ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1  della
legge della Regione Marche 9 marzo 2015, n. 7 (Modifiche  alla  legge
regionale 16 luglio 2007, n. 8  «Disciplina  delle  deroghe  previste
dalla direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 e  dell'articolo  19-bis
della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la  protezione  della
fauna selvatica omeoterma e per il  prelievo  venatorio"  e  modifica
alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme  per  la  protezione
della fauna selvatica e per la tutela  dell'equilibrio  ambientale  e
disciplina dell'attivita' venatoria"»), promosso dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 12-15  maggio  2015,
depositato in cancelleria il 15 maggio 2015 ed iscritto al n. 53  del
registro ricorsi 2015. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche; 
    udito nella udienza pubblica del  20  febbraio  2018  il  Giudice
relatore Giulio Prosperetti; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Pio  Giovanni  Marrone  per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per
la Regione Marche. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 12-15 maggio 2015 e  depositato  in
cancelleria il 15  maggio  2015  (reg.  ric.  n.  53  del  2015),  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  promosso  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 1  della  legge  della  Regione
Marche 9 marzo 2015, n. 7 (Modifiche alla legge regionale  16  luglio
2007,  n.  8  «Disciplina  delle  deroghe  previste  dalla  direttiva
79/409/CEE del 2 aprile 1979 e dell'articolo 19-bis  della  legge  11
febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma  e  per  il  prelievo  venatorio"  e  modifica  alla  legge
regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la protezione  della  fauna
selvatica e per la tutela  dell'equilibrio  ambientale  e  disciplina
dell'attivita' venatoria"»), in riferimento  all'art.  117,  primo  e
secondo comma, lettera s), della Costituzione, in relazione  all'art.
9 della direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio
del 30 novembre 2009,  concernente  la  conservazione  degli  uccelli
selvatici (versione codificata) e dell'art.  19-bis  della  legge  11
febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna  selvatica
omeoterma e per il prelievo venatorio). 
    2.- La legge regionale  impugnata  ha  aggiunto  il  comma  2-bis
all'art. 2 della legge della Regione Marche  16  luglio  2007,  n.  8
(Disciplina delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE  del  2
aprile 1979 e dell'articolo 19-bis della legge 11 febbraio  1992,  n.
157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio" e modifica alla legge regionale 5  gennaio  1995,
n. 7 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per  la  tutela
dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria") e,
in riferimento all'obbligo di indicare le circostanze di tempo  e  di
luogo della deroga ai divieti di caccia, ha previsto che e'  comunque
consentito il prelievo dello  storno  in  prossimita'  di  nuclei  di
vegetazione produttivi sparsi,  a  tutela  della  specificita'  delle
coltivazioni regionali. 
    L'Avvocatura generale dello Stato ha rappresentato che,  in  base
all'art. 9, paragrafo 1, della  direttiva  2009/147/CE,  la  facolta'
degli Stati membri di derogare al divieto  di  catturare  e  uccidere
uccelli  selvatici  e'  subordinata  alla  sussistenza   di   ragioni
espressamente tipizzate, quali la tutela della salute,  la  sicurezza
pubblica, la prevenzione di gravi danni alle colture,  e  all'assenza
di altre soluzioni soddisfacenti, e la  deroga  deve  specificare  le
specie di uccelli che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti  o  i
metodi di cattura e uccisione autorizzati, le condizioni di rischio e
le circostanze di tempo  e  di  luogo  in  cui  esse  possono  essere
applicate, l'autorita'  abilitata  a  dichiarare  che  le  condizioni
richieste sono  soddisfatte  e  a  decidere  quali  mezzi,  metodi  e
impianti possono essere impiegati, da quali persone  ed  entro  quali
limiti, nonche' i controlli che verranno effettuati. 
    In attuazione della citata direttiva, l'art. 19-bis  della  legge
n. 157 del 1992 ha disciplinato le deroghe, attribuendone l'esercizio
alle Regioni e alle Province autonome, che devono disporle  con  atto
amministrativo, in assenza di altre soluzioni soddisfacenti,  in  via
eccezionale e per periodi di tempo limitati, previa analisi  puntuale
dei  presupposti  e  previa  indicazione  della   sussistenza   delle
condizioni richieste dalla normativa sovranazionale. 
    Secondo la difesa dello  Stato,  la  legge  regionale  impugnata,
subordinando il prelievo dello storno ad una  condizione  generica  e
priva di specifiche limitazioni spaziali e  temporali  (e'  richiesta
soltanto la prossimita' a nuclei vegetazionali produttivi sparsi e la
tutela della  specificita'  delle  coltivazioni  regionali),  avrebbe
privato la deroga del carattere eccezionale e temporaneo attribuitole
dalla normativa nazionale  e  comunitaria,  per  trasformarla  in  un
rimedio di carattere  continuativo  e  stabile  nel  tempo;  inoltre,
l'individuazione della condizione di  esercizio  della  deroga  nella
legge,  invece  che  nell'atto  amministrativo,  avrebbe  determinato
l'elusione dell'obbligo di motivazione e  l'elisione  del  potere  di
annullamento governativo previsto dall'art. 19-bis della legge n. 157
del 1992. 
    3.- Si e' costituita la Regione Marche deducendo che  la  novella
legislativa impugnata sarebbe in linea con le prescrizioni  normative
nazionali e sovranazionali, poiche' essa, aggiungendo il comma  2-bis
all'art. 2 della legge reg. Marche n. 8 del 2007, si sarebbe limitata
a specificare le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di
luogo del prelievo venatorio in deroga,  individuando  una  specifica
condizione (la prossimita' ai nuclei vegetazionali produttivi sparsi)
per la cacciabilita' di un tipo di uccello (lo storno),  in  funzione
di  una  precisa  esigenza  (la  tutela  della   specificita'   delle
coltivazioni regionali). 
    A  parere  della  difesa  regionale,  la  disciplina  legislativa
andrebbe valutata complessivamente, tenendo conto del  fatto  che  il
comma 3 dell'art. 2 della legge reg. Marche n. 8 del 2007 continua  a
demandare alla Giunta regionale la competenza  ad  adottare,  in  via
amministrativa, i  provvedimenti  di  deroga,  cosi'  assicurando  il
rispetto  delle  prescrizioni  poste  dal  legislatore   statale   e,
pertanto, la questione di legittimita' costituzionale dovrebbe essere
dichiarata  inammissibile,  per  inesatta  ricostruzione  del  quadro
normativo, ovvero non fondata. 
    4.- L'Avvocatura generale dello Stato in data 10 maggio  2016  ha
depositato  una  memoria  in  replica  alla  difesa  della   Regione,
ribadendo le proprie ragioni e precisando, in riferimento  al  quadro
normativo, di aver richiamato, nel  ricorso  introduttivo,  la  legge
reg. Marche n. 8 del 2007, ma di  ritenerla  irrilevante  poiche'  la
novella di cui alla legge reg. Marche n. 7 del 2015  non  vi  avrebbe
dato attuazione, come sostenuto dalla resistente, ma  avrebbe  inciso
autonomamente  sulla  disciplina  del  prelievo  venatorio,  rendendo
stabile e continuativa la deroga. 
    La difesa statale, inoltre, ha rappresentato che, nelle more  del
giudizio di costituzionalita', e' sopravvenuta la legge  28  dicembre
2015, n. 221  (Disposizioni  in  materia  ambientale  per  promuovere
misure di green economy e per il contenimento dell'uso  eccessivo  di
risorse naturali), che ha novellato l'art. 19-bis della legge n.  157
del 1992, introducendo il comma 6-bis, a norma del quale le  Regioni,
nell'individuare le condizioni di rischio e le circostanze  di  luogo
per il  rilascio  dell'autorizzazione  al  prelievo  venatorio  dello
storno,  lo  consentono  in  prossimita'  di   nuclei   vegetazionali
produttivi  sparsi  e  per  la  tutela   della   specificita'   delle
coltivazioni regionali. 
    Secondo il ricorrente, pero', la somiglianza di contenuto tra  la
novella  nazionale  e  la  legge  regionale  censurata  non   avrebbe
incidenza  sul  giudizio  di  costituzionalita',  poiche'  la   norma
impugnata avrebbe avuto applicazione fino all'emanazione della  legge
statale che ne ha riprodotto, in parte, il contenuto  e  comunque  la
coincidenza delle fattispecie disciplinate dalla  legge  regionale  e
dalla norma statale sopravvenuta sarebbe solo parziale. 
    5.- La Regione Marche  il  30  gennaio  2018  ha  depositato  una
memoria con cui ha insistito sull'inammissibilita'  della  questione,
precisando che dai lavori preparatori della legge regionale Marche n.
7  del  2015  (depositati  quali  allegati   alla   stessa   memoria)
emergerebbe  chiaramente  la   natura   meramente   attuativa   della
disposizione impugnata e la necessita'  della  sua  introduzione  per
rispondere   all'istanza   concorde   degli   agricoltori   e   delle
associazioni venatorie. 
    In ogni caso, la disposizione  sarebbe  coerente  con  l'art.  9,
paragrafo 1,  della  direttiva  2009/147/CE,  che  individua  tra  le
finalita' della deroga la necessita' della prevenzione di gravi danni
alle colture, e con l'art. 19-bis della legge n. 157  del  1992  che,
per effetto delle modifiche apportate dalla legge n. 221 del 2015, ha
tenore analogo alla previsione censurata, consentendo  alle  Regioni,
in sede di rilascio dei provvedimenti di deroga e in riferimento alle
condizioni di rischio e alle circostanze di luogo  del  prelievo,  di
autorizzare  quello   dello   storno   in   prossimita'   di   nuclei
vegetazionali produttivi sparsi, per  la  tutela  delle  specificita'
delle coltivazioni regionali. 
    Infine, la Regione ha rappresentato di aver dato attuazione  alla
legge  impugnata  sempre  previa  adozione   dei   provvedimenti   di
autorizzazione della Giunta, allegati  in  copia  alla  memoria,  nel
rispetto di tutte le condizioni prescritte dal legislatore  nazionale
e sovranazionale, e ha insistito nelle conclusioni gia' rassegnate. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato  l'art.
1 della legge della Regione Marche 9 marzo 2015, n. 7 (Modifiche alla
legge regionale 16  luglio  2007,  n.  8  «Disciplina  delle  deroghe
previste dalla direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 e dell'articolo
19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la  protezione
della fauna selvatica  omeoterma  e  per  il  prelievo  venatorio"  e
modifica alla legge regionale 5 gennaio 1995,  n.  7  "Norme  per  la
protezione della fauna selvatica  e  per  la  tutela  dell'equilibrio
ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria"»),  per  violazione
dell'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione,
in relazione all'art. 9 della direttiva  2009/147/CE  del  Parlamento
europeo  e  del  Consiglio  del  30  novembre  2009,  concernente  la
conservazione  degli  uccelli  selvatici  (versione   codificata)   e
all'art. 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157  (Norme  per  la
protezione  della  fauna  selvatica  omeoterma  e  per  il   prelievo
venatorio). 
    La norma regionale, all'espresso fine di indicare  le  condizioni
di rischio e  le  circostanze  di  tempo  e  di  luogo  del  prelievo
venatorio in deroga dello storno, stabilisce che esso  e'  consentito
in prossimita' di nuclei vegetazionali produttivi  sparsi,  a  tutela
della specificita' delle coltivazioni regionali. 
    Secondo il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  la  natura
generalizzata della deroga consentirebbe  il  prelievo  dello  storno
senza limitazioni di spazio e di tempo cosi' che  essa,  da  istituto
giuridico dal carattere eccezionale e temporaneo,  sarebbe  diventata
stabile e continuativa nel  tempo,  ponendosi  in  contrasto  con  la
normativa nazionale e comunitaria. 
    Inoltre, l'introduzione della  deroga  attraverso  la  legge,  in
luogo del provvedimento amministrativo  prescritto  dall'art.  19-bis
della  legge  n.  157  del  1992,  avrebbe   determinato   l'elusione
dell'obbligo di motivare l'autorizzazione e l'elisione del potere  di
annullamento di essa attribuito al Consiglio dei ministri. 
    2.-  La  questione  e'  fondata  con  riferimento  a  entrambi  i
parametri. 
    La tutela  degli  uccelli  selvatici  e'  assicurata  nel  nostro
ordinamento dalla direttiva 2009/147/CE, che ha avuto attuazione  con
la legge n. 157 del 1992; l'art.  19-bis  di  tale  legge  stabilisce
specifiche  deroghe  al  divieto  di  catturare  e  uccidere  uccelli
selvatici ("prelievo venatorio"). 
    La  norma  nazionale  demanda  alle  Regioni  l'esercizio   delle
deroghe, imponendo pero' che l'autorizzazione al  prelievo  venatorio
sia disposta con atto amministrativo e prevedendo il contenuto minimo
del provvedimento, nel senso che esso deve specificare le ragioni che
giustificano  la  sua  adozione,  l'assenza  di   diverse   soluzioni
soddisfacenti e le modalita' e condizioni di esercizio della deroga. 
    La scelta dello strumento amministrativo consente di motivare  in
ordine  alla  ricorrenza  delle  specifiche  condizioni  a   cui   il
legislatore  statale  subordina  l'esercizio  della   deroga,   quale
strumento di carattere eccezionale e temporaneo, mentre la previsione
dell'autorizzazione  nella  legge   regionale   impugnata   determina
l'assorbimento  dell'obbligo  di  motivazione  e   finisce   con   il
trasformare la stessa deroga  in  un  rimedio  stabile  e  permanente
(sentenze n. 260 del 2017, n. 160 e n. 20 del  2012,  e  n.  250  del
2008). 
    3.-  Inoltre,  la  disciplina  nazionale  prevede  una   speciale
procedura di  diffida  ed  annullamento  governativo  delle  delibere
regionali sul prelievo delle specie interessate che sono in contrasto
con le prescrizioni della legge statale. 
    E' ben vero che la disciplina regionale, oggetto di impugnazione,
rimette comunque ad una delibera della Giunta la decisione  circa  la
contingente necessita' del prelievo e la fissazione dei tempi e degli
ambiti,  nella  specie  la  prossimita'  dei  nuclei  di  vegetazione
produttivi sparsi, a tutela  delle  specificita'  delle  coltivazioni
regionali, ma la interposizione  della  legge  regionale  rispetto  a
quella statale viola la  competenza  statale  in  materia  di  tutela
dell'ambiente ai sensi dell'art.  117,  secondo  comma,  lettera  s),
Cost. 
    Non ha pregio la  difesa  della  Regione  secondo  cui  la  legge
impugnata  si  sarebbe  limitata  ad  individuare   una   particolare
condizione, cioe' la prossimita' ai nuclei  vegetazionali  produttivi
sparsi, per la cacciabilita' dello storno in funzione  della  precisa
esigenza consistente nella specificita' delle coltivazioni regionali,
poiche' la norma in questione recita che «e' comunque  consentito  il
prelievo in deroga  dello  storno  (Sturnus  vulgaris)  praticato  in
prossimita' di nuclei vegetazionali produttivi sparsi, a tutela della
specificita' delle coltivazioni regionali». 
    Ora,  nello  stabilire  che  la  cacciabilita'  dello  storno  e'
"comunque" consentita seppure in  determinati  ambiti,  la  norma  in
questione prescinde da un provvedimento di deroga  ad  hoc  e  quindi
elide il potere di  annullamento  governativo  del  provvedimento  di
deroga, in contrasto con la normativa nazionale  e  comunitaria,  con
conseguente violazione anche dell'art. 117, primo comma, Cost.