ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 111,  commi
2, 3, 4, 5, 7 e 8, della legge della Regione Veneto 30 dicembre 2016,
n. 30 (Collegato alla legge di stabilita' regionale  2017),  promosso
dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il
28 febbraio - 2 marzo 2017, depositato in cancelleria il 7 marzo 2017
ed iscritto al n. 28 del registro ricorsi 2017. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito nella udienza pubblica del  20  febbraio  2018  il  Giudice
relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi l'avvocato dello Stato Chiarina Aiello  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e gli avvocati Ezio Zanon e  Andrea  Manzi
per la Regione Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il  28  febbraio  -  2  marzo  2017  e
depositato nella cancelleria di questa Corte  il  7  marzo  2017,  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questione  di
legittimita' costituzionale, tra l'altro, dell'art. 111, commi 2,  3,
4, 5, 7, e 8, della legge della Regione Veneto 30 dicembre  2016,  n.
30  (Collegato  alla  legge  di  stabilita'   regionale   2017),   in
riferimento, nel complesso, agli artt. 3,  117,  terzo  comma,  della
Costituzione, quest'ultimo in relazione  all'art.  1,  comma  1,  del
decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della  direttiva
96/92/CE recante norme comuni per  il  mercato  interno  dell'energia
elettrica),  all'art.  12,  comma  10,  del  decreto  legislativo  29
dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa
alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti  energetiche
rinnovabili  nel  mercato  interno  dell'elettricita'),  al   decreto
interministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione
degli impianti alimentati da fonti rinnovabili), da ora: Linee guida,
e al decreto legislativo  3  marzo  2011,  n.  28  (Attuazione  della
direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da  fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE). 
    2.- L'art. 111 della  legge  regionale  in  esame  interviene  in
materia di impianti energetici,  in  relazione  alle  condizioni  per
l'autorizzazione di impianti energetici a biomassa, a biogas e gas di
discarica e di processi di depurazione. 
    Esso prevede, nei commi impugnati: «[...] 2.  Tutti  i  manufatti
che  costituiscono  gli  impianti  per  la  produzione   di   energia
alimentati  da  biogas  e  da  biomasse  quali  digestore,  vasca  di
caricamento     delle     biomasse,     vasca      di      stoccaggio
dell'effluente/concimaia, impianti di  combustione  o  gassificazione
della biomassa per la cogenerazione di energia  elettrica  e  calore,
devono essere collocati ad una distanza pari a: 
    a) per gli impianti sopra i 1.000 kW elettrici di potenza: 
    1) distanza  minima  reciproca  rispetto  alle  residenze  civili
sparse: 150 metri; 
    2) distanza  minima  reciproca  rispetto  alle  residenze  civili
concentrate (centri abitati): 300 metri; 
    b) per gli impianti sopra i 3.000 kW elettrici di potenza: 
    1) distanza  minima  reciproca  rispetto  alle  residenze  civili
sparse: 300 metri; 
    2) distanza  minima  reciproca  rispetto  alle  residenze  civili
concentrate (centri abitati): 500 metri. 
    3.  I  manufatti  e  le  installazioni  relativi  agli   impianti
energetici di cui al  comma  1  possono  essere  autorizzati  qualora
conformi alle disposizioni stabilite per gli elementi costituenti  la
rete ecologica, come individuata e disciplinata nei piani urbanistici
approvati  o  adottati  e  in  regime  di   salvaguardia   ai   sensi
dell'articolo 29 della legge regionale 23 aprile 2004, n.  11  "Norme
per  il  governo  del  territorio  e  in  materia  di  paesaggio"   e
dell'articolo  12,  comma  3,  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica 6 giugno 2001, n.  380  "Testo  unico  delle  disposizioni
legislative  e  regolamentari  in  materia  edilizia".   Qualora   la
realizzazione di tali manufatti  ed  installazioni  sia  condizionata
all'esecuzione di  interventi  di  mitigazione,  compensazione  e  di
riequilibrio ecologico e ambientale, l'esercizio  degli  impianti  e'
subordinato al completamento degli interventi predetti,  ovvero  alla
presenza di adeguate garanzie finanziarie per la loro realizzazione. 
    4.  In  assenza  di  piani  urbanistici  con   individuazione   e
disciplina degli elementi della rete ecologica,  le  disposizioni  di
cui al comma 3 si  applicano  con  riferimento  alla  rete  ecologica
individuata e normata nei piani gerarchicamente sovraordinati. 
    5.  I  manufatti  e  le  installazioni  relativi  agli   impianti
energetici di cui al  comma  1  possono  essere  autorizzati  qualora
conformi alle prescrizioni contenute negli elaborati  di  valutazione
ambientale strategica e pareri connessi relativi al piano  energetico
regionale, al piano regionale di tutela e risanamento  dell'atmosfera
e, ove presenti, ai piani energetici comunali. 
    [...] 
    7. Sino all'entrata in vigore delle Linee guida regionali di  cui
al comma 6, gli impianti  energetici  di  cui  al  comma  1,  e  loro
ampliamenti,   possono   essere   autorizzati   in   zona    agricola
esclusivamente qualora richiesti dall'imprenditore agricolo a  titolo
principale. 
    8. La Giunta regionale e' autorizzata  ad  emanare  provvedimenti
esplicativi  e  di  indirizzo  in   merito   all'applicazione   delle
disposizioni di cui al presente articolo. 
    [...]». 
    3.- Espone il  ricorrente  che  le  disposizioni  impugnate  sono
riconducibili, ai sensi  dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  alla
potesta' legislativa concorrente in materia di «produzione, trasporto
e   distribuzionale   nazionale   dell'energia»,   i   cui   principi
fondamentali, in materia di regimi autorizzativi, sono contenuti  nel
d.lgs. n. 387 del 2003 e nel d.lgs. n. 28 del 2011. 
    I citati regimi abilitati sono regolati nell'ambito  delle  Linee
guida. 
    L'art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003,  stabilisce  che
le Linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un  corretto
inserimento degli impianti,  con  specifico  riguardo  agli  impianti
eolici, nel paesaggio. 
    In attuazione di tali Linee guida, le Regioni  possono  procedere
alla indicazione di aree e siti  non  idonei  alla  installazione  di
specifiche tipologie di impianti. 
    Tale complesso normativo costituisce, ad avviso  del  ricorrente,
la disciplina interposta  che  insieme  all'art.  117,  terzo  comma,
Cost., funge da parametro  di  costituzionalita'  della  disposizione
impugnata. 
    4.- L'art. 111, comma 2, della legge reg. Veneto n. 30 del  2016,
stabilisce le distanze minime degli impianti a biomassa, a  biogas  e
gas di discarica e di processi di depurazione (di potenza superiore a
1.000 e  ai  3.000  kW)  rispetto  alle  residenze  civili  sparse  e
concentrate. 
    Tale previsione, nella parte in cui impone l'obbligo del rispetto
di determinate distanze  per  la  localizzazione  degli  impianti  in
questione, sarebbe in contrasto con l'art. 12, comma 10,  del  d.lgs.
n. 387 del 2003, e con il  paragrafo  1.2.  delle  Linee  guida,  che
rinvia al paragrafo 17, relativo alla individuazione delle  aree  non
idonee. 
    Secondo l'insegnamento della  giurisprudenza  costituzionale,  le
Regioni possono solo procedere alla individuazione di aree e siti non
idonei  alla  installazione  di  specifiche  tipologie  di   impianti
energetici. Non possono, invece, stabilire limiti generali,  valevoli
sull'intero territorio regionale - nella specie, distanze  minimi  da
rispettare per la localizzazione - perche' cio' contrasterebbe con il
principio di derivazione  comunitaria  di  massima  diffusione  delle
fonti di energia rinnovabili. 
    La normativa statale richiede una valutazione procedimentale, che
non puo' essere effettuata a priori. 
    Il ricorrente riconosce che a fondamento della norma impugnata e'
posta la finalita', prevista al comma  1  del  citato  art.  111,  di
contemperare il ricorso all'uso di fonti energetiche rinnovabili  con
le esigenze di tutela della salute umana, di protezione dell'ambiente
e di tutela del paesaggio, e che il territorio della  Regione  Veneto
e' compreso nella peculiare area del bacino padano. 
    Tuttavia,  proprio  perche'  l'interesse  pubblico  alla  massima
diffusione degli impianti a fonte rinnovabile puo' recedere di fronte
di esigenze di tutela della salute e dell'ambiente, cio' conferma  la
necessita' di procedere ad una valutazione caso per caso. 
    5.- Una seconda censura riguarda l'art. 111,  commi  3,  4  e  5,
della  legge  reg.  Veneto  n.   30   del   2016,   che   subordinano
l'autorizzazione  dei  citati  impianti  alla  loro   conformita'   a
«disposizioni  stabilite  per  gli  elementi  costituenti   la   rete
ecologica, come individuata  e  disciplinata  nei  piani  urbanistici
approvati o adottati e in regime di salvaguardia», o  in  assenza  al
«riferimento alla rete ecologica  individuata  e  normata  nei  piani
gerarchicamente  sovraordinati»,  ovvero  in  ulteriore   assenza   a
«prescrizioni contenute negli  elaborati  di  valutazione  ambientale
strategica e pareri connessi relativi al piano energetico  regionale,
al piano regionale di tutela  e  risanamento  dell'atmosfera  e,  ove
presenti, ai piani energetici comunali». 
    5.1.- Le disposizioni  di  cui  ai  commi  3  e  4  sarebbero  in
contrasto con l'art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003, e  con
le Linee guida, secondo cui le Regioni possono procedere ad  indicare
aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie  di
impianti. 
    Le stesse, ponendo vincoli  di  conformita'  pianificatoria  alla
localizzazione  degli  impianti  energetici  da  fonti   rinnovabili,
eluderebbero la normativa  di  cui  alle  suddette  Linee  guida  che
stabiliscono «Le sole Regioni e le Province  autonome  possono  porre
limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio
per l'installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati  a
fonti rinnovabili ed esclusivamente nell'ambito e con le modalita' di
cui al paragrafo 17». 
    Tale ultima disposizione  delle  Linee  guida  chiarisce  che  le
Regioni e le Province autonome possono procedere alla indicazione  di
aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie  di
impianti, attraverso una apposita istruttoria. 
    L'Allegato  3  delle  Linee  guida,   che   reca   «Criteri   per
l'individuazione di aree non idonee», alla lettera d), stabilisce che
«l'individuazione  delle  aree  e  dei  siti  non  idonei  non   puo'
riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente
soggette a tutela  dell'ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio
storico-artistico, ne'  tradursi  nell'identificazione  di  fasce  di
rispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate
esigenze di tutela». 
    In ragione del paragrafo 17.2. delle Linee guida «Le Regioni e le
Province autonome conciliano le politiche di tutela  dell'ambiente  e
del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione  delle  energie
rinnovabili attraverso atti di programmazione congruenti con la quota
minima di produzione di energia da fonti rinnovabili  loro  assegnata
(burden sharing)». 
    La disciplina in esame, quindi, si porrebbe in contrasto  con  il
descritto processo di individuazione delle aree non idonee  che  pone
il  principio  del   contemperamento   delle   esigenze   di   tutela
(ambientale,  paesaggistica   e   altro),   con   le   politiche   di
raggiungimento  degli  obiettivi  di  consumo  di  energia  da  fonte
rinnovabile sul consumo lordo. 
    Ad avviso del ricorrente, pertanto, la composizione  dei  diversi
interessi richiede la procedimentalizzazione disciplinata dalle Linee
guida, che concorrono  con  la  disciplina  statale  ad  integrare  i
principi fondamentali della materia che qui viene in rilievo. 
    6.- La censura relativa al comma 5 dell'art. 111 della legge reg.
Veneto n. 30 del 2016, e' specificata dalla  difesa  dello  Stato  in
riferimento al paragrafo 14.5. delle Linee guida, in base al quale il
superamento di eventuali limitazioni di tipo programmatico  contenute
nel Piano energetico o delle quote minime di incremento  dell'energia
elettrica da fonti rinnovabili non preclude di per se' l'avvio  e  la
conclusione favorevole del procedimento di autorizzazione. 
    Cio' in ragione del principio di procedimentalizzazione, in  base
al quale e' nel procedimento  amministrativo  di  autorizzazione  che
devono emergere le ragioni ostative alla realizzazione  ed  esercizio
degli impianti fonte di energia rinnovabile. 
    7.- E' poi censurato l'art. 111, comma 7, della legge reg. Veneto
n. 30 del  2016,  in  quanto  lo  stesso  eccederebbe  la  competenza
regionale in materia di energia, atteso che  ai  sensi  dell'art.  1,
comma 1, del d.lgs. 79 del 1999, secondo cui, in specifica attuazione
della direttiva 96/92/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio  del
19 dicembre 1996 concernente norme  comuni  per  il  mercato  interno
dell'energia elettrica, «le attivita'  di  produzione,  importazione,
esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica sono libere nel
rispetto  degli  obblighi  di  servizio  pubblico   contenuti   nelle
disposizioni del presente decreto». 
    A  tale  attivita'  si  deve  poter  accedere  in  condizioni  di
uguaglianza, senza discriminazioni nelle modalita' e nei  termini  di
esercizio. 
    La norma impugnata quindi e' lesiva nel consentire solo ad alcuni
soggetti di poter essere  eventualmente  autorizzati  a  costruire  o
ampliare gli impianti in questione in zone agricole,  cosi'  violando
anche  l'art.  3  Cost.,  sotto  il  profilo   della   ingiustificata
discriminazione. 
    8.- Infine e' sospettato di illegittimita' costituzionale, in via
derivata, anche il comma 8 dell'art. 111  della  legge  regionale  in
esame,  laddove   fa   riferimento   all'applicazione   delle   altre
disposizioni del medesimo articolo, della  cui  costituzionalita'  si
sospetta. 
    9.- Si e' costituita la Regione Veneto. 
    9.1.- Quanto alle censure rivolte al comma 2 dell'art. 111  della
legge reg. Veneto n. 30 del 2016, la Regione deduce che  il  rispetto
del principio  comunitario  di  massima  diffusione  delle  fonti  di
energia rinnovabile non implica che si possano  consentire  attivita'
in grado di recare nocumento ad altri valori e interessi di  primario
rilievo, quali l'ambiente e la salute. 
    In tal senso, richiama la sentenza di questa  Corte  n.  224  del
2012 che, nell'affermare l'attuazione del  principio  di  derivazione
comunitaria, fa salve le eccezioni stabilite dalle Regioni  che  sono
volte alla tutela  di  altri  interessi  costituzionalmente  protetti
nell'ambito delle materie di competenza delle Regioni medesime. 
    La sede della ponderazione di tali interessi  non  puo',  dunque,
essere individuata nel procedimento autorizzatorio, creando la regola
caso per caso, in  quanto  spetta  alla  legge  statale  e  a  quella
regionale,  nei  limiti  di  rispettiva  competenza,   porre   limiti
ragionevoli che orientino l'azione dell'amministrazione. 
    Diversamente, si darebbe luogo a discriminazione, con  danno  per
l'interesse pubblico e  il  buon  andamento  dell'amministrazione,  e
pregiudizio per la certezza del diritto. 
    La norma impugnata intende  tutelare  le  potesta'  di  carattere
urbanistico a contenuto igienico sanitario, rivolte a  preservare  la
salute umana e una ordinata convivenza civile, e riguarda  specifiche
tipologie di manufatti. 
    Cio', peraltro, troverebbe conferma  proprio  nelle  disposizioni
invocate come parametro interposto, che fanno riferimento ad un unico
criterio di valori, di  contenuto  ambientalistico,  paesaggistico  e
storico culturale, destinato ad individuare le aree,  che  avendo  da
questo punto di vista un pregio, devono essere preservate. 
    In tal senso, si esprime l'Allegato 3 delle Linee guida,  il  cui
contenuto  sottintende  che,  ove  vi  siano  specifiche  e  motivate
esigenze di tutela, sia ben possibile prevedere fasce di rispetto. 
    In  tale  ottica,  espone   la   Regione,   andrebbe   letta   la
giurisprudenza  costituzionale  che  afferma  il   divieto   per   la
legislazione regionale di prevedere limiti  generali,  da  intendere,
dunque, come preclusione indiscriminata, alla  cui  base  non  vi  e'
alcuna ragione ponderata. 
    Ricorda la Regione, infine, come nel decreto del Ministero  dello
sviluppo economico del 10 febbraio 2017 si affermava che  l'interesse
pubblico alla massima diffusione degli impianti a  fonte  rinnovabile
possa recedere di fronte alle prospettate esigenza  di  tutela  della
salute. 
    9.2.- In relazione alle censure rivolte ai commi 3,  4  e  5,  la
Regione rileva l'errata esegesi del  dato  normativo,  in  quanto  lo
stesso non pone vincoli alla localizzazione degli  impianti  a  fonte
rinnovabile, ma si limita ad enunciare gli ambiti di gerarchia  delle
fonti,  nei  quali  inserire  la  disciplina  specifica   di   questi
interventi. 
    Quindi, ad avviso della remittente, la previsione  regionale  non
introduce vincoli, ma si limita ad  enumerare  gli  strumenti  e  gli
ambiti di pianificazione  nei  quali  possono  rinvenirsi  vincoli  e
limiti gia' esistenti e cogenti. 
    9.3.- Infine, quanto all'art. 111,  comma  7,  della  legge  reg.
Veneto  n.  30  del  2016,  si  osserva  che  la  norma  non   appare
irragionevole, fonte di  disuguaglianza  tra  cittadini  posti  nella
stessa situazione. 
    La  disposizione  regionale  non  intende  stabilire  un  vincolo
ingiustificato, ma vuole garantire un regime autorizzatorio omogeneo,
considerando, nel periodo transitorio, la posizione di coloro la  cui
attivita' trova una maggiore e  piu'  costante  correlazione  con  la
realizzazione di impianti di produzione  di  energia  mediante  fonti
rinnovabili. 
    Il  legislatore  regionale  ha  tenuto  conto   della   peculiare
posizione in cui  si  trovano  gli  imprenditori  agricoli  a  titolo
principale, i quali,  vista  la  diretta  correlazione  tra  la  loro
attivita' imprenditoriale e l'attivita' accessoria di  produzione  di
energia mediante fonti rinnovabili,  sarebbero  gravemente  lesi  dal
divieto  di  rilasciare  autorizzazioni   in   zona   agricola   sino
all'adozione delle Linee guida regionali. 
    10.- Con memoria depositata il 30 gennaio 2018, la Regione Veneto
ha ribadito le proprie  difese,  insistendo  nelle  conclusioni  gia'
rassegnate di non fondatezza delle questioni. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con  ricorso  notificato
il 28 febbraio - 2 marzo  2017  e  depositato  nella  cancelleria  di
questa Corte il 7 marzo 2017, ha promosso questione  di  legittimita'
costituzionale, tra gli altri, dell'art. 111, commi 2, 3, 4, 5,  7  e
8,  della  legge  della  Regione  Veneto  30  dicembre  2016,  n.  30
(Collegato alla legge di stabilita' regionale 2017), in  riferimento,
nel complesso, agli artt. 3 e 117, terzo comma,  della  Costituzione,
quest'ultimo  in  relazione  all'art.  1,  comma   1,   del   decreto
legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (Attuazione della direttiva 96/92/CE
recante norme comuni per il mercato interno dell'energia  elettrica),
all'art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre  2003,  n.
387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa  alla  promozione
dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili  nel
mercato interno dell'elettricita'), al decreto  interministeriale  10
settembre 2010  (Linee  guida  per  l'autorizzazione  degli  impianti
alimentati da fonti rinnovabili), da ora: Linee guida, e  al  decreto
legislativo  3  marzo  2011,  n.  28  (Attuazione   della   direttiva
2009/28/CE  sulla   promozione   dell'uso   dell'energia   da   fonti
rinnovabili,  recante  modifica  e   successiva   abrogazione   delle
direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE). 
    Va riservata a separate pronunce la decisione delle questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate  su  altre  disposizioni  della
legge della Regione Veneto n. 30 del 2016. 
    2.- L'art. 111 (la cui rubrica reca "Disposizioni in  materia  di
impianti energetici"), comma 1, della legge regionale citata prevede:
«Al fine di contemperare il  ricorso  all'uso  di  fonti  energetiche
rinnovabili  con  le  esigenze  di  tutela  della  salute  umana,  di
protezione dell'ambiente e di tutela del paesaggio,  di  contenimento
del consumo di suolo, di preservazione delle risorse  naturalistiche,
relativamente agli impianti  energetici  a  biomassa,  agli  impianti
energetici a biogas e gas di discarica e di processi  di  depurazione
di potenzialita' uguale o superiore a 999 kW elettrici  si  applicano
le disposizioni di cui al presente articolo». 
    Il Presidente del Consiglio dei  ministri  prospetta  le  censure
rispetto ai successivi commi 2, 3, 4, 5, 7 e 8,  il  cui  oggetto  e'
costituito dalla disciplina dei titoli abilitativi di questi impianti
di produzione di energia rinnovabile, per contrasto  con  i  principi
fondamentali dettati in materia con legge dello Stato. 
    3.- La disciplina in questione deve essere ricondotta,  ai  sensi
dell'art.  117,  terzo  comma,  Cost.,  alla   materia   «produzione,
trasporto e distribuzionale nazionale dell'energia», i  cui  principi
fondamentali, in ordine ai regimi autorizzativi, sono stabiliti dallo
Stato. 
    Con  la  sentenza  n.  99  del  2012  si  e'  affermato  che  «Il
legislatore  statale,  infatti,  attraverso   la   disciplina   delle
procedure  per  l'autorizzazione  degli  impianti  di  produzione  di
energia  da  fonti  rinnovabili,  ha  introdotto  principi  che,  per
costante giurisprudenza di  questa  Corte,  non  tollerano  eccezioni
sull'intero  territorio  nazionale,  in  quanto   espressione   della
competenza legislativa concorrente in  materia  di  energia,  di  cui
all'art. 117, terzo comma, della Costituzione». 
    Tali principi sono contenuti nel d.lgs. n. 387  del  2003  e  nel
d.lgs. n.  28  del  2011,  invocati  dal  ricorrente  come  parametri
interposti, ciascuno dei quali ha dato attuazione  ad  una  direttiva
dell'Unione europea. Lo sviluppo della produzione di energia da fonti
rinnovabili  costituisce  un  obiettivo  rilevante   della   politica
energetica  dell'Unione  europea.  Per  il  perseguimento   di   tale
finalita' sono state emanate, fra le altre, la  direttiva  2001/77/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio del 27  settembre  2001  sulla
promozione  dell'energia  elettrica  prodotta  da  fonti  energetiche
rinnovabili, nel mercato interno dell'elettricita',  e  la  direttiva
2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile  2009
sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili,  recante
modifica  e  successiva  abrogazione  delle  direttive  2001/77/CE  e
2003/30/CE (Testo rilevante ai fini del SEE). 
    In particolare,  i  regimi  abilitativi  degli  impianti  per  la
produzione di energia rinnovabile sono regolati dalle Linee guida  di
cui al decreto  interministeriale  10  settembre  2010,  adottate  in
attuazione del comma 10 dell'art. 12 del d.lgs. n. 387  del  2003,  e
richiamate nel d.lgs. n. 28 del 2011. Si tratta di atti di formazione
secondaria, che costituiscono, in settori squisitamente  tecnici,  il
completamento della normativa primaria. Essi rappresentano  un  corpo
unico con la disposizione legislativa che li prevede e  che  ad  essi
affida il compito di individuare le specifiche tecniche  che  mal  si
conciliano con il contenuto di un atto legislativo e che  necessitano
di applicazione uniforme in  tutto  il  territorio  nazionale  (cosi'
sempre la sentenza n. 99 del 2012). 
    4.- La prima questione riguarda il comma 2  dell'art.  111  della
legge regionale, che fissa le distanze  minime  per  la  collocazione
degli impianti indicati nel comma 1 rispetto  alle  residenze  civili
sparse e concentrate. 
    La disposizione violerebbe l'art. 117,  terzo  comma,  Cost.,  in
relazione alla materia oggetto di  potesta'  legislativa  concorrente
«produzione, trasporto e  distribuzione  nazionale  dell'energia»,  e
sarebbe in contrasto con l'art. 12, comma 10, del d.lgs. n.  387  del
2003, e con il paragrafo  1.2.  delle  Linee  guida,  che  rinvia  al
successivo paragrafo 17, relativo alla individuazione delle aree  non
idonee. 
    5.- La questione e' fondata. 
    6.- Analoga questione ha gia' costituito esame da parte di questa
Corte,  che,  con  la  sentenza  n.  13  del  2014,   ha   dichiarato
l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione Campania 1°
luglio 2011, n. 11  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  impianti
eolici), per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost. 
    Tale legge regionale prescriveva le distanze da rispettare per la
costruzione  di  nuovi  aerogeneratori,  imponendo  un   vincolo   da
applicarsi in via generale sul territorio  regionale,  in  violazione
dei principi fondamentali  contenuti  nell'art.  12,  comma  10,  del
d.lgs. n. 387 del 2003  e  nelle  Linee  guida,  e  questa  Corte  ha
ritenuto che, in base a tali disposizioni, alle Regioni e' consentito
soltanto individuare, caso per caso, «aree e siti non idonei», avendo
specifico riguardo alle  diverse  fonti  e  alle  diverse  taglie  di
impianto, in via di eccezione e solo qualora cio' sia necessario  per
proteggere interessi  costituzionalmente  rilevanti.  Il  margine  di
intervento riconosciuto al legislatore regionale non permette  invece
che le Regioni prescrivano limiti generali,  specie  nella  forma  di
distanze  minime,  perche'  cio'  contrasterebbe  con  il   principio
fondamentale  di  massima   diffusione   delle   fonti   di   energia
rinnovabili, stabilito dal legislatore statale  in  conformita'  alla
normativa dell'Unione europea. 
    In precedenza, gia' con la  sentenza  n.  308  del  2011  si  era
affermata  l'illegittimita'  costituzionale   di   disposizioni   che
prevedevano un divieto arbitrario, generalizzato e indiscriminato  di
localizzazione  di  impianti  di  produzione  di  energia  da   fonti
rinnovabili. 
    6.1.- Questi principi vanno ribaditi. 
    Il principio di derivazione comunitaria della massima  diffusione
degli impianti di energia a fonte rinnovabile puo' trovare  eccezione
in    presenza    di    esigenze    di    tutela    della     salute,
paesaggistico-ambientale e dell'assetto  urbanistico  del  territorio
(sentenze n. 13 del 2014 e 224  del  2012),  ma  la  compresenza  dei
diversi interessi coinvolti, tutti costituzionalmente  rilevanti,  ha
come luogo elettivo di composizione il  procedimento  amministrativo,
come previsto al paragrafo  17.1.  dalle  Linee  guida,  secondo  cui
«[...] l'individuazione della  non  idoneita'  dell'area  e'  operata
dalle Regioni attraverso un'apposita istruttoria avente ad oggetto la
ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente,  del
paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni
agroalimentari locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale che
identificano   obiettivi   di   protezione   non   compatibili    con
l'insediamento, in determinate  aree,  di  specifiche  tipologie  e/o
dimensioni di  impianti,  i  quali  determinerebbero,  pertanto,  una
elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede  di
autorizzazione [...]». 
    E' nella sede procedimentale, dunque, che puo' e deve avvenire la
valutazione  sincronica  degli   interessi   pubblici   coinvolti   e
meritevoli di tutela, a confronto sia con  l'interesse  del  soggetto
privato operatore  economico,  sia  ancora  (e  non  da  ultimo)  con
ulteriori  interessi  di  cui  sono  titolari  singoli  cittadini   e
comunita',  e  che  trovano  nei  principi  costituzionali  la   loro
previsione e tutela. La struttura  del  procedimento  amministrativo,
infatti, rende possibili  l'emersione  di  tali  interessi,  la  loro
adeguata prospettazione, nonche'  la  pubblicita'  e  la  trasparenza
della loro valutazione, in attuazione dei principi di cui all'art.  1
della legge 7  agosto  1990,  n.  241  (Nuove  norme  in  materia  di
procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai  documenti
amministrativi): efficacia, imparzialita', pubblicita' e trasparenza.
Viene in tal modo garantita, in primo  luogo,  l'imparzialita'  della
scelta,  alla  stregua  dell'art.  97  Cost.,   ma   poi   anche   il
perseguimento, nel modo piu'  adeguato  ed  efficace,  dell'interesse
primario,  in   attuazione   del   principio   del   buon   andamento
dell'amministrazione, di cui allo stesso art. 97 Cost. 
    In definitiva  viene  in  tal  modo  garantito  il  rispetto  del
principio di legalita' - anch'esso desumibile dall'art. 97 Cost. - in
senso non solo formale, come attribuzione normativa  del  potere,  ma
anche sostanziale, come esercizio del potere in modo coerente con  la
fonte normativa di attribuzione. Difatti, a chiusura del sistema,  vi
e' la possibilita' di sottoporre le scelte  compiute  e  le  relative
modalita' di adozione al vaglio giurisdizionale. 
    6.2.- La soluzione  legislativa  adottata  dalla  Regione,  nello
stabilire  in  via  generale,  senza  istruttoria  e  valutazione  in
concreto dei luoghi in sede procedimentale, distanze  minime  per  la
collocazione degli impianti non previste  dalla  disciplina  statale,
non garantisce il rispetto di  questi  principi  fondamentali  e  non
permette un'adeguata tutela  dei  molteplici  e  rilevanti  interessi
coinvolti. 
    6.3.- Pertanto, l'art. 111, comma 2, della legge reg.  Veneto  n.
30 del 2016, viola, per il tramite dell'art. 12, comma 10, del d.lgs.
n. 387 del 2003 e delle richiamate  Linee  guida  (paragrafi  1.2.  e
17.1.), l'art. 117, terzo comma, Cost. 
    7.- La seconda questione verte sui commi 3, 4 e 5, dell'art.  111
citato. 
    8.- I commi 3 e 4 sono impugnati nella parte in  cui  subordinano
l'autorizzazione degli impianti in questione  alla  loro  conformita'
alle «disposizioni stabilite per gli  elementi  costituenti  la  rete
ecologica, come individuata  e  disciplinata  nei  piani  urbanistici
approvati o adottati e in regime di salvaguardia», o  in  assenza  di
piani urbanistici con  individuazione  e  disciplina  degli  elementi
della  rete  ecologica,  nella  parte  in  cui   prevedono   che   le
disposizioni di cui al comma 3 si applicano in «riferimento alla rete
ecologica   individuata   e   normata   nei   piani   gerarchicamente
sovraordinati». 
    Ad avviso della difesa  dello  Stato,  le  disposizioni,  ponendo
generici vincoli di conformita'  pianificatoria  alla  localizzazione
degli impianti, sarebbero in contrasto con l'art. 12, comma  10,  del
d.lgs. n. 387 del 2003 e con le Linee guida. In particolare, verrebbe
in rilievo il punto 17.1. gia' preso in considerazione come parametro
interposto nella precedente questione,  e  che  impone  il  descritto
metodo procedimentale per la individuazione delle aree non idonee. 
    9.- La questione non e' fondata. 
    9.1.-  Va  ricordato  che  la  rete  ecologica  e'  un  rilevante
strumento della politica dell'Unione  europea  per  la  conservazione
della  biodiversita',  istituito  in   attuazione   della   direttiva
92/43/CEE  del  Consiglio  del  21   maggio   1992,   relativa   alla
conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della  flora  e
della fauna selvatiche, minacciati o rari a livello  comunitario.  La
direttiva citata e' stata recepita dal d.P.R. 8  settembre  1997,  n.
357  (Regolamento  recante  attuazione  della   direttiva   92/43/CEE
relativa alla conservazione degli habitat  naturali  e  seminaturali,
nonche' della flora e della  fauna  selvatiche),  poi  integrato  dal
d.P.R. 12 marzo  2003,  n.  120  (Regolamento  recante  modifiche  ed
integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica  8  settembre
1997,  n.  357,  concernente  attuazione  della  direttiva  92/43/CEE
relativa alla conservazione degli habitat  naturali  e  seminaturali,
nonche' della flora e della fauna selvatiche), che ha  introdotto  la
valutazione di  incidenza,  volta  all'esame  delle  interferenze  di
piani, progetti e interventi che, non essendo  direttamente  connessi
alla conservazione degli habitat e  delle  specie  caratterizzanti  i
siti stessi, possono condizionarne l'equilibrio ambientale. 
    9.2.- Come eccepito dalla  Regione,  la  disciplina  dettata  dai
commi in esame si  sostanzia  nel  rinvio  a  quanto  previsto  nelle
tipiche sedi pianificatorie per la tutela della rete ecologica. 
    9.3.- Pertanto,  nel  pretendere  la  conformita'  alle  relative
previsioni, i commi 3 e 4 della legge reg. Veneto n. 30 del 2016  non
violano il  principio  della  necessaria  ponderazione  delle  scelte
nell'appropriata sede procedimentale amministrativa. 
    10.- Il comma 5 del citato art. 111 e' censurato nella  parte  in
cui prevede  che  «I  manufatti  e  le  installazioni  relativi  agli
impianti energetici di cui al  comma  1  possono  essere  autorizzati
qualora conformi  alle  prescrizioni  contenute  negli  elaborati  di
valutazione ambientale strategica e pareri connessi relativi al piano
energetico regionale [...], e,  ove  presenti,  ai  piani  energetici
comunali». La previsione sarebbe in contrasto con il paragrafo  14.5.
delle Linee guida. 
    11.- La questione e' fondata. 
    11.1.- In questo caso, infatti,  non  e'  condivisibile  la  tesi
regionale della errata lettura della  norma,  poiche'  cio'  che  qui
viene in rilievo e' proprio l'idoneita' della sede pianificatoria  ad
introdurre vincoli. 
    Il  richiamato  paragrafo  14.5.  delle  Linee   guida   sancisce
chiaramente che il  superamento  di  eventuali  limitazioni  di  tipo
programmatico contenute nel Piano energetico regionale (PER), o delle
quote  minime  di  incremento   dell'energia   elettrica   da   fonti
rinnovabili, non preclude l'avvio e  la  conclusione  favorevole  del
procedimento autorizzatorio. 
    12.- Pertanto, la disposizione contrasta con la normativa statale
che costituisce un principio fondamentale della materia e deve essere
dichiarata costituzionalmente illegittima. 
    13.- Il comma 7 dell'art. 111 della legge reg. Veneto n.  30  del
2016, consente solo agli imprenditori  agricoli  la  possibilita'  di
essere autorizzati a costruire o ampliare gli impianti  in  questione
in zone  agricole.  La  disposizione  sarebbe  in  contrasto  con  il
principio  fondamentale  espresso   dalla   normativa   statale   (di
derivazione europea), secondo cui l'attivita' in questione e'  libera
e deve essere esercitata in regime  di  eguaglianza,  cosi'  violando
anche l'art. 3 Cost. 
    14.- La questione non e' fondata. 
    14.1.- La disposizione costituisce una eccezione alla sospensione
delle autorizzazioni disposta in attesa dell'entrata in vigore  delle
linee guida regionali. In questo contesto essa, da una parte,  e'  in
linea con il favor per  le  fonti  rinnovabili  e,  dall'altra,  puo'
ritenersi non discriminatoria,  in  quanto  la  finalizzazione  della
produzione  di  energia  all'attivita'  agricola,   implicita   nella
qualita' del richiedente, costituisce un'adeguata giustificazione del
diverso trattamento. 
    14.2.- Pertanto la norma non e' lesiva dei principi  fondamentali
richiamati. 
    15.- Anche la questione relativa al comma 8 dell'art.  111  della
legge reg. Veneto n. 30 del 2016, non e' fondata. 
    La norma prevede l'emanazione, da parte della  Giunta  regionale,
di provvedimenti esplicativi e di indirizzo  "all'applicazione  delle
disposizioni"  contenute  negli  altri  commi,  e  l'impugnazione  e'
proposta in via derivata. Ne consegue che,  una  volta  eliminate  le
disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime,  la  funzione
attribuita alla Giunta  non  e'  a  sua  volta  lesiva  dei  principi
fondamentali della materia, al pari delle disposizioni da applicare.