ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  32,  primo
comma, della legge 29 aprile 1949, n. 264 (Provvedimenti  in  materia
di  avviamento   al   lavoro   e   di   assistenza   dei   lavoratori
involontariamente disoccupati), promosso dal Tribunale  ordinario  di
Potenza nel procedimento tra  N.  T.  e  l'Istituto  nazionale  della
previdenza sociale  (INPS),  con  ordinanza  del  22  novembre  2013,
iscritta al n. 345 del registro ordinanze  2015  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  3,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2016. 
    Visti gli atti di costituzione di  N.  T.  e  dell'INPS,  nonche'
l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito nell'udienza pubblica del 6 giugno 2017 il Giudice relatore
Silvana Sciarra; 
    uditi gli avvocati Gioia Sacconi per N.  T.,  Antonietta  Coretti
per l'INPS e l'avvocato dello Stato Vincenzo Rago per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Tribunale ordinario di Potenza, in funzione di giudice del
lavoro, con ordinanza del 22 novembre 2013 (r.o. n. 345 del 2015), ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma,  e  38,  secondo
comma, della Costituzione, questioni di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 32, primo  comma,  della  legge  29  aprile  1949,  n.  264
(Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei
lavoratori involontariamente disoccupati), come modificato  dall'art.
1, comma 1, del decreto del Presidente della  Repubblica  3  dicembre
1970,  n.  1049  (Norme  in   materia   di   assicurazione   per   la
disoccupazione involontaria dei  lavoratori  agricoli),  secondo  cui
«L'obbligo dell'assicurazione contro la disoccupazione e' esteso:  a)
ai lavoratori agricoli che prestano la  loro  opera  retribuita  alle
altrui dipendenze, limitatamente alle categorie dei  salariati  fissi
ed assimilati, obbligati e braccianti fissi, giornalieri di campagna,
piccoli coloni e compartecipanti familiari e individuali, anche se in
via sussidiaria esercitano un'attivita'  agricola  in  proprio;  agli
stessi  spetta  l'indennita'  di  disoccupazione  qualora   risultino
iscritti negli elenchi di cui all'articolo 12 del  regio  decreto  24
settembre 1940, n. 1949, e successive modificazioni,  per  almeno  un
anno oltre che per quello per il quale e' richiesta l'indennita',  ed
abbiano conseguito nell'anno per il quale e' richiesta l'indennita' e
nell'anno  precedente  un  accredito  complessivo   di   almeno   102
contributi    giornalieri.    La    durata    della    corresponsione
dell'indennita' di disoccupazione e' pari, per i lavoratori  agricoli
predetti, alla differenza tra il numero di 270  ed  il  numero  delle
giornate di effettiva occupazione prestate nell'anno comprese  quelle
per  attivita'  agricole  in  proprio  o  coperte  da  indennita'  di
malattie, infortunio,  maternita',  e  sino  ad  un  massimo  di  180
giornate  annue;   b)   agli   impiegati,   anche   delle   pubbliche
amministrazioni, cui non sia  garantita  la  stabilita'  di  impiego,
senza limite di retribuzione». 
    1.1.- Il giudice rimettente riferisce in punto di fatto di essere
investito di un giudizio concernente la  domanda  del  ricorrente  di
«riconoscimento  dell'indennita'  di  disoccupazione  ordinaria   per
l'anno 2013». Lo stesso giudice a quo precisa che il ricorrente aveva
«rivestito   la   qualifica»   di   lavoratore   agricolo   a   tempo
indeterminato, era stato licenziato dal proprio datore di  lavoro  il
31  dicembre  2012,  a  decorrere  dal  1°  gennaio  2013,  e   aveva
tempestivamente richiesto  all'Istituto  nazionale  della  previdenza
sociale  (INPS),  in  sede  amministrativa,   sia   l'indennita'   di
disoccupazione ordinaria sia quella agricola. 
    1.2.-  Quanto  alla  rilevanza  delle  questioni,  il   Tribunale
rimettente  afferma  anzitutto  che,  «applicando  la  normativa   di
settore», nel caso di specie il ricorrente non  avrebbe  diritto  «ad
alcuna indennita' di disoccupazione». 
    Quanto alle ragioni di tale affermazione,  con  riguardo,  da  un
canto, all'indennita' di disoccupazione agricola, il  giudice  a  quo
espone che l'art. 32, primo comma, lettera a), della legge n. 264 del
1949,  limita  la  prestazione  previdenziale  ai  casi  in  cui   il
lavoratore dipendente abbia maturato «taluni requisiti  nell'anno  di
richiesta dell'indennita'», senza distinguere tra lavoratori agricoli
a tempo determinato e a tempo indeterminato, e che, nel caso  oggetto
del giudizio principale,  «il  ricorrente  per  l'anno  2012  avrebbe
diritto a zero giornate di disoccupazione, essendo  stato  licenziato
il 31.12.2012 e per l'anno 2013  vedrebbe  respinta  la  domanda  per
assenza dei contributi». 
    Con riguardo, d'altro  canto,  all'indennita'  di  disoccupazione
ordinaria, il giudice a quo asserisce che,  ancorche'  «la  normativa
vigente in materia» preveda invece la possibilita',  in  presenza  di
determinati requisiti personali e contributivi, di riconoscerla per i
periodi  di  effettiva  mancanza  dell'attivita'  lavorativa   «anche
nell'anno  successivo  all'ultimo  per  i  quali  [sic]  vi  sono   i
contributi», detta indennita', tuttavia, «non  potrebbe  spettare  al
ricorrente, in  quanto  essendo  lavoratore  agricolo,  non  potrebbe
vantare i 52 contributi settimanali richiesti nel biennio  precedente
alla  domanda,  pur  avendoli  maturati  in  concreto,  se   la   sua
prestazione fosse considerata non agricola». 
    Il rimettente conclude sul punto affermando di ritenere  «che  in
conseguenza della disciplina di settore [...] dovrebbe  rigettare  il
ricorso». 
    1.3.- Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni,  il
Tribunale ordinario di Potenza afferma  che  il  censurato  art.  32,
primo comma, si pone in contrasto sia con l'art. 3 Cost.,  sotto  due
distinti profili, sia con l'art. 38, secondo comma, Cost. 
    1.3.1.- Secondo il giudice a quo, l'art. 3 Cost. sarebbe leso, in
primo luogo, perche' la disposizione censurata, non distinguendo  tra
lavoratori agricoli a tempo determinato e lavoratori agricoli a tempo
indeterminato, sottoporrebbe tali diverse situazioni a un trattamento
irragionevolmente uguale, congruo per i primi, per  i  quali  «vi  e'
ontologicamente  un'alternanza  all'interno  dello  stesso  anno   di
periodi lavorati e periodi non lavorati», ma non per i  secondi,  che
«si  trovano  a  veder  lesionato  il  loro   diritto   al   sostegno
previdenziale, nelle ipotesi in cui la  cessazione  involontaria  del
loro rapporto  di  lavoro  intervenga  a  ridosso  della  conclusione
dell'anno di riferimento». 
    1.3.2.- Lo stesso art. 3 Cost. sarebbe violato, in secondo luogo,
per l'irragionevole deteriore trattamento previdenziale riservato dal
censurato art. 32,  primo  comma,  ai  lavoratori  agricoli  a  tempo
indeterminato rispetto a quello previsto  per  la  generalita'  degli
altri lavoratori a tempo indeterminato. 
    Secondo il rimettente, tale  deteriore  trattamento  non  avrebbe
giustificazione  alcuna,  atteso  che  le  menzionate  categorie   di
lavoratori   sarebbero   «sostanzialmente   omogenee»    in    quanto
«partecipano dei  medesimi  elementi  (rapporto  di  lavoro  e  tempo
indeterminato) e sono esposte  ai  medesimi  rischi  di  interruzione
involontaria dell'impiego (in  particolare  il  recesso  datoriale)»,
distinguendosi solo per  la  natura  dell'attivita'  svolta.  Non  vi
sarebbero quindi ragioni - sempre ad avviso del giudice a quo -  «per
concedere soltanto ad una categoria l'indennita'  di  disoccupazione,
laddove il dipendente appartenente all'altra categoria abbia maturato
tutti i presupposti che la legge (D.L. n. 1827/1935 art. 73 e seg.  e
successive modificazioni) prevede per l'indennita' di  disoccupazione
ordinaria». 
    1.3.3.-  Secondo  il  Tribunale   rimettente,   la   disposizione
impugnata contrasterebbe,  infine,  con  l'art.  38,  secondo  comma,
Cost., «nel  momento  in  cui»  impedisce  al  lavoratore  dipendente
agricolo a tempo indeterminato di  «godere  di  un  sostegno»  quando
involontariamente si trovi senza lavoro. 
    L'art. 32,  primo  comma,  della  legge  n.  264  del  1949,  non
prevedrebbe i «mezzi adeguati alle [...] esigenze di vita» del  detto
lavoratore,   ai   quali   fa   riferimento   l'invocato    parametro
costituzionale, in particolare, «laddove la cessazione  del  rapporto
di lavoro intervenga in un periodo che annulla i presupposti  per  la
concessione dell'indennita' di disoccupazione agricola». 
    Il Tribunale ordinario di Potenza afferma conclusivamente che «la
non  estensione  della  disciplina  prevista   per   la   concessione
dell'indennita' di disoccupazione ordinaria alle  ipotesi  di  lavoro
subordinato agricolo a tempo indeterminato conduce  ad  annullare  il
sostegno per il lavoratore involontariamente cessato dal lavoro». 
    2.- Si e' costituito nel giudizio di legittimita'  costituzionale
il ricorrente  nel  giudizio  principale,  chiedendo  alla  Corte  di
dichiarare le questioni fondate. 
    Nel richiamare quanto esposto nell'ordinanza  di  rimessione,  la
parte costituita  afferma  anzitutto  che  l'art.  32,  primo  comma,
lettera a), della legge n. 264 del 1949, non dettando una  disciplina
differenziata delle diverse  situazioni  dei  lavoratori  agricoli  a
tempo determinato e dei lavoratori agricoli  a  tempo  indeterminato,
creerebbe  «una  non  ragionevole  disuguaglianza   sostanziale   tra
cittadini davanti alla legge», violando sia l'art. 3 Cost. sia l'art.
38,  secondo  comma,  Cost.;  cio'  in   quanto,   applicando   detta
disposizione, la parte costituita, essendo  stata  licenziata  il  31
dicembre  2012,   «avrebbe   diritto   a   0   (zero)   giornate   di
disoccupazione». 
    Sotto un  secondo  profilo,  la  difesa  della  parte  costituita
afferma che, poiche' l'art. 38, secondo comma, Cost., «prefigura  una
sorta di nucleo minimo di tutela da riconoscersi universalmente»  con
riguardo a provvidenze destinate al sostentamento e alla salvaguardia
di condizioni di vita accettabili della persona, qualsiasi discrimine
fra cittadini circa il godimento delle stesse  sarebbe  in  contrasto
con il principio di non discriminazione  di  cui  all'art.  14  della
Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a  Roma  il  4  novembre  1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955,  n.  848.  Il
fatto che le  due  categorie  di  lavoratori  a  tempo  indeterminato
agricoli e non agricoli,  ancorche'  «sostanzialmente  omogenee»,  in
quanto si distinguono  solo  per  la  natura  dell'attivita'  svolta,
ricevano tutele previdenziali contro la  disoccupazione  involontaria
diverse assumerebbe, quindi,  il  carattere  di  una  discriminazione
irragionevole. 
    3.- Si e' costituito nel giudizio l'INPS, resistente nel processo
principale, chiedendo che le  questioni  sollevate  siano  dichiarate
inammissibili o infondate. 
    3.1.- L'Istituto costituito precisa anzitutto, in punto di fatto,
di essere stato convenuto nel giudizio a quo, con ricorso  depositato
nella cancelleria del Tribunale ordinario di  Potenza  il  29  agosto
2013, da N.  T.,  il  quale,  nell'atto  introduttivo  del  giudizio,
esponeva: di avere  lavorato  presso  una  societa'  in  qualita'  di
salariato  agricolo  fisso,  cioe'  di  operaio  agricolo   a   tempo
indeterminato, e di  essere  stato  licenziato  a  decorrere  dal  1°
gennaio 2013;  di  avere  presentato  all'INPS,  presso  la  sede  di
Potenza, il 7 gennaio  2013,  la  domanda  amministrativa  diretta  a
ottenere l'indennita' ordinaria di disoccupazione  «(non  agricola)»;
che l'INPS aveva rigettato tale domanda  per  difetto  dei  requisiti
previsti dalla legge, in particolare, di quello  «dei  52  contributi
settimanali  non  agricoli  nel  biennio  precedente   la   data   di
licenziamento», in quanto risultavano accreditati soltanto contributi
versati come lavoratore agricolo; di avere poi  presentato  all'INPS,
presso la sede competente, il 18  marzo  2013,  un'ulteriore  domanda
amministrativa diretta  a  ottenere  l'indennita'  di  disoccupazione
agricola; che l'INPS aveva rigettato anche tale domanda «per  difetto
di giornate indennizzabili», in quanto il richiedente «aveva lavorato
per l'intero anno di riferimento, cioe' l'anno precedente fino al  31
dicembre 2012». L'INPS aggiunge che il ricorrente nel giudizio a quo,
nel proprio  ricorso,  chiedeva  all'adito  Tribunale  di  accogliere
queste conclusioni: «1) in via principale, dichiarare il diritto  del
ricorrente al trattamento ordinario di disoccupazione per l'anno 2013
nella misura e nella  durata  corrispondente  a  quella  di  tutti  i
lavoratori a tempo indeterminato, con condanna dell'INPS al pagamento
dei relativi ratei oltre interessi; 2) in  via  meramente  gradata  e
subordinata,  sospendere  il  presente   giudizio   dichiarando   non
manifestamente infondata la questione di costituzionalita'  dell'art.
32, comma 1°, lett. a, legge  n°  264  del  29.04.1949  e  successive
modificazioni, nella parte in  cui  richiede  per  la  corresponsione
dell'indennita' di disoccupazione per i lavoratori agricoli  a  tempo
indeterminato un accredito complessivo di 102 contributi  giornalieri
nell'anno in cui e' richiesta  l'indennita'  e  nell'anno  precedente
(assimilandone, ope legis, la  disciplina  agli  operari  agricoli  a
tempo  determinato)  in  relazione  agli   artt.   3   e   38   della
Costituzione». 
    3.2.- Dopo avere illustrato il contesto normativo  nel  quale  le
questioni  proposte  si  inquadrano,   nonche'   le   caratteristiche
dell'indennita' ordinaria di disoccupazione prevista per i lavoratori
subordinati agricoli, la difesa dell'INPS prospetta  tre  ragioni  di
inammissibilita' delle questioni sollevate. 
    3.2.1.- Queste  sarebbero  inammissibili,  in  primo  luogo,  per
l'indeterminatezza e l'ambiguita' del petitum, poiche', da  un  lato,
l'ordinanza di rimessione non indica se alla Corte costituzionale sia
richiesta una  pronuncia  che  cancelli  la  norma  censurata  o  una
pronuncia  additiva,   dai   contenuti,   peraltro,   non   chiariti;
dall'altro, anche qualora si  ritenesse  che  il  giudice  rimettente
abbia inteso  chiedere  alla  Corte  una  pronuncia  che  estenda  ai
lavoratori del settore  agricolo  il  trattamento  di  disoccupazione
previsto per  i  lavoratori  degli  altri  settori,  egli  omette  di
individuare in modo puntuale  e  univoco  quale  tipo  di  intervento
dovrebbe essere, in concreto, operato ai fini  del  conseguimento  di
tale obiettivo. 
    3.2.2.-  Le  questioni  sollevate  sarebbero  inammissibili,   in
secondo  luogo,  per  l'erronea  individuazione  della   disposizione
denunciata (cosiddetta  aberratio  ictus)  o,  comunque,  del  quadro
normativo, in quanto l'impugnato art. 32, primo comma, della legge n.
264 del 1949, sarebbe  «non  pertinente  rispetto  all'oggetto  delle
censure». Poiche' queste vertono sull'impossibilita'  di  riconoscere
ai lavoratori agricoli a tempo indeterminato  lo  stesso  trattamento
previdenziale contro la disoccupazione previsto per  i  lavoratori  a
tempo  indeterminato  di  settori  non  agricoli,  le  questioni   di
legittimita' costituzionale avrebbero dovuto avere a oggetto, ratione
temporis, l'art. 2, comma 3,  della  legge  28  giugno  2012,  n.  92
(Disposizioni in materia di riforma del mercato  del  lavoro  in  una
prospettiva di crescita), che ha escluso gli operai agricoli, a tempo
indeterminato   o   determinato,    dall'ambito    di    applicazione
dell'assicurazione sociale per  l'impiego  (ASpI),  istituto  che  ha
sostituito,  a  decorrere  dal  1°  gennaio   2013,   l'assicurazione
obbligatoria contro la disoccupazione involontaria. 
    3.2.3.- Ad avviso dell'INPS,  le  questioni  sollevate  sarebbero
inammissibili, infine, anche perche' con esse si  richiederebbe  alla
Corte un intervento  inevitabilmente  «additivo-manipolativo  non  "a
rime obbligate" [...] ovvero non [...] costituzionalmente obbligato»,
rientrando nella discrezionalita' del legislatore limitare la  tutela
contro la disoccupazione involontaria in  base  alla  natura  e  alle
caratteristiche  dell'attivita'  lavorativa  espletata,   oltre   che
disciplinare il connesso  regime  della  contribuzione  necessaria  e
delle prestazioni erogate, al fine di mantenere l'equilibrio generale
del sistema delle gestioni previdenziali  relative  alle  prestazioni
non pensionistiche e in coerenza, quindi, con il limite delle risorse
disponibili nonche' con il principio di solidarieta' di cui  all'art.
2 Cost. 
    3.3.- Nel  merito,  l'INPS  asserisce  l'infondatezza  delle  tre
questioni sollevate. 
    3.3.1.- Quanto alla prima di esse, la difesa  dell'Istituto  nega
che la previsione di un unico trattamento di disoccupazione a  favore
dei  lavoratori  agricoli,  senza  distinguere  tra  quelli  a  tempo
indeterminato e quelli a tempo  determinato,  violi  l'art.  3  Cost.
sotto il (primo) profilo prospettato  dall'ordinanza  di  rimessione,
dovendosi anzitutto considerare, in senso contrario, che i lavoratori
di  entrambe  le  menzionate  categorie,  che  abbiano  lavorato  per
l'intero anno al  termine  del  quale  sopravviene  l'estinzione  del
rapporto di lavoro,  non  maturano  alcun  diritto  alla  prestazione
previdenziale contro la disoccupazione. 
    Da cio' consegue - sempre secondo l'INPS - che  la  quantita'  di
lavoro svolto nell'anno  di  riferimento  costituisce  un  mero  dato
fattuale,   insuscettibile    di    incidere    sulla    legittimita'
costituzionale della disciplina denunciata. 
    La circostanza che il lavoratore a tempo determinato, di  regola,
venga a trovarsi privo di  occupazione  con  maggiore  frequenza  del
lavoratore a tempo indeterminato non comporta -  prosegue  ancora  la
difesa dell'INPS -  che  questi  si  possa  dolere  di  tale  mera  e
accidentale circostanza di  fatto,  non  potendo  certo  considerarsi
discriminato  chi,  godendo  di  una  situazione  di  stabilita'  del
rapporto di lavoro, piu' difficilmente incorre  nella  situazione  di
bisogno definita dal legislatore con  riguardo  alla  previdenza  nel
lavoro agricolo. 
    3.3.2.-  Quanto  alla  seconda  questione  sollevata,  la  difesa
dell'INPS asserisce che la denunciata discriminazione dei  lavoratori
agricoli a tempo indeterminato rispetto alla generalita' degli  altri
lavoratori a tempo indeterminato  e'  esclusa  in  radice  dalla  non
omogeneita' dei  due  termini  posti  a  raffronto,  sussistendo  una
diversita' strutturale dei rapporti di lavoro delle due categorie  di
lavoratori e non essendo, quindi, comparabili, in quanto  eterogenee,
le diverse situazioni  di  quelli  assunti  da  imprese  del  settore
agricolo e di quelli assunti da imprese di altri settori. 
    Infatti - prosegue la difesa dell'INPS - la vigente normativa  di
tutela contro la disoccupazione nel settore agricolo e'  distinta  da
quella prevista per gli altri comparti produttivi perche' fa parte di
un corpus di  norme  di  favore  per  i  datori  di  lavoro  agricoli
storicamente giustificata dalle differenze di sistemi produttivi e di
organizzazione  aziendale,  collegati   anche   all'incidenza   delle
stagioni e degli eventi meteorologici a esse connessi. La  diversita'
e la specificita' del lavoro nel settore agricolo rispetto  a  quello
prestato in altri  settori  -  che  si  riflette  anche  nel  diverso
inquadramento  ai  fini  previdenziali  e  assistenziali   ai   sensi
dell'art. 49 della  legge  9  marzo  1989,  n.  88  (Ristrutturazione
dell'Istituto nazionale  della  previdenza  sociale  e  dell'Istituto
nazionale per l'assicurazione contro  gli  infortuni  sul  lavoro)  -
comporterebbe  e  giustificherebbe  le  specificita'  riguardanti  la
misura  e  la  riscossione   dei   contributi,   l'individuazione   e
l'accertamento  dei  soggetti   protetti,   nonche'   la   disciplina
sostanziale  delle  prestazioni  previdenziali  in  agricoltura,   in
specie, dello statuto previdenziale della disoccupazione involontaria
(con riguardo alla disciplina della contribuzione, dei  requisiti  di
attribuzione, del periodo indennizzato, delle modalita' e  dei  tempi
di erogazione e degli ulteriori aspetti). 
    L'Istituto costituito afferma conclusivamente sul  punto  che  le
diversita' e peculiarita' delle due categorie di lavoratori  a  tempo
indeterminato poste a raffronto giustificano le diverse modalita'  di
tutela contro la disoccupazione per esse previste dalla legge. 
    3.3.3.- La difesa  dell'INPS  nega  infine  che  la  disposizione
impugnata violi l'art. 38, secondo comma, Cost. 
    Come evidenziato anche a  proposito  delle  prime  due  questioni
sollevate - si  sostiene  -  la  prevista  prestazione  previdenziale
contro la disoccupazione in agricoltura e' incentrata  esclusivamente
sulla tutela dallo stato di bisogno che consegue alla cessazione, non
dipendente dalla volonta' del lavoratore, del rapporto di lavoro  nel
corso dell'anno, tutela costruita per reintegrare ex post il  reddito
mancante nell'anno di riferimento, che e' quello  anteriore  all'anno
della richiesta e dell'erogazione del trattamento previdenziale. 
    Cio'  detto,  la  difesa  dell'INPS  cita  il  punto   4.2.   (in
particolare, il terzo, quarto e quinto capoverso di tale  punto)  del
Considerato in diritto della sentenza della Corte  costituzionale  n.
215 del 2014, la'  dove  e'  ricostruita  la  portata  dell'art.  38,
secondo comma, Cost. 
    4.- E' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  le  questioni  sollevate   siano   dichiarate
inammissibili o manifestamente infondate. 
    4.1.- Anche l'Avvocatura generale dello Stato  prospetta  diverse
ragioni di inammissibilita' delle questioni sollevate. 
    4.1.1.-   Queste   sarebbero   inammissibili,   anzitutto,    per
irrilevanza,  in  quanto  la  domanda  del  ricorrente  nel  giudizio
principale  di  riconoscimento  dell'indennita'   di   disoccupazione
ordinaria per l'anno 2013 avrebbe dovuto essere rigettata dal giudice
a quo «senza la necessita' di sollevare la questione di  legittimita'
costituzionale». Infatti, era  richiesta  una  prestazione  che,  per
l'anno cui essa si riferisce, non era piu' prevista dall'ordinamento,
essendo stata sostituita, a norma dell'art. 2, comma 1,  della  legge
n. 92 del 2012, dall'ASpI. 
    4.1.2.-  Le  questioni  sollevate  sarebbero  inammissibili  -  e
comunque infondate - in secondo luogo, perche' il rimettente  avrebbe
omesso  di  esplorare  la  possibilita'  di  dare  un'interpretazione
costituzionalmente orientata dell'art. 32, primo comma,  lettera  a),
della legge n. 264 del 1949,  tale  da  escludere  la  necessita'  di
sollevarle. In  particolare,  un'interpretazione  che  intendesse  il
requisito  per  ottenere  l'indennita'  di  disoccupazione   agricola
dell'avere  «conseguito  nell'anno  per   il   quale   e'   richiesta
l'indennita' e  nell'anno  precedente  un  accredito  complessivo  di
almeno 102 contributi giornalieri», nel senso che tali contributi non
debbano essere necessariamente «suddivisi» tra i  detti  due  anni  -
come mostra di ritenere il giudice rimettente  -  ma  possano  essere
accreditati anche in uno solo di essi. 
    4.1.3.- Secondo la difesa dello  Stato,  le  questioni  sollevate
sarebbero inammissibili, infine, per  difetto  di  motivazione  sulla
rilevanza. Cio' in quanto, posta la  necessita'  di  interpretare  la
disposizione impugnata nel senso che  i  102  contributi  giornalieri
necessari  per  ottenere  l'indennita'  di  disoccupazione   agricola
possono essere  accreditati  anche  in  uno  solo  dei  due  anni  di
riferimento (quello «per il quale e' richiesta l'indennita'» o quello
«precedente»), l'ordinanza di rimessione non indica quanti contributi
giornalieri fossero stati accreditati al ricorrente  nel  giudizio  a
quo  nell'anno  precedente  a  quello  per  il  quale  e'   richiesta
l'indennita' (in particolare, nell'anno 2012, l'unico  nel  quale  il
ricorrente  nel  giudizio  a  quo  aveva  conseguito  l'accredito  di
contributi). 
    4.2.- «Sotto altro profilo» la difesa dello Stato rappresenta che
l'accoglimento delle questioni sollevate,  comportando  l'ampliamento
della  platea  dei  beneficiari  dell'indennita'  di   disoccupazione
agricola, determinerebbe  nuovi  o  maggiori  oneri  per  la  finanza
pubblica. 
    4.3.- Secondo l'Avvocatura generale  dello  Stato,  le  sollevate
questioni sarebbero manifestamente infondate «del pari» in base  alla
considerazione che l'art. 32, primo comma, della  legge  n.  264  del
1949 non introduce alcuna disparita' di  trattamento  tra  lavoratori
agricoli  a  tempo  determinato  e  lavoratori   agricoli   a   tempo
indeterminato, ne' prevede requisiti  per  ottenere  l'indennita'  di
disoccupazione agricola che possano essere  «molto  piu'  facilmente»
soddisfatti dai primi che non dai secondi. 
    In proposito, la difesa dello Stato osserva conclusivamente  che,
quand'anche il ricorrente nel giudizio a quo avesse lavorato fino  al
31 dicembre  2012  in  virtu'  di  un  rapporto  di  lavoro  a  tempo
determinato, anziche', come nella fattispecie  oggetto  del  giudizio
principale, a tempo indeterminato, egli non avrebbe parimenti titolo,
nella prospettiva adottata dal rimettente, per ottenere la  richiesta
indennita' di disoccupazione agricola. 
    5.- In prossimita' dell'udienza pubblica, l'INPS,  il  ricorrente
nel giudizio principale e il Presidente del  Consiglio  dei  ministri
hanno depositato memorie con le quali, nel  ribadire  le  conclusioni
gia' rassegnate nei loro  precedenti  scritti  difensivi,  illustrano
ulteriormente le proprie rispettive posizioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Nel corso di un giudizio promosso da un lavoratore agricolo a
tempo indeterminato licenziato il 31 dicembre  2012,  con  decorrenza
dal  1°  gennaio  2013,  al  fine  di  ottenere  il   «riconoscimento
dell'indennita' di disoccupazione  ordinaria  per  l'anno  2013»,  il
Tribunale ordinario di Potenza, in funzione di giudice del lavoro, ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma,  e  38,  secondo
comma, della Costituzione, questioni di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 32, primo  comma,  della  legge  29  aprile  1949,  n.  264
(Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei
lavoratori involontariamente disoccupati). 
    La disposizione censurata, nell'estendere ai lavoratori  agricoli
l'obbligo dell'assicurazione contro la  disoccupazione  involontaria,
prevede che l'indennita' di disoccupazione agricola e' riconosciuta a
tali lavoratori alla duplice condizione che essi  risultino  iscritti
negli elenchi nominativi dei lavoratori dell'agricoltura  per  almeno
un anno oltre che per quello per il quale e' richiesta l'indennita' e
«abbiano conseguito nell'anno per il quale e' richiesta  l'indennita'
e  nell'anno  precedente  un  accredito  complessivo  di  almeno  102
contributi giornalieri». 
    A  proposito  della  rilevanza  delle  questioni,  il  rimettente
afferma che, «applicando la normativa di settore», il ricorrente  non
avrebbe diritto «ad alcuna indennita' di disoccupazione». 
    In particolare, quanto all'indennita' di disoccupazione agricola,
«il ricorrente per l'anno 2012 avrebbe diritto  a  zero  giornate  di
disoccupazione, essendo stato licenziato il 31.12.2012 e  per  l'anno
2013 vedrebbe respinta la domanda per assenza dei contributi». 
    Quanto, invece, all'indennita' di disoccupazione ordinaria,  essa
«non potrebbe spettare al ricorrente, in  quanto  essendo  lavoratore
agricolo, non potrebbe vantare i 52 contributi settimanali  richiesti
nel  biennio  precedente  alla  domanda,  pur  avendoli  maturati  in
concreto, se la sua prestazione fosse considerata non agricola». 
    Il Tribunale di Potenza conclude affermando « che in  conseguenza
della disciplina di settore [...] dovrebbe rigettare il ricorso». 
    Lo stesso Tribunale ritiene pero' che il censurato art. 32, primo
comma, si ponga in contrasto sia con l'art. 3,  primo  comma,  Cost.,
sotto due distinti profili, sia con l'art. 38, secondo comma, Cost. 
    L'art. 3 Cost.  sarebbe  leso,  in  primo  luogo,  in  quanto  la
disposizione denunciata prevedrebbe un trattamento  irragionevolmente
uguale delle diverse  situazioni  dei  lavoratori  agricoli  a  tempo
determinato e dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato,  che  si
rivelerebbe congruo per i primi,  ma  non  per  i  secondi,  che  «si
trovano a veder lesionato il loro diritto al sostegno  previdenziale,
nelle ipotesi in cui la cessazione involontaria del loro rapporto  di
lavoro  intervenga  a  ridosso   della   conclusione   dell'anno   di
riferimento». 
    Lo stesso art. 3 Cost. sarebbe violato, in secondo luogo, perche'
la suddetta disposizione prevedrebbe un trattamento irragionevolmente
deteriore dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato rispetto alla
generalita'  degli  altri  lavoratori  a  tempo  indeterminato,   non
essendovi «ragioni per concedere soltanto ad  una  categoria  [quella
della generalita' dei lavoratori a tempo indeterminato]  l'indennita'
di  disoccupazione,  laddove  il  dipendente  appartenente  all'altra
categoria [dei  lavoratori  agricoli  a  tempo  indeterminato]  abbia
maturato  tutti  i  presupposti  che  la  legge  [...]  prevede   per
l'indennita' di disoccupazione ordinaria». 
    L'art.  32,  primo  comma,  della   legge   n.   264   del   1949
contrasterebbe, infine, con  l'art.  38,  secondo  comma,  Cost.,  in
quanto non prevedrebbe mezzi  adeguati  alle  esigenze  di  vita  del
lavoratore  agricolo  a  tempo   indeterminato   in   caso   di   sua
disoccupazione involontaria «laddove la cessazione  del  rapporto  di
lavoro intervenga in un periodo che  annulla  i  presupposti  per  la
concessione dell'indennita' di disoccupazione agricola». 
    2.- Preliminarmente, devono essere esaminate le sei eccezioni  di
inammissibilita'  prospettate,  tre   per   ciascuno,   dall'Istituto
nazionale della  previdenza  sociale  (INPS)  e  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
    2.1.-  Secondo   l'INPS,   le   questioni   sollevate   sarebbero
inammissibili, in primo luogo, per l'indeterminatezza e  l'ambiguita'
del petitum atteso che, da un lato,  l'ordinanza  di  rimessione  non
indica se alla Corte venga richiesta una pronuncia  che  cancelli  la
norma censurata o una pronuncia additiva,  dai  contenuti,  peraltro,
non chiariti; dall'altro, anche qualora si ritenesse che  il  giudice
rimettente  abbia  inteso  chiedere  una  pronuncia  che  estenda  ai
lavoratori del settore  agricolo  il  trattamento  di  disoccupazione
previsto per  i  lavoratori  degli  altri  settori,  egli  omette  di
individuare quale tipo di intervento dovrebbe  essere,  in  concreto,
operato ai fini del conseguimento di tale obiettivo. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Dal passaggio conclusivo dell'ordinanza di rimessione - la'  dove
si lamenta,  specificamente,  «la  non  estensione  della  disciplina
prevista  per  la  concessione  dell'indennita'   di   disoccupazione
ordinaria  alle  ipotesi  di  lavoro  subordinato  agricolo  a  tempo
indeterminato» - e dal  tenore  complessivo  della  stessa  ordinanza
risulta  con  sufficiente  chiarezza  come  il  rimettente  Tribunale
ordinario di Potenza miri a una pronuncia, di tipo manipolativo,  che
estenda ai lavoratori a tempo indeterminato del settore  agricolo  il
trattamento comune di  disoccupazione  previsto  dalla  legge  per  i
lavoratori degli altri settori. Tanto basta al  fine  di  comprendere
sia  l'obiettivo  perseguito  dal  giudice  a  quo  sia  il  tipo  di
intervento che questa Corte dovrebbe operare per conseguirlo. 
    2.2.- Secondo lo stesso INPS, le  questioni  sollevate  sarebbero
inammissibili, in secondo luogo, per l'erronea  individuazione  della
disposizione denunciata (cosiddetta aberratio ictus). Cio' in  quanto
l'impugnato art. 32, primo comma, sarebbe  «non  pertinente  rispetto
all'oggetto delle censure», dato  che,  poiche'  queste  vertono,  in
effetti, sull'impossibilita' di riconoscere ai lavoratori agricoli  a
tempo indeterminato lo stesso trattamento  contro  la  disoccupazione
previsto per i  lavoratori  a  tempo  indeterminato  di  settori  non
agricoli, le questioni avrebbero  dovuto  avere  a  oggetto,  ratione
temporis, l'art. 2, comma 3,  della  legge  28  giugno  2012,  n.  92
(Disposizioni in materia di riforma del mercato  del  lavoro  in  una
prospettiva di crescita), che ha escluso gli operai agricoli, a tempo
indeterminato o determinato, dall'ambito di  applicazione  del  nuovo
istituto dell'assicurazione sociale per l'impiego (ASpI). 
    L'eccezione non e' fondata. 
    Come si e' detto al punto 2.1., il Tribunale ordinario di Potenza
auspica l'estensione ai lavoratori a tempo indeterminato del  settore
agricolo del trattamento  comune  di  disoccupazione  previsto  dalla
legge per i lavoratori degli altri settori. Rispetto a tale  petitum,
la denuncia di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  32,  primo
comma, della legge n. 264 del  1949,  appare  senz'altro  conferente.
Infatti, il contenuto normativo di tale disposizione, secondo cui  ai
lavoratori  agricoli  a  tempo  indeterminato  spetta  uno   speciale
trattamento di disoccupazione,  comporta,  gia'  di  per  se  stesso,
l'esclusione dei menzionati lavoratori  dall'ambito  di  applicazione
del comune trattamento di disoccupazione che il  rimettente  vorrebbe
fosse loro esteso. Cio' e' sufficiente per ritenere la non fondatezza
dell'eccezione di inammissibilita', dovendosi escludere che sia stata
sottoposta   a   scrutinio   di   legittimita'   costituzionale   una
disposizione non pertinente rispetto all'oggetto delle censure. 
    2.3.- In terzo luogo, sempre ad avviso  dell'INPS,  le  questioni
sarebbero inammissibili in quanto con esse  verrebbe  richiesto  alla
Corte     costituzionale      un      intervento      inevitabilmente
«additivo-manipolativo non "a rime obbligate" [...] ovvero non  [...]
costituzionalmente   obbligato»,    atteso    che    rientra    nella
discrezionalita'  del  legislatore  limitare  la  tutela  contro   la
disoccupazione   involontaria   in   base   alla   natura   e    alle
caratteristiche  dell'attivita'  lavorativa  espletata,   oltre   che
disciplinare il connesso  regime  della  contribuzione  necessaria  e
delle prestazioni erogate. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    La possibilita'  che  il  legislatore  disciplini  variamente  la
tutela contro la disoccupazione, al fine  di  adeguarla  alla  natura
delle diverse attivita' lavorative (sentenza n. 160  del  1974),  non
esclude che le differenze di trattamento tra le  varie  categorie  di
lavoratori debbano essere «razionalmente giustificabili»,  in  quanto
fondate su «valide e sostanziali ragioni», e che la  scelta  compiuta
dal legislatore debba «essere tale da costituire piena garanzia,  per
i lavoratori, al conseguimento  delle  previdenze  alle  quali  hanno
diritto» (sentenza n. 160 del 1974). Ne consegue che  la  sussistenza
della discrezionalita' legislativa invocata dall'INPS non esclude  la
necessita' di verificare nel merito le scelte operate dal legislatore
con riguardo al peculiare trattamento di disoccupazione previsto  per
i lavoratori (a tempo indeterminato) del settore agricolo. 
    2.4.- Passando a esaminare le eccezioni sollevate dal  Presidente
del Consiglio dei ministri,  questi  ha  eccepito  l'inammissibilita'
delle questioni, in  primo  luogo,  per  irrilevanza,  in  quanto  la
domanda del ricorrente  nel  giudizio  principale  di  riconoscimento
dell'indennita' di disoccupazione ordinaria per l'anno  2013  avrebbe
dovuto essere rigettata dal giudice a quo  «senza  la  necessita'  di
sollevare la questione di legittimita' costituzionale»,  atteso  che,
con la detta domanda, era stata richiesta una  prestazione  non  piu'
prevista dall'ordinamento, per l'anno cui si riferisce, essendo stata
sostituita, a norma dell'art. 2, comma 1, della legge n. 92 del 2012,
dall'ASpI. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    La prestazione richiesta, per l'anno  2013,  dal  ricorrente  nel
giudizio principale - che, in base a quanto riportato  dall'ordinanza
di  rimessione,  era  stato  licenziato  il  31  dicembre  2012,  con
decorrenza dal 1° gennaio 2013 - e'  costituita,  secondo  la  stessa
ordinanza,  dalla  «indennita'  di  disoccupazione  ordinaria».  Tale
locuzione  ben  puo'  essere  riferita  alla  prestazione,   definita
«indennita' mensile di disoccupazione», fornita dall'ASpI  che,  «[a]
decorrere dal 1° gennaio 2013 e  in  relazione  ai  nuovi  eventi  di
disoccupazione verificatisi a decorrere dalla predetta data» (art. 2,
comma 1, della legge n. 92 del 2012), ha  sostituito  l'assicurazione
obbligatoria contro la  disoccupazione  involontaria  prevista  dagli
articoli da 73 a 75 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935,  n.  1827
(Perfezionamento  e  coordinamento   legislativo   della   previdenza
sociale), convertito, con modificazioni, dalla legge 6  aprile  1936,
n. 1155. Da cio' l'infondatezza dell'eccezione, atteso che la domanda
del ricorrente nel giudizio principale deve  intendersi  riferita  al
trattamento di disoccupazione previsto, per il 2013, dalla menzionata
disciplina dell'ASpI. 
    2.5.- In secondo luogo, le questioni sollevate sarebbero altresi'
inammissibili perche' il rimettente avrebbe omesso  di  esplorare  la
possibilita' di dare un'interpretazione costituzionalmente  orientata
dell'impugnato art. 32, primo comma, tale da intendere  il  requisito
per  ottenere  l'indennita'  di  disoccupazione  agricola  dell'avere
«conseguito nell'anno  per  il  quale  e'  richiesta  l'indennita'  e
nell'anno  precedente  un  accredito  complessivo   di   almeno   102
contributi giornalieri», nel senso che tali  contributi  non  debbano
essere  necessariamente  «suddivisi»  tra   i   due   anni   -   come
implicitamente ritenuto dal giudice rimettente -  ma  possano  essere
accreditati anche in uno solo di essi. 
    L'eccezione non e' fondata. 
    L'affermazione del Tribunale ordinario di Potenza, gia' riportata
al punto 1., secondo cui il ricorrente, per l'anno 2013 (cui  la  sua
richiesta si riferisce), «vedrebbe respinta la  domanda  per  assenza
dei  contributi»  presuppone  chiaramente  che,  secondo  lo   stesso
Tribunale, il censurato art. 32, primo comma, della legge n. 264  del
1949, debba essere  interpretato  nel  senso  che  i  102  contributi
giornalieri   complessivamente   accreditati   non   possono   essere
conseguiti tutti in uno solo dei due anni di riferimento (quello «per
il quale e' richiesta l'indennita'» e quello «precedente») - in  tale
caso, infatti, il citato ricorrente, ancorche'  privo  di  contributi
accreditati nell'anno 2013, ben avrebbe  potuto  conseguire  tutti  i
necessari  102  contributi  nell'anno  2012  -   ma   devono   essere
necessariamente conseguiti in parte nell'uno e  in  parte  nell'altro
dei detti anni. 
    Tuttavia,  il  fatto  che  il  rimettente  abbia  consapevolmente
reputato che il tenore letterale della disposizione censurata imponga
quest'ultima interpretazione  e  ne  impedisca  altre,  eventualmente
conformi a Costituzione, non rileva ai fini del rispetto delle regole
del processo costituzionale, dato che - come  questa  Corte  ha  gia'
avuto  modo  di  affermare  -  la  verifica  dell'esistenza  e  della
legittimita' di interpretazioni alternative, che il rimettente  abbia
ritenuto di non poter fare  proprie,  e'  questione  che  attiene  al
merito del giudizio e non alla sua ammissibilita'  (ex  plurimis,  da
ultimo, sentenze n. 69, n. 53 e n. 42 del 2017, n. 95 del 2016). 
    2.6.- Sempre ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri,
le  questioni  sarebbero,  infine,  inammissibili,  per  difetto   di
motivazione sulla rilevanza. Posta la necessita' di  interpretare  la
disposizione impugnata nel senso, costituzionalmente orientato, che i
102 contributi giornalieri necessari  per  ottenere  l'indennita'  di
disoccupazione agricola possono essere accreditati anche in uno  solo
dei due anni «per il quale e' richiesta l'indennita'» (nella  specie,
il 2013) e «precedente»  (nella  specie,  il  2012),  l'ordinanza  di
rimessione non indica quanti  contributi  giornalieri  fossero  stati
accreditati al ricorrente nel giudizio a quo  in  quest'ultimo  anno,
l'unico nel quale egli aveva conseguito l'accredito di contributi. 
    Neppure tale eccezione e' fondata. 
    Premesso che essa e' formulata sul presupposto  della  necessita'
di  dare  dell'impugnato  art.  32,  primo  comma,  l'interpretazione
costituzionalmente orientata di cui si e' detto al  precedente  punto
2.5.  -  ed  e'  quindi  logicamente  dipendente  dall'eccezione   di
inammissibilita', prospettata dallo stesso Presidente  del  Consiglio
dei ministri, esaminata in tale punto - deve in ogni caso rammentarsi
che il rimettente, nel  motivare  sulla  rilevanza  delle  questioni,
afferma che il ricorrente nel giudizio principale  «per  l'anno  2012
avrebbe diritto a zero  giornate  di  disoccupazione,  essendo  stato
licenziato il 31.12.2012». Da tale affermazione del giudice a quo  si
ricava che, avendo il ricorrente nel giudizio principale lavorato per
l'intero  2012,  gli  devono  essere  stati  certamente   accreditati
contributi giornalieri in numero di «almeno 102». 
    Ne  consegue   che,   ancorche'   il   rimettente   non   indichi
espressamente  quanti  contributi  fossero   stati   accreditati   al
ricorrente nell'anno  2012,  essendo  tale  dato  implicitamente,  ma
chiaramente, desumibile  dall'ordinanza  di  rimessione,  l'eccezione
deve ritenersi infondata. 
    3.- Nel merito, le questioni non sono  fondate  per  l'erroneita'
del presupposto interpretativo, a fondamento delle stesse. 
    Come si e' detto al punto 1., il Tribunale rimettente ritiene che
il lavoratore ricorrente, per l'anno 2013 (cui la  sua  richiesta  si
riferisce), non  avrebbe  diritto  all'indennita'  di  disoccupazione
agricola «per assenza dei contributi». 
    Lo  stesso  rimettente  denuncia  quindi,  in  primo  luogo,   la
violazione dell'art.  3,  primo  comma,  Cost.,  in  quanto  l'uguale
disciplina  dell'indennita'  di   disoccupazione   agricola   dettata
dall'impugnato art. 32, primo comma,  per  i  lavoratori  agricoli  a
tempo determinato e per quelli a tempo indeterminato  si  tradurrebbe
in un trattamento incongruo per questi  ultimi,  che  «si  trovano  a
veder lesionato il loro  diritto  al  sostegno  previdenziale,  nelle
ipotesi in cui la cessazione involontaria del loro rapporto di lavoro
intervenga a ridosso della conclusione dell'anno di riferimento».  Da
cio' la violazione anche dell'art. 38, secondo comma,  Cost.,  atteso
che, in queste stesse ipotesi, il censurato art. 32, primo comma, non
prevedrebbe mezzi adeguati  alle  esigenze  di  vita  del  lavoratore
agricolo  a  tempo  indeterminato  in  caso  di  sua   disoccupazione
involontaria. Inoltre, la disposizione denunciata  violerebbe  l'art.
3, primo comma, Cost., anche sotto il profilo che essa prevedrebbe un
trattamento irragionevolmente deteriore  dei  lavoratori  agricoli  a
tempo indeterminato rispetto alla generalita' degli altri  lavoratori
a  tempo  indeterminato,  poiche'  ai  primi  non  spetterebbe  alcun
trattamento di disoccupazione pur quando «abbia[no] maturato [...]  i
presupposti che la legge prevede per l'indennita'  di  disoccupazione
ordinaria». 
    Si e' anche  visto  (al  punto  2.5.)  che,  nel  sollevare  tali
questioni, il giudice a quo muove dal presupposto  che  il  censurato
art. 32, primo comma, della  legge  n.  264  del  1949,  deve  essere
interpretato nel senso che l'«accredito  complessivo  di  almeno  102
contributi giornalieri» - il cui conseguimento costituisce condizione
necessaria per il riconoscimento  dell'indennita'  di  disoccupazione
agricola - non puo' essere conseguito in uno solo  dei  due  anni  di
riferimento (quello «per il quale e' richiesta l'indennita'» e quello
«precedente»), ma deve essere  necessariamente  conseguito  in  parte
nell'uno e in parte nell'altro di tali anni. 
    Tale presupposto - comune a tutte le questioni  sollevate  -  e',
tuttavia, erroneo. 
    Contrariamente all'assunto  del  giudice  rimettente,  il  tenore
letterale dell'art. 32, primo comma, della legge n. 264 del 1949, non
solo non preclude l'opposta interpretazione secondo cui i  menzionati
102 contributi giornalieri possono essere accreditati  al  lavoratore
anche  in  uno  solo  dei  due  anni  «per  il  quale  e'   richiesta
l'indennita' e nell'anno precedente», ma, al contrario,  la  conferma
come quella corretta. La disposizione censurata, infatti, richiedendo
un accredito  «complessivo»  di  102  contributi  giornalieri,  esige
soltanto che l'insieme dei contributi accreditati  nei  due  anni  di
riferimento sia di 102 unita', ma non che queste siano suddivise  tra
tali  due  anni.   Questa   conclusione   appare   confermata   dalla
giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione  che,  a  proposito  del
requisito dei 102 contributi giornalieri, ha ritenuto che essi devono
essere accreditati «nel [...] biennio» (Cassazione,  sezione  lavoro,
sentenza n. 3617 del 2003; sezione seconda, sentenze n. 1226 del 1972
e n.  2066  del  1967),  considerando,  quindi,  lo  stesso  in  modo
unitario. 
    Alla stessa conclusione - fondata su comuni canoni ermeneutici  -
si giunge, del  resto,  anche  considerando  che,  tra  le  possibili
interpretazioni della disposizione censurata, deve  essere  preferita
quella che, escludendo la violazione degli invocati  artt.  3,  primo
comma, e 38, secondo comma, Cost., risulta conforme a Costituzione. 
    Attribuendo all'art. 32, primo comma, della legge n. 264 del 1949
il corretto significato ora prospettato, deve in  effetti  escludersi
che la disciplina dell'indennita' di disoccupazione da  esso  dettata
per i lavoratori agricoli a tempo  indeterminato  si  traduca  in  un
trattamento incongruo per questi ultimi,  tale  da  privarli,  «nelle
ipotesi in cui la cessazione involontaria del loro rapporto di lavoro
intervenga a ridosso della conclusione dell'anno di riferimento», del
diritto al sostegno previdenziale, e che essa, per  tale  privazione,
discrimini i detti  lavoratori  agricoli  rispetto  alla  generalita'
degli altri lavoratori a tempo indeterminato. In situazioni  analoghe
a quella oggetto del giudizio a quo - che sono all'origine del dubbio
di  legittimita'  costituzionale  del  rimettente  -  il   lavoratore
agricolo a tempo indeterminato potra' infatti  ottenere  l'indennita'
di disoccupazione  agricola  per  l'anno  «per  il  quale  [essa]  e'
richiesta» (nel caso del giudizio a quo, il 2013), dato che,  pur  in
mancanza di contributi accreditati in tale anno, avendo lavorato  per
l'intero anno «precedente» (nel caso del giudizio a quo, il 2012), ha
senz'altro conseguito, in tale solo  anno,  il  necessario  accredito
«complessivo» di almeno 102 contributi giornalieri. 
    Non e' superfluo ribadire che il regime peculiare del trattamento
di disoccupazione per  i  lavoratori  agricoli  prevede  l'erogazione
dell'indennita' nell'anno successivo a quello in cui si e' verificato
l'evento della cessazione del rapporto di lavoro (sentenza n. 53  del
2017). 
    La disciplina denunciata si sottrae, pertanto,  alle  censure  di
violazione sia dell'art. 3, primo comma, Cost.  -  sotto  entrambi  i
profili prospettati dall'ordinanza di rimessione - sia dell'art.  38,
secondo comma, Cost.