ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  8,  comma
24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16  (Disposizioni  urgenti  in
materia  di  semplificazioni   tributarie,   di   efficientamento   e
potenziamento  delle  procedure  di  accertamento),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 aprile  2012,  n.
44, promosso dal Consiglio di Stato, sezione quarta  giurisdizionale,
nei procedimenti riuniti  vertenti  tra  l'Agenzia  delle  entrate  e
Dirpubblica - Federazione del Pubblico Impiego  (gia'  Dirpubblica  -
Federazione  dei  funzionari,  delle  elevate  professionalita',  dei
professionisti e dei  dirigenti  delle  pubbliche  amministrazioni  e
delle Agenzie) ed altri, con ordinanza del 26 novembre 2013, iscritta
al n. 9 del registro  ordinanze  2014  e  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n.  8,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2014. 
    Visti l'atto di costituzione di Dirpubblica, nonche' gli atti  di
intervento del Codacons  (Coordinamento  delle  associazioni  per  la
difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori)  e
del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica  del  24  febbraio  2015  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi gli avvocati Gino Giuliano per il Codacons, Carmine  Medici
per Dirpubblica e l'avvocato  dello  Stato  Fabrizio  Fedeli  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 26 novembre 2013 (r.o. n. 9 del  2014),  il
Consiglio di Stato, sezione quarta giurisdizionale, ha sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della  Costituzione,  questione  di
legittimita' dell'art. 8, comma 24, del decreto-legge 2  marzo  2012,
n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie,
di efficientamento e potenziamento delle procedure di  accertamento),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  26
aprile 2012, n. 44. 
    La disposizione impugnata, fatti salvi i  limiti  previsti  dalla
legislazione  vigente  per  le  assunzioni  nel   pubblico   impiego,
autorizza l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia
del territorio ad  espletare  procedure  concorsuali,  da  completare
entro  il  31  dicembre  2013,  per  la  copertura  delle   posizioni
dirigenziali vacanti, secondo le modalita' di cui all'art.  1,  comma
530, della legge 27  dicembre  2006,  n.  296  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2007), e  all'art.  2,  comma  2,  secondo  periodo,  del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248. Tale autorizzazione e' posta  in
relazione «all'esigenza  urgente  e  inderogabile  di  assicurare  la
funzionalita' operativa delle proprie strutture,  volta  a  garantire
una efficace attuazione  delle  misure  di  contrasto  all'evasione»,
disposte da altri commi dello stesso art. 8 del d.l. n. 16 del  2012,
come convertito. 
    La   disposizione   prevede,   inoltre,   che    «[n]elle    more
dell'espletamento  di  dette  procedure   l'Agenzia   delle   dogane,
l'Agenzia  delle  entrate  e  l'Agenzia  del  territorio,  salvi  gli
incarichi gia' affidati, potranno attribuire incarichi dirigenziali a
propri funzionari con la stipula  di  contratti  di  lavoro  a  tempo
determinato,  la  cui  durata  e'  fissata  in  relazione  al   tempo
necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso». Dopo
aver stabilito che gli incarichi in questione  sono  attribuiti  «con
apposita procedura selettiva applicando l'articolo 19,  comma  1-bis,
del  decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165»,  e  che  «[a]i
funzionari cui e' conferito l'incarico compete lo stesso  trattamento
economico  dei  dirigenti»,  la  norma  precisa  che   «[a]   seguito
dell'assunzione dei vincitori delle procedure concorsuali di  cui  al
presente comma, l'Agenzia delle dogane,  l'Agenzia  delle  entrate  e
l'Agenzia del territorio  non  potranno  attribuire  nuovi  incarichi
dirigenziali a propri funzionari  con  la  stipula  di  contratti  di
lavoro a tempo determinato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo
19, comma 6, del decreto  legislativo  30  marzo  2001,  n.  165».  I
periodi finali indicano le modalita' attraverso le quali si  provvede
agli  oneri  finanziari  derivanti   dall'attuazione   delle   misure
ricordate. 
    2.-  La  questione  di  legittimita'  costituzionale   e'   stata
sollevata nel corso di un giudizio  riunito  avente  ad  oggetto  tre
ricorsi in appello,  proposti  dall'Agenzia  delle  entrate,  per  la
riforma  di  altrettante  sentenze   del   Tribunale   amministrativo
regionale del Lazio. Era stata tra l'altro  affermata,  mediante  uno
dei provvedimenti impugnati, l'illegittimita' della  delibera  n.  55
del 22 dicembre 2009, assunta dal Comitato di  gestione  dell'Agenzia
delle entrate, di proroga al 31 dicembre 2010 dei  termini  contenuti
nell'art. 24 del regolamento di amministrazione della stessa Agenzia.
Quest'ultima  disposizione  prevede,  per  inderogabili  esigenze  di
funzionamento dell'Agenzia, ed entro un termine piu' volte prorogato,
che le eventuali vacanze sopravvenute  nelle  posizioni  dirigenziali
possano essere provvisoriamente coperte, previo  interpello  e  salva
l'urgenza, con contratti individuali di lavoro  a  termine  stipulati
con funzionari interni, ai quali va attribuito lo stesso  trattamento
economico dei dirigenti. 
    Il TAR del  Lazio,  in  sintesi,  aveva  ritenuto  che  la  norma
regolamentare attuasse un conferimento di  incarichi  dirigenziali  a
soggetti privi della relativa qualifica, in palese  violazione  degli
artt. 19 e 52, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
(Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle  dipendenze  delle
amministrazioni pubbliche).  Di  qui  l'annullamento  della  delibera
impugnata. 
    Nelle more del  procedimento  d'appello,  e'  entrato  in  vigore
l'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come  convertito,  cioe'
la norma censurata nel presente giudizio,  che  opera  una  sorta  di
trasposizione in legge di quanto previsto nel ricordato art.  24  del
regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle entrate. 
    Il  Consiglio  di  Stato,  respinte  questioni  pregiudiziali  di
diritto e preliminari  di  merito,  con  separata  ordinanza  del  26
novembre  2013,  ha  quindi  rimesso  alla  Corte  costituzionale  la
questione di legittimita' costituzionale del citato art. 8, comma 24,
del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, in riferimento  agli  artt.
3, 51 e 97 Cost. 
    3.- Il giudice rimettente, in punto di rilevanza, osserva che  la
disposizione   censurata,   ponendosi   «quale    factum    principis
sopravvenuto», determinerebbe la declaratoria di improcedibilita' dei
ricorsi  in  appello  per  sopravvenuto  difetto  di  interesse  alla
decisione.  Consentendo  che,  nelle  more  dell'espletamento   delle
procedure concorsuali, le Agenzie delle dogane, delle entrate  e  del
territorio,  fatti  salvi  gli  incarichi  gia'   affidati,   possano
attribuire incarichi dirigenziali a  propri  funzionari  privi  della
corrispondente qualifica, con la stipula di  contratti  di  lavoro  a
tempo determinato, la cui durata e' fissata  in  relazione  al  tempo
necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso,  essa
determinerebbe infatti la "salvezza" del provvedimento impugnato  nel
giudizio  a  quo,  cioe'  la  delibera  del  Comitato   di   gestione
dell'Agenzia delle entrate con la quale e' stato modificato l'art. 24
del regolamento di amministrazione. 
    4.- Quanto alla non manifesta infondatezza  della  questione,  il
giudice rimettente, in primo luogo, ritiene che  la  norma  censurata
contrasti con  gli  artt.  3  e  97  Cost.,  in  quanto,  consentendo
l'attribuzione  di  incarichi  a  funzionari  privi  della   relativa
qualifica,  aggirerebbe  la  regola  costituzionale  di  accesso   ai
pubblici uffici mediante concorso. 
    Si assume in sintesi, anche mediante richiami alla giurisprudenza
costituzionale (ex plurimis, sentenza  n.  205  del  2004),  che  nel
concorso pubblico va riconosciuta «la forma generale ed ordinaria  di
reclutamento  per  il  pubblico   impiego,   in   quanto   meccanismo
strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione».  La  forma
concorsuale esige - secondo il rimettente - che non siano  introdotte
arbitrarie ed  irragionevoli  restrizioni  nell'ambito  dei  soggetti
legittimati alla partecipazione,  ed  in  particolare  che,  pur  non
essendo preclusa la previsione per legge  di  condizioni  di  accesso
intese  a  favorire  il  consolidamento   di   pregresse   esperienze
lavorative maturate all'interno di un'amministrazione, non  sia  dato
luogo, salvo circostanze eccezionali, a riserva integrale  dei  posti
disponibili in favore  del  personale  interno,  ne'  a  scivolamenti
automatici verso posizioni superiori, senza concorso o comunque senza
adeguate verifiche attitudinali. Inoltre, il passaggio ad una  fascia
funzionale superiore comporterebbe l'accesso ad  un  nuovo  posto  di
lavoro corrispondente a funzioni piu' elevate e sarebbe  esso  stesso
soggetto, pertanto, quale forma  di  reclutamento,  alla  regola  del
pubblico concorso (e' citata la sentenza di questa Corte n.  194  del
2002). 
    A fronte di questi principi,  la  norma  impugnata  consentirebbe
invece  a  funzionari  privi  della  relativa  qualifica,  di  essere
destinatari, senza aver superato un pubblico concorso,  di  incarichi
dirigenziali, quindi di accedere allo svolgimento di mansioni proprie
di  un'area  e  di  una  qualifica  afferente  ad  un  ruolo  diverso
nell'ambito dell'amministrazione. 
    In secondo luogo, il giudice  rimettente  assume  che  l'elusione
della regola  del  pubblico  concorso  determinerebbe  un  vulnus  al
principio del buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,  con
conseguente lesione, sotto questo profilo, degli artt. 3 e 97  Cost.:
infatti, rappresentando il concorso la forma generale ed ordinaria di
reclutamento per il pubblico impiego, esso costituisce un  meccanismo
strumentale al canone di efficienza dell'amministrazione  e,  dunque,
attuativo del principio del buon andamento. 
    In terzo luogo, e' prospettata una violazione degli artt. 3 e 97,
primo  comma,  Cost.,  in  relazione  ai   principi   di   legalita',
imparzialita' e buon andamento dell'azione  amministrativa,  poiche',
permettendo l'attribuzione di  incarichi  a  funzionari  privi  della
relativa qualifica, la norma censurata consentirebbe la  preposizione
ad organi amministrativi di soggetti privi dei  requisiti  necessari,
determinando  una  diminuzione  delle  garanzie  dei  cittadini   che
confidano  in   una   amministrazione   competente,   imparziale   ed
efficiente. 
    Infine, secondo il giudice a quo, la  disposizione  censurata  si
porrebbe in  contrasto  con  gli  artt.  3  e  51  Cost.,  in  quanto
consentirebbe l'accesso all'ufficio di dirigente in violazione  delle
condizioni di uguaglianza tra i cittadini che aspirano ad accedere ai
pubblici uffici e in violazione dei requisiti stabiliti  dalla  legge
per il conferimento degli incarichi dirigenziali, posto che l'art. 19
del d.lgs. n. 165 del 2001 prevederebbe un ben  diverso  procedimento
per il conferimento degli incarichi dirigenziali. 
    5.- Con atto depositato in data 4 marzo 2014  e'  intervenuto  in
giudizio il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che   la
questione sia dichiarata infondata. 
    Secondo l'Avvocatura generale, l'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16
del 2012, come convertito, non legittima le censure  prospettate  dal
rimettente, in quanto norma a carattere assolutamente  temporaneo  ed
eccezionale,  introdotta  al  solo  fine  di  garantire,  nelle  more
dell'espletamento  del  concorso,  il  buon  andamento  degli  uffici
dell'Agenzia delle  entrate.  In  particolare,  la  disposizione  non
consentirebbe   uno   scivolamento   automatico    nella    qualifica
dirigenziale dei funzionari dell'Agenzia inquadrati nella terza  area
funzionale, ma  si  limiterebbe  ad  attribuire  a  costoro  mansioni
dirigenziali, per il  solo  tempo  necessario  allo  svolgimento  del
concorso. Si ricorda dalla stessa  Avvocatura  generale  come  questa
Corte,  con  la  sentenza  n.  212   del   2012,   abbia   dichiarato
l'infondatezza  di  una  questione  di  legittimita'   costituzionale
relativa ad  una  disposizione  di  legge  (regionale)  di  contenuto
asseritamente analogo a quella ora impugnata. 
    Ad  avviso   del   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
l'eccezionalita' e la temporaneita' della previsione contenuta  nella
disposizione censurata  sarebbero  dimostrate  anche  dal  fatto  che
l'Agenzia delle entrate ha  dato  effettivamente  avvio  a  procedure
concorsuali per il reclutamento di personale  dirigente,  attualmente
in corso. 
    Quanto alla dedotta diminuzione delle garanzie per  i  cittadini,
in  ragione  della  presunta  elusione  della  regola  del  concorso,
l'Avvocatura generale osserva che la disposizione censurata e' semmai
volta ad  evitare  conseguenze  pregiudizievoli  nei  riguardi  delle
finanze pubbliche e  della  collettivita',  che  si  verificherebbero
qualora  gli  uffici  delle   Agenzie   rimanessero   privi   di   un
responsabile. 
    Infine si rileva come, nelle more del presente  giudizio,  l'art.
8, comma 24, primo periodo, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito,
sia stato modificato dall'art. 1,  comma  14,  del  decreto-legge  30
dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini  previsti  da  disposizioni
legislative), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 27 febbraio 2014, n. 15, che proroga al 31 dicembre  2014
il termine «per  il  completamento  delle  procedure  concorsuali»  e
stabilisce che nelle more possono essere prorogati solo gli incarichi
gia' attribuiti ai sensi del secondo periodo del  medesimo  comma  24
dell'art. 8 del  d.l.  n.  16  del  2012,  come  convertito.  Secondo
l'Avvocatura generale,  la  disposizione  da  ultimo  richiamata  non
farebbe altro che confermare la volonta' di garantire,  da  un  lato,
l'efficiente organizzazione degli uffici dell'Agenzia, e, dall'altro,
la copertura delle  vacanze  organiche  nel  rispetto  del  principio
generale del pubblico concorso. 
    6.- Nel giudizio innanzi alla Corte, con  atto  depositato  il  4
marzo 2014, si e' costituita Dirpubblica - Federazione  del  Pubblico
Impiego, parte nel procedimento a quo,  chiedendo,  in  primo  luogo,
l'accoglimento della questione  di  legittimita'  costituzionale,  in
riferimento agli artt. 3, 51  e  97  Cost.  A  tal  fine,  richiamati
adesivamente gli argomenti del rimettente, la parte ricorda  come  la
giurisprudenza consideri illegittimo, distinguendolo dalla  reggenza,
lo svolgimento di mansioni dirigenziali da parte di  un  funzionario,
al fine di porre in evidenza che la  norma  censurata  avrebbe  fatto
"salva",  perpetuandola,  una  prassi  contra  legem,  impedendo   la
copertura delle posizioni dirigenziali vacanti  attraverso  procedure
concorsuali. 
    In  secondo  luogo,  Dirpubblica  chiede   che   sia   dichiarata
l'illegittimita' costituzionale in via  consequenziale  dell'art.  1,
comma 14, del d.l. n. 150  del  2013,  come  convertito,  entrato  in
vigore nelle more del  presente  giudizio  di  costituzionalita',  in
relazione agli artt. 3, 51 e 97 Cost. Assume, in proposito, che  tale
disposizione incorrerebbe nelle medesime censure gia' evidenziate con
riguardo all'art. 8,  comma  24,  del  d.l.  n.  16  del  2012,  come
convertito,  in  quanto  proroga  di  un  anno  il  termine  per   il
completamento di procedure  concorsuali  -  per  altro,  a  far  data
dall'entrata in vigore del richiamato  d.l.  n.  150  del  2013,  non
ancora avviate - e, nel frattempo, consente di prorogare o modificare
gli incarichi dirigenziali gia'  attribuiti  ai  sensi  dell'art.  8,
comma 24, secondo periodo, del d.l. n. 16 del 2012. 
    In  terzo  luogo,   eccepisce   l'illegittimita'   costituzionale
dell'art. 1, comma 14, del d.l. n. 150  del  2013,  come  convertito,
anche per violazione degli artt. 3, 24,  97,  101,  111,  113  e  117
Cost., nonche' dell'art. 6, paragrafo 1,  della  Convenzione  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e  resa  esecutiva  con
legge 4 agosto 1955, n. 848 (CEDU),  ritenendo  che  la  disposizione
sarebbe stata adottata al fine di risolvere ex auctoritate legis  una
controversia pendente dinnanzi al giudice  amministrativo,  con  cio'
pregiudicando il principio di parita' delle  armi  e  il  diritto  di
difesa e incidendo sull'esercizio della funzione giurisdizionale. 
    Infine, chiede che la Corte costituzionale sollevi di fronte a se
stessa questione di legittimita' costituzionale della legge n. 15 del
2014, nella parte in cui ha modificato l'art. 1, comma 14,  del  d.l.
n. 150 del 2013, in riferimento agli artt. 64,  primo  comma,  e  81,
terzo comma, Cost., allegando che  nel  procedimento  di  conversione
sarebbero stati violati gli artt. 40, comma 2, e  102-bis,  comma  1,
del Regolamento del Senato della Repubblica. 
    7.- Con atto depositato in data 3 marzo 2014, e'  intervenuto  in
giudizio il Codacons (Coordinamento delle associazioni per la  difesa
dell'ambiente  e  dei  diritti  degli  utenti  e  dei   consumatori),
chiedendo, in adesione alle argomentazioni del  rimettente  Consiglio
di   Stato,   l'accoglimento   della   questione   di    legittimita'
costituzionale. 
    In ordine all'ammissibilita' del proprio intervento, osserva  che
l'Associazione, per  espressa  previsione  statutaria,  «[t]utela  il
diritto alla trasparenza, alla corretta gestione e al buon  andamento
delle pubbliche amministrazioni». Rileva, inoltre, di  aver  spiegato
intervento ad opponendum nel giudizio a quo, notificato  in  data  18
febbraio 2014 e depositato in data 20 febbraio 2014. 
    8.- Nell'imminenza dell'udienza  pubblica,  in  data  3  febbraio
2015, ha depositato ulteriore  memoria  l'Avvocatura  generale  dello
Stato. Oltre a ribadire le argomentazioni gia' illustrate,  eccepisce
l'inammissibilita' delle censure sollevate da  Dirpubblica  sull'art.
8, comma 24, del d.l.  n.  16  del  2012,  in  relazione  a  tutti  i
parametri non evocati nell'ordinanza di rimessione. 
    9.- Dirpubblica, in data 3 febbraio 2015,  ha  depositato  a  sua
volta una memoria in cui, dopo aver illustrato le vicende  successive
alla proposizione della questione di costituzionalita', ribadisce  la
richiesta di accoglimento della questione sollevata e  di  estensione
della dichiarazione  d'incostituzionalita',  ai  sensi  dell'art.  27
della legge 11 marzo 1953, n. 87  (Norme  sulla  costituzione  e  sul
funzionamento della Corte costituzionale), all'art. 1, comma 14,  del
d.l. n. 150 del 2013, come convertito, sia in riferimento agli  artt.
3, 51 e 97 Cost., gia' evocati nella memoria  depositata  in  data  4
marzo 2014, sia in riferimento agli artt. 3, 24, 97, 101, 111, 113  e
117 Cost., quest'ultimo in relazione alla  norma  interposta  di  cui
all'art. 6, paragrafo 1, della CEDU. 
    Chiede,  inoltre,  che   la   dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale consequenziale sia  estesa,  per  gli  stessi  motivi,
all'art. 1, comma 8, del  decreto-legge  31  dicembre  2014,  n.  192
(Proroga di termini previsti da disposizioni legislative). 
    10.- In data 2 febbraio 2015, ha depositato memoria il  Codacons,
insistendo sia  per  la  propria  legittimazione  ad  intervenire  in
giudizio, sia per l'accoglimento della questione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato,  sezione  quarta  giurisdizionale,  ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 51 e 97  della  Costituzione,
questione di legittimita' dell'art. 8, comma 24, del decreto-legge  2
marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, di efficientamento e  potenziamento  delle  procedure  di
accertamento), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,  comma  1,
della legge 26 aprile 2012, n. 44. 
    La disposizione censurata, in relazione alla «esigenza urgente  e
inderogabile di assicurare la funzionalita'»  delle  strutture  delle
Agenzie  delle  dogane,  delle  entrate  e  del  territorio,  e   per
«garantire  una  efficace  attuazione  delle  misure   di   contrasto
all'evasione» contenute in altri commi dello stesso art. 8  del  d.l.
n.16 del 2012, come convertito, autorizza  le  Agenzie  ricordate  ad
espletare procedure concorsuali, da completarsi entro il 31  dicembre
2013,  per  la  copertura  delle  posizioni   dirigenziali   vacanti,
attraverso il richiamo alla disciplina contenuta nell'art.  1,  comma
530, della legge 27  dicembre  2006,  n.  296  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2007), e nell'art.  2,  comma  2,  secondo  periodo,  del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248. 
    In  questo  contesto,  la  disposizione  censurata  aggiunge  una
specifica  previsione,  che  costituisce  l'effettivo  oggetto  delle
censure del giudice a quo, e che opera in due distinte direzioni:  fa
salvi, per il passato, gli incarichi dirigenziali gia' affidati dalle
Agenzie in  parola  a  propri  funzionari,  e  consente,  nelle  more
dell'espletamento delle procedure concorsuali  prima  richiamate,  di
attribuire incarichi dirigenziali a propri  funzionari,  mediante  la
stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata  e'
fissata in relazione al tempo necessario per la copertura  del  posto
vacante tramite concorso. Questi incarichi sono  attribuiti,  afferma
la  disposizione  censurata,  con  «apposita  procedura   selettiva»,
applicandosi l'art. 19, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo
2001,  n.  165  (Norme  generali  sull'ordinamento  del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche). Dopo aver precisato  che
ai  funzionari  cui  e'  conferito  l'incarico  compete   lo   stesso
trattamento economico dei dirigenti,  la  disposizione  in  questione
conclude che le  Agenzie  ricordate  non  potranno  attribuire  nuovi
incarichi dirigenziali, secondo le modalita' appena descritte e fatto
salvo quanto previsto dall'art. 19, comma 6, del d.lgs.  n.  165  del
2001, dal momento della «assunzione  dei  vincitori  delle  procedure
concorsuali di cui al presente comma». 
    1.1.-   Il   giudice   a   quo   e'   investito,   tra   l'altro,
dell'impugnazione di una sentenza di annullamento della delibera  del
Comitato di  gestione  dell'Agenzia  delle  entrate  (n.  55  del  22
dicembre 2009), con la  quale  e'  stato  modificato  l'art.  24  del
regolamento di amministrazione  della  stessa  Agenzia.  Tale  ultima
norma,   regolando   la   «copertura   provvisoria    di    posizioni
dirigenziali», consente la stipulazione di contratti a termine con  i
funzionari interni, fino all'attuazione delle  procedure  di  accesso
alla dirigenza e comunque non oltre una scadenza  che  -  al  momento
dell'impugnativa - era  fissata  al  31  dicembre  2010.  Il  giudice
rimettente pone in evidenza come la  norma  censurata  -  entrata  in
vigore nelle more del giudizio principale - operi  una  trasposizione
in legge di quanto stabilito nella disposizione regolamentare cui  si
riferisce l'impugnativa, e condizioni dunque l'esito del  giudizio  a
quo,   ponendosi   «quale   factum   principis   sopravvenuto»,   che
determinerebbe una declaratoria di improcedibilita' per  sopravvenuta
carenza di interesse alla decisione. 
    1.2.- Ad avviso del giudice a quo, consentendo l'attribuzione  di
incarichi a funzionari privi  della  relativa  qualifica,  l'art.  8,
comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come  convertito,  aggirerebbe  la
regola  costituzionale  di  accesso  ai  pubblici   uffici   mediante
concorso, in violazione degli  artt.  3  e  97  Cost.  Viene,  a  tal
proposito, richiamata la giurisprudenza costituzionale che  riconosce
nel concorso pubblico la forma generale ed ordinaria di  reclutamento
per il pubblico impiego, quale procedura  strumentale  al  canone  di
efficienza dell'amministrazione, cio' che, riguardo  all'assegnazione
di  funzioni  direttive,  priverebbe  di  legittimazione   arbitrarie
preclusioni di  accesso,  riserve  integrali  di  posti  o  forme  di
attribuzione automatica in favore del  personale  interno.  La  norma
censurata, sempre secondo il giudice a quo,  consentirebbe  invece  a
funzionari, privi della relativa qualifica, di accedere,  senza  aver
superato un pubblico concorso,  ad  un  «ruolo»  diverso  nell'ambito
della propria amministrazione. 
    L'elusione della  regola  del  pubblico  concorso  determinerebbe
anche un vulnus al principio  del  buon  andamento,  con  conseguente
ulteriore lesione, sotto questo diverso profilo, degli artt. 3  e  97
Cost. Ancora, la disposizione censurata violerebbe gli artt. 3 e  97,
primo  comma,  Cost.,  in  relazione  ai   principi   di   legalita',
imparzialita' e buon andamento dell'azione  amministrativa,  poiche',
permettendo l'attribuzione di  incarichi  a  funzionari  privi  della
relativa  qualifica,  consentirebbe   la   preposizione   ad   uffici
amministrativi   di   soggetti   privi   dei   requisiti   necessari,
determinando  una  diminuzione  delle  garanzie  dei  cittadini   che
confidano  in   una   amministrazione   competente,   imparziale   ed
efficiente. 
    Il rimettente prospetta, infine, una violazione degli artt.  3  e
51  Cost.,  poiche'  l'accesso  a   funzioni   dirigenziali   sarebbe
consentito, in deroga al principio di uguaglianza,  pur  nell'assenza
dei requisiti stabiliti dalla legge (e, in particolare, dall'art.  19
del citato d.lgs. n. 165 del 2011). 
    2.-  In   via   preliminare,   va   ribadito   quanto   stabilito
nell'ordinanza della quale e' stata data lettura in udienza, allegata
alla    presente    sentenza,    in    ordine    all'inammissibilita'
dell'intervento del Codacons (Coordinamento delle associazioni per la
difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti  e  dei  consumatori)
nel presente giudizio di legittimita' costituzionale. 
    3.- La questione va esaminata entro i limiti del thema decidendum
individuato dall'ordinanza di rimessione, dato che non possono essere
prese in considerazione le censure svolte dalla  parte  del  giudizio
principale, con riferimento a parametri costituzionali ed  a  profili
non evocati dal giudice a quo (ex plurimis, sentenze n. 211 e n.  198
del 2014, n. 275 del 2013, n. 310, n. 227 e n. 50 del 2010). 
    4.- La questione e' fondata. 
    4.1.- Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte,  nessun
dubbio puo' nutrirsi in  ordine  al  fatto  che  il  conferimento  di
incarichi dirigenziali  nell'ambito  di  un'amministrazione  pubblica
debba avvenire previo esperimento di un pubblico concorso, e  che  il
concorso sia necessario anche nei  casi  di  nuovo  inquadramento  di
dipendenti gia'  in  servizio.  Anche  il  passaggio  ad  una  fascia
funzionale superiore comporta «l'accesso ad un nuovo posto di  lavoro
corrispondente a funzioni piu'  elevate  ed  e'  soggetto,  pertanto,
quale figura di reclutamento,  alla  regola  del  pubblico  concorso»
(sentenza n. 194 del 2002; ex plurimis, inoltre, sentenze n. 217  del
2012, n. 7 del 2011, n. 150 del 2010, n. 293 del 2009). 
    In apparenza, la disposizione impugnata non si pone in  contrasto
diretto con tali principi. Essa  non  conferisce  in  via  definitiva
incarichi dirigenziali a soggetti  privi  della  relativa  qualifica,
bensi' consente, in via  asseritamente  temporanea,  l'assunzione  di
tali incarichi da parte di funzionari, in  attesa  del  completamento
delle procedure concorsuali. 
    Tuttavia, l'aggiramento della regola del  concorso  pubblico  per
l'accesso alle posizioni dirigenziali in parola si rivela,  sia  alla
luce  delle  circostanze  di  fatto,  precedenti  e  successive  alla
proposizione della questione di  costituzionalita',  nelle  quali  la
disposizione impugnata si inserisce, sia all'esito di un piu' attento
esame della fattispecie delineata dall'art. 8, comma 24, del d.l.  n.
16 del 2012. 
    4.2.- Per colmare le carenze nell'organico dei propri  dirigenti,
l'Agenzia delle entrate ha, negli anni, fatto  ampio  ricorso  ad  un
istituto  previsto  dall'art.   24   del   proprio   regolamento   di
amministrazione.  Tale  disposizione  consente,  «[p]er  inderogabili
esigenze di funzionamento  dell'Agenzia»,  la  copertura  provvisoria
delle eventuali vacanze verificatesi  nelle  posizioni  dirigenziali,
previo interpello e previa specifica valutazione dell'idoneita' degli
aspiranti, mediante la stipula di contratti individuali di  lavoro  a
termine  con  propri  funzionari,  con  l'attribuzione  dello  stesso
trattamento  economico  dei  dirigenti,  «fino  all'attuazione  delle
procedure di accesso alla dirigenza» e, comunque, fino ad un  termine
finale predeterminato. Questo termine finale e'  stato  di  volta  in
volta prorogato, a  partire  dal  2006,  con  apposite  delibere  del
Comitato di gestione  dell'Agenzia.  Al  momento  della  proposizione
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 24,
del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, esso risultava  fissato  al
31 dicembre 2010. Successivamente alla proposizione della  questione,
il termine e'  stato  prorogato  altre  due  volte,  da  ultimo  (con
delibera n. 51 del 29 dicembre 2011) «al 31 maggio 2012». 
    Le reiterate delibere di proroga  del  termine  finale  hanno  di
fatto consentito, negli anni, di utilizzare uno strumento pensato per
situazioni peculiari quale  metodo  ordinario  per  la  copertura  di
posizioni   dirigenziali   vacanti.   Secondo   la    giurisprudenza,
nell'ambito  dell'ordinamento  del  lavoro  alle   dipendenze   delle
pubbliche amministrazioni, l'illegittimita' di  questa  modalita'  di
copertura  delle  posizioni  dirigenziali  deriva   dalla   sua   non
riconducibilita',  ne'  al  modello  dell'affidamento   di   mansioni
superiori a impiegati  appartenenti  ad  un  livello  inferiore,  ne'
all'istituto   della   cosiddetta   reggenza.   Il   primo   modello,
disciplinato dall'art.  52  del  d.lgs.  n.  165  del  2001,  prevede
l'affidamento al  lavoratore  di  mansioni  superiori,  nel  caso  di
vacanza di posto in organico, per non piu' di  sei  mesi  prorogabili
fino a dodici, qualora  siano  state  avviate  le  procedure  per  la
copertura dei posti vacanti, ma e' applicabile solo  nell'ambito  del
sistema di classificazione del personale dei livelli, non gia'  delle
qualifiche, e in particolare non e' applicabile (ed e' illegittimo se
applicato) laddove sia necessario il  passaggio  dalla  qualifica  di
funzionario a quella di dirigente (sentenza di questa Corte n. 17 del
2014; nella giurisprudenza di legittimita',  ex  plurimis,  Corte  di
cassazione, sezione lavoro, sentenze 12 aprile 2006, n.  8529,  e  26
marzo 2010, n. 7342). 
    Invero, l'assegnazione di posizioni dirigenziali a un funzionario
puo' avvenire solo ricorrendo al secondo modello, cioe'  all'istituto
della reggenza, regolato in generale dall'art. 20 del d.P.R. 8 maggio
1987, n. 266 (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo
del 26 marzo 1987 concernente il comparto  del  personale  dipendente
dai Ministeri). La reggenza si differenzia dal primo modello  perche'
serve  a  colmare   vacanze   nell'ufficio   determinate   da   cause
imprevedibili, e viceversa si avvicina ad esso perche'  e'  possibile
farvi ricorso a condizione che sia stato avviato il procedimento  per
la copertura del posto vacante, e nei limiti di  tempo  previsti  per
tale  copertura.  Straordinarieta'  e  temporaneita'   sono   percio'
caratteristiche  essenziali  dell'istituto  (ex  plurimis,  Corte  di
cassazione, sezioni unite civili, sentenze 22 febbraio 2010, n. 4063,
16 febbraio 2011, n. 3814, 14 maggio  2014,  n.  10413).  Ebbene,  le
reiterate  proroghe  del  termine   previsto   dal   regolamento   di
organizzazione dell'Agenzia  delle  entrate  per  l'espletamento  del
concorso per dirigenti e,  conseguentemente,  per  l'attribuzione  di
funzioni dirigenziali mediante la stipula di contratti individuali di
lavoro a termine con  propri  funzionari,  con  l'attribuzione  dello
stesso  trattamento  economico  dei  dirigenti,  hanno   indotto   la
giurisprudenza amministrativa  (TAR  Lazio,  Roma,  seconda  sezione,
sentenze 30 settembre 2011, n. 7636, e 1° agosto  2011,  n.  6884)  a
ritenere  carenti,  nella  fattispecie  prevista  dall'art.  24   del
regolamento di amministrazione  dell'Agenzia  delle  entrate,  i  due
presupposti ricordati della straordinarieta' e della temporaneita', a
non configurarla come un'ipotesi di reggenza e quindi a  considerarla
in contrasto con la disciplina generale di cui agli artt. 19 e 52 del
d.lgs. n. 165 del 2001. 
    In questo quadro normativo e giurisprudenziale, e nella  relativa
vicenda  processuale,  interviene  il  legislatore,   attraverso   la
disposizione sospettata di illegittimita' costituzionale. 
    La  norma  impugnata  esordisce  autorizzando  le  Agenzie  delle
entrate,  del  territorio  e  delle  dogane  ad  espletare  procedure
concorsuali, da  completarsi  entro  il  31  dicembre  2013,  per  la
copertura  delle  posizioni  dirigenziali  vacanti,   attraverso   il
richiamo alla disciplina contenuta nell'art. 1, comma 530,  della  l.
n. 296 del 2006 e nell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del d.l.  n.
203  del  2005,  come  convertito.  L'autorizzazione  in  parola   e'
rafforzata  attraverso  un  riferimento  alla  «esigenza  urgente   e
inderogabile di assicurare la funzionalita'»  delle  strutture  delle
Agenzie e alla necessita' di garantire «una efficace attuazione delle
misure di contrasto all'evasione»  contenute  in  altri  commi  dello
stesso art. 8 del d.l. n. 16 del 2012, come convertito. 
    In realta', del tutto indipendentemente  dalla  norma  impugnata,
l'indizione di concorsi per la copertura  di  posizioni  dirigenziali
vacanti e' resa possibile da norme gia' vigenti, che lo  stesso  art.
8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito,  si  limita  a
richiamare senza aggiungervi nulla (si veda l'art. 2,  comma  2,  del
d.l. n. 203 del 2005,  come  convertito).  Inoltre,  considerando  le
regole  organizzative  interne  dell'Agenzia  delle  entrate   e   la
possibilita'  di  ricorrere  all'istituto  della  delega,   anche   a
funzionari, per l'adozione di atti a competenza dirigenziale  -  come
affermato  dalla  giurisprudenza  tributaria  di  legittimita'  sulla
provenienza  dell'atto  dall'ufficio  e  sulla   sua   idoneita'   ad
esprimerne all'esterno la volonta' (ex plurimis, Corte di cassazione,
sezione tributaria civile, sentenze 9 gennaio 2014, n. 220; 10 luglio
2013, n. 17044; 10 agosto 2010, n. 18515; sezione sesta civile  -  T,
11 ottobre 25012, n. 17400) - la funzionalita' delle Agenzie  non  e'
condizionata dalla validita' degli  incarichi  dirigenziali  previsti
dalla  disposizione  censurata.  Sicche'  l'obbiettivo  reale   della
disposizione in esame e' rivelato dal secondo periodo della norma  in
questione, ove, da un lato, si fanno salvi i contratti  stipulati  in
passato tra le Agenzie e i propri funzionari, dall'altro si  consente
ulteriormente  che,  nelle  more  dell'espletamento  delle  procedure
concorsuali, da completare entro il  31  dicembre  2013,  le  Agenzie
attribuiscano incarichi dirigenziali a propri funzionari, mediante la
stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata  e'
fissata in relazione al tempo necessario per la copertura  del  posto
vacante tramite concorso. 
    Dopo   la   proposizione   della   questione   di    legittimita'
costituzionale,   il   termine   originariamente   fissato   per   il
«completamento»  delle  procedure  concorsuali  viene  prorogato  due
volte. Dapprima, l'art. 1, comma 14, primo periodo, del decreto-legge
30 dicembre 2013, n. 150 (Proroga di termini previsti da disposizioni
legislative), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 27 febbraio 2014, n. 15, lo ha spostato  al  31  dicembre
2014, purche' le procedure fossero indette entro il 30  giugno  2014,
con la precisazione  che,  nelle  more,  era  possibile  prorogare  o
modificare solo  gli  incarichi  dirigenziali  gia'  attribuiti,  non
invece conferirne di nuovi. Successivamente, l'art. 1, comma  8,  del
decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (Proroga di  termini  previsti
da disposizioni legislative), lo ha  ulteriormente  prorogato  al  30
giugno 2015. 
    Benche' il legislatore abbia esplicitamente precisato, in  questi
interventi  di  proroga,  che  non  e'  consentito  conferire   nuovi
incarichi a  funzionari  interni,  e'  indubbio  che  gli  interventi
descritti abbiano aggravato gli  aspetti  lesivi  della  disposizione
impugnata. In tal modo, infatti,  il  legislatore  apparentemente  ha
riaffermato, da un lato, la temporaneita' della disciplina,  fissando
nuovi termini per il completamento delle procedure  concorsuali,  ma,
dall'altro, allontanando sempre di nuovo nel  tempo  la  scadenza  di
questi,  ha  operato  in  stridente  contraddizione  con  l'affermata
temporaneita'. 
    4.3.- La norma impugnata ha cura di esibire, quale caratteristica
essenziale, la  propria  temporaneita':  il  ricorso  alla  descritta
modalita' di copertura delle posizioni dirigenziali  vacanti  sarebbe
provvisorio,  strettamente  collegato   all'indizione   di   regolari
procedure concorsuali per l'accesso alla  dirigenza,  da  completarsi
entro un termine ben identificato, che la disposizione impugnata,  in
origine, fissava al 31 dicembre 2013. 
    Tuttavia, l'art. 8, comma 24, del  d.l.  n.  16  del  2012,  come
convertito, inserisce in tale costruzione un  elemento  d'incertezza,
nella parte in  cui  stabilisce  che,  fatto  salvo  quanto  disposto
dall'art. 19, comma 6,  del  d.lgs.  n.  165  del  2001,  le  Agenzie
interessate non potranno attribuire nuovi  incarichi  dirigenziali  a
propri funzionari «[a] seguito dell'assunzione  dei  vincitori  delle
procedure concorsuali di cui al presente comma». Questo significa che
al termine, certo nell'an  e  nel  quando,  del  completamento  delle
procedure concorsuali  -  nelle  cui  more  e'  possibile  attribuire
incarichi dirigenziali con le modalita' descritte -  si  affianca  un
diverso  termine,  certo  nella   sola   attribuzione   del   diritto
all'assunzione, ma incerto nel quando, perche' tra  il  completamento
delle procedure concorsuali  (coincidente  con  l'approvazione  delle
graduatorie) e l'assunzione dei vincitori, puo'  trascorrere,  per  i
piu' diversi motivi, anche un notevole lasso di tempo. 
    E' quindi lo stesso tenore testuale della disposizione  impugnata
a non escludere che, pur essendo concluse le operazioni  concorsuali,
le Agenzie interessate possano prorogare, per periodi ulteriori,  gli
incarichi dirigenziali gia' conferiti a propri funzionari, in caso di
ritardata assunzione di uno o piu' vincitori.  In  questo  senso,  in
contraddizione  con  l'affermata  temporaneita',  il  termine  finale
fissato dalla disposizione impugnata finisce per non  essere  «certo,
preciso e sicuro» (sentenza n. 102 del 2013). 
    Per  questo,  non   e'   conferente   il   richiamo,   effettuato
dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  alla  fattispecie  normativa
scrutinata con la sentenza di questa Corte n. 212 del 2012.  In  tale
sentenza, l'infondatezza della questione derivava  dalla  circostanza
per cui la  norma  di  legge  (regionale)  impugnata  consentiva,  in
assenza di personale con qualifica  dirigenziale,  che  talune  delle
suddette funzioni potessero  essere  attribuite  a  funzionari  della
categoria piu' elevata non dirigenziale,  fino  all'espletamento  dei
relativi concorsi e, comunque, per non piu'  di  due  anni.  Come  si
vede, in quel caso il termine finale della  copertura  delle  vacanze
attraverso il conferimento d'incarichi non era ancorato ad un  evento
incerto nel quando come l'assunzione dei vincitori,  ma  era  fissato
perentoriamente. 
    Anche considerando il tenore  letterale  della  norma  impugnata,
quindi,  il  carattere  di  temporaneita'  della  soluzione  da  essa
prevista, sul quale insiste l'Avvocatura generale dello Stato,  tende
a scolorire fin quasi ad annullarsi. 
    4.4.- Si aggiunga, per  quanto  necessario,  che  la  regola  del
concorso non e' certo soddisfatta dal  rinvio  che  la  stessa  norma
impugnata opera all'art. 19, comma 1-bis, del d.lgs. n. 165 del 2001,
nella parte in cui  stabilisce  che  gli  incarichi  dirigenziali  ai
funzionari «sono attribuiti con  apposita  procedura  selettiva».  In
realta',  la  norma   di   rinvio   si   limita   a   prevedere   che
l'amministrazione renda conoscibili, anche mediante pubblicazione  di
apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia  dei
posti che si rendono disponibili nella dotazione organica e i criteri
di scelta, stabilendo, altresi', che siano acquisite  e  valutate  le
disponibilita' dei funzionari interni interessati.  I  contratti  non
sono dunque assegnati attraverso il ricorso ad una procedura aperta e
pubblica, conformemente a quanto richiesto dagli artt.  3,  51  e  97
Cost. (sentenze n. 217 del 2012, n. 150 e n. 149 del 2010, n. 293 del
2009, n. 453 del 1990). 
    4.5.- In definitiva, l'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012,
come convertito, ha contribuito all'indefinito protrarsi nel tempo di
un'assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza
provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei
vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica. Per questo,
ne va dichiarata l'illegittimita' costituzionale per violazione degli
artt. 3, 51 e 97 Cost. 
    Posto che le ricordate proroghe di termini  fanno  corpo  con  la
norma impugnata, producendo unitamente ad  essa  effetti  lesivi,  ed
anzi aggravandoli, in applicazione dell'art. 27 della legge 11  marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), la dichiarazione di illegittimita' costituzionale va
estesa all'art. 1, comma 14, del d.l. 30 dicembre 2013, n. 150,  come
convertito, e all'art. 1, comma 8, del d.l. 31 dicembre 2014, n. 192.
E proprio perche' tali disposizioni hanno carattere consequenziale  e
concorrono a integrare la disciplina impugnata, non vi sono  ostacoli
ad   estendere   ad   esse    la    dichiarazione    d'illegittimita'
costituzionale,   pur   trattandosi   di    disposizioni    normative
sopravvenute al giudizio a quo. Infatti, «l'apprezzamento  di  questa
Corte, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  non
presuppone la rilevanza delle norme ai fini della  decisione  propria
del processo principale, ma cade invece sul rapporto con cui esse  si
concatenano nell'ordinamento,  con  riguardo  agli  effetti  prodotti
dalle  sentenze  dichiarative   di   illegittimita'   costituzionali»
(sentenza n. 214 del 2010).