ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2,  3,
4, 5, 6 e 7 della legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 17
(Disposizioni in materia  di  elezione  diretta  del  Presidente  del
libero Consorzio  comunale  e  del  Consiglio  del  libero  Consorzio
comunale,  nonche'  del  Sindaco  metropolitano   e   del   Consiglio
metropolitano), promosso dal Presidente del  Consiglio  dei  ministri
con  ricorso  notificato  il  26-31  ottobre  2017,   depositato   in
cancelleria il 31 ottobre  2017,  iscritto  al  n.  85  del  registro
ricorsi 2017 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica
n. 50, prima serie speciale, dell'anno 2017. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana; 
    udito nella  udienza  pubblica  del  3  luglio  2018  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Pio  Giovanni  Marrone  per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e  l'avvocato  Felice  Giuffre'
per la Regione Siciliana. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con il ricorso in epigrafe, illustrato anche  con  successiva
memoria, il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato - chiedendo
di sospenderne, nelle more, l'esecuzione - gli artt. da 1 a  7  della
legge della Regione Siciliana 11 agosto 2017, n. 17 (Disposizioni  in
materia di elezione  diretta  del  Presidente  del  libero  Consorzio
comunale e del Consiglio del libero Consorzio  comunale  nonche'  del
Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano),  denunciandone,
per i motivi di  cui  si  dira'  nel  "Considerato  in  diritto",  il
contrasto, complessivamente, con gli artt. 3, 5 e 117, commi  secondo
lettera p), e terzo, della Costituzione - in relazione  ai  «principi
di grande riforma economica e sociale» di cui all'art. 1,  commi  19,
20, 22, 24, 25, 58 e seguenti, nonche' 67, 69  e  84  della  legge  7
aprile 2014 n. 56 (Disposizioni  sulle  citta'  metropolitane,  sulle
province, sulle unioni e fusioni di comuni) - e con gli artt. 14,  15
e  17  del  regio  decreto  legislativo  15  maggio  1946,   n.   455
(approvazione dello statuto della Regione siciliana),  convertito  in
legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2. 
    2.-  La  Regione  Siciliana,  costituitasi,  ha   preliminarmente
eccepito l'inammissibilita' del ricorso, per asserita  evocazione  di
parametri ulteriori rispetto a quelli  indicati  nella  delibera  del
Consiglio dei ministri, oltre  che  per  difetto  di  motivazione  in
ordine alla correlativa violazione;  nel  merito,  ha  contestato  la
fondatezza della impugnativa. Ha poi ribadito  tali  conclusioni  con
successiva memoria, con la quale ha comunque escluso che sussista  il
periculum in mora paventato dal ricorrente,  poiche',  con  l'art.  1
della propria legge 18  aprile  2018,  n.  7  (Norme  transitorie  in
materia di elezione degli organi dei liberi consorzi comunali e delle
citta' metropolitane e proroga commissariamento), le  elezioni  degli
organi dei liberi Consorzi  comunali  e  delle  Citta'  metropolitane
(quali, appunto, previste dalle disposizioni  impugnate)  sono  state
differite a data (tra il 15 ottobre e il 15 dicembre 2018) successiva
a quella (prevedibile) di deposito della decisione  di  questa  Corte
sul ricorso. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Presidente del Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  ha  impugnato  -  con
contestuale istanza di sospensione ex art. 35 della  legge  11  marzo
1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale) - gli artt. da  1  a  7  della  legge  della  Regione
Siciliana 11 agosto 2017, n. 17 (Disposizioni in materia di  elezione
diretta del Presidente del libero Consorzio comunale e del  Consiglio
del libero Consorzio comunale nonche' del Sindaco metropolitano e del
Consiglio  metropolitano),  nella  parte  in  cui,   rispettivamente,
prevedono: a) un procedimento elettorale  a  suffragio  universale  e
diretto per il Presidente del libero Consorzio comunale  (artt.  1  e
5), per il Sindaco metropolitano (artt. 2 e 5), per il Consiglio  del
libero  Consorzio  comunale  (artt.  3  e  5)  e  per  il   Consiglio
metropolitano (artt. 4 e 5); b) un numero di componenti del Consiglio
del libero Consorzio comunale e del Consiglio metropolitano superiore
a quello previsto dalla legislazione statale (artt. 3  e  4);  c)  la
corresponsione al Presidente  del  libero  Consorzio  comunale  e  al
Sindaco metropolitano  di  un'indennita'  di  carica  pari  a  quella
spettante  al  Sindaco  del  Comune  capoluogo  del  relativo  libero
Consorzio comunale o della relativa Citta' metropolitana (art. 6); d)
la cessazione degli organi, e la gestione commissariale,  degli  enti
di area vasta nelle more dell'insediamento degli  organi  dei  liberi
Consorzi comunali e delle Citta'  metropolitane  eletti  a  suffragio
universale (art. 7, id est: art. 7, lettere b, c, ed e). 
    Tali disposizioni, secondo il ricorrente, violerebbero, nel  loro
complesso, gli artt. 3, 5, 117, secondo comma,  lettera  p),  e  117,
terzo comma, della Costituzione, in relazione all'art. 1,  commi  19,
20, 22, 24, 25, 58 e seguenti, 67, 69 e  84,  della  legge  7  aprile
2014, n. 56 (Disposizioni sulle citta' metropolitane, sulle province,
sulle unioni e fusioni di comuni), nonche' gli artt. 14, 15 e 17  del
regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (approvazione  dello
statuto della Regione siciliana), convertito in legge  costituzionale
26 febbraio 1948, n. 2. Cio' sul presupposto  che  la  scelta  di  un
sistema elettorale diretto per l'individuazione  dei  Presidenti  dei
liberi Consorzi comunali e dei  Sindaci  metropolitani,  nonche'  dei
componenti dei Consigli dei liberi Consorzi comunali e  dei  Consigli
metropolitani - indicati in misura maggiore rispetto  alla  normativa
statale  -  e  la  previsione  di  un'indennita'  di  carica  per  il
Presidente  del  libero  Consorzio  comunale   e   per   il   Sindaco
metropolitano,   contrasterebbero,   appunto,   con   la   disciplina
"armonizzante" sottesa al progetto di riforma avviato con la legge n.
56 del 2014 e con le norme fondamentali di riforma  economico-sociale
in essa previste, con conseguente lesione del riparto  di  competenze
legislative costituzionalmente garantito, nonche'  del  principio  di
ragionevolezza, nella parte  in  cui  le  norme  censurate  darebbero
luogo, per la Regione Siciliana, ad una disciplina diversa da  quella
prevista, in materia,  per  l'intero  territorio  nazionale,  con  un
vulnus al rapporto che il  principio  di  autonomia,  come  declinato
nell'art. 5 Cost., deve avere con quello di unita'. 
    2.- La Regione resistente,  prima  ancora  della  non  fondatezza
della impugnativa, ne  ha  eccepito  l'inammissibilita',  atteso  che
«tutti i rubricati motivi indicano  parametri  ulteriori  rispetto  a
quelli individuati nella delibera del Consiglio dei Ministri  del  13
ottobre 2017, che mai fa riferimento alle  norme  statutarie  ne'  al
contrasto  con  i  principi  e  le  norme  fondamentali  di   riforma
economico-sociale della Repubblica»; perche' con riguardo a tutte  le
censure «il ricorso difetta di adeguato svolgimento argomentativo  in
ordine ai parametri evocati» e «non precisa le ragioni per  le  quali
le norme della legge  56  del  2014  si  configurano  come  parametro
interposto in relazione alle norme e  ai  principi  costituzionali  e
agli articoli dello Statuto»; e perche' non sarebbero «illustrate  le
ragioni per cui in  una  Regione  ad  autonomia  speciale  dovrebbero
trovare applicazione le disposizioni del titolo V della seconda parte
della Costituzione  in  luogo  di  quelle  ricavabili  dallo  statuto
speciale in forza delle  quali  la  Regione  e'  dotata  di  potesta'
legislativa primaria in materia di ordinamento degli enti locali». 
    2.1.- Nessuna di tali eccezioni e' fondata. 
    Nella  relazione  del  Dipartimento  per  gli  affari  regionali,
allegata alla (e richiamata dalla) delibera di autorizzazione,  oltre
agli artt. 117, secondo comma, lettera p), 117, terzo comma,  3  e  5
Cost., si richiamano espressamente, infatti, anche gli «articoli  14,
15 e 17 dello Statuto speciale della Regione». 
    Il ricorso motiva, inoltre, adeguatamente il ruolo  di  parametro
interposto attribuito alle disposizioni della legge n. 56  del  2014:
sia in relazione alle evocate norme costituzionali (con  il  ritenere
quelle disposizioni riconducibili  alla  competenza  esclusiva  dello
Stato in materia elettorale e a principi inderogabili in  materia  di
coordinamento della finanza pubblica), sia in  relazione  alle  norme
statutarie, la' dove si denuncia il mancato rispetto  di  principi  e
norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale  (quali   appunto
individuati nelle richiamate  disposizioni  della  legge  n.  56  del
2014), e si ravvisa proprio in cio' il "limite"  che  lo  statuto  di
autonomia  porrebbe  all'esercizio  dei  poteri   legislativi   della
Regione. 
    3.- I primi sei articoli, nonche' l'art. 7, lettere b), c) ed e),
della legge della Regione Siciliana  n.  17  del  2017,  che  vengono
all'esame nel merito, sostituiscono, o  modificano,  rispettivamente,
gli artt. 6, 13, 7-bis, commi da 5 a 8, 14-bis, commi da 5  a  8-bis,
18, 20, 7, comma 1, 14 e 51 della legge  della  Regione  Siciliana  4
agosto 2015, n.  15  (Disposizioni  in  materia  di  liberi  Consorzi
comunali e Citta' metropolitane), come successivamente  modificata  e
integrata, facendo sostanzialmente rivivere alcune delle disposizioni
della predetta legge del 2015: in  particolare  quelle  di  cui  agli
artt. 6 e 13, sulla elezione  del  Presidente  del  libero  Consorzio
comunale  e  del  Sindaco  metropolitano,  ed  all'art.   20,   sulle
indennita' per le cariche negli organi  degli  enti  di  area  vasta.
Disposizioni,  queste  ultime,  gia'  censurate,  in  riferimento  ai
medesimi odierni parametri costituzionali e  statutari,  con  ricorso
del Presidente del Consiglio dei ministri (reg. ric. n. 89 del 2015),
in relazione al quale,  con  sentenza  n.  277  del  2016,  e'  stata
dichiarata la cessazione della materia del contendere, in ragione del
satisfattivo  ius  superveniens  di  cui  alle  leggi  della  Regione
Siciliana 12 novembre 2015, n. 28 (Modifiche alla legge  regionale  4
agosto 2015, n. 15 in materia di elezione degli organi degli enti  di
area vasta e proroga della gestione commissariale), 1°  aprile  2016,
n.  5  (Modifiche  alla  legge  regionale  4  agosto  2015,   n.   15
"Disposizioni  in  materia  di  liberi  Consorzi  comunali  e  Citta'
metropolitane"), 17 maggio 2016,  n.  8  (Disposizioni  per  favorire
l'economia. Norme in materia di personale.  Disposizioni  varie),  10
agosto 2016, n. 15 (Modifiche alla legge regionale 4 agosto 2015,  n.
15 in materia di elezione dei Presidenti dei liberi Consorzi comunali
e  dei  Consigli  metropolitani   e   di   proroga   della   gestione
commissariale), 23 ottobre 2016, n. 23 (Norme transitorie in  materia
di elezione degli organi degli enti di area vasta). 
    4.- La legge della Regione Siciliana n. 17 del 2017 - ultimo atto
di un travagliato  iter  di  riforma,  connotato  da  un  altalenante
rapporto di omogeneità-disomogeneita' rispetto alla legge statale  n.
56  del  2014,  in  alcuni  suoi  contenuti,  peraltro,   addirittura
anticipata dalla legge della Regione Siciliana 27 marzo  2013,  n.  7
(Norme transitorie per l'istituzione dei liberi Consorzi comunali)  -
reintroduce, dunque, ora, nei suoi artt. 1 e 2, l'elezione diretta «a
suffragio universale» del Presidente del «libero Consorzio  comunale»
(ente di area vasta composto dai  Comuni  di  una  corrispondente  ex
circoscrizione provinciale, ex art. 15, secondo comma, dello  statuto
speciale) e del Sindaco metropolitano; e disciplina,  nei  successivi
artt.  3  e  4,  l'elezione  diretta  «a  suffragio  universale»  del
Consiglio   del   libero   Consorzio   comunale   e   del   Consiglio
metropolitano. 
    4.1.- La legge n. 56 del 2014 (cosiddetta legge "Delrio")  -  cui
l'Avvocatura dello Stato ricollega, per interposizione, la violazione
degli  evocati  parametri  costituzionali  e  statutari  -   dispone,
viceversa, che «[i]l sindaco metropolitano e' di diritto  il  sindaco
del  comune  capoluogo»  (art.  1,   comma   19);   «[i]l   consiglio
metropolitano e' eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali [...]»
(art. 1, comma 25); «[i]l presidente della provincia  e'  eletto  dai
sindaci e dai consiglieri della provincia» (art. 1, comma 58);  «[i]l
consiglio  provinciale  e'  eletto  dai  sindaci  e  dai  consiglieri
comunali dei comuni della provincia» (art. 1, comma 69). 
    4.2.- La Regione resistente non contesta la radicale  difformita'
della nuova disciplina, da essa introdotta con  la  legge  impugnata,
rispetto alla corrispondente disciplina statale in tema  di  elezione
(indiretta) degli  organi  di  vertice  degli  enti  di  area  vasta.
Sostiene, pero', che nelle su  richiamate  disposizioni  della  legge
"Delrio" non siano rinvenibili «principi di grande riforma  economica
e sociale [...] in grado di  vincolare  la  competenza  esclusiva  in
materia di enti locali», propria  della  Regione.  Cio'  che,  a  suo
avviso, troverebbe conferma nell'art. 1, comma 22, della stessa legge
"Delrio", la' dove prevede la possibilita'  della  «elezione  diretta
del sindaco e del consiglio metropolitano». 
    La sentenza n.  50  del  2015  di  questa  Corte  -  aggiunge  la
resistente - con il prevedere «che il  carattere  rappresentativo  ed
elettivo degli organi di governo del territorio  non  venga  meno  in
caso di elezioni di secondo grado»,  lascerebbe  appunto  «evince[re]
che il principio da rispettare anche da parte della Regione e' quello
della rappresentativita' e non del tipo di procedimento elettorale». 
    4.3.- La tesi difensiva della Regione Siciliana  -  che  tende  a
confinare i «principi di grande riforma economica e  sociale  per  la
disciplina di citta'  e  aree  metropolitane»,  di  cui  al  comma  5
dell'art. 1 della legge n. 56  del  2014,  esclusivamente  nel  nuovo
assetto funzionale degli enti di area vasta,  negandone  l'estensione
al meccanismo di elezione di secondo grado degli organi delle  Citta'
metropolitane e delle Province - non e' condivisibile. 
    Questa Corte  ha  gia'  avuto  occasione  di  affermare  che  «il
novellato art. 114 Cost., nel richiamare al proprio interno,  per  la
prima volta, l'ente territoriale  Citta'  metropolitana,  ha  imposto
alla Repubblica il dovere della sua concreta istituzione. E' proprio,
infatti,  tale  esigenza  costituzionale  che  fonda  la   competenza
legislativa  statale  alla  istituzione  del  nuovo  ente,  che   non
potrebbe, del  resto,  avere  modalita'  di  disciplina  e  struttura
diversificate da Regione a Regione, senza con cio' porsi in contrasto
con il disegno costituzionale che presuppone livelli di  governo  che
abbiano una disciplina uniforme, almeno con riferimento agli  aspetti
essenziali» (sentenza n. 50 del 2015). Ed ha piu' volte ribadito  che
l'intervento di riordino di Province e Citta' metropolitane,  di  cui
alla citata legge n. 56 del 2014, rientra nella competenza  esclusiva
statale nella materia «legislazione elettorale, organi di  governo  e
funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta' metropolitane», ex
art. 117, secondo comma, lettera p), Cost. (sentenze n. 32 del  2017,
n. 202 e n. 159 del 2016). 
    Il  "modello  di  governo  di  secondo   grado",   adottato   dal
legislatore statale, diversamente da quanto sostenuto dalla  Regione,
rientra,  tra  gli  «aspetti  essenziali»   del   complesso   disegno
riformatore che si riflette nella legge stessa. 
    I previsti meccanismi  di  elezione  indiretta  degli  organi  di
vertice dei nuovi «enti di area vasta» sono, infatti,  funzionali  al
perseguito obiettivo di semplificazione dell'ordinamento  degli  enti
territoriali, nel quadro della ridisegnata geografia istituzionale, e
contestualmente rispondono ad un fisiologico fine  di  risparmio  dei
costi connessi all'elezione diretta. 
    Ne' rileva, in contrario, il disposto del comma  22  dell'art.  1
della legge n. 56 del 2014, invocato dalla Regione nella parte in cui
afferma che «[l]o statuto della citta' metropolitana  puo'  prevedere
l'elezione diretta del sindaco e del consiglio metropolitano». 
    Detta disposizione non configura, infatti,  il  preteso  "modello
alternativo"  di  elezione  diretta  del  Sindaco  e  del   Consiglio
metropolitano, che la Regione Siciliana ritiene di poter  adottare  a
suo piacimento. Prevede,  invece,  perche'  una  tale  opzione  possa
realizzarsi, una serie di necessarie condizioni:  l'elezione  diretta
deve essere prevista «dallo statuto della citta' metropolitana»; puo'
attuarsi  con  il  sistema  elettorale  da  determinarsi  «con  legge
statale»; presuppone, inoltre, la previa articolazione del territorio
del  Comune  capoluogo  in  piu'  Comuni,  su  proposta  del   Comune
capoluogo, con deliberazione del consiglio comunale, da sottoporre  a
referendum tra tutti i cittadini della Citta' metropolitana. 
    Le numerose e gravose condizioni - cui il legislatore del 2014 ha
inteso  subordinare  la  deroga  al  sistema  generale  di   elezione
indiretta degli  organi  di  vertice  degli  enti  di  area  vasta  -
risultano  cosi'  sintomatiche  dell'importanza  che  riveste,  nella
prospettiva del  mutamento  della  geografia  istituzionale  e  della
semplificazione dell'ordinamento degli  enti  locali,  la  previsione
sull'istituzione degli enti di secondo grado,  quale  aspetto-cardine
del nuovo sistema. 
    Le   disposizioni   sulla   elezione   indiretta   degli   organi
territoriali, contenute nella legge n. 56 del 2014,  si  qualificano,
dunque, come «norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali,
che, in base all'art.  14  dello  statuto  speciale  per  la  regione
siciliana,  costituiscono  un  limite   anche   all'esercizio   delle
competenze legislative di tipo esclusivo» (sentenza n. 153 del  1995;
nello stesso senso sentenza n. 265 del 2013). 
    I parametri costituzionali  ritualmente  richiamati  nell'odierno
ricorso finiscono, quindi, con il riempire di contenuti  il  "limite"
statutario contestualmente evocato,  conseguendo,  dalla  correlativa
violazione,  l'illegittimita'   costituzionale   delle   disposizioni
regionali sin qui esaminate. 
    E cio'  a  prescindere  dall'ulteriore  profilo  di  contrasto  -
diretto  -  delle  nuove  disposizioni  regionali  sulla  elezione  a
suffragio universale  del  Presidente  e  del  Consiglio  del  libero
Consorzio comunale con l'art. 15 dello  statuto  di  autonomia  della
Regione   Siciliana,   che   ha   riconfigurato   le    «soppress[e]»
circoscrizioni  provinciali  su  base,  appunto,  di  "consorzi"  tra
comuni. 
    5.- Risultano,  di  conseguenza,  costituzionalmente  illegittimi
anche i successivi artt. 5 e 7 della legge  in  esame:  il  primo  in
quanto disciplina il procedimento per le  elezioni  dirette  previsto
dai precedenti artt. da 1 a 4; il secondo nelle parti in cui  regola,
sub lettera b), la cessazione dalla carica di Presidente  del  libero
Consorzio comunale e, sub lettera c), la cessazione dalla  carica  di
Sindaco  metropolitano;  e  detta,  sub  lettera   e),   una   «Norma
transitoria in materia di gestione commissariale degli enti  di  area
vasta», nelle more  dell'insediamento  degli  organi  da  eleggere  a
suffragio universale. 
    6.- L'art. 6 della legge reg. Siciliana n.  17  del  2017  -  nel
prevedere l'attribuzione di una «indennita' di carica» al  Presidente
del libero Consorzio comunale ed al Sindaco metropolitano, nonostante
la gratuita' di siffatti incarichi prevista dalla  legge  n.  56  del
2014 - presenta, a sua  volta,  analoghi  profili  di  illegittimita'
costituzionale. 
    La gratuita' nell'esercizio delle funzioni - voluta  dalla  legge
n. 56 del 2014  (che,  in  coerenza  a  questo  obiettivo,  ha  fatto
coincidere  i  sindaci  metropolitani  con  i  sindaci   del   Comune
capoluogo, gia' percettori di un emolumento come tali) - costituisce,
infatti,  un  profilo  conseguenziale  del  principio   di   elezione
indiretta degli organi di vertice dei ridisegnati enti  territoriali,
volto a ridurre la spesa corrente e a razionalizzare  i  costi  degli
enti locali; con la conseguenza che la Regione  a  statuto  speciale,
pur nel rispetto della sua autonomia, non puo' derogarvi. 
    7.- Anche la questione di legittimita' costituzionale degli artt.
3 e 4 della legge in esame - nella residua parte in cui prevedono  un
numero di componenti del Consiglio del libero  Consorzio  comunale  e
del Consiglio metropolitano superiore alle  soglie,  rispettivamente,
stabilite  (per  il  consiglio  provinciale  e   per   il   consiglio
metropolitano) nei commi 67 e 20 dell'art. 1 della legge  n.  56  del
2014 - e' fondata. 
    I citati commi 67 e 20  fissano,  infatti,  in  modo  preciso  ed
uniforme il numero dei componenti dei suddetti organi consiliari,  in
rapporto alla popolazione  insistente  sul  relativo  territorio,  in
coerenza all'obiettivo di contenimento della struttura degli enti  in
questione e ad  un'esigenza  di  risparmio  di  costi,  che  -  anche
indipendentemente dalla debenza di una indennita' di carica (cio' che
i censurati artt. 3 e 4 della  legge  regionale  escludono)  -  sono,
comunque,  quelli  collegati  al  funzionamento   di   una   macchina
organizzativa  piu'  appesantita  e  agli  esborsi  che  un  siffatto
appesantimento comporta (anche in termini  di  rimborso  delle  spese
vive). 
    La previsione della composizione numerica degli organi consiliari
si inserisce pure essa, dunque,  nel  processo  di  ridimensionamento
degli enti di area vasta come enti di secondo  grado,  e  rappresenta
uno dei fondamentali passaggi attuativi della correlata riforma. 
    Con la conseguenza che - nel prevedere che,  nella  sola  Regione
Siciliana,  il  numero  dei  componenti  degli  organi   territoriali
consiliari possa superare quello stabilito, sulla base di  prefissati
criteri, dal legislatore statale  -  la  normativa  regionale  viola,
anche per tal profilo, i richiamati parametri costituzionali. 
    8.- Va  conclusivamente,  pertanto,  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale degli artt. da 1 a 6 e 7, lettere b), c) ed e),  della
legge reg. Siciliana n. 17 del 2017. 
    9.- Resta assorbita l'istanza di sospensione.