ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nei  giudizi  di   legittimita'   costituzionale   della   «legge
istitutiva» dell'imposta municipale propria (IMU),  dell'art.  8  del
decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia  di
federalismo Fiscale Municipale), e dell'art. 13 del  decreto-legge  6
dicembre  2011,  n.  201  (Disposizioni  urgenti  per  la   crescita,
l'equita' e il consolidamento dei conti  pubblici),  convertito,  con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n.
214, promossi  dalle  Commissioni  tributarie  provinciali  di  Massa
Carrara e di Novara con ordinanze del 25 marzo e del 26  ottobre  del
2015, rispettivamente iscritte al n. 219 del registro ordinanze  2015
ed al n. 18 del registro ordinanze 2016 e pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 43,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2015 e n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2016. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e della Confederazione italiana  della  proprieta'  edilizia
(Confedilizia); 
    udito nella camera di consiglio del 1°  giugno  2016  il  Giudice
relatore Aldo Carosi. 
    Ritenuto che, con ordinanza del 25 marzo 2015 (r.o.  n.  219  del
2015), la Commissione tributaria  provinciale  di  Massa  Carrara  ha
sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale  della  «legge
istitutiva» dell'imposta municipale propria (IMU) in riferimento agli
artt. 42 e 53 Cost.; 
    che ad avviso del giudice rimettente l'IMU, colpendo  un  reddito
virtuale, anche ove l'immobile  non  possa  produrlo,  violerebbe  il
principio di capacita' contributiva di  cui  all'art.  53  Cost.,  in
quanto dovuta a prescindere dalla percezione di un reddito  da  parte
del proprietario del bene,  chiamato  ad  adempiere  all'obbligazione
tributaria   indipendentemente    da    disponibilita'    finanziarie
sufficienti a pagare quanto dovuto e quindi costretto a  svendere  il
bene,  a  ricorrere  a  forme  di  finanziamento  penalizzanti  o   a
rilasciare l'immobile al Comune; 
    che,  alla  luce  di  tali   ultime   considerazioni,   l'imposta
contrasterebbe anche con l'art. 42 Cost., in  quanto  impedirebbe  il
mantenimento della proprieta'  acquistata  a  titolo  successorio  da
parte  di  soggetti  privi  di  reddito  che   potrebbero   destinare
l'immobile ad abitazione personale; 
    che il giudice a quo  riferisce  di  essere  stato  adito  da  un
contribuente che ha impugnato il silenzio rifiuto del Comune di Aulla
formatosi in ordine alle istanze di restituzione di quanto versato  a
titolo di IMU negli anni 2012 e 2013, onde, secondo il rimettente, la
rilevanza della questione; 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  il  quale  ha  anzitutto  eccepito  l'inammissibilita'  delle
questioni  sollevate,  atteso  che  l'ordinanza  non   individuerebbe
esattamente le disposizioni  censurate,  non  offrirebbe  un'adeguata
ricostruzione  del  quadro  normativo  di  riferimento,   conterrebbe
censure  assolutamente   generiche   e,   fornendo   un'insufficiente
descrizione della fattispecie, non  permetterebbe  di  verificare  la
necessita' di applicazione delle disposizioni della cui  legittimita'
costituzionale il rimettente dubita; 
    che, secondo l'Avvocatura generale dello  Stato,  nel  merito  la
censura sollevata in riferimento all'art. 53 Cost.  sarebbe  comunque
infondata, in quanto il presupposto  dell'imposta  non  consisterebbe
nella percezione di un reddito ma nel possesso di immobili; 
    che,  quanto  all'asserito  contrasto  con   l'art.   42   Cost.,
l'Avvocatura  generale  dello  Stato  sottolinea  come  la   garanzia
costituzionale della proprieta' privata non sia d'ostacolo  a  scelte
impositive rispettose  degli  artt.  3  e  53  Cost.,  in  quanto  la
compressione del principio di tutela della proprieta' avverrebbe allo
scopo di realizzare il riparto solidaristico del carico del  concorso
alle spese pubbliche  e  sociali,  avendo  come  limite  invalicabile
soltanto l'ossequio al principio di uguaglianza; 
    che e' intervenuta in giudizio la Confederazione  italiana  della
proprieta'  edilizia  (Confedilizia),  non   costituita   in   quello
principale, argomentando in ordine all'ammissibilita' dell'intervento
spiegato e, nel merito, sostenendo la fondatezza delle  questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate  dalla  Commissione  tributaria
provinciale di Massa Carrara; 
    che  la  medesima  Confedilizia   ha   depositato   una   memoria
illustrativa  in   prossimita'   dell'udienza   camerale,   ribadendo
l'ammissibilita'  del  proprio  intervento  e  la  fondatezza   delle
questioni sollevate dal rimettente; 
    che, con ordinanza del 26 ottobre 2015 (r.o. n. 18 del 2016),  la
Commissione tributaria provinciale di Novara ha  sollevato  questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 8 del decreto legislativo 14
marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in  materia  di  federalismo  Fiscale
Municipale), e dell'art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento
dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214,  in  riferimento  agli
artt. 2, 3, 42, secondo comma, 47, primo comma, e 53 Cost.; 
    che il rimettente rammenta come l'art. 8 del  d.lgs.  n.  23  del
2011 abbia istituito l'IMU  -  in  sostituzione,  per  la  componente
immobiliare, dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e
delle addizionali dovute in relazione ai redditi  fondiari  afferenti
ai beni non locati,  nonche'  dell'imposta  comunale  sugli  immobili
(ICI) - e l'art. 13 del d.l. n. 201  del  2011  ne  abbia  anticipato
l'applicazione in via sperimentale a decorrere dall'anno 2012; 
    che, ad avviso del giudice a quo, l'IMU contrasterebbe  anzitutto
con gli artt. 3 e 53 Cost., in quanto, a parita' di imponibile  e  di
aliquota, si applicherebbe a tutti i contribuenti a prescindere dalle
singole posizioni  economiche  e  reddituali,  sebbene  la  capacita'
contributiva del singolo soggetto vada valutata nel suo  complesso  e
non desunta dal solo possesso di immobili, per quanto indice di agio; 
    che, pertanto, un'imposizione  quale  quella  in  considerazione,
gravando ugualmente su contribuenti  di  alto  e  di  basso  reddito,
prescinderebbe dall'effettiva capacita' contributiva degli  stessi  -
la  cui  entita'  risulterebbe  ricostruita  in  termini  distorti  e
fittizi, anche in ragione della mancata considerazione dei  costi  di
mantenimento del bene e dell'eventuale mutuo acceso per l'acquisto  -
penalizzando maggiormente i  secondi,  anche  nella  possibilita'  di
risparmiare, in spregio al principio di uguaglianza ed ai principi di
capacita' contributiva e di progressivita'; 
    che, secondo il rimettente, il mancato  adattamento  dell'imposta
alla capacita' contributiva specifica ed effettiva del  contribuente,
oltre a violare il principio di uguaglianza, si porrebbe in contrasto
con il principio solidaristico di cui all'art. 2 Cost.; 
    che, infine,  l'imposta  istituita  e  disciplinata  dalle  norme
censurate, non tenendo conto della situazione economica  contingente,
caratterizzata da una  profonda  crisi  incidente  negativamente  sul
reddito dei contribuenti e  sul  valore  degli  immobili,  violerebbe
anche gli artt. 42, secondo comma,  e  47,  primo  comma,  Cost.,  in
quanto colpirebbe «il diritto di mantenere la proprieta'  privata»  e
la  disponibilita'  di   beni   immobili,   accumulo   di   ricchezza
equiparabile ad una forma di risparmio statico; 
    che il giudice a quo  riferisce  di  essere  stato  adito  da  un
contribuente che ha impugnato  il  silenzio  rifiuto  del  Comune  di
Miasino formatosi in ordine all'istanza di rimborso di quanto versato
a titolo di IMU nell'anno 2012, chiedendo la condanna dell'ente  alla
restituzione:  la  questione   sarebbe   rilevante   in   quanto   il
riconoscimento   del   diritto   al   rimborso   dipenderebbe   dalla
declaratoria d'incostituzionalita' delle  disposizioni  censurate  ed
andrebbe negato in caso contrario; 
    che e' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, il quale ha sollevato eccezioni di inammissibilita'  e  svolto
nel merito argomenti difensivi coincidenti con quelli  sviluppati  in
relazione  alle  questioni  proposte  dalla  Commissione   tributaria
provinciale di Massa Carrara; 
    che e' intervenuta in giudizio la Confedilizia, non costituita in
quello  principale,   argomentando   in   ordine   all'ammissibilita'
dell'intervento spiegato e,  nel  merito,  sostenendo  la  fondatezza
delle  questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollevate   dalla
Commissione tributaria provinciale di Novara; 
    che  la  medesima  Confedilizia   ha   depositato   una   memoria
illustrativa  in   prossimita'   dell'udienza   camerale,   ribadendo
l'ammissibilita'  del  proprio  intervento  e  la  fondatezza   delle
questioni sollevate dal rimettente. 
    Considerato che, con ordinanza del 25 marzo 2015 (r.o. n. 219 del
2015), la Commissione tributaria  provinciale  di  Massa  Carrara  ha
sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale  della  «legge
istitutiva» dell'imposta municipale propria (IMU) in riferimento agli
artt. 42 e 53 Cost.; 
    che, con ordinanza del 26 ottobre 2015 (r.o. n. 18 del 2016),  la
Commissione tributaria provinciale di Novara ha  sollevato  questioni
di legittimita' costituzionale dell'art. 8 del decreto legislativo 14
marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in  materia  di  federalismo  Fiscale
Municipale), e dell'art. 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201
(Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il  consolidamento
dei conti pubblici),  convertito,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214,  in  riferimento  agli
artt. 2, 3, 42, secondo comma, 47, primo comma, e 53 Cost.; 
    che in entrambi  i  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
Consiglio   dei    ministri,    eccependo    in    via    preliminare
l'inammissibilita' delle questioni sollevate  -  per  mancata  esatta
individuazione delle disposizioni censurate, inadeguata ricostruzione
del quadro normativo di riferimento,  genericita'  delle  censure  ed
insufficiente  descrizione  della  fattispecie  -  e,   nel   merito,
deducendone l'infondatezza; 
    che in  entrambi  i  giudizi  e'  intervenuta  la  Confederazione
italiana della proprieta' edilizia (Confedilizia), non costituita nei
giudizi a quibus, argomentando  in  ordine  all'ammissibilita'  degli
interventi spiegati e, nel merito,  sostenendo  la  fondatezza  delle
questioni di legittimita' sollevate dai rimettenti; 
    che, in via preliminare, deve essere  disposta  la  riunione  dei
giudizi promossi  con  le  indicate  ordinanze,  entrambe  aventi  ad
oggetto la normativa che istituisce e disciplina l'IMU, censurata  in
riferimento a parametri costituzionali in larga misura coincidenti; 
    che,  sempre  in  via  preliminare,  devono   essere   dichiarati
inammissibili gli interventi spiegati da  Confedilizia,  che  non  e'
parte nei giudizi a quibus; 
    che, secondo la  costante  giurisprudenza  di  questa  Corte  (ex
plurimis, sentenza n. 221 del 2015), sono ammessi ad intervenire  nel
giudizio incidentale di legittimita' costituzionale le sole parti del
giudizio principale ed i terzi titolari di un interesse  qualificato,
inerente in modo diretto ed immediato al rapporto sostanziale dedotto
in giudizio e non semplicemente regolato,  al  pari  di  ogni  altro,
dalla norma o dalle norme oggetto di censura; 
    che la Confedilizia non  e'  parte  nei  giudizi  principali  ne'
risulta essere titolare di un siffatto interesse qualificato,  atteso
che quest'ultimo e' suscettibile di essere  inciso  solo  in  maniera
mediata e riflessa dalla pronuncia di questa Corte sulla normativa di
istituzione e di disciplina dell'IMU; 
    che  conseguentemente  gli  interventi  spiegati  devono   essere
dichiarati inammissibili; 
    che le questioni di legittimita' costituzionale  sollevate  dalla
Commissione tributaria provinciale di Massa  Carrara  in  riferimento
agli artt. 42 e 53 Cost. sono manifestamente inammissibili; 
    che il giudice rimettente,  limitandosi  a  censurare  la  «legge
istitutiva» dell'IMU ed  omettendo  di  descrivere  compiutamente  la
fattispecie  al  suo  esame,  non  individua  le  norme   della   cui
legittimita' costituzionale dubita; 
    che «dalla mancata indicazione della norma  censurata  (ordinanze
n. 307 del 2011, n. 227 del 2007 e n. 85 del  2003),  che,  all'esame
dell'intero   contesto   dell'atto   di   rimessione,   non   risulta
identificabile nemmeno per indicazione  implicita,  stante  anche  la
carenza descrittiva della fattispecie concreta» (ordinanza n. 312 del
2012) deriva l'inammissibilita' delle questioni sollevate; 
    che l'impossibilita', per le enunciate ragioni,  di  una  precisa
individuazione delle norme  censurate  si  riverbera  inevitabilmente
sulla rilevanza della questione, non potendosi valutare la necessita'
di applicazione delle norme stesse (ordinanza n. 312 del 2012); 
    che anche le questioni di legittimita' costituzionale degli artt.
8 del d.lgs. n. 23 del 2011 e 13 del d.l. n. 201 del 2011,  sollevate
dalla Commissione tributaria provinciale  di  Novara  in  riferimento
agli artt. 2, 3, 42, secondo comma, 47, primo comma, e 53 Cost., sono
manifestamente inammissibili; 
    che le  doglianze  proposte  -  le  quali  investono  nella  loro
totalita' gli articoli indicati, composti da numerosi  commi  che,  a
loro volta, rinviano spesso ad  altre  disposizioni  -  si  risolvono
sostanzialmente  nella  censura   dell'intero   complesso   normativo
riguardante l'istituzione e  la  disciplina  dell'imposta,  nei  suoi
aspetti sostanziali e procedimentali; 
    che la circostanza che le disposizioni impugnate abbiano  oggetti
eterogenei rende le questioni  inammissibili  (sentenza  n.  263  del
1994), stante anche  l'impossibilita'  di  selezionare  le  norme  da
applicare  nel  giudizio  a  quo,  cui  circoscrivere  lo  scrutinio,
considerata l'insufficiente descrizione della fattispecie concreta; 
    che, peraltro, «il giudice a quo  e'  tenuto  ad  individuare  la
norma, o la parte di essa, che determina la paventata violazione  dei
parametri costituzionali invocati (ex plurimis, ordinanze n.  21  del
2003, n. 337 del 2002 e n. 97 del 2000)» (sentenza n. 218 del 2014) a
pena di inammissibilita' della questione; 
    che, pertanto, le questioni sollevate dalle ordinanze indicate in
epigrafe risultano manifestamente inammissibili. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, commi 1 e 2, delle norme integrative per i  giudizi  davanti
alla Corte costituzionale.