ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  33,  commi
3, 9, 10, 12 e 13,  del  decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133
(Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la  realizzazione  delle
opere pubbliche, la digitalizzazione del  Paese,  la  semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive),  convertito,  con  modificazioni,  nella
legge 11 novembre 2014, n. 164, promosso dal Consiglio di Stato,  nel
procedimento vertente tra il Comune di Napoli  e  la  Presidenza  del
Consiglio dei ministri e altri, con sentenza non  definitiva  del  23
maggio 2017, iscritta  al  n.  121  del  registro  ordinanze  2017  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  38,  prima
serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visti gli atti di costituzione di Fallimento  Bagnolifutura  spa,
di Invitalia - Agenzia nazionale per l'attrazione degli  investimenti
e  lo  sviluppo  d'impresa  spa,  nonche'  l'atto  d'intervento   del
Presidente del Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  del  22  maggio  2018  il  Giudice
relatore Giuliano Amato; 
    uditi l'avvocato Fabio Cintioli per Invitalia - Agenzia nazionale
per l'attrazione degli investimenti e lo  sviluppo  d'impresa  spa  e
l'avvocato  dello  Stato  Fabrizio  Fedeli  per  il  Presidente   del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato, con sentenza  non  definitiva  del  23
maggio 2017 (reg. ord. n. 121 del 2017), ha  sollevato  due  distinte
questioni di legittimita' costituzionale  relative  all'art.  33  del
decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133  (Misure   urgenti   per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive), convertito, con modificazioni, nella legge  11
novembre 2014, n. 164. 
    1.1.- In primo luogo, e' censurato - in  riferimento  agli  artt.
117, secondo comma, lettera m), e terzo  comma,  nonche'  118,  primo
comma, della Costituzione - l'art. 33, commi 3, 9,  10  e  13,  nella
parte in cui non e' previsto  che  l'approvazione  del  programma  di
rigenerazione urbana, quanto al  comprensorio  Bagnoli-Coroglio,  sia
preceduta dall'intesa tra lo Stato e la Regione  Campania  e  da  una
specifica valorizzazione del ruolo del Comune. 
    In secondo luogo, il giudice rimettente censura - in  riferimento
agli artt. 42,  101  e  117,  primo  comma,  Cost.,  quest'ultimo  in
relazione all'art.  6  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali  (CEDU),  firmata  a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la  legge  4
agosto 1955, n. 848, e all'art. 1  del  Protocollo  addizionale  alla
CEDU, firmato a Parigi il 20 marzo 1952 - l'art. 33,  comma  12,  nel
«testo vigente». In particolare, viene  censurato  l'inciso  relativo
all'importo da riconoscere al Fallimento Bagnolifutura  spa,  importo
che  «e'  versato  alla  curatela  fallimentare  mediante   strumenti
finanziari, di durata non superiore a quindici anni decorrenti  dalla
data di entrata in vigore  della  presente  disposizione,  emessi  su
mercati regolamentati  dal  Soggetto  Attuatore,  anche  al  fine  di
soddisfare   ulteriori   fabbisogni    per    interventi    necessari
all'attuazione del programma di cui al comma 8». 
    2.- Riferisce il giudice rimettente che il giudizio  a  quo  trae
origine dall'appello promosso  nei  confronti  di  due  sentenze  del
Tribunale amministrativo regionale per la Campania: la sentenza della
seconda sezione - Napoli, 22 marzo 2016, n. 1471 e la sentenza  della
prima sezione - Napoli, 20 luglio 2016, n. 3754. 
    2.1.- La prima pronuncia ha respinto il  ricorso  del  Comune  di
Napoli per l'annullamento dei decreti del  Presidente  del  Consiglio
dei ministri 3 settembre 2015  e  15  ottobre  2015,  intervenuti  in
attuazione dell'art. 33 del d.l. n. 133 del  2014,  come  convertito,
nel testo introdotto dall'art. 11, comma 16-quater, del decreto-legge
19 giugno 2015, n.  78  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  enti
territoriali.  Disposizioni  per   garantire   la   continuita'   dei
dispositivi   di   sicurezza   e   di   controllo   del   territorio.
Razionalizzazione  delle  spese  del  Servizio  sanitario   nazionale
nonche' norme in materia di  rifiuti  e  di  emissioni  industriali),
convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 125. 
    Il  TAR  Campania  ha  rilevato  che   le   citate   disposizioni
legislative  hanno  disciplinato  la   bonifica   ambientale   e   la
rigenerazione urbana delle aree di rilevante interesse nazionale, con
particolare  riferimento   al   comprensorio   di   Bagnoli-Coroglio,
prevedendo uno specifico programma alla cui formazione,  approvazione
e attuazione sono preposti un Commissario straordinario del Governo e
un «Soggetto attuatore». Successivamente, i decreti  impugnati  hanno
provveduto all'adozione di numerosi adempimenti previsti  dal  citato
art. 33, con la costituzione di una «cabina di regia» e la nomina del
Commissario  straordinario  e  del  Soggetto  attuatore.  Riguardo  a
quest'ultimo - gia' individuato per  legge  in  Invitalia  -  Agenzia
nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa
spa (da ora: Invitalia spa) - ne sono stati  definiti  i  compiti,  i
primi interventi con i relativi finanziamenti e  i  rapporti  con  il
Commissario straordinario, con il trasferimento alla  stessa  Agenzia
della proprieta'  delle  aree  e  degli  immobili  interessati  dagli
interventi, precedentemente in proprieta' di  Bagnolifutura  spa,  in
fallimento. Ai sensi dell'originaria formulazione dell'art. 33, comma
12, inoltre, e' stata stabilita la costituzione di una  societa'  per
azioni allo scopo della salvaguardia e riqualificazione delle aree  e
degli  immobili  limitrofi  al  comprensorio   di   Bagnoli-Coroglio,
riconoscendo alla procedura  fallimentare  di  Bagnolifutura  spa  un
indennizzo determinato sulla base del valore di mercato delle aree  e
degli  immobili  trasferiti,  da  versare  mediante  azioni  o  altri
strumenti finanziari emessi dalla stessa societa'. Il successivo art.
11-bis del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210 (Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni,
nella legge 25 febbraio 2016,  n.  21,  nondimeno,  ha  eliminato  la
societa' di scopo  e  ridefinito  il  meccanismo  d'indennizzo  della
curatela fallimentare. Tale indennizzo, infatti, veniva  riconosciuto
per un importo corrispondente al valore di mercato delle aree e degli
immobili trasferiti, come rilevato dall'Agenzia del demanio alla data
del  trasferimento  della  proprieta',  da  versare   alla   curatela
fallimentare mediante strumenti finanziari di durata non superiore  a
quindici anni. 
    Il TAR Campania ha altresi' respinto le questioni di legittimita'
costituzionale sollevate dalla parte ricorrente, sia in virtu'  della
riscrittura del comma 12 da parte del d.l.  n.  210  del  2015,  come
convertito, sia  perche'  il  Comune  di  Napoli  non  sarebbe  stato
legittimato a lamentare la violazione di prerogative regionali. 
    Con la seconda pronuncia, invece, e' stato  respinto  il  ricorso
proposto dal Fallimento  Bagnolifutura  spa  per  l'annullamento  del
d.P.C.m. 15 ottobre 2015. In particolare, riguardo alle questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate dalla ricorrente  in  relazione
all'indennizzo, il TAR Campania ha ritenuto che  la  novella  di  cui
all'art. 11-bis del d.l. n. 210 del 2015, come convertito, faceva si'
che i futuri sub-procedimenti, ancora non avviati,  avrebbero  dovuto
necessariamente conformarsi  al  nuovo  contesto  giuridico,  venendo
cosi' meno l'attualita' dell'interesse a ricorrere. 
    2.2.- Cio' premesso, secondo il giudice  rimettente,  l'art.  33,
commi 3, 9, 10 e 13, del d.l.  n.  133  del  2014,  come  convertito,
sarebbe lesivo dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  m),  e  terzo
comma, nonche' dell'art. 118, primo comma, Cost. 
    2.2.1.- La questione  dovrebbe  ritenersi  senz'altro  rilevante,
poiche' nei confronti degli atti amministrativi impugnati sono  state
sollevate in assoluta prevalenza doglianze di illegittimita' derivata
dall'asserita  incostituzionalita'  della  legislazione  presupposta.
L'accoglimento della questione, quindi, produrrebbe  l'illegittimita'
degli atti impugnati. 
    Riguardo alla violazione delle competenze  regionali,  dovrebbero
estendersi  al  caso  di  specie  le  conclusioni   raggiunte   dalla
giurisprudenza   costituzionale   in   materia   di   conflitti    di
attribuzione. In particolare,  questa  Corte  ha  affermato  che  «la
figura dei conflitti di  attribuzione  non  si  restringe  alla  sola
ipotesi di contestazione circa l'appartenenza  del  medesimo  potere,
che ciascuno dei soggetti  contendenti  rivendichi  per  se',  ma  si
estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo  esercizio
di  un  potere  altrui  consegua  la  menomazione  di  una  sfera  di
attribuzioni costituzionalmente assegnate all'atro soggetto (sentenza
n. 110 del 1970; si vedano anche le sentenze n. 99 del 1991 e n.  285
del 1990)» (sentenza n. 195 del 2007).  Dunque,  sebbene  la  Regione
Campania abbia chiesto il rigetto  delle  impugnazioni  promosse  dal
Comune di Napoli, quest'ultimo non  incontrerebbe  alcun  limite  nel
sollevare la detta questione in un giudizio pendente,  la  quale,  in
ogni caso, potrebbe comunque essere sollevata d'ufficio dal giudice. 
    2.2.2.- Nel merito, le disposizioni  censurate  sarebbero  lesive
degli indicati parametri  costituzionali,  in  virtu'  della  mancata
previsione dell'intesa tra Stato e Regione, nonche'  dell'assenza  di
un   piu'   adeguato   coinvolgimento   procedimentale   del   Comune
nell'approvazione del programma di rigenerazione urbana. 
    Secondo  la   ormai   costante   giurisprudenza   costituzionale,
l'urbanistica e l'edilizia devono essere ricondotte alla materia  del
«governo del territorio», di cui all'art. 117, terzo comma, Cost., di
competenza concorrente (vengono richiamate  l'ordinanza  n.  314  del
2012; le sentenze n. 309 del 2011, n. 362 e n. 303 del 2003). In tale
ambito, con specifico riferimento ai poteri urbanistici  dei  Comuni,
la legge potrebbe si' modificarne le caratteristiche o  l'estensione,
ovvero subordinarli a preminenti  interessi  pubblici,  a  condizione
pero' di non annullarli o comprimerli  radicalmente  e  di  garantire
adeguate  forme  di  partecipazione   dei   Comuni   interessati   ai
procedimenti che ne condizionano  l'autonomia  (fra  le  molte,  sono
richiamate le sentenze n. 46 del 2014, n. 478 del 2002,  n.  378  del
2000, n. 357 del 1998, n. 286 e n. 83 del 1997 e  n.  61  del  1994).
Nondimeno, il rispetto delle autonomie comunali dovrebbe armonizzarsi
con la verifica e la protezione di «concorrenti  interessi  generali,
collegati ad una valutazione piu' ampia delle  esigenze  diffuse  nel
territorio» (sentenza n.  378  del  2000).  Il  che  giustificherebbe
l'eventuale emanazione di disposizioni legislative  che  incidano  su
funzioni  gia'  assegnate  agli  enti  locali   (e'   richiamata   in
particolare la sentenza n. 286 del 1997). 
    Cio' premesso, questa Corte avrebbe  individuato  nell'art.  118,
primo comma, Cost. un peculiare elemento di flessibilita', diretto  a
superare la corrispondenza tra titolarita' delle funzioni legislative
e delle funzioni amministrative (sono richiamate le sentenze  n.  232
del 2011, n. 278 del 2010, n. 6 del 2004  e  n.  303  del  2003).  La
questione,  dunque,  sarebbe  incentrata  intorno  ai   concetti   di
necessita' e adeguatezza dell'intervento statale  (e'  richiamata  la
sentenza  n.  189  del  2015).  Il  meccanismo  della   chiamata   in
sussidiarieta',  infatti,  richiederebbe,  da   un   lato,   che   la
valutazione dell'interesse unitario  alla  base  dell'allocazione  in
capo allo Stato delle funzioni  amministrative  sia  proporzionata  e
ragionevole; dall'altro lato, che siano previste  adeguate  forme  di
coinvolgimento delle  Regioni  interessate  nello  svolgimento  delle
funzioni  allocate  in  capo  agli  organi  centrali,  in   modo   da
contemperare le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze  e
la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni
stesse. La legislazione statale, quindi, «puo' aspirare a superare il
vaglio  di  legittimita'  costituzionale  solo  in  presenza  di  una
disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le
attivita' concertative e di coordinamento orizzontale,  ovverosia  le
intese, che devono essere condotte in base al principio  di  lealta'»
(sentenza n. 261 del 2015). 
    Nella fattispecie in esame,  in  via  teorica,  ricorrerebbero  i
presupposti per l'accentramento in capo allo Stato.  Senonche',  tali
presupposti  non  avrebbero  trovato  piena  e  corretta  attuazione,
attraverso il coinvolgimento della Regione e  la  valorizzazione  del
ruolo del Comune. Mancherebbe, in particolare, la  necessaria  intesa
tra lo Stato e la Regione Campania, e il Comune  di  Napoli  verrebbe
nei fatti parificato agli altri enti che intervengono a vario  titolo
nel procedimento. 
    Dovrebbe tenersi presente, altresi', che nei casi d'intreccio  di
competenze  s'imporrebbe  comunque   la   previsione   di   procedure
concertative  e  di  coordinamento  orizzontale,  la  cui   omissione
violerebbe il  principio  di  leale  collaborazione,  da  realizzarsi
attraverso lo strumento dell'intesa (sono richiamate le  sentenze  n.
21 e n. 1 del 2016, n. 261 del 2015, n. 44 del 2014, n. 334 del 2010,
n. 237 del 2009, n. 168 e n. 50 del 2008 e n. 50 del 2005). 
    Nel caso di specie vi sarebbe appunto un intreccio tra la materia
ambientale, di competenza  esclusiva  dello  Stato,  a  cui  dovrebbe
essere  ricondotta  la  materia  dei  rifiuti  (ex  multis,   vengono
richiamate le sentenze n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244  e  n.
33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e  n.  10  del  2009)  e
quella del «governo del territorio». Tuttavia, la disciplina prevista
dall'art. 33 del d.lgs. n. 133 del 2014 non  garantirebbe  l'adeguato
coinvolgimento  regionale  richiesto   dall'indicata   giurisprudenza
costituzionale. 
    2.3.- Altresi' illegittimo sarebbe l'art. 33, comma 12, del  d.l.
n. 133 del 2014, come convertito, perche' lesivo degli artt. 42,  101
e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6  CEDU
e all'art. 1 Protocollo addizionale alla CEDU. 
    2.3.1.- In particolare, il testo normativo non  darebbe  certezza
del ristoro, che sarebbe destinato ad  essere  erogato  mediante  non
meglio precisati «strumenti finanziari», per loro natura aleatori. 
    L'indefettibile   requisito   della   «serieta'    e    certezza»
dell'indennizzo,  infatti,  non  concernerebbe  soltanto  la  formale
previsione  legislativa  ed  il  parametro  di  quantificazione,   ma
l'effettivita'  di  quest'ultima.  Sotto   il   primo   profilo,   la
disposizione sarebbe immune da censure, prevedendo anzi un indennizzo
corrispondente al valore  di  mercato,  addirittura  piu'  favorevole
rispetto    alle    indicazioni    fornite    dalla    giurisprudenza
costituzionale,  secondo  cui  il  valore  di  mercato  e'  un   dato
tendenziale (tra le tante, e'  richiamata  la  sentenza  n.  181  del
2011). Tuttavia, riguardo al secondo aspetto, il soggetto espropriato
si troverebbe nella delicata  condizione  di  potere  ricevere  quale
controvalore dell'area sottrattagli strumenti  finanziari  di  natura
aleatoria, che rischierebbero di subire oscillazioni tali da  ridurne
il valore reale. 
    Tali strumenti non potrebbero essere utilizzati, almeno senza  il
consenso del destinatario, quale mezzo di pagamento. 
    Cio' si ricaverebbe dal diritto dei contratti e  soprattutto  dal
comma 4 dell'art. l del decreto legislativo 24 febbraio 1998,  n.  58
(Testo  unico  delle  disposizioni  in  materia  di   intermediazione
finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della  legge  6  febbraio
1996, n. 52), secondo cui i mezzi di  pagamento  non  sono  strumenti
finanziari. Non a caso, la giurisprudenza  civile  avrebbe  affermato
piu' volte che puo' essere qualificata moneta soltanto  il  mezzo  di
pagamento,  universalmente  accettato,  espressione  delle   potesta'
pubblicistiche di emissione e di gestione del  valore  economico,  in
conformita' agli obiettivi  stabiliti  dall'ordinamento  nazionale  e
sovranazionale (in particolare viene  richiamata  Cassazione  civile,
sezione seconda, sentenza 2 dicembre 2011,  n.  25837;  in  argomento
sono citate anche  Cassazione  civile,  sezione  terza,  sentenza  12
gennaio 2012, n. 312, e Cassazione civile, sezioni unite, sentenza 18
dicembre 2007, n. 26617). 
    D'altronde, non si sarebbe mai dubitato  che  l'indennizzo  debba
essere erogato in denaro, o comunque con altro  mezzo  di  pagamento.
Ne'  potrebbe  diversamente  argomentarsi  sulla   base   di   quella
giurisprudenza amministrativa che ha riconosciuto  la  praticabilita'
nel sistema di prescrizioni di legge recanti forme di acquisizione di
aree alternative alla espropriazione, in quanto sarebbe evidente  che
la disposizione censurata si ponga  al  di  fuori  di  detto  schema,
poiche' inserita in un vero  e  proprio  procedimento  espropriativo,
seppure speciale e semplificato. 
    Ad avviso del giudice rimettente non vi sarebbe  la  possibilita'
di   un'interpretazione   costituzionalmente    orientata,    poiche'
qualsivoglia  approccio  esegetico  sarebbe  inibito  dal   carattere
perentorio    della    disposizione,    nonche'    dalla     mancanza
nell'ordinamento di norme  e  principi  in  grado  di  consentire  di
colmare le lacune o emendare le norme  con  l'ausilio  dell'analogia,
specie in virtu' dell'estesa  definizione  di  strumento  finanziario
data dall'art. l del d.lgs. n. 58 del 1998. 
    3.- Con atto depositato il 10  ottobre  2017  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura generale dello  Stato,  chiedendo  che  le  questioni
siano dichiarate inammissibili e comunque infondate. 
    3.1.- Ai  fini  di  una  compiuta  disamina  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale, la  difesa  dell'interveniente  premette
un'ampia ricostruzione dei fatti, tesa ad illustrare il contesto  nel
quale s'inserisce l'intervento del legislatore. 
    Il   comprensorio   di   Bagnoli-Coroglio,    infatti,    sarebbe
caratterizzato da condizioni di  rilevante  inquinamento  ambientale,
protratto da oltre venti anni  e  aggravatosi  anche  a  causa  delle
condizioni di abbandono. 
    Gia' dal 2007 lo Stato e la Regione Campania avrebbero provveduto
a stanziare risorse per gli interventi, nel 2010 attribuite al Comune
di Napoli. A seguito del sequestro preventivo delle aree ex Italsider
ed ex Ilva, disposto dal Tribunale di Napoli in data 8  aprile  2013,
veniva nominata custode giudiziario la  societa'  Bagnolifutura  spa,
poi fallita. In data 14 agosto  2014  era  disposto  il  dissequestro
dell'area e si provvedeva alla stipula di un protocollo d'intesa  per
il  risanamento  e  la  bonifica  del   sito   di   Bagnoli-Coroglio.
Interveniva, quindi, il d.l. n. 133 del 2014, come convertito, con la
previsione   di   specifiche   disposizioni   per   il   comprensorio
Bagnoli-Coroglio, quali, in particolare, la nomina di un  Commissario
straordinario e di un Soggetto attuatore, preposti alla realizzazione
di un programma di risanamento. 
    Successivamente al ripristino del sequestro preventivo delle aree
sopra ricordate,  il  Tribunale  di  Napoli  nominava  quale  custode
giudiziario il direttore generale della  direzione  generale  per  la
tutela del territorio e delle risorse idriche (ora direzione generale
per la salvaguardia del  territorio  e  delle  acque)  del  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che stipulava
il 16 aprile 2015 con il Comune di Napoli un  accordo  di  programma,
riguardo al quale pero' il Comune non provvedeva a  sottoscrivere  le
relative convenzioni attuative. 
    In tale contesto entrava in vigore il d.l. n. 78 del  2015,  come
convertito, di modifica dell'art. 33 del d.l. n. 133 del  2014,  come
convertito, che delimitava l'ambito di intervento commissariale  solo
ed  esclusivamente  alle  aree  ricomprese  nel  sito  di   interesse
nazionale gia' perimetrato e individuava direttamente in una societa'
in house dell'amministrazione centrale il  Soggetto  attuatore  degli
interventi. Al contempo, fermo restando che l'adozione del  programma
di  risanamento  ambientale  e  rigenerazione  urbana  era   comunque
subordinato all'espletamento di una Conferenza di servizi, il Governo
definiva un procedimento decisorio incentrato sulla  costituzione  di
un'apposita cabina  di  regia,  partecipata,  tra  gli  altri,  dalla
Regione Campania e dal Comune di Napoli. Intervenivano cosi'  i  vari
provvedimenti   attuativi   (quali   la   nomina   del    Commissario
straordinario e del Soggetto attuatore), dando impulso al Commissario
per  l'adozione  di  tutti  gli  atti  necessari,  ivi  compresa   la
sottoscrizione delle predette convenzioni attuative  direttamente  da
parte del Soggetto attuatore.  Il  4  dicembre  2015,  nondimeno,  il
Sindaco di Napoli comunicava  di  aver  sottoscritto  le  convenzioni
originarie e, dunque, veniva  dato  immediato  avvio,  da  parte  del
Soggetto attuatore, agli interventi necessari. 
    In data 14 aprile 2016 la Conferenza di servizi esprimeva  parere
favorevole  all'approvazione   dell'intervento   avente   a   oggetto
l'esecuzione e la realizzazione del piano di caratterizzazione  delle
aree gia' di proprieta' di Bagnolifutura  spa,  ivi  comprese  quelle
sotto sequestro giudiziario. Con i decreti commissariali del 10 e del
16 giugno 2016 erano adottati i contenuti stralcio del  programma  di
risanamento ambientale e  rigenerazione  urbana  e  approvati  i  tre
progetti  propedeutici  e  strumentali  relativi  all'attuazione  del
piano. Si dava cosi' avvio alle  procedure  per  l'affidamento  delle
attivita', fortemente condizionate dalle decisioni del  Tribunale  di
Napoli in merito all'autorizzazione all'accesso alle aree  sottoposte
a sequestro. Le attivita' di  caratterizzazione,  tuttavia,  venivano
effettuate,  essendo  gia'  stata  individuata  e   contrattualizzata
l'impresa che materialmente avrebbe eseguito le  stesse.  Sulla  base
degli esiti delle  analisi  di  caratterizzazione  potevano,  quindi,
essere definite le operazioni di bonifica necessarie. 
    Infine, mediante  l'Accordo  interistituzionale  sottoscritto  in
data 19 luglio 2017, il Governo, la Regione Campania ed il Comune  di
Napoli  concordavano  gli  indirizzi   e   i   contenuti,   ai   fini
dell'aggiornamento del programma, da adottare  secondo  le  modalita'
previste dall'art. 33 del d.l. n. 133 del 2014, come  convertito.  Le
parti   s'impegnavano,   ciascuna   per   le   proprie    competenze,
all'individuazione ed  alla  destinazione  delle  necessarie  risorse
finanziarie, anche con il coinvolgimento  di  soggetti  istituzionali
diversi, nonche' ad istituire un tavolo per definire le  priorita'  e
l'individuazione  delle  relative  risorse  per  l'attuazione   degli
interventi in ambito di infrastrutture trasportistiche, unitamente ad
un tavolo tecnico per la definizione  dei  tempi  e  delle  modalita'
tecniche ed economiche. 
    3.2.- Riguardo alla questione relativa all'art. 33, commi  3,  9,
10 e  13,  del  d.l.  n.  133  del  2014,  come  convertito,  secondo
l'Avvocatura  generale  dello  Stato  la  stessa  dovrebbe  ritenersi
inammissibile e comunque infondata. 
    3.2.1.- In via preliminare, contrariamente a quanto sostenuto dal
Consiglio di Stato, sarebbe evidente la carenza di legittimazione del
Comune di Napoli a dedurre la violazione delle competenze  regionali,
con  conseguente  difetto  di  rilevanza  della  questione  ai   fini
dell'incidente di costituzionalita'. Riconoscere al Comune il  potere
di   dolersi   di   una   violazione   delle   competenze   regionali
significherebbe ledere la sfera di autonomia della Regione,  che  non
riterrebbe affatto violate le sue prerogative. 
    Il richiamo ai limiti ampi del giudizio in materia  di  conflitto
di attribuzione tra i poteri dello Stato non sarebbe  pertinente,  in
quanto non si potrebbe prescindere dalla titolarita' della competenza
del  potere  e  dalla  necessaria   verifica   della   legittimazione
processuale del  Comune  a  dedurre  vizi  concernenti  una  presunta
lesione delle competenze regionali. 
    La possibilita' per il giudice di sollevare  la  questione  anche
d'ufficio, infine, non aggiungerebbe nulla, poiche' la questione  non
sarebbe stata in concreto sollevata d'ufficio e, comunque,  anche  in
questa ipotesi, il giudice a quo non avrebbe  potuto  sottrarsi  alla
previa  verifica  della  legittimazione  processuale  del  Comune  di
Napoli, con i medesimi esiti negativi. 
    3.2.2.- Nel  merito,  la  disciplina  censurata  atterrebbe  alla
«tutela dell'ambiente», di potesta' legislativa esclusiva dello Stato
ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. 
    Risulterebbe evidente che, per le  aree  di  rilevante  interesse
nazionale e, in particolare, per il comprensorio di Bagnoli-Coroglio,
il  livello  adeguato  al  quale  allocare  le  relative   competenze
amministrative sarebbe quello statale. Cio' si evincerebbe anche  dal
riferimento ai principi di  sussidiarieta'  e  adeguatezza  contenuto
all'art. 33, comma 2, del d.l. n. 133 del 2014,  come  convertito,  -
sia per l'impegno programmatorio, sia  per  l'impegno  finanziario  e
tecnico-operativo - nel conseguimento degli obiettivi di  bonifica  e
di  quelli  di  rigenerazione  urbana,   anche   in   ragione   della
complessita' e  della  dimensione  degli  interventi  da  realizzare,
nonche' della necessita' di recuperare il tempo perso e  di  superare
la frammentazione delle competenze. 
    Al contempo, gli obiettivi essenziali e prioritari, quali  quelli
del risanamento ambientale e della rigenerazione  urbana,  gia'  alla
stregua della  disciplina  vigente  in  tema  di  bonifica  dei  siti
contaminati (artt. da 239 a 253  del  decreto  legislativo  3  aprile
2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale»),  risulterebbero
tra loro strettamente connessi. Infatti, i contenuti ed i tempi della
bonifica discenderebbero dalle utilizzazioni  previste  per  le  aree
dopo l'intervento, cosicche' non sarebbe possibile  bonificare  senza
predeterminare  la  destinazione  urbanistica  delle  singole   aree,
poiche' proprio in funzione della destinazione urbanistica di  queste
dovrebbero essere definite le condizioni, le modalita' ed i parametri
di riferimento della bonifica  da  effettuare.  Come  previsto  dagli
artt. 252 e 252-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, infatti, nei casi  in
cui il responsabile dell'inquinamento non  sia  individuabile  o  non
provveda, e non provveda neanche il  proprietario  o  altro  soggetto
interessato,  la  bonifica  e'  di  competenza   dell'amministrazione
statale. Ed in base a tale disciplina, l'autorizzazione del  progetto
e dei relativi interventi costituisce variante urbanistica e comporta
dichiarazione di pubblica utilita', urgenza ed  indifferibilita'  dei
lavori (art. 252, comma 6). 
    Quindi, l'attrazione delle funzioni urbanistiche nell'ambito  del
programma  complessivo,  nella  misura  in  cui  una  variante  della
pianificazione   preesistente   dovesse   risultare   necessaria   al
perseguimento  degli  scopi  della  bonifica,  costituirebbe  momento
qualificante gia' della disciplina legislativa ordinaria vigente.  In
ogni caso, la programmazione e, quindi, l'attuazione di un  qualsiasi
piano di risanamento ambientale delle aree interessate da  condizioni
di degrado non potrebbe prescindere dalla preventiva  identificazione
del programma  di  rigenerazione  urbana  da  realizzare  sulle  aree
medesime  e,  pertanto,  della  relativa  destinazione   urbanistica,
essenziale per la  stessa  definizione  di  condizioni,  modalita'  e
parametri di riferimento della bonifica da effettuare. 
    Lo  stesso  giudice  a  quo,  d'altronde,  avrebbe   riconosciuto
l'improcrastinabilita'   degli   interventi   nel   comprensorio   di
Bagnoli-Coroglio  e  della  legittimita'   dell'intervento   statale.
Pertanto, sarebbe evidente che il presupposto idoneo  a  giustificare
la compressione delle competenze ordinarie della Regione non potrebbe
consistere nell'intesa "forte", in quanto cio' rischierebbe di creare
una situazione di stallo tale da vanificare la ratio  della  norma  e
comportare la sostanziale rinuncia  a  conseguire  gli  obiettivi  di
pubblico interesse di riqualificazione dell'area. 
    3.2.3.- Il censurato art. 33, nondimeno,  assicurerebbe  comunque
alla Regione Campania  e  al  Comune  di  Napoli  una  partecipazione
procedimentale rafforzata, equivalente a quella che, in  applicazione
dell'art. 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in
materia di procedimento amministrativo e di  diritto  di  accesso  ai
documenti amministrativi), avrebbe l'autorita' preposta  alla  tutela
di  interessi  pubblici  sensibili  o  costituzionalmente  prioritari
(salute, ambiente, beni paesaggistici e culturali), nella  dialettica
con le altre amministrazioni pubbliche. 
    La Regione, infatti, partecipa alla cabina di regia - alla  quale
e'  demandata  la  definizione   degli   indirizzi   strategici   per
l'elaborazione   del   programma   di   risanamento   ambientale    e
rigenerazione urbana - nonche' alla Conferenza  di  servizi,  che  si
esprime sulla proposta di programma predisposta da  Invitalia  spa  e
condivisa dal Commissario del Governo. Inoltre, il  Presidente  della
Regione prende parte alla seduta del Consiglio dei ministri  in  cui,
in caso di mancato accordo in conferenza, il programma e' oggetto  di
approvazione. In tal modo, un'eventuale decisione non condivisa dalla
Regione  potrebbe  essere  adottata  solo  attraverso   un'articolata
istruttoria ed in tempi sufficienti  ad  assicurare  una  valutazione
approfondita. 
    Ancor piu' evidente sarebbe la mancanza di una compressione delle
competenze del Comune, che partecipa anch'esso alla cabina  di  regia
ed   e'   obbligatoriamente   consultato   dal   Soggetto   attuatore
nell'elaborazione del progetto di programma. Inoltre, il Comune  puo'
chiedere, nell'ambito della Conferenza di servizi,  la  rivalutazione
delle proposte non accolte, ferma  la  necessita',  in  caso  di  non
recepimento  delle  stesse,  dell'approvazione  del   Consiglio   dei
ministri. Tra l'altro, la prima versione del programma adottata con i
decreti  commissariali  del  10  e  16  giugno  2016  sarebbe   stata
condivisa, oltre che dalla Regione  Campania,  anche  dal  Comune  di
Napoli, che avrebbe sempre preso parte alle riunioni della cabina  di
regia e della Conferenza di servizi. 
    Dunque, non si sarebbe  verificato  (ne'  sarebbe  configurabile)
alcun vulnus delle potesta' regionali e comunali. Nel caso di specie,
infatti, come riconosciuto dallo stesso giudice  rimettente,  sarebbe
ravvisabile quell'esigenza di esercizio unitario a livello statale di
determinate funzioni amministrative che giustifica, secondo lo schema
della chiamata in sussidiarieta', la deroga all'ordinario criterio di
riparto (sono richiamate le sentenze n. 261 del 2015, n. 179 e n. 163
del 2012 e n. 303 del 2003). Risulterebbero  previsti,  inoltre,  una
pluralita' di momenti e strumenti di raccordo e concertazione, atti a
consentire un adeguato coinvolgimento  della  Regione  e  del  Comune
interessati (sono  richiamate,  proprio  per  i  poteri  comunali  in
materia urbanistica, le sentenze n. 478 del 2002, n. 378 del  2000  e
n.  286  del  1997),  sicche'  non  si  potrebbe  dubitare   che   le
disposizioni censurate rispettino pienamente l'assetto costituzionale
delle competenze ed il principio di leale collaborazione. 
    Dovrebbe tenersi presente,  da  ultimo,  che  mediante  l'Accordo
interistituzionale  del  19  luglio  2017,  il  Governo,  la  Regione
Campania,  il  Comune  di  Napoli  e   le   istituzioni   interessate
all'intervento  nel   comprensorio   di   BagnoliCoroglio   avrebbero
condiviso,  in   forma   vincolante,   non   soltanto   i   contenuti
dell'aggiornamento del primo stralcio  del  programma,  ma  anche  le
modalita' di ulteriori integrazioni o modifiche. 
    3.3.- Venendo alle questioni relative all'art. 33, comma 12,  del
d.l. n. 133 del 2014, come convertito,  l'Avvocatura  generale  dello
Stato asserisce che le stesse sarebbero da considerarsi inammissibili
per sopravvenuto difetto di rilevanza. 
    L'art.  13-bis  del  decreto-legge  20   giugno   2017,   n.   91
(Disposizioni urgenti per la  crescita  economica  nel  Mezzogiorno),
convertito, con modificazioni, nella legge 3  agosto  2017,  n.  123,
infatti, ha modificato la disposizione censurata. In particolare,  e'
ora previsto che  l'importo  dovuto  alla  curatela  fallimentare  e'
versato dal Soggetto attuatore  «entro  dodici  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore della presente disposizione, facendo comunque salvi
gli effetti di eventuali opposizioni  del  Commissario  straordinario
del Governo, del Soggetto Attuatore, della curatela fallimentare o di
terzi interessati, da proporre, nelle forme e con le modalita' di cui
all'articolo 54 del testo unico di  cui  al  decreto  del  Presidente
della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, entro centoventi giorni dalla
data di pubblicazione della legge di conversione del decreto-legge 20
giugno  2017,  n.  91,  ovvero,  se  successiva,  dalla  data   della
conoscenza  della  predetta  rilevazione;  per  l'acquisizione  della
provvista finanziaria necessaria al suddetto versamento  e  anche  al
fine di soddisfare  ulteriori  fabbisogni  per  interventi  necessari
all'attuazione del programma di cui al comma 8, il Soggetto Attuatore
e'  autorizzato  a  emettere  su  mercati   regolamentati   strumenti
finanziari di durata non superiore a quindici anni». 
    L'importo da versare entro un  anno  alla  curatela  fallimentare
dovrebbe ritenersi certamente una somma di denaro, superandosi  cosi'
tutte le censure sollevate  in  questa  sede.  Dunque,  poiche'  come
emergerebbe dalla stessa  ordinanza  di  rimessione  la  disposizione
censurata non avrebbe avuto ancora attuazione, andrebbe  ordinata  la
restituzione degli atti al giudice a quo per un rinnovato  esame  dei
termini della questione (sono richiamate a tal proposito le ordinanze
n. 200 del 2017 e n. 378 del 2008). 
    4.- Con memoria depositata il 6  luglio  2017  (procura  speciale
depositata in data 11 luglio 2017), si e' costituita la curatela  del
Fallimento Bagnolifutura spa, parte appellante nel giudizio a quo, la
quale ha chiesto che venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 33, comma 12, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, in
quanto individuerebbe una forma d'indennizzo priva dei  requisiti  di
certezza  e  serieta'  del  ristoro,  cosi'  come   delineati   dalla
giurisprudenza, costituzionale e di legittimita', anche alla luce dei
principi della CEDU. 
    5.- Con memoria depositata il 10 luglio 2017,  si  e'  costituita
Invitalia spa, parte nel giudizio a quo, chiedendo il  rigetto  delle
questioni sollevate dal Consiglio di Stato, perche'  inammissibili  e
infondate. 
    5.1.- Premessa anche in tal caso una ricostruzione delle  vicende
normative e giurisdizionali alla base del giudizio innanzi  a  questa
Corte, la  difesa  di  Invitalia  spa  si  sofferma  sulla  questione
relativa all'art. 33, commi 3, 9, 10 e 13, del d.l. n. 133 del  2014,
come convertito. 
    5.1.1.- In via preliminare, la  parte  costituita  evidenza  come
l'attuazione  del  programma  di  bonifica  e  risanamento  del  sito
Bagnoli-Coroglio  starebbe  proseguendo  nel   pieno   rispetto   del
principio della leale collaborazione fra  amministrazioni.  L'Accordo
interistituzionale del 19 luglio 2017,  in  particolare,  sembrerebbe
smentire l'impossibilita'  di  dare  una  lettura  costituzionalmente
orientata alle disposizioni dell'art. 33 del d.l. n.  133  del  2014,
come convertito. Inoltre, pur in  assenza  dell'intesa  fra  Stato  e
Regione  a  monte  dell'approvazione  del  programma  di  bonifica  e
risanamento, quell'esigenza di collaborazione fra le  amministrazioni
interessate risulterebbe comunque pienamente assicurata in concreto a
valle, in sede di  attuazione  del  programma  medesimo.  Proprio  la
sottoscrizione dell'accordo testimonierebbe il difetto d'interesse ad
agire del Comune stesso e, sotto questo  profilo,  l'inammissibilita'
della questione di costituzionalita' per difetto di  motivazione  sul
profilo specifico. 
    5.1.2.-  Cio'  chiarito,  le  disposizioni  censurate   sarebbero
rispettose dei parametri costituzionali richiamati dall'ordinanza  di
rimessione. 
    L'esigenza straordinaria  d'intervenire  con  immediatezza  e  di
garantire  una  gestione  unitaria  del  programma  di   bonifica   e
risanamento del sito di BagnoliCoroglio sarebbe evidente  e  connessa
allo stato di degrado in cui verserebbe l'area, nonche'  allo  stallo
delle  iniziative  volte  a  porvi  rimedio.  Nel  caso  di   specie,
l'attivita'  e  gli  interventi  di  bonifica  ambientale   sarebbero
strettamente  condizionati  dalla  (e  conseguenti  alla)  preventiva
definizione di un adeguato  e  puntuale  programma  di  rigenerazione
urbana, il quale, a sua volta, postulerebbe l'esercizio  di  funzioni
propriamente programmatorie a livello urbanistico. 
    Se,  dunque,  l'attivita'  di   tutela   dell'ambiente   potrebbe
implicare anche il  coinvolgimento  delle  funzioni  appartenenti  ad
altre materie, allora sarebbe evidente come debba comunque  ritenersi
prevalente ed assorbente la prima, con la conseguenza che non sarebbe
nemmeno necessario ottenere la previa intesa con la Regione, ma  solo
garantirne il coinvolgimento in fase di attuazione. 
    Inoltre, si tratterebbe di materie amministrative  e  percio'  il
criterio di loro allocazione starebbe nell'art.  118  Cost.,  che  in
questo caso non potrebbe che radicare  la  competenza  in  capo  allo
Stato.  D'altronde,  funzioni   analoghe   sarebbero   ordinariamente
esercitate a livello statale, senza che si  sia  mai  dubitato  della
conformita' di un tale modello  di  allocazione  delle  funzioni  con
l'art. 118 Cost. (come  per  il  d.lgs.  n.  152  del  2006,  ove  si
disciplinano  le  attivita'  di  bonifica  dei  siti   di   interesse
nazionale). 
    In realta', la logica del riparto delle competenze non  subirebbe
alcuna  rilevante  alterazione,  poiche'  le  disposizioni  in  esame
riconoscerebbero espressamente al Comune un ruolo di primario rilievo
nelle fasi  di  programmazione  ed  attuazione  degli  interventi  di
bonifica  ambientale.  Tenuto  presente  che  in  questa  materia  le
competenze comunali, di per se',  non  riceverebbero  alcuna  diretta
garanzia costituzionale, il Comune ben  potrebbe  esercitare  le  sue
funzioni  attraverso  gli   specifici   meccanismi   previsti   dalla
disciplina  di  riferimento.  Ed  invero,  il   legislatore   avrebbe
previsto, tanto in favore della Regione Campania, quanto  del  Comune
di Napoli, proprio quella  doverosa  garanzia  partecipativa  cui  fa
riferimento  la  giurisprudenza  costituzionale  (e'  richiamata,  in
particolare, la sentenza n. 7 del 2016). 
    5.3.- Per quanto concerne  la  questione  relativa  all'art.  33,
comma 12, del d.l. n. 133 del 2014, come convertito, anche secondo la
difesa di Invitalia spa la stessa non sarebbe piu' attuale, in virtu'
della modifica alla disposizione censurata ad opera del comma  13-bis
del d.l. n. 91 del 2017, come convertito. Tenuto conto che la vecchia
formulazione non avrebbe  ancora  trovato  attuazione,  la  questione
sollevata dal Consiglio di Stato non potrebbe essere decisa da questa
Corte, spettando al giudice rimettente, in caso di ius  superveniens,
la  valutazione  circa  la  perdurante  rilevanza  e  non   manifesta
infondatezza delle questioni sollevate (e' richiamata l'ordinanza  n.
200 del 2017). 
    In ogni caso, anche  la  precedente  formulazione  dell'art.  33,
comma 12, sarebbe rispettosa dei  presupposti  di  cui  all'art.  42,
terzo  comma,  Cost.  Il  ristoro,   infatti,   troverebbe   espressa
previsione  legislativa,  cosi'  come  le  modalita'   per   la   sua
quantificazione, basata sul valore di mercato e affidata  all'Agenzia
del demanio, ovvero ad un  organo  terzo  ed  imparziale,  dotato  di
specifiche competenze tecniche in materia. 
    D'altronde, quando un'area e'  contaminata  in  maniera  tale  da
superare le soglie cautelative previste dall'ordinamento, scatterebbe
in capo all'autore dell'inquinamento l'obbligo di bonificarla,  oltre
che  di  predisporre  misure  di  sicurezza   di   emergenza   (viene
richiamata, per tutte, l'ordinanza del Consiglio di  Stato,  adunanza
plenaria, 25 settembre 2013, n. 21). Il  proprietario  dell'area  non
responsabile dell'inquinamento, ai sensi del d.lgs. n. 152 del  2006,
avrebbe davanti a se'  una  scelta:  o  spontaneamente  bonificare  e
mantenere cosi' la proprieta' del  fondo,  acquisendo  il  diritto  a
rivalersi per il tantundem dei relativi costi verso  il  responsabile
dell'inquinamento; oppure non bonificare,  lasciando  allo  Stato  il
compito di farlo, ma in tal caso rassegnandosi allo spossessamento e,
immediatamente dopo, all'esproprio del fondo, potendo solo agire  per
eventuali danni contro il suo dante causa e sempre che ne  sussistano
i presupposti. 
    Dunque, utilizzando quale tertium comparationis la disciplina  di
cui agli artt. 242 e seguenti del d.lgs. n. 152 del 2006,  la  scelta
effettuata nel caso di specie non sarebbe affatto irragionevole e non
provocherebbe  alcuna  discriminazione  a   carico   del   Fallimento
Bagnolifutura spa. Anzi, si garantirebbe alla sua sfera  patrimoniale
una ben maggiore tutela, poiche' l'entita' degli interventi sull'area
di Bagnoli lascerebbe programmare una sua futura riutilizzazione,  la
quale potrebbe generare profitti. 
    6.- Con memoria depositata il 30 aprile 2018, il  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  ha  ribadito  le   conclusioni   rassegnate
nell'atto d'intervento, soffermandosi, in particolare, sulle  vicende
successive alla rimessione degli atti a questa Corte. 
    6.1.- Infatti, in attuazione dell'Accordo interistituzionale  del
19 luglio 2017, la  cooperazione  sarebbe  proseguita  con  ulteriori
incontri, tavoli tecnici e riunioni della cabina  di  regia,  con  la
partecipazione del Comune di Napoli e  della  Regione  Campania,  che
hanno condotto alla stesura di  un  aggiornamento  del  programma  di
risanamento ambientale e  di  rigenerazione  urbana,  successivamente
approvato  dalla  Conferenza  di  servizi.   Il   nuovo   piano,   in
particolare, avrebbe recepito tutte le istanze del Comune di  Napoli,
che  proprio  attraverso  il  Sindaco   avrebbe   manifestato   piena
soddisfazione per la cooperazione istituzionale realizzatasi. 
    Cio' confermerebbe che alla Regione sarebbe  stato  garantito  un
ruolo paritetico a quello del Governo e del Commissario straordinario
e, soprattutto, una posizione analoga a quella che  sarebbe  derivata
dal previo raggiungimento di un'intesa. Inoltre, al Comune di  Napoli
sarebbe stato riservato un coinvolgimento nei  relativi  procedimenti
istruttori e decisionali pienamente in  linea  con  quanto  richiesto
dalla giurisprudenza costituzionale ai sensi dell'art. 118 Cost. 
    Dunque, pur nell'indubbia autonomia del giudizio di  legittimita'
costituzionale  rispetto  al  giudizio  a  quo  (ex  plurimis,   sono
richiamate le sentenze n. 242 e n. 162 del 2014, n. 120 del 2013,  n.
274 e n. 42 del 2011), i  fatti  di  concertazione  istituzionale  in
questione  sarebbero   «fatti   tipizzati»,   che   atterrebbero   al
significato e alla portata della norma sottoposta a  giudizio  e  non
potrebbero   non   essere   presi   in   considerazione    ai    fini
dell'individuazione formale degli interessi in gioco considerati  dal
legislatore. 
    7.- Con memoria depositata il 30 aprile 2018,  Invitalia  spa  ha
confermato quanto argomentato nell'atto di costituzione in  giudizio,
fornendo ulteriori elementi di valutazione. 
    7.1.- In particolare, con riferimento all'art. 33, comma 12,  del
d.l. n. 133 del 2014,  come  convertito,  la  parte  sottolinea  che,
qualora in fase di esecuzione della legge censurata sorgano  problemi
a carico della curatela del Fallimento Bagnolifutura spa,  la  stessa
avrebbe  tutti  gli  strumenti  di  difesa  della  propria  posizione
soggettiva, proprio in base a tale  legge.  Inoltre,  la  tutela  dei
creditori evocata dalla curatela fallimentare potrebbe avvenire  solo
attraverso la sollecita soddisfazione  dell'interesse  pubblico  alla
riqualificazione di un'area abbandonata e in degrado. Soltanto in tal
modo, infatti, i beni facenti capo al fallimento  acquisterebbero  un
certo valore. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Consiglio di Stato, con sentenza  non  definitiva  del  23
maggio 2017, ha sollevato  due  distinte  questioni  di  legittimita'
costituzionale relative all'art. 33 del  decreto-legge  12  settembre
2014,  n.  133  (Misure  urgenti  per  l'apertura  dei  cantieri,  la
realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione  del  Paese,
la   semplificazione   burocratica,    l'emergenza    del    dissesto
idrogeologico  e  per  la  ripresa   delle   attivita'   produttive),
convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 2014, n. 164. 
    1.1.- In primo luogo, viene censurato l'art. 33, commi 3, 9, 10 e
13, nella parte  in  cui  non  e'  previsto  che  l'approvazione  del
programma   di   rigenerazione   urbana,   quanto   al   comprensorio
Bagnoli-Coroglio, sia preceduta dall'intesa tra lo Stato e la Regione
Campania e da una specifica valorizzazione del ruolo del Comune. 
    Le disposizioni lederebbero gli artt. 117, secondo comma, lettera
m), e terzo comma, nonche'  118,  primo  comma,  della  Costituzione,
perche',  da  un  lato  non  sarebbero  previste  adeguate  forme  di
coinvolgimento della  Regione  interessata  nello  svolgimento  delle
funzioni allocate in  capo  agli  organi  centrali;  dall'altro  lato
verrebbe nei fatti parificato il ruolo  del  Comune  a  quello  degli
altri enti che intervengono a vario titolo nel procedimento. 
    1.2.- In secondo luogo, e' oggetto di censura  l'art.  33,  comma
12, nel «testo vigente», nella parte in cui prevede che l'importo  da
riconoscere al Fallimento Bagnolifutura spa «e' versato alla curatela
fallimentare mediante strumenti finanziari, di durata non superiore a
quindici anni decorrenti  dalla  data  di  entrata  in  vigore  della
presente disposizione, emessi su mercati regolamentati  dal  Soggetto
Attuatore, anche al  fine  di  soddisfare  ulteriori  fabbisogni  per
interventi necessari all'attuazione del programma di cui al comma 8». 
    La disposizione sarebbe lesiva degli artt. 42, 101 e  117,  primo
comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 della  Convenzione
per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo   e   delle   liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata  e
resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, e all'art.  1  del
Protocollo addizionale alla CEDU, firmato a Parigi il 20 marzo  1952,
poiche' il ristoro verrebbe ad essere  erogato  mediante  non  meglio
precisati  «strumenti  finanziari»,  per  loro  natura  aleatori,  in
pregiudizio dell'indefettibile requisito della  serieta'  e  certezza
dell'indennizzo. 
    2.- Prima dell'esame del merito delle  questioni  deve  ritenersi
non rilevante che le stesse siano state  promosse  con  la  forma  di
sentenza non definitiva anziche' di ordinanza, dal  momento  che  «il
giudice a quo - dopo la positiva valutazione concernente la rilevanza
e la non  manifesta  infondatezza  della  stessa  -  ha  disposto  la
sospensione  del  procedimento  principale  e  la  trasmissione   del
fascicolo alla cancelleria di questa  Corte;  sicche'  a  tali  atti,
anche se assunti con la forma di sentenza, deve  essere  riconosciuta
sostanzialmente natura di ordinanza, in conformita' a quanto previsto
dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87» (sentenze n.  275  del
2013 e n. 256 del 2010; nello stesso senso, sentenze n. 151 e  n.  94
del 2009 e n. 452 del 1997). 
    3.- Sempre in via preliminare deve rilevarsi che la curatela  del
Fallimento Bagnolifutura spa, sebbene costituitasi il 6 ottobre 2017,
ha depositato la procura speciale successivamente, in data 11 ottobre
2017. 
    Ai sensi dell'art.  3  delle  Norme  integrative  per  i  giudizi
davanti alla Corte costituzionale, la costituzione delle  parti  deve
avvenire  entro  il  termine  perentorio  di   venti   giorni   dalla
pubblicazione dell'ordinanza nella Gazzetta  Ufficiale,  mediante  il
deposito in cancelleria della procura speciale (sentenza n.  364  del
2010, ordinanze n. 11 del 2010, n. 100 del 2009 e n. 124 del 2008). 
    Poiche' il provvedimento di rimessione  e'  stato  pubblicato  in
Gazzetta Ufficiale il 20 settembre 2017 e dunque il  termine  per  la
costituzione delle parti scadeva il 10 ottobre 2017, la  costituzione
del Fallimento Bagnolifutura spa e' inammissibile. 
    4.- Con specifico riferimento alle  questioni  relative  all'art.
33, commi 3, 9, 10 e 13, del d.l. n. 133 del 2014,  come  convertito,
va precisato che il giudice a quo, sebbene richiami, quale  parametro
costituzionale violato  la  «determinazione  dei  livelli  essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali  che  devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale», svolge le proprie
argomentazioni   in   riferimento   alla   «tutela    dell'ambiente».
L'indicazione dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.  appare
un mero errore materiale,  tenuto  conto  che  entrambe  le  potesta'
esclusive  statali  sono  indicate  dall'art.  33,  comma  1,   quale
fondamento  dell'intervento   legislativo.   Non   appare   precluso,
pertanto,  l'esame  della  questione  in  riferimento  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost., risultando i termini  della  stessa
sufficientemente chiari (ordinanza n. 211 del 2004). 
    5.- In relazione alle censure sull'art. 33, commi 3, 9, 10 e  13,
del d.l. n. 133 del  2014,  come  convertito,  deve  essere  altresi'
rigettata l'eccezione  d'inammissibilita'  sollevata  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato  e  da  Invitalia  -  Agenzia  nazionale   per
l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa spa (da  ora:
Invitalia spa), per carenza di legittimazione del Comune di Napoli  a
dedurre la violazione delle competenze regionali. 
    Com'e' noto, il riscontro dell'interesse ad agire e  la  verifica
della legittimazione delle parti sono rimessi  alla  valutazione  del
giudice rimettente, non rientrando  tra  i  poteri  di  questa  Corte
quello di sindacare la validita' dei presupposti del giudizio a  quo,
a meno  che  questi  non  risultino  del  tutto  carenti,  ovvero  la
motivazione della  loro  esistenza  sia  manifestamente  implausibile
(sentenze n. 200 del 2014, n. 61 del 2012 e n. 270 del 2010). 
    Nel caso di specie, il  Consiglio  di  Stato,  a  differenza  del
giudice di  primo  grado,  ha  ritenuto  che  il  ricorrente  potesse
censurare gli atti impugnati anche per quanto concerne i  profili  di
legittimita' costituzionale delle disposizioni legislative di cui gli
stessi  sono  attuazione.  Trattandosi  di  atti  esecutivi  di   una
legge-provvedimento,  infatti,  l'invocata  lesione   di   competenze
regionali non osterebbe all'impugnazione da parte del Comune, poiche'
la  declaratoria  d'illegittimita'  costituzionale  avrebbe  comunque
l'effetto  d'inficiare  la  validita'  degli  atti   impugnati,   con
conseguente interesse della parte attrice al ricorso. 
    Il Consiglio di Stato, dunque, ha vagliato  e  motivato  in  modo
sufficiente riguardo all'interesse a ricorrere nel  giudizio  a  quo,
sottolineando altresi' che la questione, pur sollevata  dalla  parte,
puo' comunque essere rilevata d'ufficio dal giudice, che e' sempre il
soggetto che la rimette all'esame della Corte. 
    6.- Da ultimo, deve dichiararsi  inammissibile  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 33, comma 12, del d.l.  n.  133
del 2014, come convertito,  sollevata  in  riferimento  all'art.  101
Cost., in quanto priva di motivazione (sentenze n. 240 del  2017,  n.
219 del 2016, n. 120 del 2015 e n. 241 del 2014). 
    7.- La questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  33,
commi 3, 9, 10 e 13, del d.l. n. 133 del 2014, come  convertito,  non
e' fondata. 
    7.1.- L'art.  33  ha  introdotto  disposizioni  generali  tese  a
disciplinare la bonifica ambientale e la rigenerazione urbana di aree
di  rilevante  interesse  nazionale,  richiamando  esplicitamente  la
competenza esclusiva statale in materia di «tutela dell'ambiente», di
cui all'art. 117, secondo comma, lettera s),  Cost.,  nonche'  quella
relativa   alla   determinazione   dei   livelli   essenziali   delle
prestazioni, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.
Pertanto, sono state attribuite  in  capo  allo  Stato,  al  fine  di
assicurarne l'esercizio unitario, le funzioni amministrative relative
al procedimento previsto dal medesimo  art.  33,  in  attuazione  dei
principi  di  sussidiarieta'  e   adeguatezza,   disciplinando   vari
meccanismi di partecipazione degli enti territoriali interessati. 
    Per  tali  scopi,  dunque,  si  e'  prevista  la  nomina  di   un
Commissario straordinario del Governo  e  di  un  Soggetto  attuatore
(commi 4, 5 e 6), entrambi da designarsi con decreto  del  Presidente
del Consiglio dei ministri. A tali soggetti e'  stato  attribuito  il
compito di procedere alla formazione, approvazione e attuazione di un
programma di risanamento ambientale e di un  documento  di  indirizzo
strategico per la rigenerazione urbana, anche in  deroga  agli  artt.
252 e 252-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia ambientale). Tali atti sono finalizzati, in particolare, alla
realizzazione della messa in sicurezza, bonifica  e  riqualificazione
urbana dell'area, prevedendo altresi' misure tese alla localizzazione
di opere infrastrutturali connesse a tale obiettivo. 
    Ai sensi dei commi 8, 9 e 10, la proposta di programma, elaborata
dal Soggetto attuatore e trasmessa al Commissario  straordinario,  e'
sottoposta ad un'apposita Conferenza di servizi, al fine di  ottenere
tutti gli atti di assenso e di intesa da parte delle  amministrazioni
competenti. Se la Conferenza non raggiunge un  accordo  entro  trenta
giorni dall'indizione, provvede il Consiglio dei ministri,  anche  in
deroga  alle  vigenti  previsioni  di  legge.  Alla  relativa  seduta
partecipa in ogni caso il Presidente della  Regione  interessata.  Il
programma e' poi adottato dal Commissario straordinario  e  approvato
con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio  dei  ministri.  L'approvazione  sostituisce  a  tutti  gli
effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le  intese,  i
nulla osta, i  pareri  e  gli  assensi  previsti  dalla  legislazione
vigente, costituendo  altresi'  variante  urbanistica  automatica,  e
comporta dichiarazione di pubblica utilita' delle opere e di  urgenza
e indifferibilita' dei lavori. 
    Con specifico riguardo al sito di Bagnoli-Coroglio,  le  relative
aree sono state esplicitamente  dichiarate  per  legge  di  rilevante
interesse nazionale (comma 11). Inoltre, ai fini della redazione  del
programma di risanamento ambientale e di rigenerazione urbana, si  e'
prevista l'acquisizione in fase consultiva delle proposte del  Comune
di Napoli da parte del Soggetto attuatore. Proposte che il Comune  di
Napoli puo' chiedere di rivalutare,  ove  non  accolte,  in  sede  di
Conferenza di servizi (comma 13-ter). Con la novella di cui  al  d.l.
n. 78 del 2015, come convertito, al fine di  definire  gli  indirizzi
strategici per l'elaborazione del programma, e' stata anche  prevista
l'istituzione di una «cabina di  regia»,  composta  da  rappresentati
dello Stato, del Comune di Napoli e  della  Regione  Campania  (comma
13). 
    Ai sensi del comma 12, al Soggetto attuatore  -  individuato,  in
seguito al d.l. n. 78 del 2015, come  convertito,  in  Invitalia  spa
(societa' in house dello Stato) - sono stati trasferiti gli  immobili
e le aree gia' di  proprieta'  di  Bagnolifutura  spa,  in  stato  di
fallimento, a cui e'  riconosciuto  un  indennizzo  che,  in  seguito
all'art. 13-bis  del  d.l.  n.  91  del  2017,  come  convertito,  e'
corrisposto attraverso un versamento da  effettuarsi  entro  un  anno
dalla  data  di  entrata  in  vigore  della  stessa  disposizione  di
modifica. 
    7.2.- La disciplina dettata dalle disposizioni in esame intreccia
indubbiamente diverse competenze, statali e regionali, in particolare
la «tutela dell'ambiente» e il «governo del territorio». 
    Com'e' noto, in casi del  genere,  occorre  individuare  l'ambito
materiale che possa considerarsi prevalente e, qualora cio'  non  sia
possibile, la concorrenza di competenze comporta  l'applicazione  del
principio di leale collaborazione, che deve permeare i  rapporti  tra
lo Stato e il sistema delle autonomie (tra le tante, sentenze n. 251,
n. 21 e n. 1 del 2016, n. 44 del 2014, n. 334 del  2010,  n.  50  del
2008 e n. 50 del 2005). 
    Nel caso di specie,  l'intervento  del  legislatore  statale,  in
quanto teso al risanamento e alla bonifica  di  un  sito  d'interesse
nazionale, puo' essere certamente ricondotto, in via prevalente, alla
potesta' legislativa esclusiva  dello  Stato  di  cui  all'art.  117,
secondo comma, lettera s), Cost. A  tale  titolo  di  legittimazione,
infatti, questa Corte  ha  piu'  volte  ascritto  la  disciplina  dei
rifiuti (ex plurimis, sentenze n. 180, n. 149 e n. 58  del  2015,  n.
269 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244  e  n.  33  del
2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e n. 10 del  2009),  anche  con
particolare riferimento alla bonifica dei siti inquinati (sentenze n.
247 del 2009 e n. 214 del 2008). 
    Spetta dunque allo Stato disciplinare, pure con  disposizioni  di
dettaglio e anche in sede regolamentare, le procedure  amministrative
dirette alla prevenzione, riparazione e bonifica dei siti contaminati
(sentenza n. 247 del 2009). E' evidente che le relative attivita' e i
conseguenti   interventi   sono   strettamente   condizionati    alla
definizione di un adeguato  e  puntuale  programma  di  rigenerazione
urbana,   che   postula   l'esercizio   di   funzioni    propriamente
programmatorie a livello urbanistico. Tuttavia, l'attivita' di tutela
dell'ambiente  puo'  implicare,   come   nella   specie,   anche   il
coinvolgimento  delle  funzioni  appartenenti   ad   altre   materie,
limitando in tal modo le competenze regionali (sentenza  n.  225  del
2009). 
    D'altronde, gia' l'ordinaria disciplina in tema di  bonifica  dei
siti contaminati (artt. da 239 a 253 del  d.lgs.  n.  152  del  2006)
tiene conto della necessaria incidenza sul «governo del  territorio»,
poiche' gli interventi ivi previsti sono strettamente  connessi  alla
destinazione  urbanistica  delle  singole  aree  da  bonificare.   In
particolare, per  i  siti  d'interesse  nazionale  si  stabilisce  la
competenza dell'amministrazione statale alla bonifica, qualora a cio'
non provvedano il responsabile dell'inquinamento (o lo stesso non sia
individuabile), il proprietario o altro soggetto interessato.  Ed  in
base a tale disciplina l'autorizzazione del progetto e  dei  relativi
interventi costituisce esplicitamente variante urbanistica e comporta
dichiarazione di pubblica utilita', urgenza ed  indifferibilita'  dei
lavori (art. 252, comma 6). 
    Dunque, per tutti gli aspetti concernenti la  bonifica  dell'area
interessata, la compressione delle attribuzioni regionali in  materia
urbanistica  e'  diretta  conseguenza  delle   esigenze   di   tutela
ambientale,  di  competenza  esclusiva  statale,  senza   che   possa
profilarsi  una  violazione  delle  disposizioni  costituzionali  sul
riparto di competenze. 
    7.3.- Cio' precisato, la disciplina censurata  appare  rispettosa
anche dell'art. 118 Cost., in relazione ai contenuti del programma di
risanamento   piu'   propriamente   ascrivibili   al   «governo   del
territorio»,  quali  ad  esempio  la   localizzazione   delle   opere
infrastrutturali, sebbene si tratti comunque di aspetti  strettamente
connessi al risanamento dell'area. 
    Nell'allocare  in  capo  allo  Stato  le   varie   funzioni,   il
legislatore statale ha previsto varie forme di  coinvolgimento  della
Regione e del Comune. Tali enti, infatti, partecipano alla cabina  di
regia,  alla  quale  e'  demandata  la  definizione  degli  indirizzi
strategici per l'elaborazione del programma di risanamento ambientale
e  rigenerazione  urbana.  Il  Soggetto  attuatore,   inoltre,   deve
acquisire  ed  esaminare  le  proposte  del  Comune  ai  fini   della
predisposizione del programma e le stesse, ove  non  accolte,  devono
essere necessariamente rivalutate nella Conferenza di servizi. E'  in
tale sede, a cui partecipano Comune e Regione, che le amministrazioni
coinvolte devono raggiungere un accordo sul programma e solo nel caso
in cui cio' non avvenga la  decisione  puo'  essere  rimessa  ad  una
deliberazione del Consiglio  dei  ministri,  adottata  pero'  con  la
necessaria partecipazione alla relativa seduta del  Presidente  della
Regione interessata. 
    Il superamento  del  dissenso  delle  amministrazioni  coinvolte,
dunque, non puo' avvenire in via unilaterale da parte dello Stato, ma
e' frutto di una complessa attivita' istruttoria, articolata  secondo
numerosi  meccanismi  di  raccordo,  i  quali,  pur   disegnando   un
procedimento diverso dall'intesa, assicurano una costante e  adeguata
cooperazione istituzionale. Anzi, in  caso  di  mancato  accordo,  il
procedimento si conclude proprio con le stesse modalita' previste per
il superamento del  dissenso  in  assenza  d'intesa,  ossia  con  una
deliberazione del Consiglio dei ministri adottata in una seduta a cui
deve  necessariamente  partecipare  il   Presidente   della   Regione
interessata. 
    Neppure per tali profili,  dunque,  sussiste  alcun  vulnus  alle
competenze regionali, ne' alle esigenze della leale collaborazione in
relazione all'allocazione delle funzioni amministrative  (da  ultimo,
sentenze n. 21, n. 7 e n. 1 del 2016 e n. 140 del 2015). 
    Cio' e' ancora piu' evidente riguardo alle funzioni  comunali  in
materia di programmazione urbanistica, che, tra l'altro,  non  godono
di specifica tutela costituzionale, sebbene i poteri dei  Comuni  non
possano essere annullati e sia necessario garantire agli stessi forme
di partecipazione ai procedimenti  che  ne  condizionano  l'autonomia
(fra le molte, si vedano le sentenze n. 478 del 2002  e  n.  378  del
2000). Tali forme di partecipazione sono  state  appunto  predisposte
dal  legislatore  statale,  che  ha  individuato  numerose  sedi   di
coinvolgimento del Comune,  a  monte  e  a  valle  del  programma  di
risanamento. 
    D'altronde, con l'Accordo interistituzionale del 19 luglio  2017,
il Governo, la Regione Campania, il Comune di Napoli e le istituzioni
interessate all'intervento nel comprensorio di BagnoliCoroglio  hanno
condiviso, sia  i  contenuti  del  programma,  sia  le  modalita'  di
ulteriori integrazioni o modifiche, con la successiva redazione di un
aggiornamento del programma, approvato dalla Conferenza  di  servizi,
in cui sono state recepite anche le varie istanze  comunali.  Il  che
pare   testimoniare   una   corretta   cooperazione    istituzionale,
sottolineata dallo stesso Comune di Napoli. 
    8.- Venendo alla questione relativa all'art. 33,  comma  12,  del
d.l. n. 133 del 2014, come  convertito,  deve  rilevarsi  che  l'art.
13-bis del d.l. n. 91 del  2017,  come  convertito,  ha  radicalmente
modificato il contenuto di tale disposizione. 
    L'importo dovuto alla curatela fallimentare, infatti, deve essere
ora versato dal Soggetto attuatore «entro dodici mesi dalla  data  di
entrata in vigore della presente disposizione, facendo comunque salvi
gli effetti di eventuali opposizioni  del  Commissario  straordinario
del Governo, del Soggetto Attuatore, della curatela fallimentare o di
terzi interessati, da proporre, nelle forme e con le modalita' di cui
all'articolo 54 del testo unico di  cui  al  decreto  del  Presidente
della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, entro centoventi giorni dalla
data di pubblicazione della legge di conversione del decreto-legge 20
giugno  2017,  n.  91,  ovvero,  se  successiva,  dalla  data   della
conoscenza  della  predetta  rilevazione;  per  l'acquisizione  della
provvista finanziaria necessaria al suddetto versamento  e  anche  al
fine di soddisfare  ulteriori  fabbisogni  per  interventi  necessari
all'attuazione del programma di cui al comma 8, il Soggetto Attuatore
e'  autorizzato  a  emettere  su  mercati   regolamentati   strumenti
finanziari di durata non superiore a quindici anni». 
    Scompare, pertanto, il  riferimento  al  versamento  dell'importo
mediante    strumenti    finanziari    e    viene    meno,    quindi,
quell'aleatorieta' del pagamento alla base della questione  sollevata
dal Consiglio di Stato. 
    Tenuto conto che, come indicato nel provvedimento di  rimessione,
la disposizione censurata non ha ancora avuto attuazione, s'impone la
restituzione degli atti al giudice a quo per un rinnovato esame della
rilevanza  e  della  non  manifesta  infondatezza   della   questione
(ordinanze n. 25 del 2018, n. 25 del 2017 e n. 378 del 2008).