TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE Sezione Civile Nella persona del giudice dell'esecuzione ha pronunziato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto sub R.g.e n. 59/2017 e promosso da Genagricola S.p.a., esecutato - opponente contro Equitalia Servizi di Riscossione S.p.a., esecutante - opposta e nei confronti di Gestore dei Servizi Energetici Gse S.p.a., terzo pignorato, non costituito; Premesso ch'e' affidato a questo Giudicante il compito di' decidere sull'opposizione promossa, in data 23 gennaio 2017, da Genagricola S.p.a. (esecutato opponente), ex art. 615 c.p.c., avverso il pignoramento presso terzi avviato, ex art. 72-bis decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, da Equitalia servizi di riscossione S.p.a. (opposta), per il credito di € 264.348,77 per ICI per l'anno 2009 non corrisposta, avente ad oggetto il credito dalla prima vantato nei confronti del Gestore dei servizi energetici Gse S.p.a. (terzo-pignorato); 1. che l'antefatto da cui scaturiva l'opposizione e' compendiabile nei seguenti punti: a) in data 4 dicembre 2014 il Comune di Cassano allo Ionio notificava alla Genagricola l'avviso di accertamento pari a € 246.141.55 per ICI non versata relativamente all'anno 2009; b) cotale atto era impugnato in data 2 febbraio 2015, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cosenza, con richiesta di misura cautelare, dalla societa', cui nelle more era notificata anche la cartella di pagamento, emessa da Equitalia nord S.p.a., incaricata della riscossione, per l'importo complessivo dovuto in relazione all'ICI per l'anno 2009; c) la societa' Genagricola S.p.a. impugnava anche tale ultimo atto, avanti alla Commissione tributaria provinciale di Trieste, con richiesta di misura cautelare; d) in data 2 agosto 2016, Equitalia notiziava Genagricola del pignoramento presso terzi promosso contro la stessa, ed avente ad oggetto un credito pari a € 350.232,96 vantato dalla seconda verso Gestore dei Servizi Eneregetici Gse S.p.a. terzo pignorato; e) in data 5 agosto 2016 veniva sospesa giudizialmente anche la cartella di pagamento di Equitalia con decreto presidenziale n. 198/2016 della Commissione Tributaria Provinciale di Trieste ed in conseguenza di cio' con nota di data 8 agosto 2016 Equitalia Servizi di Riscossione S.p.a. sospendeva in autotutela - «sino a nuova comunicazione» - il pignoramento; f) Genagricola, a dispetto dell'autotutela, proponeva opposizione al pignoramento ex art 615 c.p.c., assumendo, principalmente, l'avvenuta violazione dell'art. 7 decreto sviluppo 2011, che ha introdotto in via generale la sospensione ex lege degli atti esecutivi esattoriali, in ragione del fatto che Equitalia aveva avviato l'esecuzione prima che fossero decorsi centoventi giorni dalla proposizione del ricorso, e pedissequa istanza cautelare, contro la cartella di pagamento, o comunque, prima che intervenisse la decisione su tale istanza cautelare in evidente violazione della disposizione teste' richiamata; eccependo in conseguenza di cio' l'improcedibilita' del pignoramento avviato da Equitalia, e rilevando il contrasto tra i limiti introdotti dall'art. 57 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 e il principio di effettivita' della tutela di matrice comunitaria; g) nell'ambito dell'opposizione proposta, Genagricola sollevava, inoltre, questione di incostituzionalita' dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 rispetto agli articoli 3, 24, 54, 97, 111 e 113 Cost. sotto i seguenti profili: 1) in quanto tale ultima disposizione limiterebbe la proposizione di opposizione contro l'esecuzione, avviata per la riscossione dei tributi, al solo fine di opporre l'impignorabilita' dei beni, sostanzialmente ledendo il diritto di difesa del contribuente impedendo ad essa di potersi difendere contro un'esecuzione illegittima e/o ingiusta; 2) perche' l'art. 57 danzi richiamato integrerebbe applicazione del principio solve et repete gia' dichiarato incostituzionale con la pronuncia n. 21/1961; 3) creerebbe disparita' di trattamento tra contribuenti, in particolare tra coloro a cui l'ordinamento consente tutela verso gli atti dell'esecuzione in materia esattoriale e coloro che invece ne restano privati per effetto della disposizione poc'anzi richiamata, con cio' violando il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost.; 4) da ultimo ne risulterebbero violati sia il principio del giusto processo in particolare il principio di parita' processuale delle parti, sia l'obbligo per il funzionario, sancito dall'art. 54 Cost., di adempiere alle proprie funzioni con disciplina ed onore, al cui rispetto sarebbero tenuti anche i concessionari di un pubblico servizio; e dunque anche l'art. 97 cost. giacche' l'art. 57 summenzionato rappresenterebbe l'allontanamento del procedimento di recupero dei tributi dai canoni di buon andamento sanciti dalla predetta disposizione della Carta Costituzionale. Chiedendo a questo giudice remittente di volere sollevare la summentovata questione di legittimita' costituzionale, al fine di poter successivamente decidere nel merito l'opposizione proposta (decisione, allo stato, non possibile stante il limite previsto dal predetto art. 57); 2. che in data 23 marzo 2017 costituivasi Equitalia eccependo: l'inapplicabilita' dell'art. 7 decreto sviluppo 2011 ai casi di riscossione di tributi locali affermando che tale disposizione non ha portata generale e di immediata applicazione, riguardano invece un fattispecie ben precisa, quella degli avvisi di accertamento esecutivi emessi dall'agenzia delle entrate per tributi erariali»; l'inammissibilita' dell'opposizione stante il divieto dell'art. 57 decreto del Presidente della Repubblica 602/1973, rilevando che: 1) al momento del pignoramento la cartella di pagamento ancorche' impugnata non era ancora stata sospesa e conseguentemente il pignoramento era stato «azionato sulla base di un titolo valido ed efficace»: 2) a seguito di sospensione giudiziale della cartella di pagamento avvenuta il 5 agosto 2016 (confermata all'udienza del 25 agosto 2016) Equitalia in data 8 agosto 2016 sospendeva in autotutela il pignoramento facendo venir meno, quantomeno, le esigenze cautelari; 3) rilevando l'inapplicabilita' dell'art. 7, comma 1, lettera m) del decreto-legge 70/11 conv. in legge 106/11 sull'assunto che quest'ultimo non avrebbe portata generale ma si applicherebbe solo agli avvisi di accertamento esecutivi emessi dall'Agenzia delle entrate; 4) infine, contestando l'inesistenza della sollevata incostituzionalita' sull'assunto della non applicabilita' al caso di specie della disposizione contenuta nell'art. 57 richiamato, per effetto di quanto previsto dall'art. 29 decreto legislativo 49/1999. All'udienza del 28 marzo 2017, in cui parte opponente insisteva per la sospensione del giudizio e del provvedimento impugnato nonche' per la remissione alla Corte costituzionale della questione d'incostituzionalita' sollevata e parte opposta chiedeva il non luogo a provvedere sull'istanza cautelare, il Giudice dell'esecuzione pronuncia in udienza contestualmente la seguente ordinanza; Esaminati gli atti di causa e la documentazione dimessa; Ritenuto da parte di questo Giudice remittente, per contrasto con gli articoli 3, 24, 111 e 113 Cost., di dover sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 57 decreto del Presidente della Repubblica 602/1973 ed anche. ex officio, dell'art. 3 comma 4 lettera a) del decreto-legge 203/2005 laddove cosi' dispone: «La Riscossione S.p.a. [poi trasformata in Equitalia S.p.a.] effettua l'attivita' di riscossione mediante ruolo, con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I. capo e al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602..» e quindi ove assoggetta il procedimento di riscossione che pone in essere (oggi) Equitalia S.p.a. anche all'applicazione dell'art. 57 ed ai limiti da esso introdotti. La necessita' di sollevare ex officio l'incostituzionalita' anche della disposizione applicativa teste' richiamata del decreto-legge del 2005 discende dai contenuti della Corte costituzionale n. 49/2015 al fine di scongiurare una pronuncia di inammissibilita'; Precisato che la questione che si solleva e' all'evidenza, rilevante giacche' dall'applicazione della disposizione, che si reputa contraria ai principi della Carta Costituzionale sovra richiamati, deriva l'impossibilita' per questo Giudice remittente di decidere la controversia sub indice nel merito non solamente, ma la questione e' altresi' manifestamente fondata in ordine al fatto che le disposizioni dianzi denunziate di essere incostituzionali violano sia principi costituzionali posti a presidio del diritto di difesa, limitandolo in maniera macroscopica rispetto ad una larga parte di attivita' della pubblica amministrazione o delle societa' di riscossione tributi, sia principi di uguaglianza e del giusto processo nei termini infra descritti; Richiamato l'art. 72-bis decreto del Presidente della Repubblica 602/1973 che cosi' dispone: «salvo che peri crediti pensionistici e fermo restando quanto previsto dall'art. 545, commi quarto e sesto del codice di procedura civile, e dall'art. 72-ter del presente decreto l'atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi puo' contenere, in luogo della citazione di cui all'art. 543, secondo comma, numero 4, dello stesso codice di procedura civile, l'ordine al terzo di pagare i credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede...», in ragione del quale in data 2 agosto 2016 Equitalia comunicava al contribuente - Genagricola l'atto di pignoramento presso terzi notificato a Gestore dei Servizi Energetici - Gse S.p.a. (ereditare di Genagricola S.p.a.) per l'importo di € 264.348,77, quantunque Genagricola s.p.a. avesse proposto impugnazione, con domanda cautelare, avverso la prodromica cartella di pagamento, violando la disposizione contenuta all'art. 7 del decreto-legge 70/2011 conv. in legge 106/2011 il quale al cornma 1 lettera m) cosi prevede: «attenuazione del principio solve et repete. In caso di richiesta di sospensione giudiziale degli atti esecutivi, non si procede all'esecuzione fino alla decisione del giudice e comunque fino al centoventesimo giorno»; stante che la cartella di pagamento e' atto esecutivo (come tutti gli atti della riscossione) che legittima all'esecuzione forzata, tanto che sulla base della stessa e' stata avviata l'esecuzione in via amministrativa da parte di Equitalia; Richiamato l'art. 57 summenzionato, il quale cosi' recita: «non sono ammesse: a) le opposizioni regolate dall'art. 615 del codice di procedura civile, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilita' dei beni; b) le opposizioni regolate dall'art. 617 del codice di procedura civile relative alla regolarita' formale ed alla notificazione del titolo esecutivo. Se e' proposta opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi, il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti avanti a se' con decreto steso in calce al ricorso, ordinando al concessionario di depositare in cancelleria, cinque giorni prima dell'udienza. l'estratto del ruolo e copia di tutti gli atti dell'esecuzione»; Ritenuto che dotale disposizione, invero, limiti profondamente le possibilita' di tutela del contribuente contro gli atti dell'esecuzione in materia esattoriale, impedendogli la stessa proposizione di gravame contro gli stessi; Ritenuto che ogni provvedimento di questo Giudice sarebbe, allo stato, irragionevolmente limitato dalla sopra richiamata disposizione normativa, che gl'impedisce di pronunziarsi sulla fondatezza della pretesa azionata, pur nell'evidente presenza di elementi di fatto e di diritto, inducenti a ravvisarne l'indubbia fondatezza sostanziale e processuale; Considerato che, nel caso de quo, pur essendo stato sospeso in autotutela il pignoramento presso terzi, nondimeno tale provvedimento di sospensione e' stato assunto da Equitalia «sino a nuova comunicazione», potendo riprendere reviviscenza in ogni momento su semplice comunicazione o impulso della societa' di riscossione; che, inoltre, stante il contenuto dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 602/1973, che impedisce la stessa proposizione dell'opposizione, questo giudice, sino all'intervento della Corte costituzionale sulla questione di costituzionalita' qui sollevata, non potrebbe nemmeno pronunziarsi sull'istanza cautelare avanzata dalla debitrice opponente; che ne deriva l'assoluta pregiudizialita' della questione di costituzionalita' rispetto ad ogni altra questione, tanto che la stessa Equitalia eccepiva l'inammissibilita' dell'opposizione in forza di quanto previsto dall'art. 57 decreto del Presidente della Repubblica 602/19731 e che da tale scenario deriva, quale automatica conseguenza, l'impossibilita' di assumere una decisione di merito sull'opposizione ancorche' fondata; Ritenuto ch'e' nella facolta' del Giudice dell'esecuzione, ritenendone sussistenti i presupposti, sollevare a'sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 e successive modifiche, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602 e l'art. 3, comma 4° lettera a) del decreto-legge 203/2005, in quanto disposizioni applicabili alla presente fattispecie; Osservato, che le norme assunte come violate da tale disposizione appaiono gli articoli 3, 24, 111 e 113 della Costituzione, nella misura in cui l'art. 57 predetto (applicabile alle riscossioni esattoriali promosse da Equitalia in forza di quanto stabilito dall'art. 3, comma 4° lettera a) decreto-legge 203/2005), incidendo in senso limitativo sul diritto di difesa del contribuente e limitando i mezzi di tutela di quest'ultimo contro taluni atti dell'esecuzione in materia tributaria, non ammette possibilita' di proporre opposizione all'esecuzione avviata per la riscossione delle imposte e tributi se non limitatamente «a quelle concernenti la pignorabilita' dei beni» e sotto altri svariati profili di cui infra si dira'; Verificato che, i precedenti giurisprudenziali in materia non pregiudicano una pronunzia della Corte costituzionale sull'illegittimita' della norma censurata nel presente giudizio, e che dalla decisione della stessa dipende la pronunzia sul merito da parte di questo Giudice, tenuto conto della specifica fattispecie e della documentazione di causa acquisita; Rilevato che: - l'art. 7 del decreto-legge 70/2011, successivamente convertito in legge, al 1° comma enunzia disposizioni di principio, tra cui quella alla lettera m), in precedenza riportata, che, al fine di operare l'attenuazione del principio solve et repete, sospende l'esecuzione di atti esecutivi per centoventi giorni, o fino alla decisione, a fronte di richiesta di provvedimento cautelare nell'ambito del giudizio promosso contro tali atti; mentre al successivo 2° comma introduce prescrizioni funzionali a consentire l'attuazione concreta dei principi precedentemente enunciati. Tra tali prescrizioni funzionali, ai punti gg-quater («a decorrere dalla data di cui alla lettera gg-ter, i comuni effettuano la riscossione coattiva delle proprie entrate, anche tributarie: ...») e seguenti, vengono introdotti precetti sulla riscossione coattiva delle entrate tributarie comunali (quale e' quella oggetto del giudizio di merito), in particolare il punto gg-novies introducente l'art. 5-bis al decreto legislativo 546/1992 (sul processo tributario), stabilendo che «l'istanza di sospensione e' decisa entro centottanta giorni dalla data di presentazione della stessa». Dall'interpretazione sistematica delle due richiamate disposizioni del 2011 - quella introdotta dalla lettera m del comma 1° art. 7 decreto-legge n. 70/2011 e quella introdotta dalla lettera gg-novies del comma 2° dell'articolo poc'anzi richiamato - si deduce l'applicabilita' dell'art. 7 comma 1 lettera m) in via generale a tutti gli atti esecutivi della riscossione, non operando tale disposizione alcun richiamo a specifici atti, quindi anche alla fattispecie dedotta in giudizio; il legislatore, laddove ha voluto limitare l'efficacia degli atti esecutivi relativi a specifici tributi, lo ha fatto espressamente, come previsto ad esempio alla lettera n punto 3 del comma 2 del medesimo art. 7 dl 70/2011 che espressamente riguarda la riscossione delle somme dovute in base ad avvisi di accertamento dell'agenzia delle entrate; - l'art. 29 del decreto legislativo n. 46/1999, richiamato negli atti difensivi di Equitalia, cosi dispone: «per le entrate tributarie diverse da quelle elencate dall'art. 2 del decreto legislativo n. 546 del 31 dicembre 1992, e per quelle non tributarie, il giudice competente a conoscere le controversie concernenti il ruolo puo' sospendere la riscossione se ricorrono gravi motivi. Alle entrate indicate nel comma 1 non si applica la disposizione del comma 1 dell'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602, come sostituito dall'art. 16 del presente decreto e le opposizioni all'esecuzione ed agli atti esecutivi si propongono nelle forme ordinarie. Ad esecuzione iniziata il giudice puo' sospendere la riscossione solo in presenza dei presupposti di cui all'art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, come sostituito dall'art. 16 del presente decreto.»; Ritenuto che la disposizione innanzi riportata non si applichi al caso di specie, rientrando, il tributo oggetto di riscossione, tra le entrate elencate all'art. 2 del decreto legislativo 546/1992 (ICI-tributo locale) espressamente escluse dall'applicazione della disposizione poc'anzi riportata; e che, conseguentemente, gli atti dell'esecuzione posti in essere per la riscossione di tale tributo ricadono nell'ambito di applicazione della disposizione dell'art. 57 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973; Ritenuto che, quest'ultima disposizione (art. 57 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973) impedisca al debitore opponente la proponibilita' dell'opposizione all'esecuzione, strumentazione quest'ultima ritenuta ammissibile solo per far valere l'impignorabilita' dei beni, non anche, in tesi, per rilevare l'illegittimita' dell'esecuzione, o la carenza dei presupposti dell'esecuzione, costringendo il contribuente a subire in ogni caso l'esecuzione, ancorche' ingiusta; con la sola possibilita' di presentare ex post una richiesta di rimborso di quanto ingiustamente percetto dalla pubblica amministrazione, o suo concessionario per la riscossione, ovvero di agire per il risarcimento del danno; Osservato, come noto, che l'interpretazione consolidata di questa Corte ebbe a stabilire l'incostituzionalita' delle norme che favoriscono irragionevolmente sotto ii profilo processuale un soggetto rispetto ad un altro, come accade allorche' nell'esecuzione forzata sia favorita la posizione del creditore rispetto al debitore interponendo limiti di accesso alla tutela giurisdizionale (come accade per effetto della disposizione dianzi richiamata); Ritenuto altresi' che nella fattispecie a giudizio l'esecuzione fu posta in essere, ad agosto 2016, nonostante la sospensione ex lege introdotta con l'art. 7 del decreto-legge n. 70/2011; Osservata la stessa giurisprudenza della Corte costituzionale dichiarava incostituzionale il principio solve et repete (in applicazione del quale si pone l'art. 57 decreto del Presidente della Repubblica 602/1973) in quanto incoerente con i valori costituzionali tutelati dagli art. 3, 24 e 113 cost., (la sentenza C. Cost n. 21/1961 ha infatti stabilito che il principio solve et repete in materia fiscale/tributaria. impedisce al giudice di decidere la controversia). Secondo l'insegnamento della Consulta dianzi richiamato, il principio solve et repete di cui fanno applicazione, in combinato disposto, gli art. 72-bis e 57 decreto del Presidente della Repubblica 602/73 e' in contrasto: a) «con l'art. 3 cost. in relazione alla differenza di trattamento che crea tra contribuenti che sono in grado di pagare immediatamente l'intero tributo e quelli che, invece, non hanno mezzi sufficienti per farlo»; b) «con gli articoli 24 e 113 cost. in quanto impedisce di chiedere ed ottenere tutela giurisdizionale sia nei confronti di privati che nei confronti dello Stato e di altri enti minori», lasciando al contribuente la sola possibilita' di agire ex post per il rimborso delle somme versate; Ricordato, inoltre, che la Corte costituzionale, gia' in precedenza chiamata a valutare dell'incostituzionalita' dell'art. 57 decreto del Presidente della Repubblica 602/1973, seppure in fattispecie del tutto diverse da quella qui esaminata, non ebbe mai ad entrare nel merito della questione, sempre limitandosi ad una pronunzia di inammissibilita' o per omessa descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, o per carenza di motivazione da parte del giudice a quo, o ancora per genericita' di enunciazione della tesi e carenza di motivazione da parte del giudice a quo (sentenze C. Cost. nn. 21/1972, 297/2007, 393/2008, 93/2009, 133/2011 e ord. n. 242/2001), sempre in ogni caso per ragioni legate alla formulazione e contenuti dell'ordinanza di remissione; Osservato, inoltre, che la stessa Corte costituzionale ancor prima della modificazione dell'art. 111 cost., operata con legge costituzionale 2/1999, aveva preconizzato la necessita' di uniformare l'ordinamento processuale al principio del giusto processo, stabilendo da un lato con sentenza 137/1984, «l'esigenza di garantire lo svolgimento di un giusto processo come esigenza che non si risolve in affari singoli, ma assurge a compilo fondamentale di una giurisdizione che non intenda abdicare alla primaria funzione di dicere ius di cui i diritti di agire e resistere nel processo (quale che ne sia l'oggetto) rappresentano soltanto i veicoli necessari in non diversa guisa delle norme disciplinatrici della titolarita' e dell'esercizio della postesta' dei giudici», tracciando il solco su cui si pone l'attuale richiesta di rimessione che risponde all'esigenza che a questo giudice a quo non sia preclusa ogni valutazione sul fumus boni iuris costringendolo ad abdicare alla propria funzione, come invece accade per effetto della disposizione della cui incostituzionalita' si chiede pronuncia da parte della Corte; Rilevato, che, sotto tale profilo, l'opponente altresi' invocava il principio di effettivita' della tutela di matrice comunitaria che, nondimeno, presuppone l'esistenza della tutela nell'ambito della quale essa deve esser esercitata e resa in modo effettivo ed equo; Reputato che, nel caso de quo, il problema afferente l'esame della disposizione contenuta nell'art. 57 attenga non al modo in cui debba essere apprestata la tutela, ma l'esistenza stessa della tutela, e che, in tal caso l'ordinamento, in violazione del precetto costituzionale ricavatile dagli articoli 24 e 113, non riconosce possibilita' al contribuente di tutelarsi contro un nutrito gruppo di atti della pubblica amministrazione (e concessionari), pur se lesivi della sua posizione giuridica; Ritenuto, nella specie, che il tributo per cui la societa' concessionaria per la riscossione promoveva esecuzione rientri tra le entrate tributarie contemplate all'art. 2 decreto legislativo 546/1992, devolute alla cognizione delle commissioni tributarie (tant'e' che avanti queste ultime si svolsero i giudizi di impugnazione sia dell'avviso di accertamento ICI sia della successiva cartella di pagamento), che, tuttavia, per espressa previsione della medesima disposizione «restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti dell'esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento [quale e' il pignoramento opposto avanti questo giudice] e, ove previsto, dell'avviso di cui all'art. 50 del decreto del Presidente della Repubblica 2919/1973 n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica»; Vi e' dunque, in linea di principio, giurisdizione di questo giudice in materia, ancorche' per espressa previsione dell'art. 57 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, venga escluso ogni diritto di difesa da parte del contribuente contro l'esecuzione promossa, fatta salva la risicata possibilita' di difesa assegnata al solo fine di far valere l'impignorabilita' dei beni. Ove, quindi, tale disposizione fosse «espunta» dall'ordinamento, il contribuente esecutato potrebbe difendersi contro l'esecuzione intrapresa facendo ricorso agli strumenti dell'art. 615 codice di procedura civile avanti al G.O. in funzione di giudice dell'esecuzione; Reputato, inoltre, che, l'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, alla luce della previsione dell'art. 29 del decreto legislativo n. 46/1999, precedentemente riportato, profili una situazione di disuguaglianza tra contribuenti per la diversa tutela accordata in relazione alle entrate tributarie comprese nell'elenco dell'art. 2 decreto legislativo n. 546/1992, soggette alla giurisdizione delle commissioni tributarie (fatta eccezione per gli atti dell'esecuzione contro cui non e' ammessa alcuna tutela ex art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica richiamato) ed in relazione a quelle invece non comprese nell'elenco dell'art. 2, sopra richiamato, e quelle non tributarie (soggette a giudizio ordinario e a cui non si applica la limitazione introdotta dall'art. 57); Ritenuto, in definitiva e sulla scorta di tali considerazioni, che l'art. 57 del decreto del Presidente della Repubblica 602/73, ed anche, ove ritenuto, l'art. 3 comma 4 lettera a) del decreto ministeriale n. 203/2005 che assoggetta la specifica funzione esattoriale svolta da Equitalia al regime agevolato del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973 (e dunque anche al suo art. 57), presentino aspetti di chiara incostituzionalita' sotto i seguente profili: - l'art. 3 Cost., inquantoche' crea disparita' di trattamento tra contribuenti debitori di tributi compresi nell'elenco dell'art. 2 decreto legislativo 546/1992 e contribuenti di tributi non compresi in tale elenco; la disposizione lede, quindi, il principio di eguaglianza nella misura in cui impedisce ai primi la possibilita' di tutelarsi contro le esecuzioni poste in essere dagli enti o da concessionari per la riscossione, ancorche' illegittime ed ingiuste, sacrificando il diritto di difesa di costoro, ingiustificatamente e soltanto in considerazione della tipologia di tributo di cui essi sono debitori, e riconoscendo piena tutela ad altri contribuenti (quelli non compresi nell'elenco dianzi citato) in quanto debitori di tributi diversi; - l'art. 24 Cost., poiche' impedisce, al debitore opponente, in modo generalizzato ed irragionevole, ogni possibilita' di difesa, consentendo al medesimo di poter fare opposizione all'esecuzione solo ed esclusivamente per far valere l'impignorabilita' dei beni, non anche per tutelarsi da esecuzioni illegittime, e/o ingiuste che oggi egli e' costretto a subire, senza potersene difendere dinanzi ad un organo giurisdizionale; - l'art. 111 Cost., giacche', anche sulla scorta di quanto statuito da codesta Corte costituzionale con la sentenza n. 220/1986, il giusto processo civile non deve essere celebrato per sfociare in pronunzie in rito che non coinvolgano i rapporti sostanziali delle parti che vi partecipano, bensi' per decidere nel merito sulle questioni, stabilendo chi ha ragione e chi ha torto, non sacrificando il diritto della parte che agisce in giudizio di ottenere una pronuncia in ordine al diritto della vita ritenuto leso; in questo caso, per effetto della disposizione normativa che si ritiene contraria ai principi della nostra Costituzione, al Giudice a quo e' preclusa ogni decisione sul merito a causa di una disposizione (l'art. 57) derogatoria rispetto all'art. 615 c.p.c. (o per meglio dire, che impedisce il ricorso allo strumento dell'art. 615 c.p.c.) che riconosce a tutti i soggetti incisi da atti dell'esecuzione di potersene difendere tramite l'opposizione. Il che integra, altresi', violazione all'art. 3 sopra richiamato, giacche' colloca una larga parte degli atti della pubblica amministrazione (e sue articolazioni) in una zona franca da ogni tipo di controllo giurisdizionale, creando una macroscopica disuguaglianza tra cittadini-contribuenti titolari del diritto di potersene difendere e cittadini-contribuenti totalmente privi di tale diritto. Il che determina, come gia' rilevato, violazione del diritto di difesa; - l'art. 113 Cost., poiche' limita e impedisce la tutela del contribuente contro una determinata categoria di atti della pubblica amministrazione e/o concessionari di quest'ultima, impedendo in modo indiscriminato ed ingiustificato ogni difesa contro tutti gli atti dell'esecuzione; Ritenuto che, sussista, altresi', la rilevanza delle questioni di incostituzionalita' sollevate nel presente giudizio, in considerazione delle circostanze in fatto e le argomentazioni in diritto suesposte. anche in considerazione del fatto che, ove non fossero piu' operanti le limitazioni previste dalla disposizione dianzi richiamata, perche' dichiarate incostituzionali in conseguenza dell'eventuale decisione di accoglimento da parte della Corte costituzionale, sarebbe possibile pervenire alla decisione del giudizio con una pronuncia sul merito da parte di questo giudice renitente, avente giurisdizione in materia; Ritenuto, pertanto, a parere di questo Giudice remittente, che la decisione di merito sull'opposizione debba esser preceduta dalla soluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 57 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73, e ove occorra dell'art. 3 comma 4 lettera a) decreto-legge n. 203/2005, non solo per rendere possibile una pronuncia nel merito ma anche in considerazione dell'ingiusto pregiudizio che patirebbe il debitore-opponente a seguito della dichiarazione di inammissibilita' dell'opposizione diretta conseguenza del divieto di tutela ivi introdotto; per converso, l'intervento della Corte e' suscettibile di produrre effetti concreti nel giudizio a quo, rafforzando il diritto insopprimibile di difesa del cittadino ed il suo diritto al giusto processo consentendogli di potersi tutelare contro atti dell'esecuzione illegittimi e/o ingiusti; Ritenuto, infine, non possibile un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione contenuta all'art. 57 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, non essendo il contenuto di quest'ultima polisenso, e dunque soggetto a piu' possibili interpretazioni, bensi' essendo, al contrario, univocamente interpretabile nel senso sopra descritto; Acclarata, quindi, la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita', ai fini della definizione della presente causa, in considerazione delle circostanze di fatto e delle argomentazioni in diritto suesposte; Veduti gli articoli 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; Ritenuta la questione manifestamente fondata e rilevante;