che dimostrino in modo non equivoco la volonta' del militare di contrarre matrimonio; sent. n. 1/1997 che dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 301, primo comma, del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale), come modificato dall'art. 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, nella parte in cui non consente alle persone estranee al reato di provare di avere acquistato la proprieta' delle cose ignorando senza colpa l'illecita immissione di esse sul mercato del 1997). O di automatismi sanzionatori rigidi che non permettono una valutazione caso per caso della gravita' dell'addebito e percio' impediscono al giudice di ritagliare la sanzione giusta e appropriata alla fattispecie: sent. corte cost. 367/2004 che dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 206 del codice penale (Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza), nella parte in cui non consente al giudice di disporre, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una misura di sicurezza non detentiva, prevista dalla legge, idonea ad assicurare alla persona inferma di mente cure adeguate e a contenere la sua pericolosita' sociale; sent. n. 253/2003 che dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 222 del codice penale (Ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario), nella parte in cui non consente al giudice, nei casi ivi previsti, di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell'infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosita' sociale, e sent. n. 2/1999 che dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. 27 ottobre 1953, n. 1068 (Ordinamento della professione di ragioniere e perito commerciale), nella parte in cui prevede la radiazione di diritto dall'albo dei ragionieri e periti commerciali che abbiano riportato condanna penale per i reati indicati nel secondo comma dello stesso articolo. Da ultimo, sulla necessita' che il legislatore non preveda clausole di applicazione automatica di una disposizione in materia di tutela degli interessi, va richiamata la sentenza della Corte costituzionale, 23 febbraio 2012 n. 31. Per tutti i profili sin qui esposti, questo giudice giudica necessario sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 448-bis c.c. nella parte in cui non consente al giudice di valutare, nel caso concreto, la cessazione dell'obbligo alimentare a favore del genitore 'indegno' assenza di pronuncia di decadenza dalla responsabilita' genitoriale: per contrasto con l'art. 3 cost. In punto di rilevanza, poi, la questione e' da considerarsi senz'altro rilevante. Infatti, in assenza della pronuncia- di incostituzionalita', il Tribunale dovrebbe dichiarare Alberti Fabio tenuto agli alimenti a favore del padre. Quanto all'ammissibilita' della questione, un'interpretazione adeguatrice risulta infruttuosa. E' noto a questo Tribunale che tra i diversi significati giuridici astrattamente possibili il Giudice deve selezionare quello che sia conforme alla Costituzione; il sospetto di illegittimita' costituzionale, infatti, e' legittimo solo allorquando nessuno dei significati, che e' possibile estrapolare dalla disposizione normativa, si sottragga alle censure di incostituzionalita' (Corte Cost., 12 marzo 1999, n. 65 in Cons. Stato, 1999, II, 366). Tuttavia, nel caso di specie, non appare possibile veicolare un'interpretazione costituzionalmente orientata a fronte di un dato letterale preciso, specifico ed univoco il quale prevede il venir meno dell'obbligo di prestare gli alimenti solo nel caso in cui sia stata dichiarata la decadenza, ossia sia intervenuto uno specifico provvedimento: un'interpretazione del dato letterale come se lo stesso non ci fosse (bisognerebbe sostenere che il legislatore ha richiesto espressamente la declaratoria di decadenza ma che con quella affermazione ha voluto anche prevedere il caso in , cui la decadenza non sia stata dichiarata) si tradurrebbe in un'attivita' "legislativa" vietata al giudice.