ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  45  del
decreto legislativo 30  aprile  1992,  n.  285  (Nuovo  codice  della
strada), promosso dalla Corte di cassazione nel procedimento vertente
tra T. M. e la Prefettura di Cuneo con ordinanza del 7  agosto  2014,
iscritta al n. 206 del registro ordinanze  2014  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  48,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 29  aprile  2015  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 7 agosto 2014, iscritta al r.o. n. 206  del
2014, la Corte di cassazione, sezione seconda  civile,  ha  sollevato
questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  45  del  decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice  della  strada),  in
riferimento all'art. 3 della Costituzione. 
    La  Corte  rimettente  riferisce  che  la   conduttrice   ed   il
proprietario  di  un'autovettura  adivano  il  Giudice  di  pace   di
Mondovi', opponendosi al provvedimento del Prefetto di Cuneo  con  il
quale era stato respinto il loro ricorso  avverso  il  verbale  della
Polizia stradale di Cuneo per violazione dell'art. 142, comma 8,  del
d.lgs. n. 285 del 1992. 
    I ricorrenti impugnavano  il  citato  provvedimento  dinnanzi  al
giudice di prime cure.  Si  costituiva  in  giudizio  la  Prefettura,
contestando l'avversa opposizione. 
    Il Giudice di pace di Mondovi' rigettava con sentenza il ricorso,
confermando il verbale e l'ordinanza del Prefetto di Cuneo. 
    Successivamente  i  citati  ricorrenti  proponevano  appello   al
Tribunale ordinario di Torino e la Prefettura resisteva, chiedendo il
rigetto per infondatezza. 
    Il Tribunale di Torino confermava l'impugnata sentenza. 
    In entrambi  i  gradi  di  giudizio  e'  rimasto  controverso  il
corretto funzionamento dell'autovelox, in relazione al quale  non  e'
stato concesso alcun accertamento. 
    Avverso detta  decisione  di  appello  i  ricorrenti  proponevano
ricorso in Cassazione. Resisteva con controricorso la  Prefettura  di
Cuneo. 
    In punto di rilevanza, la  Corte  di  cassazione  riferisce  che,
nell'ambito degli otto quesiti formulati ai sensi  dell'art.  366-bis
del codice di procedura civile,  la  soluzione  del  terzo  e  quarto
motivo di ricorso imporrebbe  di  affrontare  la  problematica  della
necessita' della verifica periodica delle apparecchiature predisposte
per l'accertamento e misurazione della velocita'. 
    A giudizio del giudice rimettente, quindi,  occorre  vagliare  la
legittimita' costituzionale dell'esenzione per tali strumenti da  una
procedura di verifica periodica del loro funzionamento. 
    In particolare con il terzo  motivo  di  ricorso  si  censura  la
«violazione o, comunque, falsa  applicazione  di  norme  di  diritto,
ovvero della legge 11.08.1991 n. 273, dell'art.  4  del  decreto  del
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,  Dipartimento  per  i
Trasporti Terrestri, Direttore Generale Motorizzazione  n.  1123  del
16.05.2005 ed ancora delle norme internazionali  UNI  30012,  UNI  EN
10012 e delle  raccomandazioni  OIML  D19  e  D20,  [nelle  quali  e'
prevista] la taratura periodica per le apparecchiature di rilevazione
della velocita' - art. 360 n. 3 c.p.c.».  Con  il  quarto  motivo  di
ricorso, collegato al precedente, le parti ricorrenti  lamentano  una
carenza motivazionale della impugnata sentenza  in  relazione  ad  un
«fatto controverso e decisivo per  il  giudizio  ovvero  il  regolare
funzionamento dell'autovelox». Inoltre anche il primo ed  il  secondo
motivo di ricorso sarebbero in via mediata coinvolti dalla  soluzione
della questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata,  poiche'
attengono  alla  motivazione  ed  all'eventuale  violazione  o  falsa
applicazione dell'art. 2697 del codice civile in  relazione  all'art.
23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale)
e all'art. 205 del d.lgs. n. 285 del 1992, quanto  alla  «avvenuta  o
meno  dimostrazione»  della  regolarita'  del  detto  rilevatore   di
velocita'. 
    Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, la  Corte
di cassazione prende le mosse dal  proprio  consolidato  orientamento
secondo   il   quale   le   apparecchiature   elettroniche   per   la
determinazione  dell'osservanza  dei  limiti  di  velocita'  di   cui
all'art. 142, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992, non devono  essere
sottoposte  alla  procedura  di  verifica  periodica.  Secondo  detto
orientamento possono evitarsi i «controlli previsti  dalla  legge  n.
273 del 1991 istitutiva del sistema nazionale relativo alla  verifica
della taratura poiche' esso attiene alla  materia  c.d.  metrologica,
che e' diversa rispetto a quella della misurazione elettronica  della
velocita'» (si cita la sentenza della Corte  di  cassazione,  seconda
sezione civile, 19 novembre 2007, n. 23978). La Corte  di  cassazione
si sarebbe espressa  in  piu'  pronunce  nel  senso  della  manifesta
infondatezza della questione  di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 45, comma 6, e 142, comma 6, del d.lgs. n.  285  del  1992,  4,
comma 3, del decreto-legge  20  giugno  2002,  n.  121  (Disposizioni
urgenti per garantire  la  sicurezza  nella  circolazione  stradale),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  1°
agosto 2002, n. 168 e 345 del decreto del Presidente della Repubblica
16 dicembre 1992, n. 495 (Regolamento di esecuzione e  di  attuazione
del nuovo codice della strada), in riferimento agli artt. 3, 24 e  97
Cost. (si citano le  sentenze  della  Corte  di  cassazione,  seconda
sezione civile, 15 dicembre 2008, n. 29333 e n. 29334). 
    Il giudice rimettente ricorda come la Corte costituzionale con la
sentenza n. 277 del 2007 abbia gia' esaminato e deciso  la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 45 del  d.lgs.  n.  285  del
1992 in riferimento agli artt. 3,  24  e  111  Cost.,  ritenendo  non
fondata la questione per erronea individuazione da parte del  giudice
rimettente del termine di  comparazione  nel  decreto  del  Ministero
dell'industria, del commercio e dell'artigianato 28  marzo  2000,  n.
182 (Regolamento recante modifica ed  integrazione  della  disciplina
della verificazione periodica degli strumenti metrici in  materia  di
commercio e di camere di commercio), anziche' nell'art. 2,  comma  1,
della legge 11 agosto 1991, n. 273 (Istituzione del sistema nazionale
di taratura). In quella sede tuttavia la Corte costituzionale avrebbe
svolto affermazioni, che indurrebbero ad una  riconsiderazione  della
questione. In particolare, la Corte costituzionale  avrebbe  rilevato
che il  rimettente  non  avrebbe  sperimentato  l'applicazione  della
normativa generale del 1991  alla  luce  del  sistema  internazionale
delle unita' di misura SI. 
    Ritenuta pertanto la  perdurante  rilevanza  della  questione,  e
reputando ormai  consolidato  il  diritto  vivente  a  seguito  degli
uniformi e costanti indirizzi ermeneutici della Corte di  cassazione,
della cui legittimita'  costituzionale  egli  dubita,  il  rimettente
assume che la  norma  impugnata  consentirebbe,  in  modo  del  tutto
irragionevole,  che  le  apparecchiature  destinate  all'accertamento
delle violazioni dei limiti di velocita'  possano  essere  utilizzate
nello svolgimento di accertamenti  irripetibili  sulla  base  di  una
presunzione di corretto funzionamento «anche a  distanza  di  lustri»
basata sulla «sola conformita' al modello omologato». 
    A  tal  fine   egli   prospetta   il   dubbio   di   legittimita'
costituzionale in riferimento  all'art.  3  Cost.  sotto  i  seguenti
profili:  a)   «per   l'assoluta   irragionevolezza   e   conseguente
disuguaglianza, che  [consentirebbe  l'esclusione]  dall'applicazione
della [...] normativa generale,  anche  internazionale,  in  tema  di
misura ricomprendente pure la velocita'  come  unita'  derivata»;  b)
«con riguardo, come tertium comparationis, alla normativa di cui alla
legge 1 agosto 1991, n. 273 (Istituzione  del  sistema  nazionale  di
taratura), che prevede anche la  velocita'  quale  unita'  di  misura
derivata»; c)  «con  riferimento  [...]  alla  normativa  comunitaria
(Norme UNI EN 30012 - parte 1 come integrate da UNI  EN  10012),  che
[prevederebbe]  il  dovuto  e   relativo   adeguamento   del   nostro
ordinamento»; d) per la palese irragionevolezza  di  un  sistema  che
consente  di  dare   certezza   giuridica   e   inoppugnabilita'   ad
accertamenti irripetibili - fonti di potenziali gravi conseguenze per
chi vi e' sottoposto - svolti da complesse apparecchiature senza  che
la loro efficienza e buon funzionamento  siano  soggette  a  verifica
«anche a distanza di lustri». 
    2.- Con atto di intervento depositato il 9 dicembre  2014  si  e'
costituito in giudizio il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
chiede che la questione  di  legittimita'  sollevata  sia  dichiarata
inammissibile ovvero infondata. 
    L'Avvocatura generale  dello  Stato  osserva  che  in  base  alla
normativa europea di riferimento, concernente il sistema UNI EN 30012
di cui alla direttiva 28 marzo 1983,  n.  83/189/CEE  (Direttiva  del
Consiglio che prevede una procedura d'informazione nel settore  delle
norme  e  delle  regolamentazioni  tecniche),  recepita  nel   nostro
ordinamento  con  la  legge  21  giugno  1986,  n.   317   (Procedura
d'informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche  e
delle regole relative ai servizi della societa' dell'informazione  in
attuazione della direttiva 98/34/CE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 22 giugno 1998, modificata dalla direttiva 98/48/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 20  luglio  1998),  tutti  gli
strumenti di misurazione dovrebbero  essere  sottoposti  a  taratura.
Inoltre la legge n. 273 del 1991 individua gli  istituti  metrologici
primari (IMP), i quali insieme ai centri di taratura  costituirebbero
il  relativo  sistema  nazionale.  Detti  centri  provvederebbero  ad
eseguire tutti i  controlli  richiesti  ai  fini  dell'emissione  del
"certificato di taratura", non essendo consentito lo  svolgimento  di
questa  funzione  ne'  alla   ditta   produttrice,   ne'   a   quella
distributrice  dell'autovelox.  La  citata   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 277  del  2007  avrebbe  rafforzato  l'orientamento
interpretativo  della  giurisprudenza  di  merito  nel  senso   della
necessita' della taratura per le apparecchiature di rilevazione della
velocita' ai fini della validita' dell'accertamento, diversamente  da
quanto ritenuto dalla Corte di cassazione anche  successivamente.  Da
quanto rilevato, a giudizio  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,
discenderebbe  l'inammissibilita'  della  questione  di  legittimita'
costituzionale   sollevata.   Difatti,   secondo    il    consolidato
orientamento  della  Corte  costituzionale,  allorche'  piu'  opzioni
interpretative siano in  astratto  adottabili,  il  giudice  dovrebbe
scegliere l'interpretazione conforme a  Costituzione  (si  citano  le
sentenze n. 192 del 2007, n. 356 del 1996 e le ordinanze n. 451 e  n.
121 del 1994). Inoltre la questione proposta non dovrebbe  risolversi
nella  prospettazione  di  meri  dubbi  ermeneutici  e   alla   Corte
costituzionale  non   spetterebbe   il   ruolo   di   giudice   delle
interpretazioni della Corte di cassazione (si citano le ordinanze  n.
98 del 2006 e n. 3 del 2002). 
    L'inammissibilita'    potrebbe    desumersi    altresi'     dalla
considerazione  che,   sulla   base   della   stessa   giurisprudenza
costituzionale, l'autonomia ermeneutica del giudice delle  leggi  non
avrebbe natura illimitata, ma dovrebbe necessariamente arrestarsi  di
fronte ad un orientamento  interpretativo  adeguatamente  consolidato
delle Corti superiori e  tale  da  assumere  valenza  di  significato
obiettivo della normativa,  cosi'  da  concretizzare  la  nozione  di
"diritto vivente" (si cita la sentenza n. 350 del 1997). 
    Nel  caso  in  esame   l'orientamento   secondo   il   quale   le
apparecchiature  elettroniche  di  rilevamento  della  velocita'  non
necessiterebbero ai sensi dell'art. 45 del d.lgs. n. 285 del 1992  di
sottoposizione alla verifica  periodica  sarebbe  stato  ribadito  in
varie occasioni dalle sezioni semplici della Corte di cassazione  (si
citano l'ordinanza 17 settembre 2012, n. 15597 e le sentenze n. 29334
e 29333 del 2008, n.  23978  del  2007),  ma  contrasterebbe  con  il
consistente orientamento di segno opposto dei giudici di merito. 
    La questione sarebbe inoltre manifestamente infondata, in  quanto
la materia  dell'impiego  e  della  manutenzione  dei  misuratori  di
velocita' avrebbe una propria disciplina -  specifica  rispetto  alle
norme che regolamentano gli altri apparecchi di  misura  -  contenuta
nel decreto del Ministero dei lavori pubblici  (ora  Ministero  delle
infrastrutture e dei trasporti) del 29 ottobre 1997 (Approvazione  di
prototipi di apparecchiature per l'accertamento  dell'osservanza  dei
limiti di velocita' e loro modalita' di impiego). L'art. 4 del citato
decreto ministeriale stabilendo che «Gli organi di  Polizia  stradale
interessati  all'uso   delle   apparecchiature   per   l'accertamento
dell'osservanza  dei  limiti  di  velocita'  sono  tenuti   a   [...]
rispettare le modalita' di installazione e di  impiego  previste  nei
manuali d'uso», escluderebbe la necessita' di un controllo  periodico
finalizzato  alla  taratura  dello  strumento  di   misura   se   non
espressamente richiesto dal costruttore nel manuale d'uso  depositato
presso il Ministero dei  trasporti  al  momento  della  richiesta  di
approvazione ovvero nel decreto di approvazione. Inoltre la  verifica
della corretta funzionalita' e la vigilanza su eventuali  anomalie  e
malfunzionamenti delle apparecchiature approvate  dal  Ministero  dei
trasporti impiegate esclusivamente in presenza e  sotto  il  costante
controllo di un operatore  di  polizia  stradale  sarebbe  effettuata
dagli  stessi  operatori  durante  tutto  il  servizio   secondo   le
indicazioni fornite dal costruttore. Solo i misuratori  di  velocita'
utilizzati in modalita' completamente  automatica  dovrebbero  essere
sottoposti ad una verifica metrologica presso la  casa  costruttrice,
abilitata dalla certificazione di qualita' secondo le norme ISO  9001
e seguenti, ovvero presso uno dei soggetti  accreditati  dal  Sistema
nazionale di taratura ai sensi della  legge  n.  273  del  1991,  con
cadenza  almeno  annuale  ovvero   conformemente   alle   indicazioni
contenute nel certificato  di  approvazione  e  dalle  istruzioni  di
funzionamento fornite dal costruttore. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe la Corte di  cassazione,
seconda  sezione  civile,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 45 del decreto legislativo 30  aprile  1992,
n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in  cui  non  prevede
che le apparecchiature destinate  all'accertamento  delle  violazioni
dei limiti di velocita' siano sottoposte a  verifiche  periodiche  di
funzionalita'  e  di  taratura,  in  riferimento  all'art.  3   della
Costituzione. 
    1.1.- Questione analoga a quella in esame era stata sollevata dal
Giudice di pace di Dolo (ordinanza iscritta al n.  210  del  registro
delle ordinanze del 2007) nei confronti della stessa disposizione  in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.  in  ragione  della  diversa
disciplina dettata dal decreto ministeriale 28  marzo  2000,  n.  182
(Regolamento recante modifica ed integrazione della disciplina  della
verificazione  periodica  degli  strumenti  metrici  in  materia   di
commercio e di camere  di  commercio),  in  tema  di  verifica  degli
strumenti di misura utilizzati per la determinazione della  quantita'
o del prezzo nelle transazioni commerciali. 
    Nella  citata  occasione  questa  Corte  ha  rilevato   l'erronea
individuazione di tale  tertium  comparationis,  non  attinente  alla
misurazione  della  velocita'   ai   fini   dell'accertamento   delle
violazioni del  codice  della  strada,  dichiarando  non  fondata  la
questione come proposta dal rimettente (sentenza n. 277 del 2007). 
    Nel  censurare  la  ricostruzione  del  quadro  normativo  e  nel
ritenere errata l'individuazione  della  norma  rispetto  alla  quale
veniva  lamentata  un'irragionevole  disuguaglianza  -   poiche'   il
richiamato  decreto  ministeriale  n.  182   del   2000   costituisce
disciplina secondaria afferente agli strumenti di  misura  utilizzati
nei rapporti commerciali - questa Corte ha affermato in  quella  sede
che il giudice a quo non  aveva  «sperimentato  l'applicazione  della
normativa generale del 1991  alla  luce  del  sistema  internazionale
delle unita' di misura SI, che comprende  la  velocita'  come  unita'
derivata». 
    Con l'ordinanza in epigrafe il giudice  a  quo  sostiene  che  la
Corte costituzionale, non ritenendo fondata  la  questione  solo  per
erronea individuazione da parte del giudice rimettente del termine di
comparazione, avrebbe svolto affermazioni  suscettibili  di  migliore
considerazione da  parte  della  Corte  di  cassazione.  Quest'ultima
avrebbe invece confermato il precedente  orientamento  interpretativo
circa l'impugnato art. 45 del d.lgs. n. 285 del 1992. 
    Ritenuta pertanto  la  perdurante  rilevanza  della  questione  e
reputando ormai  consolidato  il  diritto  vivente  a  seguito  degli
uniformi e costanti indirizzi ermeneutici della Corte di  cassazione,
della cui legittimita' costituzionale il  rimettente  dubita,  questi
assume che la  norma  impugnata  consentirebbe,  in  modo  del  tutto
irragionevole,  che  le  apparecchiature  destinate  all'accertamento
delle violazioni dei limiti di velocita'  possano  essere  utilizzate
nello svolgimento di accertamenti  irripetibili  sulla  base  di  una
presunzione  di   corretto   funzionamento,   fondata   sulla   «sola
conformita' al modello omologato» «anche a distanza di lustri». 
    A  tal  fine   egli   prospetta   il   dubbio   di   legittimita'
costituzionale in riferimento  all'art.  3  Cost.  sotto  i  seguenti
profili:  a)   «per   l'assoluta   irragionevolezza   e   conseguente
disuguaglianza, che  [consentirebbe  l'esclusione]  dall'applicazione
della [...] normativa generale,  anche  internazionale,  in  tema  di
misura ricomprendente pure la velocita'  come  unita'  derivata»;  b)
«con riguardo, come tertium comparationis, alla normativa di cui alla
legge 1 agosto 1991, n. 273 (Istituzione  del  sistema  nazionale  di
taratura), che prevede anche la  velocita'  quale  unita'  di  misura
derivata»; c)  «con  riferimento  [...]  alla  normativa  comunitaria
(Norme UNI EN 30012 - parte 1 come integrate da UNI  EN  10012),  che
[prevederebbe]  il  dovuto  e   relativo   adeguamento   del   nostro
ordinamento»; d) per la palese irragionevolezza  di  un  sistema  che
consente  di  dare   certezza   giuridica   e   inoppugnabilita'   ad
accertamenti irripetibili - fonti di potenziali gravi conseguenze per
chi vi e' sottoposto - svolti da complesse apparecchiature senza  che
la loro efficienza e buon funzionamento  siano  soggette  a  verifica
«anche a distanza di lustri». 
    1.2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile  o,
comunque, infondata. 
    Secondo l'Avvocatura le censure del giudice rimettente  sarebbero
inammissibili in quanto costituenti meri dubbi ermeneutici o  quesiti
di ordine interpretativo, la cui risoluzione spetterebbe a lui stesso
e non a questa Corte. Egli non  avrebbe,  in  sostanza,  sperimentato
un'interpretazione costituzionalmente orientata  della  disposizione,
idonea a sottrarla al dubbio di costituzionalita'. 
    Altro   motivo   d'inammissibilita'   deriverebbe   dai    limiti
dell'autonomia interpretativa di questa Corte, che dovrebbe  comunque
arrestarsi di fronte  all'orientamento  ermeneutico  della  Corte  di
cassazione, ormai consolidato e, pertanto, assurto a rango di diritto
vivente. 
    In ogni caso la questione posta in riferimento all'art.  3  Cost.
sarebbe manifestamente infondata, in quanto l'art. 4 del decreto  del
Ministero dei lavori pubblici del 29 ottobre  1997  (Approvazione  di
prototipi di apparecchiature per l'accertamento  dell'osservanza  dei
limiti di velocita' e loro  modalita'  di  impiego)  escluderebbe  la
necessita' di controlli periodici di taratura e  funzionamento  degli
strumenti di misura  impiegati  sotto  il  controllo  costante  degli
operatori di polizia stradale,  essendo  riservata  la  procedura  di
verifica  solo  alle   apparecchiature   utilizzate   con   modalita'
completamente automatiche. 
    2.- In via preliminare va precisato che dalla parte motivazionale
della ordinanza di rimessione si deduce come le  censure  formalmente
rivolte all'intero art. 45 del codice della strada debbano intendersi
riferite solo al comma 6 (in senso conforme, ex multis,  sentenza  n.
121  del  2010),  il  quale  -  nel  regolare   l'uniformita'   della
segnaletica, dei  mezzi  di  controllo  e  delle  omologazioni  -  si
riferisce,  tra   l'altro,   alle   apparecchiature   in   questione,
prescrivendo  che  «Nel  regolamento  sono  precisati  i  segnali,  i
dispositivi,  le  apparecchiature  e  gli  altri  mezzi  tecnici   di
controllo  e  regolazione   del   traffico,   nonche'   quelli   atti
all'accertamento e al rilevamento automatico  delle  violazioni  alle
norme di circolazione, ed i materiali che, per la loro  fabbricazione
e diffusione, sono soggetti all'approvazione od omologazione da parte
del  Ministero  dei  lavori  pubblici,  previo   accertamento   delle
caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneita' e
di quanto altro necessario. Nello stesso regolamento  sono  precisate
altresi' le modalita' di omologazione e di approvazione».  E'  questa
la  disposizione  dalla  quale  deriva   il   costante   orientamento
ermeneutico della Corte di cassazione, della cui legittimita'  dubita
il giudice rimettente. 
    3.- I profili di censura precedentemente indicati sub a), b) e c)
sono inammissibili. 
    Quanto   alla    pretesa    «irragionevolezza    e    conseguente
disuguaglianza, che  [consentirebbe  l'esclusione]  dall'applicazione
della [...] normativa generale,  anche  internazionale,  in  tema  di
misura ricomprendente pure la velocita'  come  unita'  derivata»,  e'
evidente  la  genericita'  della  motivazione  della   ordinanza   di
rimessione in ordine alla violazione  dell'art.  3  Cost.  Invero  il
rimettente si e' limitato ad enunciare la violazione dei principi  di
uguaglianza e di ragionevolezza della disposizione censurata  con  un
riferimento generico  alla  disciplina  nazionale  ed  internazionale
senza un'adeguata individuazione di dette normative.  Cio'  impedisce
di comprendere quali siano i profili di disparita' dedotti. 
    Quanto al richiamo, come tertium comparationis,  della  legge  11
agosto 1991, n. 273 (Istituzione del sistema nazionale di  taratura),
lo stesso rimettente non considera che la normativa in questione  non
contiene alcun precetto del tipo  di  quello  reclamato  in  antitesi
all'orientamento della Corte di cassazione.  In  modo  significativo,
egli omette  di  individuare  la  norma  specifica  che  prevederebbe
l'obbligo di revisione periodica della taratura e  del  funzionamento
degli  strumenti  di  misura,  individuazione  peraltro   impossibile
poiche'   nessuna   disposizione   di   tale   legge   -    afferente
all'organizzazione istituzionale della taratura in  se'  e  non  alle
modalita' di controllo delle diverse apparecchiature interessate alla
taratura - contiene un precetto di tal genere. 
    Per quel che riguarda, infine,  l'individuazione  come  parametro
della «normativa comunitaria (Norme UNI  EN  30012  -  parte  1  come
integrate da UNI EN 10012), che [prevederebbe] il dovuto  e  relativo
adeguamento  del  nostro   ordinamento»,   questa   Corte   condivide
l'orientamento  della  Corte  di  cassazione,  secondo  cui  «non  e'
vincolante la normativa UNI EN 30012 (Sistema di Conferma Metrologica
di Apparecchi per Misurazioni) che, in assenza di leggi o regolamenti
di recepimento, rappresenta unicamente un insieme di regole di  buona
tecnica, impropriamente definite "norme", alle quali, in  assenza  di
obblighi  giuridici,  i   costruttori   decidono   autonomamente   di
conformarsi» (Corte di cassazione, seconda sezione  civile,  sentenza
15 dicembre 2008, n. 29333). 
    4.-  La  questione  di  legittimita'  direttamente  sollevata  in
riferimento  all'art.  3  Cost.  sotto  il   profilo   della   palese
irragionevolezza della norma impugnata supera  invece  il  vaglio  di
ammissibilita'. 
    Non  e'  condivisibile  a  tal  proposito  l'eccezione  formulata
dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo cui il  giudice  a  quo
non  avrebbe   sperimentato   un'interpretazione   costituzionalmente
orientata della disposizione. E' vero che l'art. 45 del d.lgs. n. 285
del 1992  non  esonera  espressamente  le  apparecchiature  destinate
all'accertamento dei limiti di velocita' dalle operazioni di verifica
periodica inerenti alla taratura ed al funzionamento  e  che  ben  si
potrebbe nel caso in esame  ricavare  dal  testo  della  disposizione
un'interpretazione opposta a quella della  Corte  di  cassazione  nel
senso di un'implicita prescrizione  di  verifica  periodica  di  tali
sofisticate apparecchiature, la quale sarebbe coerente con  l'assunto
di base dello stesso giudice rimettente. 
    Tuttavia, lo stesso giudice a quo richiama come ostativa a  detta
soluzione ermeneutica l'esistenza di un diritto vivente orientato  in
senso diametralmente opposto, il quale  ribadisce  costantemente  che
«non si ravvisano ragioni per ritenere che la mancata  previsione  di
controlli periodici  della  funzionalita'  delle  apparecchiature  in
questione nella  disciplina  dell'accertamento  delle  violazioni  ai
limiti di velocita'  comporti  vizi  di  legittimita'  costituzionale
della pertinente normativa in relazione agli artt. 3, 24 e  97  della
Carta fondamentale» (Corte di  cassazione,  seconda  sezione  civile,
sentenza 15 dicembre 2008, n. 29333;  in  senso  conforme,  Corte  di
cassazione, seconda sezione civile, sentenza  22  dicembre  2008,  n.
29905, sentenza 5 giugno 2009, n. 13062, sentenza 23 luglio 2010,  n.
17292, nonche', da ultimo, Corte di cassazione, sesta sezione civile,
sentenza 6 ottobre 2014, n. 20975). 
    Dalle  espresse  considerazioni  si   ricava   che   -   malgrado
l'incontrovertibile orientamento di  questa  Corte  secondo  cui  «In
linea di principio, le leggi  non  si  dichiarano  costituzionalmente
illegittime    perche'    e'    possibile    darne    interpretazioni
incostituzionali»  (ex  multis,  sentenza  n.   356   del   1996)   e
conseguentemente, di fronte ad  alternative  ermeneutiche  di  questo
tipo,  debba  essere  privilegiata  quella  che  il  giudice  ritiene
conforme a Costituzione - nel caso di specie occorre considerare  che
l'interpretazione,  della  cui  legittimita'  dubita  il  rimettente,
corrisponde al consolidato orientamento della  Corte  di  cassazione,
gia' in essere prima del precedente  scrutinio  di  costituzionalita'
avvenuto con la sentenza n. 277  del  2007  (ex  plurimis,  Corte  di
cassazione, prima sezione civile, sentenze 5 giugno 1999, n.  5542  e
22 giugno 2001, n. 8515) e successivamente ribadito piu' volte  dalle
citate   sentenze   del   giudice   nomofilattico   anche   dopo   il
pronunciamento di questa Corte. 
    Ne deriva che «Pur essendo indubbio che nel vigente  sistema  non
sussiste un obbligo [...]  di  conformarsi  agli  orientamenti  della
Corte  di  cassazione  (salvo  che  nel  giudizio  di   rinvio),   e'
altrettanto vero che  quando  questi  orientamenti  sono  stabilmente
consolidati nella giurisprudenza - al punto da acquisire i  connotati
del  "diritto  vivente"  -  e'  ben  possibile  che  la  norma,  come
interpretata dalla Corte di legittimita' e  dai  giudici  di  merito,
venga sottoposta a scrutinio di costituzionalita', poiche'  la  norma
vive  ormai  nell'ordinamento  in  modo   cosi'   radicato   che   e'
difficilmente   ipotizzabile   una   modifica   del   sistema   senza
l'intervento del legislatore o di questa Corte. In altre  parole,  in
presenza di un diritto  vivente  non  condiviso  dal  giudice  a  quo
perche'  ritenuto  costituzionalmente  illegittimo,  questi   ha   la
facolta' di optare tra l'adozione, sempre consentita, di una  diversa
interpretazione,  oppure  -  adeguandosi  al  diritto  vivente  -  la
proposizione della questione davanti a questa  Corte;  mentre  e'  in
assenza di un contrario diritto vivente che il giudice rimettente  ha
il dovere di seguire  l'interpretazione  ritenuta  piu'  adeguata  ai
principi costituzionali (cfr. ex plurimis sentenze n. 226  del  1994,
n. 296 del 1995 e n. 307 del 1996)» (sentenza n. 350 del 1997). 
    Non puo' essere  neppure  condiviso  l'argomento  dell'Avvocatura
generale  dello  Stato,  la  quale  valorizza  il  preteso   dissenso
giurisprudenziale  costituito  «dal  consistente   orientamento   dei
giudici di merito che [...] affermano la necessita' delle  operazioni
di taratura periodica anche per tale genere di  apparecchiature».  In
presenza  di  un  diritto   vivente   cosi'   consolidato,   eccepire
l'esistenza di eterogenei ed isolati pronunciamenti  dei  giudici  di
merito non risulta dirimente, anche in considerazione del  fatto  che
la stessa Avvocatura, in altri punti  nella  sua  memoria  difensiva,
mostra di condividere  il  richiamato  orientamento  della  Corte  di
legittimita'  piuttosto  che   proporre   la   ricerca   di   diversa
interpretazione conforme a Costituzione. 
    5.- Ai fini della  definizione  del  presente  giudizio,  occorre
ulteriormente osservare come non vi sia  dubbio  che  il  consolidato
orientamento della Corte di cassazione sia nel senso che il censurato
art. 45 esoneri i soggetti  utilizzatori  dall'obbligo  di  verifiche
periodiche di  funzionamento  e  di  taratura  delle  apparecchiature
impiegate  nella  rilevazione  della  velocita'.  Ne   consegue   che
l'argomento addotto dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo cui
le norme regolamentari attuative del suddetto art. 45 del d.l.gs.  n.
285 del 1992  limiterebbero  l'obbligo  di  verifica  periodica  alle
apparecchiature di rilevazione automatica, non e' utile ai  fini  del
presente giudizio  di  costituzionalita',  posto  che  oggetto  dello
stesso e' il diritto vivente consolidatosi sulla  predetta  norma  di
rango primario, il  quale  non  fa  distinzione  tra  le  rilevazioni
automatiche e quelle realizzate attraverso operatori. 
    Fermo restando il rilievo che nella giurisprudenza della Corte di
cassazione, come detto, non v'e' traccia di tale distinzione,  appare
del  tutto  irragionevole  la  prospettata  discriminazione,  poiche'
l'assenza di verifiche periodiche di funzionamento e di  taratura  e'
suscettibile  di  pregiudicare  -  secondo  la   prospettazione   del
rimettente  -  l'affidabilita'  metrologica   a   prescindere   dalle
modalita' di impiego delle apparecchiature destinate  a  rilevare  la
velocita'. Non risolutivo appare  in  proposito  quanto  e'  previsto
nella direttiva del Ministero dell'interno 14 agosto 2009, laddove si
afferma  che  la  rilevazione  della  cattiva  funzionalita'  sarebbe
garantita dalle apparecchiature «dotate di un sistema di autodiagnosi
dei guasti che avvisano l'operatore del loro cattivo  funzionamento».
E'  evidente  che  il  mantenimento  nel   tempo   dell'affidabilita'
metrologica delle apparecchiature  e'  un  profilo  che  interessa  -
secondo la richiamata prospettazione del giudice  a  quo  -  anche  i
meccanismi di autodiagnosi che appaiono suscettibili, come  le  altre
parti delle apparecchiature, di obsolescenza e di deterioramento. 
    6.- Alla luce di dette precisazioni, la questione  sollevata  dal
rimettente direttamente in riferimento al canone di ragionevolezza di
cui all'art. 3 Cost. e' fondata. 
    Cosi' come interpretato dalla Corte di cassazione, l'art. 45  del
d.lgs. n. 285 del 1992 collide con il «principio di razionalita', sia
nel senso di razionalita' formale, cioe' del principio logico di  non
contraddizione, sia nel senso  di  razionalita'  pratica,  ovvero  di
ragionevolezza» (sentenza n. 172 del 1996). 
    6.1.- Quanto al canone di razionalita' pratica,  appare  evidente
che qualsiasi strumento di misura, specie se elettronico, e' soggetto
a variazioni delle sue caratteristiche  e  quindi  a  variazioni  dei
valori misurati dovute ad invecchiamento delle proprie  componenti  e
ad  eventi  quali  urti,  vibrazioni,  shock  meccanici  e   termici,
variazioni della tensione di alimentazione. Si tratta di una tendenza
disfunzionale  naturale   direttamente   proporzionata   all'elemento
temporale. L'esonero da verifiche periodiche, o successive ad  eventi
di  manutenzione,  appare  per  i  suddetti  motivi   intrinsecamente
irragionevole. 
    I fenomeni di obsolescenza e deterioramento possono  pregiudicare
non solo l'affidabilita' delle  apparecchiature,  ma  anche  la  fede
pubblica che si ripone  in  un  settore  di  significativa  rilevanza
sociale, quale quello della sicurezza stradale. 
    Un controllo di conformita' alle prescrizioni tecniche  ha  senso
solo se esteso  all'intero  arco  temporale  di  utilizzazione  degli
strumenti  di  misura,  poiche'  la   finalita'   dello   stesso   e'
strettamente diretta a garantire che il funzionamento e la precisione
nelle misurazioni siano contestuali al momento in  cui  la  velocita'
viene rilevata, momento  che  potrebbe  essere  distanziato  in  modo
significativo dalla data di omologazione e di taratura. 
    6.2.- Sotto il profilo della coerenza interna della  norma,  come
interpretata  dalla  Corte  di  cassazione,  si  appalesano  altresi'
evidenti aporie.  Occorre  a  tal  proposito  considerare  che  nelle
richiamate disposizioni l'uso delle apparecchiature di misurazione e'
strettamente collegato al valore probatorio delle loro risultanze nei
procedimenti sanzionatori inerenti alle trasgressioni dei  limiti  di
velocita'. 
    L'art. 142, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992  prevede  infatti
che «Per la determinazione dell'osservanza dei  limiti  di  velocita'
sono considerate fonti di  prova  le  risultanze  di  apparecchiature
debitamente   omologate,   [...]   nonche'   le   registrazioni   del
cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come
precisato dal regolamento». Detta soluzione normativa  si  giustifica
per la peculiarita' della  fattispecie  concreta  che  -  allo  stato
attuale della tecnologia - rende  impossibile  o  sproporzionatamente
oneroso riprodurre l'accertamento dell'eccesso di velocita'  in  caso
di sua contestazione. 
    E' evidente che, al  fine  di  dare  effettivita'  ai  meccanismi
repressivi delle infrazioni ai limiti di velocita',  la  disposizione
realizza  in  modo  non   implausibile   e   non   irragionevole   un
bilanciamento tra la tutela della sicurezza stradale e  quella  delle
situazioni soggettive dei sottoposti alle verifiche. E' vero  infatti
che la tutela di questi ultimi viene in qualche  modo  compressa  per
effetto della parziale inversione dell'onere della prova, dal momento
che e' il ricorrente contro l'applicazione  della  sanzione  a  dover
eventualmente dimostrare - onere di difficile  assolvimento  a  causa
della irripetibilita' dell'accertamento -  il  cattivo  funzionamento
dell'apparecchiatura.   Tuttavia,   detta   limitazione   trova   una
ragionevole  spiegazione   nel   carattere   di   affidabilita'   che
l'omologazione  e  la  taratura  dell'autovelox   conferiscono   alle
prestazioni di quest'ultimo. 
    In definitiva  il  bilanciamento  realizzato  dall'art.  142  del
codice della strada ha per oggetto, da un lato, interessi pubblici  e
privati estremamente rilevanti quali la sicurezza della circolazione,
la garanzia dell'ordine pubblico,  la  preservazione  dell'integrita'
fisica degli individui, la  conservazione  dei  beni  e,  dall'altro,
valori  altrettanto  importanti  quali  la  certezza   dei   rapporti
giuridici ed il diritto di difesa del sanzionato. Detto bilanciamento
si  concreta   attraverso   una   sorta   di   presunzione,   fondata
sull'affidabilita' dell'omologazione e della taratura dell'autovelox,
che consente di non ritenere pregiudicata oltre un limite ragionevole
la certezza della  rilevazione  e  dei  sottesi  rapporti  giuridici.
Proprio  la  custodia  e  la  conservazione  di  tale   affidabilita'
costituisce il punto di estrema tensione entro il quale  la  certezza
dei rapporti giuridici e il diritto  di  difesa  del  sanzionato  non
perdono la loro ineliminabile ragion d'essere. 
    Il ragionevole affidamento che  deriva  dalla  custodia  e  dalla
permanenza  della  funzionalita'  delle  apparecchiature,   garantita
quest'ultima  da  verifiche   periodiche   conformi   alle   relative
specifiche tecniche, degrada tuttavia in assoluta  incertezza  quando
queste ultime non vengono effettuate. 
    In definitiva, se  «il  giudizio  di  ragionevolezza  [di  questa
Corte], lungi dal comportare il  ricorso  a  criteri  di  valutazione
assoluti   e   astrattamente   prefissati,   si   svolge   attraverso
ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi  prescelti  dal
legislatore nella sua insindacabile  discrezionalita'  rispetto  alle
esigenze  obiettive  da  soddisfare  o  alle  finalita'  che  intende
perseguire,  tenuto  conto  delle  circostanze  e  delle  limitazioni
concretamente sussistenti» (sentenza  n.  1130  del  1988)  e  se  la
prescrizione dell'art. 142, comma 6, del codice  della  strada  nella
sua astratta formulazione  risulta  immune  dai  richiamati  vizi  di
proporzionalita', la prescrizione dell'art. 45 del  medesimo  codice,
come costantemente interpretata dalla Corte di cassazione, si colloca
al  di  fuori  del  perimetro  della  ragionevolezza,   finendo   per
comprimere  in  modo  assolutamente  ingiustificato  la  tutela   dei
soggetti sottoposti ad accertamento. 
    Il bilanciamento dei valori  in  gioco  realizzato  in  modo  non
implausibile nel vigente art. 142, comma 6, del codice  della  strada
trasmoda cosi' nella irragionevolezza, nel momento in cui il  diritto
vivente formatosi sull'art. 45, comma 6, del medesimo codice consente
alle amministrazioni  preposte  agli  accertamenti  di  evitare  ogni
successiva taratura e verifica. 
    7.- Dunque, l'art. 45, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992 - come
interpretato  dalla  consolidata  giurisprudenza   della   Corte   di
cassazione - deve essere dichiarato incostituzionale  in  riferimento
all'art. 3 Cost., nella  parte  in  cui  non  prevede  che  tutte  le
apparecchiature  impiegate  nell'accertamento  delle  violazioni  dei
limiti di  velocita'  siano  sottoposte  a  verifiche  periodiche  di
funzionalita' e di taratura.