ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 134,  136,
139, 140, 141 e 142, commi 1 e 2, del decreto legislativo 22  gennaio
2004, n. 42 (Codice dei beni culturali  e  del  paesaggio,  ai  sensi
dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002,  n.  137),  promossi  dal
Tribunale amministrativo regionale per la Campania  con  un'ordinanza
del 30 gennaio e tre ordinanze del  13  marzo  2014,  rispettivamente
iscritte ai nn. 102, 176 e 239 del registro ordinanze 2014 e al n. 86
del registro ordinanze 2015 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica nn. 27 e 44, prima serie speciale, dell'anno 2014  e
nn. 1 e 20, prima serie speciale, dell'anno 2015. 
    Visti gli atti di costituzione  della  Romeo  Alberghi  srl,  del
Comune di Napoli e di S.G.; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  12  gennaio  2016  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Raffaele Ferola per Romeo Alberghi srl, Felice
Laudadio per S.G. e Gabriele Romano per il Comune di Napoli. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per  la  Campania,  con
ordinanza del 30 gennaio  2014,  iscritta  al  n.  102  del  registro
ordinanze  2014,  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  9  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 142,
comma 2, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42  (Codice  dei
beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge
6 luglio 2002, n. 137), «laddove, nel prevedere la deroga  al  regime
di  autorizzazione  paesaggistica  per  tutte  le  zone  A  e  B  del
territorio comunale, tali classificate  negli  strumenti  urbanistici
vigenti alla data del 6.9.1985, non esclude da tale ambito  operativo
di deroga le aree urbane  riconosciute  e  tutelate  come  patrimonio
UNESCO». 
    1.1.- Il rimettente premette, in punto di fatto, che: 
    - la societa' ricorrente e' proprietaria di un immobile  sito  in
Napoli, via C. Colombo n. 45, noto come edificio «ex Flotta Lauro»  e
attualmente denominato «Hotel Romeo»; 
    -  tale  edificio  era  stato  interessato  prima  da  lavori  di
consolidamento strutturale e in seguito da altri, volti al  mutamento
di destinazione ad uso alberghiero, mediante parziale  demolizione  e
ricostruzione, ed eseguiti  previa  presentazione  delle  denunce  di
inizio attivita' (d'ora in avanti «DIA»), rispettivamente, n. 23  del
2004 e n. 212 del 2005; 
    - ultimati gli stessi, parte dell'ottavo piano e  il  nono  erano
stati sottoposti a sequestro  penale,  in  ragione  della  contestata
mancanza del permesso di costruire; 
    - l'amministrazione comunale aveva quindi ingiunto la demolizione
con l'atto impugnato con il  ricorso  principale  e  sospeso  in  via
cautelare dal TAR per mancata ponderazione di quanto assentito con la
seconda DIA non previamente annullata; 
    - si  era  costituita  in  giudizio  l'amministrazione  comunale,
eccependo, fra l'altro, che gli interventi eseguiti  mancavano  della
necessaria   autorizzazione   paesaggistica,   pur   essendo   l'area
sottoposta a vincolo in quanto ricadente nei 300 metri dalla linea di
battigia; 
    - a seguito di un complesso riesame di tutte  le  DIA  presentate
dalla ricorrente, il Comune  di  Napoli  aveva  quindi:  1)  disposto
l'archiviazione del procedimento in relazione alla denuncia n. 23 del
2004; 2) annullato le denunce n. 393 del 2008  e  n.  341  del  2009,
relative  a  lavori  eseguiti  ai  piani  terra  e  seminterrato;  3)
dichiarato inefficace la denuncia n. 212 del  2005,  in  ragione  del
mancato rispetto  del  vincolo  paesaggistico,  che  avrebbe  imposto
l'acquisizione del parere  della  Soprintendenza,  e  di  un  aumento
volumetrico non consentito dalla normativa urbanistica; 4)  diffidato
la societa' alla demolizione delle opere eseguite su parte del  piano
ottavo e sull'intero piano nono, applicando per i restanti abusi  una
sanzione pecuniaria; 
    - avverso i provvedimenti di annullamento in autotutela (e, prima
ancora, avverso i  relativi  avvisi  di  avvio  del  procedimento  di
riesame) la ricorrente aveva  articolato  motivi  aggiunti,  con  cui
aveva  fatto  valere,  in  particolare,  la  sussistenza,  ai   sensi
dell'art. 142, comma 2, del d.lgs. n. 42 del 2004  (d'ora  in  avanti
«codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio»  o  «codice»),  dei
presupposti di fatto per la deroga all'autorizzazione paesaggistica. 
    Il Tribunale adito, rilevato che  le  questioni  sulle  quali  si
incentrava la risoluzione  della  controversia  erano,  da  un  lato,
l'esistenza dei presupposti per la deroga al vincolo paesaggistico ex
lege, e, dall'altro, l'entita' e la natura delle difformita' edilizie
ravvisate dal  Comune,  aveva  disposto  acquisizioni  documentali  e
l'espletamento di una consulenza tecnica d'ufficio. 
    1.2.- In punto di rilevanza, il rimettente afferma di condividere
la conclusione del consulente,  secondo  cui  l'immobile  oggetto  di
causa rientrerebbe nella fascia di 300 metri dalla linea di battigia,
ma ricadrebbe in  zona  che  alla  data  del  6  settembre  1985  era
classificata B dal piano regolatore generale, dal  che  conseguirebbe
che i lavori oggetto  di  DIA  sarebbero  sottratti  alla  disciplina
dell'autorizzazione    paesaggistica,     per     cui     l'esercizio
dell'autotutela dovrebbe ritenersi parzialmente illegittimo. 
    1.3.- In punto di non manifesta infondatezza della questione,  il
TAR Campania  ritiene  che  l'applicazione  della  norma  derogatoria
sospettata d'incostituzionalita' conduca a  conseguenze  contrastanti
con i principi costituzionali in materia di tutela del paesaggio. 
    L'art. 142 del codice, ricorda il rimettente, dopo avere indicato
le zone vincolate, confermando la previgente  previsione  di  analogo
tenore contenuta sia nell'art. 1 del decreto-legge 27 giugno 1985, n.
312 (Disposizioni urgenti per la tutela  delle  zone  di  particolare
interesse ambientale), convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1
della legge 8 agosto 1985, n. 431,  che  nell'art.  146  del  decreto
legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico  delle  disposizioni
legislative in materia  di  beni  culturali  e  ambientali,  a  norma
dell'articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352), al secondo comma ha
contemplato alcune eccezioni, escludendo l'operativita'  del  vincolo
per tutte le aree che alla data del 6 settembre 1985 (di  entrata  in
vigore della cosiddetta legge Galasso) si trovassero  in  determinate
condizioni, e in particolare: a) quelle  delimitate  negli  strumenti
urbanistici, ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici  2
aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di  densita'  edilizia,  di
altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti  massimi  tra  spazi
destinati  agli  insediamenti  residenziali  e  produttivi  e   spazi
pubblici o riservati alle attivita' collettive, al verde pubblico o a
parcheggi da osservare ai fini della formazione dei  nuovi  strumenti
urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art.
17 della L. 6 agosto 1967, n. 765), come zone territoriali omogenee A
e  B;  b)  quelle  delimitate  come  zone  diverse  dalle  A   e   B,
limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani  pluriennali  di
attuazione e a condizione che le relative  previsioni  fossero  state
concretamente realizzate; c) quelle ricadenti, nei Comuni  sprovvisti
di strumenti urbanistici, nei centri edificati perimetrati  ai  sensi
dell'art. 18 della  legge  22  ottobre  1971,  n.  865  (Programmi  e
coordinamento    dell'edilizia    residenziale    pubblica;     norme
sull'espropriazione per pubblica utilita'; modifiche ed  integrazioni
alla legge 17 agosto 1942, n. 1150; alla legge  18  aprile  1962,  n.
167; alla legge 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa
per interventi straordinari nel settore  dell'edilizia  residenziale,
agevolata e convenzionata). 
    Nel caso di specie, prosegue il TAR Campania, si sarebbe tuttavia
in presenza  di  «un  centro  edificato  del  Comune  di  Napoli,  di
eccezionale pregio paesaggistico e storico», in  quanto  incluso  nei
siti   tutelati   dall'Organizzazione   delle   Nazioni   Unite   per
l'educazione, la scienza e la cultura (d'ora in avanti «UNESCO)»,  ai
sensi della Convenzione sulla protezione del patrimonio  culturale  e
naturale  mondiale  (d'ora   in   avanti   «Convenzione   UNESCO»   o
«Convenzione»), firmata a Parigi il 23 novembre 1972  e  recepita  in
Italia con legge 6 aprile 1977, n. 184 (Ratifica ed esecuzione  della
convenzione sulla protezione  del  patrimonio  culturale  e  naturale
mondiale, firmata a Parigi il 23 novembre 1972). 
    L'immobile oggetto del giudizio, in  particolare,  in  base  alla
cartografia allegata al riconoscimento UNESCO e rilevabile  dal  sito
internet  comunale,  sorgerebbe  in   area   di   tutela,   e,   piu'
specificamente, all'interno della «buffer zone» (area  di  rispetto),
sennonche', in mancanza di  uno  specifico  vincolo  provvedimentale,
l'operativita' della deroga a  quello  legale  prevista  dalla  norma
sospettata  d'incostituzionalita'   condurrebbe   «alla   conseguenza
paradossale di consentire, nel perimetro dei 300 mt. dalla  battigia,
ove insistono significative testimonianze della storia  di  Napoli  e
del suo paesaggio identitario, trasformazioni  del  territorio  senza
alcuna valutazione di compatibilita' paesaggistica». 
    La norma censurata, secondo il rimettente, contrasterebbe  dunque
con l'art. 9 Cost., che ha fatto  assurgere  il  paesaggio  a  valore
primario della Repubblica, assoluto, non disponibile  e  non  esposto
alla mutevolezza degli indirizzi politici. 
    2.- Con memoria depositata nella cancelleria di questa Corte il 7
luglio 2014 si e' costituito il  Comune  di  Napoli,  resistente  nel
giudizio a quo, chiedendo in via preliminare che  venga  disposta  la
riunione ai  giudizi  originati  dalle  analoghe  ordinanze  del  TAR
Campania iscritte ai nn. 176 e 239 del registro ordinanze 2014  e  al
n. 86 del registro ordinanze 2015, in  quanto  strettamente  connessi
per petitum e  causa  petendi,  con  la  precisazione  che  con  tali
ordinanze la questione di costituzionalita' sarebbe stata «estesa» al
comma 1 dell'art. 142 e agli artt. 134,  136,  139,  140  e  141  del
codice dei beni culturali e del paesaggio, con prospettata violazione
degli artt. 9 e 117, primo comma, Cost. 
    2.1.- Afferma la parte interveniente di avere sostenuto nel corso
del giudizio principale che l'area su cui insiste l'immobile  oggetto
di causa ricade in zona D,  per  cio'  solo  assoggettata  a  vincolo
paesaggistico. Avendo,  tuttavia,  il  TAR  rimettente  ritenuto  che
l'immobile ricada in zona B, la questione sollevata sarebbe rilevante
e fondata. 
    2.2.- In punto di rilevanza, la parte interveniente  osserva  che
l'accoglimento  della  questione,  mediante  la  richiesta  pronuncia
additiva,  consentirebbe  di  ritenere  legittimo  l'annullamento  in
autotutela delle DIA presentate  dalla  ricorrente,  con  conseguente
reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti. 
    2.3.- In punto di non manifesta infondatezza, il Comune di Napoli
ripercorre  adesivamente  le  argomentazioni  del  rimettente   sulla
rilevanza primaria dei beni protetti della Convenzione UNESCO  (d'ora
in avanti «siti  UNESCO»)  e  sulle  ragioni  dell'inserimento  nella
relativa lista  del  centro  storico  di  Napoli,  e  in  particolare
dell'area adiacente al vecchio porto su cui insiste l'albergo  Romeo,
evidenziando che  l'importanza  di  tale  area  risiede  anche  nella
«unicita' di immagine percepita» sia in caso di arrivo via  mare  che
di osservazione  dagli  «infiniti  punti  di  insediamento  lungo  la
costa». 
    La  sopraelevazione  contestata   nei   provvedimenti   impugnati
costituirebbe  un'evidente  rottura   del   preesistente   equilibrio
paesaggistico a causa del notevole aumento  di  cubatura  dell'ultimo
piano. 
    La rilevanza delle convenzioni internazionali sul paesaggio,  ivi
compresa quella UNESCO, si fonderebbe anche sull'art.  117  Cost.,  e
sull'art. 132 del codice dei beni  culturali  e  del  paesaggio,  che
impone  la  conformazione   della   Repubblica   agli   obblighi   di
conservazione e valorizzazione fissati dalle dette convenzioni. 
    Sarebbe    dunque    irragionevole    la     norma     sospettata
d'incostituzionalita' nella misura in cui impedisce,  in  ragione  di
una pregressa  scelta  di  zonizzazione,  di  operare  una  rinnovata
valutazione di compatibilita' paesaggistica. 
    3.- Con memoria depositata nella cancelleria di questa  Corte  il
15 luglio 2014, si e' costituita la Romeo  Alberghi  srl,  ricorrente
nel giudizio principale, premettendo in punto di fatto che: 
    - la ristrutturazione dell'immobile  denominato  «Palazzo  Lauro»
era stata eseguita in virtu' della DIA n. 212 del 2005, e prima della
sua  presentazione  la  ricorrente  aveva  avuto  cura  di  acquisire
certificato di  destinazione  urbanistica  del  Comune  di  Napoli  e
attestazione  della  competente  Soprintendenza,  da  cui   risultava
l'assenza di vincoli paesaggistici; 
    - i lavori erano stati ultimati in data 14 dicembre 2007; 
    - essa aveva subito una serie di provvedimenti, amministrativi  e
penali, nell'ambito di «una vera e propria persecuzione» giudiziaria,
in seguito terminata con sentenza della Corte di cassazione che aveva
«fatto piazza pulita di tutte le ipotesi accusatorie»; 
    - nonostante l'esito positivo della fase cautelare  penale  e  di
quella amministrativa, il Comune aveva  avviato  un  procedimento  di
autotutela  in  relazione,  tra   l'altro,   alla   DIA   del   2005,
concludendolo con l'adozione di una sanzione demolitoria per il  nono
piano, in ragione di  un  presunto  incremento  di  altezza  e  della
soggezione dell'immobile al vincolo paesaggistico; 
    -  nel  corso  del  giudizio  principale   essa   aveva   provato
l'insussistenza del vincolo, essendo l'area classificata come zona  B
dal piano regolatore generale del 1972, come risultava  dalla  stessa
consulenza tecnica disposta dal TAR. 
    3.1.-    La    parte    interveniente    ha    quindi    eccepito
l'inammissibilita'  della  questione,  anzitutto,  perche'  la  norma
sospettata  d'incostituzionalita'  sarebbe   meramente   riproduttiva
dell'art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431 (Conversione in  legge,
con  modificazioni,  del  D.L.  27  giugno  1985,  n.  312,   recante
disposizioni  urgenti  per  la  tutela  delle  zone  di   particolare
interesse ambientale.  Integrazioni  dell'art.  82  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  24  luglio  1977  n.   616),   dettata
allorquando il legislatore  non  poteva  prevedere  l'inclusione  del
centro  storico  di  Napoli  nella  lista  del  patrimonio   mondiale
dell'UNESCO, e dell'art. 146 del  d.lgs.  n.  490  del  1999;  e  poi
perche' il rimettente avrebbe omesso di considerare che  prima  della
presentazione della DIA essa aveva «compulsato le autorita'  preposte
(Comune  e,   soprattutto,   Soprintendenza),   ricevendone   duplice
attestazione di insussistenza del vincolo paesistico», sicche' non si
sarebbe in ogni caso potuto «incidere sul "fatto compiuto"». 
    3.2.- Nel merito, osserva la parte privata che l'inserimento  del
centro storico di Napoli nella lista del patrimonio  mondiale  UNESCO
e' avvenuto «in virtu' delle preesistenze antiche che  conservano  la
testimonianza di una storia lunga e ricca di  eventi»,  ma  cio'  non
riguarderebbe  la  via  Colombo,  distrutta  da  eventi   bellici   e
ricostruita con immobili  che  in  nulla  rimandano  a  tali  antiche
preesistenze. 
    La  scelta  del  legislatore,  dunque,  non  potrebbe   ritenersi
irragionevolmente dimentica delle esigenze  di  tutela  «ambientale»,
mentre sarebbe semmai spettato «all'Autorita' preposta  alla  tutela»
introdurre,  «sulla  base  di  eventi   sopravvenuti»,   un   vincolo
specifico. 
    4.- Le parti private hanno poi ulteriormente illustrato  le  loro
tesi con memorie depositate fuori termine. 
    5.- Il Tribunale amministrativo regionale per  la  Campania,  con
tre ordinanze del 13 marzo 2014,  iscritte  ai  nn.  176  e  239  del
registro ordinanze 2014 e al  n.  86  del  registro  ordinanze  2015,
ripercorrendo i medesimi  passaggi  motivazionali  dell'ordinanza  di
rimessione n. 102 del 2014,  ha  sollevato  la  stessa  questione  di
costituzionalita' dell'art. 142, comma 2,  del  codice,  con  l'unica
differenza  di  avere  quivi  espressamente  prospettato   anche   la
violazione  dell'art.  117,  primo  comma,  Cost.,  in  relazione  ai
parametri interposti di cui  agli  artt.  4  e  5  della  Convenzione
UNESCO. 
    Con le ordinanze in questione il rimettente ha  anche  sollevato,
con riferimento ai medesimi  parametri  e  sulla  base  delle  stesse
argomentazioni, questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
142, comma 1, del codice dei beni culturali e  del  paesaggio,  nella
parte in cui non  prevede  tra  i  beni  paesaggistici  sottoposti  a
vincolo ex lege i siti UNESCO, ovvero degli artt. 134, 136, 139,  140
e 141 del codice, nella parte in cui non  prevedono  per  i  medesimi
siti un obbligo in capo all'amministrazione  di  apposizione  in  via
provvedimentale del vincolo paesaggistico. 
    Si sono costituite le parti ricorrenti nei giudizi a  quibus  (la
Romeo Alberghi srl e S.G., direttore  dei  lavori)  e  il  resistente
Comune di Napoli, le prime sollevando eccezioni  di  inammissibilita'
delle questioni e argomentando nel senso della loro infondatezza e il
secondo aderendo  alle  tesi  del  rimettente,  secondo  le  medesime
argomentazioni giuridiche sopra illustrate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Tribunale amministrativo regionale per  la  Campania,  con
ordinanza del 30 gennaio  2014,  iscritta  al  n.  102  del  registro
ordinanze  2014,  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  9  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 142,
comma 2 (rectius: comma 2, lettera a),  del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e  del  paesaggio,  ai
sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137),  «laddove,
nel prevedere la deroga al regime di autorizzazione paesaggistica per
tutte le zone A e B del territorio comunale, tali classificate  negli
strumenti urbanistici vigenti alla data del 6.9.1985, non esclude  da
tale ambito  operativo  di  deroga  le  aree  urbane  riconosciute  e
tutelate come patrimonio UNESCO». 
    2.- Con tre successive ordinanze del 13 marzo 2014,  iscritte  ai
nn. 176 e 239 del registro ordinanze 2014 e al  n.  86  del  registro
ordinanze 2015, il TAR per la  Campania  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale del medesimo art. 142, comma 2  (rectius:
comma 2, lettera a), del d.lgs. n.  42  del  2004  (d'ora  in  avanti
«codice  dei  beni  culturali  e  del  paesaggio»  o  «codice»),  con
riferimento agli artt. 9 e 117, primo comma, Cost.,  quest'ultimo  in
relazione ai parametri interposti di cui  agli  artt.  4  e  5  della
Convenzione sulla protezione  del  patrimonio  culturale  e  naturale
mondiale (d'ora in  avanti  «Convenzione  UNESCO»  o  «Convenzione»),
firmata a Parigi il 23 novembre 1972 e recepita in Italia con legge 6
aprile 1977, n. 184 (Ratifica ed esecuzione della  convenzione  sulla
protezione del patrimonio culturale e naturale  mondiale,  firmata  a
Parigi il 23 novembre 1972). 
    Con queste  ordinanze  il  rimettente  ha  anche  sollevato,  con
riferimento  ai  medesimi  parametri,   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 142, comma 1, del codice dei beni  culturali
e  del  paesaggio,  nella  parte  in  cui  non  prevede  tra  i  beni
paesaggistici sottoposti a vincolo ex  lege  i  siti  tutelati  dalla
Convenzione (d'ora in avanti «siti UNESCO»), ovvero degli artt.  134,
136, 139, 140 e 141 del codice, nella parte in cui non prevedono  per
i medesimi siti un obbligo in capo all'amministrazione di apposizione
in via provvedimentale del vincolo paesaggistico. 
    3.- Va disposta la  riunione  dei  giudizi,  attesa  la  parziale
coincidenza dei parametri e dell'oggetto degli atti di rimessione. 
    4.- Le questioni sollevate con le ordinanze iscritte ai nn. 176 e
239 del 2014 e al n. 86 del 2015 sono inammissibili in ragione  della
loro alternativita' irrisolta o "ancipite" (sentenze n. 248 e n.  198
del 2014, n. 87 del 2013, n. 328 del 2011, n. 230 e n. 98  del  2009;
ordinanze n. 41 del 2015, n. 176 del 2013 e n. 265 del 2011). 
    Le  ordinanze,  infatti,  prospettano   le   questioni   in   via
alternativa e non subordinata, ed e' noto che l'opzione per  l'una  o
le altre non puo' essere rimessa a questa Corte (sentenze n. 248  del
2014 e n. 87 del 2013). 
    5.- Anche la questione sollevata con l'ordinanza iscritta  al  n.
102 del 2014 e' inammissibile, in  quanto  rivolta  ad  ottenere  una
pronuncia additiva e manipolativa non costituzionalmente obbligata in
una materia rimessa alla discrezionalita' del  legislatore  (sentenze
n. 248 del 2014 e n. 87 del 2013; ordinanze  n.  176  e  n.  156  del
2013). 
    5.1.- Il rimettente ritiene che il sistema attuale non garantisca
una protezione adeguata ai siti UNESCO, come  sarebbe  reso  evidente
dal caso del centro storico  di  Napoli  (inserito  nella  lista  del
patrimonio  mondiale  nel  1995),  per  il  quale   il   procedimento
amministrativo volto alla dichiarazione dell'interesse  paesaggistico
non risulta ancora portato a compimento;  censura,  pertanto,  l'art.
142, comma 2 (rectius: comma 2, lettera a), del codice,  nella  parte
in cui non dispone che la deroga ai vincoli  legali  del  comma  1  -
deroga prevista per il cosiddetto territorio urbano - non  operi  per
tali siti. 
    Cio' determinerebbe la violazione dell'art. 9 Cost., atteso  che,
in presenza  del  riconoscimento  del  valore  eccezionale  del  bene
paesaggistico con  la  sua  inclusione  nella  lista  del  patrimonio
mondiale dell'UNESCO, la deroga lederebbe il bene paesaggio,  che  e'
un valore primario della Repubblica, assoluto e non disponibile. 
    5.2.- Al solo fine di  argomentare  la  necessita'  di  una  piu'
stringente tutela paesaggistica per i beni in oggetto, il rimettente,
pur non indicando l'art. 117, primo comma, Cost.  quale  parametro  a
sostegno della questione sollevata, fa riferimento agli artt. 4  e  5
della Convenzione UNESCO. 
    6.- Gli artt. 1 e 2 della Convenzione forniscono  la  definizione
dei  due  grandi   pilastri   concettuali   su   cui   essa   poggia:
rispettivamente,   «il   patrimonio   culturale»,   che   ricomprende
monumenti, agglomerati  e  siti,  e  il  «patrimonio  naturale»,  che
ricomprende   monumenti    naturali,    formazioni    geologiche    e
fisiografiche, zone costituenti habitat di specie animali e  vegetali
minacciate, siti naturali o zone naturali. Queste  diverse  tipologie
di beni ("siti" in senso lato) sono accomunate dalla  circostanza  di
presentare    un    valore     (storico,     artistico,     estetico,
estetico-naturale,   scientifico,    conservativo,    etnologico    o
antropologico) «universale eccezionale». 
    Dal canto loro, gli artt. 4 e 5 della Convenzione  pongono,  si',
degli obblighi in capo agli Stati  firmatari,  tra  cui  spicca,  per
quanto  qui   rileva,   quello   di   garantire   «l'identificazione,
protezione,  conservazione,  valorizzazione   e   trasmissione   alle
generazioni future del patrimonio culturale e naturale»  situato  sul
loro territorio, ma lasciano  anche  liberi  gli  Stati  medesimi  di
individuare  «i  provvedimenti   giuridici,   scientifici,   tecnici,
amministrativi   e   finanziari   adeguati   per   l'identificazione,
protezione, conservazione, valorizzazione e  rianimazione  di  questo
patrimonio». 
    6.1.- Nel nostro ordinamento i siti  UNESCO  non  godono  di  una
tutela a se' stante, ma, anche a causa della loro notevole diversita'
tipologica,  beneficiano  delle  forme  di  protezione  differenziate
apprestate  ai  beni  culturali  e  paesaggistici,  secondo  le  loro
specifiche caratteristiche. 
    Per i beni paesaggistici, in particolare, il sistema vigente, che
si prefigge dichiaratamente l'osservanza dei trattati  internazionali
in materia (art. 132, comma 1, del codice dei beni  culturali  e  del
paesaggio), appresta anzitutto una tutela di  fonte  provvedimentale,
laddove essi rientrino nelle  categorie  individuate  dall'art.  136,
comma 1, del codice, tra cui vi sono, appunto, i centri  e  i  nuclei
storici (lettera c) e le bellezze panoramiche o belvedere da  cui  si
goda lo spettacolo  di  quelle  bellezze  (lettera  d).  Questi  beni
possono poi essere oggetto di  apposizione  di  vincolo  in  sede  di
pianificazione paesaggistica (art.  134,  comma  1,  lettera  c,  del
codice), come si evince anche dall'art. 135, comma 4, ove e' previsto
che «Per ciascun ambito i piani  paesaggistici  definiscono  apposite
prescrizioni   e   previsioni   ordinate»,   tra    l'altro,    «alla
individuazione delle linee di sviluppo urbanistico  ed  edilizio,  in
funzione della loro compatibilita' con i diversi valori paesaggistici
riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia
dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella  lista  del  patrimonio
mondiale dell'UNESCO». 
    I siti Unesco, infine, sono assoggettati  alla  tutela  di  fonte
legale di cui all'art. 142, comma 1, del codice dei beni culturali  e
del paesaggio, se e nella misura  in  cui  siano  riconducibili  alle
relative categorie tipologiche. 
    6.2.- In presenza di un cosi' articolato sistema di  tutela  (con
effetti peraltro diversi quanto a decorrenza del vincolo, sede  delle
prescrizioni d'uso, derogabilita' e  trattamento  sanzionatorio),  la
soluzione  invocata  dal  rimettente  non  appare   in   alcun   modo
costituzionalmente necessitata, essendo riservata al  legislatore  la
valutazione  dell'opportunita'  di  una  piu'  cogente  e   specifica
protezione  dei  siti  in  questione  e  delle   sue   modalita'   di
articolazione. 
    Non e' un  caso,  del  resto,  che  con  le  altre  ordinanze  di
rimessione il TAR Campania abbia individuato  diverse  sedi  per  gli
interventi invocati - impregiudicata la valutazione di congruenza  di
ciascuno di essi  con  il  sistema  delineato  dal  codice  -  e,  in
definitiva, diversi meccanismi  volti  a  realizzare  l'obiettivo  di
apprestare una tutela rafforzata ai siti UNESCO. 
    La  questione  va  dunque   dichiarata   inammissibile,   poiche'
l'invocata addizione si risolverebbe in una modificazione di  sistema
non costituzionalmente obbligata che, in quanto tale, e'  preclusa  a
questa Corte (sentenze n. 10 del 2013 e n. 252 del 2012; ordinanze n.
255, n. 240 e n. 208 del 2012).