ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  28  del
decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  90  (Misure  urgenti   per   la
semplificazione e la trasparenza amministrativa  e  per  l'efficienza
degli uffici giudiziari) convertito, con modificazioni, dall'art.  1,
comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, promosso  dalla  Regione
siciliana con ricorso notificato il 17 ottobre  2014,  depositato  in
cancelleria il 23 ottobre 2014 ed iscritto  al  n.  80  del  registro
ricorsi 2014. 
    Visto l'atto di costituzione del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  12  gennaio  2016  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    uditi l'avvocato Beatrice Fiandaca per  la  Regione  siciliana  e
l'avvocato dello  Stato  Gianni  De  Bellis  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 17 ottobre  2014  e  depositato  il
successivo  23  ottobre,  la  Regione  siciliana,  in   persona   del
Presidente  pro  tempore,  ha  proposto  in  via  principale  -   per
violazione degli artt. 14, lettere d), o), p) e q), e  36  del  regio
decreto legislativo  15  maggio  1946,  n.  455  (Approvazione  dello
statuto della Regione siciliana) e degli artt. 3, 81, 97 e 119  della
Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art.  28
del decreto-legge 24 giugno  2014,  n.  90  (Misure  urgenti  per  la
semplificazione e la trasparenza amministrativa  e  per  l'efficienza
degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114. 
    La norma impugnata prevede  quanto  segue:  «1.  Nelle  more  del
riordino  del  sistema  delle   camere   di   commercio,   industria,
artigianato e agricoltura,  l'importo  del  diritto  annuale  di  cui
all'articolo 18 della legge 29 dicembre 1993, n.  580,  e  successive
modificazioni, come determinato per  l'anno  2014,  e'  ridotto,  per
l'anno 2015, del 35 per cento, per l'anno 2016, del 40 per cento e, a
decorrere dall'anno 2017, del 50 per cento. 2. Le tariffe e i diritti
di cui all'articolo 18, comma 1, lettere b), d) ed e), della legge 29
dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, sono fissati sulla
base  di  costi  standard  definiti  dal  Ministero  dello   sviluppo
economico, sentite la Societa' per gli studi di settore (SOSE) Spa  e
l'Unioncamere, secondo criteri  di  efficienza  da  conseguire  anche
attraverso l'accorpamento degli enti e degli  organismi  del  sistema
camerale e lo svolgimento  delle  funzioni  in  forma  associata.  3.
Dall'attuazione del presente articolo non  devono  derivare  nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica». 
    Rilevata l'assenza di una clausola di salvaguardia e sottolineato
che la norma in  esame  riguarda  enti  che  operano  nell'ambito  di
materie di sua competenza esclusiva, la ricorrente afferma la propria
legittimazione a denunciare la  norma  medesima,  oltre  che  per  la
lesione  delle  suddette  competenze   statutarie,   anche   per   il
pregiudizio che arreca alle attribuzioni di tali enti (al riguardo la
Regione richiama le sentenze n. 169 e n. 95  del  2007,  n.  417  del
2005, n. 196 del 2004). 
    Nel merito - premesso di avere competenza  legislativa  esclusiva
in materia di «industria e commercio», ex art. 14, lettera d),  dello
statuto; materia  estesa  all'organizzazione  e  funzionamento  degli
organismi  di   autogoverno   degli   imprenditori   commerciali   ed
industriali quali sono le Camere di commercio (su cui ha funzioni  di
tutela e vigilanza, ex art. 3, del d.P.R. 5 novembre 1949,  n.  1182,
recante «Norme di attuazione dello Statuto  della  Regione  siciliana
nelle materie relative all'industria ed al commercio») -  la  Regione
osserva  che  l'art.  1  della  legge  29  dicembre  1993,   n.   580
(Riordinamento delle camere di commercio,  industria,  artigianato  e
agricoltura) qualifica dette Camere come enti pubblici locali  dotati
di autonomia funzionale che rientrano nel sistema dei poteri  locali.
E che esse ricadono, dunque, nell'ambito della  potesta'  legislativa
regionale anche in materia di «regime degli enti locali» (ex art. 14,
lettera o) e di «ordinamento degli uffici e degli enti regionali» (ex
art. 14, lettera p), nonche' di «stato giuridico  ed  economico»  del
relativo personale (ex art. 14, lettera  q);  e  sono  soggette  agli
obblighi di equilibrio ed autonomia finanziaria dei propri bilanci ai
sensi dell'art. 119 Cost. 
    Orbene, la ricorrente  rileva  che  l'intervenuta  riduzione  ope
legis del contributo annuale  si  appalesa  irragionevole  (e  lesiva
dell'art. 3 Cost.), in quanto adottata a prescindere  dal  fabbisogno
correlato ai servizi da espletare e in assenza sia di eventuale coeva
riduzione delle competenze e delle funzioni  di  detti  enti  che  di
misure compensative a loro  favore;  e  contesta  la  logica  che  ha
portato il legislatore statale a non tener conto  della  peculiarita'
della Regione per una misura anticipatoria del  successivo  riordino,
per il quale non potra' sicuramente prescindersi dal raccordo con  la
particolare competenza regionale.  Inoltre,  per  la  ricorrente,  la
norma impugnata decurta gravemente le disponibilita'  finanziarie  di
detti enti in  quanto  opera  in  maniera  indiscriminata  un  taglio
lineare dei contributi su tutto il territorio nazionale, senza  tener
conto delle realta' economiche dei diversi  territori  e  del  numero
delle aziende iscritte presso ogni ente; cosi' ponendosi in contrasto
con quanto affermato dall'impugnato comma  3  (circa  la  neutralita'
dell'intervento nei confronti della finanza pubblica), giacche'  alla
riduzione del gettito del contributo annuale dovranno far  fronte  le
stesse Camere di commercio e, quindi, alla fine,  la  stessa  finanza
pubblica. 
    Di  conseguenza  la   norma,   per   carenza   della   necessaria
attestazione della  copertura  finanziaria,  contrasta  altresi'  con
l'art. 81 Cost. e con i principi di corretto andamento della pubblica
amministrazione, di cui  all'art.  97  Cost.,  e  di  garanzia  delle
autonomie  funzionali  locali  sanciti  dall'art.   119   Cost.,   in
relazione, tra l'altro, alla competenza esclusiva in materia ex  art.
14, lettera o), dello statuto  regionale.  Ed  invade  la  competenza
regionale in materia di stato giuridico ed  economico  del  personale
regionale, categoria nella quale vanno compresi  anche  i  dipendenti
degli enti pubblici regionali o  soggetti  a  controllo  e  vigilanza
della Regione, ex art. 14, lettera q), dello  statuto,  come  sancito
dall'art. 19 della legge regionale 4 aprile 1995, n. 29 (Norme  sulle
Camere di commercio, industria, artigianato  e  agricoltura  e  altre
norme sul commercio), secondo il quale le Camere di commercio  aventi
sede nel territorio  della  Regione  siciliana  provvedono  a  pagare
direttamente sia gli emolumenti previsti per il personale attualmente
in servizio sia quelli relativi al personale in quiescenza.  Sicche',
la riduzione del contributo annuale disposta con la  norma  impugnata
(che la Regione quantifica  in  circa  23  milioni  di  euro)  incide
negativamente ed immediatamente  sulla  tenuta  economico-finanziaria
delle Camere di commercio siciliane, e sulla loro possibilita' di far
fronte alle  retribuzioni  ed  emolumenti  del  personale;  con  cio'
violando come detto l'art. 97  Cost.,  con  incidenza  sulla  finanza
pubblica  regionale  e  sulla  autonomia   finanziaria   riconosciuta
dall'art. 36 dello statuto. 
    2.- Si e' costituito il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,  che  in
primo luogo eccepisce l'inammissibilita' delle censure riferite  agli
artt. 3, 81 e 97 Cost. per mancata motivazione in  ordine  alla  loro
ridondanza sulla sfera delle competenze regionali. 
    Nel merito, la difesa dello Stato afferma la non  fondatezza  del
ricorso, rilevando che la norma impugnata (che opera nelle  more  del
riordino del sistema delle Camere di commercio) non determina  alcuna
violazione  delle  competenze  della  ricorrente,  poiche',  a  norma
dell'art. 18 della legge n. 580  del  1993,  la  misura  del  diritto
annuale, che costituisce uno degli strumenti di  finanziamento  delle
Camere di commercio, e' gia'  determinata  annualmente  dal  Ministro
dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e
delle finanze, sentite l'Unioncamere e le organizzazioni di categoria
maggiormente rappresentative a livello nazionale. 
    Richiamata la natura delle Camere  di  commercio  che,  ai  sensi
dell'art. 1 della legge n. 580 del 1993 (come modificato  dal  d.lgs.
n. 23 del 2010), sono enti pubblici dotati  di  autonomia  funzionale
che svolgono, sulla base del principio di sussidiarieta', funzioni di
interesse generale per il sistema delle imprese, il resistente rileva
che detti enti svolgono le proprie funzioni e compiti sulla  base  di
rapporti convenzionali con le Regioni (referenti per le  attivita'  a
sostegno del sistema economico locale) e con lo Stato (referente  per
i profili  ordinamentali  e  di  regolazione  del  mercato).  E  che,
pertanto, ricadono nella competenza  esclusiva  statale  le  funzioni
relative  al  registro  delle  imprese,  riconducibili  alle  materie
«ordinamento civile ed anagrafi di cui all'art.  117,  secondo  comma
lettere i) ed l)» Cost., nonche' della «materia  "armonizzazione  dei
bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario", prevista alla lettera e) del  medesimo  comma  dell'art.
117 Cost.». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- La Regione siciliana impugna l'art. 28 del  decreto-legge  24
giugno 2014, n. 90  (Misure  urgenti  per  la  semplificazione  e  la
trasparenza  amministrativa   e   per   l'efficienza   degli   uffici
giudiziari), convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1,
della legge 11 agosto 2014, n. 114. 
    La norma censurata prevede  quanto  segue:  «1.  Nelle  more  del
riordino  del  sistema  delle   camere   di   commercio,   industria,
artigianato e agricoltura,  l'importo  del  diritto  annuale  di  cui
all'articolo 18 della legge 29 dicembre 1993, n.  580,  e  successive
modificazioni, come determinato per  l'anno  2014,  e'  ridotto,  per
l'anno 2015, del 35 per cento, per l'anno 2016, del 40 per cento e, a
decorrere dall'anno 2017, del 50 per cento. 2. Le tariffe e i diritti
di cui all'articolo 18, comma 1, lettere b), d) ed e), della legge 29
dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, sono fissati sulla
base  di  costi  standard  definiti  dal  Ministero  dello   sviluppo
economico, sentite la Societa' per gli studi di settore (SOSE) Spa  e
l'Unioncamere, secondo criteri  di  efficienza  da  conseguire  anche
attraverso l'accorpamento degli enti e degli  organismi  del  sistema
camerale e lo svolgimento  delle  funzioni  in  forma  associata.  3.
Dall'attuazione del presente articolo non  devono  derivare  nuovi  o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica». 
    Secondo la ricorrente,  la  norma  (nella  parte  in  cui  riduce
l'importo del diritto annuale delle Camere di commercio, del  35  per
cento per l'anno 2015, del  40  per  cento  per  l'anno  2016,  e,  a
decorrere dall'anno 2017, del 50 per cento, senza  nuovi  o  maggiori
oneri a carico della finanza pubblica) si porrebbe in  contrasto:  a)
con l'art. 14, lettere d), o), p) e q) del regio decreto  legislativo
15 maggio 1946, n. 455  (Approvazione  dello  statuto  della  Regione
siciliana), poiche' - sulla  premessa  che  le  Camere  di  commercio
abbiano natura di enti pubblici locali dotati di autonomia funzionale
e rientranti nel sistema dei poteri  locali  -  viola  la  competenza
legislativa esclusiva di essa Regione  in  materia  di  «industria  e
commercio», estesa all'organizzazione e funzionamento degli organismi
di autogoverno degli imprenditori commerciali  ed  industriali  (art.
14, lettera d); in materia di «regime degli enti  locali»  (art.  14,
lettera o) e di «ordinamento degli uffici  e  degli  enti  regionali»
(art. 14, lettera p), nonche'  in  materia  di  «stato  giuridico  ed
economico» del relativo personale (art. 14, lettera q); b) con l'art.
119 Cost., in quanto  le  Camere  di  commercio  sono  soggette  agli
obblighi di equilibrio ed autonomia finanziaria dei  propri  bilanci;
c) con l'art. 3 Cost., perche' la riduzione ope legis dei  contributo
annuale e' irragionevolmente adottata a prescindere (oltre che  dalle
realta'  economiche  dei  diversi  territori  e  dalla   peculiarita'
dell'assetto competenziale regionale)  dal  fabbisogno  correlato  ai
servizi da espletare ed in assenza sia di eventuale  coeva  riduzione
delle competenze e  delle  funzioni  di  detti  enti  che  di  misure
compensative a loro favore; d) con gli artt. 81 e 97  Cost.,  per  la
carenza della necessaria attestazione della copertura  finanziaria  e
per la violazione del principio di corretto andamento della  pubblica
amministrazione; e) con gli artt. 14, lettera q), e 36 dello statuto,
97 e 119 Cost., poiche' grava negativamente ed  immediatamente  sulla
tenuta economico-finanziaria delle Camere di commercio  siciliane,  e
sulla loro possibilita' di far fronte alle retribuzioni ed emolumenti
del personale (artt. 14, lettera q, dello statuto, e 97  Cost.);  con
incidenza sulla autonomia della finanza pubblica regionale  (art.  36
dello statuto) e sulla garanzia  delle  autonomie  funzionali  locali
(art. 119 Cost.). 
    2.- Preliminarmente, va  rilevato  che  la  generale  previsione,
senza  esplicite  eccezioni,  della  riduzione  del  diritto  annuale
camerale (nelle  more  del  riordino  del  sistema  delle  Camere  di
commercio, industria,  artigianato  e  agricoltura),  costituisce  un
insuperabile indice testuale e sistematico a riprova del fatto che la
previsione oggetto di impugnazione trova applicazione  nei  confronti
di tutte le Camere di commercio nell'intero territorio  nazionale,  e
quindi anche nella Regione siciliana (sentenza n. 131 del 2015). 
    2.1.- Sempre in via preliminare - e per quanto possa  rilevare  -
va ribadita la possibilita' per la Regione  di  denunciare  la  legge
statale per dedotta  violazione  di  competenze  degli  enti  locali.
Questa Corte ha in piu' occasioni affermato  (anche  specificatamente
in tema di finanza regionale e locale: sentenza n. 311 del 2012)  che
«le Regioni sono legittimate a denunciare la legge statale anche  per
la   lesione   delle   attribuzioni   degli   enti   locali,   [pure]
indipendentemente  dalla  prospettazione   della   violazione   della
competenza legislativa regionale», perche' «la  stretta  connessione,
in particolare [...] in tema di finanza regionale e  locale,  tra  le
attribuzioni regionali e quelle delle autonomie  locali  consente  di
ritenere che la lesione delle competenze  locali  sia  potenzialmente
idonea a determinare una vulnerazione delle competenze regionali» (ex
plurimis, sentenze n. 220 del 2013, n. 298 del 2009, n. 169 e  n.  95
del 2007, n. 417 del 2005 e n. 196 del 2004). Tale prospettazione  e'
dunque sufficiente  a  rendere  ammissibile  la  questione,  restando
ovviamente riservata all'esame del merito la  valutazione  della  sua
fondatezza. 
    2.2.- Infine, l'Avvocatura generale dello Stato  ha,  in  limine,
eccepito l'inammissibilita' delle censure riferite agli artt. 3, 81 e
97 Cost. per mancata motivazione in ordine alla loro ridondanza sulla
sfera  delle  competenze  regionali.  In  effetti,   la   Regione   -
nell'evocare la lesione di parametri costituzionali estranei rispetto
a quelli che regolano il riparto di competenze tra Stato e Regioni  -
non motiva in alcun modo in  ordine  alla  configurabilita'  di  tale
requisito. In particolare, relativamente agli artt. 81 e 97 Cost., la
ricorrente (in ragione del, non altrimenti dimostrato, assunto di una
loro  generica  lesione)  si  limita  a  richiamarne   il   contenuto
precettivo e di principio; mentre, quanto  all'art.  3  Cost.,  viene
dedotta la irragionevolezza della riduzione ope legis del  contributo
annuale, in quanto operata a prescindere dalle realta' economiche dei
diversi territori e  dalla  peculiarita'  dell'assetto  competenziale
regionale,  nonche'  dal  fabbisogno   correlato   ai   (non   meglio
identificati) servizi da espletare, in assenza sia di eventuale coeva
riduzione delle competenze e delle funzioni  di  detti  enti  che  di
misure compensative a loro favore. 
    Argomentando  in  tal  modo,  la   ricorrente   contravviene   al
consolidato  principio  affermato  da  questa  Corte,  secondo   cui,
nell'ambito di  un  giudizio  in  via  principale,  le  questioni  di
legittimita' costituzionale prospettate da una Regione, in  ordine  a
parametri diversi da quelli riguardanti il riparto  delle  competenze
legislative tra lo Stato e le Regioni, sono ammissibili  soltanto  se
vi sia ridondanza delle asserite violazioni  su  tale  riparto  e  il
soggetto ricorrente abbia indicato le specifiche competenze  ritenute
lese e le ragioni della lamentata lesione (ex  plurimis,  da  ultimo,
sentenze n. 251, n. 153, n. 89 e n. 13 del 2015, n. 79 e  n.  44  del
2014). Le censure riguardanti gli artt. 3, 81 e 97  Cost.  risultano,
dunque, inammissibili. 
    3.- Nel merito, le rimanenti  impugnazioni  riferite  agli  altri
parametri non sono fondate. 
    3.1.- La ricorrente muove dalla premessa secondo cui le Camere di
commercio vanno qualificate  come  enti  pubblici  locali  dotati  di
autonomia  funzionale,  rientranti  dunque  nel  sistema  dei  poteri
locali. Essa inoltre denuncia la violazione della propria  competenza
legislativa esclusiva in materia di «industria  e  commercio»  estesa
all'organizzazione e funzionamento  degli  organismi  di  autogoverno
degli imprenditori commerciali ed industriali (ai sensi dell'art. 14,
lettera d, dello statuto); in materia di «regime degli  enti  locali»
(art. 14, lettera o) e di «ordinamento  degli  uffici  e  degli  enti
regionali» (art. 14, lettera p) e di «stato giuridico  ed  economico»
del relativo personale (art. 14, lettera q); nonche'  in  materia  di
incidenza sulla autonomia della finanza pubblica regionale  (art.  36
dello statuto), e di garanzia delle autonomie funzionali locali (art.
119 Cost.). 
    A tale riguardo, va innanzitutto rilevato che l'art. 1, comma  1,
della legge 29 dicembre 1993, n. 580 (Riordinamento delle  camere  di
commercio,  industria,  artigianato  e  agricoltura)  non   contempla
affatto l'asserita attribuzione a dette Camere della natura  di  enti
locali,  ma  sancisce  che  «Le  camere  di   commercio,   industria,
artigianato  e  agricoltura,  di  seguito  denominate:   "camere   di
commercio", sono enti pubblici dotati  di  autonomia  funzionale  che
svolgono,   nell'ambito   della   circoscrizione   territoriale    di
competenza,  sulla  base  del  principio  di  sussidiarieta'  di  cui
all'articolo 118 della Costituzione, funzioni di  interesse  generale
per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell'ambito delle
economie locali». Inoltre, va sottolineato che la  Regione  siciliana
(diversamente dalla Regione  autonoma  Trentino-Alto  Adige/Südtirol,
alla quale sono attribuite la  competenza  legislativa  esclusiva  in
materia di «ordinamento delle camere di commercio» e  la  titolarita'
delle relative  funzioni  amministrative,  rispettivamente  ai  sensi
degli artt. 4, numero 8, e 16 del d.P.R.  31  agosto  1972,  n.  670,
recante «Approvazione del  testo  unico  delle  leggi  costituzionali
concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige»: sentenze
n. 273 del 2007 e n. 477 del  2000)  non  vanta  statutariamente  una
analoga competenza esclusiva in materia di Camere di commercio. 
    3.2.- Soprattutto, come anche eccepito dalla difesa dello  Stato,
la disposizione de qua - specificamente censurata nella parte in  cui
prevede   la   riduzione   percentuale,   nel   triennio   2015-2017,
dell'importo del diritto annuale camerale (come  determinato  per  il
2014)  -  non  incide  su  alcuna  delle  suddette  evocate   materie
statutarie, ne' lede i principi evocati  dalla  ricorrente,  giacche'
essa non disciplina  il  funzionamento  delle  Camere  di  commercio,
concernendo viceversa la misura del diritto camerale e quindi essendo
ascrivibile alla diversa materia del «sistema  tributario»,  indicata
dalla lettera e) del secondo comma dell'art. 117 Cost., di competenza
esclusiva dello Stato. 
    Il  diritto  camerale  in  questione  -  anche  per   consolidata
affermazione giurisprudenziale (sentenze Corte di cassazione, sezioni
unite civili, 25 ottobre 1999, n. 742; 24 giugno 2005, n.  13549;  23
aprile 2008, n. 10469; e sezione tributaria, sentenza 6  marzo  2015,
n. 4576) - ha natura di tributo, istituito e regolato per legge dello
Stato (ex art. 34 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, recante
«Disposizioni in materia di finanza locale»), rispetto  al  quale  la
determinazione  dell'aggiornamento,   della   riscossione   e   della
ripartizione della misura e' affidata (ai sensi dell'art. 18, commi 4
e seguenti, della legge n. 580 del 1993) al Ministro  dello  sviluppo
economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
sentite l'Unioncamere e le organizzazioni di  categoria  maggiormente
rappresentative a livello nazionale. E  poiche'  il  diritto  di  cui
trattasi non e' riconducibile all'autonomia impositiva  delle  Camere
di commercio, dal momento che a tali enti  (estranei  alla  categoria
degli enti  locali)  e'  attribuita  soltanto  la  riscossione  della
prestazione patrimoniale, va, altresi', escluso che esso possa essere
considerato  "tributo  locale",  non  essendo   frutto   del   potere
impositivo di un ente locale  (Corte  di  cassazione,  sezioni  unite
civili, sentenza n. 742 del 1999, gia' citata). 
    3.3.- Orbene, questa Corte ha in varie occasioni precisato che  i
tributi istituiti e regolati da una legge dello Stato  (anche  quando
il  relativo  gettito  sia   parzialmente   destinato   a   un   ente
territoriale, come appunto per la Regione siciliana, ai  sensi  degli
artt. 36 dello statuto e 2  del  d.P.R.  26  luglio  1965,  n.  1074,
recante «Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in
materia finanziaria») conservano inalterata la loro natura di tributi
erariali (ex multis, sentenze n. 131 del 2015, n. 26 del 2014, n.  97
del 2013, n. 123 del 2010, n. 216 del 2009, n. 397 del  2005,  n.  37
del 2004, n. 296 del 2003). Conseguentemente, il legislatore  statale
puo' sempre modificarli, diminuirli o persino sopprimerli, senza  che
cio' comporti una violazione dell'autonomia finanziaria regionale, in
quanto lo statuto di autonomia non assicura  alla  Regione  siciliana
una garanzia di "invarianza" quantitativa di  entrate,  con  il  solo
limite che la riduzione delle entrate non sia, pero', di entita' tale
da  rendere  impossibile  lo  svolgimento  delle  funzioni  regionali
nell'ambito dei rapporti finanziari tra Stato e Regioni. Sono  quindi
legittime le riduzioni delle  risorse,  purche'  non  siano  tali  da
comportare uno squilibrio incompatibile con le  complessive  esigenze
di  spesa  e,  in  definitiva,  non  rendano  insufficienti  i  mezzi
finanziari dei quali la Regione dispone per l'adempimento dei  propri
compiti (sentenze n. 188, n. 131 e n. 89 del 2015, n. 26 e n. 23  del
2014, n. 121 e n. 97 del 2013, n. 246 e n. 241 del 2012, n.  298  del
2009, n. 145 del 2008, n. 256 del 2007 e n. 431 del 2004). 
    Sotto tale profilo, la Regione ricorrente (oltre ad una  asserita
quantificazione della riduzione di entrate per le Camere di commercio
siciliane di circa 23 milioni di euro,  nell'indicato  triennio)  non
offre alcuna prova circa l'irreparabile pregiudizio  paventato  sulla
funzionalita' delle stesse  (ed  anche  a  prescindere  dalla  negata
natura di esse  quali  enti  locali);  cosi'  eludendo  la  affermata
necessita' di una dimostrazione del denunciato  squilibrio  che,  pur
non configurando una probatio diabolica,  sia  almeno  supportata  da
dati quantitativi concreti (sentenze n. 239 del  2015  e  n.  26  del
2014). E cio' tanto piu' in quanto, come detto, il  diritto  camerale
e' solo una delle molteplici concorrenti forme di finanziamento delle
Camere di commercio (previste dall'art. 18, comma 1, lettere da a  ad
f, della legge n.  580  del  1993),  e  dette  Camere  sono  comunque
destinatarie di contributi a carico  del  bilancio  dello  Stato  per
l'espletamento delle funzioni delegate (ai sensi del successivo comma
2 del citato art. 18).