TRIBUNALE ORDINARIO DI TRIESTE Sezione civile Nella persona del giudice dell'esecuzione dott. David Di Paoli Paulovich ha pronunziato la seguente ordinanza nel procedimento d'opposizione di terzo ex art. 619 codice di procedura civile iscritto sub R.g.e. n. 507/2010 promosso da avv. Elena Predonzani terza convenuta - opponente; Nei confronti di Equitalia Friuli Venezia Giulia S.P.A., attrice - opposta; E con avv. Agostino Majo, debitore esecutato; A scioglimento della riserva assunta all'udienza del 27 luglio 2010 nel corso della causa sovra epigrafata; Esaminati gli atti di causa e la documentazione dimessa; Veduto il ricorso in opposizione all'esecuzione ex art. 619 codice di procedura civile depositato dalla convenuta opponente avv. Elena Predonzani; Rilevato che le deduzioni ed eccezioni svolte dall'opponente appaiono apprezzabili e condivisibili in ordine ai profili di dubbia costituzionalita' dell'art. 63 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 di data 29 settembre 1973, stante l'indubbia rilevanza, in punto fumus boni iuris, dell'opposizione svolta; Ritenuto che ogni provvedimento di questo Giudice sarebbe, allo stato, irragionevolmente limitato da tale disposizione normativa che gl'impedisce di pronunziarsi sulla fondatezza della pretesa azionata, pur nell'evidente presenza di elementi di fatto e di diritto inducenti a ravvisame l'indubbia fondatezza sostanziale e processuale, si' da costringerelo ad una eventuale disapplicazione nel presente giudizio ai fini decisori; Ritenuto che e' nella facolta' del sottoscritto Giudice dell'esecuzione, ritenendone sussistenti i presupposti, sollevare d'ufficio ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e successive modifiche, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 63 del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973 n. 602, siccome modificato dal decreto legislativo del 26 febbraio 1999 n. 46, in quanto disposizione applicabile alla presente fattispecie; Richiamato l'art. 63 summentovato, il quale recita come «l'ufficiale della riscossione deve astenersi dal pignoramento o desistere dal procedimento quando e' dimostrato che i beni appartengano a persona diversa dal debitore iscritto a ruolo, dai coobbligati o dai soggetti indicati dall'art. 58, comma 3, in virtu' di titolo avente data anteriore all'anno cui si riferisce l'entrata iscritta a ruolo. Tale dimostrazione puo' essere offerta soltanto mediante esibizione di atto pubblico o scrittura privata autenticata, ovvero di sentenza passata in giudicato pronunciata su domanda proposta prima di detto anno»; Osservato, che le norme ritenute violate da tale disposizione appaiono gli articoli 3, 24, 42 della Costituzione, nella misura in cui l'art. 63 predetto prevede che, nel caso di opposizione di terzo proposta avverso l'esecuzione esattoriale da soggetti diversi da quelli di cui all'art. 58 terzo comma dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73, l'ufficiale della riscossione debba astenersi dal pignoramento o desistere dal procedimento solamente allorquando gli opponenti dimostrino d'essere proprietari dei beni in forza di atto pubblico o di scrittura privata autenticata anteriore ali' anno cui si riferisce l'entrata tributaria iscritta a ruolo od in forza di sentenza passata in giudicato pronunziata su domanda promossa prima di detto anno; Divisato che i noti precedenti giurisprudenziali in materia, non pregiudicano una pronunzia della Corte costituzionale sull'illegittimita' della norma censurata nel presente giudizio, in quanto dalla decisione della stessa dipende la pronunzia di questo Giudice non soltanto sull'istanza cautelare di sospensione dell'esecuzione de qua ma pure sul merito, tenuto conto della specifica fattispecie e della documentazione di causa acquisita; Premesso che le cartelle in base alle quali fu promossa l'esecuzione esattoriale nei confronti dall'avv. Agostino Majo afferiscono tributi relativi al periodo di imposta ricompreso fra il 2001 e il 2009; che in data 19 aprile 2010 Equitalia F.V.G. s.p.a. eseguiva pignoramento mobiliare presso lo studio dell'avv. Majo in Trieste, piazza Oberdan n. 4, ove la terza opponente avv. Elena Predonzani usufruiva di una stanza in utilizzo esclusivo della medesima, in virtu' di accordi - verbali non fonnalizzati - di collaborazione professionale; che l'opponente ebbe a proporre ricorso ex art. 619 c.p.c., deducendo d'esser proprietaria di parte dei beni pignorati (come dichiarato anche in sede d'esecuzione) e a sostegno di tale deduzione produceva le fatture d'acquisto di tali beni risalenti agli anni 1995 e 1996 (tranneche' di uno, acquistato nel 2009), ed un'estratto delle scritture contabili dell'opponente, da cui resulta la registrazione delle stesse; che l'Agente per la riscossione Equitalia F.V.G. s.p.a. eccepiva che tali documenti non sono idonei ai sensi dell'art. 63 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73 a fondare l'opposizione in quanto, pur essendo tutti tranne uno anteriori all'anno cui si riferiscono i tributi per cui si procede, non rivestono, peraltro, la forma dell'atto pubblico ne' della scrittura privata autenticata; Rilevato che l'art. 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602 - siccome sostituito dall'art. 16 del decreto legislativo 29 febbraio 1999 n. 46 - nel disciplinare l'opposizione di terzo nell'esecuzione esattoriale pone, per la prova dell'appartenenza al terzo dei beni sottoposti ad esecuzione, limitazioni formali e temporali che non consentirebbero nella specie, solo sotto il profilo formale, di ritenere idonee le prove offerte dall'opponente, non avendo detti documenti la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata, pur tuttavia avendo gli stessi il requisito temporale dell' anteriorita' all'anno cui si riferisce l'entrata iscritta ruolo; Rilevato che l'art. 63 predetto (nella sua attuale formulazione) prevede che «l'ufficiale della riscossione deve astenersi dal pignoramento o desistere dal procedimento quando e' dimostrato che i beni appartengano a persona diversa dal debitore iscritto a ruolo, dai coobbligati o dai soggetti indicati dall'art. 58, comma 3, in virtu' di titolo avente data anteriore all'anno cui si riferisce l'entrata iscritta a ruolo. Tale dimostrazione puo' essere offerta soltanto mediante esibizione di atto pubblico o scrittura privata autenticata, ovvero di sentenza passata in giudicato pronunciata su domanda proposta prima di detto anno»; Ritenuto che cotale disposizione, gia' censurata piu' volte da altri Giudici di merito in diverse fattispecie (ex multis, tribunale Pisa, 21 gennaio 2008: «la previsione dell'art. 63 del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito dall'art. 16 del decreto legislativo del 26 febbraio 1999, n. 46, che impone ai terzi opponenti all'esecuzione esattoriale di esibire un titolo comprovante la proprieta' dei beni di data certa anteriore all'anno cui si riferisce l'entrata iscritta a ruolo, aggravando la posizione del terzo anche rispetto a quella del coniuge e dei parenti ed affini entro il terzo grado del debitore esecutato, appare manifestamente irragionevole ed in contrasto con gli articoli 3, 24 e 42 cost., di talche' va sollevata la relativa q.l.c.»), aggrava in modo ingiustificato ed indiscriminato la posizione processuale del terzo opponente, sottoposto ad un rigoroso regime probatorio con limiti formali e temporali che non consentono ai terzi di provare di essere proprietari di beni pignorati, anche in situazioni palesemente immuni dal rischio di fraudolenta elusione, come configurasi il caso di specie, ove i beni oggetto di opposizione risultano acquistati ben oltre cinque anni innanzi l'anno di riferimento dell'entrata iscritta a ruolo; Considerato che nel caso de quo non pare ragionevolmente configurabile una presunzione di frode in relazione agli atti di acquisto documentati dall'opponente e risalenti al 1995 e 1996, ben cinque anni prima rispetto al periodo in cui si ebbe a creare il presupposto del tributo del debitore esecutato, prima ancora che esso si sia verificato, ne' tanto meno pertanto sia ipotizzabile una presunzione di conoscenza «pro futuro» delle vicende patrimoniali altrui; Osservato che la stessa giurispudenza della Corte costituzionale sul punto in varie sentenze (ex multis vedansi nn. 415/96, 444/95, 158/08) rimarcava l'irragionevolezza delle norme limitanti l'opposizione dei terzi nell'esecuzione esattoriale con riguardo a quei beni che con certezza non ricadono nel rischio della fraudolenta elusione, con cio' confermando che il regime delle prove e' rimesso per determinati rapporti alla discrezione del legislatore, ma sempre nei limiti della ragionevolezza ed in funzione proprio di quello che e' l'interesse prioritario perseguito, interesse che nell'ambito dell'esecuzione esattoriale e' costituito appunto dall'esigenza d'escludere fraudolente elusioni, con la conseguente imposizione d'una presunzione di frode temporalmente individuata dalla norma in questione, ma che non puo' certo essere ragionevolmente ricondotta a ritroso ad un momento in cui il debito non sussiste ancora difettandone il presupposto sostanziale; Ritenuto, nella specie, ove non operanti tali limiti formali, che la prova dell'appartenenza dei beni all'opponente sarebbe stata gia' stata raggiunta nel giudizio a quo, mediante la produzione delle fatture d'acquisto dei beni e dell'estratto delle scritture contabili donde risulta la registrazione delle predette fatture da parte della opponente e risalente agli anni 1995 e 1996 (eccettuato un solo bene acquistato nel 2009); Ritenuto che il raggiungimento della prova nel giudizio a quo laddove non operassero i limiti di cui all'art. 63 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/1973, anche secondo l'insegnamento della Consulta, consentirebbe di ritenere fondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale (e cio' argomentando a contrario da Corte costituzionale 20 marzo 2009, n. 77); Reputato irragionevole, alla luce di quanto rilevato poc'anzi, inferire una collusione ex ante del terzo opponente con il debitore, ed altrettanto irragionevole che, nella dinamica dei rapporti professionali, la sistemazione logistica di ciascun soggetto, all'interno di uno studio di altri colleghi, come nel caso de quo, debba necessariamente accompagnarsi ad un atto formale di data certa, quale l'atto pubblico o la scrittura privata autenticata, che ne riassuma i relativi beni d'appartenenza, dove, anzi, proprio la precostituzione di un documento ad hoc potrebbe piuttosto celare un intento fraudolento delle parti, tenuto conto comunque della sua collocazione temporale; Ritenuto, sulla scorta di tali considerazioni, che la norma dell'art. 63 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73 debba essere censurata giacche' viola: l'art. 3 Cost., poiche' sottopone in modo irragionevole ed illegittimo il terzo opponente ad un regime probatorio estremamente gravatorio rispetto a quello previsto per i procedimenti esecutivi ordinari, lesivo quindi del principio di eguaglianza, nella misura in cui impone al terzo opponente di provare il titolo di proprieta' dei beni sottosposti a pignoramento unicamente a mezzo d'atto pubblico o scrittura privata autenticata ovvero sentenza passata in giudicato pronunziata su domanda proposta prima dell'anno cui si riferisce l'entrata iscritta a ruolo; l'art. 24 Cost., poiche' introduce, per il terzo opponente, in modo generalizzato una limitazione probatoria irragionevole e limitativa del diritto di difesa, laddove non consente al medesimo di provare il titolo di proprieta' dei beni sottoposti a pignoramente anche a mezzo di produzioni documentali e/o prove testimoniali, pur valutabili nel contesto delle circostanze del caso concreto, con valutazione rimessa al libero apprezzamento del Giudice a quo; l'art. 42 Cost., poiche' da' vita, quale pratica conseguenza, ad un generalizzato potere ablativo dei diritti soggettivi individuali, prefigurando una concreta espropriazione senza indennizzo laddove consente, nella materia di riscossione delle imposte sui redditi, di privare illegittimamente un terzo del proprio titolo di proprieta', pur in presenza di idonea prova a riguardo, configurando cosi' una ipotesi di responsabilita' patrimoniale ex lege per debiti altrui non giustificata dall'ordinamento; Ritenuto che sussista, altresi', la rilevanza della questione nel presente giudizio, in considerazione delle circostanze in fatto e le argomentazioni in diritto suesposte, impedendo a questo giudice l'applicazione dell'art. 63 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73 di ritenere provata la proprieta' in capo all'opponente dei beni pignorati e per cui e' opposizione laddove, invece, qualora non fossero operanti detti limiti probatori, la prova sarebbe stata gia' raggiunta mediante la produzione documentale fornita dall'opponente (fatture d'acquisto e scritture contabili), e che l'accoglimento dell'opposizione renderebbe essenziale l'eventuale disapplicazione della norma medesima; Ritenuto che, a parere di questo Giudice, la decisione sull'opposizione debba esser preceduta dalla soluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 63 decreto del Presidente della Repubblica n. 602/73, per l'ingiusto pregiudizio che patirebbe il terzo a seguito del rigetto dell'opposizione de qua in forza d'una previsione normativa prospettata quale irragionevole nelle sue possibili applicazioni; Osservato, che, quand'anche, infatti, fosse soddisfatto il requisito temporale della prova, come nel caso di specie, il difetto del requisito formale della prova impedisce, di fatto, al terzo di provare la proprieta' dei beni, e ritenuto come, in realta', la prioritaria esigenza-nonche' della ratio della norma - d'escludere fraudolente elusioni al fisco sia piuttosto legata al primo requisito anziche' al secondo, con l'evidente rischio di ingiusta ed indiscriminata applicazione a qualsivoglia fattispecie; Acclarata, quindi, la rilevanza della questione ai fini della definizione della presente causa in considerazione delle circostanze di fatto e delle argomentazioni in diritto suesposte, avente tra l'altro, ad oggetto la rivendicazione di beni strumentali per l'esercizio della professione, con rischio concreto di danno irreparabile conseguente agli effetti irreversibili di una vendita forzosa; Visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, ritenuta la questione manifestamente fondata e rilevante;