ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2,  commi
1 e 3; 3, comma 2; 12, comma 1; 14, comma 1; 15, comma 1;  17,  comma
1; 18, comma 1; 27, comma 1; 31, comma 1; 34, comma 1; 50,  comma  1;
51, comma 1; 61, comma 6; 68, comma 7, e 80,  comma  1,  lettera  b),
della legge della Regione Liguria  2  aprile  2015,  n.  11,  recante
«Modifiche alla legge  regionale  4  settembre  1997,  n.  36  (Legge
urbanistica regionale)», promosso dal Presidente  del  Consiglio  dei
ministri con ricorso notificato l'8-10  giugno  2015,  depositato  in
cancelleria il 15 giugno 2015 ed  iscritto  al  n.  64  del  registro
ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Liguria; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  7  febbraio  2017  il  Giudice
relatore Daria de Pretis; 
    uditi l'avvocato dello Stato Marco Corsini per il Presidente  del
Consiglio dei ministri e l'avvocato Barbara  Baroli  per  la  Regione
Liguria. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato l'8-10 giugno 2015, depositato  il  15
giugno 2015 ed iscritto al  n.  64  del  registro  ricorsi  2015,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato  diversi  articoli
della legge della Regione Liguria  2  aprile  2015,  n.  11,  recante
«Modifiche alla legge  regionale  4  settembre  1997,  n.  36  (Legge
urbanistica regionale)», per violazione dell'art. 117, secondo comma,
lettere l) e s), e terzo comma, della Costituzione. 
    1.1.- In primo luogo, il Governo censura gli artt.  2,  comma  l,
14, comma l, 15, comma l, e 17, comma l, della  legge  della  Regione
Liguria n. 11 del 2015. 
    L'art. 2, comma l, della legge impugnata integra il primo periodo
del comma 1 dell'art. 2 della legge reg.  Liguria  n.  36  del  1997,
specificando  che  la  pianificazione  territoriale  si  svolge  «nel
rispetto delle  competenze  in  materia  di  governo  del  territorio
previste nell'ordinamento statale e regionale». 
    L'art.  14,  comma   1,   della   legge   impugnata   sostituisce
integralmente l'art. 13 della legge reg. Liguria n. 36 del  1997,  il
cui  comma  3  ora  recita:  «Il  PTR  assume  il  valore  di   piano
urbanistico-territoriale, con  specifica  considerazione  dei  valori
paesaggistici, anche in vista della successiva attribuzione  ad  esso
del valore di Piano paesaggistico ai sensi degli articoli 135  e  143
del decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio) e successive modificazioni e integrazioni,
da conseguirsi mediante procedura di variante di cui all'articolo  16
o di accordo di pianificazione di cui all'articolo 57». 
    L'articolo 15 della legge impugnata ha sostituito l'art. 14 della
legge reg. Liguria n. 36 del 1997, che disciplina il procedimento per
l'approvazione del Piano territoriale regionale (PTR) Vi  si  prevede
che il piano e' trasmesso al Ministero dei  beni  e  delle  attivita'
culturali  e  del  turismo  (di  seguito   MiBACT)   ai   soli   fini
dell'espressione di un parere. 
    In termini analoghi l'art.  17  della  legge  impugnata,  che  ha
sostituito l'art. 16  della  legge  reg.  Liguria  n.  36  del  1997,
disciplina il procedimento di variante al PTR. 
    Le norme citate (artt. 2, comma l, 14, comma l, 15,  comma  l,  e
17, comma l) si porrebbero in contrasto con gli artt. 135 e  143  del
decreto-legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante  il  «Codice  dei
beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge
6 luglio 2002, n. 137» (di seguito: codice dei beni culturali  e  del
paesaggio), secondo cui la pianificazione paesaggistica  avviene  con
un  atto  elaborato  congiuntamente  dalla  singola  regione  e   dal
Ministero,  con  modalita'  disciplinate  da  apposite   intese   che
riguardano anche le successive modifiche, revisioni ed  integrazioni,
prima della sua approvazione da parte della regione  interessata.  Ne
conseguirebbe la loro illegittimita'  costituzionale  per  violazione
dell'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  che  riserva  alla
potesta'   esclusiva   dello   Stato   la   materia   della   «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    1.2.- L'art. 2, comma 3, della legge reg. Liguria n. 11 del  2015
- che sostituisce il comma 5 dell'art. 2 della legge reg. Liguria  n.
36 del 1997 - violerebbe  l'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost., nella parte in cui subordina il PTR  (ivi  compresa  la  parte
dello strumento pianificatorio avente valore paesaggistico) ai  piani
di bacino e ai piani per le aree protette. Cio' in quanto,  si  sensi
dell'art.  145,  comma  3,  del  codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio, le disposizioni dei piani  paesaggistici  sono  prevalenti
sulle disposizioni  contenute  negli  altri  atti  di  pianificazione
territoriale previsti dalle normative di settore. 
    1.3.- L'art. 3, comma 2, della legge reg. Liguria n. 11 del  2015
- il quale sostituisce il  comma  3  dell'art.  3  della  legge  reg.
Liguria n. 36 del 1997 - prevede che il PTR sia elaborato secondo  le
modalita' partecipative previste nell'art. 6 della legge reg. Liguria
n. 36 del 1997. Secondo l'art. 6 da ultimo citato, «[l]a Regione,  la
Citta' metropolitana, e le province, in vista della  formazione,  del
monitoraggio e della variazione, in forma concertata  dei  rispettivi
piani territoriali convocano apposite conferenze di  pianificazione».
Alle «conferenze di pianificazione» partecipano  tutte  le  pubbliche
amministrazioni rappresentative degli interessi  pubblici  coinvolti,
le quali «espongono le proprie osservazioni, proposte e  valutazioni,
delle quali si da' atto nel  relativo  verbale  ai  fini  della  loro
considerazione nel processo di pianificazione avviato». 
    Ebbene,   la   disposizione    regionale    censurata,    laddove
implicitamente   include   anche   il   MiBACT   tra   le   pubbliche
amministrazioni partecipanti  alle  «conferenze  di  pianificazione»,
assegnandogli  un  ruolo  meramente  partecipativo   e   propositivo,
violerebbe ancora una volta gli artt. 135 e 143 del codice  dei  beni
culturali  e  del  paesaggio,  secondo  i  quali  la   pianificazione
paesaggistica avviene con  un  atto  elaborato  congiuntamente  dalla
singola regione e dal MiBACT. 
    1.4.- L'art. 12, comma l, della legge  reg.  Liguria  n.  11  del
2015, sostituisce l'art. 11 della legge reg. Liguria n. 36 del  1997,
il cui comma 5  disponeva  al  momento  del  ricorso:  «Il  PTR  puo'
demandare al PTGcm e al PTC provinciale l'integrazione e lo  sviluppo
di alcuni elementi della disciplina  di  cui  al  comma  3,  fornendo
specifiche indicazioni in tal senso». 
    Osserva il ricorrente come, tra gli elementi che  possono  essere
integrati e sviluppati dal PTGcm (piano territoriale  generale  della
citta' metropolitana) e dal PTC (piano territoriale di coordinamento)
provinciale, figuri anche «la  disciplina  di  tutela,  salvaguardia,
valorizzazione e fruizione del paesaggio in  ragione  dei  differenti
valori  espressi   dai   diversi   contesti   territoriali   che   lo
costituiscono» (art. 11,  comma  3,  lettera  a),  della  legge  reg.
Liguria n. 36 del 1997). 
    La disciplina regionale contrasterebbe, pertanto, con l'art. 117,
secondo comma, lettera s),  Cost.,  in  quanto  le  pertinenti  norme
statali (artt. 143, comma 9, e 145 del codice dei  beni  culturali  e
del  paesaggio)  escludono  che  gli  strumenti   di   pianificazione
territoriale possano sostituirsi al piano paesaggistico. 
    1.5.- L'art. 18, comma l, della legge reg. Liguria n. 11 del 2015
ha introdotto nella legge reg. Liguria n. 36 del 1997 l'art.  16-bis,
il cui comma 1 prevede che il PTR sia attuato  «mediante  progetti  a
scala urbanistica od edilizia,  costituenti  strumenti  operativi  da
promuovere ed approvare da parte della Regione». 
    Secondo  il  Governo,  la  mancata  partecipazione  degli  organi
ministeriali al procedimento di conformazione  ed  adeguamento  degli
strumenti   urbanistici   alle   previsioni   della    pianificazione
paesaggistica contrasterebbe con  l'art.  145  del  codice  dei  beni
culturali e del paesaggio e, quindi, con l'art. 117,  secondo  comma,
lettera s), Cost. (viene citata la sentenza di questa Corte n. 64 del
2015). Sotto altro  profilo,  non  sarebbe  dato  comprendere  se  il
procedimento  di  approvazione   dei   citati   strumenti   attuativi
presupponga  l'acquisizione  dell'autorizzazione  paesaggistica   (in
conformita' con quanto stabilito dall'art. 146 del  codice  dei  beni
culturali e del paesaggio),  ovvero  sia  sostitutivo  della  stessa,
nonche' se il  medesimo  procedimento  sostituisca  anche  il  parere
previsto dagli artt. 16 e 28 della legge  17  agosto  1942,  n.  1150
(Legge urbanistica statale). 
    1.6.- L'art. 27, comma  l,  sostituisce  l'art.  23  della  legge
regionale n. 36 del 1997, il cui comma 2 ora prevede: «Decorsi cinque
anni dall'approvazione del PTC provinciale il  Consiglio  provinciale
ne accerta l'adeguatezza, alla luce anche del PTR e degli esiti delle
verifiche effettuate in  attuazione  del  programma  di  monitoraggio
approvato in sede di procedure  di  VAS».  Tale  disposizione,  nella
parte in cui non contempla  alcuna  partecipazione  del  MiBACT  alle
attivita' di verifica dell'adeguatezza del PTC provinciale al PTR, si
porrebbe anch'essa in contrasto con le  previsioni  di  cui  all'art.
145, comma 5, del codice dei beni  culturali  e  del  paesaggio,  con
conseguente illegittimita' costituzionale  per  violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    1.7.- L'art. 34, comma l, della legge impugnata ha  inserito  nel
corpo della legge reg. Liguria n. 36 del 1997, tra gli altri,  l'art.
29-ter, il cui comma 3 prevede: «Per credito edilizio si  intende  la
quantita' di superficie agibile della costruzione  esistente  oggetto
di demolizione eventualmente ridotta in relazione  alla  destinazione
d'uso degli edifici da demolire in base ai coefficienti previsti  dal
PUC (Piano urbanistico  comunale)  in  funzione  degli  obiettivi  di
riqualificazione urbanistica perseguiti. Non  possono  dar  luogo  al
riconoscimento del credito edilizio gli edifici realizzati in assenza
od  in  difformita'  dai  prescritti  titoli  abilitativi  edilizi  e
paesaggistici, se non previa loro regolarizzazione». 
    Secondo il ricorrente, la disposizione citata, nel consentire  il
riconoscimento di un credito edilizio a fronte della  demolizione  di
edifici o complessi di edifici realizzati in assenza o in difformita'
dai  prescritti  titoli  abilitativi  e  paesaggistici  «previa  loro
regolarizzazione»,   travalicherebbe   i   limiti   della    potesta'
legislativa regionale in materia di condono edilizio  (si  citano  le
sentenze di questa Corte  n.  225  del  2012  e  n.  290  del  2009).
Segnatamente, la norma regionale violerebbe i  principi  fondamentali
in materia di «governo del territorio» di cui agli artt. 36 e 37  del
d.P.R.  6  giugno  2001,  n.  380  (Testo  unico  delle  disposizioni
legislative e regolamentari  in  materia  edilizia  -  Testo  A),  di
seguito TUE, i quali subordinano il rilascio del titolo in  sanatoria
alla conformita' dell'intervento edilizio alla disciplina urbanistica
ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello  stesso,
sia al momento della presentazione della domanda. 
    1.8.-  Secondo  il  ricorrente  la  disciplina  dei  «margini  di
flessibilita'» del PUC (Piano urbanistico comunale), contenuta  negli
artt. 31, comma l, 50, comma l, 51, comma l, 68, comma 7, e 80, comma
l, lettera b), della legge impugnata, contrasterebbe con le norme del
codice dei beni culturali e del  paesaggio  nonche'  con  i  principi
fondamentali in materia di «governo  del  territorio»  contenuti  nel
TUE, con conseguente violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera
s), e terzo comma, Cost. 
    L'art. 31, comma  l,  sostituisce  l'art.  27  della  legge  reg.
Liguria n. 36 del 1997, il cui  comma  1,  al  momento  del  ricorso,
recitava: «La struttura del PUC e'  costituita  da:  [...]  b)  norme
degli ambiti di conservazione, di riqualificazione e di completamento
e norme dei distretti di trasformazione, comprensive della disciplina
paesistica, dei margini di flessibilita' delle relative  indicazioni,
della disciplina geologica e dell'eventuale disciplina  di  cui  agli
articoli 29-bis, 29-ter, 29-quater e 29-quinquies [...]». 
    L'art. 50 sostituisce l'art. 43 della legge reg.  Liguria  n.  36
del 1997, stabilendo che le norme del PUC «definiscono i  margini  di
flessibilita' entro cui le relative previsioni possono essere attuate
senza ricorso ne' alla procedura di aggiornamento di cui al comma  3,
ne' alla procedura di variante di cui all'articolo 44». 
    L'art. 51 sostituisce l'art. 44 della legge reg.  Liguria  n.  36
del 1997, il cui comma 1, al momento del  ricorso,  cosi'  prevedeva:
«Costituiscono varianti  al  PUC  le  modifiche  non  rientranti  nei
margini di flessibilita' o nell'aggiornamento di cui all'articolo 43.
Le varianti sono adottate ed approvate secondo la procedura stabilita
agli articoli 38 o 39 a seconda del tipo di PUC da variare». 
    L'art. 68 modifica l'art. 60, comma 5, lettera  b),  della  legge
reg. Liguria n. 36 del 1997, prevedendo che: «In sede di approvazione
dei progetti a norma della presente legge puo'  essere  demandata  al
Comune: [...] b) la facolta' di assentire  direttamente  in  sede  di
titoli edilizi varianti non essenziali  al  progetto  rientranti  nei
margini di flessibilita', da prefissare in apposito elaborato facente
parte di quelli costitutivi del progetto approvato». 
    L'art.  80,   comma   l,   lettera   b),   prevede   che:   «Fino
all'approvazione del PUC a norma della L.R. 36/1997  come  modificata
dalla presente legge: [...] b)  per  i  comuni  dotati  di  PUC  gia'
approvato a norma delle previgenti disposizioni della L.R. 36/1997 si
applicano le disposizioni di cui al Titolo IV, Capo III e IV,  ed  al
Titolo V della L.R. 36/1997 come  modificata  dalla  presente  legge,
salvo quanto  previsto  all'articolo  81,  comma  2,  della  presente
legge». 
    Il Governo premette che, benche' le  norme  regionali  perseguano
evidenti finalita' di semplificazione, il  concetto  di  «margini  di
flessibilita'» dei piani urbanistici non e'  definito  dalla  vigente
legislazione statale in materia urbanistica. Nel dettaglio, evidenzia
i seguenti elementi di  contrasto  con  la  legislazione  statale  in
materia paesaggistica ed edilizia. 
    La possibilita' per il comune di  modificare  unilateralmente  la
disciplina  paesistica  contenuta  nel  PUC,  senza   contestualmente
prevedere  la  partecipazione  dei  competenti  organi  ministeriali,
violerebbe l'art. 145 del codice del paesaggio e dei beni  culturali,
sia perche' non si prevederebbe che queste modifiche  debbano  essere
conformi alla pianificazione paesaggistica,  sia  in  quanto  non  si
assicurerebbe  la  partecipazione  degli   organi   ministeriali   al
procedimento di variante. 
    Per effetto del combinato disposto delle  disposizioni  regionali
sopra richiamate, un indeterminato numero  di  fattispecie,  relative
anche alla disciplina paesaggistica e geologica, sarebbero  sottratte
alle ordinarie procedure di varianti al piano. 
    Potendo gli interventi edilizi realizzati  in  contrasto  con  la
disciplina   urbanistico-edilizia   contenuta    nel    PUC    essere
«successivamente  legittimati  sotto  il   profilo   urbanistico   ed
edilizio», le norme censurate introdurrebbero una  surrettizia  forma
di condono edilizio, in violazione dei  principi  fondamentali  della
materia del «governo del territorio» di cui agli artt. 30,  comma  1,
36 e 37 del TUE (si citano le sentenze di questa  Corte  n.  225  del
2012 e n. 290 del 2009). 
    Da ultimo, la facolta' per i Comuni di assentire direttamente  in
sede di rilascio dei  titoli  edilizi,  varianti  non  essenziali  al
progetto rientranti nei margini  di  flessibilita',  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 22, comma 2-bis, del TUE, il quale  prevede  che
«[s]ono  realizzabili  mediante  segnalazione  certificata   d'inizio
attivita'  e  comunicate  a  fine   lavori   con   attestazione   del
professionista,  le  varianti  a  permessi  di  costruire   che   non
configurano  una  variazione  essenziale,  a  condizione  che   siano
conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate  dopo
l'acquisizione degli  eventuali  atti  di  assenso  prescritti  dalla
normativa sui vincoli paesaggistici,  idrogeologici,  ambientali,  di
tutela del patrimonio storico,  artistico  ed  archeologico  e  dalle
altre normative di settore». 
    1.9.- L'art. 61, comma 6, ha aggiunto la lettera d-bis), al comma
l dell'art. 53 della legge reg. Liguria n. 36 del 1997, il quale  ora
prevede che «I P.U.O.  sono  considerati  conformi  al  P.U.C.  anche
qualora, oltre i margini di flessibilita' previsti dal PUC e dal PUO,
comportino: [...] d-bis) la fissazione  di  distanze  tra  fabbricati
inferiori  a  quelle  stabilite  dal  PUC  che  risultino  idonee  ad
assicurare un equilibrato  assetto  urbanistico  e  paesaggistico  in
relazione alle tipologie degli interventi consentiti e  tenuto  conto
degli  specifici  caratteri  dei  luoghi  e  dell'allineamento  degli
immobili gia' esistenti, fermo restando comunque  il  rispetto  delle
norme del codice civile  e  dei  vincoli  di  interesse  culturale  e
paesaggistico. Tale riduzione e' applicabile anche nei  confronti  di
edifici ubicati all'esterno del perimetro del PUO». 
    Il ricorrente lamenta che la possibilita' di ridurre le  distanze
tra edifici anche per quelli ubicati all'esterno  del  perimetro  del
PUO (progetto urbanistico operativo) invaderebbe la competenza  dello
Stato nella materia dell'«ordinamento civile». La Regione Liguria non
avrebbe utilizzato in modo corretto la facolta' derogatoria  concessa
dall'art. 2-bis del TUE,  in  quanto  la  norma  regionale  censurata
conterrebbe previsioni urbanistiche del tutto generali  e  generiche,
senza alcun riferimento a quelle particolari  e  specifiche  esigenze
legate al territorio  che  soltanto  consentirebbero  una  disciplina
delle  distanze  diversa  da  quella  inderogabilmente  fissata   dal
legislatore statale (si cita la sentenza di questa Corte n.  134  del
2014). 
    2.- Il 17 luglio 2015 si e' costituita  in  giudizio  la  Regione
Liguria,  argomentando  diffusamente  sull'infondatezza  dell'avverso
ricorso. 
    2.1.- Con riguardo al  primo  ordine  di  motivi,  la  resistente
osserva che il parere del MiBACT  previsto  dall'art.  14,  comma  3,
lettera a), della legge reg. Liguria n. 36 del 1997,  come  novellato
dalla legge reg. Liguria n. 11  del  2015,  non  sarebbe  sostitutivo
dell'intesa prescritta dall'art. 143, comma 2, del  codice  dei  beni
culturali  e  del  paesaggio,  bensi'  costituirebbe  un   contributo
ulteriore e diverso apportato  dal  Ministero  (sempre  nell'iter  di
approvazione del PTR ma)  ai  fini  della  procedura  di  valutazione
ambientale strategica (VAS), nel cui ambito e'  appunto  previsto  il
coinvolgimento della soprintendenza. Analogamente, il procedimento di
variante non eliderebbe affatto l'intesa prescritta  dal  codice  dei
beni culturali e del paesaggio. 
    2.2.- L'art. 2, comma 3, della legge regionale n.  11  del  2015,
non si porrebbe in contrasto con l'art. 145, comma 3, del codice  dei
beni culturali e del paesaggio, giacche' non intenderebbe derogare al
principio di prevalenza del piano paesaggistico rispetto  agli  altri
strumenti di pianificazione settoriale. 
    2.3.- Quanto all'impugnazione dell'art. 3, comma 2,  della  legge
regionale n. 11 del  2015,  la  «conferenza  di  pianificazione»  non
sostituirebbe l'intesa tra Regione e  Ministero,  la  quale  dovrebbe
esser gia' stata raggiunta in altra e diversa sede rispetto a  quella
della conferenza stessa. 
    2.4.- La resistente esclude che l'art. 11, comma 5,  della  legge
reg. n. 36  del  1997,  come  sostituito  dall'art.  12  della  legge
regionale n. 11 del 2015, possa determinare la sostituzione del piano
paesaggistico  con  il  piano  territoriale  generale  della   citta'
metropolitana  e  con  il   piano   territoriale   di   coordinamento
provinciale.  Questi  due  piani  potrebbero  soltanto  integrare   e
sviluppare i contenuti  paesaggistici  del  PTR,  gia'  elaborato  ed
approvato in forma co-pianificata da regione e Ministero. 
    2.5.- L'art. 18 della legge reg. n. 11 del 2015 non  si  porrebbe
in contrasto con gli artt. 135, 143 e 145, comma 5,  del  codice  dei
beni culturali e del  paesaggio,  atteso  che  i  «progetti  a  scala
urbanistica  od  edilizia,   costituenti   strumenti   operativi   da
promuovere ed approvare da parte della  Regione»  potrebbero  attuare
soltanto le  previsioni  del  PTR  approvato  secondo  le  prescritte
modalita' di co-pianificazione con gli organi ministeriali. 
    Anche  la  doglianza  relativa  alla  asserita   violazione   del
procedimento di cui all'art. 146 del codice dei beni culturali e  del
paesaggio  sarebbe  infondata,  essendo  pacifico  che  nell'iter  di
rilascio dei titoli abilitativi  debba  essere  acquisito  il  parere
della soprintendenza. 
    La previsione regionale in  esame  sarebbe  conforme  anche  agli
artt. 16 e 28 della legge n. 1150 del 1942, in  quanto  il  novellato
art. 51, comma 3, della legge reg. Liguria n. 36  del  1997,  prevede
che: «In caso di PUO aventi ad oggetto aree od  immobili  soggetti  a
vincolo paesaggistico  ai  sensi  del  D.Lgs.  42/2004  e  successive
modificazioni e integrazioni il Comune e' tenuto a trasmettere il PUO
adottato alla Soprintendenza ai beni architettonici  e  paesaggistici
per l'acquisizione del relativo parere entro il termine  di  sessanta
giorni   dal   ricevimento   degli   atti    e,    comunque,    prima
dell'approvazione ai sensi del comma 4». 
    2.6.- Quanto all'impugnazione dell'art. 27, comma l, della  legge
regionale n. 11 del 2015, il ricorrente avrebbe operato una  indebita
commistione tra l'obbligo di  conformazione  dei  piani  territoriali
alle previsioni del piano  paesaggistico  prescritto  dall'art.  145,
comma 4, del codice dei beni culturali e del  paesaggio  -  al  quale
l'ordinamento ligure si e' adeguato con le previsioni contenute  agli
artt. 13, comma l, lettera b), e 79 della legge reg.  Liguria  n.  36
del 1997 - e il diverso procedimento di «verifica di adeguatezza» del
PTC provinciale al PTR previsto dalla norma regionale  censurata,  il
quale risponderebbe a finalita' ed effetti diversi rispetto al primo. 
    In primo luogo, la «verifica di adeguatezza» opera decorsi cinque
anni  dall'approvazione  di  un   nuovo   PTC   provinciale,   quindi
successivamente al  termine  di  due  anni  prescritto  dal  comma  4
dell'art. 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio. Inoltre,
e' volta a far accertare l'adeguatezza  delle  previsioni  del  piano
provinciale «alla luce anche del PTR e degli  esiti  delle  verifiche
effettuate in attuazione del programma di monitoraggio  approvato  in
sede di procedure di VAS». 
    2.7.- L'art. 29-ter della legge reg.  Liguria  n.  36  del  1997,
introdotto dall'art. 34, comma l, della legge  regionale  n.  11  del
2015, costituisce  attuazione  dell'art.  3-bis  del  TUE.  La  norma
specifica che i PUC, al  fine  di  promuovere  taluni  interventi  di
riqualificazione  edilizia  o  urbanistica,  possono  riconoscere  ai
soggetti interessati un credito edilizio. 
    La «regolarizzazione» delle opere realizzate in  difformita'  dai
titoli abilitativi, cui e' subordinato il riconoscimento del  credito
edilizio, equivarrebbe all'accertamento di conformita' previsto dagli
artt. 36 e 37 del TUE (corrispondenti in Liguria agli artt. 43  e  49
della legge regionale 6  giugno  2008,  n.  16,  recante  «Disciplina
dell'attivita'  edilizia»)  e  non  ad  un  condono  edilizio,   come
erroneamente presupposto dal ricorrente. 
    2.8.- Con  riguardo  all'impugnazione  delle  norme  relative  ai
«margini di flessibilita'» del  PUC,  la  Regione  osserva  che,  per
quanto  il  concetto  di  «margini  di   flessibilita'»   dei   piani
urbanistici non sia attualmente definito dalla  vigente  legislazione
statale, la loro previsione non sarebbe preclusa dal quadro normativo
statale di riferimento, trattandosi di  istituto  di  semplificazione
nella gestione dei piani urbanistici.  I  margini  di  flessibilita',
infatti, consistono in previsioni alternative  del  PUC  (relative  a
destinazioni d'uso, tipologie  costruttive,  parametri  e  materiali)
individuate  nella  disciplina  degli  ambiti  di  conservazione,  di
riqualificazione e di completamento e dei distretti di trasformazione
fra loro fungibili gia' individuati nel contesto  delle  norme  degli
ambiti e dei distretti. Superando la rigidita' dei contenuti  propria
del tradizionale piano regolatore generale, il nuovo modello  di  PUC
mirerebbe a evitare il ricorso  frequente  alle  varianti  del  piano
urbanistico e a renderne piu' snella l'attuazione. 
    Su queste basi, sarebbe infondata la dedotta violazione dell'art.
145 del codice dei beni culturali e del paesaggio, dal momento che  i
contenuti   del   PUC   costituenti   «margini   di    flessibilita'»
consisterebbero in previsioni normative che fanno gia' parte del  PUC
approvato dalla Regione in conformita' alle indicazioni  del  PTCP  e
del PTR approvato sulla base del preventivo accordo  con  gli  organi
ministeriali. 
    Sarebbe inoltre escluso  che  in  applicazione  dei  «margini  di
flessibilita'»  siano  legittimati  interventi  edilizi   abusivi   o
realizzati    in    contrasto    con    la     vigente     disciplina
urbanistico-edilizia stabilita nei piani urbanistici, considerato che
l'utilizzo  dei  «margini  di  flessibilita'»  comporta  comunque  il
rilascio dei pertinenti titoli  abilitativi  previo  riscontro  della
piena conformita' con la normativa del PUC. 
    L'art. 68, comma 7, concernente l'applicazione dell'istituto  dei
«margini  di  flessibilita'»  nel  rilascio  dei  titoli  edilizi  in
attuazione di progetti approvati mediante le procedure di accordo  di
pianificazione, di accordo di programma e di conferenza  di  servizi,
non interferirebbe con la disciplina dell'art. 22, comma  2-bis,  del
TUE che regola  la  variante  a  permessi  di  costruire  assentibile
mediante  presentazione  di  segnalazione   certificata   di   inizio
attivita' (SCIA). La flessibilita' del progetto in sede  di  rilascio
del titolo abilitativo, cui si  riferisce  la  norma  impugnata,  non
autorizzerebbe (come erroneamente presupposto dal Governo) la diretta
esecuzione di varianti in corso d'opera. 
    2.9.- L'ultimo periodo dell'art. 53,  comma  1,  lettera  d-bis),
della legge reg. Liguria n. 36 del 1997,  come  modificato  dall'art.
61, comma 6, della legge impugnata, presuppone che il comune in  sede
di approvazione del PUO verifichi preventivamente  che  la  riduzione
della distanza  tra  costruzioni  assicuri  «un  equilibrato  assetto
urbanistico  e  paesaggistico  in  relazione  alle  tipologie   degli
interventi consentiti e tenuto conto degli  specifici  caratteri  dei
luoghi e  dell'allineamento  degli  immobili  gia'  esistenti,  fermo
restando comunque il rispetto delle norme del  codice  civile  e  dei
vincoli di interesse culturale e paesaggistico». Il Comune, pertanto,
sarebbe  tenuto  a  riscontrare  la  sussistenza   delle   specifiche
condizioni  urbanistiche  e  paesaggistiche  che   giustifichino   la
riduzione del parametro della distanza  per  assicurare  un  coerente
assetto urbanistico. 
    Non vi sarebbe, dunque, alcun contrasto con l'art. 2-bis del TUE. 
    3.- Con memoria depositata il 17 gennaio 2017, la  resistente  ha
riferito che, in corso di causa, e'  stata  emanata  la  legge  della
Regione Liguria 18 novembre 2016, n. 29, recante «Prime  disposizioni
in materia urbanistica e di attivita' edilizia  in  attuazione  della
legge regionale 16 febbraio 2016, n. 1 (Legge  sulla  crescita)».  La
normativa sopravvenuta, in gran parte modificativa di quella  oggetto
di  impugnativa,  sarebbe  idonea  a  far  cessare  la  materia   del
contendere in ordine alle questioni di costituzionalita' promosse nei
primi sei motivi di ricorso. 
    In  particolare,  nel  riassetto  degli  atti  di  pianificazione
regionale operato con la nuova legge, il PTR non assume  piu'  valore
di piano urbanistico territoriale con  specifica  considerazione  dei
valori paesaggistici,  essendo  stato  riconfigurato  in  termini  di
«piano  territoriale  di  area  vasta  a  valenza  strategica».   Nel
contempo, tra gli strumenti  della  pianificazione  territoriale,  e'
stato introdotto il «Piano paesaggistico» con  contenuti,  effetti  e
modalita' di  co-pianificazione  con  il  MiBACT  conformi  a  quelle
previste dagli artt. 135, 143 e 145 del codice dei beni  culturali  e
del paesaggio. L'art. 16-bis della legge reg. Liguria n. 36 del  1997
(introdotto dall'art. 12  della  legge  impugnata)  e'  stato  invece
soppresso. 
    La Regione Liguria sottolinea che  le  disposizioni  della  legge
impugnata oggetto delle modifiche apportate con legge reg. Liguria n.
29 del  2016  non  hanno  avuto  applicazione  nel  periodo  di  loro
efficacia, in quanto il  PTR  in  essa  previsto  non  e'  mai  stato
approvato. 
    Insiste invece perche' siano respinte le questioni  promosse  nei
restanti tre motivi (settimo, ottavo e nono). 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.-  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha   promosso
questioni di legittimita'  costituzionale  di  numerose  norme  della
legge della Regione Liguria 2 aprile 2015, n. 11, recante  «Modifiche
alla legge regionale 4  settembre  1997,  n.  36  (Legge  urbanistica
regionale)», per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettere  l)
e s), e terzo comma, della Costituzione. 
    2.- In via preliminare,  deve  essere  dichiarata  la  cessazione
della materia del contendere in ordine alle questioni di legittimita'
costituzionale degli artt. 2, comma 1, 3, comma 2, 12, comma  1,  14,
comma 1, 15, comma 1, 17, comma 1, 18, comma 1, e 27, comma 1,  della
legge reg. Liguria n. 11 del 2015, per i seguenti motivi. 
    2.1.- Il Governo sostiene che la disciplina del  procedimento  di
formazione (art. 15 della legge impugnata) e variante (art. 17  della
legge impugnata) del «Piano territoriale regionale» (di seguito: PTR)
contrasterebbe con gli artt. 135,  comma  1,  e  143,  comma  2,  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante  il  «Codice  dei
beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge
6 luglio 2002, n. 137» (di seguito: codice dei beni culturali  e  del
paesaggio), in  quanto  non  e'  previsto  che  la  formazione  e  la
variazione avvenga con atto elaborato  congiuntamente  dalla  singola
regione e dal  ministero,  con  modalita'  disciplinate  da  apposite
intese,  prevedendosi  soltanto  la  trasmissione   dello   strumento
pianificatorio al Ministero dei beni e delle  attivita'  culturali  e
del turismo (di seguito MiBACT) per la formulazione  di  un  semplice
parere. Va  rimarcato  che,  sebbene  il  Governo  abbia  formalmente
impugnato anche gli artt. 2, comma l, e 14,  comma  l,  i  motivi  di
ricorso riguardano i soli artt. 15, comma l, e 17, comma l. 
    Nelle more del giudizio, l'art. 8, comma  3,  della  legge  della
Regione Liguria 18 novembre 2016, n. 29, recante «Prime  disposizioni
in materia urbanistica e di attivita' edilizia  in  attuazione  della
legge regionale 16 febbraio 2016, n. 1 (Legge  sulla  crescita)»,  ha
abrogato l'art. 13, comma 3, della legge reg. Liguria n. 36 del  1997
che attribuiva al PTR il valore  di  «piano  urbanistico-territoriale
con specifica considerazione dei  valori  paesaggistici».  La  stessa
legge  sopravvenuta  ha  altresi'  espunto  dal  contenuto  del   PTR
qualsivoglia riferimento alla tutela dei valori paesistico-ambientali
(come risulta dall'attuale formulazione degli  artt.  8  e  11  della
legge reg. Liguria n. 36 del 1997). Nel contempo, tra  gli  strumenti
della pianificazione territoriale regionale, e' stato  introdotto  il
«Piano paesaggistico», il  quale  «ha  i  contenuti  e  gli  effetti»
previsti negli artt. 135, 143 e 145 del codice dei beni  culturali  e
del paesaggio (si veda l'art. 3 della legge reg. Liguria  n.  36  del
1997, come modificato dall'art. 2 della legge reg. Liguria n. 29  del
2016).  Esso  e'  inoltre   predisposto   attraverso   modalita'   di
elaborazione congiunta (previa intesa e successivo  accordo)  con  il
MiBACT, conformi a quanto prescritto dagli artt. 135, comma 1,  terzo
periodo, e  143,  comma  2, del  codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio (come risulta ora dal nuovo art. 14-bis  della  legge  reg.
Liguria n. 36 del 1997, aggiunto dall'art. 10, comma  1, della  legge
reg. Liguria n. 29 del 2016). 
    Come       e'       noto,       «perche'       possa       essere
dichiarata cessata la materia del contendere,  devono  congiuntamente
verificarsi le seguenti condizioni: a) la sopravvenuta abrogazione  o
modificazione delle  norme  censurate  in  senso  satisfattivo  della
pretesa avanzata con il ricorso; b) la  mancata  applicazione,  medio
tempore, delle norme abrogate o modificate (ex plurimis, sentenze  n.
32 e n. 16 del 2015, n. 87 del 2014, n. 300, n. 193 e n. 32 del 2012,
n. 325 del 2011)» (sentenza n. 149 del 2015). 
    Nel caso di specie ricorrono entrambi i presupposti citati. Da un
lato, e' venuta meno ogni ragione di contrasto  tra  le  disposizioni
regionali impugnate dal Governo e le norme  statali  che  prescrivono
determinate  forme  di  collaborazione  tra  Stato  e  regioni  nella
formulazione dei piani paesaggistici. Quanto alla seconda condizione,
la Regione Liguria ha dichiarato, senza contestazione di controparte,
che  le  disposizioni  della  legge   impugnata   non   hanno   avuto
applicazione nel periodo di loro efficacia, in quanto il PTR  non  e'
mai stato approvato. 
    2.2.- Alle medesime conclusioni si deve pervenire, per le  stesse
ragioni appena esposte,  anche  per  quanto  riguarda  l'impugnazione
dell'art. 3, comma 2, della legge reg. Liguria n.  11  del  2015,  il
quale, sostituendo il comma 3 dell'art. 3 della legge reg. Liguria n.
36 del 1997  e  richiamando  le  «modalita'  partecipative»  indicate
nell'art. 6 di tale legge, prevede che, ai fini dell'elaborazione del
PTR, la Regione  convoca  apposite  «conferenze  di  pianificazione»,
nell'ambito delle quali le pubbliche amministrazioni  rappresentative
degli   interessi   pubblici   coinvolti   «espongono   le    proprie
osservazioni, proposte e valutazioni, delle quali  si  da'  atto  nel
relativo verbale ai fini della loro considerazione  nel  processo  di
pianificazione avviato». 
    Secondo il Governo,  l'impugnato  art.  3,  comma  2,  violerebbe
l'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  in  riferimento  agli
artt. 135, comma 1, e 143, comma 2, del codice dei beni  culturali  e
del  paesaggio,  secondo  i  quali  la  pianificazione  paesaggistica
avviene con un atto elaborato congiuntamente dalla singola regione  e
dal MiBACT, con modalita'  disciplinate  da  apposite  intese,  prima
della sua approvazione da parte della regione interessata. 
    Il venir  meno  della  valenza  paesaggistica  del  PTR,  che  la
sopravvenuta legge reg. Liguria n. 29 del 2016  ha  riconfigurato  in
termini di strumento  pianificatorio  avente  portata  esclusivamente
urbanistica, determina la cessazione della materia del contendere sul
punto. 
    2.3.-  Parimenti  superata  dallo  ius  superveniens  risulta  la
questione posta con riferimento all'art. 12,  comma  1,  della  legge
impugnata, che aveva sostituito l'art. 11 della legge reg. Liguria n.
36 del 1997, inserendo fra gli elementi  dei  quali  il  PTR  avrebbe
potuto demandare al PTGcm (Piano territoriale generale  della  citta'
metropolitana)  e  al  PTC  (piano  territoriale  di   coordinamento)
provinciale  l'integrazione  e  lo  sviluppo,   fornendo   specifiche
indicazioni,  anche:  «a)  la  disciplina  di  tutela,  salvaguardia,
valorizzazione e fruizione del paesaggio in  ragione  dei  differenti
valori  espressi   dai   diversi   contesti   territoriali   che   lo
costituiscono». 
    Secondo il Governo la norma avrebbe violato l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt.  143,  comma  9,  e
145, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio, i  quali
escludono che gli strumenti di  pianificazione  territoriale  possano
sostituirsi al piano paesaggistico. 
    L'art. 7 della legge reg. Liguria n. 29 del 2016 ha  espunto  dal
contenuto del PTR (il quale, come si  e'  detto,  non  e'  mai  stato
approvato)    ogni    riferimento    alla    tutela    dei     valori
paesistico-ambientali,   come    risulta    dall'attuale    novellata
formulazione dell'art. 11 della legge reg. Liguria n. 36 del 1997. 
    2.4.- Analoghe considerazioni valgono per la questione posta  con
riferimento all'art. 18, comma l, che aveva  introdotto  nella  legge
reg. Liguria n. 36 del 1997 l'art. 16-bis,  secondo  cui  il  PTR  e'
attuato  «mediante  progetti  a  scala   urbanistica   od   edilizia,
costituenti strumenti operativi da promuovere ed approvare  da  parte
della  Regione».  Le  censure  del  Governo  riguardanti  la  mancata
previsione  della  partecipazione  degli   organi   ministeriali   al
procedimento  di  conformazione   e   adeguamento   degli   strumenti
urbanistici  alle  previsioni  della   pianificazione   paesaggistica
prescritta dall'art. 145, comma 5, del codice dei  beni  culturali  e
del   paesaggio,   nonche'   dell'acquisizione    dell'autorizzazione
paesaggistica prescritta all'art.  146  dello  stesso  codice  e  del
parere previsto dagli artt. 16 e 28 della legge 17  agosto  1942,  n.
1150 (Legge urbanistica),  sono  superate  dall'intervenuta  modifica
della legge regionale censurata. L'art. 12 della legge  reg.  Liguria
n. 29 del 2016 ha infatti abrogato il citato art. 16-bis  (introdotto
dall'art. 18, comma 1, della  legge  impugnata),  che  non  ha  avuto
alcuna applicazione. 
    2.5.- La  perdita  del  valore  di  strumento  di  pianificazione
paesaggistica del PTR in conseguenza della citata  novella  del  2016
determina infine anche il venire meno dell'interesse all'impugnazione
dell'art. 27, comma l, della legge reg. Liguria n. 11  del  2015,  il
quale sostituisce integralmente  l'art.  23  della  precedente  legge
regionale n. 36 del 1997, il cui comma 2 ora prevede: «Decorsi cinque
anni dall'approvazione del PTC provinciale il  Consiglio  provinciale
ne accerta l'adeguatezza, alla luce anche del PTR e degli esiti delle
verifiche effettuate in  attuazione  del  programma  di  monitoraggio
approvato in sede di procedure di VAS». 
    L'illegittimita'  della  norma  era   infatti   individuata   dal
ricorrente esclusivamente nel  fatto  che  essa  non  contemplava  la
partecipazione del MiBACT alle attivita' di verifica dell'adeguatezza
del PTC provinciale al PTR,  ponendosi  cosi'  in  contrasto  con  le
previsioni dell'art. 145, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004. 
    3.- Non puo' ritenersi invece cessata la materia  del  contendere
per quanto riguarda l'impugnazione dell'art. 2, comma 3, della  legge
regionale n. 11 del 2015, il quale sostituisce il comma 5 dell'art. 2
della legge reg. Liguria n. 36 del 1997 con  il  comma  seguente:  «I
piani di bacino, nonche' i piani delle  aree  protette  di  cui  alla
vigente legislazione regionale, vincolano, nelle loro indicazioni  di
carattere prescrittivo, la  pianificazione  territoriale  di  livello
regionale, metropolitano,  provinciale  e  comunale  con  effetto  di
integrazione della stessa e, in caso di contrasto, di  prevalenza  su
di essa». 
    Secondo il ricorrente, la norma violerebbe  l'art.  117,  secondo
comma, lettera s), Cost., in relazione all'art.  145,  comma  3,  del
codice dei beni culturali e del paesaggio, il quale  prevede  che  le
disposizioni dei piani paesaggistici  prevalgono  sulle  disposizioni
contenute negli altri atti di pianificazione territoriale di settore. 
    3.1.- La questione e' fondata. 
    La norma regionale, subordinando la  pianificazione  territoriale
di livello regionale ai piani di  bacino  e  ai  piani  per  le  aree
protette,  si  pone  in  evidente  contrasto  con  il  principio   di
prevalenza del piano paesaggistico sugli atti  di  pianificazione  ad
incidenza territoriale posti  dalle  normative  di  settore,  dettato
dall'art.  145,  comma  3,  del  codice  dei  beni  culturali  e  del
paesaggio. Infatti, ai sensi dell'art. 3 della legge reg. Liguria  n.
36 del 1997, nella formulazione vigente al momento della proposizione
del  ricorso,  lo  strumento  della  pianificazione  territoriale  di
livello regionale e' il PTR, avente (a norma dell'art. 13,  comma  3,
della legge reg. Liguria n. 36 del 1997, poi  abrogato  dall'art.  8,
comma 3, della legge reg. Liguria n. 29 del 2016)  valore  di  «piano
urbanistico-territoriale, con  specifica  considerazione  dei  valori
paesaggistici». La  chiarezza  dell'enunciato  normativo  non  lascia
margini all'interpretazione conforme suggerita dalla Regione Liguria. 
    La  rilevata  antinomia  non  e'   stata   superata   dallo   ius
superveniens. Anche dopo la legge reg. Liguria n.  29  del  2016,  il
comma 5 dell'art. 2 della legge reg. Liguria n. 36 del 1997  continua
a vincolare ai  piani  di  bacino  e  delle  aree  protette  l'intera
«pianificazione  territoriale  di   livello   regionale»,   categoria
quest'ultima che - a seguito delle  modifiche  apportate  all'art.  3
della legge reg. n. 36 del 1997  dall'art. 2,  comma  1, della  legge
reg. n. 29 del 2016 - include ora anche il «Piano paesaggistico». 
    4.- L'art. 34, comma l, della  legge  impugnata  inserisce  nella
legge urbanistica regionale della  Liguria  n.  36  del  1997  l'art.
29-ter.  Questa  disposizione  consente  al  PUC  (piano  urbanistico
comunale) di individuare, all'interno degli ambiti e dei distretti di
trasformazione,  gli  edifici  o  complessi  di   edifici   esistenti
suscettibili di riqualificazione edilizia o  urbanistica,  in  quanto
caratterizzati da: condizioni di  rischio  idraulico  o  di  dissesto
idrogeologico; condizioni di incompatibilita' per  contrasto  con  la
destinazione d'uso dell'ambito o del distretto  di  trasformazione  o
per  la  tipologia  edilizia;  situazioni  di  degrado   strutturale,
funzionale od igienico-sanitario; situazioni di interferenza  con  la
realizzazione di servizi pubblici o di infrastrutture  pubbliche.  E'
inoltre previsto che,  qualora  gli  interventi  di  riqualificazione
rendano necessaria la demolizione totale o parziale dei fabbricati, i
proprietari interessati maturino un «credito edilizio» corrispondente
alla quantita' di superficie agibile da demolirsi. I crediti  edilizi
sono negoziabili e trasferibili tra i  soggetti  interessati,  previa
trascrizione ai sensi  dell'art.  2643  del  codice  civile.  Il  PUC
individua gli ambiti e i distretti nei quali il credito  puo'  essere
trasferito. 
    Il Governo si duole dell'ultimo periodo  del  comma  3  dell'art.
29-ter, secondo cui: «non possono dar  luogo  al  riconoscimento  del
credito edilizio gli edifici realizzati in assenza od in  difformita'
dai prescritti titoli abilitativi edilizi  e  paesaggistici,  se  non
previa   loro   regolarizzazione».    La    disposizione    censurata
travalicherebbe i limiti  della  potesta'  legislativa  regionale  in
materia di condono edilizio, ponendosi in contrasto  con  i  principi
fondamentali in materia di «governo del  territorio»  contenuti  agli
artt. 36 e 37 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.  380  (Testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia -  Testo
A), di seguito TUE, i quali subordinano il  rilascio  del  titolo  in
sanatoria   alla   conformita'   dell'intervento   alla    disciplina
urbanistica ed edilizia vigente sia al  momento  della  realizzazione
dello stesso che al momento della presentazione della domanda. 
    5. - La questione non e' fondata. 
    L'accertamento di conformita', oggi  previsto  dall'art.  36  del
TUE, fa riferimento alla possibilita' di sanare  opere  che,  sebbene
sostanzialmente conformi alla  disciplina  urbanistica  ed  edilizia,
sono state realizzate  in  assenza  del  titolo  stesso,  ovvero  con
varianti essenziali. Il condono edilizio, invece, ha quale effetto la
sanatoria  non  solo  formale  ma  anche  sostanziale  dell'abuso,  a
prescindere dalla conformita' delle opere realizzate alla  disciplina
urbanistica ed edilizia. 
    Il termine «regolarizzazione», utilizzato dalla norma  in  esame,
richiama gia' sul piano semantico situazioni  di  mera  irregolarita'
formale,  come  e'  confermato   del   resto   dal   fatto   che   la
regolarizzazione ivi prevista ha per  oggetto  soltanto  gli  edifici
«realizzati in  assenza  od  in  difformita'  dai  prescritti  titoli
abilitativi edilizi e paesaggistici». 
    Si deve concludere  pertanto  che  il  legislatore  regionale  ha
inteso subordinare il riconoscimento del credito edilizio,  nel  caso
in cui cio' sia necessario, all'accertamento di  conformita'  dettato
dall'art. 36 del TUE, in coerenza con la disciplina statale. 
    6.-  Secondo  il  Governo,  la   disciplina   dei   «margini   di
flessibilita'» del PUC, contenuta negli artt. 31, comma l, 50,  comma
l,  51,  comma  l,  68,  comma  7,  e  80,  comma  l,   lettera   b),
contrasterebbe con i principi fondamentali della materia del «governo
del territorio» definiti nel TUE, nonche' con le norme del codice dei
beni culturali e del paesaggio, con conseguente violazione  dell'art.
117, secondo comma, lettera s), e terzo comma, Cost. 
    L'art. 31, comma l, della legge impugnata sostituisce  l'art.  27
della legge reg. Liguria n. 36 del 1997, il cui comma 1,  al  momento
del ricorso, recitava : «La struttura del PUC e' costituita da: [...]
b) norme degli ambiti di  conservazione,  di  riqualificazione  e  di
completamento e norme dei distretti  di  trasformazione,  comprensive
della disciplina  paesistica,  dei  margini  di  flessibilita'  delle
relative indicazioni, della  disciplina  geologica  e  dell'eventuale
disciplina  di  cui  agli  articoli  29-bis,  29-ter,   29-quater   e
29-quinquies». 
    L'art. 50 sostituisce l'art. 43 della legge urbanistica regionale
n. 36 del 1997, stabilendo  che  le  norme  del  PUC  «definiscono  i
margini di flessibilita' entro cui  le  relative  previsioni  possono
essere attuate senza ricorso ne' alla procedura di  aggiornamento  di
cui al comma 3, ne' alla procedura di variante  di  cui  all'articolo
44». 
    L'art. 51, comma 1, sostituisce il comma  1  dell'art.  44  della
legge reg. Liguria n. 36 del 1997, che, al momento del ricorso, cosi'
prevedeva: «Costituiscono varianti al PUC le modifiche non rientranti
nei margini di flessibilita' o nell'aggiornamento di cui all'articolo
43. Le varianti sono  adottate  ed  approvate  secondo  la  procedura
stabilita agli articoli 38  o  39  a  seconda  del  tipo  di  PUC  da
variare». 
    L'art. 68, comma 7, modifica l'art.  60,  comma  5,  lettera  b),
della legge reg. Liguria n. 36 del 1997, prevedendo che: «In sede  di
approvazione dei progetti a norma della presente  legge  puo'  essere
demandata al Comune: [...] b) la facolta' di  assentire  direttamente
in sede  di  titoli  edilizi  varianti  non  essenziali  al  progetto
rientranti nei margini di flessibilita', da  prefissare  in  apposito
elaborato  facente  parte  di   quelli   costitutivi   del   progetto
approvato». 
    L'art. 80, comma l, lettera b), della legge reg.  Liguria  n.  11
del 2015 prevede infine che: «Fino all'approvazione del PUC  a  norma
della L.R. 36/1997 come modificata dalla presente legge: [...] b) per
i comuni dotati di  PUC  gia'  approvato  a  norma  delle  previgenti
disposizioni della L.R. 36/1997 si applicano le disposizioni  di  cui
al Titolo IV, Capo III e IV, ed al Titolo V della L.R.  36/1997  come
modificata dalla presente legge, salvo quanto  previsto  all'articolo
81, comma 2, della presente legge». 
    6.1.- Il Governo dubita innanzitutto che lo strumento urbanistico
comunale possa legittimamente dettare prescrizioni dotate di «margini
di flessibilita'» e lamenta che, per effetto del  combinato  disposto
delle  norme  richiamate,  un  indeterminato  numero  di  fattispecie
sarebbe sottratto alle ordinarie procedure di variante. 
    La censura non e' fondata. 
    La definizione in  termini  di  "flessibilita'",  peraltro  entro
limiti definiti  dalle  previsioni  del  PUC,  delle  caratteristiche
tipologiche e planivolumetriche dei singoli interventi non si pone in
contrasto con i  principi  della  legislazione  urbanistica  statale,
giacche' da quest'ultima non si desume alcun  principio  fondamentale
della materia del «governo del territorio» che imponga allo strumento
pianificatorio di dettare sin da subito e con carattere stringente le
coordinate e gli indici della trasformazione territoriale. 
    L'ordinamento  urbanistico   ligure   prevede   un   sistema   di
pianificazione  a   due   stadi,   imperniato   sul   binomio   piano
strutturale-piano operativo. Il PUC (piano urbanistico  comunale)  e'
lo strumento urbanistico di primo livello, il cui sviluppo  operativo
e'  affidato  nei  distretti  di  trasformazione  al  PUO   (progetto
urbanistico operativo) (artt. 24 e seguenti della legge  reg.  n.  36
del 1997). Questa articolazione del piano comunale  consente  di  non
adottare decisioni puntuali immediate e di modulare  progressivamente
la prescrittivita' delle scelte urbanistiche mano a mano che maturano
le condizioni propizie alla concreta  realizzazione,  senza  che  sia
necessario ricorrere di volta in volta a  procedure  di  variante.  A
tale fine, determinati criteri e vincoli fissati dal piano  di  primo
livello  (densita'   abitativa,   popolazione   insediabile,   limiti
d'altezza delle costruzioni, standards urbanistici,  ed  altro)  sono
fisiologicamente  dotati  di  un  certo  margine  di   flessibilita',
principalmente negli ambiti (di trasformazione o di riqualificazione)
in cui non e' possibile prevedere quale sara' la specifica  tipologia
della domanda  d'insediamento,  ovvero  quando  occorrono  interventi
molto complessi che richiedono il coinvolgimento delle disponibilita'
finanziarie private. 
    Le disposizioni contestate peraltro non consentono  una  generica
flessibilita' delle previsioni del PUC, bensi'  autorizzano  soltanto
«indicazioni alternative» di elementi determinati (del tipo: funzioni
ammesse, dotazioni infrastrutturali, densita' territoriale, quantita'
di superficie da destinare a servizi pubblici), che devono mantenersi
inoltre entro limiti ragionevoli.  I  margini  di  flessibilita',  in
particolare, non possono comunque incidere «sul carico urbanistico  e
sul fabbisogno di standard urbanistici» (si veda art.  43,  comma  1,
della legge reg. Liguria n. 36 del 1997, come novellato  dalla  legge
impugnata). 
    6.2.-   Secondo   il   Governo    le    disposizioni    impugnate
introdurrebbero inoltre una surrettizia forma  di  condono  edilizio,
ponendosi in contrasto con gli artt. 30, comma 1, 36 e 37 del TUE. 
    La censura e' inammissibile per assoluta carenza di  argomenti  a
suo sostegno. 
    Il rimettente non chiarisce  per  quale  ragione  gli  interventi
edilizi    realizzati    in    contrasto    con     la     disciplina
urbanistico-edilizia  del  PUC  potrebbero  essere   «successivamente
legittimati sotto il profilo urbanistico ed edilizio». 
    Le  norme  sulle  modalita'  di  sviluppo  operativo  del   piano
urbanistico  comunale,  le   quali   contraddicono   apertamente   la
prospettazione del Governo, non vengono prese in  considerazione.  In
base a quanto previsto dall'art. 48 della legge reg.  Liguria  n.  36
del 1997, il  PUC  si  attua  negli  ambiti  di  conservazione  e  di
riqualificazione e negli ambiti  di  completamento  «sulla  base  del
titolo    edilizio    prescritto    dalla    vigente     legislazione
urbanistico-edilizia». I  distretti  di  trasformazione  sono  invece
attuati mediante il PUO, il quale contiene gli elementi  urbanistici,
edilizi, economici e  gestionali  idonei  a  realizzare  lo  sviluppo
operativo dei distretti di trasformazione. La  prevista  possibilita'
che il PUC detti le sole  condizioni  minime  di  trasformabilita'  e
rinvii alla successiva pianificazione operativa  la  puntualizzazione
delle costruzioni e delle  attivita'  concretamente  insediabili  non
legittima in alcun modo la sanatoria di interventi edilizi abusivi. 
    6.3.-  Secondo  il  ricorrente,  la  facolta'  per  i  Comuni  di
assentire  direttamente  in  sede  di  rilascio  dei  titoli  edilizi
varianti  non  essenziali  al  progetto  rientranti  nei  margini  di
flessibilita' (art. 60, comma 5, della legge reg. Liguria n.  36  del
1997, come novellato dall'art. 68, comma 7, della legge regionale  n.
11 del 2015) costituirebbe una violazione dell'art. 22, comma  2-bis,
del  TUE,  secondo  cui:  «Sono  realizzabili  mediante  segnalazione
certificata  d'inizio  attivita'  e  comunicate  a  fine  lavori  con
attestazione del professionista, le varianti a permessi di  costruire
che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano
conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate  dopo
l'acquisizione degli  eventuali  atti  di  assenso  prescritti  dalla
normativa sui vincoli paesaggistici,  idrogeologici,  ambientali,  di
tutela del patrimonio storico,  artistico  ed  archeologico  e  dalle
altre normative di settore». 
    La questione e' inammissibile perche' il ricorrente non spiega le
ragioni per  le  quali  vi  sarebbe  contrasto  tra  la  disposizione
censurata e  il  parametro  (interposto)  di  costituzionalita'.  Per
costante giurisprudenza di questa Corte, la  mera  indicazione  delle
norme da raffrontare, senza che siano forniti  argomenti  a  sostegno
del lamentato contrasto, non consente di valutare  la  compatibilita'
dell'una rispetto al contenuto precettivo  dell'altra  (ex  plurimis,
sentenze n. 120 del 2015 e n. 236 del 2011; ordinanze n. 26 del 2012,
n. 321 del 2010 e n. 181 del 2009). 
    In ogni caso, ai sensi dell'art. 22, comma  2-bis,  del  TUE,  le
varianti esecutive a permessi di costruire, ove non  configurino  una
variazione essenziale del progetto assentito e  siano  conformi  alle
prescrizioni urbanistico-edilizie, non richiedono il rilascio  di  un
nuovo  titolo  edilizio,  bensi'   sono   realizzabili   direttamente
dall'interessato mediante segnalazione certificata d'inizio attivita'
e  successiva  comunicazione  a  fine  lavori  con  attestazione  del
professionista. 
    L'art. 68 della impugnata legge reg. Liguria n. 11 del  2015  non
si occupa delle variazioni  esecutive  di  un  titolo  edilizio  gia'
assentito. La disposizione  regionale,  nello  specifico  ambito  dei
procedimenti di  natura  concertativa  connessi  alla  pianificazione
territoriale (accordi di pianificazione, di programma, conferenze  di
servizi), accorda al  Comune  la  (diversa)  facolta'  «di  assentire
direttamente in sede di titoli edilizi  varianti  non  essenziali  al
progetto rientranti nei margini di flessibilita',  da  prefissare  in
apposito elaborato facente parte di quelli costitutivi  del  progetto
approvato». 
    La disposizione regionale e quella statale hanno dunque contenuti
non sovrapponibili: la prima opera una semplificazione "a monte"  del
titolo edilizio, in quanto l'amministrazione in sede di  rilascio  di
quest'ultimo  deve  indicare  preventivamente   le   variazioni   non
essenziali che sono consentite; la seconda opera una  semplificazione
"a  valle"  del  titolo  edilizio,  in  quanto  consente  la  diretta
esecuzione di varianti in corso  d'opera,  con  l'unico  onere  della
previa segnalazione. 
    6.4.- Da ultimo, il Governo si duole del fatto che,  introducendo
la possibilita'  per  il  Comune  di  modificare  unilateralmente  la
disciplina  paesaggistica  contenuta  nel  PUC,  senza  prevedere  la
partecipazione  degli  organi  ministeriali,   le   norme   impugnate
violerebbero  l'art.  145  del  codice  dei  beni  culturali  e   del
paesaggio. 
    Nemmeno questa questione e' ammissibile. 
    Il contrasto con la norma interposta e' semplicemente  affermato,
senza  che  a  suo  sostegno  siano  offerti   argomenti   idonei   a
giustificare la pretesa lesione delle prerogative statali. 
    Il  Governo  muove  del  resto  da  un  erroneo  presupposto.  La
struttura "flessibile" del PUC non consente al Comune  di  modificare
unilateralmente  o  rendere  "flessibili"  i  vincoli  "eteronomi   e
sovraordinati" discendenti dalla disciplina paesistica. L'obbligo  di
conformazione dello strumento urbanistico alle prescrizioni del piano
paesaggistico, del resto, e' ribadito dall'art. 13 della  legge  reg.
Liguria n. 36 del 1997, nella formulazione vigente al  momento  della
proposizione del ricorso. 
    7.- L'art. 61, comma 6, della legge reg. Liguria n. 11  del  2015
ha aggiunto la lettera d-bis) al comma l  dell'art.  53  della  legge
reg.  Liguria  n.  36  del  1997,  il  quale  prevede:  «I  PUO  sono
considerati conformi  al  PUC  anche  qualora,  oltre  i  margini  di
flessibilita' previsti dal PUC e dal PUO, comportino: [...] d-bis) la
fissazione di distanze tra fabbricati inferiori  a  quelle  stabilite
dal PUC che risultino idonee ad  assicurare  un  equilibrato  assetto
urbanistico  e  paesaggistico  in  relazione  alle  tipologie   degli
interventi consentiti e tenuto conto degli  specifici  caratteri  dei
luoghi e  dell'allineamento  degli  immobili  gia'  esistenti,  fermo
restando comunque il rispetto delle norme del  codice  civile  e  dei
vincoli di interesse culturale e  paesaggistico.  Tale  riduzione  e'
applicabile anche nei confronti di edifici  ubicati  all'esterno  del
perimetro del PUO». 
    Secondo il Governo, la possibilita' di ridurre  le  distanze  tra
edifici anche  nei  confronti  di  edifici  ubicati  all'esterno  del
perimetro  del  PUO  contrasterebbe  con  l'art.  2-bis,   del   TUE.
Consentendo interventi edilizi  puntuali  in  deroga  alla  normativa
statale in materia di distanze, la disposizione regionale non sarebbe
diretta  a   soddisfare   esigenze   urbanistiche,   ma   regolerebbe
direttamente rapporti fra proprietari, invadendo cosi'  la  sfera  di
competenza legislativa esclusiva statale in materia  di  «ordinamento
civile». 
    7.1.- Secondo la giurisprudenza di questa Corte  sul  riparto  di
competenze in tema di distanze legali, «la disciplina delle  distanze
minime tra costruzioni rientra nella materia dell'ordinamento  civile
e, quindi, attiene alla competenza legislativa statale; alle  Regioni
e' consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite
nelle  normative  statali,  solo  a  condizione  che  la  deroga  sia
giustificata dall'esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al
governo del territorio. Dunque, se da un lato  non  puo'  essere  del
tutto  esclusa  una   competenza   legislativa   regionale   relativa
alle distanze tra gli  edifici,  dall'altro  essa,  interferendo  con
l'ordinamento civile, e' rigorosamente circoscritta dal suo  scopo  -
il governo del territorio -  che  ne  detta  anche  le  modalita'  di
esercizio» (sentenza n. 6 del 2013; nello stesso senso,  sentenze  n.
134 del 2014 e n. 114 del 2012; ordinanza n. 173 del 2011). 
    Si e' affermato di  conseguenza  che:  «Nella  delimitazione  dei
rispettivi ambiti di competenza - statale in materia di  "ordinamento
civile" e concorrente in materia di "governo del  territorio"  -,  il
punto di equilibrio e' stato rinvenuto nell'ultimo comma dell'art.  9
del d.m. n. 1444 del 1968, che questa Corte ha  piu'  volte  ritenuto
dotato di efficacia precettiva e inderogabile (sentenze  n.  114  del
2012 e n. 232 del 2005; ordinanza n. 173  del  2011).  Tale  disposto
ammette distanze inferiori  a  quelle   stabilite   dalla   normativa
statale, ma solo "nel caso di gruppi di edifici che  formino  oggetto
di  piani  particolareggiati  o   lottizzazioni   convenzionate   con
previsioni   planovolumetriche".   In    definitiva,    le    deroghe
all'ordinamento civile delle distanze tra edifici sono consentite  se
inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto
complessivo e unitario di determinate zone del  territorio  (sentenza
n. 6 del 2013)» (sentenza n. 134 del 2014). 
    Queste  conclusioni  devono  essere  ribadite  anche  alla   luce
dell'introduzione  -  ad  opera  dall'art.  30,  comma  1,  0a),  del
decreto-legge 21 giugno 2013, n.  69  (Disposizioni  urgenti  per  il
rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,
comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98 - dell'art. 2-bis del  TUE.
La  disposizione  recepisce  la  giurisprudenza  di   questa   Corte,
inserendo nel testo unico sull'edilizia i principi fondamentali della
vincolativita', anche per le regioni e le  province  autonome,  delle
distanze legali  stabilite  dal  decreto  del  Ministero  dei  lavori
pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e dell'ammissibilita' di deroghe solo
a condizione che  esse  siano  «inserite  in  strumenti  urbanistici,
funzionali  a  conformare  un  assetto  complessivo  e  unitario   di
determinate zone del  territorio»  (sentenza  n.  134  del  2014;  da
ultimo, sentenze n. 231, n. 185 e n. 178 del 2016). 
    7.2.- Su queste basi, la questione non e' fondata. 
    L'impugnato art. 61, comma 6, della legge reg. Liguria n. 11  del
2015  rientra  nell'ambito  applicativo  dell'art.  2-bis  del   TUE,
giacche', nel  disciplinare  i  «limiti  di  conformita'»  del  piano
operativo rispetto a quello strategico, consente al PUO  di  derogare
alle distanze previste nel PUC, il quale  a  sua  volta  -  in  forza
dell'art. 29-quinquies, comma 1, lettera b), della legge reg. Liguria
n. 36 del 1997, anch'esso inserito dall'art. 34, comma 1, della legge
regionale n. 11 del 2015, ma non impugnato  dal  Governo  -  potrebbe
averle fissate in misura anche inferiore a quanto previsto  nel  d.m.
n. 1444 del 1968. 
    La  disposizione  regionale,  tuttavia,  rispetta  le  condizioni
stabilite dall'art. 2-bis del  TUE,  in  quanto  la  possibilita'  di
derogare alle distanze minime e' accordata con la necessaria garanzia
dell'intermediazione  dello  strumento  urbanistico  e  al  fine   di
conformare in modo omogeneo  l'assetto  di  una  specifica  zona  del
territorio (circoscritta, per l'appunto, agli edifici ricompresi  nel
PUO),  e  non  con  riferimento  a   tipi   di   interventi   edilizi
singolarmente   considerati    (ristrutturazioni,    sopraelevazioni,
recupero di sottotetti, ed altro). 
    La previsione  regionale  non  risulta  priva  di  riferimento  a
specifiche esigenze del territorio neppure nella parte in cui dispone
che la riduzione delle distanze e' «applicabile anche  nei  confronti
di edifici ubicati all'esterno del perimetro del  PUO».  L'inciso  si
giustifica in ragione del fatto  che  il  territorio  comunale  viene
ripartito in plurimi ambiti (di conservazione,  di  riqualificazione,
di completamento) e distretti (di trasformazione), con la conseguente
necessita' che sia disciplinata anche la  distanza  tra  un  edificio
ricompreso nel perimetro di uno strumento  operativo  e  un  edificio
"frontista"  rispetto  al  primo,  ma  esterno  a  quel  perimetro  e
ricadente in  altro  ambito  o  distretto.  Anche  in  questa  parte,
pertanto, la  disposizione  regionale  e'  conforme  alla  disciplina
statale, in quanto, da un lato,  condiziona  l'operativita'  del  suo
precetto alla presenza di uno strumento urbanistico, dall'altro  lato
autorizza la riduzione delle distanze  solo  se  essa  e'  idonea  ad
assicurare un «equilibrato assetto  urbanistico  e  paesaggistico  in
relazione alle tipologie degli interventi consentiti e  tenuto  conto
degli  specifici  caratteri  dei  luoghi  e  dell'allineamento  degli
immobili gia' esistenti».