ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita'  costituzionale  della  legge  della
Regione Molise 24 ottobre 2017, n. 15 (Norme sul divieto di  utilizzo
e detenzione  di  esche  avvelenate),  promosso  dal  Presidente  del
Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 27 dicembre  2017-4
gennaio 2018, depositato in cancelleria il 3 gennaio  2018,  iscritto
al n. 4  del  registro  ricorsi  2018  e  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n.  6,  prima  serie  speciale,  dell'anno
2018. 
    Udito nella camera di consiglio del 5 dicembre  2018  il  Giudice
relatore Daria de Pretis. 
    Ritenuto che con ricorso notificato il 27 dicembre 2017-4 gennaio
2018, depositato in cancelleria il 3 gennaio 2018 e iscritto al n.  4
del registro ricorsi 2018, il Presidente del Consiglio dei  ministri,
rappresentato e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha
promosso questioni di legittimita' costituzionale della  legge  della
Regione Molise 24 ottobre 2017, n. 15 (Norme sul divieto di  utilizzo
e detenzione di esche avvelenate); 
    che  il  legislatore  regionale,   secondo   quanto   espone   il
ricorrente, e' intervenuto ai fini della tutela della  salute  umana,
dell'igiene pubblica, dell'ambiente e degli animali, per prevenire  e
contrastare il fenomeno  degli  avvelenamenti  volontari  di  animali
domestici e selvatici provocati  dall'utilizzo  di  esche  e  bocconi
avvelenati, individuando le condotte  vietate  (art.  1),  stabilendo
svariati  obblighi  a  carico  del  medico  veterinario   (art.   3),
dell'Istituto zooprofilattico  sperimentale  (art.  4),  del  sindaco
(art. 5), del «Comando carabinieri forestale» (art. 6) e  del  Comune
(art. 7), delegando alla Giunta regionale il compito di  stilare  una
lista  di  sostanze  e  prodotti  velenosi  (art.  8)  e   prevedendo
l'irrogazione  di  sanzioni  amministrative  principali  (art.  9)  e
accessorie (art. 10); 
    che la legge reg. Molise n. 15 del 2017  violerebbe  l'art.  117,
commi secondo, lettere g), l), r) e s), e terzo, della  Costituzione,
in quanto, disciplinando la stessa  materia  regolata  dall'ordinanza
del Ministro della salute  13  giugno  2016  (Norme  sul  divieto  di
utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi  avvelenati),  emanata
ai sensi dell'art. 32, primo comma, della legge 23 dicembre 1978,  n.
833 (Istituzione del servizio sanitario  nazionale)  e  mantenuta  in
vigore da  successive  ordinanze  ministeriali  di  proroga,  nonche'
ricalcandone non fedelmente le disposizioni o discostandosi da  esse,
interverrebbe «in parte» nelle materie «ordinamento e  organizzazione
amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti   pubblici   nazionali»,
«ordinamento civile e penale», «coordinamento informativo  statistico
e informatico dei  dati  dell'amministrazione  statale,  regionale  e
locale» e «tutela dell'ambiente», tutte di competenza esclusiva dello
Stato, e non rispetterebbe i  principi  fondamentali  espressi  dalla
citata ordinanza ministeriale nella  materia  relativa  alla  «tutela
della salute», ledendo la competenza legislativa concorrente ex  art.
117, terzo comma, Cost.; 
    che,  ove  non  fosse  considerata   un   idoneo   parametro   di
riferimento,  l'ordinanza   ministeriale   fungerebbe   comunque   da
«ausilio» per individuare sia le pertinenti fonti normative primarie,
avendo riguardo  a  quelle  indicate  nelle  premesse  dell'ordinanza
stessa, sia gli «ambiti di competenza  statale  e  regionale»  incisi
dalle disposizioni della legge impugnata; 
    che il ricorrente espone, altresi', specifici motivi  di  censura
per le disposizioni della legge reg. Molise n. 15 del 2017  che  -  a
suo avviso - si porrebbero «[p]iu' precisamente» in contrasto con gli
anzidetti parametri; 
    che  l'art.  3,  sui  compiti  del  medico  veterinario,  sarebbe
illegittimo in quanto: al comma 1, prevede un obbligo di segnalazione
a carico del proprietario o del responsabile dell'animale deceduto la
cui  portata  non  corrisponderebbe  a  quella  dell'analogo  obbligo
stabilito  dall'art.  3  della  citata   ordinanza   ministeriale   e
inciderebbe inoltre sulle  materie  «ordinamento  civile»,  afferendo
«agli  obblighi  ed  alle  connesse  responsabilita'  imputabili   al
proprietario e/o al  responsabile  di  un  animale»,  e  «ordinamento
penale», tenuto conto «delle disposizioni ad hoc previste dal  codice
penale»; al comma 2, stabilisce che  il  medico  veterinario  adempia
agli  obblighi  di   comunicazione   delle   diagnosi   di   sospetto
avvelenamento «entro e non oltre ventiquattro ore», mentre  l'art.  4
dell'ordinanza ministeriale gli impone  al  riguardo  una  «immediata
comunicazione»; al comma 3, affida al medico veterinario  il  compito
di inviare all'Istituto zooprofilattico sperimentale i campioni e, in
caso di decesso dell'animale, la carcassa per l'identificazione della
sostanza che ha provocato l'avvelenamento, mentre secondo l'ordinanza
ministeriale  l'invio  sarebbe  assicurato   dall'azienda   sanitaria
locale, che puo' «autorizzare»  a  tal  fine  il  medico  veterinario
libero professionista o il proprietario dell'animale; 
    che   l'art.   4   affiderebbe    all'Istituto    zooprofilattico
sperimentale compiti corrispondenti solo in parte a  quelli  indicati
nell'ordinanza ministeriale, che all'art. 6 prevede la sottoposizione
dell'animale a necroscopia e l'esecuzione di opportuni accertamenti e
analisi di laboratorio sui campioni pervenuti  o  prelevati  in  sede
necroscopica per verificare la presenza di sostanze tossiche o nocive
negli stessi, stabilendo al riguardo il termine di quarantotto ore  e
l'obbligo di immediata comunicazione  dei  risultati  alle  autorita'
competenti e al  richiedente,  oltre  a  disciplinare  minuziosamente
tempi  e  modalita'  di  comunicazione  degli   esiti   delle   altre
valutazioni eseguite dall'Istituto, eventualmente da  concordare  con
la polizia giudiziaria; 
    che l'art. 5 attribuirebbe al sindaco  poteri  gia'  riconosciuti
dall'art. 7 dell'ordinanza ministeriale, che  non  potrebbero  essere
disciplinati dal legislatore regionale, in quanto riconducibili  alle
materie «ordinamento e organizzazione amministrativa  dello  Stato  e
degli  enti  pubblici   nazionali»   e   «coordinamento   informativo
statistico  e  informatico  dei  dati  dell'amministrazione  statale,
regionale e locale»; 
    che anche l'art. 6, affidando il  coordinamento  delle  attivita'
connesse  all'uso  di  esche  e  bocconi   avvelenati   al   «Comando
Carabinieri Forestale»,  con  il  quale  «la  Giunta  regionale  puo'
stipulare accordi», disciplinerebbe un'attivita'  riconducibile  alle
stesse materie  riservate  alla  competenza  esclusiva  dello  Stato,
«fermo restando», ad avviso  del  ricorrente,  il  contrasto  tra  la
disposizione regionale e l'art. 13, comma 5, del decreto  legislativo
19  agosto  2016,  n.  177,  recante  «Disposizioni  in  materia   di
razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del  Corpo
forestale dello Stato, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera a),
della legge 7 agosto 2015, n. 124,  in  materia  di  riorganizzazione
delle amministrazioni pubbliche», che attribuisce al  Ministro  delle
politiche agricole alimentari e forestali la  facolta'  di  stipulare
con le Regioni specifiche convenzioni  nelle  materie  oggetto  delle
funzioni gia' svolte dal Corpo forestale  dello  Stato  e  trasferite
all'Arma dei carabinieri; 
    che l'art. 7, sulla bonifica delle aree, riconoscerebbe ulteriori
poteri al sindaco, stabilendo tra l'altro che possa disporre  in  via
precauzionale  la  sospensione  di  attivita'  cinofile  o,  in  casi
particolarmente gravi, la sospensione temporanea delle  attivita'  di
pascolo,  sconfinando  anch'esso   nella   materia   «ordinamento   e
organizzazione amministrativa  dello  Stato  e  degli  enti  pubblici
nazionali», «fermo  restando»,  ad  avviso  del  ricorrente,  che  al
sindaco sono  gia'  attribuiti  dal  legislatore  statale  poteri  di
ordinanza ad hoc, sia nella veste di rappresentante  della  comunita'
locale, sia in quella di ufficiale del Governo, ex artt. 50 e 54  del
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico  delle  leggi
sull'ordinamento degli enti locali); 
    che l'art. 9, sulle sanzioni amministrative  applicabili  per  la
violazione dei precetti di cui agli artt. 1 e 2 della legge regionale
impugnata, sarebbe affetto dagli stessi vizi che colpiscono le  norme
precettive di riferimento,  per  violazione  degli  stessi  parametri
costituzionali e delle stesse norme statali interposte; 
    che tale disposizione violerebbe anche le previsioni della  legge
24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sia  perche',
al comma 1, richiamerebbe erroneamente il comma 4, anziche' il  comma
2, dell'art. 13 della legge n. 689 del 1981,  in  tema  di  sequestro
cautelare, sia perche', prevedendo al  comma  2  il  raddoppio  della
sanzione amministrativa «[p]er chiunque violi le disposizioni di  cui
all'articolo 1, in una  zona  interessata  dal  fenomeno  nell'ultimo
anno», porrebbe a carico dell'autore dell'illecito una circostanza  a
lui non imputabile, in contrasto con l'art. 3 della legge n. 689  del
1981, a tenore del quale «[n]elle violazioni cui e'  applicabile  una
sanzione amministrativa ciascuno e' responsabile della propria azione
od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa»; 
    che l'art. 10, nella parte in cui - al comma 5 -  definisce  come
«obbligatorie»   le   sanzioni   accessorie   da   esso   introdotte,
contrasterebbe con la  regola  generale  della  facoltativita'  delle
sanzioni amministrative accessorie,  desumibile  dall'art.  20  della
legge n. 689 del 1981; 
    che la  previsione,  al  comma  4  dell'art.  10,  della  «revoca
definitiva del decreto o della nomina di guardia particolare  giurata
o di guardia volontaria» qualora l'autore dell'illecito  rivesta  una
di   tali   qualifiche,   sarebbe    riconducibile    alle    materie
dell'«ordinamento civile e/o della sicurezza dello Stato»,  essendone
prevista l'applicazione alla «guardia  particolare  giurata»,  figura
disciplinata dal regio decreto 18 giugno 1931, n.  773  (Approvazione
del testo unico delle leggi di pubblica  sicurezza),  che  affida  al
prefetto il rilascio della licenza e delinea le ipotesi di  revoca  o
ricusazione; 
    che, infine, lo  stesso  comma  4  dell'art.  10,  prevedendo  la
medesima sanzione a carico della «guardia  volontaria»,  non  sarebbe
chiaro, ne' si raccorderebbe alle disposizioni regionali di  settore,
omettendo  di  precisare  se  si  tratta   di   «guardia   ambientale
volontaria», disciplinata dalla legge della Regione Molise 29  agosto
2006,  n.  23  (Istituzione  del  Servizio  Regionale  di   Vigilanza
Ambientale Volontaria), che all'art. 5 prevede le ipotesi  di  revoca
della nomina, o di «guardia  zoofila  volontaria»,  disciplinata  dal
regolamento regionale 10  giugno  2008,  n.  1  (Regolamento  per  la
formazione e la nomina delle guardie zoofile volontarie); 
    che la Regione Molise non si e' costituita; 
    che, in corso di giudizio, la legge reg. Molise n. 15 del 2017 e'
stata integralmente abrogata dall'art. 16, comma 1, della legge della
Regione Molise 24 gennaio 2018, n.  1  (Disposizioni  collegate  alla
manovra  di  bilancio  2018-2020  in  materia  di  entrate  e  spese.
Modificazioni e integrazioni di leggi regionali); 
    che il Presidente del Consiglio dei ministri, in conformita' alla
delibera assunta dal  Consiglio  dei  ministri  nella  seduta  dell'8
novembre  2018,  sul  presupposto  che  l'abrogazione   delle   norme
impugnate sia «intervenuta in tempi ragionevolmente tempestivi,  tali
da potersi ritenere che le stesse non abbiano  trovato  applicazione»
medio tempore, ha depositato il 13 novembre  2018  atto  di  rinuncia
all'impugnazione della legge reg. Molise n. 15 del 2017. 
    Considerato che con riguardo alle questioni proposte vi e'  stata
rinuncia da parte del Presidente del Consiglio dei  ministri,  previa
conforme deliberazione del Consiglio dei ministri; 
    che, ai sensi dell'art. 23 delle Norme integrative per i  giudizi
davanti  alla  Corte  costituzionale,  la  rinuncia  al  ricorso,  in
mancanza della costituzione della resistente,  comporta  l'estinzione
del processo (ex plurimis, ordinanze n. 60 e n. 55 del 2018, n.  223,
n. 146, n. 112 e n. 100 del 2017). 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e gli artt. 9, comma 2,  e  23  delle  Norme  integrative  per  i
giudizi davanti alla Corte costituzionale.