ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  10-bis  del
decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei  reati
in materia di imposte sui redditi e  sul  valore  aggiunto,  a  norma
dell'articolo 9  della  legge  25  giugno  1999,  n.  205),  aggiunto
dall'art. 1, comma 414, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello  Stato  (legge  finanziaria  2005)»,  promossi  dal   Tribunale
ordinario di Lecce con ordinanza del 16 luglio  2014,  dal  Tribunale
ordinario di Monza con ordinanza del 22 settembre 2014, dal Tribunale
ordinario di Trento con ordinanze del 15 ottobre  e  del  7  novembre
2014 e dal  Tribunale  ordinario  di  Teramo  con  ordinanza  del  15
dicembre 2014, rispettivamente iscritte ai nn. 45, 51, 53,  54  e  66
del registro ordinanze 2015 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica nn. 13,15 e  17,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2015. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 18 novembre 2015  il  Giudice
relatore Giuseppe Frigo. 
    Ritenuto che, con ordinanza depositata il 16 luglio 2014 (r.o. n.
45 del 2015),  il  Tribunale  ordinario  di  Lecce,  in  composizione
monocratica,  ha  sollevato,  in   riferimento   all'art.   3   della
Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina
dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto,  a
norma dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999, n.  205),  aggiunto
dall'art. 1, comma 414, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (legge  finanziaria  2005)»,  nella  parte  in  cui,  con
riferimento ai fatti commessi sino  al  17  settembre  2011,  punisce
l'omesso versamento delle ritenute  risultanti  dalla  certificazione
rilasciata ai sostituiti per  un  ammontare  non  superiore  ad  euro
103.291,38 per ciascun periodo di imposta; 
    che il giudice a quo premette di essere  investito  del  processo
penale nei confronti di una persona  imputata  del  delitto  previsto
dalla norma censurata, per non aver versato entro il termine previsto
per la dichiarazione annuale di sostituto d'imposta (1° ottobre 2007)
ritenute certificate per un  ammontare  di  euro  89.939,  superiore,
dunque, alla soglia  di  punibilita'  prevista  dal  denunciato  art.
10-bis, pari ad euro 50.000 per ciascun periodo di imposta; 
    che  il   rimettente   dubita,   tuttavia,   della   legittimita'
costituzionale della norma, in parte qua,  osservando  come,  con  la
sentenza n. 80 del 2014, la  Corte  costituzionale  abbia  dichiarato
costituzionalmente illegittimo l'art. 10-ter del  d.lgs.  n.  74  del
2000 nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17
settembre 2011, puniva l'omesso versamento  dell'imposta  sul  valore
aggiunto (IVA), dovuta in base alla relativa  dichiarazione  annuale,
per importi non superiori, per ciascun periodo di  imposta,  ad  euro
103.291,38; 
    che la Corte costituzionale ha ritenuto, in  specie,  lesiva  del
principio di eguaglianza la previsione,  per  il  delitto  di  omesso
versamento dell'IVA, di  una  soglia  di  punibilita'  (euro  50.000)
inferiore a quelle stabilite per la dichiarazione infedele e l'omessa
dichiarazione  dagli  artt.  4   e   5   del   medesimo   legislativo
(rispettivamente, euro 103.291,38 ed  euro  77.468,53),  prima  della
loro modifica in diminuzione ad opera  dal  decreto-legge  13  agosto
2011,  n.  138  (Ulteriori  misure  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni,  dalla
legge 14 settembre 2011, n.  148;  modifica  operante,  per  espressa
previsione normativa, in rapporto ai soli fatti commessi dopo  il  17
settembre 2011; 
    che in questo modo,  infatti,  veniva  riservato  un  trattamento
deteriore a comportamenti di evasione  tributaria  meno  insidiosi  e
lesivi degli interessi del fisco,  attenendo  l'omesso  versamento  a
somme di cui lo stesso  contribuente  si  era  riconosciuto  debitore
nella dichiarazione annuale dell'IVA; 
    che, ad avviso del giudice  a  quo,  le  medesime  considerazioni
varrebbero anche in rapporto  al  delitto  di  omesso  versamento  di
ritenute certificate, previsto dall'art. 10-bis del d.lgs. n. 74  del
2000, la cui soglia di punibilita' e' rimasta immutata; 
    che analoga questione e' stata sollevata dal Tribunale  ordinario
di Monza, in composizione monocratica, con ordinanza del 22 settembre
2014 (r.o. n. 51 del 2015); 
    che il giudice a quo riferisce di essere chiamato a giudicare una
persona imputata di violazione continuata dell'art. 10-bis del d.lgs.
n. 74 del 2000, per aver omesso di versare ritenute  certificate  per
un ammontare complessivo di euro 53.772,  in  relazione  all'anno  di
imposta 2009, e di euro 77.541,  in  relazione  all'anno  di  imposta
2010: donde la rilevanza della questione; 
    che anche secondo  il  Tribunale  monzese,  una  declaratoria  di
illegittimita' costituzionale similare a quella  pronunciata  con  la
sentenza n. 80 del 2014 in rapporto al  reato  di  omesso  versamento
dell'IVA dovrebbe essere adottata in relazione al  reato  omologo  di
omesso versamento di ritenute certificate; 
    che il trattamento  piu'  severo  che,  a  seguito  della  citata
sentenza n. 80 del  2014,  risulta  riservato  all'omesso  versamento
delle ritenute rispetto all'omesso versamento dell'IVA  non  sarebbe,
infatti, frutto di una scelta legislativa, ma l'effetto indiretto  di
un intervento della Corte costituzionale; 
    che il legislatore, al contrario, aveva inteso trattare  in  modo
identico le due ipotesi, tanto da  adottare  la  tecnica  del  rinvio
all'art.  10-bis  nella  descrizione  della  fattispecie  dell'omesso
versamento dell'IVA: cio',  nella  evidente  convinzione  che  i  due
illeciti presentino un analogo  disvalore,  convinzione  ribadita  in
occasione del rimaneggiamento dell'intero  sistema  delle  soglie  di
punibilita' e delle pene dei reati tributari operato con il  d.l.  n.
138 del 2011, come convertito dalla  l.  n.  148  del  2011,  che  ha
lasciato inalterata la piena parificazione delle figure criminose  in
discorso; 
    che l'invocata declaratoria di illegittimita'  costituzionale  si
imporrebbe, pertanto, al fine di  ripristinare,  con  riferimento  ai
fatti commessi fino al 17 settembre 2011, l'equilibrio  sanzionatorio
voluto dal legislatore; 
    che con due ordinanze di analogo tenore,  emesse  il  15  ottobre
2014 (r.o. n. 53 del 2015) e il 7  novembre  2014  (r.o.  n.  54  del
2015), il Tribunale ordinario di Trento, in composizione monocratica,
dubita  nei  medesimi  termini  della   legittimita'   costituzionale
dell'art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000; 
    che il giudice a quo e' parimenti investito  di  processi  penali
nei confronti di persone imputate di omesso  versamento  di  ritenute
certificate di importo compreso tra i 50.000  e  i  103.291,38  euro,
relative agli anni di imposta 2008 (quanto all'ordinanza r.o.  n.  54
del 2015) e 2009 (quanto all'ordinanza r.o. n. 53 del 2015); 
    che il rimettente osserva  come  non  possa  aderirsi  alla  tesi
secondo la quale la sentenza n. 80 del 2014 estenderebbe direttamente
i suoi effetti anche al reato previsto dall'art. 10-bis del d.lgs. n.
74 del 2000; 
    che  i  delitti   di   dichiarazione   infedele   e   di   omessa
dichiarazione, di cui agli artt. 4 e 5 - assunti  da  detta  sentenza
come tertia  comparationis  -  non  sono,  infatti,  riferibili  alla
dichiarazione del sostituto d'imposta: con  la  conseguenza  che,  in
materia  di  ritenute  certificate,  difetterebbe   una   connessione
normativa tra i reati in materia di dichiarazione e quello di  omesso
versamento; 
    che assumerebbe tuttavia rilievo, come ragione di  contrasto  con
l'art. 3 Cost., la disparita' di trattamento venutasi a creare,  dopo
l'intervento della  Corte  costituzionale,  tra  i  fatti  di  omesso
versamento dell'IVA commessi sino al  17  settembre  2011  -  la  cui
soglia di punibilita' risulta elevata ad euro 103.291,38 -  e  quelli
di omesso versamento delle ritenute  certificate,  che  sono  rimasti
invece punibili nel caso di superamento del limite di 50.000 euro; 
    che siffatta dissimmetria risulterebbe  irragionevole  alla  luce
dell'omogeneita' strutturale delle due figure criminose,  finalizzate
entrambe a tutelare la corretta e puntuale riscossione dei tributi, e
tenuto conto, altresi', del fatto che il legislatore ha  ritenuto  di
doverne allineare pienamente il trattamento, prevedendo per  esse  la
medesima pena e la stessa soglia di punibilita'; 
    che anche il  Tribunale  ordinario  di  Teramo,  in  composizione
monocratica, con ordinanza del 15  dicembre  2014  (r.o.  n.  66  del
2015), solleva analoga questione; 
    che quanto alla rilevanza,  il  rimettente  riferisce  di  essere
investito del processo penale nei confronti di una  persona  imputata
del reato previsto dalla norma censurata, per aver omesso di  versare
ritenute certificate per l'anno 2010 per un importo di euro 60.108; 
    che con  riguardo,  poi,  alla  non  manifesta  infondatezza,  il
giudice a quo reputa che la violazione del principio  di  eguaglianza
riscontrata dalla sentenza n. 80 del 2014 sussista anche con riguardo
al reato di  omesso  versamento  di  ritenute  certificate,  sia  nel
raffronto con i reati previsti dagli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 74 del
2000, prima della riforma operata dal d.l. n. 138 del 2011, sia nella
comparazione il reato di cui  all'art.  10-ter,  quale  risultante  a
seguito della citata sentenza; 
    che le fattispecie criminose previste dagli artt. 10-bis e 10-ter
hanno,  infatti,  eguale  struttura,  essendo  la  seconda  modellata
esattamente sulla prima: entrambe sono reati omissivi propri posti  a
tutela  dell'interesse  dell'erario  alla   corretta   e   tempestiva
riscossione delle somme dovute dal contribuente, come autoliquidate o
certificate dal medesimo, e  punibili  a  titolo  di  dolo  generico,
diversamente  dai  reati  di  dichiarazione  infedele  e  di   omessa
dichiarazione, che richiedono il dolo  specifico  di  evasione  delle
imposte; 
    che sarebbe, quindi, indubbio che tali ultimi  reati  siano  piu'
gravi, sul piano dell'attitudine lesiva degli  interessi  del  fisco,
non solo rispetto all'omesso versamento dell'IVA, ma  anche  rispetto
all'omesso versamento delle  ritenute  certificate:  e  cio'  -  come
rilevato nella sentenza n. 80 del 2014 - «nella stessa considerazione
del legislatore, come emerge  dal  raffronto  delle  rispettive  pene
edittali»; 
    che anche nel caso  disciplinato  dall'art.  10-bis  la  condotta
dell'autore del fatto e' «trasparente», in  quanto  la  somma  dovuta
all'erario, anche se  non  indicata  in  dichiarazione,  e'  comunque
certificata dal sostituto d'imposta e, quindi, facilmente accertabile
da parte del fisco; 
    che si tratterebbe, quindi, di una  condotta  meno  insidiosa  di
quelle represse dagli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 74 del  2000,  idonee
ad    ostacolare    l'accertamento    dell'imposta    evasa:    donde
l'irragionevolezza dell'operativita' per il reato in esame, quanto ai
fatti  commessi  sino  al  17  settembre  2011,  di  una  soglia   di
punibilita' piu' bassa di quella stabilita per i fatti di infedele  o
omessa dichiarazione; 
    che la  violazione  del  principio  di  eguaglianza  emergerebbe,
peraltro, anche dal raffronto  con  il  reato  di  omesso  versamento
dell'IVA; 
    che la previsione di soglie di punibilita'  differenziate  per  i
due illeciti non potrebbe essere, infatti, spiegata  con  la  diversa
natura fiscale  dell'obbligazione  inadempiuta,  giacche'  la  stessa
strutturazione degli artt. 10-bis  e  10-ter  dimostrerebbe  come  le
figure delittuose  siano  pienamente  sovrapponibili  sul  piano  del
disvalore; 
    che l'art. 10-ter richiama, tanto in  relazione  alla  soglia  di
punibilita' che alla pena, l'art. 10-bis, presupponendo,  cosi',  una
valutazione legislativa di equivalenza  delle  condotte  incriminate:
equivalenza che torna, d'altro  canto,  ad  essere  perfetta  per  le
condotte successive al 17 settembre 2011; 
    che, di conseguenza, mentre per i fatti posteriori a  detta  data
il trattamento dei due illeciti e' identico, per i fatti anteriori si
assiste ad una significativa sperequazione, che rimarrebbe  priva  di
adeguata giustificazione; 
    che  e'  intervenuto  in  tutti   i   giudizi   di   legittimita'
costituzionale   il   Presidente   del   Consiglio   dei    ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo che le  questioni  siano  dichiarate  inammissibili  o,  in
subordine, infondate. 
    Considerato che i Tribunali ordinari di Lecce, Monza, Trento (con
due ordinanze di rimessione) e  Teramo  dubitano  della  legittimita'
costituzionale,  in  riferimento  all'art.  3   della   Costituzione,
dell'art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74  (Nuova
disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e  sul  valore
aggiunto, a norma dell'articolo 9 della  legge  25  giugno  1999,  n.
205), aggiunto dall'art. 1, comma 414, della legge 30 dicembre  2004,
n. 311, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)», nella  parte  in
cui, con riferimento ai fatti commessi sino  al  17  settembre  2011,
punisce  l'omesso  versamento   delle   ritenute   risultanti   dalla
certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore ad
euro  50.000  per  ciascun  periodo  d'imposta,  anziche'   ad   euro
103.291,38; 
    che le ordinanze di rimessione sollevano  questioni  identiche  o
analoghe,  sicche'  i  relativi  giudizi  vanno  riuniti  per  essere
definiti con unica decisione; 
    che successivamente alle ordinanze di rimessione  e'  intervenuto
il decreto legislativo 24  settembre  2015,  n.  158  (Revisione  del
sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1,  della
legge 11 marzo 2014, n. 23), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  del
7 ottobre 2015, serie generale n. 233, supplemento ordinario  n.  55,
che  ha  apportato  un  ampio  complesso  di  modifiche  al   sistema
sanzionatorio tributario, tanto penale che amministrativo; 
    che l'applicazione della nuova disciplina e' stata  differita  al
1° gennaio 2017 unicamente in rapporto alle disposizioni  del  Titolo
II, attinenti alle sanzioni amministrative (art.  32,  comma  1,  del
d.lgs. n. 158 del 2015): sicche' le nuove norme penali  sono  entrate
in vigore il 22 ottobre 2015, decorso l'ordinario termine di  vacatio
legis; 
    che,  nel  quadro  degli  interventi  di  revisione  del  sistema
sanzionatorio penale, l'art. 7  del  citato  decreto  legislativo  ha
modificato anche la norma censurata: da un lato,  stabilendo  che  le
ritenute, il cui omesso versamento  assume  rilievo  penale,  possano
risultare, oltre che dalla certificazione rilasciata  ai  sostituiti,
anche dalla dichiarazione di  sostituto  d'imposta  (donde  il  nuovo
nomen  iuris  del  reato,  risultante  dalla  rubrica,   di   «Omesso
versamento di ritenute dovute o certificate»);  dall'altro  -  e  per
quanto qui piu' interessa  -  innalzando  la  soglia  di  punibilita'
dell'illecito dai precedenti 50.000 euro a 150.000 euro  per  ciascun
periodo di imposta: dunque, ad un importo piu' elevato di quello  che
i giudici rimettenti hanno chiesto  a  questa  Corte  di  introdurre,
quanto ai fatti antecedenti al 17 settembre 2011; 
    che va, di conseguenza, disposta la restituzione  degli  atti  ai
giudici a quibus, per una nuova valutazione in ordine alla  rilevanza
e alla non manifesta infondatezza delle questioni sollevate alla luce
del mutato quadro normativo. 
    Visto l'art. 9, commi 1  e  2,  delle  norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale.