ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  3  della
legge della Regione autonoma Sardegna 11 aprile 2016, n. 6  (Bilancio
di previsione per l'anno 2016 e bilancio  pluriennale  per  gli  anni
2016-2018), promosso dal Presidente del Consiglio  dei  ministri  con
ricorso notificato il 13-16 giugno 2016, depositato in cancelleria il
21 giugno 2016 ed iscritto al n. 33 del registro ricorsi 2016. 
    Udito nell'udienza pubblica  del  23  novembre  2016  il  Giudice
relatore Aldo Carosi; 
    udito l'avvocato dello Stato Gianni De Bellis per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso, notificato il 13 -16 giugno 2016 e depositato il
21 giugno 2016, iscritto al reg. ric. n. 33 del  2016  il  Presidente
del Consiglio dei ministri, rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  ha  promosso   questioni   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  3  della  legge  della  Regione   autonoma
Sardegna 11 aprile 2016, n. 6 (Bilancio di previsione per l'anno 2016
e bilancio  pluriennale  per  gli  anni  2016-2018),  in  riferimento
all'art. 81, terzo comma, della Costituzione in relazione all'art. 3,
comma  13,  del  decreto  legislativo  23   giugno   2011,   n.   118
(Disposizioni in materia di armonizzazione dei  sistemi  contabili  e
degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei  loro
organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n.
42). 
    Il ricorrente sostiene che l'art. 3 della citata legge  regionale
sia costituzionalmente illegittimo per contrasto con l'art. 81, terzo
comma, Cost. 
    La norma censurata disporrebbe che la differenza  tra  il  totale
delle entrate ed il totale delle spese di  competenza  dell'esercizio
2016   costituisca   un   «disavanzo   tecnico   da    riaccertamento
straordinario» e la Regione, in applicazione dell'art. 3,  comma  13,
del d.lgs. n. 118 del 2011, rinvii la copertura  di  detto  disavanzo
«nei  bilanci  degli  esercizi  successivi  con  i   residui   attivi
reimputati a tali esercizi eccedenti rispetto alla somma dei  residui
passivi reimputati e del fondo pluriennale vincolato di entrata». 
    Secondo l'Avvocatura generale dello Stato la norma impugnata, pur
rispettando formalmente il disposto dell'art. 3, comma 13, del d.lgs.
n.  118  del  2011,  ometterebbe  tuttavia  di  darvi   concretamente
attuazione, in quanto la copertura  avrebbe  dovuto  essere  disposta
all'interno della stessa legge regionale, che ha ad  oggetto  appunto
«Bilancio di previsione per l'anno 2016 e  bilancio  pluriennale  per
gli anni 2016-2018». 
    In tal modo, la disposizione censurata si porrebbe  in  contrasto
con l'art. 81, terzo comma, Cost., in base al quale  ogni  legge  che
importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. 
    2.- La Regione autonoma Sardegna non si e' costituita. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con  il  ricorso  indicato  in  epigrafe  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri  ha  impugnato  l'art.  3  della  legge  della
Regione  autonoma  Sardegna  11  aprile  2016,  n.  6  (Bilancio   di
previsione per l'anno  2016  e  bilancio  pluriennale  per  gli  anni
2016-2018),  in  riferimento  all'art.   81,   terzo   comma,   della
Costituzione ed in  relazione  all'art.  3,  comma  13,  del  decreto
legislativo 23 giugno  2011,  n.  118  (Disposizioni  in  materia  di
armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle
Regioni, degli enti locali  e  dei  loro  organismi,  a  norma  degli
articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42). 
    La norma impugnata stabilisce  che:  «1.  E'  approvato  in  euro
8.884.339.515,84 in termini di competenza e in euro  8.515.821.189,22
in termini di cassa, dal 1° gennaio al 31 dicembre, il  totale  della
spesa della Regione per l'anno 2016.  La  differenza  tra  il  totale
dell'entrata di cui all'articolo 2, comma 6, e il totale della spesa,
pari a euro - 31.553.438,75, costituisce, ai sensi  dell'articolo  3,
comma 13, del decreto legislativo  n.  118  del  2001,  e  successive
modifiche ed integrazioni, disavanzo tecnico da coprirsi, nei bilanci
degli esercizi successivi con i  residui  attivi  reimputati  a  tali
esercizi eccedenti rispetto alla somma dei residui passivi reimputati
e del fondo pluriennale vincolato di entrata. 2. Sono autorizzati gli
impegni e le liquidazioni delle spese, per l'anno 2016, 2017 e  2018,
dal 1° gennaio al 31 dicembre di ciascun anno, secondo  lo  stato  di
previsione della spesa annesso alla presente legge entro il limite di
stanziamento di competenza e  per  l'anno  2016  sono  autorizzati  i
pagamenti nei limiti degli stanziamenti di cassa». 
    L'articolo 2, comma 6, richiamato nel contesto  normativo  appena
menzionato dispone che «E'  approvato  in  euro  8.852.786.077,09  in
termini di competenza e in euro 8.515.821.189,22 in termini di cassa,
dal 1° gennaio al 31 dicembre, il totale dell'entrata  della  Regione
per l'anno 2016». 
    Dal combinato delle due disposizioni si evince  che  il  bilancio
della Regione e' stato approvato con una  differenza  tra  entrate  e
spese di competenza di euro 31.553.438,75, pari al preteso  disavanzo
tecnico da riaccertamento straordinario. 
    Secondo il Presidente del Consiglio sarebbe  stato  applicato  in
modo non corretto il principio contabile contenuto nell'art. 3, comma
13, del d.lgs. n. 118 del 2011  e  tale  pratica  avrebbe  comportato
l'utilizzazione dell'istituto del disavanzo tecnico in senso  elusivo
del  precetto  costituzionale  di  copertura  della  spesa   di   cui
all'evocato art. 81 Cost. 
    L'art. 3, comma 13, del d.lgs. n. 118 del 2011 dispone  che  «nel
caso in cui a seguito del  riaccertamento  straordinario  di  cui  al
comma 7, i residui passivi reimputati ad un esercizio sono di importo
superiore alla somma del fondo  pluriennale  vincolato  stanziato  in
entrata e dei residui attivi reimputati al medesimo  esercizio,  tale
differenza puo' essere finanziata con  le  risorse  dell'esercizio  o
costituire un  disavanzo  tecnico  da  coprirsi,  nei  bilanci  degli
esercizi successivi con i residui attivi reimputati a  tali  esercizi
eccedenti rispetto alla somma dei residui passivi  reimputati  e  del
fondo pluriennale vincolato di entrata. Gli esercizi per i  quali  si
e' determinato il  disavanzo  tecnico  possono  essere  approvati  in
disavanzo di competenza, per un importo non  superiore  al  disavanzo
tecnico». 
    Secondo l'Avvocatura generale dello Stato la norma impugnata, pur
rispettando formalmente il disposto del  comma  13  dell'art.  3  del
d.lgs. n. 118 del 2011, ometterebbe tuttavia di  darvi  concretamente
attuazione, in quanto la copertura  avrebbe  dovuto  essere  disposta
all'interno della stessa legge regionale, che ha ad  oggetto  appunto
«Bilancio di previsione per l'anno 2016 e  bilancio  pluriennale  per
gli anni 2016-2018». 
    La  disposizione  impugnata  si  porrebbe  comunque  in   diretto
contrasto con l'art. 81, terzo comma, Cost., in base  al  quale  ogni
legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per  farvi
fronte. 
    2.- Sebbene  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  abbia
invocato come parametro costituzionale solo l'art. 81,  terzo  comma,
Cost., pur avendo sviluppato alcune censure  anche  in  relazione  ai
principi contabili contenuti nell'art. 13 del d.lgs. n. 118 del 2011,
tali censure sono ammissibili. 
    Il  d.lgs.  n.  118  del  2011   e'   stato   emanato   ai   fini
dell'armonizzazione dei bilanci pubblici, materia attribuita  in  via
esclusiva allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.,
per cui un esame meramente formale di tali censure condurrebbe ad una
loro  intrinseca  incoerenza  in   relazione   all'accostamento   tra
parametro  costituzionale  e  norma  interposta.  L'aporia  e'   solo
apparente: questa Corte, infatti, ha  chiarito  che  esistono  alcuni
complessi normativi  i  quali  «non  integrano  una  vera  e  propria
materia,  ma  si  qualificano  a  seconda   dell'oggetto   al   quale
afferiscono» (sentenza n. 303 del 2003). Per  quel  che  riguarda  il
particolare  ambito  dell'armonizzazione  dei  bilanci  pubblici,   i
principi contabili di cui al d.lgs. n. 118 del 2011 sono al centro di
un «intreccio polidirezionale delle competenze statali e regionali in
una sequenza dinamica e mutevole della legislazione» (sentenza n. 184
del 2016) afferente ai  parametri  costituzionali  posti  a  presidio
degli interessi finanziari, cosicche' il d.lgs. n. 118 del  2011  non
contiene  disposizioni  ispirate  soltanto   all'armonizzazione   dei
bilanci. Dette disposizioni riguardano anche altri  parametri  quali,
nel caso di specie, il principio dell'equilibrio di bilancio  di  cui
all'art. 81 Cost. 
    Dunque,  l'armonizzazione  si   colloca   contemporaneamente   in
posizione   autonoma   e   strumentale    rispetto    al    principio
dell'equilibrio del bilancio ex art. 81 Cost. Cio'  comporta  che  le
censure mosse dal  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  debbano
essere prese in considerazione sia con riferimento  diretto  all'art.
81, terzo comma, Cost., sia in relazione  alle  norme  contenute  nel
d.lgs. n. 118 del 2011. 
    3.- Venendo al merito, e' opportuno  individuare  preliminarmente
il thema decidendum  e  la  ratio  della  disciplina  del  cosiddetto
"disavanzo tecnico". 
    Quanto al  primo,  le  questioni  sollevate  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri afferiscono alla  legittimita'  costituzionale
della richiamata previsione in disavanzo del bilancio 2016 senza  una
correlata  successiva  copertura  all'interno  della   stessa   legge
regionale cui appartiene la norma impugnata. 
    Quanto al cosiddetto "disavanzo tecnico", l'esame della  relativa
disciplina e la definizione della natura dell'istituto devono  essere
previamente inquadrate nell'ambito della riforma  della  contabilita'
degli enti territoriali contenuta  nel  d.lgs.  n.  118  del  2011  e
successive modifiche ed integrazioni. Quest'ultimo, com'e'  noto,  e'
finalizzato all'armonizzazione dei sistemi contabili e  degli  schemi
di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi. 
    Ai fini della presente decisione, nel  vastissimo  ed  articolato
ordito normativo contenuto nel richiamato d.lgs.  n.  118  del  2011,
occorre concentrare  l'attenzione  sul  principio  della  "competenza
finanziaria  potenziata",  sull'istituto   del   "fondo   pluriennale
vincolato" e sull'impatto  di  tali  innovazioni  sulle  tecniche  di
copertura della spesa.  E'  in  tale  prospettiva,  infatti,  che  va
inquadrato il contestato disavanzo tecnico, applicato  dalla  Regione
autonoma Sardegna. 
    I caratteri fondamentali della competenza finanziaria  potenziata
possono essere cosi' sintetizzati: a) rilevanza contabile e giuridica
della  dimensione  temporale  delle  obbligazioni  attive  e  passive
inerenti ai singoli esercizi finanziari;  b)  natura  autorizzatoria,
non solo del bilancio annuale ma anche di quello triennale,  i  quali
sono stati riuniti in un unico documento; c) obbligo della  copertura
finanziaria a prescindere dall'esercizio di imputazione della  spesa;
d) imputazione dell'accertamento e dell'impegno alle scritture di  un
esercizio sulla base della scadenza  della  relativa  obbligazione  e
della sua esigibilita'; e) residui attivi e passivi  costituiti  solo
da obbligazioni giuridicamente perfezionate ed esigibili. 
    Dalla scelta del legislatore  di  applicare  il  principio  della
competenza finanziaria potenziata deriva la necessita'  di  istituire
il fondo pluriennale  vincolato,  il  quale  serve  a  garantire  gli
equilibri del bilancio nei periodi intercorrenti  tra  l'acquisizione
delle risorse ed il  loro  impiego.  Detto  fondo  e'  costituito  da
risorse accertate, destinate al finanziamento di obbligazioni passive
dell'ente gia' impegnate,  ed  esigibili  in  esercizi  successivi  a
quello in cui e' accertata l'entrata (Allegato 4/1,  punto  9.8,  del
d.lgs. n. 118 del 2011). 
    Nell'ambito  del  percorso  giuridico-contabile  delineato  dalla
riforma si e'  avvertita  l'esigenza  di  porre  in  evidenza,  e  di
eliminare, il disavanzo sommerso  che  tradizionalmente  si  annidava
nella gestione dei residui e nella loro applicazione al risultato  di
amministrazione. Conseguentemente sono state fissate nuove regole per
le amministrazioni  territoriali  interessate  all'emersione  e  alla
rimozione del fenomeno. 
    In  tale  contesto  e'   stata   introdotta   la   procedura   di
riaccertamento straordinario dei residui, prevista dall'art. 3, comma
7, del d.lgs. n. 118 del 2011, la quale e' finalizzata  a  verificare
il complesso dei residui attivi e passivi al 1° gennaio 2015, in modo
da  rendere  veritiere  le  risultanze  delle  passate  gestioni   ed
iscriverle  in  bilancio  coerentemente  con   il   principio   della
competenza finanziaria potenziata. 
    Secondo   la   richiamata   disposizione,    il    riaccertamento
straordinario dei residui deve essere effettuato, con riferimento  al
1°   gennaio   2015,   in   un'unica    soluzione,    contestualmente
all'approvazione del rendiconto  2014,  individuando  i  residui  non
sorretti  da  alcuna  obbligazione  giuridica,  destinati  ad  essere
definitivamente cancellati, e quelli corrispondenti  ad  obbligazioni
perfezionate,   ripartiti    secondo    l'esercizio    di    scadenza
dell'obbligazione. 
    Alla luce di quanto  premesso  circa  la  competenza  finanziaria
potenziata, il  fondo  pluriennale  vincolato  ed  il  riaccertamento
straordinario dei residui, la logica del  nuovo  sistema,  introdotto
dal d.lgs. n. 118 del 2011, e' quella di dare  evidenza  contabile  e
rilevanza  giuridica  ad  alcune  diacronie  intercorrenti   tra   la
realizzazione delle entrate e l'erogazione delle spese. 
    Attraverso  una  necessaria  sintesi  e   semplificazione   delle
criticita'  che  caratterizzano  la   regolazione   e   la   gestione
finanziaria, puo' dirsi che le minacce piu' sensibili  all'equilibrio
dei bilanci pubblici, ed in particolare a quello  dei  bilanci  degli
enti   territoriali,   vengono   dalle   problematiche    giuridiche,
estimatorie ed  organizzative  afferenti  ai  crediti  e  ai  debiti,
nonche'  dalla  sovrastima  -  in  sede  previsionale  -  dei  flussi
finanziari di entrata. 
    I due fenomeni sono strettamente collegati poiche', se i  crediti
vengono sovrastimati e le entrate non vengono puntualmente  accertate
e riscosse, si crea uno  sbilanciamento  dei  flussi  finanziari  con
conseguente necessario ricorso alle  anticipazioni  di  cassa  e  con
produzione - in prospettiva pluriennale - di rilevanti  disavanzi  di
amministrazione. 
    A ben vedere, i richiamati fenomeni di sovrastima  e  di  mancata
riscossione delle entrate appartengono  alla  categoria  delle  gravi
patologie  finanziario-contabili   alle   quali   il   riaccertamento
straordinario di cui all'art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 118 del  2011
cerca di porre  rimedio.  Ma  l'interazione  di  tale  norma  con  la
competenza finanziaria potenziata ha  generato  la  soluzione  -  che
dovrebbe  essere  assolutamente  transitoria  -  di   dare   evidenza
giuridica alla diacronia  tra  riscossioni  e  pagamenti,  quando  la
scadenza dei crediti risulta successiva a quella  delle  obbligazioni
passive e l'incognita della solvibilita' dei debitori incide in  modo
rilevante sull'equilibrio dei flussi finanziari nel corso di un  solo
esercizio. 
    Tale soluzione consiste nel consentire il disavanzo  tecnico  per
il periodo intercorrente tra l'esercizio interessato alla diacronia e
quelli successivi in cui la  sua  copertura  diviene,  al  contrario,
indefettibile. 
    Dall'interdipendenza dei  citati  istituti  innovativi  nasce  la
problematica del contestato disavanzo tecnico  e  della  pretesa  sua
distorta utilizzazione da parte della Regione autonoma Sardegna. 
    Ai fini della presente decisione, le questioni all'esame  possono
essere dunque riassunte secondo il seguente ordine logico: a)  se  la
complessa trama normativa disegnata in materia dal d.lgs. n. 118  del
2011 sia essa  stessa  -  con  riguardo  all'istituto  del  disavanzo
tecnico - conforme all'art. 81, terzo comma, Cost.; b) se la  Regione
si sia effettivamente discostata dalla norma interposta invocata;  c)
se  l'eventuale  scostamento  abbia  comportato   una   lesione   del
richiamato art. 81, terzo comma, Cost. 
    4.- Tanto premesso, le questioni  sollevate  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, in  riferimento  all'art.  81,  terzo  comma,
Cost. ed in relazione all'art. 3, comma 13, del  d.lgs.  n.  118  del
2011, sono fondate nei termini di seguito precisati. 
    4.1.- Quanto alla questione sub  a),  inerente  alla  conformita'
della disciplina del disavanzo  tecnico  all'art.  81,  terzo  comma,
Cost., essa puo' essere risolta in senso positivo solo attraverso una
stretta  interpretazione  della   norma   interposta   invocata   dal
Presidente del Consiglio dei ministri. 
    La regola contenuta nel comma 13 dell'art. 3 del  d.lgs.  n.  118
del 2011 - secondo cui «Nel caso in cui a seguito del  riaccertamento
straordinario [...] i residui passivi reimputati ad un esercizio sono
di importo superiore  alla  somma  del  fondo  pluriennale  vincolato
stanziato in entrata e dei  residui  attivi  reimputati  al  medesimo
esercizio, tale differenza puo'  essere  finanziata  con  le  risorse
dell'esercizio o costituire un disavanzo  tecnico  da  coprirsi,  nei
bilanci degli esercizi successivi con i residui attivi  reimputati  a
tali esercizi eccedenti  rispetto  alla  somma  dei  residui  passivi
reimputati e del fondo pluriennale vincolato di entrata» - va  intesa
non come un mero raffronto numerico tra componenti contabili,  bensi'
come un documento analiticamente corredato dall'elenco delle  singole
poste interessate, dalle relative ragioni giuridiche e dalla scadenza
delle  singole  obbligazioni.  In  particolare,  l'applicazione   del
disavanzo tecnico deve essere intesa come una facolta' comportante un
vero e proprio risultato economico-finanziario di carattere negativo,
sia pure circoscritto al  periodo  delimitato  dalle  scadenze  delle
obbligazioni diacronicamente coinvolte. Un mero richiamo all'istituto
del disavanzo tecnico ed  una  previsione  di  spesa  sbilanciata  in
eccesso rispetto alle risorse disponibili - elementi  caratterizzanti
la  norma  impugnata  -  prendono  le  mosse  da   un'interpretazione
dell'art. 3, comma 13, del  d.lgs.  n.  118  del  2011  non  conforme
all'art. 81, terzo comma, Cost. 
    In  altre  parole,  il  disavanzo   tecnico,   per   il   periodo
intercorrente tra l'esercizio di applicazione in bilancio e quello di
copertura, e' un vero e proprio disavanzo e  -  senza  una  corretta,
nominativa ed analitica individuazione dei creditori e  dei  debitori
coinvolti nel calcolo delle operazioni finalizzate all'ammissibilita'
del disavanzo stesso e senza un'appropriata determinazione del  fondo
pluriennale vincolato - risulta non conforme a  Costituzione  perche'
mina l'equilibrio  del  bilancio,  sia  in  prospettiva  annuale  che
pluriennale. 
    La norma sul disavanzo tecnico deve essere pertanto  interpretata
in modo costituzionalmente orientato, dal momento che «per i principi
contabili   vale   la   regola   dell'interpretazione   conforme    a
Costituzione,  secondo  la  quale,  in  presenza  di   ambiguita'   o
anfibologie del relativo contenuto, occorre dar loro  il  significato
compatibile con i parametri  costituzionali»  (sentenza  n.  279  del
2016). Ove fosse possibile solo l'ipotesi ermeneutica estensiva della
regola adottata dalla Regione autonoma Sardegna, cio'  determinerebbe
l'illegittimita' costituzionale dello stesso principio contabile, dal
momento che, cosi' interpretato, esso diventerebbe un veicolo per  un
indebito allargamento - in contrasto con  l'art.  81  Cost.  -  della
spesa di enti gia' gravati dal ripiano pluriennale  di  disavanzi  di
amministrazione pregressi (in tal senso, sentenza n. 279  del  2016).
In  quanto  eccezione  al  principio  generale  dell'equilibrio   del
bilancio, la disciplina del disavanzo tecnico e' comunque di  stretta
interpretazione e deve essere  circoscritta  alla  sola  irripetibile
ipotesi  normativa  del  riaccertamento  straordinario  dei   residui
nell'ambito della prima applicazione del principio  della  competenza
finanziaria potenziata, in ragione delle particolari contingenze  che
hanno caratterizzato la situazione di alcuni enti territoriali. 
    4.2.- Per quel che concerne l'erronea applicazione  dell'art.  3,
comma 13, del d.lgs. n. 118 del 2011 da parte della Regione  autonoma
Sardegna, essa non costituisce un mero vizio formale dell'esposizione
contabile, ma  risulta  strumentale  ad  una  manovra  elusiva  della
salvaguardia  degli  equilibri  del  bilancio  regionale   presidiati
dall'art. 81, terzo  comma,  Cost.  Infatti  la  Regione,  dopo  aver
ignorato l'assenza dei  presupposti  normativi  (dimostrazione  della
eccedenza dei residui reimputati - corredati dalla prova di esistenza
del credito e della  scadenza  -  rispetto  alla  somma  dei  residui
passivi e del fondo pluriennale  vincolato)  per  l'applicazione  del
disavanzo tecnico, ha rinviato ad imprecisati esercizi successivi  la
copertura  dello  stesso,  facendo   riferimento   -   con   generica
espressione  -  a  residui  «eccedenti».  Cio',  tra  l'altro,  senza
individuare gli estremi dei pretesi crediti e delle relative  ragioni
giuridiche  e  temporali  in   grado   di   giustificarne   l'impiego
diacronico. 
    In una precedente fattispecie di copertura con rinvio ad esercizi
futuri, questa Corte - sempre  con  riguardo  alla  Regione  autonoma
Sardegna - ha affermato  che  «l'obbligo  di  copertura  deve  essere
osservato con puntualita' rigorosa  nei  confronti  delle  spese  che
incidono su un esercizio in corso e  deve  valutarsi  il  tendenziale
equilibrio tra entrate ed uscite nel  lungo  periodo,  valutando  gli
oneri gia' gravanti sugli esercizi futuri (sentenza n. 384 del 1991).
[...] E' per questo che l'art. 81, quarto [ora  terzo]  comma,  della
Costituzione, pone il principio fondamentale  della  copertura  delle
spese,  richiedendo  la  contestualita'  tanto  dei  presupposti  che
giustificano  le  previsioni  di  spesa  quanto  di  quelli  posti  a
fondamento delle previsioni di entrata necessarie  per  la  copertura
finanziaria  delle  prime.  In  questo  quadro  e'  evidente  che  la
copertura  di  spese  mediante  crediti  futuri,  lede  il   suddetto
principio costituzionale [...].  Un  siffatto  sistema  di  copertura
mediante crediti non ancora venuti a scadenza contraddice peraltro la
stessa definizione di "accertamento dell'entrata",  poiche'  e'  tale
quella che si prevede di aver  diritto  di  percepire  nell'esercizio
finanziario di riferimento e non in un esercizio futuro» (sentenza n.
213 del 2008). 
    4.3.-  Infine,  la  norma  impugnata  risulta  costituzionalmente
illegittima anche in riferimento diretto all'art.  81,  terzo  comma,
Cost., indipendentemente  dalla  violazione  della  norma  interposta
precedentemente   esaminata.   La   violazione   consiste   nell'aver
consentito di impegnare le spese in  misura  superiore  al  complesso
delle entrate relative all'esercizio 2016. In proposito, questa Corte
ha gia' affermato che «la "forza espansiva dell'art. 81, quarto  [ora
terzo] comma, Cost. nei riguardi delle fonti di  spesa  di  carattere
pluriennale,  aventi  componenti   variabili   e   complesse"   [...]
costituisce una clausola generale  in  grado  di  colpire  tutti  gli
enunciati normativi di carattere  finanziario  con  essa  collidenti»
(sentenza n.  279  del  2016;  nello  stesso  senso,  in  precedenza,
sentenza n. 70 del 2012). 
    Nella fattispecie, la manovra di bilancio della  legge  regionale
impugnata ha  consentito  l'autorizzazione,  non  solo  nel  bilancio
annuale, ma anche in quello pluriennale, di spese  in  assenza  della
prescritta copertura finanziaria, non tenendo conto che le operazioni
di copertura non possono essere mai disgiunte dai  profili  giuridici
delle componenti attive e passive (esatta individuazione non solo dei
flussi finanziari ma anche dei crediti e  dei  debiti  coinvolti  nel
necessario bilanciamento economico-finanziario) che  sono  alla  base
della sua verifica. 
    5.- In definitiva, occorre ribadire che l'istituto del  disavanzo
tecnico costituisce una tassativa eccezione alla regola del  pareggio
di  bilancio  ed,   in   quanto   tale,   risulta   di   strettissima
interpretazione ed applicazione. 
    Tale istituto si collega  inscindibilmente  ed  indefettibilmente
alla pregressa diacronia, per lo piu' patologica,  delle  transazioni
finanziarie in rapporto alla tempistica del pagamento  dei  debiti  e
della riscossione dei crediti. Infatti, la  fisiologia  del  rapporto
tra transazioni attive e passive di un ente territoriale e' nel senso
di una sostanziale compensazione delle relative diacronie  nel  corso
di un intero anno finanziario: e' vero che puo'  «esistere,  come  e'
ovvio,  una  discrasia  [...]   tra   l'esercizio   in   cui   matura
giuridicamente  l'esigibilita'  del  credito,   rilevante   ai   fini
dell'accertamento, e l'esercizio in cui si incassa,  in  tutto  o  in
parte, il relativo  importo»  (sentenza  n.  213  del  2008),  ma  e'
altresi' vero che tale fenomeno riguarda sia la gestione delle  spese
che delle entrate, di tal che i due  dialettici  fenomeni  tendono  a
compensarsi.  Al  contrario,  uno  sbilanciamento  cosi'   grave   da
legittimare la chiusura in passivo del primo bilancio  di  previsione
successivo  al   riaccertamento   straordinario   e'   quasi   sempre
eziologicamente  collegato  all'incapacita'   mostrata   in   passato
dall'ente territoriale nella riscossione delle proprie entrate. 
    Avere riguardo a tale fenomeno  patologico  e  consentire  questa
ulteriore facolta' di disavanzo - oltre a quelle decennali  (art.  9,
comma  5,  del  decreto-legge  19  giugno  2015,   n.   78,   recante
«Disposizioni urgenti in materia di enti  territoriali.  Disposizioni
per garantire la  continuita'  dei  dispositivi  di  sicurezza  e  di
controllo del territorio. Razionalizzazione delle spese del  Servizio
sanitario  nazionale  nonche'  norme  in  materia  di  rifiuti  e  di
emissioni industriali») e trentennali (art. 3, comma 16,  del  d.lgs.
n. 118 del 2011), nonche' alle anticipazioni di liquidita' per debiti
inevasi (da restituire anch'esse in un trentennio: artt. 2  e  3  del
decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, recante «Disposizioni urgenti per
il pagamento dei debiti scaduti della pubblica  amministrazione,  per
il riequilibrio  finanziario  degli  enti  territoriali,  nonche'  in
materia di versamento di tributi degli enti  locali»)  -  costituisce
certamente una dimostrazione di fiducia del legislatore  statale  nei
confronti  degli  enti   territoriali;   dimostrazione   di   fiducia
sicuramente corredata dall'aspettativa che la sua  utilizzazione  sia
una  tantum  e  non  ingeneri  la  convinzione,  negli  stessi   enti
destinatari, che  possano  ripetersi  e  perpetuarsi  le  disfunzioni
amministrative nella riscossione  delle  entrate  e  nella  copertura
delle spese, magari confidando  in  nuovi  eccezionali  provvedimenti
legislativi di dilazione delle passivita'. 
    Ferma  restando  la  discrezionalita'   del   legislatore   nello
scegliere i criteri e le modalita' per porre riparo a  situazioni  di
emergenza finanziaria come quelle afferenti  ai  disavanzi  sommersi,
non puo' non essere  sottolineata  la  problematicita'  di  soluzioni
normative,  mutevoli  e   variegate   come   quelle   precedentemente
descritte, le quali prescrivono il riassorbimento  dei  disavanzi  in
archi temporali  lunghi  e  differenziati,  ben  oltre  il  ciclo  di
bilancio ordinario, con possibili ricadute negative anche in  termini
di equita' intergenerazionale (in senso conforme, sentenza n. 107 del
2016). 
    6.- In considerazione dell'inscindibile connessione esistente tra
la norma impugnata e la struttura dei bilanci annuale e  pluriennale,
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3 deve  estendersi  in  via
consequenziale all'intera legge reg. Sardegna n. 6 del 2016, ai sensi
dell'art.  27  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  (Norme   sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte  costituzionale),  nelle
parti in cui: applica  al  bilancio  2016  l'istituto  del  disavanzo
tecnico; consente di impegnare somme eccedenti per euro 31.553.438,75
rispetto  alle  risorse  effettivamente  disponibili;   non   prevede
l'individuazione specifica ed analitica dei crediti e delle  relative
scadenze  che  dovrebbero  compensare  tali  operazioni   (in   senso
conforme, sul riflesso invalidante di  singole  poste  nei  confronti
dell'intero bilancio, sentenze n. 279 del 2016, n. 266 e n.  250  del
2013). 
    In base al principio dell'equilibrio tendenziale del bilancio, il
quale «consiste nella continua ricerca di un  armonico  e  simmetrico
bilanciamento tra risorse  disponibili  e  spese  necessarie  per  il
perseguimento delle finalita' pubbliche» (sentenza n. 250 del  2013),
la   Regione   autonoma   Sardegna   dovra'   assumere    appropriati
provvedimenti di carattere finanziario, in ordine alla  cui  concreta
configurazione  la  perdurante   discrezionalita'   del   legislatore
regionale sara' limitata dalla priorita' dell'impiego  delle  risorse
disponibili per il riequilibrio del bilancio 2016  e  del  successivo
biennio, nei termini precedentemente individuati (in senso  conforme,
sentenze nn. 266 e 250 del 2013).