ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis  del
decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (Nuova disciplina dei  reati
in materia di imposte sui redditi e  sul  valore  aggiunto,  a  norma
dell'articolo 9 della legge 25 giugno 1999,  n.  205),  promosso  dal
Tribunale ordinario di Verbania nel procedimento penale a  carico  di
C. C., con ordinanza del 17 ottobre  2014,  iscritta  al  n.  89  del
registro ordinanze 2017 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 25, prima serie speciale, dell'anno 2017. 
    Udito nella camera di consiglio del 10 gennaio  2018  il  Giudice
relatore Franco Modugno. 
    Ritenuto che, con ordinanza del  17  ottobre  2014,  pervenuta  a
questa Corte, con la prova delle notifiche prescritte, il  23  maggio
2017, il Tribunale ordinario di Verbania ha sollevato, in riferimento
all'art.   3   della   Costituzione,   questione   di    legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis  del  decreto  legislativo  10  marzo
2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in  materia  di  imposte  sui
redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25
giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, con  riferimento  ai  fatti
commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento delle
ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per
un ammontare superiore ad euro 50.000 per ciascun periodo  d'imposta,
anziche' ad euro 103.291,38; 
    che il giudice a quo premette di essere  investito  del  processo
penale nei confronti di una persona imputata del reato previsto dalla
norma  censurata,  per   aver   omesso,   in   qualita'   di   legale
rappresentante  di  una  societa'  a  responsabilita'  limitata,   di
versare, entro il termine per la  presentazione  della  dichiarazione
annuale di sostituto d'imposta  (ossia  entro  il  20  agosto  2010),
ritenute certificate  effettuate  nell'anno  d'imposta  2009  per  un
importo complessivo di euro 80.461; 
    che  il  rimettente   riferisce,   altresi',   che   l'istruzione
dibattimentale svolta avrebbe confermato l'avvenuto superamento della
soglia di rilevanza penale di euro 50.000, prevista dall'art.  10-bis
del d.lgs. n. 74 del 2000, essendo incontestato  anche  dalla  difesa
l'omesso versamento di ritenute certificate effettuate nel  2009  per
un ammontare di euro 70.462,01: donde la rilevanza della questione; 
    che quanto, poi, alla non manifesta infondatezza,  il  rimettente
osserva come, con la sentenza n. 80 del 2014, la Corte costituzionale
abbia  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo,  in   riferimento
all'art. 3 Cost., l'art. 10-ter del d.lgs.  n.  74  del  2000,  nella
parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17  settembre
2011, puniva l'omesso versamento  dell'imposta  sul  valore  aggiunto
(IVA), dovuta  in  base  alla  relativa  dichiarazione  annuale,  per
importi non superiori,  per  ciascun  periodo  di  imposta,  ad  euro
103.291,38; 
    che la Corte ha ritenuto, in  specie,  lesiva  del  principio  di
eguaglianza la  previsione,  per  il  delitto  di  omesso  versamento
dell'IVA, di una soglia di  punibilita'  (euro  50.000)  inferiore  a
quelle  stabilite  per   la   dichiarazione   infedele   e   l'omessa
dichiarazione dagli artt. 4 e  5  del  medesimo  decreto  legislativo
(rispettivamente, euro 103.291,38 ed  euro  77.468,53),  prima  della
loro modifica in diminuzione ad opera  del  decreto-legge  13  agosto
2011,  n.  138  (Ulteriori  misure  urgenti  per  la  stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo),  convertito,  con  modificazioni,  in
legge 14 settembre 2011, n.  148:  modifica  operante,  per  espressa
previsione normativa, in rapporto ai soli fatti commessi dopo  il  17
settembre 2011; 
    che in questo modo,  infatti,  veniva  riservato  un  trattamento
deteriore a comportamenti di evasione  tributaria  meno  insidiosi  e
lesivi degli interessi del fisco,  attenendo  l'omesso  versamento  a
somme di cui lo stesso  contribuente  si  era  riconosciuto  debitore
nella dichiarazione annuale dell'IVA; 
    che, ad avviso del giudice a  quo,  la  medesima  conclusione  si
imporrebbe anche in rapporto  al  delitto  di  omesso  versamento  di
ritenute certificate,  trattandosi  di  figura  criminosa  del  tutto
omogenea, per «struttura e funzione», a  quella  delineata  dall'art.
10-ter del d.lgs. n. 74  del  2000,  modellata  su  di  essa  con  la
previsione della medesima pena, della stessa soglia di punibilita'  e
di un momento consumativo «collegato ad un termine di adempimento ben
determinato»; 
    che, al pari  della  disposizione  dichiarata  costituzionalmente
illegittima, anche quella sottoposta  a  scrutinio  sanzionerebbe  il
mero inadempimento di un'obbligazione tributaria di pagamento di  una
somma di denaro, «sia pure "in nome e  per  conto"  del  contribuente
sostituito», a fronte di  una  corretta  autoliquidazione  e  di  una
veritiera certificazione dell'imposta dovuta; 
    che,  di  conseguenza,  l'omesso  allineamento  della  soglia  di
punibilita' del delitto in questione a  quella  prevista,  all'epoca,
dall'art. 4 del d.lgs. n. 74 del  2000,  ossia  ad  euro  103.291,38,
determinerebbe  un  trattamento  sanzionatorio  sperequato,  tale  da
rendere  censurabile,  per   la   sua   manifesta   irragionevolezza,
l'esercizio  della  discrezionalita'  spettante  al  legislatore   in
materia di configurazione delle fattispecie astratte di reato. 
    Considerato che il Tribunale ordinario  di  Verbania  dubita,  in
riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,   della   legittimita'
costituzionale dell'art. 10-bis  del  decreto  legislativo  10  marzo
2000, n. 74 (Nuova disciplina dei reati in  materia  di  imposte  sui
redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della legge 25
giugno 1999, n. 205), nella parte in cui, con  riferimento  ai  fatti
commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento delle
ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per
un ammontare non superiore ad euro 103.291,38; 
    che, successivamente all'ordinanza di rimessione, e'  intervenuto
il decreto legislativo 24  settembre  2015,  n.  158  (Revisione  del
sistema sanzionatorio, in attuazione dell'articolo 8, comma 1,  della
legge 11 marzo 2014, n. 23), il cui art. 7  ha  modificato  la  norma
censurata; 
    che la novella del 2015 ha  previsto  che  le  ritenute,  il  cui
omesso versamento assume rilievo penale, possano risultare, oltre che
dalla  certificazione   rilasciata   ai   sostituiti,   anche   dalla
dichiarazione di sostituto d'imposta (donde il nuovo nomen iuris  del
reato, risultante dalla rubrica, di «Omesso  versamento  di  ritenute
dovute o certificate»), innalzando, al tempo stesso - per quanto  qui
piu'  interessa  -  la  soglia  di  punibilita'   dell'illecito   dai
precedenti 50.000 euro a 150.000 euro per ciascun periodo  d'imposta:
dunque, ad un importo piu' elevato di quello che il giudice a quo  ha
chiesto a questa Corte di introdurre, con riguardo ai fatti  commessi
sino al 17 settembre 2011; 
    che, conformemente a quanto  e'  gia'  avvenuto  in  rapporto  ad
analoghe questioni (ordinanze n. 168 e n. 141 del 2017,  n.  230,  n.
229, n. 89 e n. 14 del 2016, n. 256 del 2015), va quindi disposta  la
restituzione degli atti al giudice a quo per  un  nuovo  esame  della
rilevanza  e  della  non  manifesta  infondatezza   della   questione
sollevata alla luce dello ius superveniens. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.