ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
388, della legge 27  dicembre  2013,  n.  147  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita'  2014),  promosso  dalla  Regione   Veneto   con   ricorso
notificato il 25 febbraio 2014, depositato in cancelleria il 7  marzo
2014 ed iscritto al n. 21 del registro ricorsi 2014. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  4  novembre  2015  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato Ezio Zanon per la Regione  Veneto  e  l'avvocato
dello Stato Wally  Ferrante  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso depositato il 7 marzo 2014, la Regione Veneto  ha
promosso questione di legittimita' costituzionale avente ad  oggetto,
tra l'altro, l'art. 1, comma 388, della legge 27  dicembre  2013,  n.
147  (Disposizioni  per  la  formazione  del   bilancio   annuale   e
pluriennale dello Stato - Legge di stabilita' 2014),  in  riferimento
agli artt. 3, 42, 117, quarto comma, 118 e 119 della Costituzione. 
    La disposizione  censurata  prevede  che  «Anche  ai  fini  della
realizzazione  degli  obiettivi  di  contenimento  della   spesa,   i
contratti di locazione di immobili  stipulati  dalle  amministrazioni
individuate ai  sensi  dell'articolo  1,  comma  2,  della  legge  31
dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, non possono essere
rinnovati, qualora l'Agenzia del demanio, nell'ambito  delle  proprie
competenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni prima della
data entro la quale l'amministrazione locataria puo' avvalersi  della
facolta' di comunicare il recesso dal  contratto.  Nell'ambito  della
propria competenza di monitoraggio, l'Agenzia del  demanio  autorizza
il rinnovo dei contratti di locazione, nel rispetto dell'applicazione
di prezzi medi di mercato, soltanto a condizione che  non  sussistano
immobili demaniali disponibili. I contratti stipulati  in  violazione
delle disposizioni del presente comma sono nulli». 
    1.1.- Premette la Regione ricorrente che  la  collocazione  della
disposizione potrebbe indurre a superare il dato letterale, il  quale
non prevede un'esclusione degli enti territoriali dal proprio  ambito
di  applicazione,  dovendosi  attribuire  ad  una  mera  svista   del
legislatore la mancata delimitazione, nel richiamo al  predetto  art.
1, comma 2, alle amministrazioni dello Stato. 
    Infatti, se pure la norma fa  riferimento  alle  «amministrazioni
individuate ai  sensi  dell'articolo  1,  comma  2,  della  legge  31
dicembre 2009, n. 196», la delimitazione  alle  sole  amministrazioni
appartenenti allo Stato, con conseguente  esclusione  delle  Regioni,
sarebbe suggerito dall'ambito applicativo del precedente  comma  387,
il quale apporta alcune modifiche alla disciplina, dettata dai  commi
222, 222-bis e 224 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 196 -
recte: n. 191 - (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello stato - legge finanziaria 2010), della stipula  e
del rinnovo dei contratti di locazione delle  (sole)  amministrazioni
dello Stato, di cui all'art. 1, comma 2, del decreto  legislativo  30
marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del  lavoro  alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche). 
    Del resto - sottolinea la Regione  Veneto  -  i  poteri  affidati
all'Agenzia del demanio, se si considerassero riferiti alle  Regioni,
rimarrebbero  del  tutto  scollegati  da  qualsiasi  altra  attivita'
preliminare,  connessa  e  comunque  conseguente  alle   prescrizioni
contenute nei commi 222 e seguenti della legge n. 191 del 2009. 
    1.2.- Tanto premesso, rileva la ricorrente che, se - arrestandosi
al dato letterale del rinvio operato dal comma 388 all'art. 1,  comma
2, della legge n. 196 del 2009, che non contiene alcuna delimitazione
alle sole amministrazioni statali - si dovesse intendere che il comma
388 e' rivolto a tutte le amministrazioni pubbliche, ivi comprese  le
Regioni, tale norma si porrebbe in contrasto con l'art.  117,  quarto
comma, Cost., in relazione agli artt. 118 Cost., nella parte  in  cui
attribuisce    all'amministrazione    regionale    i    compiti    di
amministrazione  diretta  nelle  materie  di  propria  competenza,  e
all'art.  119,  che   riconosce   espressamente   alle   Regioni   la
possibilita' di avere sia un  proprio  patrimonio,  che  un'autonomia
finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto  dell'equilibrio  dei
relativi bilanci. La pur apprezzabile finalita' di evitare il ricorso
a spese per canoni di locazione in presenza di immobili  fruibili  ma
non utilizzati, perseguita tramite la valorizzazione  del  patrimonio
pubblico,  finirebbe  infatti  per   compromettere   le   prerogative
regionali. 
    La Regione Veneto ricorda la sentenza n. 376 del 2003, in materia
di  coordinamento  della  finanza  pubblica,  nel  cui  ambito  viene
ricondotta la norma censurata, e valorizza come questa Corte, in tale
pronuncia,  abbia  affermato  che  possono  essere   previste   anche
disposizioni  puntuali,   eventualmente   necessarie   affinche'   la
finalita' di coordinamento  possa  essere  concretamente  realizzata,
tuttavia  precisando  che  «i  poteri  in  questione  devono   essere
configurati in modo consono  all'esistenza  di  sfere  di  autonomia,
costituzionalmente   garantite,   rispetto   a   cui   l'azione    di
coordinamento non puo' mai eccedere i limiti, al di la' dei quali  si
trasformerebbe   in   attivita'   di   direzione   o   in    indebito
condizionamento dell'attivita' degli enti autonomi». 
    Ugualmente  non  sarebbero  rispettati  gli   altri   presupposti
indicati da questa Corte affinche' i compiti  attribuiti  allo  Stato
non si rivelino contrari alla Carta costituzionale. 
    Infatti,  il  ruolo  attribuito  all'Agenzia  del   demanio   non
configurerebbe alcun limite di carattere generale,  ma  interverrebbe
in modo puntuale a  limitare  l'autonomia  della  Regione  nella  sua
attivita' di reperimento di spazi necessari alla sua attivita'. 
    La  misura  peraltro  apparirebbe  sproporzionata   rispetto   al
conseguimento  degli  obiettivi  nazionali  di  coordinamento   della
finanza pubblica,  perche'  il  potere  decisionale  de  quo  sarebbe
sottratto alla Regione e attribuito all'Agenzia del demanio, quasi in
forma sanzionatoria e senza  che  vi  sia  stata  in  alcun  modo  la
possibilita' di verificare l'effettiva determinazione di un obiettivo
di finanza pubblica alle Regioni anche per l'attivita' locatizia. 
    Viene  altresi'  evidenziata  la  "lacunosita'"  del  potere   di
coordinamento in materia di finanza pubblica esercitabile dallo Stato
attraverso  il  censurato  comma  388,  in  quanto  mancherebbe   una
qualsiasi  altra  manifestazione  di   coordinamento   preventivo   e
correlato,  nonche'  la   previsione   di   strumenti   di   raccordo
istituzionale e di garanzia  procedimentale  (vengono  richiamate,  a
titolo di esempio, l'intesa ai sensi dell'art. 9, comma  1  -  recte:
comma 2 -, lettera c, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  28,
recante  «Definizione  ed  ampliamento   delle   attribuzioni   della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie
ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e  dei
comuni, con la Conferenza Stato-citta' ed  autonomie  locali»,  e  la
Conferenza unificata Stato-Regioni). 
    Da tutto cio' conseguirebbe altresi' -  a  parere  della  Regione
Veneto - l'incongruita', l'irragionevolezza e l'irrazionalita'  della
disciplina con conseguente violazione degli artt. 3 e 42 Cost. 
    La   Regione   Veneto   lamenta   un   ulteriore    profilo    di
incostituzionalita', in riferimento agli art. 117, 118  e  119  Cost.
per invasione nelle competenze regionali  da  parte  del  comma  388,
senza la previsione di idonee forme di intesa o collaborazione. 
    2.- Con atto depositato il 4 aprile 2014,  si  e'  costituito  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, sostenendo  la  non  fondatezza
della questione sollevata. 
    2.1.- Viene innanzitutto superata qualsiasi ombra  interpretativa
sull'ambito applicativo della norma censurata,  non  limitabile  alle
sole amministrazioni dello Stato. Tale  conclusione,  oltre  che  dal
piano  dato   letterale   della   disposizione,   sarebbe   suggerito
dall'esistenza, nell'intero impianto normativo, di diverse ipotesi di
attribuzione  all'Agenzia  del  demanio  della   gestione   e   della
valorizzazione dell'intero patrimonio pubblico (incluso quello  degli
enti territoriali). 
    Del resto - premessa la riconducibilita'  della  norma  impugnata
alle  disposizioni  di   carattere   straordinario   finalizzate   al
contenimento della spesa pubblica e al  rispetto  dell'equilibrio  di
bilancio - la norma sarebbe perfettamente coerente  con  il  primario
ruolo  attribuito  dal  legislatore  all'Agenzia  del  demanio  nella
gestione  del  patrimonio  immobiliare  pubblico,  in  un'ottica   di
razionalizzazione  e  valorizzazione  dello   stesso   correlata   al
conseguimento di obiettivi di coordinamento della finanza pubblica  e
di riduzione delle spese. 
    2.2.-  Quanto,  piu'  specificamente,  alla  lamentata  invasione
dell'autonomia  legislativa   e   amministrativa   regionale,   viene
ricordata la giurisprudenza di questa Corte in punto  di  riparto  di
competenze, che colloca le disposizioni di contenimento  della  spesa
pubblica nell'ambito della materia del  coordinamento  della  finanza
pubblica  e  del  sistema   tributario,   oggetto   di   legislazione
concorrente.  La  finalita'  di  contenimento  della  spesa  pubblica
corrente viene ricondotta nell'ambito dei principi  di  coordinamento
di finanza pubblica, con la conseguenza che il fatto  stesso  che  il
legislatore imponga limiti alle politiche di bilancio,  come  appunto
quelli della cosiddetta «spending review» sul patrimonio immobiliare,
volte al risparmio di spesa,  escluderebbe  che  possa  invocarsi  la
logica  della  norma  di  dettaglio,  in  considerazione   del   fine
perseguito, consistente nella salvaguardia  dell'equilibrio  unitario
della finanza pubblica complessiva, in connessione con gli  obiettivi
nazionali condizionati da obblighi comunitari. 
    Alla luce di tali coordinate interpretative in ordine alle  norme
finalizzate alla realizzazione degli obiettivi di contenimento  della
spesa,  l'attribuzione  all'Agenzia  del  demanio   del   potere   di
autorizzazione al rinnovo dei  contratti  di  locazione  di  immobili
stipulati dalle pubbliche amministrazioni rappresenterebbe  principio
di coordinamento della finanza pubblica, in quanto nell'ambito  delle
voci di spesa essa riveste importanza strategica rispetto ai  vincoli
nazionali ed internazionali posti alle politiche  di  bilancio  degli
enti territoriali tenuti al rispetto del patto di stabilita' interno. 
    Da  tali  argomentazioni  conseguirebbe  altresi'   che   risulta
inconferente la  lamentata  assenza  di  forme  di  intese,  ritenute
necessarie dalla Regione ricorrente per  le  ipotesi  derogatorie  di
intervento dello Stato sul patrimonio  di  Regioni  ed  enti  locali,
posto che nel caso in esame non e' intervenuta alcuna deroga rispetto
al riparto disegnato dall'art. 117 Cost. 
    3.- In data 13 ottobre 2015,  la  Regione  Veneto  ha  depositato
memoria,  ribadendo  le  argomentazioni  precedentemente   svolte   a
supporto   dell'asserita    illegittimita'    costituzionale    della
disposizione impugnata, insistendo sull'avvenuto  travalicamento,  ad
opere della stessa,  dei  confini  del  coordinamento  della  finanza
pubblica. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione Veneto dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1,  comma  388,  della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147
(Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato - Legge di stabilita' 2014), in riferimento agli artt. 3,
42, 117, quarto comma, 118 e 119 della Costituzione. 
    La disposizione  impugnata  prevede  che  «Anche  ai  fini  della
realizzazione  degli  obiettivi  di  contenimento  della   spesa,   i
contratti di locazione di immobili  stipulati  dalle  amministrazioni
individuate ai  sensi  dell'articolo  1,  comma  2,  della  legge  31
dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, non possono essere
rinnovati, qualora l'Agenzia del demanio, nell'ambito  delle  proprie
competenze, non abbia espresso nulla osta sessanta giorni prima della
data entro la quale l'amministrazione locataria puo' avvalersi  della
facolta' di comunicare il recesso dal  contratto.  Nell'ambito  della
propria competenza di monitoraggio, l'Agenzia del  demanio  autorizza
il rinnovo dei contratti di locazione, nel rispetto dell'applicazione
di prezzi medi di mercato, soltanto a condizione che  non  sussistano
immobili demaniali disponibili. I contratti stipulati  in  violazione
delle disposizioni del presente comma sono nulli». 
    1.1.- La prima censura concerne la presunta violazione  dell'art.
117, quarto comma, Cost. in relazione all'art. 118 Cost., nella parte
in  cui  attribuisce  all'amministrazione  regionale  i  compiti   di
amministrazione  diretta  nelle  materie  di  propria  competenza,  e
all'art. 119 Cost.,  che  riconosce  espressamente  alle  Regioni  la
possibilita' di avere sia un  proprio  patrimonio,  che  un'autonomia
finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto  dell'equilibrio  dei
relativi bilanci. 
    La Regione, pur apprezzando l'intento  perseguito  con  la  norma
impugnata dal legislatore statale di  valorizzazione  del  patrimonio
pubblico (evitando il ricorso a spese  per  canoni  di  locazione  in
presenza di beni demaniali fruibili  e  inutilizzati),  sostiene  che
tale scopo non potrebbe essere perseguito comprimendo le  prerogative
regionali costituzionalmente garantite. 
    L'attribuzione all'Agenzia del demanio del potere  di  rilasciare
un nulla osta cui e' condizionata la possibilita' per la  Regione  di
rinnovare i contratti di locazione lederebbe infatti - a parere della
Regione Veneto - la propria autonomia finanziaria e organizzativa. Il
legislatore statale sarebbe intervenuto nella materia di legislazione
concorrente  «coordinamento   della   finanza   pubblica»   con   una
disposizione che non presenta i caratteri di principio  fondamentale,
travalicando i limiti individuati dalla giurisprudenza costituzionale
nell'opera di perimetrazione di tale nozione. E  cio'  in  quanto  il
potere attribuito all'Agenzia del demanio  non  configurerebbe  alcun
limite di carattere generale, ma interverrebbe  in  modo  puntuale  a
limitare  in  via  generale  l'autonomia  della  Regione  nella   sua
attivita' di reperimento di spazi necessari alla sua attivita'. 
    1.2.- Inoltre, il censurato comma 388 violerebbe gli artt. 3 e 42
Cost., perche' la misura introdotta sarebbe  sproporzionata  rispetto
al conseguimento degli  obiettivi  nazionali  di  contenimento  della
spesa pubblica, in quanto il potere decisionale in materia di rinnovo
di contratti di locazione sarebbe sottratto alla Regione e attribuito
all'Agenzia del demanio, «[q]uasi in forma sanzionatoria e senza  che
vi sia stata in alcun modo la possibilita' di verificare» l'effettiva
determinazione di «un obiettivo  di  finanza  pubblica  alle  Regioni
anche per l'attivita' locatizia». 
    La sproporzione e l'irragionevolezza della  misura  ivi  prevista
emergerebbe  anche  alla  luce   della   "lacunosita'"   del   potere
esercitabile  dallo  Stato  attraverso  il  comma  388,   in   quanto
mancherebbe un qualsiasi momento di interlocuzione tra la  Regione  e
l'Agenzia  del  demanio,  e,  comunque,  qualsivoglia  strumento   di
raccordo istituzionale e di garanzia procedimentale, diversamente  da
quanto, peraltro, previsto dall'art. 2, commi 222 e  seguenti,  della
legge 23 dicembre 2009, n. 196 - recte: n. 191 - (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
finanziaria 2010), per la stipula dei contratti  di  locazione  delle
amministrazioni dello Stato. 
    1.3.- Ulteriore profilo di  incostituzionalita',  in  riferimento
agli artt. 117, 118  e  119  Cost.  per  invasione  nelle  competenze
regionali da parte del comma 388, sarebbe,  inoltre  ravvisabile  per
l'assenza di idonee forme di intesa o collaborazione. 
    Rileva sul punto la Regione che  la  deroga  al  riparto  operato
dall'art. 117 Cost. potrebbe essere giustificato solo se l'assunzione
di funzioni regionali da parte dello Stato, oltre che proporzionata e
non irragionevole, fosse oggetto  di  un  accordo  stipulato  con  la
Regione interessata, accordo del tutto assente nel caso di specie. 
    2.- Prima di  procedere  all'esame  delle  censure,  deve  essere
chiarito, in risposta al dubbio  avanzato  sul  punto  dalla  Regione
Veneto, l'ambito di operativita' dell'impugnato art.  1,  comma  388,
della legge n. 147 del 2013. 
    La ricorrente, infatti, ipotizza che da  esso  possano  ritenersi
escluse le Regioni, le Province autonome e  gli  enti  locali  con  i
rispettivi enti strumentali. Le questioni di  costituzionalita'  sono
quindi     sollevate     subordinatamente      al      riconoscimento
dell'applicabilita' della disposizione nei suoi confronti. 
    2.1.- Va premesso che  costituisce  affermazione  costante  nella
giurisprudenza di questa Corte l'ammissibilita', nei giudizi  in  via
principale, delle  questioni  prospettate  in  termini  dubitativi  o
alternativi (tra le ultime, sentenze n.  269  e  n.  207  del  2014),
purche'   le    interpretazioni    «non    siano    implausibili    e
irragionevolmente scollegate dalle disposizioni impugnate,  cosi'  da
far ritenere le questioni  del  tutto  astratte  e  pretestuose»  (ex
plurimis, sentenza n. 412 del 2004; si vedano anche  le  sentenze  n.
144 del 2014 e n. 278 del 2010), ipotesi, questa, non ravvisabile nel
caso di specie. 
    2.2.- Contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione,  tuttavia,
non e' superabile  il  dato  letterale  relativo  alla  delimitazione
dell'ambito  soggettivo  di  applicazione  della   disposizione.   Il
riferimento, infatti, e' alle «amministrazioni individuate  ai  sensi
dell'art. 1, comma 2,  della  legge  31  dicembre  2009,  n.  196,  e
successive  modificazioni»,  norma  quest'ultima  che  a  sua   volta
richiama «le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del  decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni», fra le
quali sono appunto comprese le Regioni. 
    D'altro  canto,  non  e'  certo  un  argomento  esegetico  valido
affermare che  si  tratti  di  una  "mera  svista"  del  legislatore,
desumibile dalla circostanza che il precedente comma 387  si  rivolga
alle  sole  «amministrazioni  dello  Stato»;  anche  considerato  che
quest'ultimo ha appunto ad oggetto il solo demanio statale. 
    3.- Nel ricorso della Regione e' possibile individuare una  prima
censura di violazione degli artt. 117, 118 e 119 Cost.:  si  contesta
la  lesione  delle  prerogative  regionali,  atteso  che   la   norma
concreterebbe l'esercizio del potere di coordinamento  della  finanza
pubblica, ex art. 117, terzo comma, Cost., senza che ne ricorrano  le
condizioni. 
    3.1.- Il suo esame implica l'individuazione della materia cui  va
ricondotta la disciplina censurata, individuazione, che deve avvenire
- secondo la giurisprudenza di questa Corte  -  tenendo  conto  della
ratio, della finalita', del contenuto e dell'oggetto della disciplina
stessa (tra le ultime, sentenze n. 167 e n. 121 del 2014). 
    Nel caso di specie,  la  disposizione  riguarda  il  rinnovo  del
contratto di locazione, lo subordina a determinate  condizioni  e  ne
prevede la nullita' in caso di mancata  verificazione  delle  stesse:
l'ambito,  pertanto,  e'  quello  proprio  dell'ordinamento   civile,
trattandosi di una disciplina dell'attivita' contrattuale,  sia  pure
speciale e  limitata  all'autonomia  privata  dei  soggetti  pubblici
individuati dalla norma. 
    La circostanza, poi, che le condizioni ricordate si sostanzino in
un nulla osta dell'Agenzia del demanio non e' certo incompatibile con
l'esercizio di un'attivita' jure privatorum, non  diversamente  dallo
schema ben noto dei contratti ad evidenza pubblica. 
    Va soggiunto che, nella specifica  prospettiva  della  competenza
qui esaminata, non viene  in  rilievo  la  finalita'  dell'intervento
legislativo, che dunque non e'  correttamente  valorizzata  a  questo
fine dalla Regione. Il fatto che il legislatore persegua la tutela di
un superiore interesse pubblico  puo'  essere  -  come  si  vedra'  -
rilevante ad altri effetti,  ma  non  esclude  che  la  materia  vada
individuata nell'ordinamento civile, perche' cio'  si  deve  ritenere
connaturato ad ogni limitazione  dell'autonomia  privata,  in  quanto
condizione della sua legittimita' costituzionale ai sensi degli artt.
41 e 42 Cost. 
    La norma e' dunque riconducibile all'«ordinamento civile» di  cui
alla lettera l) del secondo comma dell'art. 117 Cost., e quindi  alla
competenza esclusiva dello Stato. 
    3.2.- La definizione  in  questi  termini  dell'ambito  materiale
della disposizione in esame comporta la non fondatezza dei profili di
censura  sollevati  in  ordine  agli  artt.  117,  118  e  119  Cost.
sull'erroneo presupposto dell'esistenza di competenze regionali nella
materia in questione. 
    4.- E'  anche  in  base  a  queste  considerazioni  che  si  deve
dichiarare la  non  fondatezza  della  censura  relativa  all'assenza
dell'intesa con la Regione o - almeno - del parere  della  Conferenza
unificata. E' giurisprudenza costante di questa Corte  (ex  plurimis,
sentenze n. 36 del 2014, n. 121 del 2013, n. 372 e n. 222 del  2008),
infatti, che tali adempimenti, in quanto riferiti alle  modalita'  di
adozione della norma, non  sono  necessari,  e  cio'  e'  tanto  piu'
evidente in presenza di una competenza esclusiva dello Stato. 
    5.- Il potere legislativo  esercitato  dallo  Stato  viene,  poi,
contestato dalla Regione, con invocazione degli artt. 3 e  42  Cost.,
sotto  il  profilo  della  ragionevolezza  e  della  proporzionalita'
dell'obiettivo  perseguito  rispetto   all'incidenza   sull'autonomia
privata regionale, nonche' su quella organizzativa e finanziaria, con
conseguente violazione  dei  parametri  costituzionali  gia'  evocati
(artt. 117, 118 e 119 Cost.). 
    5.1.- Viene dunque in rilievo  -  come  si  e'  anticipato  -  la
finalita' perseguita dalla norma. Essa e' individuata dall'incipit di
quest'ultima nella «realizzazione  degli  obiettivi  di  contenimento
della spesa» pubblica, grazie all'eliminazione di spese per canoni di
locazione in presenza di immobili demaniali rispondenti al fabbisogno
di spazio allocativo delle amministrazioni, e cio' nell'ambito di una
piu' ampia  operazione  di  valorizzazione  e  razionalizzazione  del
patrimonio pubblico. 
    La ricorrente non disconosce l'esistenza e  la  meritevolezza  di
tale interesse, la cui tutela del resto va a  vantaggio  anche  delle
sue finanze, ma ritiene che esso non possa giustificare una normativa
come quella in esame, cosi' incisiva delle sue prerogative. 
    In effetti, non si puo' contestare che lo  Stato  si  faccia  qui
portatore di un interesse che  gli  e'  proprio  quale  titolare  del
potere di coordinamento della  finanza  pubblica,  trattandosi  della
valorizzazione dei beni demaniali e dei conseguenti risparmi,  ma  e'
altrettanto evidente che tali finalita' non possono essere  utilmente
perseguite se non con meccanismi in grado di  impedire  comportamenti
non coerenti con esse. 
    5.2.- Il sistema,  dunque,  si  presenta  -  in  astratto  -  non
manifestamente irragionevole. 
    6.- La Regione deduce la violazione dei canoni in questione anche
in concreto, e cioe' con riferimento alle modalita' procedimentali  e
sanzionatorie con cui l'interesse pubblico viene perseguito. 
    6.1.- Si contesta anzitutto la scelta del soggetto competente  al
rilascio del nulla osta. 
    L'individuazione dell'Agenzia  del  demanio  quale  interlocutore
della Regione deve ritenersi legittima sotto i profili  indicati,  in
considerazione del ruolo e delle funzioni che  le  sono  proprie.  Ad
essa compete infatti la gestione  e  la  valorizzazione  del  demanio
statale, e cio' sarebbe di per se' ragione sufficiente a giustificare
la scelta, atteso che e' proprio quest'ultimo ad essere oggetto -  se
pur non unico - della verifica di disponibilita' di immobili  idonei.
L'Agenzia  del  demanio,  inoltre,  e'  l'unica  detentrice   di   un
patrimonio di conoscenze del mercato immobiliare  nazionale  nel  suo
complesso, essendo chiamata ad esprimere  pareri  ogni  qualvolta  il
sistema fiscale ha come riferimento i relativi valori. 
    6.2.- Lamenta poi la Regione la lacunosita' della normativa circa
le modalita' dell'esercizio del  potere  attribuito  all'Agenzia  del
demanio, e cio' a scapito, sia delle garanzie che le competono  quale
soggetto inciso, sia della effettiva realizzabilita' dell'operazione,
anche a causa della ristrettezza dei tempi. 
    Va in contrario evidenziato che il nulla osta,  come  ogni  altro
provvedimento  amministrativo,  presuppone  lo  svolgimento   di   un
procedimento ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove  norme
in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso  ai
documenti amministrativi), e che tale  normativa  riconosce  le  piu'
ampie garanzie agli  interlocutori  dell'autorita'  decidente,  e  in
particolare la loro partecipazione attiva, al fine di pervenire ad un
soddisfacente assetto degli interessi in gioco. 
    Tantomeno puo' lamentarsi l'inadeguatezza temporale del  relativo
iter,  inadeguatezza   desunta   dalla   ristrettezza   del   termine
intercorrente fra la data sino alla quale l'Agenzia del demanio  puo'
esprimere il nulla osta e la data entro  la  quale  l'amministrazione
locataria puo' avvalersi della facolta' di comunicare il recesso  dal
contratto di locazione. Non si tiene conto  evidentemente  del  fatto
che niente impone alla Regione di sottoporre la questione all'Agenzia
nell'imminenza  della  scadenza  di  quest'ultimo  termine,   essendo
auspicabile, ed anzi necessario,  che  i  contatti  siano  presi  per
tempo, con una  domanda  articolata  e  puntuale  circa  le  esigenze
funzionali dell'apparato regionale interessato. 
    E' nella logica di una corretta amministrazione che  la  Regione,
da parte sua, fornisca tempestivamente all'Agenzia  del  demanio  gli
elementi necessari per valutare  gli  aspetti  specifici  e  concreti
della situazione, e che quest'ultima a sua  volta  si  esprima  sulla
disponibilita' di un bene adeguato all'esigenza della Regione, con il
pieno coinvolgimento della stessa e in termini congrui, nello spirito
di collaborazione istituzionale. 
    Al riguardo puo'  essere  anche  richiamata  la  piu'  articolata
disciplina dettata in materia dai commi 222 e  seguenti  dell'art.  2
della legge n. 191 del  2009,  la  quale  prevede  appunto  una  fase
comunicativa fra gli interessati, tale da  consentire,  tra  l'altro,
all'Agenzia del demanio di conoscere il concreto fabbisogno di spazio
allocativo, la mappatura degli immobili idonei e le risultanze  delle
indagini di mercato circa il canone degli immobili stessi. 
    6.3.- Infine, anche la nullita' comminata in caso di rinnovo  non
consentito non  puo'  ritenersi  lesiva  dei  canoni  invocati  dalla
ricorrente.  Il  riferimento,  in  particolare,  e'   a   quello   di
proporzionalita' ed e' correttamente  richiamato  dalla  Regione  nei
confronti di una sanzione; ma la norma in questione deve qualificarsi
come imperativa e dunque la violazione va colpita appunto con  questa
forma di invalidita' radicale (art. 1418 del codice civile). 
    6.4.- Conclusivamente l'individuazione del soggetto  deputato  al
rilascio del  nulla  osta  quale  unico  provvisto  delle  necessarie
competenze, la  struttura  del  procedimento  e  la  sua  tempistica,
nonche' l'eventuale sanzione vanno esenti dalle censure in questione. 
    7.-  Tali  censure  sono  invece  fondate  con  riferimento  alla
soluzione adottata per la conclusione del procedimento e  al  rischio
che l'impedimento al rinnovo del contratto derivi non  dall'accertata
esistenza di un bene pubblico idoneo, ovvero dalla inadeguatezza  del
canone pattuito, bensi' anche  dal  mero  silenzio  dell'Agenzia  del
demanio entro il termine dato. 
    La soluzione non supera il vaglio  di  costituzionalita',  sempre
condotto   alla   stregua   dei   canoni    di    ragionevolezza    e
proporzionalita'. 
    Se e' vero, infatti, che le finalita' perseguite sono  meritevoli
di tutela al punto  tale  da  giustificare  un'indubbia  compressione
dell'autonomia regionale,  e'  anche  vero  che  solo  la  dimostrata
esistenza delle condizioni che permettono la valorizzazione  di  beni
demaniali e la riduzione dei canoni puo' produrre tale effetto.  Cio'
evidentemente non avviene quando l'Agenzia del demanio  si  limita  a
non provvedere: quali che siano le ragioni di tale comportamento,  e'
indubbio che non e' stato accertato che ricorrono  le  condizioni  in
questione. 
    In   tale   evenienza   l'effetto    preclusivo    dell'esercizio
dell'autonomia privata regionale troverebbe  il  suo  fondamento  non
nella effettiva tutela dell'interesse pubblico, ma in  un  meccanismo
meramente formale, per di piu' contrastante con il principio generale
enunciato dall'art. 2 della legge n. 241 del  1990,  secondo  cui  il
procedimento deve concludersi con un provvedimento espresso. 
    Non  ignora  questa  Corte   che   la   sua   giurisprudenza   e'
tradizionalmente rispettosa delle scelte  compiute  dal  legislatore,
cosicche' si deve in linea di principio riconoscere che la disciplina
della conclusione del procedimento e' ad esso riservata. 
    Tuttavia nel caso  in  esame  non  puo'  dirsi  che  vi  sia  una
possibilita' di scelta, poiche', alla  stregua  delle  considerazioni
sin qui svolte, l'efficacia preclusiva non  puo'  derivare,  pena  la
incostituzionalita' della disciplina stessa, da una  mera  omissione:
essa puo' derivare solo da un espresso e motivato  diniego  di  nulla
osta. 
    La norma in questione e'  dunque  costituzionalmente  illegittima
nella parte in cui ricollega al semplice  silenzio  dell'Agenzia  del
demanio un'efficacia preclusiva al rinnovo  del  contratto,  e  cioe'
nella parte in  cui  prevede  «non  abbia  espresso  il  nulla  osta»
anziche'  «espresso  il  diniego  di  nulla   osta»,   cosicche'   la
formulazione della disposizione nella parte di interesse  diviene  la
seguente «i  contratti  di  locazione  di  immobili  stipulati  dalle
amministrazioni individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2,  della
legge 31 dicembre 2009,  n.  196,  e  successive  modificazioni,  non
possono essere rinnovati, qualora l'Agenzia del demanio,  nell'ambito
delle proprie competenze, abbia espresso il  diniego  di  nulla  osta
sessanta giorni prima della data  entro  la  quale  l'amministrazione
locataria puo' avvalersi della facolta' di comunicare il recesso  dal
contratto».