ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
518, della legge 27  dicembre  2013,  n.  147  (Disposizioni  per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge  di
stabilita'  2014),  promosso  dalla  Regione   Veneto   con   ricorso
notificato il 25-26 febbraio 2014, depositato  in  cancelleria  il  7
marzo 2014 ed iscritto al n. 21 del registro ricorsi 2014. 
    Visti gli atti di costituzione del Presidente del  Consiglio  dei
ministri e delle Province autonome di Trento e  di  Bolzano,  nonche'
l'atto di intervento della Confcommercio Imprese per  l'Italia  della
Provincia di Belluno ed altre; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  4  novembre  2015  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    uditi gli  avvocati  Ivone  Cacciavillani  per  la  Confcommercio
Imprese per l'Italia della Provincia di Belluno ed altre, Ezio  Zanon
per la Regione Veneto, Michele Costa e  Giandomenico  Falcon  per  la
Provincia autonoma di Bolzano, Giandomenico Falcon per  la  Provincia
autonoma di Trento e l'avvocato dello Stato  Wally  Ferrante  per  il
Presidente del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso, notificato il 25-26 febbraio 2014  e  depositato
il successivo 7 marzo (reg. ric. n. 21 del 2014), la Regione  Veneto,
in persona  del  Presidente  della  Giunta  regionale,  ha  impugnato
numerosi commi dell'art. 1 della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147
recante «Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2014)». Tra  questi,  la
ricorrente - con censure proposte, in parte qua, contro il Presidente
del Consiglio dei ministri e nei  confronti  della  Regione  autonoma
Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di  Bolzano
- ha sollevato questione di legittimita' costituzionale del comma 518
del citato art. 1 che sostituisce l'art.  80  del  d.P.R.  31  agosto
1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali
concernenti  lo  statuto  speciale  per   il   Trentino-Alto   Adige)
riguardante  la  competenza  in  materia  tributaria  della   Regione
autonoma, attribuendole  una  funzione  piena  nell'ampio  numero  di
materie di sua competenza, con la elisione del riferimento ai  limiti
stabiliti dall'art. 5 del medesimo statuto, che sottoponeva  comunque
detta potesta' legislativa ai principi stabiliti  dalle  leggi  dello
Stato. 
    La ricorrente osserva che l'intervento legislativo interviene nel
mezzo di un continuo «confronto confinario» per lo status di grande e
generale  agevolazione  di  cui  godono  gli   operatori   economici,
soprattutto quelli alberghieri delle Province autonome di Trento e di
Bolzano,  rispetto  agli  operatori  veneti  e  lombardi   limitrofi,
derivante dal diverso regime di agevolazioni sia dirette  (attraverso
importanti finanziamenti), sia indirette (attraverso  un  trattamento
tributario gia' ampiamente favorevole, goduto dai  colleghi  trentini
ed altoatesini). 
    Secondo la Regione Veneto, tale condizione si pone  in  contrasto
con il diritto comunitario ed in  particolare  con  l'art.  16  della
Carta dei diritti fondamentali della Unione europea, che riconosce il
principio della liberta' d'impresa, e  con  l'art.  82  del  Trattato
istitutivo della Unione europea, che pone il divieto di  sfruttamento
abusivo da parte di una o piu' imprese di una posizione dominante sul
mercato comune a tutela della concorrenza. 
    Inoltre - in contraddizione anche con  quanto  sancito  dall'art.
79, comma 1, lettera c), del citato  d.P.R.  n.  670  del  1972,  che
prevede l'istituzione di un fondo perequativo a favore dei  territori
confinanti, e che e' destinato alle politiche di  investimento  e  di
coesione sociale -  la  norma  censurata  concorre  a  realizzare  un
ulteriore squilibrio  strutturale,  cosi'  ledendo  il  principio  di
unitarieta'  ed  indivisibilita'  della  Repubblica,  di  eguaglianza
sostanziale nei confronti della legge,  i  principi,  di  derivazione
comunitaria, enucleati in materia  di  attrattivita'  territoriale  e
rilevanti  nell'ordinamento  interno  in  base  a   quanto   disposto
dall'art.117, primo comma, della Costituzione, nonche' gli  artt.  3,
23 ed 11 Cost., in  quanto  procura  una  discriminazione  economica,
ingiustificata  su  base  territoriale  che  incide  sulle   liberta'
fondamentali riconosciute dall'Unione europea. 
    Da qui l'interesse e la legittimazione della Regione Veneto  alla
presentazione dello specifico motivo di  impugnazione,  ancorche'  la
disposizione sia operante fuori dai propri confini  territoriali,  in
quanto la norma condiziona e  altera  le  proprie  politiche  per  il
turismo e la montagna, che sono state  gia'  ampiamente  condizionate
dalle situazioni storiche di vantaggio economico  riconosciuto  dallo
statuto  trentino  al  turismo  locale  (ed  a  questo  riguardo   la
ricorrente ricorda che,  in  attuazione  del  citato  art.  79  dello
statuto di autonomia, la Presidenza del  Consiglio  dei  ministri  ha
emanato il decreto 14 gennaio 2011 in cui assicura il concorso  delle
Province autonome di Trento  e  di  Bolzano  al  conseguimento  degli
obiettivi di perequazione e solidarieta', attraverso il finanziamento
di progetti, di durata anche pluriennale, per la  valorizzazione,  lo
sviluppo economico  e  sociale,  l'integrazione  e  la  coesione  dei
territori dei Comuni appartenenti alle Province di Regioni a  statuto
ordinario confinanti rispettivamente con  la  Provincia  autonoma  di
Trento e con la Provincia autonoma di Bolzano). 
    Peraltro, secondo  la  ricorrente,  la  norma  de  qua,  oltre  a
confliggere con i citati parametri costituzionali e  con  l'art.  120
Cost., attua soprattutto un processo di cosi' detta  "discriminazione
inversa", in contrasto con l'art. 3, secondo  comma,  Cost.,  poiche'
essa (innestandosi sulla situazione  di  ampio  beneficio  economico,
comunque  garantito  dallo  statuto  di   autonomia   trentina)   non
avvantaggia i beneficiari piu' di quanto  discrimini  le  popolazioni
confinanti per i  rilevanti  ulteriori  differenziali  economici  che
saranno  causati   dal   diverso   regime   fiscale   attivabile   in
Trentino-Alto Adige in deroga a quello  nazionale;  e  cio'  con  una
ricaduta diretta  anche  sul  bilancio  regionale  veneto  che  sara'
costretto  ad  intervenire  in  via  perequativa  per  rimuovere   le
ulteriori differenze territoriali. 
    2.- Con due atti di identico contenuto,  si  sono  costituite  le
Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  che   -   analizzata
l'evoluzione della portata normativa dell'art. 80  dello  statuto  di
autonomia della Regione autonoma Trentino-Alto Adige (e del ruolo  di
esse Province nel governo del sistema locale) - hanno preliminarmente
eccepito l'inammissibilita'  del  ricorso  per  assoluto  difetto  di
lesivita' di una disposizione del  tutto  neutra  che  disciplina  la
competenza  legislativa,  e  per  genericita'  delle   censure,   che
risultano indefinite quanto alle competenze  regionali  asseritamente
violate  dalla  norma  impugnata,  all'oggetto  della   impugnazione,
riferita ad una normativa di  contenuto  complesso,  ed  alla  stessa
domanda rivolta alla Corte, senza alcuna adeguata argomentazione  dei
profili di  illegittimita'  per  violazione  dei  parametri  evocati,
peraltro inconferenti. 
    Nel merito - premesso tra l'altro che il ricorso non  costituisce
una vera impugnazione di disposizioni lesive,  quanto  piuttosto  una
espressione politica della generale insoddisfazione della  condizione
della ricorrente Regione a statuto  ordinario  rispetto  a  quella  a
statuto speciale - le Province autonome  sottolineano  l'infondatezza
della censura (non altrimenti argomentata)  di  illegittimita'  della
assegnazione della materia de qua alla  loro  competenza  legislativa
primaria, essendo pacifico che la potesta' primaria delle  Regioni  a
statuto speciale ne costituisce elemento caratterizzante,  e  non  si
trasforma in elemento di  rottura  del  sistema  nazionale  unitario.
Inoltre, secondo le Province, le doglianze della  ricorrente  neppure
tengono conto  della  contestuale  modifica  satisfattiva  delle  sue
istanze operata dal successivo comma 519  dell'art.  1  della  stessa
legge n. 147 del 2013. 
    Quanto, poi, alla infondatezza della censura basata sulla dedotta
violazione del diritto dell'Unione europea, le Province rilevano  che
le disposizioni in esame non riguardano i rapporti di competenza  tra
autonomie territoriali.  Laddove,  ne'  la  Comunita'  economica  ne'
l'Unione europea hanno mai avuto come obiettivo una "unione fiscale",
giacche' la politica fiscale spetta esclusivamente ai  singoli  Stati
membri;  e  giacche'  appare  altresi'  evidente  come  la  normativa
impugnata non pregiudichi la liberta' di impresa  e  di  concorrenza,
ovvero   determini   una   "discriminazione   inversa",    situazione
inconcepibile in un ambito in  cui  ogni  Stato  membro  mantiene  la
propria sovranita'. 
    3.- E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  ha
concluso,  preliminarmente  per  l'inammissibilita'   della   censura
riferita all'art. 11 Cost., perche' immotivata, e di tutte  le  altre
censure, in mancanza di prova del danno immediato ed attuale  che  la
disposizione impugnata arrecherebbe alle attribuzioni regionali. 
    Nel merito, la difesa  dello  Stato  sottolinea  che  l'esercizio
della competenza legislativa attribuita alle due Province autonome in
materia di finanza locale avviene comunque nel  rispetto  dei  limiti
previsti  dall'art.  4  dello  statuto  (che  richiama   i   principi
dell'ordinamento giuridico della Repubblica, gli interessi  nazionali
e le norme fondamentali delle  riforme  economiche  e  sociali  della
Repubblica), nonche' dei vincoli derivanti dall'Unione europea. 
    Inoltre, l'Avvocatura generale rileva che - per effetto di quanto
previsto dall'art. 2, comma 117, della legge  23  dicembre  2009,  n.
191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria  2010)»,  come  modificato
dall'art. 1, comma 519, della legge n. 147 del 2013 - le modalita' di
riparto dei fondi per lo sviluppo dei Comuni confinanti delle Regioni
Veneto e Lombardia saranno individuate, a partire dal 30 giugno 2014,
non piu' con d.P.C.m. bensi' con intesa con le Province autonome;  in
modo  tale  da  fornire  adeguata  possibilita'   di   partecipazione
codecisoria della  Regione  ricorrente,  nonche'  adeguati  strumenti
compensativi della potenziale denunciata discriminazione economica  e
patrimoniale. 
    4.-  Sono  intervenute,  ad   adiuvandum   le   richieste   della
ricorrente, la Confcommercio Imprese per l'Italia della Provincia  di
Belluno, cui aderisce  la  Federalberghi  Belluno  Dolomiti,  nonche'
l'Associazione Albergatori Cortina d'Ampezzo, affermando  il  proprio
interesse  ad  agire  e  la  propria   legittimazione   e   chiedendo
preliminarmente che la Corte dichiari l'ammissibilita' dello spiegato
intervento. 
    5.- In tre memorie il Presidente del Consiglio dei ministri e  le
due Province  autonome  contestano  l'ammissibilita'  e  comunque  la
fondatezza di detto intervento. 
    6.- In due ampie ed articolate memorie  di  udienza,  la  Regione
Veneto e le  associazioni  intervenienti  ribadiscono  le  rispettive
conclusioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con impugnazione in  via  di  azione  -  proposta  contro  il
Presidente del Consiglio dei ministri e nei confronti  della  Regione
autonoma Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di
Bolzano - la Regione Veneto ha censurato, tra gli altri, il comma 518
dell'art.  1  della  legge  27  dicembre   2013,   n.   147   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita' 2014)». 
    La norma cosi' dispone: «L'articolo 80 del testo unico di cui  al
decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972,  n.  670,  e'
sostituito dal seguente: "Art. 80. - 1. Le province hanno  competenza
legislativa in  materia  di  finanza  locale.  2.  Nelle  materie  di
competenza, le province possono istituire nuovi  tributi  locali.  La
legge provinciale disciplina i predetti tributi e  i  tributi  locali
comunali di natura immobiliare istituiti con legge statale, anche  in
deroga alla medesima legge, definendone le modalita' di riscossione e
puo' consentire agli enti locali  di  modificare  le  aliquote  e  di
introdurre esenzioni, detrazioni e deduzioni. 3. Le compartecipazioni
al gettito e le addizionali a tributi erariali  che  le  leggi  dello
Stato attribuiscono agli enti locali spettano, con riguardo agli enti
locali del rispettivo territorio, alle province. Ove la legge statale
disciplini   l'istituzione   di   addizionali   tributarie   comunque
denominate da  parte  degli  enti  locali,  alle  relative  finalita'
provvedono le province individuando criteri, modalita'  e  limiti  di
applicazione di tale disciplina  nel  rispettivo  territorio.  4.  La
potesta' legislativa nelle materie di cui ai commi 1 e 2 del presente
articolo e' esercitata nel rispetto dell'articolo  4  e  dei  vincoli
derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea». 
    Secondo la  ricorrente,  il  comma  impugnato  -  che  regola  la
competenza in materia tributaria delle Province autonome,  «di  fatto
attribuendole una funzione piena nell'ampio numero di materie di  sua
competenza»,  attraverso  la  elisione  del  riferimento  ai   limiti
stabiliti dall'art. 5 del medesimo statuto, che sottoponeva  comunque
detta potesta' legislativa ai principi stabiliti  dalle  leggi  dello
Stato  -  sarebbe  lesivo:  a)  dell'art.  117,  primo  comma,  della
Costituzione poiche' tale intervento legislativo (in un  contesto  di
«confronto confinario» causato dalla agevolazione di cui  godono  gli
operatori economici delle Province di Trento e di  Bolzano,  rispetto
agli operatori veneti e lombardi limitrofi) si pone in contrasto  con
il principio di unitarieta' ed indivisibilita' della  Repubblica,  di
eguaglianza sostanziale nei confronti della legge, e con  il  diritto
comunitario, ed in particolare con l'art. 16 della Carta dei  diritti
fondamentali della Unione europea, che riconosce il  principio  della
liberta' d'impresa, e con l'art. 82  del  Trattato  istitutivo  della
Unione europea, che pone il divieto di sfruttamento abusivo da  parte
di una o piu' imprese di una posizione dominante sul mercato comune a
tutela della concorrenza; b) degli artt. 3, 11, 23, 117, primo comma,
e 120 Cost., perche' (diversamente da quanto previsto  dall'art.  79,
comma 1, lettera  c,  del  medesimo  d.P.R.  n.  670  del  1972,  che
istituisce un fondo perequativo a favore  dei  territori  confinanti,
destinato alle politiche  di  investimento  e  di  coesione  sociale)
concorre  a  realizzare  un  ulteriore  squilibrio  strutturale,   in
contrasto sia con i principi di unitarieta' ed indivisibilita'  della
Repubblica e di eguaglianza sostanziale nei  confronti  della  legge,
sia  con  i   principi,   di   derivazione   comunitaria,   rilevanti
nell'ordinamento  interno;  cosi'  determinando  una  discriminazione
economica, ingiustificata su  base  territoriale,  che  incide  sulle
liberta' fondamentali riconosciute dall'Unione europea. 
    2.- Riservata  a  separate  pronunce  la  decisione  sulle  altre
questioni proposte dalla Regione  Veneto  nello  stesso  ricorso,  va
preliminarmente  ribadita  l'inammissibilita'  dell'intervento  della
Confcommercio Imprese per l'Italia della Provincia  di  Belluno,  cui
aderisce la Federalberghi Belluno Dolomiti, nonche' dell'Associazione
Albergatori Cortina d'Ampezzo. 
    In accoglimento delle eccezioni mosse  in  tal  senso  dalle  due
Province autonome e dal Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  va
confermata  l'ordinanza,  pronunciata  in   tal   senso   nel   corso
dell'udienza pubblica e allegata alla presente sentenza, adottata  in
conformita' della costante giurisprudenza di  questa  Corte,  secondo
cui il giudizio di costituzionalita' delle  leggi,  promosso  in  via
d'azione, si svolge esclusivamente tra soggetti titolari di  potesta'
legislativa e non ammette  l'intervento  di  soggetti  che  ne  siano
privi, fermi restando per costoro, ove ne  ricorrano  i  presupposti,
gli altri mezzi di tutela  giurisdizionale  eventualmente  esperibili
(ex plurimis, sentenze n. 118 e n. 31 del 2015, n. 210 del  2014,  n.
285, n. 220 e n. 118 del 2013, n. 245, n. 114 e n. 105 del  2012,  n.
69 e n. 33 del 2011, n. 278 del  2010).  Ne',  d'altronde,  risultano
pertinenti  i  precedenti  citati  dalla  difesa  delle  associazioni
(sentenze n. 386 del 2005 e n. 154  del  2004),  i  quali  riguardano
interventi  spiegati   nei   diversi   giudizi   per   conflitto   di
attribuzioni. 
    3.- Ancora in  via  preliminare,  vanno  esaminate  le  ulteriori
eccezioni di  inammissibilita'  del  ricorso  per  genericita'  delle
censure sollevate, sempre, dalle Province autonome e  dal  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
    3.1.- Le eccezioni sono fondate. 
    3.2.- Questa Corte e' costante nel  ritenere  necessario  che  il
ricorso   in   via   principale   contenga   una   seppur   sintetica
argomentazione di merito a sostegno della richiesta  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale della  legge.  In  particolare,  l'atto
introduttivo al giudizio non  puo'  limitarsi  a  indicare  le  norme
costituzionali e  ordinarie,  la  definizione  del  cui  rapporto  di
compatibilita'  o  incompatibilita'   costituisce   l'oggetto   della
questione di costituzionalita', ma deve contenere (per  superare  uno
scrutinio di  ammissibilita',  che  deve  essere  svolto  in  termini
perfino  piu'  pregnanti  nei  giudizi  diretti  che  non  in  quelli
incidentali) anche una argomentazione di merito, sia pure  sintetica,
a sostegno della richiesta declaratoria di incostituzionalita', posto
che l'impugnativa deve fondarsi su una  motivazione  adeguata  e  non
meramente assertiva (ex plurimis, e da ultimo, sentenze  n.  153,  n.
142, n. 82 e n. 13 del 2015; n. 259, n. 88, n. 39, n. 36 e n. 11  del
2014). 
    3.3.- Cio' premesso, va rilevato, in primo luogo, come  nell'atto
introduttivo  vengano  evocate  in  modo   cumulativo,   generico   e
indistinto una pluralita' di norme costituzionali (in particolare, la
Regione prospetta, tra l'altro, la violazione degli artt. 3, 11, 23 e
120 Cost.), senza alcuna specifica motivazione in ordine all'asserito
contrasto delle diverse parti dispositive  del  comma  impugnato  con
ciascuno di tali parametri; cosi' disattendendo la  sopra  richiamata
regola  della  necessaria  adeguata  (e  non   meramente   assertiva)
motivazione (seppur sintetica) a sostegno della  specifica  richiesta
di declaratoria di incostituzionalita'. 
    3.4.- Peraltro,  gli  stessi  vizi  derivanti  dalla  carenza  di
motivazione connotano  anche  le  rimanenti  censure,  riferite  alla
asserita violazione degli artt. 117, primo comma, e 3, secondo comma,
Cost. 
    Con  riguardo  alla  prima  di  esse,  la  Regione  ricorrente  -
sottolineato,  in  termini  meramente  fattuali  il  "disagio"  degli
operatori alberghieri veneti dei territori  limitrofi  alle  Province
autonome, a cagione del regime di agevolazioni fiscali di cui  godono
quelli di Trento e di Bolzano - lamenta  il  fatto  che  «le  diverse
opportunita'  finanziarie  e  fiscali  incidono   profondamente   sui
fondamentali delle imprese [venete] che operano nello stesso  settore
turistico e in un territorio omogeneo,  sovvertendo  ogni  canone  di
sana ed effettiva concorrenza». Ed evoca, quali parametri interposti,
le norme comunitarie a tutela  della  liberta'  di  impresa  (sancita
dall'art. 16  della  Carta  dei  diritti  fondamentali  della  Unione
europea) e della liberta' di concorrenza (ex  art.  82  del  Trattato
istitutivo dell'Unione  europea,  oggi  art.  102  del  Trattato  sul
funzionamento  dell'Unione  europea),  delle  quali   si   limita   a
trascrivere stralci del rispettivo contenuto  dispositivo.  Ma  cio',
senza   minimamente   indicare   (ed    argomentare    quanto    alla
configurabilita'  del  rapporto  di  incompatibilita'   della   norma
impugnata con il parametro costituzionale, integrato dalle specifiche
norme comunitarie interposte) quali sarebbero in concreto le  proprie
competenze  legislative  (concorrenti  e/o  residuali)  asseritamente
lese. 
    Ne consegue che l'assoluta genericita' ed indeterminatezza  delle
censure proposte, con riguardo alla pretesa  violazione  di  principi
comunitari,  anch'essi  genericamente  invocati,  non   consente   di
individuare  in  modo  corretto  i   termini   della   questione   di
costituzionalita' (sentenze n. 199 del 2012 e n. 119 del 2010). 
    Peraltro, poi,  riguardo  allo  stesso  parametro,  al  vizio  di
genericita' della censura (per carenza di motivazione), si accompagna
un ulteriore profilo di  inammissibilita',  derivante  dalla  mancata
considerazione   da   parte   della   ricorrente   della   previsione
(esplicitamente contenuta nello stesso comma 4 del censurato art.  80
dello statuto di autonomia, come modificato dalla  norma  impugnata),
secondo cui espressamente «La potesta' legislativa nelle  materie  di
cui ai commi 1 e 2 del presente articolo e' esercitata  nel  rispetto
dell'articolo 4 e dei vincoli derivanti dall'ordinamento  dell'Unione
europea». 
    3.5.- Ugualmente priva di idonea  motivazione  risulta  anche  la
censura riferita all'art. 3, secondo comma,  Cost.,  che  la  Regione
ricorrente  basa  esclusivamente  sulla  mera  affermazione  di   una
«discriminazione  a  rovescio»  che  sarebbe  operata   dalla   norma
impugnata, in ragione della quale la possibilita'  di  conseguire  un
beneficio  fiscale  si  innesterebbe  in  una  situazione  di   ampio
vantaggio economico comunque garantito dallo statuto di  autonomia  e
dai relativi trasferimenti finanziari. 
    Siffatta argomentazione prescinde del tutto dalla  individuazione
delle competenze regionali che  (in  tesi)  sarebbero  compromesse  o
sviate dalla norma impugnata; nonche' dalla indicazione di alcun dato
quantitativo concreto, dal quale poter desumere l'effettiva incidenza
negativa, nell'ambito territoriale veneto, della normativa  impugnata
rispetto  allo  svolgimento  delle  funzioni   costituzionali   della
ricorrente, quale ente dotato di autonomia ordinaria (sentenze n.  n.
97 del 2013, n. 241 del 2012, n. 298 del 2009 e n. 256 del 2007). 
    4.- Infine, sotto differente (ma connesso) profilo, si ravvisa un
ulteriore vizio di carenza di motivazione derivante dal fatto che  la
ricorrente - pur muovendo censure riferite a parametri costituzionali
estranei rispetto  a  quelli  che  regolano  il  riparto  interno  di
competenze tra Stato e Regioni (dovendosi rilevare che,  nei  termini
in cui e' stata prospettata, la violazione del primo comma  dell'art.
117 Cost. riguarda non gia' propriamente l'assetto  delle  competenze
tra Stato e Regioni, bensi' la conformita' delle leggi dello Stato  e
delle Regioni ai vincoli derivanti  dall'ordinamento  comunitario)  -
tuttavia, non fornisce alcuna motivazione in ordine  alla  ridondanza
delle denunciate lesioni di siffatti parametri sul  medesimo  assetto
competenziale. 
    In tal modo, la  Regione  Veneto  contravviene  alla  altrettanto
consolidata affermazione di questa Corte, secondo cui le questioni di
legittimita' costituzionale prospettate da una  Regione,  nell'ambito
di un giudizio in via principale, in ordine a  parametri  diversi  da
quelli riguardanti il riparto delle  competenze  legislative  tra  lo
Stato e le Regioni, sono ammissibili soltanto se  vi  sia  ridondanza
delle asserite violazioni su tale riparto e  il  soggetto  ricorrente
abbia indicato le specifiche competenze ritenute lese  e  le  ragioni
della lamentata lesione (ex plurimis, da ultimo, sentenze n. 153,  n.
89 e n. 13 del 2015, n. 79 e  n.  44  del  2014).  Al  contrario,  la
Regione  non  individua   affatto   alcuna   specifica   attribuzione
legislativa (o anche meramente  amministrativa)  in  una  materia  di
propria  competenza  che  sia  violata  dalla  norma  impugnata,  ne'
argomenta in ordine ai motivi di siffatto vulnus. 
    4.1.- Tale insanabile carenza di motivazione si ripercuote  anche
sul versante della configurabilita' dell'interesse alla impugnazione,
«ancorche' [come rilevato dalla stessa  ricorrente]  la  disposizione
sia operante al di fuori dei propri confini territoriali», che  viene
da questa dedotto in maniera altrettanto generica ed apodittica,  sul
mero assunto che «la norma condiziona ed altera le proprie  politiche
per il  turismo  e  la  montagna,  che  sono  state  gia'  ampiamente
condizionate  dalle  situazioni  storiche  di   vantaggio   economico
riconosciuto dallo statuto trentino al turismo locale». 
    Si rivela cosi' una utilizzazione impropria del giudizio  in  via
principale, diretto non gia' alla definizione  degli  assetti  e  dei
rapporti competenziali degli enti territoriali coinvolti, bensi' alla
manifestazione,   squisitamente    politica,    di    una    generale
insoddisfazione della ricorrente per la differenza tra la  condizione
di essa Regione a statuto ordinario (fiscalmente soggetta alle regole
di cui all'art. 119  Cost.)  e  quella  delle  Provincie  autonome  a
statuto  speciale,  con  autonomia  fortemente  differenziata.  Cio',
tuttavia, senza considerare (ne' argomentare) in ordine al fatto  che
tale differente situazione (lungi dal contrastarvi) e' frutto di  una
specifica scelta costituzionale, dettata dal  primo  comma  dell'art.
116 Cost., per la quale, in  ultima  analisi,  la  potesta'  primaria
delle  Regioni   a   statuto   speciale   ne   costituisce   elemento
caratterizzante, che non si trasforma, per cio' solo, in elemento  di
rottura del sistema nazionale unitario. 
    5.- Di conseguenza, la questione di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 518, della legge n. 147 del 2013, proposta (tra le
altre) dalla Regione Veneto, con il ricorso indicato in epigrafe,  va
dichiarata inammissibile.