ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  26,  comma
7-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini
previsti  da  disposizioni  legislative  e  disposizioni  urgenti  in
materia finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 28 febbraio 2008, n. 31, promosso dal  Consiglio
di Stato, sezione quarta giurisdizionale, nel  procedimento  vertente
tra il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati ed altro e il
Ministero dell'economia e delle finanze ed altri, con  ordinanza  del
17 febbraio 2014, iscritta al n. 198 del registro  ordinanze  2014  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  47,  prima
serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visti gli atti di costituzione del Consiglio Nazionale Geometri e
Geometri Laureati ed altro, del Collegio Nazionale degli  Agrotecnici
e degli  Agrotecnici  laureati,  nonche'  l'atto  di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  23  giugno  2015  il  Giudice
relatore Nicolo' Zanon; 
    uditi l'avvocato  Alessandro  Pace  per  il  Consiglio  Nazionale
Geometri e  Geometri  Laureati  ed  altro,  Giovanni  Maria  Flick  e
Francesco  Saverio  Bertolini  per  il   Collegio   Nazionale   degli
Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati  e  l'avvocato  dello  Stato
Giulio Bacosi per il Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 17 febbraio 2014 (r.o. n. 198 del 2014), il
Consiglio di Stato, sezione quarta giurisdizionale, ha sollevato,  in
riferimento agli artt. 3, 77, secondo comma,  e  97,  secondo  comma,
della Costituzione, questione di  legittimita'  dell'art.  26,  comma
7-ter, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini
previsti  da  disposizioni  legislative  e  disposizioni  urgenti  in
materia finanziaria), convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 28 febbraio 2008, n. 31. 
    La disposizione impugnata prevede che il comma 96  dell'art.  145
della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la  formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  -  legge  finanziaria
2001), «si interpreta nel senso che gli  atti  ivi  indicati  possono
essere redatti e sottoscritti anche  dai  soggetti  in  possesso  del
titolo di cui  alla  legge  6  giugno  1986,  n.  251,  e  successive
modificazioni»,  che  ha   istituito   l'albo   professionale   degli
agrotecnici. 
    La norma interpretata dispone  che  gli  «atti  di  aggiornamento
geometrico di cui all'articolo 8 della legge  1°  ottobre,  1969,  n.
679, ed agli  articoli  5  e  7  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 650, e le denunce di variazione di cui
all'articolo 27 del testo unico delle imposte sui redditi,  approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917,
resi dai soggetti di cui all'articolo 1, comma 7,  del  decreto-legge
27 aprile 1990, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge  26
giugno 1990, n. 165, sono redatti conformemente alle disposizioni  di
cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701». 
    Nella sostanza, la disposizione censurata estende, in  capo  agli
agrotecnici,  una  serie  di  competenze  in  materia  catastale,  in
asserita violazione dei parametri costituzionali richiamati. 
    Ha esposto il giudice rimettente, investito  dell'appello  contro
la sentenza 30 agosto 2012, n.  7395,  del  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio, sezione seconda, che con la domanda  avanzata
nel  giudizio  a  quo  e'  stato   richiesto   l'annullamento   della
risoluzione del 3 aprile 2008, n. 10/DF (prot. n. 2888) del Ministero
dell'economia e delle finanze, nonche' della  circolare  dell'Agenzia
del territorio 14 aprile 2008, n. 3 (prot. n. 28606). 
    In via preliminare, il Consiglio di Stato ha affermato la propria
giurisdizione,  ritenendo  che  gli  atti  impugnati,  anche  laddove
qualificati  come  atti  interni   alla   pubblica   amministrazione,
potrebbero  comunque  evidenziare  profili  di  eccesso  di   potere,
deducibili con ricorso dinanzi al giudice amministrativo. 
    Il  giudice  rimettente   ha,   inoltre,   ritenuto   sussistente
l'interesse a ricorrere in  capo  alla  categoria  professionale  dei
geometri, in considerazione del riconoscimento, agli atti  impugnati,
di una natura regolamentare  e  non  meramente  interpretativa  della
norma censurata. 
    Di   qui   la   prospettata   rilevanza   della   questione    di
costituzionalita' della norma di legge, della quale la risoluzione  e
la circolare citate si porrebbero come  «atti  applicativi»,  recanti
un'indubbia portata costitutiva di situazioni giuridiche in capo alla
categoria  professionale  degli  agrotecnici.   Infatti,   oltre   ad
estendere a questi ultimi le competenze  in  materia  catastale,  gli
atti    secondari    impugnati    consentirebbero,    in    concreto,
l'utilizzabilita' del relativo sistema  informatico,  includendo  gli
agrotecnici, di fatto, tra gli operatori abilitati. 
    In punto di non manifesta infondatezza, il giudice rimettente  ha
innanzitutto richiamato la sentenza n. 441 del 2000, con la quale  la
Corte costituzionale  ha  dichiarato  non  fondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge 6  giugno  1986,
n. 251 (Istituzione dell'albo professionale degli agrotecnici), nella
parte in cui non prevede l'esercizio, da parte degli agrotecnici,  di
compiti  inerenti  alla  formazione   e   redazione   dei   tipi   di
frazionamento e/o mappale e,  comunque,  all'attivita'  catastale  di
frazionamento dei terreni. Ha sottolineato  il  rimettente  che,  pur
riconoscendo     l'ampia     discrezionalita'     del     legislatore
nell'individuare, sulla  scorta  del  principio  di  professionalita'
specifica, le competenze di ciascuna categoria professionale,  questa
Corte ha rilevato che  «la  preparazione  dell'agrotecnico  [...]  e'
rivolta,  prevalentemente,  agli  aspetti  economici   e   gestionali
dell'azienda agraria, laddove le cognizioni  in  materia  di  catasto
appaiono circoscritte ad un livello  descrittivo,  si'  da  risultare
soltanto un completamento della formazione primaria ed essenziale». E
ha  messo  in  luce  come   essa   ritenne,   pertanto,   ragionevole
l'esclusione della materia catastale dal  novero  delle  attribuzioni
professionali  degli  agrotecnici,  ivi  comprese  la  formazione   e
redazione di tipi di frazionamento e mappali, cui  fanno  riferimento
l'art. 8 della legge 1° ottobre 1969, n. 679  (Semplificazione  delle
procedure catastali), e gli artt. 5 e 7 del  decreto  del  Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 650 (Perfezionamento e revisione
del sistema catastale), richiamati  dalla  norma  interpretata  dalla
disposizione di legge censurata (entrambe  approvate  successivamente
alla sentenza della Corte costituzionale appena ricordata). 
    Ad avviso del giudice a quo, la norma impugnata sarebbe in  primo
luogo  contrastante  con  l'art.  77,  secondo  comma,   Cost.,   non
sussistendo i requisiti di straordinarieta' e necessita' previsti per
l'emanazione del decreto-legge. 
    In particolare, l'art. 26, comma 7-ter, del d.l. n. 248 del 2007,
difetterebbe del requisito della straordinarieta' e dell'urgenza  che
pervade   l'intervento    normativo    cosiddetto    "milleproroghe",
provvedendo ad ampliare le competenze degli  agrotecnici,  con  norme
disomogenee rispetto all'oggetto e alla finalita' del  decreto-legge.
Risulterebbe percio'  spezzato  il  legame  logico-giuridico  tra  la
valutazione d'urgenza, fatta dal Governo, ed il provvedimento  emesso
che, seppur  successivamente  sottoposto  al  controllo  formale  del
Parlamento, deve comunque presentarsi come  un  intervento  normativo
coerente e armonico, anche  se  articolato  e  differenziato  al  suo
interno.  La  disposizione  in  esame  esulerebbe  del  tutto   dalla
finalita'  perseguita  dal  decreto-legge,  non  trovando   una   sua
collocazione coerente con la ratio  dell'intervento  straordinario  e
urgente. 
    La norma impugnata contrasterebbe, inoltre, con  l'art.  3  Cost.
nella parte in cui, in maniera  del  tutto  arbitraria,  verrebbe  ad
incidere  sulla  leale  concorrenza  in  danno  della  categoria  dei
geometri, ad onta della comprovata e piu'  adeguata  preparazione  di
questi ultimi nella materia catastale. 
    L'ingiustificata estensione delle  competenze  degli  agrotecnici
inciderebbe,  infine,  anche  sul  buon  andamento   della   pubblica
amministrazione tutelato dall'art.  97,  secondo  comma,  Cost.,  che
risulterebbe pregiudicato dallo svolgimento di attivita' ad opera  di
soggetti non dotati di un'adeguata capacita' professionale. 
    2.- Nel giudizio si e' costituito il Consiglio Nazionale Geometri
e Geometri Laureati,  parte  del  giudizio  a  quo,  concludendo  per
l'accoglimento della questione di legittimita' costituzionale. 
    La parte ha ricordato che, in attuazione dell'art. 145, comma 96,
della legge n. 388 del  2000,  l'Agenzia  del  territorio  emano'  la
circolare 7 febbraio 2002, n. 1, in cui sostenne che,  in  base  alla
norma da ultimo ricordata, sarebbe stata attribuita agli  agrotecnici
la facolta' di redigere gli atti di aggiornamento  catastale  di  cui
all'art. 8 della legge n. 679 del 1969 e di cui agli artt. 5 e 7  del
d.P.R. n. 650 del 1972. 
    La circolare venne impugnata dal Collegio  Nazionale  Geometri  e
dal Consiglio  Nazionale  dei  Periti  Agrari  innanzi  al  Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio,  il  quale,  nel  rigettare  i
ricorsi, con le sentenze n. 59 del 9 gennaio 2003 e n.  2618  del  25
marzo 2003, interpreto' la  norma  attribuendole  il  significato  di
includere gli agrotecnici tra i soggetti  legittimati  al  compimento
degli indicati atti catastali. 
    Le decisioni vennero ribaltate dal Consiglio di Stato, che -  con
le sentenze n. 2204 e n. 2288, entrambe del 10 maggio 2007 -  escluse
che la disposizione della legge finanziaria per il 2001 avesse esteso
anche  agli  agrotecnici  la  legittimazione  a  compiere  gli   atti
catastali indicati dalla norma. 
    Il legislatore intervenne, dunque, in  sede  di  conversione  del
d.l. n. 248 del 2007, dettando la norma di interpretazione  autentica
oggetto della questione di legittimita' costituzionale sollevata  nel
presente giudizio. 
    Ha  sottolineato  il  Consiglio  Nazionale  Geometri  e  Geometri
Laureati che, non essendovi il tempo per la soppressione della  norma
(si approssimava infatti la scadenza del termine entro  il  quale  il
d.l. n. 248 del 2007 doveva essere convertito), il giorno  precedente
l'approvazione definitiva della legge di conversione, ossia  in  data
27 febbraio 2008, l'aula del Senato approvo' un ordine del giorno che
impegnava il Governo ad attivarsi al fine di ricondurre le competenze
professionali degli agrotecnici  nell'ambito  stabilito  dalle  norme
vigenti e dalla giurisprudenza prevalente,  senza  dare  applicazione
alla norma impugnata, riconosciuta di «dubbia legittimita'». 
    Ma, ha ricordato ancora la parte, il  Ministero  dell'economia  e
delle finanze, anziche' onorare l'impegno assunto con il  Senato,  ha
emanato la risoluzione n. 10/DF del 3 aprile  2008,  nella  quale  si
afferma che «la norma interpretativa  [...]  riconduce  la  categoria
degli  agrotecnici  tra  quelle  legittimate  allo   svolgimento   di
attivita'  in  materia  di  atti   catastali»,   sicche'   «si   deve
coerentemente ritenere che detta categoria sia del  pari  legittimata
al compimento delle  attivita'  in  materia  estimativa  nel  settore
immobiliare che costituiscono presupposto  per  l'esplicazione  delle
predette attivita' catastali». 
    Anche  l'Agenzia  del  territorio,  ha  osservato  il   Consiglio
Nazionale Geometri e Geometri Laureati, ha diramato una circolare, la
n. 3 del 14 aprile 2008, nella quale si legge che, in base alla norma
di interpretazione autentica, «anche i  soggetti  iscritti  nell'albo
professionale degli Agrotecnici - istituito  ai  sensi  della  citata
legge n. 251  del  1986  -  sono  abilitati  alla  redazione  e  alla
sottoscrizione  degli  atti  di  aggiornamento  geometrico   di   cui
all'articolo 8 della legge 1° ottobre 1969, n. 679, ed agli  articoli
5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
650». 
    In punto di non manifesta  infondatezza,  quanto  al  prospettato
contrasto con l'art. 77 Cost., il  Consiglio  Nazionale  Geometri  ha
ripercorso la giurisprudenza costituzionale sull'inserimento di norme
eterogenee  in  sede  di  conversione  dei   decreti-legge,   ed   in
particolare di quelli cosiddetti "milleproroghe",  sottolineando  che
la norma impugnata, introdotta dalla legge di conversione,  non  solo
non avrebbe nulla a che vedere con la materia dei «termini»  e  delle
«proroghe»  (che  costituisce  l'oggetto   del   decreto-legge),   ma
risulterebbe distonica anche rispetto alla rubrica dell'articolo  che
la ospita («Disposizioni urgenti in materia di agricoltura»). 
    Sotto altro profilo, involgente gli artt. 3 e 77 Cost., la  norma
impugnata, pur auto-qualificatasi come di interpretazione  autentica,
avrebbe  in  realta'  una   portata   innovativa,   con   conseguente
inammissibile efficacia retroattiva, mancando un effettiva incertezza
normativa o interpretativa da chiarire. 
    In relazione  all'asserito  contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  ha
sostenuto che sarebbe  la  sentenza  n.  441  del  2000  della  Corte
costituzionale ad escludere la possibilita' di attribuire alla  norma
interpretata dalla disposizione censurata il significato di estendere
le competenze degli agrotecnici ad attivita' in materia catastale, in
quanto la contestata disparita'  di  trattamento  rispetto  ad  altre
categorie professionali (in particolare  ai  geometri  ed  ai  periti
agrari) sarebbe giustificata, secondo la Corte,  dal  fatto  che  gli
agrotecnici  posseggono  un  diverso   (e   inferiore)   livello   di
preparazione e di conoscenza della materia in questione. Da cio'  una
palese violazione dell'art. 3 Cost., oltre  che  dell'art.  41  Cost.
(richiamato non esplicitamente dall'ordinanza di rimessione,  ma  per
implicito,  attraverso  l'indicazione  dell'incidenza   della   norma
interpretativa «sulla leale concorrenza in danno della categoria  dei
geometri,  ad  onta  della  comprovata  e  piu'  adeguata   capacita'
professionale»). 
    La  norma  impugnata,  infine,  si  porrebbe  in  contrasto   con
l'interesse   generale,   pregiudicando   il   principio   di   buona
amministrazione di cui all'art.  97  Cost.,  posto  che  la  pubblica
amministrazione verrebbe ad usufruire di  prestazioni  (gli  atti  di
aggiornamento catastale) rese da soggetti non dotati  di  un'adeguata
preparazione professionale. 
    3.- Nel giudizio si e' costituito  il  Collegio  Nazionale  degli
Agrotecnici e degli Agrotecnici  laureati,  a  sua  volta  parte  del
giudizio a quo, concludendo per la inammissibilita' e, comunque,  per
la infondatezza della questione. 
    La parte ha rilevato,  in  primo  luogo,  una  contraddittorieta'
intrinseca nell'ordinanza di rimessione, la quale dapprima fonderebbe
l'interesse a ricorrere - e la stessa giurisdizione del giudice a quo
- sulla qualificazione della risoluzione e della circolare  impugnate
come atti a contenuto regolamentare, per poi affermare, tuttavia, che
essi sarebbero meramente  riproduttivi  della  disciplina  di  legge,
sicche'  «la  sollecitazione  del  sindacato   di   costituzionalita'
dell'intero apparato  normativo  in  esame,  risulterebbe,  pertanto,
l'unico spiraglio di tutela delle categorie pregiudicate». 
    In  virtu'  di  tale  «intima  contraddittorieta'»,  il  Collegio
Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati ha sollevato
eccezione di inammissibilita' della questione  di  costituzionalita',
per carenza di una  motivazione  quantomeno  non  implausibile  sulla
rilevanza. 
    Nel merito, la parte ha ripercorso le  vicende  delle  competenze
degli  agrotecnici,  ricordando  che,  avendo   statuito   la   Corte
costituzionale, con la sentenza  n.  441  del  2000,  che  spetta  al
legislatore, nell'esercizio della sua  discrezionalita',  individuare
le competenze e le attribuzioni di ciascuna categoria  professionale,
era stato appunto approvato l'art. 145, comma 96, della legge n.  388
del 2000, costituente apposita norma di abilitazione. 
    Su  tale  norma,  tuttavia,  si  era  determinato  un   contrasto
interpretativo,  per  la  cui  soluzione   era   stata   emanata   la
disposizione interpretativa  ora  censurata.  Tale  disposizione,  ha
ricordato la parte, aveva anche lo scopo  di  "salvare"  innumerevoli
atti di aggiornamento catastale  compiuti  dagli  agrotecnici,  sulla
scorta   dell'interpretazione    privilegiata    dall'amministrazione
finanziaria con la  circolare  n.  1  del  2002,  poi  annullata  dal
Consiglio di Stato con le sentenze n. 2204 e n. 2288  del  10  maggio
del 2007. 
    Ne deriverebbe l'infondatezza dell'asserito contrasto con  l'art.
77, secondo comma, Cost., sia per la  strettissima  consequenzialita'
temporale dell'introduzione della norma interpretativa, rispetto alle
sentenze del Consiglio di Stato n. 2204 e n. 2288 del 10  maggio  del
2007, sia per la necessita' impellente di  confermare  la  competenza
degli agrotecnici ad operare nel sistema, salvando la validita' delle
innumerevoli operazioni da questi medio tempore  compiute,  in  piena
armonia con uno degli obiettivi  del  decreto-legge  "milleproroghe",
consistente nel conseguimento di «una  maggiore  funzionalita'  delle
pubbliche amministrazioni». 
    Il Collegio  Nazionale  degli  Agrotecnici  e  degli  Agrotecnici
laureati ha evidenziato,  peraltro,  che  la  disposizione  censurata
sarebbe  omogenea  ad  altra  norma,  pure  introdotta  in  sede   di
conversione  del  d.l.  n.  248  del  2007:  l'art.  26-bis,  recante
«Proroghe in materia di presentazione  degli  atti  di  aggiornamento
catastali». Quest'ultima disposizione  si  ripromette  di  agevolare,
tramite  lo  spostamento  di  termine,  l'efficacia  applicativa   di
disposizioni di legge gia' in vigore - contenute nell'art.  2,  commi
36 e 38, del decreto-legge  3  ottobre  2006,  n.  262  (Disposizioni
urgenti  in  materia  tributaria  e  finanziaria),  convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 novembre 2006, n.
286 - rivolte proprio all'aggiornamento dei dati catastali. 
    A  nulla  rileverebbe,  ad  avviso  della  parte,  il  fatto  che
l'omogeneita' della norma censurata, rispetto al decreto-legge in cui
e' inserita, sia apprezzabile con riferimento ad una disposizione (il
citato art. 26-bis) pure aggiunta in sede di  conversione,  ma  della
cui omogeneita' con il resto del decreto-legge non e' dato contestare
(trattandosi di proroga di termini): si sarebbe  in  presenza  di  un
fenomeno, gia' conosciuto  dalla  giurisprudenza  costituzionale  (e'
richiamata  la  sentenza  n.   335   del   2010),   di   «omogeneita'
sopravvenuta». 
    Infondata,  allo  stesso  modo,  sarebbe  la  prospettazione  del
contrasto della disposizione censurata con gli artt.  3  e  97  Cost.
Nella sentenza n. 441  del  2000,  la  Corte  costituzionale  avrebbe
infatti  semplicemente  evidenziato,  con  riferimento   alla   legge
istitutiva dell'albo professionale degli agrotecnici, e in base  alla
discrezionalita' legislativa nell'individuazione delle  competenze  e
delle  attribuzioni   di   ciascuna   categoria   professionale,   la
ragionevolezza della scelta compiuta dal legislatore  dell'epoca,  di
non prevedere competenze catastali  per  tali  professionisti,  ferma
restando la legittimita' di una scelta diversa,  in  effetti  operata
con la legge n. 388 del 2000. 
    Quanto all'asserito contrasto con l'art. 3 Cost., per la  lesione
della «leale concorrenza in danno della categoria dei  geometri»,  il
Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati  ha
evidenziato che proprio il rispetto della concorrenza avrebbe indotto
il legislatore ad aprire il mercato delle operazioni catastali  anche
ad  altri  professionisti,   per   eliminare   indebite   restrizioni
all'accesso ed all'esercizio  delle  professioni  e  delle  attivita'
economiche (secondo una tendenza seguita  anche  in  seguito  con  la
riforma delle  professioni,  ai  sensi  dell'art.  3,  comma  5,  del
decreto-legge 13 agosto  2011,  n.  138,  recante  «Ulteriori  misure
urgenti per  la  stabilizzazione  finanziaria  e  per  lo  sviluppo»,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  14
settembre 2011, n. 148). 
    Una mera enunciazione di principio,  assolutamente  indimostrata,
sarebbe infine il  lamentato  pregiudizio  al  buon  andamento  della
pubblica amministrazione  tutelato  dall'art.  97  Cost.,  in  quanto
l'esclusione degli agrotecnici dal compimento di operazioni catastali
sarebbe sempre derivata da pronunce giurisdizionali e mai  da  scelte
dell'amministrazione,  la  quale  ultima,  anzi,  li  avrebbe  sempre
ammessi al compimento di tali operazioni, senza  rilevare  mai  alcun
pregiudizio al bene tutelato dal parametro costituzionale invocato. 
    4.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del  Consiglio  dei
ministri, sostenendo  l'infondatezza  della  sollevata  questione  di
legittimita'  costituzionale  e  prospettando,  in  via  preliminare,
l'inammissibilita' della stessa per difetto di rilevanza. 
    La difesa statale ha evidenziato la carenza di interesse ad agire
del ricorrente nel giudizio  a  quo,  contestando  la  qualificazione
degli atti impugnati offerta dal rimettente, in termini di  atti  non
meramente interpretativi, bensi' a contenuto regolamentare. 
    In particolare, secondo l'Avvocatura generale dello  Stato,  tali
atti  avrebbero  valenza  meramente  interna:   da   un   lato,   non
vincolerebbero i giudici, non essendo fonte  di  diritto,  dall'altro
lato non avrebbero una autonoma incidenza sulla sfera  giuridica  dei
terzi, essendo privi di autonoma efficacia lesiva.  Non  ne  sarebbe,
percio',  giustificata  l'immediata  ed  autonoma  impugnazione,   e,
rispetto ad essi, a  nulla  rileverebbe  la  presunta  illegittimita'
costituzionale della norma. Ne deriverebbe, in  sintesi,  oltre  alla
carenza d'interesse ad agire del ricorrente, il difetto di  rilevanza
della questione. 
    Ulteriore profilo di inammissibilita' investirebbe la valutazione
di non manifesta infondatezza, in quanto  l'ordinanza  di  rimessione
sarebbe  caratterizzata  da   «tediose   ripetizioni»,   senza   fare
comprendere dove le norme denunciate sarebbero incostituzionali e  in
base a quali parametri. 
    Il giudice a quo, inoltre, avrebbe totalmente omesso qualsivoglia
tentativo  di  interpretare  la  norma  in  modo   costituzionalmente
orientato, al fine di assicurare efficienza al  sistema  catastale  e
garantire la regolarita' e  continuita'  dell'azione  amministrativa,
ammettendo anche gli agrotecnici al compimento dei relativi atti. 
    Nel merito, secondo la difesa  statale,  non  potrebbe  ritenersi
incostituzionale  una  disciplina  che  elimina   una   irragionevole
differenziazione di situazioni meritevoli di  eguale  tutela,  tenuto
conto della specifica professionalita' degli agrotecnici. 
    Inoltre, dopo aver ricostruito la  giurisprudenza  costituzionale
in materia  di  verifica  dei  presupposti  per  la  decretazione  di
urgenza,  la  difesa  statale  ha  sostenuto  che  neppure   potrebbe
considerarsi fondato l'asserito  contrasto  con  l'art.  77,  secondo
comma, Cost., in quanto non si apprezzerebbe l'«evidente estraneita'»
della norma censurata rispetto alla materia disciplinata dalle  altre
disposizioni del decreto-legge in cui e' inserita. 
    Insussistente  sarebbe,  infine,  il  prospettato  contrasto  con
l'art. 3 Cost., in quanto la scelta normativa concernente  i  profili
culturali per l'abilitazione al compimento di  determinate  attivita'
intellettuali  costituisce  espressione   di   discrezionalita'   del
legislatore, il cui esercizio puo' essere sindacato solo ove  risulti
irragionevole: nella  specie,  si  sottolinea  come  la  materia  del
catasto sia normalmente prevista nel  curriculum  formativo  di  ogni
agrotecnico, pur non rivestendo il carattere di materia principale. 
    5.- In prossimita' dell'udienza le parti hanno depositato memorie
illustrative. 
    5.1.- Il Consiglio Nazionale Geometri  e  Geometri  Laureati,  in
particolare,  ha  controdedotto  sull'eccezione  di  inammissibilita'
avanzata  dalla  difesa  statale  e  dal  Collegio  Nazionale   degli
Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati. A suo  avviso,  la  lettura
dell'ordinanza di rimessione evidenzierebbe come, per  il  giudice  a
quo, la norma primaria non sia «autoapplicativa»: gli atti impugnati,
infatti, non avrebbero natura meramente riproduttiva della  norma  di
interpretazione autentica, ma  portata  innovativa  e  immediatamente
lesiva, consentendo «l'utilizzabilita'  del  sistema  informatico»  e
«includendo, cosi', di fatto,  gli  agrotecnici,  tra  gli  operatori
abilitati». 
    Il Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati  ha  escluso,
inoltre, qualsiasi possibilita' di interpretazione costituzionalmente
orientata della norma impugnata - come auspicato dalla difesa statale
- alla luce, soprattutto, del «vizio procedurale»  relativo  all'atto
di produzione normativa e non alla norma in se' considerata. 
    Ha riproposto, poi, le argomentazioni, gia' esposte nella memoria
di costituzione, a sostegno della censura concernente  la  violazione
dell'art. 77, secondo comma, Cost., per ulteriormente  contestare  la
tesi  -  avanzata  nella  memoria  del   Collegio   Nazionale   degli
Agrotecnici e  degli  Agrotecnici  laureati  -  di  una  «omogeneita'
sopravvenuta»  della   norma   impugnata,   rispetto   all'originario
decreto-legge,  alla  luce  di  altra  norma  (l'art.  26-bis),  pure
introdotta in sede di conversione. 
    Ha confutato,  infine,  le  argomentazioni  svolte  dalla  difesa
statale - secondo cui la norma impugnata avrebbe avuto  lo  scopo  di
aumentare l'efficienza  e  l'efficacia  dell'operato  della  pubblica
amministrazione in materia  catastale  -  sottolineando  l'incoerenza
della tesi, alla luce dell'insufficiente preparazione  vantata  dagli
agrotecnici,   proprio    nell'indicato    settore    di    attivita'
amministrativa. 
    5.2.- Il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici
laureati ha argomentato  ulteriormente  in  ordine  all'eccezione  di
inammissibilita' sollevata nella  memoria  di  costituzione,  e,  nel
merito, ha ribadito le  argomentazioni  sulla  asserita  «omogeneita'
sopravvenuta»  della   norma   impugnata,   rispetto   all'originario
decreto-legge, per effetto della contemporanea introduzione dell'art.
26-bis ad opera della legge di conversione. Quanto al diverso profilo
dell'urgenza di provvedere, ha sottolineato la necessita'  di  fugare
ogni dubbio in ordine  al  regime  degli  atti  gia'  compiuti  dagli
agrotecnici  a  partire  dall'anno  2000,  oltre   all'interesse   al
compimento piu'  sollecito  possibile  degli  atti  di  aggiornamento
catastale,  in  quanto  fonte,  per  l'amministrazione,  di  maggiori
introiti connessi all'assetto dei terreni censiti. 
    Ha  sottolineato,  ancora,   l'inammissibilita'   della   censura
relativa alla presunta illegittimita' di una norma di interpretazione
autentica,  in  assenza  di  un  effettivo   contrasto   ermeneutico,
trattandosi di profilo non accolto nell'ordinanza di rimessione. 
    Ha  messo,  inoltre,  in  luce   l'infondatezza   della   censura
concernente il parametro di  cui  all'art.  3  Cost.,  ricordando  la
discrezionalita' del legislatore nell'individuare le attribuzioni  di
ciascuna  categoria  professionale,  in  forza   del   principio   di
«professionalita'   specifica».   Ha   richiamato,   in    proposito,
l'orientamento della giurisprudenza costituzionale (sentenza  n.  345
del 1995), secondo cui  deve  escludersi  una  interpretazione  delle
sfere di competenza professionale in chiave di generale  esclusivita'
monopolistica. 
    Ha evidenziato, infine, una linea di politica  legislativa  -  di
cui sarebbe espressione il decreto legislativo 17 dicembre  2014,  n.
198 (Composizione, attribuzioni  e  funzionamento  delle  commissioni
censuarie, a norma dell'articolo 2, comma 3, lettera a,  della  legge
11 marzo 2014, n. 23), in  base  al  quale  delle  nuove  commissioni
censuarie locali fanno parte anche gli agrotecnici (art. 3, comma  3,
lettera c) - volta, a suo avviso, a riconoscere anche a questi ultimi
competenze in materia catastale, con conseguente  infondatezza  della
censura concernente la presunta violazione dell'art. 97 Cost. 
    5.3.- L'Avvocatura  generale  dello  Stato,  per  parte  sua,  ha
ribadito  le  deduzioni  gia'  contenute  nell'originario   atto   di
intervento,  aggiungendo,  in  particolare,  quanto   alla   presunta
violazione dell'art. 97 Cost., che,  sebbene  la  preparazione  degli
agrotecnici in materia catastale  appaia  circoscritta  ad  un  primo
livello  conoscitivo,  purtuttavia   altre   norme   dell'ordinamento
attribuirebbero a questa  figura  professionale  la  possibilita'  di
compiere attivita' estimative in campo immobiliare, come  ad  esempio
l'art. 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2002). 
    Ha  ricordato,  infine,  che,  finora,   con   riferimento   alle
operazioni catastali effettuate dagli agrotecnici, non sarebbero  mai
state   rilevate,   dall'amministrazione   statale,   situazioni   di
criticita' gestionale, con conseguente insussistenza di  qualsivoglia
rischio   di   incidenza   sul   buon   andamento   della    pubblica
amministrazione. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato,  sezione  quarta  giurisdizionale,  ha
sollevato, per violazione degli artt. 3, 77,  secondo  comma,  e  97,
secondo  comma,  della  Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  26,  comma  7-ter,  del  decreto-legge  31
dicembre 2007, n. 248 (Proroga di termini  previsti  da  disposizioni
legislative  e  disposizioni   urgenti   in   materia   finanziaria),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  28
febbraio 2008, n. 31. 
    Tale disposizione, aggiunta in sede  di  conversione,  stabilisce
che il comma 96 dell'art. 145 della legge 23 dicembre  2000,  n.  388
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - legge finanziaria 2001), «si interpreta nel  senso  che
gli atti ivi indicati possono essere redatti e sottoscritti anche dai
soggetti in possesso del titolo di cui alla legge 6 giugno  1986,  n.
251, e successive modificazioni». 
    2.-  La  tecnica  di  redazione  utilizzata  nella   disposizione
censurata e in quelle dalla stessa richiamate,  nonche'  il  contesto
giurisprudenziale in presenza del quale tale disposizione interviene,
rendono opportune  alcune  precisazioni,  al  fine  di  una  migliore
comprensione   delle   questioni   di   legittimita'   costituzionale
sollevate. 
    In primo luogo, la legge  6  giugno  1986,  n.  251  (Istituzione
dell'albo professionale degli agrotecnici), cui fa espresso rinvio la
disposizione censurata, ha istituito, come recita il relativo titolo,
l'albo professionale degli agrotecnici. 
    Per parte sua, la norma che la disposizione censurata fa  oggetto
d'interpretazione (ossia l'art. 145, comma 96, della legge n. 388 del
2000) dispone che  gli  «atti  di  aggiornamento  geometrico  di  cui
all'articolo 8 della legge 1° ottobre 1969, n. 679, ed agli  articoli
5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
650, e le denunce di variazione di  cui  all'articolo  27  del  testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, resi dai soggetti  di  cui
all'articolo 1, comma 7, del decreto legge 27  aprile  1990,  n.  90,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno  1990,  n.  165,
sono redatti conformemente alle disposizioni di cui  al  decreto  del
Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701». 
    Gli atti di aggiornamento geometrico  di  cui  all'art.  8  della
legge 1°  ottobre  1969,  n.  679  (Semplificazione  delle  procedure
catastali), ed agli artt. 5 e 7  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 650 (Perfezionamento e  revisione  del
sistema catastale), sono denunce di variazione catastale  firmate  da
un professionista abilitato. I soggetti di cui all'art. 1,  comma  7,
del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90 (Disposizioni in  materia  di
determinazione del reddito ai fini  delle  imposte  sui  redditi,  di
rimborsi  dell'imposta  sul  valore   aggiunto   e   di   contenzioso
tributario, nonche'  altre  disposizioni  urgenti),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 26 giugno  1990,  n.
165,  sono  i  consigli  nazionali  degli  ordini   e   dei   collegi
professionali degli ingegneri, architetti, dottori  agronomi,  periti
agrari e agrotecnici, geometri e periti edili. 
    In sostanza, la disposizione oggetto delle odierne  questioni  di
legittimita'  costituzionale  estende  alla  categoria  professionale
degli agrotecnici l'abilitazione a compiere una serie  di  operazioni
in materia  catastale,  in  particolare  gli  atti  di  aggiornamento
geometrico prima ricordati. 
    In  quanto  norma   di   interpretazione   autentica,   essa   ha
l'obbiettivo di risolvere il contrasto giurisprudenziale insorto  tra
il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio e il Consiglio  di
Stato, appunto in  ordine  alla  possibilita'  degli  agrotecnici  di
compiere validamente operazioni in materia catastale,  contrasto  che
ha visto i giudici amministrativi, nel giro di alcuni  anni  (tra  il
2003 e il 2007), esprimersi in modo opposto circa la  presenza  degli
agrotecnici tra i soggetti richiamati dall'art. 145, comma 96,  della
legge n. 388 del 2000. 
    Mentre per il TAR Lazio (in particolare, con le  sentenze  n.  59
del 9 gennaio 2003 e n. 2618 del 25 marzo  2003)  risultava  evidente
che l'intervento del legislatore  del  2001,  tanto  piu'  in  quanto
successivo alla sentenza n. 441  del  2000  di  questa  Corte,  fosse
diretto ad estendere la competenza degli agrotecnici all'attivita' in
materia catastale, per il Consiglio di Stato (in particolare, con  la
sentenza n. 2204 del 10 maggio 2007) il  significato  dell'art.  145,
comma 96, della legge n. 388 del 2000 non era quello di  ampliare  le
attribuzioni  professionali  degli  agrotecnici,  bensi'  quello   di
confermare le modalita' con le quali dovevano essere redatti gli atti
di aggiornamento delle pratiche catastali,  alla  luce  del  testuale
richiamo alle disposizioni del decreto del Ministro delle finanze del
19 aprile 1994, n. 701 (Regolamento recante norme  per  l'automazione
delle procedure di aggiornamento  degli  archivi  catastali  e  delle
conservatorie dei registri immobiliari), e alle  modalita'  che  esso
detta, e che presuppongono una competenza professionale specifica non
posseduta dalla categoria degli agrotecnici. 
    3.- Il giudice  rimettente  riferisce  di  essere  investito,  su
ricorso  del  Consiglio  Nazionale  Geometri  e  Geometri   Laureati,
dell'impugnazione proposta avverso la sentenza  30  agosto  2012,  n.
7395,  del  TAR  Lazio,  sezione  seconda,   che   aveva   dichiarato
inammissibili, per carenza d'interesse all'impugnazione,  i  ricorsi,
proposti dal citato Consiglio Nazionale e dal Collegio Nazionale  dei
Periti Agrari e Periti Agrari Laureati,  per  l'annullamento  di  due
atti:  la  risoluzione  3  aprile  2008,  n.  10/DF,  del   Ministero
dell'economia e  delle  finanze,  e  la  circolare  dell'Agenzia  del
territorio 14 aprile 2008,  n.  3.  Per  il  TAR  Lazio,  la  carenza
d'interesse ad impugnare derivava dalla loro natura di atti meramente
interni e meramente interpretativi di norme di legge. 
    La circolare dell'Agenzia del territorio sottolinea  come  l'art.
26, comma 7-ter, del d.l. n. 248 del  2007,  come  convertito,  abbia
abilitato anche gli agrotecnici a  redigere  e  sottoscrivere  alcuni
atti in materia catastale,  e,  in  particolare,  abbia  esteso  loro
l'accesso  al  sistema  informatico  cosiddetto  "Pregeo",  il  quale
consente la presentazione in catasto, per via telematica, degli  atti
di aggiornamento geometrico. Anche e  soprattutto  attraverso  questa
specifica estensione, precisa il  rimettente,  la  circolare  avrebbe
incluso gli agrotecnici tra gli operatori abilitati  alle  operazioni
catastali qui in questione. 
    La risoluzione del Ministero dell'economia e delle  finanze,  per
parte  sua,  prevede,  sulla  scorta  della  disposizione  di   legge
ordinaria, che i soggetti iscritti all'albo degli  agrotecnici  siano
da considerare legittimati (al pari di geometri e periti agrari) allo
svolgimento delle predette attivita' in materia  di  atti  catastali,
nonche' al compimento  delle  attivita'  in  materia  estimativa  nel
settore immobiliare, che ne costituiscono il presupposto. 
    Il  Consiglio  di  Stato  rimettente  afferma,  innanzitutto,  la
propria giurisdizione, accogliendo l'orientamento che ritiene  che  i
provvedimenti impugnati, anche laddove qualificati come atti  interni
alla  pubblica  amministrazione,  potrebbero   comunque   evidenziare
profili di eccesso di  potere,  deducibili  con  ricorso  dinanzi  al
giudice amministrativo. 
    In contrario avviso rispetto al giudice di primo  grado,  ritiene
inoltre sussistente l'interesse a ricorrere del  Consiglio  Nazionale
Geometri e  Geometri  Laureati,  in  specifica  considerazione  della
natura regolamentare, percio' normativo-innovativa  e  non  meramente
interpretativa, degli atti impugnati. 
    Da qui, l'asserita rilevanza delle questioni di costituzionalita'
della norma primaria censurata,  della  quale  la  risoluzione  e  la
circolare citate  si  porrebbero  come  «atti  applicativi»,  recanti
un'indubbia portata costitutiva di situazioni giuridiche in capo alla
categoria  professionale  degli  agrotecnici.   Infatti,   oltre   ad
estendere a questi ultimi le competenze  in  materia  catastale,  gli
atti in questione consentirebbero, in concreto, l'utilizzabilita' del
relativo  sistema  informatico,  includendoli,  di  fatto,  tra   gli
operatori abilitati. 
    Quale  premessa  alla  motivazione  sul  merito  delle  questioni
sollevate, il giudice rimettente richiama  la  sentenza  n.  441  del
2000, con la quale questa Corte ritenne  infondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge n. 251 del 1986,
recante  l'istituzione  dell'albo  professionale  degli  agrotecnici,
nella parte  in  cui  non  prevede  l'esercizio,  da  parte  di  tale
categoria di professionisti, di compiti inerenti  alla  formazione  e
redazione  dei  tipi  di  frazionamento  e/o  mappale  e,   comunque,
all'attivita' catastale di frazionamento dei terreni.  Sottolinea  il
giudice  a  quo  che,  nella  menzionata  sentenza,  la  Corte,   pur
riconoscendo     l'ampia     discrezionalita'     del     legislatore
nell'individuare, sulla  scorta  del  principio  di  professionalita'
specifica, le competenze di ciascuna categoria  professionale,  aveva
rilevato  come  la   preparazione   dell'agrotecnico   sia   rivolta,
prevalentemente, agli aspetti  economici  e  gestionali  dell'azienda
agraria, mentre le sue cognizioni  in  materia  di  catasto  appaiono
circoscritte ad un livello descrittivo, cosi' da  risultare  soltanto
un completamento della formazione primaria ed essenziale. Proprio per
queste ragioni - ad avviso del giudice a  quo  non  indifferenti  nel
presente  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  -  la   mancata
abilitazione all'esercizio di  competenze  in  materia  catastale  fu
ritenuta non irragionevole. 
    Con riferimento specifico ai parametri  evocati,  ad  avviso  del
rimettente, la norma censurata sarebbe in  primo  luogo  contrastante
con l'art. 77, secondo comma,  Cost.,  non  sussistendo  per  essa  i
requisiti di straordinarieta' e necessita' previsti per  l'emanazione
del decreto-legge. 
    In particolare, l'art. 26, comma 7-ter, del d.l. n. 248 del 2007,
disposizione  aggiunta  in  sede  di  conversione,  difetterebbe  del
requisito  della  straordinarieta'   e   dell'urgenza   che   pervade
l'intervento   normativo    urgente    cosiddetto    "milleproroghe",
provvedendo ad ampliare le competenze degli  agrotecnici,  con  norma
disomogenea rispetto all'oggetto e alla finalita' del  decreto-legge.
Risulterebbe  cosi'  spezzato  il  legame  logico-giuridico  tra   la
valutazione d'urgenza, fatta dal Governo, ed il provvedimento emesso,
il quale, seppur successivamente sottoposto al controllo formale  del
Parlamento, deve comunque presentarsi come  un  intervento  normativo
coerente e armonico, anche  se  articolato  e  differenziato  al  suo
interno. 
    La norma censurata contrasterebbe, inoltre, con l'art.  3  Cost.,
nella parte in cui, in  modo  arbitrario,  verrebbe  ad  influire  in
termini di impropria  concorrenza  sull'attivita'  professionale  dei
geometri, ad onta della loro comprovata e piu' adeguata  preparazione
nella materia catastale. 
    L'ingiustificata estensione delle  competenze  degli  agrotecnici
inciderebbe,  infine,  anche  sul  buon  andamento   della   pubblica
amministrazione tutelato dall'art.  97,  secondo  comma,  Cost.,  che
risulterebbe pregiudicato dallo svolgimento di attivita' ad opera  di
soggetti non dotati di un'adeguata capacita' professionale. 
    4.-   In    via    preliminare,    va    esaminata    l'eccezione
d'inammissibilita' delle questioni, prospettata,  con  argomentazioni
analoghe, sia  dal  Collegio  Nazionale  degli  Agrotecnici  e  degli
Agrotecnici laureati, sia dall'Avvocatura generale dello Stato. 
    Ritiene, in particolare, il Collegio Nazionale appena citato  che
l'ordinanza di  rimessione  sarebbe  intimamente  contraddittoria  in
punto di motivazione sulla rilevanza: il giudice a quo, da  un  lato,
riconosce che la sua giurisdizione sussisterebbe solo in presenza  di
circolari frutto di  un  potere  discrezionale  dell'amministrazione,
dall'altro lato, pur trovandosi in presenza  di  circolari  che  egli
stesso qualifica come meramente riproduttive  della  legge,  solleva,
appunto  in  modo   contraddittorio,   la   relativa   questione   di
costituzionalita', invece di concludere, a causa  del  difetto  della
sua stessa potestas iudicandi, per l'evidente inapplicabilita'  della
fonte primaria. 
    Per parte  sua,  l'Avvocatura  erariale  eccepisce  l'irrilevanza
della questione, deducendola dalla «chiara ed  evidente»  carenza  di
interesse ad agire del ricorrente nel  giudizio  a  quo,  dovuta,  in
particolare,  alla  natura  meramente  interpretativa,  e  non  anche
regolamentare, della circolare e della risoluzione  impugnate,  prive
di autonoma capacita' lesiva sulla sfera giuridica dei terzi. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Per costante giurisprudenza di questa  Corte,  sussistenza  della
giurisdizione  e  dell'interesse   a   ricorrere   sono   presupposti
concernenti la legittima instaurazione del giudizio  a  quo,  la  cui
valutazione e' riservata al giudice rimettente (ex  multis,  sentenze
n. 91 del 2013, n. 41 del 2011, n. 270 del 2010, n. 50 del 2007 e  n.
62 del 1992).  Di  fronte  alla  Corte  costituzionale,  la  relativa
verifica e' di natura meramente "esterna", strumentale  al  riscontro
della  rilevanza  della  questione  di  legittimita'   costituzionale
(sentenza n. 241 del 2008). 
    Percio', il difetto di giurisdizione puo'  essere  rilevato  solo
nei casi in cui appaia  manifesto,  cosi'  che  nessun  dubbio  possa
nutrirsi sul punto, dovendo invece la relativa  indagine  arrestarsi,
qualora il rimettente abbia espressamente  motivato  in  maniera  non
implausibile sulla sussistenza della propria potestas  iudicandi  (ex
multis, sentenze n. 116 del 2013, n. 279 del 2012, n.  94  del  2009;
ordinanza n. 318 del 2013). 
    Allo  stesso  modo,  solo  la  manifesta  implausibilita'   della
motivazione sul punto potrebbe indurre questa Corte ad una  pronuncia
di  inammissibilita'  della  questione  per  carenza  d'interesse   a
ricorrere nel giudizio principale. 
    Tali condizioni non si verificano nel caso di specie. 
    Pur dovendosi rilevare,  nell'ordinanza  di  rimessione,  qualche
esitazione terminologica nella qualificazione  degli  atti  secondari
impugnati (talora definiti atti non meramente  interpretativi  ma  «a
contenuto regolamentare», dotati di «capacita' innovativa rispetto al
quadro normativo preesistente», talaltra, invece, «atti  applicativi»
o di interpretazione dell'art. 26, comma 7-ter, del d.l. n.  248  del
2007, come convertito), il giudice a  quo  ha  cura  di  fornire  una
motivazione non implausibile, sia in ordine  alla  sussistenza  della
propria giurisdizione, sia  in  ordine  all'interesse  che  muove  il
ricorrente nel giudizio principale. 
    Quanto  alla  giurisdizione,   viene   esplicitamente   segnalata
l'adesione ad uno specifico orientamento giurisprudenziale,  definito
«preferibile», in  virtu'  del  quale  una  circolare  -  quand'anche
qualificabile come atto interno alla pubblica amministrazione -  puo'
realizzare, «in riferimento ai suoi  atti  applicativi»,  profili  di
eccesso  di  potere  deducibili  con  ricorso  dinanzi   al   giudice
amministrativo. 
    L'interesse  a  ricorrere  della  categoria  dei  geometri  viene
identificato nel pregiudizio,  da  questi  subito,  in  virtu'  dello
svolgimento,  da  parte  degli  agrotecnici,  di  attivita'  definite
«concorrenziali», ovvero di attivita'  professionali  in  materia  di
aggiornamento catastale (in tesi  riservate  ai  primi),  sulla  base
dell'estensione, asseritamente arbitraria, avvenuta  ad  opera  della
disposizione di  legge  censurata  e  degli  atti  secondari  oggetto
d'impugnazione nel giudizio principale. 
    In  relazione  alla   stessa   qualificazione   della   circolare
dell'Agenzia del territorio, l'ordinanza sottolinea  come  tale  atto
possieda un sicuro contenuto innovativo, poiche', oltre a  confermare
l'estensione (anche) agli agrotecnici  delle  competenze  in  materia
catastale, disposta dalla fonte primaria, consente a  tale  categoria
di professionisti l'utilizzazione del pertinente sistema informatico,
anche per questa via includendo gli  agrotecnici  tra  gli  operatori
abilitati. 
    Rilievo, quest'ultimo, tutt'altro che  superfluo  o  ininfluente,
considerando che una precedente circolare della stessa Agenzia (la n.
10 del 22 giugno 2007, sostituita appunto  da  quella  impugnata  nel
giudizio  principale)  tale  possibilita'  aveva  invece  negato,  in
applicazione dell'orientamento  giurisprudenziale,  prima  ricordato,
del Consiglio di Stato circa il significato dell'art. 145, comma  96,
della legge n. 388 del 2000. 
    5.-  Nel  merito,  va  scrutinata  per  prima  la  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 26, comma 7-ter,  del  d.l.  n.
248 del 2007, come convertito, posta in relazione al parametro di cui
all'art. 77, secondo comma, Cost. 
    Infatti, la censura riferita all'asserita violazione dell'art. 77
Cost. presenta pregiudizialita' logico-giuridica, giacche' investe lo
stesso corretto esercizio della funzione normativa primaria.  Quindi,
la  sua  eventuale  fondatezza  eliderebbe  in  radice  il  contenuto
precettivo della norma in esame,  determinando  l'assorbimento  delle
questioni sollevate in riferimento ad altri parametri  costituzionali
(sentenze n. 162 e n. 80 del 2012, n. 93 del 2011 e n. 293 del 2010). 
    5.1.- La questione e' fondata. 
    5.2.- E' subito da rilevare che  la  disposizione  censurata  non
faceva parte del testo originario del decreto-legge  sottoposto  alla
firma del Presidente della Repubblica, ma e' stata inserita nel corpo
dell'atto normativo d'urgenza per effetto di un emendamento approvato
in sede di conversione. 
    Il decreto-legge nel quale e' stata immessa la norma in esame  e'
denominato «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e
disposizioni urgenti in materia finanziaria».  Il  suo  preambolo  fa
riferimento alla «straordinaria necessita' ed urgenza  di  provvedere
alla proroga di termini previsti da disposizioni legislative, al fine
di consentire una piu' concreta e puntuale attuazione  dei  correlati
adempimenti, di conseguire una maggiore funzionalita' delle pubbliche
amministrazioni, nonche' di  prevedere  interventi  di  riassetto  di
disposizioni di carattere finanziario». 
    Il  d.l.  n.  248  del  2007  e',  pertanto,   un   provvedimento
"milleproroghe". Rispetto a tal genere di atti  normativi  d'urgenza,
la giurisprudenza di questa  Corte  (sentenza  n.  22  del  2012)  ha
rilevato trattarsi di decreti che, sebbene possano attenere ad ambiti
materiali diversi ed eterogenei, «devono obbedire alla ratio unitaria
di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il  cui  decorso
sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal  Governo  e  dal
Parlamento, o di incidere su situazioni esistenti - pur attinenti  ad
oggetti e materie diversi - che richiedono interventi  regolatori  di
natura temporale». 
    5.3.- Considerando che lo scrutinio di costituzionalita' cade  su
una disposizione aggiunta in sede  di  conversione,  e'  da  valutare
l'omogeneita' dei contenuti recati dalla norma censurata, rispetto  a
quelli del testo originario del  decreto-legge,  come  sinteticamente
descritti. 
    L'art.   26,   comma   7-ter,   nell'ambito   di   un    articolo
complessivamente  rubricato  «Disposizioni  urgenti  in  materia   di
agricoltura», fornisce, come si e' visto, l'interpretazione autentica
dell'art. 145, comma 96, della legge n. 388 del  2000,  e  stabilisce
che gli atti di natura catastale ivi indicati possono essere  redatti
e sottoscritti anche dagli agrotecnici. 
    Da tale punto di vista, la norma censurata appare mossa (come  in
questa sede non si  contesta  da  alcuno)  dall'unico  obbiettivo  di
superare un contrasto giurisprudenziale  insorto  sull'individuazione
dei soggetti abilitati a redigere e  sottoscrivere  determinati  atti
catastali. Sicche', in relazione alle caratteristiche originarie  del
decreto-legge di riferimento,  risulta  palese  che  la  disposizione
censurata  non  proroga  alcun   termine   previsto   da   precedenti
disposizioni legislative, ne'  dispone  interventi  di  riassetto  di
norme di carattere  finanziario.  Essa  non  presenta  nemmeno  alcun
apprezzabile nesso con il conseguimento di una maggiore funzionalita'
delle pubbliche amministrazioni, mostrandosi piuttosto nelle vesti di
un  non  secondario  intervento  normativo,  volto   a   intervenire,
sciogliendo dubbi, sulle attribuzioni di  una  determinata  categoria
professionale. 
    Stante la contiguita' temporale dell'emendamento con il contrasto
giurisprudenziale  descritto,  il  suo  superamento  con   la   norma
interpretativa censurata costituisce, del resto, l'unica  contingenza
ipoteticamente caratterizzata da urgenza: ma anche  tale  labilissimo
legame con la ratio e la finalita' proprie del d.l. n. 248  del  2007
non resiste al semplice rilievo  per  cui  un  conto  e'  la  proroga
urgente di termini, ben altro e' la decisione circa l'ampiezza  delle
competenze di una categoria professionale. Del resto,  l'opportunita'
di interpretare autenticamente una norma - pur se in  conseguenza  di
un contrasto interpretativo emerso poco tempo prima dell'introduzione
della norma interpretativa - potrebbe essere  soddisfatta  o  con  il
normale  esercizio  del  potere  di  iniziativa  legislativa  di  cui
all'art. 71 Cost.,  oppure  con  un  distinto  decreto-legge,  se,  a
giudizio del Governo, la risoluzione del contrasto  giurisprudenziale
presenti  autonomi  profili  di  necessita'  e  di  urgenza.  Invece,
l'inserimento, in sede di  conversione,  come  avviene  nel  caso  di
specie, di una norma interpretativa del tutto estranea rispetto  alla
ratio e alla finalita' unitaria di un decreto-legge  "milleproroghe",
determina la commistione e  la  sovrapposizione,  nello  stesso  atto
normativo,  di  oggetti  e  finalita'  eterogenei,  in   ragione   di
presupposti, a loro volta, eterogenei (sentenza n. 22 del 2012). 
    In definitiva, si versa  in  un  caso  di  evidente  o  manifesta
mancanza  di  ogni  nesso  di  interrelazione  tra  le   disposizioni
incorporate nella  legge  di  conversione  e  quelle  dell'originario
decreto-legge (sentenze n. 251 del 2014 e n. 32 del 2014, n.  22  del
2012; ordinanza n. 34 del 2013). 
    5.4.- La rilevata eterogeneita' dell'emendamento aggiunto in sede
di conversione, rispetto a ratio e finalita'  del  d.l.  n.  248  del
2007, non potrebbe essere superata nemmeno  facendo  ricorso  ad  una
sorta  di  omogeneita'  "transitiva"  o  "sopravvenuta",  secondo  le
argomentazioni sostenute dal Collegio Nazionale degli  Agrotecnici  e
degli Agrotecnici laureati. 
    Sostiene la  parte  che  la  legge  di  conversione  ha  aggiunto
un'ulteriore modifica,  della  cui  omogeneita'  con  l'originaria  e
complessiva  ratio  del  decreto-legge  non  sarebbe  dato  dubitare,
contenendo essa una proroga di termini: si tratta  dell'art.  26-bis,
recante  «Proroghe  in  materia  di  presentazione  degli   atti   di
aggiornamento catastale». Tale  disposizione  persegue  lo  scopo  di
agevolare,  appunto  tramite  lo  spostamento  di   alcuni   termini,
l'applicazione di disposizioni di legge gia' in vigore (art. 2, commi
36  e  38,  del  decreto-legge  3  ottobre  2006,  n.  262,   recante
«Disposizioni  urgenti  in   materia   tributaria   e   finanziaria»,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  24
novembre 2006, n. 286), proprio in  tema  di  aggiornamento  di  dati
catastali. Assume, dunque, la difesa del Collegio degli Agrotecnici e
degli Agrotecnici laureati che,  proprio  in  virtu'  della  presenza
dell'emendamento di cui all'appena ricordato art.  26-bis,  la  norma
censurata acquisterebbe una sorta  di  omogeneita'  "sopravvenuta"  o
"transitiva", proprio perche' omogenea, per materia (catastale), alla
disposizione pure aggiunta in sede di conversione, della cui coerenza
con il decreto-legge "milleproroghe" n. 248  del  2007  non  potrebbe
dubitarsi, contenendo essa una proroga di termini. 
    In sostanza, la norma censurata, pur  disomogenea  rispetto  alla
complessiva ratio dell'originario decreto-legge  (rinvenibile  in  un
intervento regolatore di natura  temporale,  tramite  la  proroga  di
termini), sarebbe  omogenea  (ma  per  la  comune  materia  catastale
trattata) rispetto ad altra norma, contenente in effetti una  proroga
di  termini  e,  percio',  legittimamente  introdotta  in   sede   di
conversione. 
    Sostiene, inoltre, la parte che una tale omogeneita' "transitiva"
sarebbe gia' stata riconosciuta dalla stessa giurisprudenza di questa
Corte, e richiama in proposito la sentenza n. 335 del 2010  (rectius:
n. 355 del 2010). 
    L'argomento e' privo di pregio. 
    Secondo la giurisprudenza  di  questa  Corte,  ogni  disposizione
introdotta in sede di conversione deve essere collegata  ad  uno  dei
contenuti gia' disciplinati  dal  decreto-legge,  ovvero  alla  ratio
dominante del provvedimento originario considerato nel suo complesso,
mentre   il   riconoscimento   indiscriminato    di    un'omogeneita'
"transitiva", del tipo  di  quella  appena  descritta,  consentirebbe
facili aggiramenti al principio enunciato. Del resto, il richiamo  ad
una sentenza  di  questa  Corte  che  tale  omogeneita'  "transitiva"
avrebbe gia'  riconosciuto  e'  palesemente  erroneo:  in  quel  caso
(sentenza n. 355 del 2010),  la  disposizione  aggiunta  in  sede  di
conversione oggetto di censura (giudicata peraltro infondata, proprio
in riferiemento all'art. 77 Cost.) era  stata  reputata  di  per  se'
omogenea rispetto all'originario contenuto del  decreto-legge  (punto
n. 8 del «Considerato in diritto» della sentenza  citata),  e,  nella
motivazione, il rinvio ad altre norme aggiunte in sede di conversione
era stato operato solo per  sottolineare  come  anche  queste  ultime
mirassero  alla  medesima  finalita'  gia'  perseguita  dalla   norma
censurata (e gia' considerata non dissonante rispetto  all'originaria
ratio complessiva del decreto-legge). Anche  la  sentenza  richiamata
conferma, quindi, l'esclusione della possibilita' di  inserire  nella
legge di  conversione  di  un  decreto-legge  emendamenti  del  tutto
estranei ad oggetto e finalita' del testo originario, che costituisce
l'unico termine di paragone. 
    5.5.- In definitiva, non sono soltanto elementari regole di buona
tecnica normativa ad esigere che la legge  di  conversione  rechi  un
contenuto omogeneo a quello  del  decreto-legge,  anche  se,  proprio
sotto questo profilo, e' particolarmente  inopportuno,  nel  caso  di
specie, l'inserimento, in un decreto-legge "milleproroghe", di regole
in materia di attribuzioni di una categoria professionale. 
    Deve, piuttosto, ribadirsi che l'inserimento di norme  eterogenee
rispetto all'oggetto o alla finalita' del decreto-legge determina  la
violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost.  Tale  violazione,  per
queste ultime norme, non deriva dalla  mancanza  dei  presupposti  di
necessita' e urgenza, giacche' esse, proprio per  essere  estranee  e
inserite successivamente, non possono collegarsi  a  tali  condizioni
preliminari (sentenza  n.  355  del  2010),  ma  scaturisce  dall'uso
improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la  Costituzione
attribuisce ad esso, con speciali modalita' di procedura, allo  scopo
tipico di convertire, o non, in legge un decreto-legge  (sentenza  n.
22 del 2012). 
    L'innesto,  nell'iter  di  conversione,  dell'ordinaria  funzione
legislativa  puo'   certamente   essere   effettuato,   considerando,
tuttavia, che la legge di conversione e' fonte  funzionalizzata  alla
stabilizzazione  di  un  provvedimento   avente   forza   di   legge,
caratterizzata  da  un  procedimento  di  approvazione  peculiare   e
semplificato rispetto  a  quello  ordinario.  Essa  non  puo'  quindi
aprirsi  a  qualsiasi  contenuto,  come  del  resto   prescrive,   in
particolare, l'art. 96-bis del regolamento della Camera dei deputati.
A  pena  di  essere  utilizzate  per  scopi  estranei  a  quelli  che
giustificano l'atto con forza di legge, le disposizioni introdotte in
sede di  conversione  devono  potersi  collegare  al  contenuto  gia'
disciplinato dal decreto-legge,  ovvero,  in  caso  di  provvedimenti
governativi  a  contenuto   plurimo,   alla   ratio   dominante   del
provvedimento originario considerato nel suo complesso  (sentenza  n.
32 del 2014). 
    D'altra parte, il carattere peculiare della legge di  conversione
comporta  anche  che  il  Governo  -  stabilendo  il  contenuto   del
decreto-legge -  sia  nelle  condizioni  di  circoscrivere,  sia  pur
indirettamente, i confini  del  potere  emendativo  parlamentare.  E,
anche sotto questo profilo, gli equilibri che la  Carta  fondamentale
instaura tra Governo  e  Parlamento  impongono  di  ribadire  che  la
possibilita', per il Governo,  di  ricorrere  al  decreto-legge  deve
essere realmente limitata ai soli casi straordinari di  necessita'  e
urgenza di cui all'art. 77 Cost. (sentenze n. 128 del 2008 e  n.  171
del 2007). 
    Per tutte le ragioni illustrate, va  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale, per violazione dell'art. 77,  secondo  comma,  Cost.,
dell'art. 26, comma 7-ter, del d.l. n. 248 del 2007, come  convertito
dall'art. 1, comma 1, della legge n. 31 del 2008. 
    6.- La dichiarazione d'illegittimita' costituzionale, pronunciata
con  esclusivo  riferimento  all'art.  77,  secondo   comma,   Cost.,
determina l'assorbimento delle questioni  sollevate  con  riferimento
agli artt. 3 e 97, secondo comma, Cost.