ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,
della legge della Regione autonoma Sardegna 21  gennaio  2014,  n.  7
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
della Regione - legge finanziaria 2014), promosso dal Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il  24-27  marzo  2014,
depositato in cancelleria il 27 marzo 2014 ed iscritto al n.  27  del
registro ricorsi 2014. 
    Visto l'atto di intervento di Cossa Michele ed altro; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  27  gennaio  2015  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    uditi l'avvocato Andrea Panzarola per Cossa Michele  ed  altro  e
l'avvocato dello Stato Paolo Marchini per il Presidente del Consiglio
dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 24-27 marzo 2014 ed iscritto al  n.
27 del registro ricorsi dell'anno 2014, il Presidente  del  Consiglio
dei ministri ha promosso  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma, 1, della legge della Regione autonoma Sardegna 21
gennaio 2014, n. 7  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale della Regione -  legge  finanziaria  2014),  in
riferimento agli artt. 8, 54  e  56  della  legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), nonche'  agli
artt. 117, primo e secondo comma, lettere a), e) e q) e all'art.  119
della Costituzione. 
    L'art. 1, comma l, della  legge  reg.  Sardegna  n.  7  del  2014
dispone che «Ai sensi dell'art. 8, primo comma, lettera d), e secondo
comma della legge costituzionale 26  febbraio  1948,  n.  3  (Statuto
speciale per la Sardegna), nelle entrate spettanti alla Regione  sono
comprese anche le imposte di fabbricazione su tutti i prodotti che ne
siano gravati generate nel territorio regionale anche se riscosse nel
restante territorio dello Stato». 
    L'art. 8, comma 1, della  legge  costituzionale  n.  3  del  1948
dispone che: «Le entrate della regione sono costituite: 
    a) dai sette decimi del gettito delle imposte sul  reddito  delle
persone fisiche e sul reddito delle persone giuridiche  riscosse  nel
territorio della regione; 
    b) dai nove decimi  del  gettito  delle  imposte  sul  bollo,  di
registro, ipotecarie, sul  consumo  dell'energia  elettrica  e  delle
tasse sulle concessioni governative  percette  nel  territorio  della
regione; 
    c) dai cinque decimi delle imposte sulle successioni e  donazioni
riscosse nel territorio della regione; 
    d) dai nove decimi  dell'imposta  di  fabbricazione  su  tutti  i
prodotti che ne siano gravati, percetta nel territorio della regione; 
    e) dai nove decimi della quota fiscale dell'imposta  erariale  di
consumo relativa ai prodotti  dei  monopoli  dei  tabacchi  consumati
nella regione; 
    f) dai nove decimi del gettito dell'imposta sul  valore  aggiunto
generata sul territorio  regionale  da  determinare  sulla  base  dei
consumi regionali delle famiglie rilevati annualmente dall'ISTAT; 
    g) dai canoni per le concessioni idroelettriche; 
    h) da imposte e tasse sul turismo e da altri tributi  propri  che
la regione ha facolta' di  istituire  con  legge  in  armonia  con  i
principi del sistema tributario dello Stato; 
    i) dai redditi derivanti dal proprio  patrimonio  e  dal  proprio
demanio; 
    l) da contributi straordinari dello Stato per  particolari  piani
di opere pubbliche e di trasformazione fondiaria; 
    m) dai sette decimi di  tutte  le  entrate  erariali,  dirette  o
indirette, comunque denominate, ad eccezione di quelle  di  spettanza
di altri enti pubblici. 
    Nelle entrate spettanti alla regione sono comprese  anche  quelle
che, sebbene relative a fattispecie tributarie  maturate  nell'ambito
regionale, affluiscono, in attuazione di disposizioni  legislative  o
per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati  fuori  del
territorio della regione». 
    Espone il Presidente del Consiglio dei ministri  che  la  materia
disciplinata dalle  norme  regionali  in  esame  attiene  al  sistema
impositivo  delle  accise:  in  base  all'art.  l,   comma   2,   del
decreto-legge  30  agosto  1993,   n.   331   (Armonizzazione   delle
disposizioni in materia di imposte sugli oli  minerali,  sull'alcole,
sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in  materia  di  IVA
con quelle recate da direttive  CEE  e  modificazioni  conseguenti  a
detta armonizzazione, nonche' disposizioni concernenti la  disciplina
dei Centri  autorizzati  di  assistenza  fiscale,  le  procedure  dei
rimborsi di imposta, l'esclusione dall'ILOR dei  redditi  di  impresa
fino all'ammontare corrispondente al contributo  diretto  lavorativo,
l'istituzione per il 1993 di  un'imposta  erariale  straordinaria  su
taluni  beni  ed  altre  disposizioni  tributarie),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 29 ottobre  1993  n.
427, l'accisa  e'  «l'imposizione  diretta  sulla  produzione  o  sui
consumi prevista dalle vigenti disposizioni, con la denominazione  di
imposta di fabbricazione o di consumo e corrispondente sovrimposta di
confine o di consumo»; l'art. 2 del decreto  legislativo  26  ottobre
1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative  concernenti
le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni  penali
e amministrative), dispone inoltre che  l'accisa  e'  esigibile  solo
dall'atto della immissione in consumo, e tale previsione - secondo il
ricorrente - sarebbe perfettamente aderente a quanto  disposto  dalla
normativa comunitaria di riferimento e in particolare dalla direttiva
16 dicembre 2008, n. 2008/118/CE (Direttiva del Consiglio relativa al
regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE), in
vigore dal 15 gennaio 2009 e attuata  nell'ordinamento  italiano  dal
decreto legislativo 29 marzo 2010, n. 48 (Attuazione della  direttiva
2008/118/CE relativa al regime generale delle accise e che abroga  la
direttiva 92/12/CEE). 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, quindi, il dato
rilevante sarebbe costituito dall'effettiva immissione in consumo nel
territorio   nazionale,   che   rappresenterebbe    la    circostanza
condizionante  il  perfezionamento  della  pretesa   tributaria,   in
mancanza della quale quest'ultima rimarrebbe  estinta:  pertanto,  il
fatto generatore dell'accisa (quale la  produzione  o  l'importazione
dei prodotti sottoposti)  non  risulterebbe  sufficiente  da  solo  a
quantificare concretamente l'entita'  della  pretesa  tributaria  che
dipenderebbe invece dall'impiego  reale  degli  stessi  prodotti  nel
luogo di effettivo consumo. 
    Da quanto  sopra  ne  deriverebbe,  secondo  il  ricorrente,  che
potrebbero spettare alla Regione autonoma Sardegna le somme  relative
alle accise per le quali si sia verificato nella Regione non soltanto
il fatto generatore ma altresi' la condizione di esigibilita' che  si
realizza  al  momento  dell'immissione  in   consumo   nello   stesso
territorio dei prodotti soggetti ad accisa. 
    Da quanto  esposto,  secondo  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri l'art. 1,  comma  1,  della  legge  regionale  impugnata  si
configurerebbe  come  una  norma  interpretativa  della  disposizione
statutaria dell'art. 8, comma 1, lettera  d),  e  comma  2,  peraltro
espressamente richiamata: essa quindi violerebbe gli artt. 8, 54 e 56
dello statuto speciale della Regione autonoma Sardegna, in quanto  la
norma impugnata,  mediante  l'introduzione  del  termine  «generate»,
avrebbe l'intento di interpretare il criterio di quantificazione  del
gettito delle accise (gettito compartecipato dalla  Regione  autonoma
Sardegna nella misura dei nove decimi per effetto di quanto  previsto
dallo stesso art. 8, comma 1, lettera d), e comma 2, dello statuto) -
sulla base appunto  della  «generazione»  nel  territorio  regionale;
secondo  il  ricorrente,  pero',  tale  criterio  di  quantificazione
introdotto in via interpretativa non  risulterebbe  coerente  con  il
criterio del «percetto», cui fa invece  testualmente  riferimento  lo
stesso art.  8  dello  statuto:  mentre,  infatti,  il  criterio  del
«generato», sarebbe  riferito  alla  produzione  complessiva  che  si
realizza nel territorio della Regione, anche se relativa  a  prodotti
che poi scontano il  tributo  nella  restante  parte  del  territorio
nazionale, il criterio del "percetto", invece, sarebbe  da  riferirsi
esclusivamente  ai  prodotti  immessi  in  consumo   nel   territorio
regionale.  Infatti,  prosegue  il  Presidente  del   Consiglio   dei
ministri, l'immissione in consumo renderebbe  esigibile  l'accisa,  e
quindi solo con il pagamento del prezzo  questa  sarebbe  «percetta»,
cosi'  integrando  la   fattispecie   costitutiva   dell'obbligazione
tributaria. Diversamente, conclude sul punto  il  ricorrente,  se  il
prodotto esce dal territorio regionale prima  di  essere  immesso  in
consumo (come in tutti i casi di regime sospensivo nei quali l'uscita
del  prodotto  dal  deposito  fiscale  non   costituisce,   altresi',
immissione in consumo)  non  potrebbe  aversi  ne'  «percezione»  del
tributo nel territorio regionale, ai sensi dell'art. 8, primo  comma,
lettera  d),  dello  statuto,  ne'  tanto  meno  «maturazione   della
fattispecie  impositiva  nel  territorio  regionale»,  ai  sensi  del
secondo comma 2 del medesimo art. 8. 
    Per tutto quanto sin  qui  dedotto,  secondo  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri, sarebbe evidente  il  contrasto  della  norma
impugnata  con   la   disposizione   statutaria,   in   quanto   essa
sostanzialmente abrogherebbe la  rilevanza  costitutiva  del  momento
dell'esigibilita',  legato  a  quello  dell'immissione  in   consumo,
esaurendo la fattispecie nel solo elemento, necessario, ma non ancora
sufficiente, della fabbricazione od importazione  (in  Sardegna)  del
prodotto (sono richiamate le sentenze della  Corte  di  cassazione  6
novembre 2013, n. 24912 e 21 marzo 2012, n. 4511). 
    1.1.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la  norma
impugnata,  ponendosi  come  norma  interpretativa  e  di  attuazione
dell'art. 8 dello statuto della Regione autonoma Sardegna, violerebbe
inoltre l'art. 56 del medesimo statuto sotto  un  ulteriore  profilo,
con riferimento alle disposizioni che  regolano  la  gerarchia  delle
fonti,  laddove  quest'ultima  disposizione   stabilisce   che   «Una
Commissione paritetica di quattro membri, nominati dal Governo  della
Repubblica  e  dall'Alto  Commissario  per  la  Sardegna  sentita  la
Consulta regionale, proporra' le norme relative  al  passaggio  degli
uffici e del personale dallo Stato alla Regione, nonche' le norme  di
attuazione del presente statuto. Tali  norme  saranno  sottoposte  al
parere della Consulta o del Consiglio regionale e saranno emanate con
decreto legislativo». 
    Ne deriverebbe, secondo il ricorrente,  che  qualsiasi  modifica,
integrazione, od  anche  solo  interpretazione  di  norme  statutarie
(quale, nel caso di specie, l'art. 8 della legge costituzionale n.  3
del 1948) non potrebbe che essere affidata  a  disposizioni  di  pari
rango nella gerarchia delle fonti, ovvero alle  norme  di  attuazione
statutaria; norme, quest'ultime, che pur non avendo natura  di  norme
costituzionali, sarebbero peraltro dotate di forza superiore a quella
delle  leggi  ordinarie  in  virtu'  del  peculiare  procedimento  di
approvazione previsto dagli stessi statuti  speciali,  che  nel  caso
della Regione autonoma Sardegna  prevede  il  coinvolgimento  di  una
apposita Commissione paritetica costituita con  rappresentanti  dello
Stato e della Regione nell'approvazione di tali norme (art. 56  dello
statuto). 
    1.2.- Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, la  norma
in esame, sempre in riferimento alle  disposizioni  che  regolano  la
gerarchia delle fonti, violerebbe altresi' l'art. 54 dello statuto il
quale dispone che «Per  le  modificazioni  del  presente  statuto  si
applica il procedimento stabilito dalla  Costituzione  per  le  leggi
costituzionali. L'iniziativa di modificazione puo' essere  esercitata
anche dal Consiglio regionale  o  da  almeno  ventimila  elettori.  I
progetti  di  modificazione  del  presente  Statuto   di   iniziativa
governativa  o  parlamentare  sono  comunicati  dal   Governo   della
Repubblica al Consiglio regionale, che esprime il  suo  parere  entro
due mesi Qualora un progetto di modifica sia stato approvato in prima
deliberazione  da  una  delle  Camere  ed  il  parere  del  Consiglio
regionale sia contrario, il Presidente della Regione puo'  indire  un
referendum consultivo prima del compimento del termine previsto dalla
Costituzione per la  seconda  deliberazione.  Le  modificazioni  allo
Statuto  approvate  non  sono  comunque   sottoposte   a   referendum
nazionale. Le  disposizioni  del  Titolo  III  del  presente  Statuto
possono essere modificate con leggi  ordinarie  della  Repubblica  su
proposta del Governo  o  della  Regione,  in  ogni  caso  sentita  la
Regione». 
    L'art. 8 dello statuto rientra nel Titolo  III  (disposizioni  di
carattere finanziario ). Ai sensi del  comma  5  dell'art.  54  dello
stesso statuto, esso puo' essere modificato solo con legge  ordinaria
della Repubblica su proposta del Governo o della Regione. Non sarebbe
quindi  consentito   alla   semplice   legge   regionale   modificare
unilateralmente  e  sostanzialmente  una  norma   finanziaria   dello
statuto, come invece sarebbe avvenuto nel caso in esame. 
    1.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri  lamenta  altresi'
che  il  criterio  di  quantificazione  del  gettito   delle   accise
introdotto dal legislatore regionale con l'art.  l,  comma  l,  della
1egge reg. Sardegna n. 7 del 2014, laddove deroga all'applicazione di
norme comunitarie e prevede  una  diversa  ripartizione  del  gettito
delle accise spettanti alla Regione, violerebbe gli artt. 117,  primo
comma (sotto il profilo delle competenze  esclusive  dello  Stato  in
materia di  ordinamento  comunitario  e  obblighi  internazionali)  e
secondo comma, lettere a), e) e q),  Cost.  (sotto  i  profili  delle
competenze esclusive dello Stato nelle materie  di  politica  estera,
sistema tributario e contabile dello Stato e  dogane)  e  l'art.  119
Cost.,  che,  al  primo  comma,  riconosce  alle  Regioni  «autonomia
finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto  dell'equilibrio  dei
relativi bilanci», e stabilisce che esse  «concorrono  ad  assicurare
l'osservanza   dei   vincoli   economici   e   finanziari   derivanti
dall'ordinamento dell'Unione europea» ed  ulteriormente  dispone,  al
secondo comma, che le Regioni «Stabiliscono e  applicano  tributi  ed
entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo  i  principi
di coordinamento della finanza pubblica  e  del  sistema  tributario.
Dispongono  di  compartecipazioni  al  gettito  di  tributi  erariali
riferibile alloro territorio». 
    Espone in proposito il ricorrente che le disposizioni comunitarie
in  materia  stabilirebbero  che  le  accise  costituiscono   tributi
armonizzati a livello comunitario e distinguerebbero  chiaramente  il
momento  generatore  dell'obbligazione  tributaria  dal  momento   di
esigibilita' dell'imposta. 
    La direttiva dell'Unione  europea  n.  2008/118/CE,  relativa  al
regime generale delle accise, stabilisce che «ai  fini  del  corretto
funzionamento del mercato interno rimane necessario che la nozione di
accisa e le condizioni di esigibilita' dell'accisa  siano  uguali  in
tutti gli Stati membri, occorre precisare a  livello  comunitario  il
momento in cui i  prodotti  sottoposti  ad  accisa  sono  immessi  in
consumo e chi e' il debitore dell'accisa». 
    La predetta  direttiva  e'  stata  successivamente  recepita  dal
d.lgs. n. 504 del 1995. 
    Per quanto concerne la  nascita  dell'obbligazione  tributaria  e
l'esigibilita'  delle  accise,  l'art.   2   del   medesimo   decreto
legislativo dispone, al comma l, che «Per i  prodotti  sottoposti  ad
accisa  l'obbligazione  tributaria  sorge  al  momento   della   loro
fabbricazione [...] ovvero dalla loro importazione» e,  al  comma  2,
che «L'accisa e' esigibile all'atto della immissione in  consumo  del
prodotto nel territorio della Stato». 
    L'esigibilita' dell'accisa si realizzerebbe,  quindi,  a  seguito
dell'estrazione  dei  prodotti  dal  deposito  fiscale  ed  il   loro
trasferimento a depositi  od  impianti.  Solamente  in  tale  momento
sarebbe possibile individuare  la  destinazione  dei  prodotti  e  la
conseguente aliquota da applicare. Apparirebbe quindi evidente per il
ricorrente che nessun introito si concretizzerebbe  per  l'erario  al
mero sorgere dell'obbligazione tributaria, vale  a  dire  al  momento
della fabbricazione dei  prodotti  sottoposti  ad  accisa.  Pertanto,
facendo applicazione di tali principi il termine «percetto», ai  fini
dell'individuazione  delle  somme  spettanti  alla  Regione  autonoma
Sardegna, non potrebbe che essere inteso con  riferimento  all'accisa
relativa ai prodotti immessi in consumo. 
    Diversamente, l'interpretazione derivante dalla  norma  regionale
mirerebbe ad attribuire alla Regione una quota  di  tutte  le  accise
potenzialmente riconducibili ai prodotti  fabbricati  nel  territorio
regionale. Tale disposizione, pertanto, contrasterebbe con il  quadro
normativo comunitario citato. Il ricorrente  rammenta  che  anche  la
giurisprudenza  della  Corte  costituzionale   avrebbe   piu'   volte
evidenziato il nesso che  lega  l'accisa  al  territorio  in  cui  si
realizza il consumo del prodotto (sono richiamate le sentenze n.  185
del 2011 e n. 115 del 2010). 
    In conclusione, secondo il ricorrente, la disposizione  impugnata
- laddove scinde, solo  per  il  territorio  della  Regione  autonoma
Sardegna, il momento della generazione del prodotto  e  quello  della
immissione in consumo, che invece nel sistema generale  delle  accise
sono inscindibilmente connessi al fine di  integrare  la  fattispecie
impositiva,  -  violerebbe  quindi  il  fondamentale  principio   del
coordinamento tra la finanza regionale e quella statale, creando solo
per la Sardegna una anomala figura di accisa imponibile a prescindere
dall'immissione in consumo. 
    2.-  La  Regione  autonoma  Sardegna  non  si  e'  costituita  in
giudizio. 
    2.1.- Sono intervenuti in giudizio gli onorevoli Michele Cossa  e
Attilio   Dedoni,   deducendo   l'inammissibilita'    e,    comunque,
l'infondatezza  della  questione   di   legittimita'   costituzionale
proposta dal Presidente del Consiglio dei ministri. 
    Gli intervenienti riferiscono di essere  attualmente  consiglieri
regionali sardi e di aver ricoperto la medesima  carica  anche  nella
legislatura durante la quale il Consiglio regionale ha  approvato  la
disposizione impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri. Per
tali  motivi,  essi  argomentano,  non  solo   dovrebbero   ritenersi
astrattamente  titolari  del  potere  legislativo,  ma  si   dovrebbe
altresi' tenere conto che di  tale  potere  i  medesimi  hanno  fatto
concreto esercizio, concorrendo alla approvazione  della  legge  reg.
Sardegna n. 7 del 2014, legge finanziaria regionale, ed in  tal  modo
se   ne   sarebbero   assunti   la   responsabilita'   (politica   ed
amministrativa):   tale   condizione   giustificherebbe    la    loro
legittimazione ad intervenire nel presente giudizio  di  legittimita'
costituzionale, in difesa della disposizione impugnata ed al fine  di
evitare lo stravolgimento del bilancio regionale. 
    A  sostegno  della   ammissibilita'   dell'atto   di   intervento
evidenziano che esso e'  stato  proposto  nel  rispetto  dei  termini
previsti dall'art. 4, comma 4, delle norme integrative per il giudizi
davanti alla Corte costituzionale e sostengono che nei loro confronti
non  potrebbe  trovare  applicazione  il  restrittivo  e  consolidato
orientamento  di  questa  Corte,  secondo  il   quale   non   sarebbe
ammissibile l'intervento in tale tipologia di giudizi  se  esercitato
da soggetti che non siano  titolari  di  potesta'  legislativa  (sono
richiamate le sentenze n. 121 del 2010, n. 172 del 1994 e n. 111  del
1975):  sostengono  difatti  gli  intervenienti   che,   secondo   la
giurisprudenza di questa Corte tale divieto ricorrerebbe  laddove  si
rinvenisse la possibilita' (per coloro  il  cui  intervento  non  sia
consentito) di tutelare i propri «interessi» giuridicamente rilevanti
dinanzi ad altra istanza giurisdizionale, od eventualmente  anche  di
fronte a questa Corte, in via incidentale (sono citate le sentenze n.
33 del 2011, n. 278 del 2010 e n.  118  del  2013),  circostanza  che
invece non si verificherebbe per gli intervenienti, in quanto -  essi
sostengono - non resterebbe loro alcuna possibilita' di far valere le
proprie ragioni dinanzi ad altra autorita'  giudiziaria  al  fine  di
sostenere   la   legittimita'   costituzionale   della   disposizione
impugnata. 
    Nel merito, gli intervenienti ritengono che l'art.  1,  comma  1,
della legge reg.  Sardegna  n.  7  del  2014,  prevedendo  che  siano
comprese nelle entrate regionali anche le imposte di fabbricazione su
tutti i prodotti che  ne  siano  gravati,  «generate  nel  territorio
regionale anche se riscosse nel  restante  territorio  dello  Stato»,
specificherebbe fedelmente la portata dell'art. 8 dello statuto,  nel
significato desumibile dal combinato disposto del  comma  1,  lettera
d), e comma 2,  laddove,  in  particolare,  esso  si  riferisce  alle
imposte maturate in ambito regionale; espressione che sarebbe  quindi
da ritenere equivalente a quella  utilizzata  dalla  legge  regionale
impugnata («generate») e conforme a quanto dispone  la  direttiva  n.
2008/118/CE, che prevede all'art. 2 che  «I  prodotti  sottoposti  ad
accisa  sono  soggetti  a  tale  imposta  all'atto:  a)  della   loro
fabbricazione, compresa, se applicabile, l'estrazione nel  territorio
della Comunita'; b) della  loro  importazione  nel  territorio  della
Comunita'», mentre l'immissione in consumo condizionerebbe  solamente
l'esigibilita' del tributo (ai sensi dell'art. 7, paragrafo l,  della
medesima direttiva n. 2008/118/CE). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   proposto
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1,  della
legge  della  Regione  autonoma  Sardegna  21  gennaio  2014,  n.   7
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
della Regione - legge finanziaria 2014). 
    L'art. 1, comma 1, dispone che «Ai sensi dell'articolo  8,  primo
comma, lettera d), e secondo  comma  della  legge  costituzionale  26
febbraio 1948 n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), nelle  entrate
spettanti  alla  Regione  sono   comprese   anche   le   imposte   di
fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati  generate  nel
territorio regionale anche se riscosse nel restante territorio  dello
Stato». 
    Secondo il ricorrente tale  disposizione  contrasterebbe  con  il
richiamato art. 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948,  n.  3
(Statuto speciale per la Sardegna), il quale dispone al comma  1  che
«Le entrate della regione sono costituite: [...] d) dai  nove  decimi
dell'imposta di fabbricazione  su  tutti  i  prodotti  che  ne  siano
gravati, percetta nel territorio della regione» ed  al  comma  2  che
«Nelle entrate spettanti alla regione sono comprese anche quelle che,
sebbene  relative  a  fattispecie  tributarie  maturate   nell'ambito
regionale, affluiscono, in attuazione di disposizioni  legislative  o
per esigenze amministrative, ad uffici finanziari situati  fuori  del
territorio della regione». 
    Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri  le  imposte  di
fabbricazione sarebbero ricomprese nell'ambito delle "accise"  e,  in
quanto tali, sarebbero esigibili solo al momento della immissione  in
consumo, in  coerenza  con  le  prescrizioni  contenute  nel  decreto
legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico  delle  disposizioni
legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui  consumi  e
relative sanzioni penali e  amministrative),  e  della  direttiva  16
dicembre 2008, n. 2008/118/CE (Direttiva del  Consiglio  relativa  al
regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE). 
    Ad avviso della difesa erariale, la norma impugnata attribuirebbe
alla Regione autonoma Sardegna, oltre  alle  imposte  conseguenti  ai
prodotti "consumati" nel territorio sardo,  anche  quelle  "percette"
altrove, in quanto riferibili a prodotti fabbricati in Sardegna. 
    Al  contrario,  secondo  il  ricorrente,  il   fatto   generatore
dell'accisa (produzione od importazione dei  prodotti  sottoposti  al
tributo)  non  risulterebbe  sufficiente  da  solo   a   quantificare
concretamente l'entita' della pretesa  tributaria,  che  dipenderebbe
dall'impiego degli stessi prodotti nel luogo di effettivo consumo. 
    Da quanto sopra  ne  deriverebbe  che  potrebbero  spettare  alla
Regione autonoma Sardegna solamente le somme relative alle accise per
le quali si  e'  verificato  nella  Regione  non  soltanto  il  fatto
generatore ma anche la condizione di  esigibilita',  che  avviene  al
momento  dell'immissione  in  consumo  nello  stesso  territorio  dei
prodotti soggetti ad accisa. 
    Per tali motivi, la disposizione impugnata  violerebbe  l'art.  8
dello statuto,  in  quanto,  attraverso  il  termine  «generate»,  si
porrebbe  in  contrasto  col  criterio  della  «percezione»,  cui  fa
testualmente riferimento la stessa norma statutaria. 
    Essa violerebbe,  inoltre,  l'art.  54  dello  statuto  sotto  il
profilo  del  mancato  rispetto,  da  parte  di  una  semplice  legge
regionale, di un precetto contenuto  nel  Titolo  III  dello  statuto
afferente alla materia finanziaria che, ai  sensi  del  comma  5  del
citato art. 54, potrebbe essere modificato solo da una fonte di  pari
grado dello statuto o da una legge ordinaria dello Stato, secondo  la
prevista procedura concordata tra Governo e Regione. 
    La  norma  impugnata,  se  ritenuta  disposizione  di  attuazione
statutaria, violerebbe altresi' l'art. 56 del medesimo  statuto,  che
prevede per le disposizioni attuative la necessaria  adozione  di  un
apposito  decreto  legislativo,  su  proposta  di   una   Commissione
paritetica designata dallo Stato e dalla Regione autonoma Sardegna. 
    Inoltre, secondo il ricorrente, il  criterio  di  quantificazione
del gettito delle accise introdotto dall'art. 1, comma 1, della legge
reg. Sardegna n. 7 del 2014, in quanto derogante all'applicazione  di
disposizioni comunitarie  attraverso  una  diversa  ripartizione  del
gettito delle accise spettanti alla Regione, creerebbe  solo  per  la
stessa  un'anomala  figura  di  accisa   imponibile   a   prescindere
dall'immissione in consumo. 
    Contrasterebbe, pertanto, con gli  artt.  117,  primo  e  secondo
comma, lettere a), e) e q), Cost., nonche' con l'art.  119,  primo  e
secondo comma, Cost., in quanto attribuirebbe alla Regione una  quota
di  tutte  le  accise  potenzialmente   riconducibili   ai   prodotti
fabbricati nel territorio  regionale,  pur  se  destinati  ad  essere
immessi in consumo fuori di esso. 
    La Regione autonoma Sardegna non si e' costituita. 
    Hanno  spiegato  atto  di  intervento  in  giudizio,   dichiarato
inammissibile con ordinanza letta nell'udienza del 27  gennaio  2015,
gli   onorevoli   Michele   Cossa   e   Attilio   Dedoni,   deducendo
l'inammissibilita' e, comunque,  l'infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale proposta dal ricorrente. 
    2.- Ai fini  della  presente  decisione  e'  utile  una  premessa
inerente al quadro normativo di riferimento. 
    L'art. 8 dello statuto della Regione autonoma Sardegna disciplina
la  compartecipazione  regionale  a  vari  tributi   erariali.   Tale
disposizione,  in  seguito  alle  modifiche  introdotte   da   ultimo
dall'art. 1,  comma  834,  della  legge  27  dicembre  2006,  n.  296
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato -  legge  finanziaria  2007),  ha  lasciato  immutata  la
previsione   riferita   alla   compartecipazione    all'imposta    di
fabbricazione, limitata  a  quella  «percetta  nel  territorio  della
regione», e reca ora un secondo comma secondo il quale «Nelle entrate
spettanti alla  regione  sono  comprese  anche  quelle  che,  sebbene
relative a fattispecie  tributarie  maturate  nell'ambito  regionale,
affluiscono, in attuazione di disposizioni legislative o per esigenze
amministrative, ad uffici finanziari  situati  fuori  del  territorio
della regione». 
    L'art. 2, comma 1,  del  d.lgs.  n.  504  del  1995  precisa  che
l'obbligazione tributaria sorge gia' al momento  della  fabbricazione
od  importazione  dei  prodotti   soggetti   al   tributo,   compresa
l'estrazione dal sottosuolo, mentre il successivo comma  2  chiarisce
che l'accisa e' esigibile all'atto  dell'immissione  in  consumo  del
prodotto nel  territorio  dello  Stato.  Ne  consegue  che  l'imposta
diviene liquida ed  esigibile  in  coincidenza  con  l'immissione  in
consumo dei prodotti  soggetti  al  tributo.  Solo  in  quel  momento
quest'ultimo  viene  riscosso  da  parte  dello  Stato  mediante   il
versamento cui e' tenuto il soggetto obbligato. 
    Prima di tale evento (o dei casi ad esso equiparati ex lege: art.
2, comma 2, capoverso, del d.lgs. n. 504 del 1995) l'imposta  difetta
ancora di liquidita', in quanto l'importo calcolato al momento  della
fabbricazione o dell'importazione dei  prodotti  e'  suscettibile  di
correzioni in diminuzione  («abbuoni»  secondo  la  terminologia  del
testo  unico),  con  conseguente  estinzione  parziale   dell'obbligo
tributario, nei casi di perdite,  distruzioni  o  cali  (art.  4  del
d.lgs.  n.  504  del  1995).  Ulteriore  conferma   della   rilevanza
fondamentale dell'immissione in consumo  e'  poi  la  previsione  che
qualora le aliquote vigenti  al  momento  dell'importazione  o  della
fabbricazione dei prodotti ed  a  quello  della  loro  immissione  in
consumo siano diverse, si applicano le aliquote in vigore al  momento
dell'immissione (art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 504 del 1995). 
    3.- Alla luce di tale  premessa,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge reg. Sardegna  n.  7
del 2014, proposta  in  riferimento  all'art.  8  dello  statuto,  e'
fondata. 
    L'art. 8, comma 1, lettera.  d),  dello  statuto  circoscrive  le
accise sulle quali  calcolare  il  riparto  a  quelle  percette  «nel
territorio della Sardegna». 
    Questa previsione non e' contraddetta dal comma  2  del  medesimo
art. 8, laddove sono  menzionate  le  «[...]  fattispecie  tributarie
maturate nell'ambito regionale [...]»: tale disposizione non  estende
la compartecipazione regionale  alle  accise  riferibili  a  prodotti
fabbricati od importati in Sardegna, ma poi  immessi  in  consumo  in
altre Regioni. 
    In generale, la fattispecie tributaria puo' dirsi  "matura"  solo
quando giunge a perfezionamento e l'imposta diviene quindi liquida ed
esigibile; nel caso delle accise, come gia' visto,  i  momenti  della
liquidazione e della conseguente esigibilita' del tributo  coincidono
con quello dell'immissione in consumo. 
    Quindi,  il  comma  2  dell'art.  8  dello  statuto  sardo   puo'
riguardare solamente fattispecie  tributarie  la  cui  condizione  di
esigibilita' si verifichi pienamente nel territorio  della  Sardegna,
sebbene la riscossione  dei  relativi  tributi  avvenga,  per  motivi
derivanti dalla loro peculiare struttura, in diversa Regione.  Cosi',
ad esempio - come suggeriscono gli stessi  lavori  preparatori  della
legge n. 296 del 2006 che ha introdotto il comma 2 all'art.  8  dello
statuto sardo - la norma e' riferibile  ai  casi  delle  imposte  sul
reddito corrisposte a titolo di sostituto d'imposta da imprese aventi
la sede  legale  in  altra  Regione  dello  Stato  ma  riferibili  ad
attivita' produttive insediate in Sardegna. 
    L'art. 1, comma 1, della l. reg. Sardegna n. 7 del 2014,  sebbene
assuma di disporre in coerenza con la  richiamata  norma  statutaria,
stabilisce, invece, che «nelle entrate spettanti  alla  Regione  sono
comprese anche le imposte di fabbricazione su tutti i prodotti che ne
siano gravati generate nel territorio regionale anche se riscosse nel
restante  territorio   dello   Stato».   Quest'ultimo   precetto   e'
chiaramente in  contrasto  con  l'art.  8  dello  statuto,  il  quale
circoscrive le accise sulle  quali  calcolare  il  riparto  a  quelle
«percette nel territorio della Sardegna». 
    In base a tale previsione statutaria la Regione autonoma Sardegna
non puo' vantare alcun diritto di compartecipazione al gettito  delle
accise riscosse  dallo  Stato  se  riferibili  a  prodotti  che,  pur
realizzati od importati all'origine nel territorio  sardo,  nondimeno
siano stati successivamente immessi in  consumo  al  di  fuori  dello
stesso; di contro, concorrono certamente a tale  riparto  i  prodotti
fabbricati altrove, ma immessi in consumo in Sardegna. 
    Per  quanto  esposto  deve  essere  dichiarata   l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 1, della legge reg. Sardegna  n.  7
del 2014. 
    4.- Restano assorbiti gli altri profili di censura.