ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1475,  comma
2,  del  decreto  legislativo  15   marzo   2010,   n.   66   (Codice
dell'ordinamento militare), promossi dal Consiglio  di  Stato  e  dal
Tribunale amministrativo regionale per il Veneto con ordinanze del  4
maggio e del 3 novembre 2017, iscritte rispettivamente ai numeri  111
e 198  del  registro  ordinanze  2017  e  pubblicate  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 36,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2017, e n. 3, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visti  l'atto  di  costituzione  dell'Associazione   solidarieta'
diritto e progresso (AS.SO.DI.PRO.) e di F. S., nonche' gli  atti  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, di  P.  D.N.  e
altri, della SILP CGIL - Sindacato Italiano Lavoratori Polizia  CGIL,
della FICIESSE - Associazione Finanzieri  Cittadini  e  Solidarieta',
della F.P. CGIL -  Federazione  Lavoratori  della  Funzione  Pubblica
CGIL, della CGIL - Confederazione Generale Italiana del Lavoro, di S.
D. e altri, di P. C. e altri e di A. B. e altri; 
    udito nella udienza pubblica del 10  aprile  e  nella  camera  di
consiglio dell'11 aprile 2018 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio; 
    uditi gli avvocati Andrea Saccucci  per  AS.SO.DI.PRO  e  F.  S.,
Emanuela Mazzola per P. D.N. e  altri,  per  la  SILP  CGIL,  per  la
FICIESSE, per la F.P. CGIL, per la CGIL e per S. D. e  altri,  Romano
Vaccarella per P. C. e altri, e Egidio Lizza per A. B. e altri e  gli
avvocati dello Stato Maurizio Greco e Carlo Sica  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ordinanza del 4 maggio 2017 (reg. ord. n. 111 del  2017),
il  Consiglio  di  Stato  ha  sollevato  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1475, comma 2, del  decreto  legislativo  15
marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare),  per  contrasto
con l'art. 117, primo comma, della  Costituzione,  in  relazione  sia
agli artt. 11 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, e alle sentenze emesse in data 2  ottobre  2014  dalla  Corte
europea dei diritti dell'uomo, quinta sezione, Matelly contro Francia
e Association de  Defense  des  Droits  des  Militaires  (ADefDroMil)
contro Francia; sia all'art. 5, paragrafo unico, terzo periodo, della
Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3
maggio 1996, ratificata e resa esecutiva  con  la  legge  9  febbraio
1999, n. 30. 
    2.- Premette il giudice a quo che, con ricorso  proposto  innanzi
al Tribunale amministrativo regionale del Lazio,  F.  S.,  brigadiere
della Guardia di finanza, e  l'Associazione  solidarieta'  diritto  e
progresso (AS.SO.DI.PRO.)  avevano  impugnato  la  nota  con  cui  il
Comando generale della Guardia di finanza aveva  rigettato  l'istanza
volta ad ottenere «l'autorizzazione a  costituire  un'associazione  a
carattere sindacale fra il personale dipendente del  Ministero  della
difesa e/o del Ministero dell'economia e delle  finanze  o,  in  ogni
caso, ad aderire ad altre associazioni sindacali gia' esistenti»,  in
ragione del divieto sancito dal comma 2 dell'art. 1475 del d.lgs.  n.
66 del 2010, a tenore del quale «i militari  non  possono  costituire
associazioni professionali a carattere sindacale o aderire  ad  altre
associazioni sindacali». 
    I  ricorrenti  avevano  lamentato   la   contrarieta'   di   tale
disposizione con l'art. 117, primo comma, Cost.,  in  relazione  agli
artt. 11 e 14 della CEDU. 
    Il giudice amministrativo di primo grado  aveva  escluso  la  non
manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
prospettata dai ricorrenti in relazione al citato art. 1475, comma 2,
cod. ordinamento militare, e aveva rigettato il  ricorso  richiamando
la sentenza n. 449 del 1999 della Corte costituzionale. 
    La decisione del TAR veniva appellata  davanti  al  Consiglio  di
Stato, chiedendosene la riforma anche in ragione di due  sopravvenute
pronunce della Corte EDU, Matelly contro Francia e ADefDroMil  contro
Francia, nonche' della decisione del  Comitato  europeo  dei  diritti
sociali, in data 4 luglio  2016,  emessa  su  un  reclamo  collettivo
proposto da un sindacato francese di  appartenenti  alla  Gendarmerie
nationale (reclamo n. 101/2013, Conseil  Europeen  des  Syndicats  de
Police - CESP - contro Francia). 
    3.-  Il  Consiglio  di  Stato  ha  ritenuto   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1475, comma 2, del d.lgs. n. 66
del 2010 rilevante e non manifestamente infondata. 
    4.- Affermata  la  rilevanza  in  re  ipsa  della  questione,  il
rimettente ha osservato quanto segue a sostegno della  non  manifesta
infondatezza. 
    L'art. 1475, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010 vieta  in  radice
ai militari di «costituire  associazioni  professionali  a  carattere
sindacale», nonche' di «aderire ad altre associazioni sindacali». 
    Il principio di diritto chiaramente affermato dalle due  pronunce
della Corte EDU  richiamate  dai  ricorrenti  e',  invece,  di  segno
opposto: la restrizione dell'esercizio del  diritto  di  associazione
sindacale dei militari non puo' spingersi sino alla  negazione  della
titolarita' stessa di tale diritto, pena la violazione degli artt. 11
e 14 della CEDU. 
    In relazione  al  suddetto  parametro  interposto  il  ricorrente
ricorda la sentenza n. 348 del 2007, ove la Corte  costituzionale  ha
affermato che «tra gli obblighi  internazionali  assunti  dall'Italia
con la sottoscrizione e la  ratifica  della  CEDU  vi  e'  quello  di
adeguare la propria legislazione alle norme  di  tale  trattato,  nel
significato attribuito dalla Corte specificamente istituita per  dare
ad esse interpretazione ed applicazione». Il giudice a quo  soggiunge
che le norme della CEDU vivono nell'interpretazione che delle  stesse
viene data dalla Corte EDU; pertanto, la verifica  di  compatibilita'
costituzionale   deve   riguardare    la    norma    come    prodotto
dell'interpretazione,  non  la  disposizione  in  se'   e   per   se'
considerata. 
    Il rimettente osserva che la  norma  denunciata  ha  il  fine  di
assicurare la coesione interna, la neutralita' e la  prontezza  delle
Forze armate, presupposti strumentali  necessari  ed  imprescindibili
per assicurare l'efficacia della relativa azione, posta a  tutela  di
un valore dell'ordinamento di carattere  supremo  e  per  cosi'  dire
primario, quale e' la difesa militare  dello  Stato.  Tuttavia  -  ad
avviso  dello  stesso  rimettente  -  tali  finalita'   non   possono
determinare l'esclusione del diritto di associazione  sindacale;  ne'
la predisposizione legislativa di un articolato sistema istituzionale
di organismi di rappresentanza militare (artt. 1476-1482  del  d.lgs.
n. 66 del 2010) puo' comunque soddisfare le esigenze  indicate  dalla
Corte EDU, giacche' la liberta' sindacale presuppone  ontologicamente
la facolta' di dare vita a forme autonome di rappresentanza anche  al
di fuori di eventuali strutture create ex lege. 
    5.-   Il   Consiglio   di   Stato   dubita   della   legittimita'
costituzionale della norma in  esame  in  riferimento  all'art.  117,
primo comma, Cost., anche in relazione all'art. 5,  paragrafo  unico,
terzo periodo, della Carta sociale europea. 
    Ricorda  che  la  Carta  sociale  prevede  un  organo  denominato
Comitato  europeo  dei  diritti   sociali,   nominato   dagli   Stati
contraenti, cui e' rimessa, tra l'altro,  la  decisione  dei  reclami
collettivi  circa  un'attuazione  insoddisfacente  della  Carta   che
possono essere proposti da associazioni, nazionali od internazionali,
di lavoratori e datori di  lavoro.  La  decisione  su  tali  reclami,
tuttavia, non solo e' priva di efficacia  diretta  negli  ordinamenti
degli Stati membri, ma, prima ancora,  non  e'  idonea  a  costituire
obblighi  di  carattere   internazionale   a   carico   dello   Stato
interessato. La  Carta  sociale  europea,  inoltre,  non  assegna  al
Comitato europeo dei  diritti  sociali  la  competenza  esclusiva  ad
interpretare la Carta stessa. 
    Il Consiglio di Stato,  quindi,  interpretando  la  disposizione,
ritiene che l'art. 5, paragrafo unico, terzo  periodo,  della  Carta,
laddove  rimette  alla  legislazione  nazionale  di  determinare   il
«principio dell'applicazione» delle garanzie  sindacali  ai  militari
nonche' la «misura» di tale applicazione, intende evocare  un  nucleo
essenziale -  sia  pure  ristretto,  limitato  e  circoscritto  -  di
liberta' sindacali che non  puo'  non  essere  riconosciuto  anche  a
favore dei militari. 
    Ne consegue, per il  rimettente,  che  la  norma  denunciata,  in
quanto  priva  in  radice  i  militari  del  diritto  di  «costituire
associazioni professionali a carattere sindacale o aderire  ad  altre
associazioni sindacali», si pone in contrasto con tale disposizione. 
    Del resto, la stessa Carta, nel consentire in via  di  eccezione,
all'art. G della Parte V,  restrizioni  ai  diritti  ed  ai  principi
enunciati nella Parte I,  fra  cui  quello  afferente  alle  liberta'
sindacali,  nelle  ipotesi  «stabilite  dalla  legge   e   che   sono
necessarie, in una societa' democratica, per  garantire  il  rispetto
dei diritti  e  delle  liberta'  altrui  o  per  proteggere  l'ordine
pubblico, la sicurezza  nazionale,  la  salute  pubblica  o  il  buon
costume», sembra  negare  la  liceita'  di  radicali  esclusioni  del
diritto. 
    6.- E' intervenuto nel giudizio di legittimita' costituzionale il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione  sia
dichiarata inammissibile o non fondata. 
    6.1.- Preliminarmente, la difesa dell'interveniente  ha  rilevato
che il Consiglio di Stato non ha trattato la questione  pregiudiziale
afferente  all'integrita'  del   contraddittorio,   con   conseguente
inammissibilita' della sollevata questione per  vizio  dell'ordinanza
di rimessione. 
    6.2.- Nel merito, l'Avvocatura dello Stato  richiama  i  principi
affermati nella sentenza n. 449 del 1999, che ha ritenuto conforme  a
Costituzione l'art. 8, primo comma, della legge 11  luglio  1978,  n.
382 (Norme di principio sulla disciplina militare), norma  analoga  a
quella denunciata. 
    Osserva la stessa Avvocatura dello Stato che il singolo  diritto,
nella specie liberta' di associazione e liberta' sindacale, in quanto
avente  natura  sostanzialmente  individualistica,  puo'   incontrare
determinati limiti, e determinate restrizioni  possono  giustificarsi
in ragione di quanto stabilito nella Costituzione. 
    Nella  specie,  per  l'interveniente,  rilevano  come  limite   i
principi di cui  all'art.  52  Cost.,  laddove  la  locuzione  «sacro
dovere» sta a significare che  il  fine  della  norma  e'  quello  di
qualificare piu' fortemente,  rispetto  a  tutti  gli  altri  doveri,
quello di difesa della Patria  e  delle  istituzioni.  Il  dovere  di
difesa della Patria sarebbe specificazione del piu'  generico  dovere
di fedelta' alla Repubblica e di obbedienza alla Costituzione e  alle
leggi e contemplerebbe il dovere militare,  organizzato  nelle  Forze
armate, presidio  dell'indipendenza  e  liberta'  della  Nazione  (e'
richiamata la sentenza n. 16 del 1973). 
    Il legislatore ordinario - sempre secondo l'interveniente  -  ben
puo'  non  consentire  ai  militari  l'esercizio  indiscriminato   di
determinati diritti,  ancorche'  trovino  riconoscimento  e  garanzia
costituzionale,   ove   cio'   pregiudichi   la    disciplina,    che
nell'ordinamento militare rappresenta  un  bene  giuridico  degno  di
tutela, atteso che su di  essa  si  fonda  l'efficienza  delle  Forze
armate e quindi, in ultima ratio, il perseguimento di quei  fini  che
la Costituzione solennemente tutela. 
    6.3.- E' richiamata, quindi, la giurisprudenza costituzionale sul
ruolo delle norme della CEDU, mettendo in  evidenza  come  lo  stesso
art. 53 della CEDU stabilisce che  dette  norme  non  possono  essere
interpretate in modo da pregiudicare i livelli di tutela  dei  valori
essenziali per la collettivita' riconosciuti dalle  fonti  nazionali.
Si assume che la restrizione imposta dalle norme denunciate  persegua
uno scopo legittimo, avuto riguardo ai compiti e alle finalita' delle
Forze armate, che si fondano su coesione interna  e  sull'ordinamento
gerarchico, che rischierebbero, diversamente, di  essere  compromessi
da contrapposizioni interne. 
    Si afferma anche che sarebbe garantita la proporzionalita'  della
suddetta restrizione in ragione degli organismi della  rappresentanza
militare, che salvaguardano  gli  interessi  collettivi  delle  Forze
armate. 
    6.4.- L'Avvocatura dello Stato osserva, quindi,  che  l'ordinanza
del Consiglio di Stato riconosce la finalita' della  norma  censurata
di coesione interna, neutralita' e prontezza delle Forze  armate,  ma
ha omesso di considerare il piu' ampio  quadro  normativo  e  non  ha
attribuito  adeguato  rilievo  alla  rappresentanza  militare  e   al
procedimento  di  concertazione  di  cui  all'art.  2   del   decreto
legislativo 12 maggio 1995, n.  195  (Attuazione  dell'art.  2  della
legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di procedure per  disciplinare
i contenuti del rapporto di impiego  del  personale  delle  Forze  di
polizia e delle Forze armate). 
    Inoltre, la difesa dell'interveniente rileva che il Consiglio  di
Stato non ha tenuto conto che le sentenze della Corte  EDU  hanno  ad
oggetto situazioni diverse da quella nazionale e non escludono misure
alternative all'adesione ad associazioni sindacali. 
    Ne' e' ravvisabile, peraltro, disparita' di trattamento. 
    7.-   A   sostegno   della   declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale, si  sono  costituiti,  in  data  20  settembre  2017,
l'Associazione solidarieta' diritto e progresso (AS.SO.DI.PRO.) ed F.
S., parti del giudizio a quo. 
    Gli stessi invocano, come ulteriore  parametro,  l'art.  6  della
Carta  sociale  europea,  relativo  al  diritto  alla  contrattazione
collettiva, e richiamano altre fonti internazionali e  sovranazionali
che  hanno  affermato  il  diritto  alla  liberta   di   associazione
sindacale. 
    8.-   A   sostegno   della   declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale,  sono  intervenuti,  in  data  10  agosto  2017,  con
distinti atti, P. D.N. e altri; la SILP  CGIL  -  Sindacato  Italiano
Lavoratori Polizia  CGIL,  la  FICIESSE  -  Associazione  Finanzieri,
Cittadini e Solidarieta', la F.P. CGIL - Federazione Lavoratori della
Funzione Pubblica CGIL, CGIL - Confederazione generale  italiana  del
lavoro; in data 25  settembre  2017,  S.  D.  e  altri;  in  data  26
settembre 2017, P. C. e altri. 
    Dopo aver ripercorso la disciplina e la missione della Guardia di
finanza, gli interventori  assumono  l'illegittimita'  costituzionale
della norma denunciata, anche in relazione  all'art.  6  della  Carta
sociale europea. 
    9.-  Sempre  a  sostegno  della  declaratoria  di  illegittimita'
costituzionale, sono intervenuti, in data 26 settembre 2017, A. B.  e
altri. 
    Gli stessi espongono di essere membri del Corpo  forestale  dello
Stato, per i quali a seguito della soppressione del  Corpo  medesimo,
si  e'  disposto  il  passaggio  nell'Arma  dei  carabinieri   e   la
conseguente applicazione della relativa disciplina  ivi  compresa  la
disposizione di  cui  all'art.  1475  del  d.lgs.  n.  66  del  2010.
Assumono, quanto alla legittimazione ad intervenire, che  l'eventuale
declaratoria di  illegittimita'  costituzionale  avrebbe  sulla  loro
posizione lo stesso effetto che essa produrrebbe sul rapporto oggetto
del giudizio a quo. 
    Nel merito insistono  per  la  pronuncia  di  accoglimento  della
questione, anche in riferimento all'art. 14 della CEDU. 
    10.- Con ordinanza del 3 novembre 2017  (reg.  ord.  n.  198  del
2017), anche il Tribunale amministrativo  regionale  per  il  Veneto,
adito in sede di impugnazione del provvedimento di irrogazione di una
sanzione  disciplinare,  ha  sollevato  questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1475, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010, in
relazione agli stessi parametri gia' invocati dal Consiglio di  Stato
con l'ordinanza di cui al reg. ord. n. 111 del 2017. 
    11.- Quanto alla rilevanza, il TAR osserva che  il  giudizio  non
puo'  essere  definito  indipendentemente  dalla  risoluzione   della
questione di legittimita' costituzionale, essendo stata, nel caso  di
specie, irrogata una sanzione disciplinare di stato, in ragione della
violazione del divieto di cui all'art. 1475, comma 2, del  d.lgs.  n.
66 del 2010. 
    A  sostegno  della  non  manifesta  infondatezza  il  TAR  deduce
argomentazioni del tutto analoghe a quelle prospettate dal  Consiglio
di Stato. 
    12.- E' intervenuto nel giudizio di  legittimita'  costituzionale
il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, prospettando difese analoghe  a
quelle esposte in relazione alla questione sollevata dal Consiglio di
Stato. 
    13.- Il Presidente del Consiglio dei ministri in  data  20  marzo
2018 ha depositato, nel giudizio di cui al reg. ord. n. 111 del 2017,
una memoria, nonche' una nota per la discussione, con le  quali,  nel
ripercorrere la giurisprudenza europea  e  la  disciplina  nazionale,
deduce  l'inammissibilita'  degli  altri  interventi  e  insiste  per
l'inammissibilita' e l'infondatezza della questione,  ricordando  che
la Guardia di finanza e' Forza di polizia  ad  ordinamento  militare,
facente parte delle Forze armate. 
    Nella medesima  data,  lo  stesso  Presidente  del  Consiglio  ha
depositato memoria nel giudizio di cui al reg. ord. n. 198 del  2017,
con  la  quale  assume  la  mancanza  di  rilevanza  della  questione
sollevata  dal  TAR  Veneto,  atteso  che   l'addebito   disciplinare
contestato   all'appartenente   all'Arma   dei   carabinieri   andava
ricondotto all'art. 1470, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010. 
    14.- Sempre in data 20  marzo  2018,  l'AS.SO.DI.PRO.  e  F.  S.,
ricorrenti nel giudizio a quo di cui all'ordinanza n. 111  reg.  ord.
del  2017,  hanno  depositato  memoria   con   la   quale   insistono
nell'accoglimento della questione e richiamano la  decisione  del  12
settembre 2017 del Comitato europeo dei diritti sociali, Organisation
europeenne des associations  militaires  («EUROMIL»)  contro  Irlanda
(reclamo n. 112/2014), relativa agli artt. 5 e 6 della Carta sociale. 
    Prospettano che gli organi della rappresentanza militare, che  si
presentano  caratterizzati   da   una   struttura   gerarchica,   non
costituiscono espressione del diritto di  associazione,  e  che  tali
organi sono stati prorogati nel tempo arbitrariamente. 
    15.- Anche gli altri interventori hanno depositato memorie con le
quali hanno prospettato la sussistenza dell'interesse  all'intervento
pur non essendo parti nel giudizio  a  quo,  in  quanto  appartenenti
all'Arma dei carabinieri o alla Guardia di  finanza,  in  parte  gia'
membri del  Corpo  delle  Guardie  forestali,  o  quali  associazioni
sindacali.  A  sostegno  della  fondatezza  della   questione   hanno
richiamato,  altresi',  la  giurisprudenza  della  Corte  EDU  e   le
decisioni del Comitato europeo dei diritti sociali. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ordinanza del 4 maggio 2017 (reg. ord. n. 111 del  2017),
il  Consiglio  di  Stato  ha  sollevato  questione  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 1475, comma 2, del  decreto  legislativo  15
marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare),  per  contrasto
con l'art. 117, primo comma, della  Costituzione,  in  relazione  sia
agli artt. 11 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei  diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma  il  4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4  agosto  1955,
n. 848, e alle sentenze emesse in data 2  ottobre  2014  dalla  Corte
europea dei diritti dell'uomo, quinta sezione, Matelly contro Francia
e Association de  Defense  des  Droits  des  Militaires  (ADefDroMil)
contro Francia; sia all'art. 5, paragrafo unico, terzo periodo, della
Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3
maggio 1996, ratificata e resa esecutiva  con  la  legge  9  febbraio
1999, n. 30. 
    2.- Analoga questione di  legittimita'  costituzionale  e'  stata
sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per  il  Veneto  con
ordinanza del 3 novembre 2017 (reg. ord. n. 198 del 2017). 
    3.- I giudizi  vanno  riuniti  per  essere  decisi  con  un'unica
pronuncia, data l'identita' delle questioni. 
    4.- Con ordinanza dibattimentale  del  10  aprile  2018,  che  si
allega, sono stati dichiarati inammissibili gli  interventi  spiegati
nel giudizio promosso  dal  Consiglio  di  Stato  da  F.  P.  CGIL  -
Federazione  Lavoratori  della  Funzione  Pubblica   CGIL,   CGIL   -
Confederazione Generale Italiana del Lavoro, SILP  CGIL  -  Sindacato
Italiano Lavoratori Polizia CGIL, FICIESSE - Associazione  Finanzieri
Cittadini e Solidarieta', P. D.N. e altri, S. D. e  altri,  A.  B.  e
altri, P. C.  e  altri,  in  quanto  soggetti  estranei  al  giudizio
principale e privi di un  interesse  qualificato,  inerente  in  modo
diretto ed immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio. 
    5.-  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  prospettata
dall'Associazione solidarieta' diritto e progresso (AS.SO.DI.PRO.)  e
da F. S., con riguardo all'art. 6 della  Carta  sociale  europea,  e'
inammissibile  in  quanto  amplia  il  thema  decidendum   delimitato
dall'ordinanza di rimessione (ex multis, sentenze n. 276 e n. 203 del
2016, n. 56 del 2015 e n. 271 del 2011). 
    6.- L'eccezione d'inammissibilita' della  questione,  prospettata
dall'Avvocatura generale  dello  Stato  in  relazione  alla  asserita
mancanza di integrita' del contraddittorio  nel  giudizio  principale
pendente davanti al Consiglio di Stato, non puo' trovare accoglimento
attesa l'autonomia del procedimento incidentale  dinanzi  alla  Corte
costituzionale. 
    Non  e'  implausibile  la  valutazione  della   rilevanza   della
questione effettuata dal TAR Veneto (ordinanza di rimessione  n.  198
del  2017).  Va  percio'  respinta  l'eccezione  di  inammissibilita'
prospettata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo  cui
nel giudizio principale  l'addebito  disciplinare  andava  ricondotto
all'art. 1470, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010. 
    7.- Entrambi i rimettenti ricordano che la sentenza  n.  449  del
1999 di questa Corte  ha  dichiarato  non  fondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'analogo art. 8, primo  comma,  della
legge 11 luglio 1978, n. 382 (Norme  di  principio  sulla  disciplina
militare), sollevata in riferimento agli artt.  3,  39  e  52,  terzo
comma, Cost., ma ritengono che i parametri  interposti  ora  invocati
evidenzino nuovi  profili  di  illegittimita',  in  quanto  le  fonti
internazionali che concorrono a integrare l'art.  117,  primo  comma,
Cost. riconoscono il  diritto  di  associazione  sindacale  anche  ai
militari ed  escludono  per  cio'  stesso  la  possibilita'  per  gli
ordinamenti nazionali di negarlo o di prevedere  restrizioni  al  suo
esercizio  tali  da  comportarne  la  sostanziale  soppressione;  ne'
ritengono  che  possano  costituire  adeguate   misure   compensative
organismi  come  quelli  della   rappresentanza   militare   previsti
attualmente dall'ordinamento italiano. 
    8.- Il primo parametro  interposto  e'  costituito  dall'art.  11
della  CEDU,  la  cui  rubrica  reca  «Liberta'  di  riunione  e   di
associazione».  Esso  riconosce  al  paragrafo  1   il   diritto   di
associazione sindacale,  diritto  il  cui  esercizio,  ai  sensi  del
paragrafo 2, non puo' essere oggetto di restrizioni diverse da quelle
che sono stabilite dalla legge e che costituiscano  in  una  societa'
democratica misure necessarie alla sicurezza nazionale, alla pubblica
sicurezza, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla
protezione della salute o della morale e alla protezione dei  diritti
e delle liberta' altrui. Lo stesso art. 11 precisa, inoltre,  che  la
norma  non  osta  a  che  «restrizioni   legittime»   siano   imposte
all'esercizio di tali diritti da parte dei membri delle Forze armate,
della  polizia  o  dell'amministrazione  dello  Stato  (paragrafo  2,
secondo periodo). 
    L'art. 14 della CEDU, a sua volta, sancisce che il godimento  dei
diritti e delle liberta' riconosciuti nella Convenzione  deve  essere
assicurato senza nessuna discriminazione. 
    8.1.- Come si ricorda nelle ordinanze di rimessione, l'art. 11 e'
stato oggetto delle recenti sentenze della Corte di Strasburgo (Corte
europea dei diritti dell'uomo), casi Metelly  e  ADefDroMil,  in  cui
veniva in rilievo la costituzione di un'associazione professionale  a
carattere   sindacale   fra   militari,    associazione    dichiarata
incompatibile dalle autorita' francesi con l'allora vigente  articolo
L.4121-4 del code de la Defense. 
    La Corte EDU in tali decisioni illustra i principi generali della
propria  giurisprudenza  in  materia,  ricordando  che   l'art.   11,
paragrafo 1, delinea la liberta' di associazione sindacale  come  una
forma o un aspetto speciale della liberta' di associazione (paragrafo
55 della sentenza Matelly, paragrafo 41 della  sentenza  ADefDroMil);
prosegue, quindi, ricordando che  il  successivo  paragrafo  2  dello
stesso  articolo  non  esclude  alcuna  categoria  professionale  dal
proprio ambito di applicazione e che, rispetto ai membri delle  Forze
armate, della polizia o dell'amministrazione dello Stato,  gli  Stati
possono,  al  piu',  introdurre  «restrizioni  legittime»,  ma  senza
mettere in discussione il diritto alla liberta' di  associazione  dei
loro membri, ne'  possono  imporre  restrizioni  che  riguardano  gli
elementi essenziali della liberta' di associazione  («l'essence  même
du droit»),  senza  i  quali  verrebbe  meno  il  contenuto  di  tale
liberta', quale e'  il  diritto  di  costituire  un  sindacato  e  di
aderirvi, dato che «le droit de former un syndicat et de s'y affilier
fait partie de ces elements essentiels». 
    Le sentenze sono  espressione  di  un  approdo  giurisprudenziale
stabile, che riafferma i principi gia' enunciati nella sentenza della
grande camera 12 novembre 2008, Demir e Baykara  contro  Turchia  (in
relazione ad un sindacato costituito da funzionari municipali), e poi
richiamati nella successiva pronunzia  Junta  Rectora  Del  Ertzainen
Nazional Elkartasuna (ER.N.E.) contro Spagna, resa il 21 aprile  2015
dalla terza sezione della Corte EDU (con  riguardo  ad  un  sindacato
costituito da funzionari di polizia). 
    E' significativo che in adempimento  delle  sentenze  Matelly  ed
ADefDroMil il legislatore francese, con la legge n. 2015-917  del  28
luglio 2015, abbia modificato  la  previsione  incompatibile  con  la
CEDU, riconoscendo il diritto di associazione  professionale  secondo
quanto stabilito con una specifica disciplina. 
    9.- La norma convenzionale, nel  significato  attribuitole  dalla
Corte EDU, cui - come e' noto - l'art. 32 della  Convenzione  riserva
il  potere  interpretativo,  porta  ad  escludere  che  la   facolta'
riconosciuta  agli  Stati  contraenti,  di   introdurre   restrizioni
all'esercizio dei diritti sindacali  dei  militari,  possa  spingersi
fino a negare in radice  il  diritto  di  costituire  associazioni  a
carattere sindacale. 
    Pertanto, il divieto di costituire tali  associazioni,  contenuto
nella disposizione censurata, e' incompatibile con  l'art.  11  della
CEDU. 
    10.- Nell'ordinanza di rimessione si deduce anche  la  violazione
della Carta sociale europea,  oggetto  di  revisione  nel  1996,  che
riunisce in un solo trattato i diritti  riconosciuti  dalla  versione
originaria del 1961 e quelli che sono stati  aggiunti  attraverso  il
Protocollo addizionale del 5 maggio 1988,  entrato  in  vigore  il  4
settembre 1992. 
    10.1.-  Ai  fini  dell'ammissibilita'  dell'evocazione  di   tale
parametro interposto, va rilevato che esso presenta spiccati elementi
di specialita' rispetto ai normali accordi  internazionali,  elementi
che la collegano alla  CEDU.  Se  quest'ultima,  infatti,  ha  inteso
costituire un «sistema di tutela uniforme» dei  diritti  fondamentali
civili e politici (sentenza n. 349 del 2007), la Carta ne costituisce
il naturale completamento sul piano sociale poiche',  come  si  legge
nel preambolo, gli Stati membri del Consiglio d'Europa  hanno  voluto
estendere la tutela anche ai diritti sociali, ricordando il carattere
indivisibile di tutti i diritti dell'uomo. 
    Per  queste  sue   caratteristiche   la   Carta,   dunque,   deve
qualificarsi fonte internazionale,  ai  sensi  dell'art.  117,  primo
comma, Cost. Essa e' priva di effetto diretto e la  sua  applicazione
non puo' avvenire immediatamente  ad  opera  del  giudice  comune  ma
richiede  l'intervento  di  questa  Corte,  cui  va  prospettata   la
questione di legittimita' costituzionale, per violazione  del  citato
primo comma dell'art. 117 Cost., della norma  nazionale  ritenuta  in
contrasto con la Carta. Cio' tanto piu' in considerazione  del  fatto
che  la  sua   struttura   si   caratterizza   prevalentemente   come
affermazione di principi ad attuazione progressiva, imponendo in  tal
modo una particolare attenzione nella verifica dei tempi e  dei  modi
della loro attuazione. 
    10.2.- Peraltro l'art. 5 della  Carta  sociale  ha  un  contenuto
puntuale. La sua rubrica reca «Diritti  sindacali»,  e  prevede  che:
«Per garantire o promuovere la liberta' dei lavoratori e  dei  datori
di  lavoro  di  costituire   organizzazioni   locali,   nazionali   o
internazionali per la  protezione  dei  loro  interessi  economici  e
sociali ed aderire a  queste  organizzazioni,  le  Parti  s'impegnano
affinche' la legislazione nazionale non pregiudichi  questa  liberta'
ne' sia applicata in modo da  pregiudicarla.  La  misura  in  cui  le
garanzie previste nel presente articolo si applicheranno alla polizia
sara'  determinata  dalla  legislazione  o   dalla   regolamentazione
nazionale. Il  principio  dell'applicazione  di  queste  garanzie  ai
membri delle forze armate e la misura in cui  sarebbero  applicate  a
questa  categoria  di  persone   e'   parimenti   determinata   dalla
legislazione o dalla regolamentazione nazionale». 
    La norma ha, dunque, un contenuto simile a quello  corrispondente
della CEDU e, conseguentemente, si deve egualmente concludere che sia
incompatibile con essa l'esclusione nei confronti  dei  militari  del
diritto   di   associazione   sindacale   da   parte   degli    Stati
sottoscrittori. 
    11.- Alla stregua di entrambi i parametri,  vincolanti  ai  sensi
dell'art. 117, primo comma, Cost., va  riconosciuto  ai  militari  il
diritto  di  costituire  associazioni   professionali   a   carattere
sindacale. 
    12.- La portata e  l'ambito  di  tale  diritto  vanno,  tuttavia,
precisati alla luce dell'intero contenuto delle norme  internazionali
evocate. 
    Come   si   e'   anticipato,   esse   fanno   entrambe    seguire
all'affermazione   di   principio   della   liberta'   sindacale   il
riconoscimento della possibilita'  che  siano  adottate  dalla  legge
restrizioni  nei  confronti  di  determinate  categorie  di  pubblici
dipendenti. Va dunque verificato se e in quale misura  tale  facolta'
possa o debba essere  esercitata,  e  cio'  anche  alla  stregua  dei
principi costituzionali che presiedono all'ordinamento militare. 
    13.- E' in relazione a questo duplice profilo che viene anzitutto
in rilievo la parte dell'art. 1475, comma 2, del  d.lgs.  n.  66  del
2010 - complessivamente censurato - che vieta ai militari di «aderire
ad altre associazioni sindacali». 
    13.1.- Quanto alla CEDU, la questione non  e'  stata  oggetto  di
esplicita pronuncia della Corte di Strasburgo, che riguarda  il  caso
specifico della liberta' di costituire associazioni tra  militari,  e
di aderirvi. D'altro canto, il divieto non appare  incompatibile  con
il testo della disposizione di riferimento, come interpretato in  via
generale dalla giurisprudenza, non comportando il venir  meno  di  un
elemento essenziale della liberta' di associazione. 
    13.2.- Cio',  del  resto,  e'  coerente  con  i  nostri  principi
costituzionali, principi oggetto  di  approfondite  ricostruzioni  ed
analisi da parte della giurisprudenza di questa Corte. 
    Gia' con la sentenza n. 126 del 1985 si e' affermato che la legge
n. 382 del 1978, prevedendo che spettano ai militari  i  diritti  dei
cittadini e stabilendo  che,  ex  lege,  possono  essere  imposte  ai
militari limitazioni nell'esercizio di tali diritti e l'osservanza di
particolari doveri al (solo) fine  di  garantire  l'assolvimento  dei
compiti propri delle Forze armate, «rispecchia l'esigenza,  la  quale
promana dalla Costituzione, che  la  democraticita'  dell'ordinamento
delle Forze armate sia attuata nella massima misura  compatibile  col
perseguimento da parte di queste dei propri fini istituzionali». 
    Con la pronuncia n. 278 del 1987, questa Corte  ha  poi  chiarito
che la Costituzione repubblicana ha superato radicalmente  la  logica
istituzionalistica dell'ordinamento militare e  ha  ricondotto  anche
quest'ultimo   nell'ambito   del   generale   ordinamento    statale,
particolarmente  rispettoso  e  garante  dei  diritti  sostanziali  e
processuali di tutti i cittadini, militari oppure no. 
    Di particolare rilevanza, infine,  i  principi  richiamati  nella
sentenza n. 449 del 1999. Questa Corte era  chiamata  a  pronunciarsi
sulla legittimita' costituzionale dell'art.  8,  primo  comma,  della
legge n. 382 del 1978, in relazione all'art. 39, letto in sistema con
l'art. 52, terzo comma, Cost. La  disposizione,  abrogata  a  seguito
dell'adozione del d.lgs. n. 66 del 2010, era sostanzialmente identica
a quella attuale, prevedendo che «I militari non  possono  esercitare
il diritto  di  sciopero,  costituire  associazioni  professionali  a
carattere sindacale, aderire  ad  altre  associazioni  sindacali»,  e
questa Corte, nel dichiarare non fondata la questione,  ha  affermato
la  sussistenza  di  peculiari  esigenze  di  «coesione   interna   e
neutralita'», che distinguono le Forze armate dalle  altre  strutture
statali; ha rilevato in particolare che l'art. 52, terzo comma, Cost.
«parla di "ordinamento delle Forze armate", non per indicare una  sua
(inammissibile) estraneita' all'ordinamento generale dello Stato,  ma
per  riassumere  in  tale  formula   l'assoluta   specialita'   della
funzione». 
    13.3.- Le specificita'  dell'ordinamento  militare  giustificano,
pertanto, la esclusione di forme associative ritenute non rispondenti
alle conseguenti esigenze di compattezza ed  unita'  degli  organismi
che tale ordinamento compongono. 
    13.4.- Analogamente, l'inammissibilita' di tale limite  non  puo'
desumersi dalla disposizione della  Carta  sociale  europea,  la  cui
formulazione -  come  si  e'  visto  -  non  si  discosta  da  quella
convenzionale. 
    Ne' in senso contrario puo' essere addotta la  decisione  assunta
dal Comitato europeo  dei  diritti  sociali  il  27  gennaio  2016  e
pubblicata il 4 luglio 2016, Conseil Europeen des Syndicats de Police
(CESP) contro Francia (reclamo n. 101/2013). 
    A differenza della CEDU, la Carta sociale  europea  non  contiene
una disposizione di effetto equivalente  all'art.  32,  paragrafo  1,
secondo cui  «La  competenza  della  Corte  si  estende  a  tutte  le
questioni  concernenti  l'interpretazione  e   l'applicazione   della
Convenzione e dei suoi Protocolli che siano sottoposte a essa [...]».
A sua volta, il Protocollo addizionale alla  Carta  sociale  europea,
che istituisce e disciplina il sistema dei  reclami  collettivi,  non
contiene una disposizione di  contenuto  analogo  all'art.  46  della
CEDU, ove si afferma che «Le Alte Parti  contraenti  si  impegnano  a
conformarsi alle sentenze definitive della Corte  sulle  controversie
nelle quali sono parti», disposizione che fonda  l'autorita'  di  res
iudicata delle sentenze rese dalla Corte EDU relativamente  allo/agli
Stato/Stati in causa ed alla controversia decisa dalla Corte stessa. 
    Pertanto,  rispetto  alle  decisioni  del  Comitato  europeo  dei
diritti sociali, non puo' trovare applicazione  quanto  affermato  da
questa Corte nella sentenza n. 348 del 2007: «Poiche' [...] le  norme
della CEDU vivono nell'interpretazione che delle  stesse  viene  data
dalla Corte europea, la  verifica  di  compatibilita'  costituzionale
deve riguardare la norma come prodotto dell'interpretazione,  non  la
disposizione in se' e per se' considerata». 
    Nel contesto dei rapporti cosi' delineati fra  la  Carta  sociale
europea e gli Stati sottoscrittori, le  pronunce  del  Comitato,  pur
nella loro autorevolezza, non vincolano  i  giudici  nazionali  nella
interpretazione della Carta,  tanto  piu'  se  -  come  nel  caso  in
questione - l'interpretazione estensiva proposta non  trova  conferma
nei nostri principi costituzionali. 
    14.-  Non  e'  pertanto  fondata  la  questione  di  legittimita'
costituzionale nella parte che investe  il  divieto  di  «aderire  ad
altre  associazioni  sindacali»,  divieto  dal  quale   consegue   la
necessita' che le associazioni in questione siano  composte  solo  da
militari e che esse non possano aderire ad associazioni diverse. 
    15.- La corretta attuazione della disciplina costituzionale della
materia impone a questa Corte un'ulteriore verifica; difatti i valori
che essa sottende sono di tale rilevanza da rendere incompatibile con
la   disciplina   stessa   un   riconoscimento   non   specificamente
regolamentato del diritto di associazione sindacale. La previsione di
condizioni e limiti all'esercizio di  tale  diritto,  se  e'  infatti
facoltativa per i parametri internazionali, e' invece doverosa  nella
prospettiva nazionale, al punto da escludere la  possibilita'  di  un
vuoto  normativo,  vuoto  che  sarebbe  di  impedimento  allo  stesso
riconoscimento del diritto di associazione sindacale. 
    Occorre dunque  accertare  se  tale  evenienza  nella  specie  si
verifica, ovvero se sono  rinvenibili  nell'ordinamento  disposizioni
che, in  attesa  dell'intervento  del  legislatore,  siano  idonee  a
tutelare questi valori. 
    16.- Quanto alla costituzione delle associazioni sindacali, trova
allo stato applicazione la non censurata disposizione dell'art. 1475,
comma 1, del d.lgs. n. 66 del 2010, secondo cui «La  costituzione  di
associazioni o circoli fra  militari  e'  subordinata  al  preventivo
assenso del Ministro della difesa». Si tratta di  una  condizione  di
carattere  generale  valida  a  fortiori  per  quelle   a   carattere
sindacale, sia perche' species del genere  considerato  dalla  norma,
sia per la loro particolare rilevanza. 
    In ogni caso gli statuti delle associazioni vanno sottoposti agli
organi competenti, e il loro  vaglio  va  condotto  alla  stregua  di
criteri  che  senza  dubbio  e'  opportuno  puntualizzare   in   sede
legislativa, ma che sono gia' desumibili dall'assetto  costituzionale
della materia. 
    A  tal  fine  fondamentale  e'  il  principio  di  democraticita'
dell'ordinamento  delle  Forze  armate,  evocato  in   via   generale
dell'art.  52  Cost.,  che  non  puo'  non   coinvolgere   anche   le
associazioni fra militari. 
    Sotto altro  profilo  tale  principio  viene  in  evidenza  nella
prospettiva del personale interessato, quale titolare della  liberta'
di associazione sindacale sancita dal primo comma dell'art. 39 Cost.:
l'esercizio di tale liberta' e' infatti possibile solo in un contesto
democratico. 
    Altresi' rilevante e' il principio di neutralita' previsto  dagli
artt. 97 e 98 Cost. per tutto l'apparato pubblico,  e  valore  vitale
per i Corpi deputati alla "difesa della Patria";  anch'esso  ha  come
necessario presupposto il rigoroso rispetto della democrazia  interna
all'associazione. 
    16.1.- La verifica dell'esistenza di questi requisiti comporta in
particolare l'esame dell'apparato organizzativo, delle sue  modalita'
di costituzione e di funzionamento; ed e'  inutile  sottolineare  che
tra tali modalita' spiccano per  la  loro  rilevanza  il  sistema  di
finanziamento e la sua assoluta trasparenza. 
    17.-  Quanto  ai  limiti  dell'azione  sindacale,  va   anzitutto
ricordato il divieto di esercizio del diritto di sciopero. Si  tratta
indubbiamente  di  una  incisione   profonda   su   di   un   diritto
fondamentale, affermato con immediata attuazione dall'art. 40 Cost. e
sempre riconosciuto e tutelato da questa Corte, ma giustificata dalla
necessita' di  garantire  l'esercizio  di  altre  liberta'  non  meno
fondamentali e la tutela di  interessi  costituzionalmente  rilevanti
(sentenza n. 31 del 1969). 
    18.-   Con   riguardo   agli   ulteriori   limiti,   invece,   e'
indispensabile una specifica disciplina  legislativa.  Tuttavia,  per
non rinviare il riconoscimento del diritto di  associazione,  nonche'
l'adeguamento agli obblighi convenzionali, questa Corte ritiene  che,
in attesa dell'intervento del legislatore, il vuoto  normativo  possa
essere colmato con la disciplina  dettata  per  i  diversi  organismi
della  rappresentanza  militare   e   in   particolare   con   quelle
disposizioni (art. 1478, comma 7, del d.lgs.  n.  66  del  2010)  che
escludono   dalla   loro   competenza   «le    materie    concernenti
l'ordinamento,   l'addestramento,   le   operazioni,    il    settore
logistico-operativo, il rapporto  gerarchico-funzionale  e  l'impiego
del personale». Tali disposizioni infatti costituiscono, allo  stato,
adeguata garanzia dei valori e degli interessi prima richiamati. 
    19.-    Conclusivamente,    va    dichiarata     l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 1475, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010, in
quanto prevede che «I militari non  possono  costituire  associazioni
professionali a carattere sindacale o aderire ad  altre  associazioni
sindacali» invece di prevedere che  «I  militari  possono  costituire
associazioni professionali a carattere sindacale  alle  condizioni  e
con i limiti fissati  dalla  legge;  non  possono  aderire  ad  altre
associazioni sindacali». 
    20.- Restano assorbiti i profili di censura relativi all'art.  14
della CEDU.