ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  comma
2, e 2, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 12 agosto 2005, n.
27 (Nuove norme sulle nomine di competenza degli organi di  direzione
politica della Regione Abruzzo), promosso dalla Corte  di  cassazione
nel  procedimento  vertente  tra  G.F.  e  la  Regione  Abruzzo,  con
ordinanza del 10  giugno  2014,  iscritta  al  n.  217  del  registro
ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 50, prima serie speciale, dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Abruzzo; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  12  gennaio  2016  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    udito l'avvocato dello Stato Tito Varrone per la Regione Abruzzo. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- La Corte di cassazione, sezione lavoro, con ordinanza del  10
giugno 2014 (reg. ord. n. 217 del 2014)  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 2,  e  2,  comma  1,
della legge della Regione Abruzzo 12 agosto 2005, n. 27 (Nuove  norme
sulle nomine di competenza degli organi di direzione  politica  della
Regione Abruzzo), per violazione dell'art. 97 della Costituzione. 
    1.1.- La  Corte  rimettente  riferisce  che  la  Corte  d'appello
dell'Aquila, confermando la sentenza di prime cure, ha  rigettato  la
domanda di G.F.  -  nominato  con  delibera  della  Giunta  regionale
dell'Abruzzo  direttore  generale  dell'ente  strumentale   regionale
«Abruzzo Lavoro» per cinque anni, ma  dichiarato  decaduto  anzitempo
con delibera della Giunta regionale dell'11 novembre 2005 -  volta  a
ottenere  i  compensi  che  l'interessato  avrebbe  percepito  se  il
contratto fosse giunto alla scadenza naturale. La Corte d'appello  ha
rilevato che l'incarico rientrava tra quelli di cui all'art. 1, comma
2, della legge reg. Abruzzo n. 27 del 2005,  a  norma  del  quale  le
nomine degli organi di vertice  di  amministrazione  e  di  controllo
degli  enti  dipendenti  dalla  Regione  hanno  una  durata   massima
effettiva pari  a  quella  della  legislatura  regionale  e  decadono
all'insediamento del Consiglio regionale rinnovato dopo le  elezioni,
salvo conferma nei successivi quarantacinque giorni; che, a norma del
successivo art. 2, comma 1, della stessa legge, all'entrata in vigore
della legge n. 27 del 2005, le nomine di cui  all'art.  1,  comma  2,
decadevano, salvo conferma; che, con sentenza n.  233  del  2006,  la
Corte costituzionale  aveva  dichiarato  infondate  le  questioni  di
legittimita' costituzionale  sollevate  nei  confronti  dell'art.  1,
comma 2, per violazione degli artt. 97 e 117, secondo comma,  lettera
l), Cost., nonche' quelle sollevate nei confronti dell'art. 2,  comma
1, per violazione degli artt. 2, 51 e 97 Cost. 
    Adita dal  ricorrente  G.F.  per  la  cassazione  della  sentenza
d'appello, la Corte della  nomofilachia  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dei citati artt. 1, comma 2, e  2,  comma
1, della legge reg. Abruzzo n. 27 del 2005, per violazione  dell'art.
97 Cost., segnatamente per violazione dei principi di  continuita'  e
buon andamento dell'azione amministrativa,  in  quanto  le  anzidette
disposizioni     regionali      determinerebbero      automaticamente
un'interruzione anticipata  del  rapporto,  in  difetto  di  garanzie
procedimentali a favore del dirigente e a  prescindere  da  qualsiasi
valutazione del suo operato. 
    1.2.- La questione sarebbe rilevante, perche' le  norme  sospette
inciderebbero sulla decisione in merito al «provvedimento di  revoca»
dall'incarico, disposto in applicazione del censurato art.  2,  comma
1, e impedirebbero di accogliere la domanda di risarcimento del danno
causato  dalla  risoluzione  anticipata  del   contratto.   Data   la
necessaria applicazione al caso dell'art. 2, comma 1, la domanda  non
potrebbe essere accolta nemmeno  «in  applicazione  della  disciplina
contrattuale sull'impossibilita' sopravvenuta ritenuta dal ricorrente
imputabile alla Regione Abruzzo». 
    1.3.- In  punto  di  non  manifesta  infondatezza,  la  Corte  di
cassazione - dopo avere riportato  il  contenuto  delle  disposizioni
censurate,  il  cui  tenore  impedirebbe  qualsiasi   interpretazione
adeguatrice - richiama la sentenza della Corte costituzionale n.  233
del 2006, la  quale  ha  negato  la  fondatezza  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate,  in  riferimento  all'art.  97
Cost., sul citato art. 1,  in  quanto  esso  si  riferisce  a  nomine
effettuate dagli organi di direzione  politica  della  Regione  sulla
base di valutazioni personali, in relazione alle quali non si addice,
ne' e' costituzionalmente necessaria, la previsione di meccanismi  di
valutazione tecnica della professionalita' e competenza dei nominati.
La stessa sentenza ha altresi' escluso la fondatezza delle  questioni
di legittimita' costituzionale sollevate sull'art. 2 della legge reg.
Abruzzo n. 27 del 2005, in riferimento agli artt. 2, 51 e  97  Cost.,
rilevando che l'intento del legislatore era di rendere immediatamente
operante la nuova disciplina, per evitare che nomine effettuate nella
legislatura precedente, specie alla  fine,  pregiudicassero  il  buon
andamento dell'amministrazione. 
    Tuttavia, prosegue l'ordinanza di rimessione,  la  giurisprudenza
costituzionale successiva ha piu'  volte  affermato  l'illegittimita'
costituzionale di normative analoghe a quella in esame: vale a  dire,
di meccanismi di spoils system riferiti a incarichi dirigenziali  che
comportano  l'esercizio  di  funzioni  amministrative  di  esecuzione
dell'indirizzo politico; mentre sarebbero andati esenti dalle censure
della  Corte  costituzionale  quelle   disposizioni   che   prevedono
meccanismi  simili  solo  nei  confronti  delle  figure  apicali  che
svolgono compiti di indirizzo politico-amministrativo. L'ordinanza di
rimessione richiama, in  proposito,  soprattutto  le  sentenze  della
Corte costituzionale n. 104 del 2007 e n. 81  del  2010,  nonche'  le
sentenze n. 246 e n. 124 del 2011, la sentenza n.  103  del  2007  e,
piu' in generale, anche le sentenze n. 224 e n. 34 del 2010, n. 390 e
n. 351 del 2008. In  applicazione  dei  principi  affermati  da  tale
giurisprudenza, la Corte rimettente osserva  che  le  norme  sospette
assoggettano allo spoils system dirigenti che, seppur posti a capo di
un ente dipendente della  Regione,  hanno  compiti  amministrativi  o
tecnici, non di diretta collaborazione con l'organo politico. 
    A maggior ragione contrasterebbe con i principi  affermati  dalla
giurisprudenza costituzionale la decadenza di cui al  censurato  art.
2, comma 1, della legge  reg.  Abruzzo  n.  27  del  2005,  collegata
all'entrata  in  vigore  della  legge  stessa.  Come  ritenuto  dalla
sentenza n. 104 del 2007 per le posizioni in quel caso  rilevanti,  i
dirigenti assoggettati a una decadenza siffatta vedrebbero cessare il
proprio rapporto di ufficio e di lavoro per una causa  estranea  alle
vicende del rapporto stesso, anziche'  -  come  dovrebbe  accadere  -
sulla base di una  valutazione  attinente  ai  risultati  conseguiti,
rispettosa del principio del giusto procedimento  e  immune  da  ogni
considerazione per gli orientamenti politici. 
    2.- Con atto depositato il 23 dicembre 2014, e'  intervenuto  nel
giudizio il Presidente della Regione Abruzzo, rappresentato e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che siano  restituiti
gli atti al giudice a quo, per una nuova valutazione della  rilevanza
in seguito all'abrogazione del censurato  art.  2  della  legge  reg.
Abruzzo n. 27 del 2005; in subordine, la Regione interveniente chiede
che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  per  difetto   di
rilevanza; in ulteriore subordine, che la  questione  sia  dichiarata
infondata. 
    2.1.- Premessa una ricostruzione dei fatti oggetto di causa e dei
vari  gradi  del  giudizio,  il  Presidente  della  Regione   rileva,
anzitutto, che l'art. 2, comma 1, della legge reg. Abruzzo n. 27  del
2005 e' stato abrogato dall'art. 3, comma 1, della  successiva  legge
della Regione Abruzzo 9 novembre 2009, n. 25  (Modifica  della  legge
regionale n. 27, del 12  agosto  2005,  recante:  Nuove  norme  sulle
nomine di competenza degli organi di direzione politica della Regione
Abruzzo  -  legge  sullo  spoil  system),  con  effetto  dal   giorno
successivo alla pubblicazione di tale ultima  legge,  quindi  dal  14
novembre 2009 (art. 5, comma 1, della legge reg. Abruzzo  n.  25  del
2009).   Poiche'   l'abrogazione,   seppure   non   retroattiva,   e'
sopraggiunta quando la controversia era stata appena avviata e  prima
che scadesse l'originario termine di durata del  rapporto  di  lavoro
(24 marzo 2010), al fine di dimostrare la rilevanza  della  questione
di legittimita' costituzionale sollevata nel  presente  giudizio,  il
giudice  a  quo   avrebbe   dovuto   spiegare   perche',   nonostante
l'intervenuta abrogazione, le disposizioni impugnate continuavano  ad
essere  applicabili  nel  giudizio  a   quo   e,   pertanto,   doveva
considerarsi radicalmente impossibile  l'accoglimento  delle  domande
del ricorrente. Considerata la sopravvenuta abrogazione,  ritiene  la
Regione che gli atti dovrebbero essere restituiti al giudice per  una
nuova valutazione della rilevanza. 
    2.2.-  Sull'ammissibilita'  della   questione   di   legittimita'
costituzionale, il Presidente della Regione osserva poi  che  nemmeno
l'accoglimento  della  questione  comporterebbe  una  condanna  della
Regione al risarcimento del danno lamentato dal ricorrente.  Infatti,
secondo la giurisprudenza di legittimita',  nel  campo  dell'illecito
civile, contrattuale  ed  extracontrattuale,  l'accoglimento  di  una
questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata  sulla   norma
applicata  da  una  delle  parti  puo'  determinare  retroattivamente
l'antigiuridicita' della condotta applicativa, ma non la colpevolezza
del suo autore, considerato che la condotta stessa era autorizzata  o
imposta da una norma vigente ed efficace, ancorche' invalida. Cio' e'
stato affermato anche in giudizi analoghi a quello a quo, riguardanti
pretese   risarcitorie   conseguenti   all'applicazione   di    norme
costituzionalmente  illegittime   sulla   cessazione   di   incarichi
dirigenziali.  La  medesima  conclusione,  a  maggior   ragione,   si
imporrebbe   quando   e'   la   stessa    norma,    poi    dichiarata
costituzionalmente  illegittima,  a  determinare  in  via  diretta  e
automatica la cessazione del rapporto di lavoro, indipendentemente da
qualsivoglia iniziativa del datore di lavoro. Inoltre, essendo  ormai
trascorso l'originario termine di durata  dell'incarico,  giammai  il
ricorrente potrebbe ottenerne il ripristino. 
    Il Presidente della Regione da' altresi' atto che - a suo avviso,
contraddittoriamente - l'ordinanza di rimessione ritiene la questione
rilevante  pure  ai  fini  del  giudizio   sulla   legittimita'   del
provvedimento di  revoca,  adottato  nei  confronti  del  ricorrente.
Tuttavia,  l'ordinanza   non   identificherebbe   gli   estremi   del
provvedimento; trascurerebbe  che  lo  stesso  ricorrente  non  aveva
sostenuto  che  la  Regione  dovesse  rispondere   della   cessazione
anticipata dell'incarico revocato; non  chiarirebbe  che  la  revoca,
qualora esistente,  sarebbe  da  considerare  conseguenza  diretta  e
necessitata delle norme in questione. 
    2.3.- Ancora in punto  di  ammissibilita',  il  Presidente  della
Regione  ribadisce,  tra  l'altro,  che  la   decadenza   era   stata
conseguenza diretta delle norme in questione: infatti, non era  stato
adottato  alcun  provvedimento  di  revoca  da  parte  della   Giunta
regionale, ma solo una dichiarazione dell'avvenuta decadenza a  norma
di legge. A fronte di cio', l'interessato aveva atteso  piu'  di  tre
anni, avviando il contenzioso solo che la Corte costituzionale  aveva
mostrato un orientamento piu' severo rispetto a quello espresso nella
sentenza n. 233 del 2006. Tuttavia, osserva la Regione: se il  titolo
delle pretese  risarcitorie  e'  la  mancata  conferma  dell'incarico
dirigenziale e se la mancata conferma e' mera conseguenza delle norme
in  questione  e,  anzi,  ne  presuppone  l'efficacia,   allora,   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle norme priverebbe
di ogni rilievo la mancata conferma, facendo venir  meno  la  stessa,
presupposta, decadenza. Percio', in conclusione, l'accoglimento della
questione  sollevata   impedirebbe   l'accoglimento   della   domanda
risarcitoria: il  che  dimostrerebbe  l'irrilevanza  della  questione
stessa nel giudizio a quo. 
    2.4.-  Nel   merito   -   dopo   avere   lamentato   l'evasivita'
dell'ordinanza di rimessione a proposito del contenuto delle funzioni
cui era  stato  preposto  il  ricorrente  e  di  quelle,  in  ipotesi
distinte, di diretta collaborazione con  gli  organi  politici  -  il
Presidente della Regione richiama l'art. 8 della legge della  Regione
Abruzzo 16 settembre 1998, n. 76 (Disciplina dell'organizzazione  del
sistema  regionale  integrato  dei  servizi  all'impiego),  il  quale
disciplina la nomina,  il  ruolo  e  le  funzioni  del  Direttore  di
«Abruzzo-Lavoro, osservando che al Direttore (unico organo dell'ente,
a parte il Collegio dei Revisori dei Conti) era demandata non la mera
adozione  di  atti  e   provvedimenti   amministrativi,   bensi'   la
determinazione  dell'indirizzo   politico-amministrativo   dell'ente,
nonche' la funzione  di  «anello  di  congiunzione»  con  l'autorita'
politica regionale. Che il rapporto con quest'ultima avesse carattere
fiduciario,  sarebbe  evidente  anche  dal  procedimento  di  nomina:
incentrato su di una scelta  discrezionale,  appunto,  dell'autorita'
politica tra i soggetti in possesso di determinati  requisiti,  senza
l'espletamento di un pubblico concorso.  Cio'  risulterebbe  coerente
con la sentenza della Corte costituzionale n. 233 del  2006,  nonche'
con le successive n. 104 del 2007, n. 224 e n. 304 del 2010, le quali
hanno  anch'esse  sottolineato  il  rilievo  decisivo   dell'intuitus
personae nel procedimento di nomina. 
    3.- Con memoria depositata il 17 dicembre  2015,  la  Regione  ha
reiterato   i   propri   argomenti,   con    ulteriori    riferimenti
giurisprudenziali,  segnatamente  in   merito   all'irrilevanza   per
intervenuta   abrogazione   del   censurato   art.   2,   comma    1;
all'impossibilita'  che  una  sentenza  di   accoglimento   determini
l'antigiuridicita'  del  comportamento  tenuto  in  conformita'  alla
norma,   prima   che   essa   fosse   dichiarata   costituzionalmente
illegittima;  alla  conseguente  irrilevanza   delle   questioni   di
legittimita' costituzionale,  che  siano  sollevate  in  un  giudizio
avente ad oggetto domande risarcitorie relative  a  un  comportamento
che era conforme alla norma impugnata, allorche' fu compiuto. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Corte di cassazione, sezione lavoro, con ordinanza del  10
giugno 2014 (reg. ord. n. 217 del 2014)  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 2,  e  2,  comma  1,
della legge della Regione Abruzzo 12 agosto 2005, n. 27 (Nuove  norme
sulle nomine di competenza degli organi di direzione  politica  della
Regione Abruzzo), per violazione dell'art. 97 della Costituzione. 
    Nella versione originaria, oggetto del presente giudizio,  l'art.
1, comma 2, della legge reg. Abruzzo n. 27 del 2005, stabiliva che le
nomine degli organi di vertice  di  amministrazione  e  di  controllo
degli  enti  dipendenti  dalla  Regione  «hanno  una  durata  massima
effettiva pari  a  quella  della  legislatura  regionale  e  decadono
all'atto  di  insediamento  del  nuovo  Consiglio  regionale,   salvo
conferma nei successivi quarntacinque giorni». Inoltre, a  norma  del
successivo art. 2, comma 1, all'entrata in vigore della stessa  legge
regionale le nomine di cui all'art. 1, comma 2, sono decadute,  salvo
quelle esplicitamente confermate. Le disposizioni  in  questione,  ad
avviso della Corte rimettente, avrebbero determinato  un'interruzione
automatica anticipata degli incarichi direttivi ivi  contemplati,  in
difetto di  garanzie  procedimentali  a  favore  dei  titolari  degli
incarichi stessi e a prescindere da qualsiasi  valutazione  del  loro
operato,  e,  cosi'  facendo,  avrebbero  violato   i   principi   di
continuita'  e  buon  andamento  dell'azione  amministrativa  di  cui
all'art. 97 Cost. 
    2.- Deve essere  preliminarmente  dichiarata  l'inammissibilita',
per  difetto  di   rilevanza,   della   questione   di   legittimita'
costituzionale sollevata sul censurato art. 1,  comma  2,  nel  testo
originario (anteriore alle modifiche apportate dall'art. 1, commi 1 e
2, della legge della Regione Abruzzo 4  marzo  2009,  n.  3,  recante
«Disposizioni urgenti di modifica della L.R. 12  agosto  2005  n.  27
"Nuove norme sulle nomine di competenza  degli  organi  di  direzione
politica  della  Regione  Abruzzo"»,  nonche'  alla  novella  di  cui
all'art. 1, comma 1, della legge della  Regione  Abruzzo  9  novembre
2009, n. 25, recante «Modifica della legge regionale n.  27,  del  12
agosto 2005, recante: Nuove norme sulle nomine  di  competenza  degli
organi di direzione politica della  Regione  Abruzzo  -  legge  sullo
spoil system»). 
    La decadenza  di  cui  si  discute  nel  giudizio  a  quo  si  e'
verificata esclusivamente per effetto dell'art.  2,  comma  1,  della
legge  reg.  Abruzzo  n.  27  del  2005,  sicche'  e'  solo  di  tale
disposizione che il giudice rimettente e' chiamato fare  applicazione
(si veda, in fattispecie analoga,  la  sentenza  n.  161  del  2008),
benche' l'art. 2, comma 1, contenga un richiamo all'art. 1, comma  2,
al solo fine di individuare gli organi le  cui  figure  apicali  sono
colpite da decadenza per effetto della entrata in vigore della legge. 
    3.- Non possono trovare accoglimento, per  contro,  le  eccezioni
processuali dell'Avvocatura generale dello Stato. 
    3.1.-   La   difesa   erariale   fa    riferimento,    anzitutto,
all'abrogazione dell'art. 2, comma 1, della legge reg. Abruzzo n.  27
del 2005, disposta dall'art. 3, comma 1, della legge reg. Abruzzo  n.
25 del 2009, e afferma che il giudice a quo  avrebbe  dovuto  tenerne
conto nella valutazione della rilevanza della questione sollevata. 
    L'eccezione non puo' essere accolta. 
    Nel  complesso,   l'ordinanza   afferma,   con   sufficientemente
chiarezza, che il censurato art. 2, comma 1, della legge reg. Abruzzo
n. 27 del 2005 ha direttamente  determinato,  all'entrata  in  vigore
della legge stessa, la decadenza delle nomine ivi considerate  e,  di
conseguenza,  l'interruzione  automatica  dei  relativi  rapporti  di
lavoro. I fatti posti  dal  ricorrente  a  fondamento  delle  proprie
domande, come descritti dall'atto introduttivo del presente giudizio,
risultano  essere  mera  conseguenza  dell'applicazione  delle  norme
stesse e sono percio'  queste  ultime,  in  conclusione,  a  impedire
l'accoglimento delle domande avanzate nel giudizio principale. 
    Pertanto, i fatti di causa sono  adeguatamente  descritti,  anche
nella loro collocazione temporale,  e  le  norme  in  questione  sono
considerate nel tenore letterale che avevano  al  momento  dei  fatti
medesimi. 
    In proposito, l'ordinanza assume che nel caso di  specie  debbano
trovare  applicazione  le  norme  censurate   nella   loro   versione
originaria, dato che l'«interruzione automatica del rapporto»  si  e'
determinata in virtu' della decadenza disposta dal censurato art.  2,
comma 1, allorche' quest'ultimo entro' in vigore. 
    Del  resto,  non  e'  chiaro   quale   possa   essere   l'effetto
dell'abrogazione disposta dall'art. 3,  comma  1,  della  legge  reg.
Abruzzo n. 25 del 2009, considerato che la norma abrogata - l'art. 2,
comma 1, impugnato - ha compiutamente prodotto i propri  effetti  con
l'applicazione istantanea una tantum al momento della sua entrata  in
vigore; d'altra parte, la stessa Regione - la  cui  difesa  e'  stata
esplicitamente interpellata, sul punto, in udienza - non sembra  aver
tratto dall'anzidetta abrogazione alcuna  conseguenza  in  merito  al
rapporto con la controparte o ad altri analoghi  rapporti  pregressi.
Pertanto, non puo' considerarsi implausibile che, come ritenuto dalla
Corte rimettente, la  norma  censurata,  nella  versione  originaria,
continui a regolare le  fattispecie  di  decadenza  verificatesi  nel
periodo della sua vigenza (si veda, mutatis mutandis, sentenza n. 391
del 2008) e che quindi su tale disposizione - benche' ormai  abrogata
- debba vertere il giudizio di questa Corte. 
    3.2.-  Neanche  puo'  condividersi  l'assunto  secondo   cui   la
questione sarebbe irrilevante, perche' il suo eventuale accoglimento,
pur  comportando  retroattivamente  l'illegittimita'  della  condotta
della  Regione  in  senso  oggettivo,  non  potrebbe  determinare  la
colpevolezza della stessa Regione in senso soggettivo e, dunque,  non
influirebbe sull'esito della controversia in merito  al  risarcimento
del danno, oggetto del giudizio a  quo,  il  quale  sarebbe  comunque
destinato a concludersi con il rigetto delle pretese risarcitorie del
ricorrente. 
    In contrario, si deve ribadire, come piu' volte  affermato  nella
giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 46 e n. 5 del 2014), che a
rendere ammissibili le questioni incidentali e'  sufficiente  che  la
norma impugnata  sia  applicabile  nel  giudizio  a  quo,  senza  che
rilevino gli effetti che una eventuale  pronuncia  di  illegittimita'
costituzionale possa produrre per le parti in causa (sentenza n.  294
del 2011).  Con  riguardo  all'odierno  giudizio,  anche  qualora  si
condividesse la premessa dell'eccezione  regionale,  secondo  cui  la
colpevolezza della condotta non puo' conseguire retroattivamente, ora
per allora,  a  una  pronuncia  di  accoglimento,  dovrebbe  comunque
concludersi  che  tale  pronuncia  influirebbe  sull'esercizio  della
funzione giurisdizionale, quantomeno sotto il  profilo  del  percorso
argomentativo che sostiene la decisione del processo principale  (tra
le molte, sentenza n. 28  del  2010).  Diversamente,  si  creerebbero
nell'ordinamento giuridico aree  poste  al  riparo  del  giudizio  di
questa Corte, a scapito del diritto di agire e difendersi in giudizio
garantito dall'art. 24 Cost. 
    In conclusione, occorre confermare quanto questa  Corte  ha  gia'
osservato in una fattispecie analoga  all'odierna:  la  questione  e'
ammissibile,  perche'  soltanto  l'accertamento   dell'illegittimita'
costituzionale della norma che ha previsto la  cessazione  automatica
del rapporto puo' permettere al giudice a quo di  valutare,  come  e'
suo compito, la sussistenza di tutti gli elementi  costitutivi  della
pretesa risarcitoria azionata (sentenza n. 224 del  2010),  anche  di
carattere soggettivo. 
    4.- Nel merito, la questione relativa all'art. 2, comma 1,  della
legge reg. Abruzzo n. 27 del 2005 e' fondata. 
    4.1.- Occorre anzitutto ribadire che la sentenza n. 233 del  2006
- conformemente all'impostazione del ricorso allora  in  esame  -  ha
potuto esaminare la legittimita'  costituzionale  della  disposizione
oggetto del presente giudizio solo "in astratto", nell'ambito  di  un
giudizio in via principale,  attinente  al  complesso  delle  diverse
figure apicali alle quali le disposizioni della legge reg. Abruzzo n.
27 del 2005 allora impugnate, nella loro ampia  portata,  risultavano
applicabili (sentenze n. 228 del 2011 e n. 34 del 2010). 
    Diversamente,  la  valutazione  oggi  richiesta  a  questa  Corte
riguarda specificamente  l'applicabilita'  della  decadenza  disposta
dall'art. 2, comma 1, della legge impugnata alla figura del Direttore
di «Abruzzo-Lavoro», ente istituito e disciplinato dagli articoli  da
5 a 9 della legge della Regione Abruzzo  16  settembre  1998,  n.  76
(Disciplina dell'organizzazione del sistema regionale  integrato  dei
servizi all'impiego). Gia' in casi analoghi (si veda, ad esempio,  la
sentenza n. 34 del 2010), la Corte costituzionale e' stata chiamata a
riesaminare in via incidentale, in riferimento a specifiche categorie
di soggetti, norme che, considerate  nel  loro  insieme,  erano  gia'
state valutate proprio dalla medesima sentenza n. 233 del 2006  sopra
richiamata, addivenendo talora a pronunce di accoglimento e  talaltra
di non fondatezza, secondo le specifiche caratteristiche di  ciascuna
figura esaminata. 
    E' appena  il  caso  di  osservare  che,  ai  fini  del  presente
giudizio, non rileva il fatto che di tale ente e' stata  disposta  la
soppressione, con la legge della Regione Abruzzo 23 agosto  2011,  n.
32 (Soppressione dell'Ente Strumentale Regionale Abruzzo Lavoro),  il
cui art. 6, comma 1,  lettera  b),  ha  altresi'  abrogato  i  citati
articoli da 5 a 9 della legge reg. Abruzzo n. 76 del 1998. 
    Anche in riferimento al Direttore di  «Abruzzo  Lavoro»,  occorre
dunque  entrare  nel  merito  e  valutare  le  specificita'  che   lo
contraddistinguevano. 
    4.2.- A proposito di questa figura  di  vertice,  l'ordinanza  di
rimessione sottolinea che al Direttore di «Abruzzo-Lavoro»  la  legge
affida(va) compiti amministrativi  o  tecnici,  non  riconducibili  a
quelli di diretta collaborazione con organi politici. 
    Questa Corte ha piu' volte affermato (sentenze n. 228  del  2011;
n. 224 del 2010; n. 390 e n. 352 del 2008; n. 104 e n. 103 del  2007)
l'incompatibilita' con l'art. 97 Cost.  di  meccanismi  di  decadenza
automatica, o del tutto discrezionale, dovuta a cause  estranee  alle
vicende del rapporto d'ufficio e sganciata da  qualsiasi  valutazione
concernente i risultati conseguiti,  qualora  tali  meccanismi  siano
riferiti - non  gia'  al  personale  addetto  ad  uffici  di  diretta
collaborazione con l'organo di governo (sentenza n. 304 del 2010) o a
figure apicali, per le quali risulti decisiva la  personale  adesione
agli orientamenti politici di chi le abbia nominate (sentenza  n.  34
del  2010)  -  bensi'  ai  titolari  di  incarichi  dirigenziali  che
comportino  l'esercizio  di  funzioni  amministrative  di  esecuzione
dell'indirizzo politico (sentenza n. 124 del 2011), anche quando tali
incarichi siano conferiti a soggetti esterni  (sentenze  n.  246  del
2011, n. 81 del 2010 e n. 161 del 2008). 
    In  applicazione  di  tali  principi,  e'   stata   ripetutamente
affermata,  ad  esempio,  l'illegittimita'  costituzionale  di  norme
regionali che prevedevano la decadenza automatica di figure  quali  i
direttori generali delle aziende sanitarie locali (sentenze n. 27 del
2014; n. 152 del 2013; n. 228 del 2011; n. 104 del 2007), o anche  di
altri enti regionali (sentenza n. 34 del 2010), considerato che  essi
costituiscono  figure  tecnico-professionali,   incaricate   non   di
collaborare direttamente al  processo  di  formazione  dell'indirizzo
politico, ma di perseguire  gli  obiettivi  definiti  dagli  atti  di
pianificazione e indirizzo degli organi di governo della Regione. Nel
giudicare illegittima la decadenza automatica di tali figure  apicali
all'avvicendarsi degli organi politici, la Corte ha dato  rilievo  al
fatto che le relative nomine  richiedano  il  rispetto  di  specifici
requisiti di  professionalita',  che  le  loro  funzioni  abbiano  in
prevalenza  carattere  tecnico-gestionale,  e  che  i  loro  rapporti
istituzionali  con  gli  organi  politici  della  Regione  non  siano
diretti, bensi' mediati da una molteplicita' di livelli intermedi. 
    4.3.-  Considerazioni  analoghe  valgono  per  la  posizione  del
Direttore di «Abruzzo-Lavoro», per come essa era  disciplinata  dagli
abrogati articoli da 5 a 8 della legge reg. Abruzzo n. 76 del 1998. 
    L'ente  in  questione,  dotato   di   autonomia   amministrativa,
patrimoniale, contabile e tecnica, era  principalmente  titolare  del
compito di erogare servizi di assistenza tecnica alla Regione e  alle
Province, nonche' di funzioni di monitoraggio del mercato del  lavoro
(art. 5, comma 1). 
    Il Direttore, oltre a rappresentare l'ente, esercitava poteri  di
organizzazione e gestione (art. 8, comma 1). La sua nomina  (art.  8,
comma 2) avveniva - con provvedimento del Presidente  della  Regione,
su conforme deliberazione della Giunta,  proposta  dall'Assessore  al
lavoro - a seguito di avviso pubblico, previo esame di  curricula,  e
poteva essere conferita solo a soggetti in possesso dei requisiti  di
accesso alla  dirigenza  regionale,  che  non  avessero  superato  il
sessantacinquesimo anno  di  eta',  dotati  di  elevata  preparazione
specifica nelle  materie  di  competenza  dell'ente,  con  esperienza
significativa nella direzione di organizzazioni complesse. 
    Il  Direttore  era  responsabile  dei   risultati   di   gestione
(efficacia,  efficienza,  qualita'   e   regolarita'   dell'attivita'
dell'ente: art. 8, comma 1) e la sua revoca poteva avvenire (art.  8,
comma 4), «previo contraddittorio, prima della scadenza naturale  del
rapporto [in casi] riconducibili alle fattispecie di cui all'art.  21
del D.Lgs. n. 29 del 1993, cosi' come  modificato  dall'art.  14  del
D.Lgs. n. 80 del 1998:  inosservanza  dell'obbligo  del  pareggio  di
bilancio; inosservanza del termine per la formulazione delle proposte
di  dotazione  organica  e/o  del  termine  massimo  [...]   per   il
completamento delle procedure di reclutamento;  mancato  assolvimento
di  funzioni  obbligatorie  [...];  condanna   per   reati   commessi
nell'esercizio delle  funzioni  direzionali»;  nonche'  «in  caso  di
assenza od impedimento protratti oltre 6 mesi» (art. 8, comma 5). 
    Anche i rapporti  tra  la  Regione  e  l'ente  erano  oggetto  di
disciplina puntuale, nella quale, tra l'altro, si prevedeva  che:  a)
il  Consiglio  regionale  impartiva  all'ente  indirizzi   triennali,
specificati da direttive annuali  della  Giunta  regionale  (art.  5,
comma 6); b) il piano annuale di attivita',  proposto  dal  Direttore
(art. 5, comma 6), era  oggetto  di  parere  da  parte  di  organismi
regionali, deputati al  coordinamento  con  altre  amministrazioni  e
parti sociali, ed era approvato dalla Giunta (art. 7,  comma  3);  c)
anche  gli  altri   atti   principali   dell'ente   (quali   statuto,
regolamenti,  bilanci,  dotazioni  organiche,   relazione   di   fine
esercizio) erano sottoposti a controllo e approvazione da parte degli
organi  regionali  (art.  7);  d)  in  linea  generale,  l'ente   era
sottoposto a vigilanza e controllo da  parte  della  Giunta,  che  la
esercitava attraverso i competenti settori (art. 5, comma 6). 
    4.4.- In conclusione, il Direttore di «Abruzzo-Lavoro» era figura
tecnico-professionale,   titolare   di    funzioni    prevalentemente
organizzative  e  gestionali,  responsabile  del   perseguimento   di
obiettivi definiti in appositi atti di  pianificazione  e  indirizzo,
deliberati dagli organi di governo della Regione; non era collegato a
tali organi da relazioni istituzionali  cosi'  immediate  da  rendere
determinante la  sua  consonanza  agli  orientamenti  politici  degli
stessi. Pertanto, tale figura non rientrava  tra  quelle  alle  quali
potessero,  o  possano,  alla  luce  dei  principi  elaborati   dalla
giurisprudenza costituzionale,  applicarsi  meccanismi  di  decadenza
automatica, senza violare i principi di cui all'art. 97 Cost.